INDONESIA: La Piccola Sonda Sumba, Timor, Lembata e Alor 6

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INDONESIA: La Piccola Sonda Sumba, Timor, Lembata e Alor 6
INDONESIA: La Piccola Sonda Sumba, Timor, Lembata e Alor
6 – 23 agosto Durata del viaggio: 17 giorni (crociera di 6 giorni)
Un viaggio culturale tra i villaggi Marapu dell’Ovest di Sumba, i Biboki degli altopiani di Timor Ovest, alla
ricerca dei tamburi di bronzo degli Abui di Alor e tra i balenieri di Lamalera, per finire lungo le barriere
coralline di Pantar e Ternate.
1° giorno - Partenza dall’ Italia, volo intercontinentale. 2° giorno - Arrivo a Bali, serata di relax
Il volo di linea dall’Italia arriva nel pomeriggio all’aeroporto Internazionale Ngurah Rai di Bali. All'immigrazione stampigliano sul
passaporto un visto turistico gratuito valido 30gg. Ritirato il bagaglio, ci accoglie l'accompagnatore italiano che ci accompagnerà
all'hotel. Serata libera, cena in ristorante locale o in hotel. Pernottamento al Kumala Pantai di Legian (o simile).
3° giorno - Volo interno Bali – Sumba (Tambolaka), poi via terra a Waikabubak e Marosi (sud ovest)
Di prima mattina prendiamo un volo interno che ci porta all’aeroporto di Tambolaka, sulla costa nord-ovest dell’isola di Sumba.
A Sumba ci attendono comode auto, con autisti e la guida locale, che ci portano, dopo pranzo, a Waikabubak, la capitale di
Sumba Occidentale, lungo un’ampia strada tra verdi colline e risaie (1 ora, 35 km). Visitiamo il villaggio di Praijing, tranquillo e
poco frequentato dai tour, per avere una prima idea della struttura sociale e abitativa dell’isola. Poi ci spostiamo più a sud, lungo
una strada panoramica che ci porta a Lamboya, sulla vasta radura sede della più famosa e omonima Pasola (1 ora, 25 km), che si
tiene a febbraio. Dopo aver lasciato i bagagli in hotel ci concediamo un fine giornata al mare, a gustare lo splendido tramonto a
Marosi. Percorriamo la spiaggia, incontriamo cavalieri solitari, branchi di grossi bufali immersi in pozze d’acqua fangosa,
contadini chini nelle risaie che arrivano quasi in riva al mare. Cena e pernottamento all’hotel Sumba Nautil.
(Il resort si trova sulla remota costa sudoccidentale dell’isola. E’ composto di sette bungalow esclusivi, costruiti utilizzando
materiali locali e artigianato indigeno. Ogni bungalow ha una terrazza che dona una vista spettacolare sull’Oceano Indiano. E’
gestito da una coppia di francesi rinomati sia per la loro ospitalità sia per la cucina.
Questa isola arida e ondulata, ospita una delle società tribali più interessanti delle Nusa Tenggara Timur, l’arcipelago
delle isole orientali, che ruota intorno al culto dei marupu (termine generico per definire tutte le forze spirituali, divinità,
spiriti e antenati).
Sumba, dal punto di vista morfologico, appare molto diversa dalle isole vulcaniche situate più a nord, con un paesaggio
caratterizzato dalla presenza di basse colline di pietra calcarea, risaie e campi di mais e cassava. Nelle regioni più
impervie, il cavallo è ancora utilizzato come mezzo di trasporto: simbolo di ricchezza e di prestigio sociale, assieme al
bufalo e al maiale, un tempo questo animale faceva parte della dote da offrire per prendere moglie. Oggi la maggior
parte degli isolani è ufficialmente protestante, ma il culto marupu resiste e gli antichi conflitti sono ancora rievocati con
cadenza annuale, con battaglie simulate tra coorti di cavalieri armati di lance spuntate. Queste battaglie fanno
riferimento a radicate tensioni tribali che di tanto in tanto scoppiano tra clan rivali. Il bahasa indonesia è parlato
ovunque, ma a Sumba ci sono sei lingue principali. Il turismo nell’isola è quasi inesistente.
