WWF Italia - No TAV Brennero

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WWF Italia - No TAV Brennero
WWF Italia
Il traffico alpino tra
globalizzazione e sostenibilità:
una proposta per il riequilibrio
modale
Gennaio 2007
Il rapporto è stato redatto, nel quadro della convenzione annuale stipulata con l’Ecoregione Alpi WWF Italia, da un gruppo di lavoro formato dall’ing.Andrea Debernardi, dall’ing.Stefano Battaiotto
e dall’arch.Francesca Suigo.
Polinomia srl
Via Melzo, 9 - 20129 MILANO
www.polinomia.it
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INDICE
1. Introduzione. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5
2. L’andamento del traffico merci transalpino (1984-2003). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17
3. La struttura della domanda . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37
4. Scenari di sviluppo della domanda di mobilità. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 63
5. Effetti potenziali della tassazione del traffico stradale. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 77
6. Conclusioni. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 93
Riferimenti bibliografici. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 99
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1. Introduzione
1.1. L’Italia e il traffico alpino: non una, ma quattro politiche
Con la sua lunghissima frontiera, estesa da Ventimiglia a Trieste, l’Italia è l’unico paese
interessato da tutte le direttrici di trasporto transalpine. Per converso, l’arco alpino rappresenta
anche il solo punto di contatto terrestre fra il territorio nazionale e gli altri paesi europei.
Questa corrispondenza sostanzialmente biunivoca tra spartiacque alpino e confine di stato
avrebbe potuto rappresentare un’ottima giustificazione per assumere un certo livello di leadership
nello sviluppo delle politiche dei trasporti – merci e passeggeri – che attraversano le Alpi.
Nonostante le premesse, però, non si può certo affermare che lo stato italiano, negli scorsi
decenni, abbia saputo dotarsi di un orientamento unitario riguardo all’assetto del sistema di
trasporto transalpino. Al contrario, la sua posizione si è spesso contraddistinta per considerevoli
ritardi rispetto alle intese raggiunte dai paesi confinanti (si pensi alla firma del protocollo
trasporti della Convenzione delle Alpi), ovvero per l’accodamento alle singole iniziative degli
altri stati, secondo un approccio di tipo sostanzialmente bilaterale, valido soltanto per alcuni
comparti territoriali, e pertanto limitato nella sua efficacia complessiva.
A parte i casi di discostamento del confine di stato dallo spartiacque principale (rilevanti soltanto nel Canton
Ticino ed in Venezia Giulia), è da osservare che, ad Est del Brennero, la catena alpina tende a sfrangiarsi in un
ventaglio di dorsali esteso da Vienna (con proseguimento verso i Carpazi) sino a Fiume (con proseguimento
verso le Alpi Dinariche). Se le fonti internazionali più autorevoli – quali in particolare Alpinfo – tendono a
rapportarsi alla dorsale settentrionale, in questo rapporto si farà invece riferimento prevalentemente a quella
meridionale, più vicina al confine italiano. Inoltre si intendono incluse le direttrici costiere (valichi di Ventimiglia e Trieste), pure a rigore esclusi dall’area montana così come definita dalla Convenzione delle Alpi.
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Fig.1.1 La frontiera italiana e le direttrici transalpine
La situazione appare tanto più sorprendente, se si considera che, nel corso degli ultimi dieci
anni, con l’ingresso nell’UE dell’Austria (1995) e della Slovenia (2004), le Alpi hanno di
fatto perduto il loro ruolo di frontiera tra stati e spazi economici distinti, per divenire una sorta
di “cerniera” all’interno del Mercato Unico Europeo. In tale condizione, non sarebbe stato
difficile porre le questioni relative all’attraversamento delle Alpi (e più in generale delle aree
ambientalmente sensibili) anche in sede comunitaria – quanto meno al fine di controbilanciare
opportunamente alcune tendenze implicite nei piani di sviluppo delle reti transeuropee.
