P. è una donna di 40 anni madre di un bambino di 12 anni. Giunge

Transcript

P. è una donna di 40 anni madre di un bambino di 12 anni. Giunge
 P. è una donna di 40 anni madre di un bambino di 12 anni. Giunge presso il CSM del territorio di riferimento a causa di una grave ansia. P. ha inoltre più volte messo in atto comportamenti aggressivi verso se stessa e verso gli altri. Da due anni ha dovuto lasciare il lavoro, divenuto per lei insostenibile e negli ultimi sei mesi ha più volte tentato il suicidio. Dopo l'ultimo tentativo è stata ricoverata per quindici giorni in SPDC e ora, appena uscita, è stata accompagnata dal marito, dalla dottoressa del CSM. Al colloquio P. appare fortemente a disagio e molto agitata. Dichiara subito: "Sono stanca di vivere e vorrei solo morire. Lo so è una cosa brutta da dire, ma non me ne importa nulla. E' terribile, soprattutto nei confronti di mio figlio. Ma non riesco a pensare ad altro. Vorrei farla finita. Tutti i giorni della mia vita sono sempre agitata e nervosa. Tutte le mattine mi sveglio piangendo e non riesco a stare ferma. Vorrei uscire e scappare via. Lasciare tutto e tutti. Sono stufa. Ci sono momenti in cui vorrei spaccare tutto e tutti. Sono sempre angosciata e non riesco a placare la mia angoscia." Nel corso del colloquio P. dichiara che dal punto di vista delle relazioni prova sempre un senso di minaccia e una tristezza come se fosse sempre sul punto di perdere le persone che ama. Ha un marito che la sostiene molto, un bambino che la ama e che ha bisogno di lei, ma lei non sente di amarli allo stesso modo. Sto male-­‐ dice-­‐ Lo so che me lo merito, che è colpa mia, perchè se mi comporto male è ovvio che poi le persone si stancano e mi abbandonano. Hanno tutto il diritto di farlo, perchè me lo merito. Sono una persona pesante. Tutte le persone che mi amano stanno soffrendo a causa mia. Sono un essere spregevole. Il mio malessere li sta distruggendo. Sto distruggendo non solo la mia vita, ma quella di tutte le persone che mi stanno vicino. sto distruggendo la vita di mio figlio. Penso che sia una maledizione amarmi. Chi mi ama sta male. Sono io la causa di tutto. Sono depressa, angosciata, ansiosa ed è colpa mia se gli altri stanno male. Vorrei sparire e non essere mai esistita. Mi calmo solo quando mi chiudo nella mia stanza e scrivo. Scrivo moltissimo e tutti i giorni. Quando mi sento nervosa scrivo. E penso a quello che ho scritto, così mi estranio dal mondo e dalla mia vita. Alla volte penso così tanto che sto per ore con i miei scritti in mano. Penso così tanto che mi scoppia la testa per quanto penso. Ma penso male. E' tutta colpa mia se la mia famiglia sta soffrendo e mio marito sta perdendo la pazienza. Mio figlio si sta ammalando per causa mia. Sono un essere schifoso. Ho paura di rimanere sola. Ma se e quando succederà non potrò farci niente. Me lo merito. La vita è uno schifo, io sono uno schifo. le colpe rimangono, gli altri ti abbandonano ed è inutile sforzarsi, perchè il futuro non può essere nient'altro che questo. E' colpa mia. Tutto è colpa mia. Ma me lo merito. Sono gli altri che non si meritano tutto questo. Vorrei essere lasciata in pace. Vorrei scappare e starmene da sola. Così almeno non mi sentirei in colpa" (piange a dirotto). Una volta calmatasi, la terapeuta le chiede di parlare del suo rapporto con il marito. P. non dice nulla di tale rapporto e racconta solo del fatto che sta con il marito da quando aveva 26 anni. Si sono conosciuti all'università. Lui si è laureato in giurisprudenza ed ora fa l'avvocato in uno studio associato. Lei si è ritirata dall'università in quanto non le piaceva studiare e non le interessava proprio laurearsi. Si era iscritta solo per fare piacere a suo padre, e quando era rimasta incinta aveva subito trovato il pretesto per interrompere gli studi. La terapeuta le chiede di parlare della sua famiglia d'origine. P. dice che il padre (ora in pensione) era un ingegnere e la madre, una giornalista di una testata locale, è morta quando lei aveva 12 anni a causa di un tumore. Poi passa a descrivere nuovamente tutti i suoi sintomi e il suo desiderio di sparire. La terapeuta le chiede di tornare a parlare della sua famiglia d'origine. P. però appare molto indispettita da questo rimando e dice: ma insomma ma che cosa vuole? ma come si permette? Sa cosa le dico, che non mi va di parlare della mia famiglia. Ne ho il diritto oppure no? Ma non ha capito insomma che io vorrei solo morire? ma perchè non mi lascia in pace pure lei. Deve essere proprio una sadica se pensa di poter stare lì, con il suo controllo da strizzacervelli da strapazzo a chiedermi di parlare del mio passato. Pensi piuttosto ad ascoltare il mio dolore. Io ho bisogno di parlare del mio presente non del mio passato. Ora sto male e se lei non può aiutarmi allora meglio chiudere qui". La terapeuta dice di accogliere fortemente il suo desiderio di parlare del presente e la invita a raccontarle meglio dei suoi sintomi. Dice che aveva solo chiesto di parlare del passato per cogliere meglio la sua situazione ma si scusa se la domanda l'ha indispettita e la invita a continuare il racconto del suo malessere attuale.b P. sorride in modo amaro e scoppia a piangere e dice di aver bisogno di interrompere la seduta. La terapeuta allora le dice: "Mi dispiace se questa seduta la sta facendo stare così male. Il senso del nostro percorso è quello che lei può stare meglio. facciamo così. Ora rimanga qui. Anche se non ha voglia di dire niente. Rimanga qui anche in silenzio. Io sarò qui e se lei vorrà potrà parlarmi quando vorrà. Rimanga ancora un pò. Poi quando si sarà calmata potrà andare via. E' chiaro che l amia è una proposta. se lei vuole può anche andare via subito, ma le chiederei di rimanere ancora un pò. fino a quando non si sarà calmata un pò. P. accetta e le chiede se può prendere il suo diario per scrivere un pò, in modo da calmarsi. La dottoressa accetta. P. comincia a scrivere di getto e dopo un pò chiede alla dottoressa quando si potranno rivedere. La dottoressa le dà un altro appuntamento. P., più calma, ringrazia la dott.ssa e la saluta sorridendo. 1) individuare organizzazione di personalità, evidenziandone i segni. 2) Individuare l'evento critico/il fallimento collusivo. 3) Elaborare una lettura/interpretazione del caso sulla base dell'analisi della domanda. 4) individuare meccanismi di difesa messi in atto dalla paziente. 5) Individuare misure di sicurezza utilizzate dalla paziente ; 6) Indicare se la psicologa collude oppure non collude, spiegandone le motivazioni.