4° giorno - I villaggi e i panorami di Sumba Ovest
Dopo colazione, verso le 8, ci trasferiamo più a nord, nella regione di Kodi (60 km, 3 ore), terra di sumbanesi che vivono
ancorati al Marapu, il credo sociale e religioso che ha radici animiste, e da pochi anni si offrono ai visitatori stranieri. Le
loro Pasola, finte battaglie a cavallo, sono sempre intrise di autentico coraggio, spirito combattivo e istrionismo. Visitiamo
la spiaggia panoramica di Mandorak. Poi percorriamo la lunga regione costiera fino a Bondokodi, passando per
Bukubani, Tossi (sosta in spiaggia) e Pero, che ha un incantevole porto di pesca. Pranzo in un ristorantino locale a Pero. Il
pomeriggio è dedicato alla visita dei bellissimi villaggi a sud di Bondokodi, ciascuno con le case tradizionali dagli alti tetti,
tipiche della casta nobile. Entriamo nel villaggio di Ratenggaro con le sue tombe reali in riva al mare. Gli abitanti ci
seguono con curiosità mentre camminiamo tra le case, le uma bokulu, dagli alti tetti a minareto. Dalle tombe dei rato
ammiriamo la foce del fiume. Riprendiamo le auto e passiamo il fiume per visitare Wainyapu e il suo grande campo
della Pasola. Facciamo una passeggiata sulla lunga spiaggia bianca attraverso le cave di pietre tombali, fino all’insenatura
del fiume Waiha da cui si gode una splendida vista degli alti tetti di Ratenggaro. Ci accolgono alcuni anziani, bambini
curiosi, maiali e cavalli. Forse acquistiamo qualche bel pezzo d’artigianato.
Prima del tramonto ripartiamo per Lamboya dove arriveremo a tarda sera (60 km, 3 ore). Cena e pernottamento all’hotel
Sumba Nautil.
Di solito il villaggio tradizionale di Sumba è strutturato in due file parallele di case, poste le une di fronte alle altre, con
una piazza nel mezzo. Al centro della piazza c’è una pietra sormontata da un’altra pietra piatta, sulla quale sono poste le
offerte ai marupu protettori del villaggio. Queste strutture di pietra per gli spiriti o katoda sono usate per le offerte ai
marupu dell’agricoltura durante la semina o il raccolto. La piazza del villaggio contiene anche le tombe degli antenati
importanti, in genere finemente scolpite. Nei tempi passati, le teste dei nemici uccisi venivano appese a un palo irto di
spine situato nella piazza del villaggio. Quest’albero dei teschi, chiamato andung è ancora presente in alcuni villaggi ed è
un motivo riprodotto frequentemente sugli ikat, i tessuti tipici di Sumba. L’abitazione caratteristica è una grande
struttura rettangolare su palafitte e accoglie una famiglia allargata. Il tetto di paglia sale dolcemente dai quattro lati e
termina con una punta. Tra i rituali che accompagnano la costruzione di una casa, c’è quello di tributare un’offerta
quando si pianta il primo palo, per scoprire se i marupu ne approvano l’ubicazione e uno dei metodi consiste nel
sacrificare una gallina ed esaminarne il fegato. Molte case sono ornate con corna di bufalo o mandibole di maiale,
ricordo delle offerte sacrificali fatte in passato.
Ratenggaro è un villaggio unico tra le comunità marapu, per la tipologia della casa tradizionale (o Uma Kelada), il cui
tetto qui assume la forma di minareti torreggianti che raggiungono i 15 metri, in contrasto con la uma bokulu che di
solito arriva a 8 metri. Inoltre possiede 304 tombe megalitiche, tre delle quali, di forma singolare e riccamente ornate, si
trovano in riva al mare. Wainyapu è sede di una delle più accese e famose pasola. Popolato da centinaia di tombe
megalitiche, deve la sua notorietà alla lunga spiaggia bianca, dove si raccoglie il nyale e la cava di arenaria da dove si
cavano le pietre per ricoprire le tombe di tutti i villaggi della zona.