Certamente, i ritardi e la frammentazione di una politica comune per il traffico transalpino
sono l’esito, anche, di un quadro di interessi molto complesso ed articolato, che tende a
contrapporre i paesi prevalentemente di transito (come la Svizzera, l’Austria e in prospettiva
anche la Slovenia) a quelli di origine e destinazione dei traffici (come la Francia, la Germania
e la stessa Italia). Non si tratta, del resto, di una situazione nuova: è ben noto che le nazioni
alpine traggono la loro stessa origine dalla formazione degli “stati di passo”, originariamente
strutturatisi intorno al controllo dei valichi [Sergi 1981]. L’elemento nuovo consiste semmai
nell’entità degli scambi lungo le direttrici transalpine, cresciuta in misura imponente nel corso
degli ultimi decenni; tanto da perdere, su molte direttrici, il tradizionale ruolo di sostegno allo
sviluppo economico, e da trasformarsi invece in fattore di pressione ambientale sempre meno
tollerato dalle popolazioni locali.
Come è accaduto per la Svizzera intorno al Gottardo, per il Tirolo intorno al Brennero (ed anche per il Ducato di Savoia attorno al Moncenisio).
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È importante evidenziare che questa graduale trasformazione del ruolo giocato dal traffico
transalpino dipende non soltanto dalla sua entità, ma anche da altri fattori tecnologici, a loro
volta strettamente connessi alla crescita degli scambi attraverso le Alpi. Mano a mano che
le vie di comunicazione si sono sviluppate in senso tecnologicamente “pesante”, riducendo
il ruolo degli “ostacoli naturali” frapposti tra le aree di pianura, sono andate scemando anche
tutte quelle necessità di interazione con i contesti socio-economici locali, che hanno per secoli
costituito una trama importante dello sviluppo territoriale alpino. Conseguentemente, interi
sistemi insediativi di valle, strutturatisi attorno alle necessità del sistema di trasporto (dalle
stazioni di posta alla gestione dei locomotori di spinta, dalle locande alle stazioni di servizio
attrezzate), si sono andati trasformando in semplici “corridoi di traffico”, interessati prevalentemente – se non esclusivamente – dagli effetti nocivi connessi al transito, ogni anno, di milioni
di tonnellate di merce, su gomma e/o su ferro.
Si tratta di trasformazioni che interessano, senza grandi differenze, sia le valli appartenenti a
stati di attraversamento, sia quelle collocate in paesi di origine/destinazione dei traffici. Ciò
che muta sono, piuttosto, le politiche nazionali, che – a fronte di questa relativa uniformità
– tendono, di fatto, a generare importanti effetti distorsivi e/o evidenti disparità fra comparti
territoriali meritevoli di tutela tutti al medesimo titolo.
Un tentativo di armonizzazione delle singole politiche nazionali, relative al traffico transalpino, è
stato intrapreso dalla Convenzione delle Alpi, che con il Protocollo Trasporti (firmato a Lucerna
il 31 ottobre 2000) ha fissato alcuni capisaldi per il futuro sviluppo del sistema di trasporto
all’interno dell’area alpina. Come ben noto, questo protocollo si caratterizza per un elevato
livello di attenzione alle questioni ambientali, cui si associa la prospettiva dell’internalizzazione
dei costi esterni del trasporto stradale. In particolare, secondo l’articolo 14,
“… le Parti contraenti convergono di applicare il principio di causalità e sostengono l’applicazione di un
sistema di calcolo che permetta l’individuazione dei costi d’infrastruttura e di quelli esterni. L’obiettivo
è quello di introdurre progressivamente sistemi di tassazione che permettano di coprire in modo equo
questi costi reali che:
a)favoriscano il ricorso ai vettori ed ai mezzi di trasporto più rispettosi dell’ambiente;
b)portino ad un’utilizzazione più equilibrata delle infrastrutture di trasporto;
c) offrano incentivi che permettano una riduzione dell’impatto ecologico e socio economico tramite
provvedimenti strutturali e territoriali che incidano sui trasporti …”
Nonostante i significativi avanzamenti consentiti dalla stipula del Protocollo trasporti - peraltro
non ancora ratificato dall’Italia – le differenze tra le politiche nazionali relative al traffico
transalpino restano assai marcate. Vale dunque la pena, prima di addentrarsi nelle complesse
questioni relative all’articolazione dei traffici ed alla sottesa struttura di scambi commerciali,
di esaminare un po’ più dettagliatamente gli orientamenti in atto nelle politiche degli stati
confinanti, così come le “risposte” fornite, caso per caso, dallo stato italiano.
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1.2. Le politiche svizzere
Interessata eminentemente da traffici di attraversamento, la Svizzera è, fra le nazioni dell’area
alpina, quella che ha sviluppato le attitudini maggiormente conservative nei confronti del
traffico merci transalpino, in particolare mirando esplicitamente al contenimento dei flussi di
attraversamento su gomma.
Per lungo tempo, tale obiettivo è stato perseguito, essenzialmente, mantenendo limiti di
peso per i veicoli commerciali considerevolmente inferiori a quelli vigenti nei Paesi europei
confinanti (28 t contro le 40/44 di Italia, Francia e Germania). Ne è conseguita una rilevante
tendenza alla deviazione dei flussi stradali verso i valichi italo-francesi (Monte Bianco, Fréjus)
ed italo-austriaci (Brennero).
Nel corso degli anni Novanta, peraltro, questa tendenza è stata gradualmente erosa dalla
progressiva riduzione dei carichi medi per veicolo (a sua volta causata dalla modifica della
composizione merceologica degli scambi), con conseguente incremento dei flussi di veicoli
commerciali nel traforo autostradale del San Gottardo (aperto nel 1980).
D’altro canto, il graduale avvicinamento della Confederazione Elvetica alle politiche dei
trasporti perseguite, a scala ormai continentale, dall’Unione Europea, ha determinato la
necessità di una complessiva rinegoziazione delle condizioni applicate al traffico stradale di
attraversamento.
Il punto d’avvio fondamentale dell’attuale politica è il referendum del settembre 1992, con il
quale il popolo svizzero ha approvato la realizzazione della Nuova Trasversale Ferroviaria Alpina
(NTFA, altresì detta Alptransit), ottenuta potenziando le due principali direttrici transalpine
esistenti, ovvero:
• l’asse del Sempione-Lötschberg, in particolare attraverso la costruzione di un nuovo tunnel
di base, della lunghezza di 34,6 km, tra Frutingen (Berna) e Raron (Vallese);
• l’asse del Gottardo, con la realizzazione della nuova galleria di base, lunga 57 km, tra Erstfeld
(Uri) e Bodio (Ticino), e delle relative linee di accesso da Nord e da Sud.
I lavori per la realizzazione dei due tunnel sono iniziati nel 1999, e sono destinati a terminare
nel 2006-07 al Lötschberg, ed intorno al 2015 al Gottardo.
È da osservare che la struttura della NTFA esclude la realizzazione di importanti interventi
di carattere infrastrutturale su altre direttrici, con particolare riferimento ai tunnel ferroviari
del Gran San Bernardo (Aosta-Martigny) e dello Spluga (Chiavenna-Thusis), pure oggetto di
specifiche iniziative di promozione, particolarmente vive sul versante italiano ancora all’inizio
degli anni Novanta [vedi Vittadini 1992].
La seconda base dell’attuale politica svizzera del trasporto transalpino è costituita dal referendum
del febbraio 1994, promosso dall’Iniziativa delle Alpi, con il quale si introduce il principio della
Procedura di approvazione iniziata nel 2003.
Ad inclusione del nuovo tunnel del Monte Ceneri in Canton Ticino (circa 15 km tra Camorino e Vezia), i
cui lavori, della durata di 10 anni, sono iniziati nel 2006.
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tassazione del traffico pesante in rapporto alle sue prestazioni ambientali.