5° giorno - I villaggi e i panorami di Sumba Ovest
Dopo colazione, verso le 8, ci rechiamo a Waikabubak (45’, 25 km), la capitale della regione, per vagabondare tra le
colorate bancarelle del mercato. Chi lo desidera può osservare begli esempi di artigianato nei due art shop. In tarda
mattinata visiteremo due villaggi della regione di Wanokaka, Waigalli e Praigoli (40’, 20 km). Le tombe megalitiche sono
abbellite da interessanti figure simboliche e si può vedere anche ciò che rimane di un andung, il palo dei teschi.
Rientriamo per pranzo in hotel. Dopo pranzo saliamo a piedi al villaggio forse più intrigante della zona, Sodan (40’, 15
km). L'ascesa dura poco più di mezz'ora ed è a tratti ripida ma, una volta in cima alla collina, troveremo un mondo antico,
tra le case su alte palafitte, abitanti schivi, lo sguardo severo del rato uma che ci accoglie al villaggio, i luoghi tabù legati a
culti millenari. A sera ci concediamo un tramonto spettacolare alla spiaggia di Marosi. Cena e pernottamento al Sumba
Nautil.
E’ usanza comune, quando si visitano i villaggi di portare dei doni con sé, come la noce di betel, simbolo di pace. Si tratta
di uno stimolante mediamente eccitante che purtroppo ha però degli effetti negativi poiché è una sostanza cancerogena e
inoltre dona alla bocca e ai denti uno sgradevole colore rossastro. Masticare betel è un modo per affermare la propria
appartenenza al mondo degli adulti e i tre elementi che formano il miscuglio hanno un significato simbolico. Il gambo
verde del sirih rappresenta il pene, la noce o pinang le ovaie femminili, la calce (kapor) lo sperma. E’ la calce a produrre la
colorazione rossastra.
Dopo la morte, il defunto raggiunge il mondo invisibile, da cui può influenzare il mondo dei vivi. Marapu mameti è il
nome collettivo che indica tutti i morti. I vivi possono invocare il loro spirito, in particolar modo quello dei parenti, per
ricevere aiuto, anche se i morti possono nuocere nel caso si irritino. Nel giorno fissato per la sepoltura, si uccidono cavalli
o bufali e insieme al defunto vengono sepolti ornamenti e una borsa di sirih (noce di betel). I vivi devono assicurare al
defunto la sepoltura più sfarzosa possibile, in modo da evitare l’irritazione dei morti e per consentire loro l’ingresso al
mondo invisibile. Il funerale vero e proprio a volte è rimandato anche di dieci anni, per consentire ai parenti di
accumulare denaro sufficiente per i festeggiamenti e per la costruzione di una grande tomba in pietra.
Anche l’abbigliamento tradizionale è ancora utilizzato. Le donne più anziane spesso vestono solo l’ikat, o lawo, e sono a
seno nudo. Anche gli uomini indossano l’ikat, chiamato hanggi, avvolto attorno ai fianchi, spesso sopra abiti di foggia
occidentale. Alcuni di loro indossano anche una stoffa attorno alla testa, o kapota. Quasi tutti gli uomini portano un
corto parang che, sfortunatamente, a volte è usato. La violenza è parte della tradizione Sumbanese e questo è il motivo
per il quale è stata ritualizzata nei festival come il Pasola. Ogni anno, la stagione del Pasola inizia quando gli sciamani dei
villaggi lungo la costa, riscontrano che un certo verme di mare (nyale) inizia a spiaggiare (come conseguenza della sua
stagione riproduttiva). Sono quindi organizzati dei violenti scontri tra squadre di cavalieri che brandiscono spade e lance
ed è sicuramente una delle più stravaganti e cruente feste dell’Asia. Si svolge tra febbraio e marzo ed ha lo scopo
principale di spargere sangue umano omaggiare gli spiriti e assicurare un buon raccolto. Come nel passato, gli ‘eserciti’
sono formati dagli abitanti dei vari villaggi costieri.
6° giorno - Trasferimento da Sumba a Timor.