I due referendum sulla NTFA e sulla tassazione del traffico pesante hanno rappresentato i
capisaldi fondamentali per la stipula dell’accordo sui transiti stradali con l’Unione Europea
(1998), con il quale la Confederazione Elvetica ha accettato di innalzare il limite di peso per i
veicoli commerciali dapprima (2001) a 34 t, e quindi (2005) a 40 t, introducendo nel contempo
una “Tassa sul Traffico Pesante Commisurata alla Prestazioni” (TTPCP) variabile fra i 178 ed i
300 CHF (115-195 euro) a seconda delle specifiche di immatricolazione del veicolo.
Il medesimo accordo autorizza anche, per il periodo 2000-2005, il transito di veicoli commerciali
di 40 t entro determinati contingenti (vedi tab.1.2).
Anno
Veicoli
2000
260.000
2001-02
300.000
2003-04
400.000
Tab.1.2. Contingente di veicoli commerciali di 40 t ammesso in Svizzera nel periodo 2000-04
Negli anni successivi, la politica della Confederazione si è volta all’attuazione del programma
di intervento conseguente ai referendum ed all’accordo con l’UE, in particolare attraverso le
seguenti, importanti misure strutturali:
• la riforma delle ferrovie (in vigore dal 1999), finalizzata a rendere più competitivi gli operatori
del settore, anche anticipando la disponibilità della NTFA;
• la Legge sul trasferimento dei traffici, che mira a ridurre alla metà il traffico merci stradale
transalpino nel periodo 1999-2009, definendo gli aspetti operativi della TTPCP e del
corrispondente flusso di cassa (da riutilizzarsi, in parte, per finanziare i grandi progetti
ferroviari in corso).
Va anche ricordato che, dopo la firma del protocollo trasporti della Convenzione delle Alpi
(2000), la Confederazione ha operato tentando di promuovere accordi transfrontalieri con
l’Italia e la Germania, finalizzati a garantire l’efficienza della NTFA. Sul piano più strettamente
infrastrutturale, nel corso del 2003 si è giunti alla firma congiunta da parte italiana, svizzera,
tedesca ed anche olandese, di un Protocollo per il miglioramento del trasporto ferroviario
sull’asse europeo Nord-Sud. Ciò nonostante, le modalità di raccordo della NTFA alla rete
ferroviaria italiana sono tuttora in fase di approfondimento, non essendo tuttora definite né le
caratteristiche, né i tracciati, delle linee ferroviarie di adduzione all’Alptransit.
Peraltro, il tentativo delle ferrovie svizzere di formare una joint venture con FS Cargo ha avuto
esito negativo; ne è conseguita la decisione, da parte elvetica, di procedere all’acquisizione
di materiale rotabile politensione, formando una filiale operativa direttamente in territorio
italiano.
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1.3. Le politiche austriache
Impostate anch’esse intorno all’obiettivo di contenere le esternalità da traffico stradale,
le politiche austriache relative al trasporto transalpino si sono basate, nel corso degli anni
Novanta, su due strumenti fondamentali:
• il sistema degli “ecopunti”, volto a contingentare i transiti di veicoli pesanti al valico del
Brennero;
• l’introduzione di divieti alla circolazione notturna sull’autostrada A12, che collega il
Brennero alla Baviera attraverso il Land del Tirolo.
Con l’ingresso dell’Austria nell’Unione Europea (1995), il sistema degli ecopunti è stato
mantenuto in vita soltanto transitoriamente, sino al 31 dicembre 2003. A partire dal 2004,
esso è stato sostituito da un sistema di pedaggi, applicato al traffico autostradale di veicoli
pesanti attraverso l’innovativo sistema di esazione DSRC, basato sul controllo del traffico
mediante portali dotati di appositi transponder. I livelli tariffari applicati variano, a seconda
delle dimensioni del mezzo, tra i 13 ed i 27 eurocent/veicolo-km.