Partenza ore 8. Ci spostiamo verso l’aeroporto e ci fermiamo a vagabondare qualche minuto tra li colori, gli odori e i
richiami dei venditori del grande mercato di Waikelo. Saliamo sul volo interno Tambolaka-Kupang (Transnusa 11.3513.25). Montiamo sul pulmino che ci aspetta in aeroporto, pranziamo in città e dedichiamo una visita al mercato
generale di Oesao. Poi ci trasferiamo al villaggio di Soe (110km, 3 ore). Lungo la strada ci fermiamo al villaggio di Oebala,
dove una famiglia di liutai costruisce e suona le arpe rotenesi, o Sasando. Relax, cena e pernottamento al Hotel Timor
Megah di Soe.
La componente principale del Sasando è un tubo di bambù che serve da telaio. Il tubo è circondato da vari pezzi di legno
che servono come cunei su cui le corde sono tese, dall'alto verso il basso. La loro funzione è di tenere le corde più alte
rispetto alla superficie del tubo e anche, variandone la lunghezza, di ottenere diverse notazioni musicali. Il tubo di bambù
è circondato da una sorta di ventaglio fatto di foglie secche di palma Lontar di Palmyra (Borassus flabellifer), e ha la
funzione di camera di risonanza. Il Sasando è suonato con entrambe le mani che pizzicano le corde tese sul tubo di
bambù, attraverso l'apertura del “ventaglio” di Lontar sulla parte anteriore, in modo simile ad un’arpa. Il Sasando ha 28 o
56 corde.
7° - 9° giorno – i villaggi di Timor Ovest
Facendo base a Soe visitiamo i villaggi di etnia Biboki e Dawan. L’itinerario sarà fatto in funzione dei giorni di mercato,
un’occasione unica per incontrare le genti dei clan dei villaggi di montagna, che scendono a vendere i pochi prodotti
della loro agricoltura di sussistenza. Una giornata dedicata ai villaggi attorno a Soe: la vicina Niki Niki (mercato il
mercoledì), Oinlasi (50km, 2 ore e il suo affollato mercato del martedì), Boti (2 ore, perso tra le colline brulle
dell’entroterra Dawan, ancorato al culto tradizionale dal giovane raja), e Benteng Nome (un sorprendente piccolo
gruppo di ume, fortificato e con tradizioni guerriere). Un’altra giornata dedicata alla etnia Biboki, ancora più a est oltre
Kefamenanu (50km, 2 ore). Visitiamo lo splendido e isolato eremo di Temkesi (30km, 2 ore), semideserta sede del rajah,
e Maubesi, (mercato il giovedì) dove, con le case in muratura, convivono le antiche uma kebubu, a forma di igloo, e i tetti
conici dei lopo. Diamo un’occhiata a qualche porta intagliata, statua di antenato e intricati tessuti al telaio. Pranzi in
ristorantino, cene e pernottamenti al Hotel Timor Megah. Il terzo giorno rientriamo verso Kupang, dove pernotteremo.
Lungo la strada forse abbiamo tempo di visitare e documentare altri villaggi Dawan, Kapan (21km, mercato il giovedì),
Tunua e il solitario Fatumnasi (41km) con alcune ume kebubu e alle cascate di Oahala (3km, 45'). Pranzo per strada. Cena
e pernottamento all'Hotel Neo di Kupang.
10° giorno – In aereo da Timor a Maumere, imbarco sulla Samambaia. Traversata fino a Lembata.
Ci svegliamo molto presto per prendere il volo interno Kupang - Maumere (Wings 6.00- 7.10). Sorvoliamo gran parte
dell’arcipelago, con belle vedute dei due grandi vulcani Ile Ape e Ile Boleng che delimitano la baia di Lewoleba, capitale
dell’isola di Lembata (l’antica Lomblen). Poi passiamo sopra Solor e lo stretto di Larantuka per addentrarci
nell’entroterra di Flores, fino alla baia di Maumere. Un minibus ci preleva in aeroporto e ci porta al porto, dove ci
imbarchiamo sulla Samambaia.
Iniziamo immediatamente la lunga navigazione (100mn, 11 ore) che ci porterà fino all’isola di Lembata. Percorriamo via
mare parte della rotta coperta dal volo del mattino. Passiamo a nord dell’isola di Adonara, facendo una fermata per un
tuffo tra i coralli di pulau Babi. Nelle ore notturne potremo forse avvicinarci al vulcano Batu Tara, per osservarne
l'eruzione ogni poche decine di minuti. Pensione completa a bordo della Samambaia.
11° giorno – Lembata: i villaggi del vulcano IleApe
Alba alla fonda davanti alla costa nord di Lembata. Dopo colazione sbarchiamo per una escursione a piedi ai villaggi
Lamaholot, attorno al vulcano Ile Ape (o Ile Lewotolo), ad est di Lewoleba. Sbarchiamo prima al villaggio di Lamagute,
saliamo la lunga scalinata fino alle case rituali di Atawatung. Qui ci godiamo un panorama stupendo e chiediamo di poter
vedere i “tesori” sacri della comunità: moko, porcellane cinesi e zanne di elefante. Ci spostiamo via mare al villaggio di
Lewohala, con decine di case tradizionali e una società regolata da un’agricoltura di sussistenza e antichi manufatti che
rinnovano i legami con la terra e gli antenati. Infine, dopo il pranzo a bordo, giriamo attorno al vulcano, lungo la costa,
fino a Lamawholo e Lamariang, (dove saremo accolti da una breve cerimonia con danze, a richiesta). Bagno rinfrescante
e snorkeling alla spiaggia bianca di Teluk Lewoleba. Pensione completa e pernottamento sulla Samambaia (di notte
trasferimento a Lamalera).
“A Lamariang, un anziano con una bella barba a punta, spiega com’è suddivisa una casa tradizionale. Su una piattaforma
di bambù sopraelevata c’è uno spazio dedicato ai rituali del culto degli antenati. Altre piattaforme sono riservate al
riposo dei famigliari e degli ospiti. In un angolo, a terra, sono piantate le tre pietre del focolare principale, sulle quali
pende un contenitore di foglie intrecciate di forma curiosa e con tre aperture. A fianco un’alta piattaforma con alcune
stoviglie di coccio. Al i sopra del sottotetto, vengono stoccati fagioli, riso e mais. Uno dei grossi pali verticali è intagliato a
ricavare dei ganci su cono appesi mazzi di pesci ad essiccare...”
12°- 13° giorno – “Baleo”: i balenieri di Lamalera. Rotta verso Pantar.
Due giornate dedicate al villaggio di Lamalera, ai suoi balenieri ed ai suoi abitanti, con la speranza di seguirli in due
spedizioni di caccia ai grandi mammiferi, al grido di “baleo, baleo”. Qui vivono le ultime comunità di balenieri. Avremo
diverse ore per affiancare i pescatori e gli
abitanti durante le loro attività quotidiane di caccia, ricovero di barche e attrezzi da pesca, tessitura o semplice gioco dei
bimbi in riva al mare.
Alba alla fonda davanti a Lamalera. Sbarchiamo in tempo per osservare i pescatori che si apprestano a salpare le lunghe
paledang. Li seguiamo per due mattine consecutive, osservandone i rituali, la tecnica di caccia, i concitati momenti della
cattura. Una volta scesi a terra, percorriamo le stradine che abbracciano la piccola baia e saliamo sui promontori per
avere viste indimenticabili di questa comunità ancorata ad un’economia di sussistenza dalle radici secolari. Assistiamo al
mercato del baratto del sabato e ai riti religiosi della domenica. Il pomeriggio del 13° giorno, dopo l’uscita coi pescatori di
Lamalera, la Samambaia ci porta verso l’isola di Pantar. Qui ci fermiamo nella baia di Beang Abeng per un tuffo tra i
coralli.
Pensione completa e pernottamento sulla Samambaia.
Lamalera è un villaggio arroccato sulle pendici rocciose del vulcano attivo Ile Labalekan, sulla costa meridionale dell'isola
di Lembata. Un documento anonimo portoghese del 1624 descrive isolani con arpioni a caccia di balene per il loro olio (e
probabilmente anche dell’ambra grigia). La relazione conferma che la caccia alle balene ha avuto luogo nelle acque del
Mar di Sawu almeno due secoli prima della comparsa delle baleniere americane e inglesi agli inizi del XIX secolo.