Per quanto concerne la definizione dei progetti ferroviari, nel caso austriaco essa risulta
meno debolmente legata all’andamento del traffico stradale di quanto non accada in quello
svizzero. Se la realizzazione da parte italiana della nuova linea del Tarvisio (completata nel
1999) ha in parte risolto le problematiche di capacità esistenti sulla direttrice Udine-Villach,
sul lunghissimo asse del Brennero (Verona-Bolzano-Innsbruck-Monaco) la decisione è stata
quella di procedere contemporaneamente al potenziamento della linea storica ed allo sviluppo
del progetto del nuovo tunnel di base. Nel primo caso, in collaborazione con la Germania e
l’Italia, si è definito il Protocollo “Brennero 2005”, finalizzato ad incrementare la potenzialità
e le prestazioni della linea storica nel breve termine, anche a seguito degli importanti lavori
completati tra Bolzano ed il valico. Per quanto concerne invece il tunnel di base, la decisione
di procedere agli studi di fattibilità risale al Protocollo di Montreux (1994), ma soltanto nel
2004 si è giunti a costituire la società incaricata della progettazione dell’opera. Appare dunque
molto improbabile che l’opera possa essere realizzata entro l’orizzonte temporale inizialmente
previsto (il 2012).
1.4. Le politiche tedesche
Pur essendo interessata solo marginalmente al territorio alpino in senso stretto, la Germania
gioca un ruolo di grande rilievo nella definizione delle politiche dei trasporti attraverso le
Alpi. Essa, infatti, rappresenta uno dei principali Paesi di origine e destinazione dei traffici, ed
è interessata in modo diretto a diversi progetti di potenziamento dei corridoi ferroviari svizzeri
ed austriaci.
È in quest’ottica che va letta la partecipazione tedesca ai due protocolli relativi all’asse europeo
Nord-Sud (con Paesi Bassi, Svizzera ed Italia) ed al corridoio del Brennero (con Austria ed
Per ulteriori dettagli si veda il sito internet www.tollroadsnews.com
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Italia). Ed è sempre in questo filone che si colloca la costituzione di una filiale DB Cargo
direttamente operativa in Italia.
Per quanto attiene alla politica del trasporto stradale, essa non contempla evidentemente alcun
dispositivo di limitazione dei transiti lungo le direttrici alpine. Tuttavia, è da ricordare che
il Piano delle infrastrutture federali di trasporto (2003) ha introdotto in modo generalizzato
il pedaggio per i mezzi pesanti circolanti sulla rete autostradale (livelli variabili fra 9 e 14
eurocenti/veicolo-km). Tale disposizione è tuttavia entrata in vigore con un anno di ritardo (1°
gennaio 2005 anziché 2004) a causa di rilevanti problemi di affidabilità manifestati dal sistema
di esazione toll collect.
Al di là delle problematiche di carattere operativo, è da evidenziare che l’introduzione del
pedaggio sulla rete autostradale tedesca, modificando la struttura dei costi di trasporto stradali
tra i valichi alpini e le singole regioni dell’Europa centro-settentrionale, è certamente passibile
di influenzare la distribuzione del traffico merci, sia stradale che ferroviario, anche all’interno
dell’area alpina.
1.5. Le politiche francesi
La politica francese del traffico transalpino ha riguardato sino ad oggi soprattutto il versante
dell’offerta infrastrutturale. A tutt’oggi, non sussistono particolari elementi di dibattito politico,
relativi alla tassazione del traffico pesante – anche se va evidenziato che la rete autostradale ed
i trafori transalpini sono assoggettati a pedaggi piuttosto elevati (sino a 100-150 euro nei due
tunnel del Fréjus e del Monte Bianco). Comunque, un obiettivo di contenimento dei transiti
stradali tout court non è mai stato assunto sul piano formale, ed all’interno dell’area alpina sono
stati recentemente completate – o sono comunque in corso di realizzazione – tratte autostradali
importanti, che includono la A43 (Chambéry-Fréjus) e la A51 (Grenoble-Sisteron). Misure
di limitazione per via amministrativa dei transiti di veicoli pesanti – pure attuate dopo la
riapertura del tunnel del Monte Bianco – sono state definite a scala eminentemente locale
(dipartimento dell’Alta Savoia).
In definitiva, un obiettivo di contenimento della crescita del traffico stradale sembra essere
perseguito al più prevedendo il potenziamento della rete e dei servizi ferroviari, con particolare
riferimento al corridoio Lione-Torino-Milano.