Una missione cristiana si è stabilita nella comunità un centinaio di anni fa e ha dato vita a scuole e a una falegnameria. Si
tratta di un villaggio di pescatori in una regione dove la maggior parte delle comunità vivono di agricoltura. Lamalera ha
poca terra produttiva, così gli abitanti del villaggio vanno a pescare per sopravvivere. Le loro barche, chiamate peledang,
mosse a remi e con una vela latina fatta di foglie di palma intrecciate, inseguono mante, balenottere e piccoli capodogli,
in un susseguirsi di rincorse, attese, agguati ai grossi dorsi grigi dei cetacei, scatti dei rematori e balzi al cardiopalma
dell’arpionatore. La comunità pratica ancora il baratto e si apre volentieri ai visitatori stranieri. La spiaggia del villaggio è
punteggiata di parti di scheletri di balene e pezzi di carne appesi ad essiccare.
La loro preda preferita è il capodoglio (Physeter macrocephalus). La difficoltà di un rituale da seguire alla lettera e la
scarsità progressiva delle prede fanno sì che la caccia dia risultati irregolari. Di più, la coda di una balena può distruggere
le piccole barche di legno e metterne alcune temporaneamente fuori uso. Spesso i fiocinatori sono feriti o uccisi.
Equipaggi interi si perdono in mari lontani, resi incauti dalla necessità di un inseguimento che può durare giorni in un
mare infido.
La carne della balena (e di squali e mante) viene tagliata a strisce e essiccata al sole abbacinante in riva al mare. La carne
viene poi portata a piccoli mercati dove viene barattata con generi alimentari ceduti dagli abitanti dei villaggi di
montagna. Una striscia di pesce essiccato o di carne equivale a dodici pannocchie di mais o dodici banane, dodici patate
dolci, dodici pezzi di canna da zucchero o dodici coppie di Sirih/Pinang. La caccia commerciale alle balene è vietata in
gran parte del mondo, ma quella riconosciuta di sussistenza è consentita, dai regolamenti della Commissione Baleniera
Internazionale (IWC), in Alaska, Stati Uniti, Unione Sovietica e Groenlandia. L’Indonesia non è, tuttavia, uno dei firmatari
della IWC. Meno di una decina sono balene catturate dai pescatori di Lamalera in un anno.
“...le case debordano sulla spiaggia sotto forma dei precari ricoveri di bambù e foglie di palma per le peledang, i lunghi
barconi da pesca. Il sole cuoce i resti di scheletri di capodogli. Strisce di carne scura e grasso giallastro sono appese a
seccare all’aria salsa. Uomini scuri in volto (niente baleo per l’intera settimana), stretti alle proprie barche, sparsi sotto i
ricoveri, dormono, acconciano le reti, fumano. Poche parole fluttuano in quest’atmosfera arroventata e greve. Un vecchio
si rigira sullo stretto ponte di prua, avvolto nel suo sonno inquieto. Frotte di bimbetti seminudi sfidano la calura giocando
e ridendo sul bagnasciuga, incuranti e persi nel loro mondo acqueo e sabbioso...”
14° giorno – I mercati ed i villaggi di Alor, il museo dei moko.
Di primo mattino sbarchiamo a Lola per visitare, se c’è, il mercato in riva al mare, dove arrivano venditori e compratori
dalle isole e dai villaggi vicini. Poi passiamo ad Alor Kecil e partiamo per un’escursione in minibus che ci porta attorno
alla penisola chiamata Kepala Burung (Testa d’Uccello). Troviamo splendidi panorami e una secolare mescolanza di
tradizioni animistiche e Islam. Visitiamo, con un breve trekking facile, il villaggio di Bampalola (15km
+ 1 ora). Poi proseguiamo lungo la costa fermandoci a curiosare tra i piccoli villaggi di pescatori e le belle spiagge bianche
di Maimol e Mali. Pranzo in ristorantino. Pomeriggio dedicato alla visita di Takpala (13km), e del piccolo ma interessante
museo dei tamburi moko a Kalabahi. Al suo porto ci attenda la nostra barca. Cena e pernottamento sulla Samambaia.
Con i suoi vulcani fumanti, che scendono fino alle acque cristalline ornate di barriere coralline incontaminate, spiagge di
sabbia bianca punteggiate di cocchi e villaggi tradizionali costruiti su per le montagne, il paesaggio è tanto spettacolare
sopra quanto lo è al di sotto del mare. L’isola di Alor è così montuosa che è quasi impossibile attraversarla e molti dei
villaggi sono accessibili solo attraverso piccoli traghetti via mare. Gli otto diversi dialetti e i più di 50 sub-dialetti, ancor
oggi parlati, testimoniano la biodiversità delle società umane di Alor.
Takpala è costituito da 15 case tradizionali che gli Abui chiamano rumah Lopo. Tredici di queste case, chiamate kolwat,
non hanno muri. Le altre due, chiamate kanuarwat, sono tabù e solo alcune persone possono entrarvi. Il popolo Abui fa
affidamento solo sulla foresta per soddisfare le proprie necessità quotidiane, come ad esempio la raccolta di cereali e
semi, usati oggigiorno anche per creare manufatti da vendere ai turisti. Tra gli Abui e le altre popolazioni di montagna,
infatti, la caccia e la raccolta rappresentano un importante complemento alla dieta base di mais, manioca, e riso. Nelle
zone costiere, che sono meno favorevoli all'agricoltura, molti agricoltori sono passati alla pesca, l'attività tradizionale
degli austronesiani. Animali da cortile sono maiali e polli. Tuttavia, questi possono di rado integrare la dieta a causa di
frequenti malattie cui sono soggetti. Così, la dieta non è ben bilanciata, spesso con conseguenti precarie condizioni
di salute e anemia, soprattutto tra i bambini e le donne. Bampalola appollaiato su una bassa collina che gode di una vista
stupenda sulle isole vicine, possiede case tradizionali particolari chiamate laka tuil. La storia tramandata vuole che qui sia
arrivato l’islam, poi sparsosi tra le isole, grazie ad una coppia di figure semi-mitiche “scese dal vulcano”.
I Moko sono tamburi di bronzo a forma di clessidra, utilizzati come strumenti musicali durante le cerimonie tradizionali e
come dote ad Alor e Pantar. Alcuni dei moko sono molto antichi e, sulla base della loro forma e decorazioni, si presume
provengano dalla cultura Dong-Son del Vietnam (400-100 AC). Sono stati trasportati ad Alor probabilmente come merce
di scambio nel commercio del legno di sandalo, di cui la vicina Timor era ricchissima. I Moko più antichi sono chiamati in
Indonesiano “tamburi di terra”, moko tanah, perché sono stati dissotterrati o rinvenuti in grotte. Molti moko, tuttavia,
sembrano essere di origine più recente, probabilmente realizzati a Gresik, vicino a Surabaya (Java) nel 19° secolo. Da qui i
mercanti macassaresi li hanno fatti arrivare fino ad Alor e Pantar, dove sono noti anche come moko Makassar o jawa
Makassar. Molti Moko sono stati raccolti e distrutti dall'amministrazione olandese tra il 1920 e il 1930. Il governo
coloniale ne contò circa 200.000 sulla sola Alor. Ci sono oltre venti diverse categorie di Moko, con valori che vanno da
pochi centesimi a diverse migliaia di euro. I Moko sono importanti come status simbol, ma molto di più per il loro valore
rituale. Sono parte essenziale della dote della sposa e sono stati scambiati anche contro teschi umani, impiegati spesso
nei rituali. In caso di matrimonio il numero necessario di moko, e la loro qualità, dipendono dalla posizione sociale della
sposa. Non è insolito che per ripagare una tale dote si impieghino anni.
15° giorno – Escursioni in barca tra le isole Pura, Buaya e Ternate. A sera trasferimento verso Flores.