La lunga e complessa vicenda del tunnel di base del Moncenisio (Alpetunnel) ha trovato un
primo punto fermo nella Conferenza di Torino (2001), con la quale i due Governi coinvolti
hanno stabilito di dar corso all’opera, composta da una tratta internazionale (che include il
nuovo tunnel di base lungo 53 km) e di due tratte nazionali di adduzione. Il futuro programma
di esercizio appare strettamente orientato all’attivazione dell’Autostrada Ferroviaria Alpina
(AFA).
Contestualmente, si sta procedendo al potenziamento della linea storica, ed anche dei servizi
Anche in questo caso, si veda il sito www.tollroadsnews.com
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che la utilizzano. I lavori di carattere infrastrutturale, finalizzati ad adeguare la sagoma delle
gallerie, dovrebbero essere conclusi entro il 2007. Un servizio sperimentale di Autostrada
Ferroviaria, di durata quadriennale, è stato avviato nel 2003, ma sembra aver sinora sortito
scarso successo sul piano commerciale (ad eccezione del periodo di chiusura del traforo stradale
a seguito dell’incidente dell’estate 2005). Peraltro, anche le ferrovie francesi – come già quelle
svizzere e tedesche – si stanno dotando di una propria filiale operativa in Italia.
È interessante osservare che non sempre le iniziative italiane e francesi sono risultate
coerenti sul piano programmatico: per quanto riguarda ad esempio il valico di Ventimiglia, la
realizzazione della nuova linea sul lato italiano (chiaramente orientata al trasporto merci ed
a quello passeggeri di medio-lunga percorrenza) si accompagna alla sottolineatura, da parte
francese, delle difficoltà esistenti nel congestionato nodo di Nizza (e più in generale sulla linea
della Costa Azzurra, interessata da un intenso traffico regionale e metropolitano).
D’altro canto, il Governo francese sembra non voler dare alcun seguito alle iniziative italiane,
spesso sviluppate in ambito regionale ligure o piemontese, di realizzazione di nuove direttrici
autostradali transalpine (in particolare il traforo del Ciriegia/Mercantour).
1.6. Le politiche slovene
Paese piccolo ed interessato da numerose direttrici di transito, la Slovenia ha sinora sviluppato
una politica dei trasporti strettamente legata alle sue vicende istituzionali, che l’hanno condotta
prima alla separazione dallo stato yugoslavo (1991), e quindi all’ingresso nell’Unione Europea
(2004).
Entrambi questi eventi hanno avuto importanti ricadute sull’assetto del traffico transalpino.
Il distacco dall’ex Yugoslavia, e la conseguente, rapida introduzione dell’economia di mercato,
hanno certamente favorito gli scambi commerciali con i Paesi dell’Europa Occidentale,
mettendo però in difficoltà il trasporto ferroviario, sino ad allora operante in un regime
largamente protetto. Ne è conseguita una fase di intensa crescita dei traffici verso l’Italia, ma
anche una rilevante tendenza al trasferimento modale dal ferro alla gomma.
Queste tendenze sono state accentuate, contestualmente all’ingresso nell’UE, dall’estensione
della rete autostradale, gestita a pedaggio sia fra Trieste e Lubiana che al traforo delle Karawanken
(autostrada Lubiana-Villach, con proseguimento verso Salisburgo attraverso l’Autostrada dei Tauri),
e soprattutto dalla liberalizzazione del cabotaggio stradale, che ha certamente posto le imprese di
autotrasporto slovene in posizione vantaggiosa nel servizio dei traffici merci Est-Ovest.
Per quanto concerne il trasporto ferroviario, le iniziative di maggior rilievo sono quelle relative
all’istituzione di nuovi servizi intermodali verso l’Austria e la Germania [Debernardi e Sartor
1999], così come lo sviluppo dei progetti inseriti nel “corridoio V” (collegamento ferroviario
Trieste-Budapest), peraltro riguardanti soprattutto l’ammodernamento delle linee esistenti.
Al corridoio SW-NE, che collega Trieste a Lubiana e Maribor, proseguendo verso Vienna o Budapest, se ne
aggiungono altri, che raccordano il confine settentrionale (austriaco) con quello orientale (croato).
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D’altro canto, il recente Piano territoriale strategico nazionale (2004) sembra mettere
l’accento soprattutto sul potenziamento delle connessioni interne fra Lubiana ed il porto di
Capodistria – che rappresenta l’unico accesso al mare del paese. Gli stessi accordi intercorsi con
lo Stato Italiano e con la Regione Friuli-Venezia Giulia nel corso del 2005, relativamente al
potenziamento delle connessioni internazionali, sembrano comunque porsi in una prospettiva
di più lungo termine, rispetto all’ammodernamento della linea Divac̆a-Capodistria.
1.7. Le politiche italiane
La rapida rassegna delle politiche messe in atto dai diversi Paesi alpini, sviluppata nei precedenti
paragrafi, evidenzia bene le importanti differenze tuttora esistenti rispetto alla regolazione dei
traffici alpini. Tali differenze si ripercuotono direttamente sulle posizioni di volta in volta
assunte dall’Italia, che nonostante la sua collocazione geografica, non ha mai assunto un ruolo
di protagonismo all’interno della Convenzione delle Alpi, limitandosi ad assumere posizioni
frammentarie, passive e talvolta ambigue, generalmente basate su accordi bilaterali con i singoli
Paesi confinanti.
Come evidenziato dalla mancata adesione al Protocollo Trasporti della Convenzione delle
Alpi, gli attuali orientamenti della politica nazionale dei trasporti sembrano escludere ogni
riferimento al principio dell’internalizzazione dei costi esterni, da attuarsi attraverso tassazioni
del traffico stradale pesante.
Di fatto, l’unico Leit Motiv delle posizioni italiane sembra essere stato quello di avanzare
proposte di rafforzamento della rete infrastrutturale, concernenti sia il potenziamento dei
corridoi stradali e ferroviari esistenti, sia l’apertura di nuove direttrici transalpine, in parziale
contrasto con il citato Protocollo.
Se si prescinde da alcuni grandi interventi (l’Alpetunnel, i raccordi alla NTFA, il nuovo traforo
di base del Brennero), questa situazione sembra essere stata l’esito anche - se non soprattutto
- di iniziative locali, che non hanno faticato ad inserirsi in una programmazione nazionale
tendenzialmente onnivora: oltre ai numerosi progetti sviluppati in un quadro internazionale
consolidato, la programmazione di settore include, a vario titolo, opere definite su basi
essenzialmente monolaterali, quali ad esempio il traforo autostradale del Ciriegia/Mercantour,
la nuova linea ferroviaria Oulx-Briançon (tunnel del Monginevro), il raddoppio dei trafori
del Fréjus e del Monte Bianco, il nuovo tunnel ferroviario di base Aosta-Martigny, la nuova
direttrice ferroviaria dello Spluga (invero oggi un po’ appannata), le autostrade Trento-VicenzaRovigo e Venezia-Belluno-Dobbiaco (Alemagna), la nuova linea AV Venezia-Trieste (con
proseguimento verso la frontiera slovena), ecc…
In questo articolatissimo panorama, brillano per la loro assenza le riflessioni relative alla
gestione della domanda di mobilità complessiva, al contenimento del traffico stradale,
all’internalizzazione dei costi esterni da traffico, che invece – come si è visto – occupano da anni
Vedi: Ministry of the Environment, Spatial Planning and Energy; SDSS – Spatial Development Strategy of
Slovenia; Ljubljana, 2004.
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il centro del dibattito, quanto meno nei Paesi del quadrante centro-settentrionale (Svizzera,
Austria e Germania).
1.8. Verso una politica generale dei trasporti nell’area alpina
Mai come oggi appare viva la necessità di definire una politica generale del trasporto transalpino,
condivisa non soltanto da tutti i Paesi aderenti alla Convenzione delle Alpi, ma anche dalla
stessa Unione Europea (con riferimento al tema più ampio dell’attraversamento di aree sensibili
dal punto di vista ambientale).