Una giornata in barca tra le isole dell’arcipelago. Visitiamo alcuni villaggi di pescatori che usano curiose trappole di
bambù intrecciato, baie ornate di acque smeraldine e barriere coralline incontaminate, donne intente a tessere motivi
marini in meravigliosi ikat (come Umapura a Ternate o Hala sulla costa ovest di Alor), bambini curiosi e abili a tuffarsi tra
le piroghe. Facciamo anche soste per un salto in acqua ed un’esplorazione tra coralli molli e pesci multicolori. Delfini e
balene accompagneranno forse la nostra rotta e incroceremo pescatori intento alla pesca con l’aquilone. Pensione
completa e pernottamento sulla Samambaia (di notte trasferimento a Maumere).
16° giorno - In aereo da Alor a Timor e da Timor a Bali.
Dopo il lungo trasferimento notturno, sbarchiamo nuovamente a Maumere in tempo per il volo interno MaumereDenpasar (Transnusa 11.40-12.30). Pranzo in aeroporto a Bali e coincidenza col volo intercontinentale per il rientro in
Italia.
17°giorno – arrivo in Italia
Note
L’itinerario, senza nulla togliere allo spirito del viaggio, può essere accorciato di un giorno togliendo l’ultima giornata a
Timor.
Altri luoghi di interesse
(necessaria una giornata in più di crociera)
Adonara
Vicino a Koli c’è il kampung adat Lama Nepa, che ancora possiede diverse rumah adat, semplici edifici di bambù e paglia.
Secondo la leggenda, il villaggio fu fondato da due fratelli, Patti e Bed, che ottennero la terra dopo aver ucciso un drago
mangiatore di uomini che aveva afflitto gli insediamenti lungo la costa settentrionale di Adonara. Le case tradizionali
erano anche sede di riunioni preparatorie alle guerre tra clan e una delle case di Lama Nepa è ancora sormontata da una
scultura di un drago in stile cinese. In un altro edificio, il Lango Belen, una famiglia si tramanda da generazioni la
custodia di una spada antica che si dice sia
appartenuta a Patti, l’uccisore del drago. Ogni sera un'offerta di cibo e tuak è posta nell'angolo destro della casa, per gli
spiriti degli antenati.
Solor
Lamakera è il centro mondiale della pesca della manta gigante. Nel 2014 sono state catturate 120 mante. Molti sbarchi si
vedono anche nei villaggi di Watubuku e Motonwutun.
Pantar
Nella zona orientale di Pantar ci sono molti villaggi tradizionali. Uno di questi è Helangdohi. Le rumah adat di Helangdohi
hanno una diversa tipologia costruttiva rispetto alle case tradizionali di Alor. La forma è molto diversa, è più a prisma e il
sistema di connessioni e giunzioni è più avanzato. L'Uma Paseng è una delle case tradizionali del clan Being Aring.
Quando si deve costruire una nuova casa, tutti gli uomini del villaggio prendono parte al lavoro comune. E le donne,
ancora una volta, cucinano e preparano vari cibi tradizionali per sfamare le squadre di lavoro. La casa appartiene ad una
sola famiglia, ma quasi tutte le famiglie nel villaggio aiutano nella costruzione.
TOTALE A PERSONA EURO 5550.00
La quota comprende:
- 02 notti in camera doppia Superiori con prima colazione al Puri Bambu hotel Jimbaran
- 03 notti in bungalow doppio in mezza pensione al Sumba nautil Resort
- 03 notti in camera Vip doppia con prima colazione al Timor Megah Hotel
- 01 notte in camera doppia con prima colazione al Neo hotel di Kupang
- tutti i trasfer da/per gli aeroporti in Indonesia
- tour di Sumba in auto privatacon autista e guida, come da programma
- tour di Timor ovest in minibus privato con autista e guida, come da programma
- Guida madrelingua italiana per tutto il viaggio
La quota non comprende:
-Pranzi
-Cene quando non espressamente specificato nel programma
-Tutto quanto non menzionato nella quota comprende
Per info e prenotazioni: Scacciapensieri tel. 051 6920099
Per opportunità e necessità l’ordine delle visite può essere modificato.
Pagamento tramite bonifico bancario: IBAN: IT67Z 02008 36640 000002736204.