Va comunque osservato che le innovazioni legislative ed organizzative, verificatesi negli ultimi
anni in Svizzera, Austria e Germania, hanno certamente introdotto elementi di tendenziale
convergenza tra le diverse posizioni nazionali. In particolare, è interessante evidenziare che, dal
1° gennaio 2005, il traffico commerciale pesante è soggetto a tariffazione su base chilometrica,
sia pure con livelli e modalità assai differenziati, in tutti i paesi alpini (vedi tab.1.3). D’altro
canto, la graduale riorganizzazione aziendale delle principali compagnie ferroviarie europee si
sta associando alla progressiva introduzione di locomotori politensione, in grado di ovviare ai
principali problemi di interoperabilità tecnica esistenti ai valichi alpini.
Tipo di tariffazione
Paese
Pedaggi autostradali con esazione convenzionale
Francia, Italia, Slovenia
Pedaggi autostradali con esazione elettronica
Austria, Germania
Tassa commisurata alle prestazioni
Svizzera
Tab.1.3. Forme di tariffazione del traffico pesante vigenti nei paesi dell’area alpina
Questo rapporto si propone specificamente di approfondire alcuni elementi di analisi relativi
alla costruzione di politiche del trasporto merci, omogenee nell’intera area alpina, partendo
dall’ipotesi di estensione all’intero arco alpino di forme di tassazione commisurate alle prestazioni
ambientali, analoghe alla TTPCP elvetica, o comunque allo sviluppo di forme tariffarie per
l’utilizzo della rete stradale/autostradale, più articolate e sensibili delle attuali alle esternalità
arrecate ai contesti locali.
Lo studio si basa in primo luogo su una analisi piuttosto articolata dell’andamento storico
del traffico transalpino sia stradale che ferroviario – suddiviso per valico e frontiera estera
(capitolo 2) – a sua volta rapportata all’esame della struttura della domanda di mobilità (merci)
in rapporto alle regioni/paesi esterni di origine/destinazione, alle categorie merceologiche ed ai
modi di trasporto utilizzati (capitolo 3).
L’analisi della struttura della domanda viene quindi messa in relazione alla configurazione
dell’offerta di trasporto – ed in particolare ai costi generalizzati degli spostamenti stradali ed anche
(indirettamente) di quelli ferroviari e marittimi – secondo simulazioni di traffico implementate
sulla Rete Nazionale Trasporti e Ambiente. Tali simulazioni consentono di sviluppare uno
La Rete Nazionale Trasporti e Ambiente (Re.Na.T.A.) è un modello multimodale di simulazione del traffico,
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scenario di possibile evoluzione tendenziale dei traffici stradali e ferroviari (capitolo 4) ed
anche di fornire una prima stima degli effetti derivanti dall’eventuale omogeneizzazione delle
politiche tariffarie, in termini sia di modifica della ripartizione modale dei flussi, che del loro
istradamento sulle direttrici esistenti e/o previste (capitolo 5).
I risultati ottenuti, pur di carattere preliminare e largamente indicativo, consentono di
sviluppare alcune considerazioni, articolate per valico/paese/modo di trasporto, relative ai
potenziali effetti della tassazione del traffico stradale secondo una politica omogeneamente
applicata all’intero arco alpino (capitolo 6).
attualmente implementato con riferimento al Nord Italia ed alle regioni limitrofe, sviluppato da Polinomia
srl anche nel quadro delle convenzioni annuali (2004-05) sottoscritte con il WWF. Tale modello consente di
stimare la domanda di mobilità (passeggeri e merci) ed i flussi di traffico stradale, ferroviario, aeroportuale e
navale, che interessano il territorio delle otto regioni dell’Italia settentrionale, oltre al Canton Ticino. Esso
si presta, pertanto, alla ricostruzione del quadro generale dei flussi di traffico sull’intero versante meridionale
delle Alpi, da Ventimiglia sino a Trieste.
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