Regime giuridico degli scarti animali Ampio commento sul nuovo
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Regime giuridico degli scarti animali Ampio commento sul nuovo
Regime giuridico degli scarti animali Ampio commento sul nuovo regime giuridico degli scarti animali, con particolare riferimento al Reg. 1774/02/Ce, entrato recentemente in vigore. Il nuovo regime giuridico degli scarti animali. 1. Il quadro normativo di riferimento. 2. L’ordinanza 30 marzo 2001, del Ministero della Sanità e il nuovo regolamento comunitario. 3. Analisi del regolamento Ce n. 1774/2002. Profili generali 4. Categorizzazione, dei sottoprodotti di origine animale. 1. Il quadro normativo di riferimento. La materia in oggetto presenta interessanti spunti di riflessione in quanto la normativa nel tempo ha subito diverse variazioni, a partire dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee del 10 ottobre 2002, del Regolamento (Ce) n. 1774/2002 del Parlamento europeo e del consiglio del 3 ottobre 2002, recante “Norme sanitarie relative ai sottoprodotti di origine animale non destinati al consumo umano”, che è in vigore in Italia, senza bisogno di norme di recepimento, come tutti i regolamenti comunitari, dal 30 ottobre 2002, ovvero dopo 20 giorni dalla pubblicazione. Il regolamento concedeva un anno di tempo, quindi fino al 30 ottobre 2003, per informare la Commissione delle misure adottate per garantire la conformità al nuovo atto comunitario. Il regolamento n. 1774/2002/Ce è stato successivamente modificato dal regolamento Ce 12 maggio 2003, e da ultimo abbiamo assistito alla pubblicazione in Italia del Decreto del Ministero della salute del 16 ottobre 2003 “Misure sanitarie di protezione contro le encefalopatie spongiformi trasmissibili” che fa riferimento alla disciplina del regolamento comunitario n. 1774, quanto alle modalità di gestione dei cosiddetti materiali specifici a rischio. In precedenza il D.L.vo 14 dicembre 1992, n. 508, aveva dato attuazione alla Dir. 90/667/Cee del Consiglio del 27 novembre 1990, che stabiliva le norme sanitarie per l’eliminazione, la trasformazione e l’immissione sul mercato di rifiuti di origine animale e la protezione dagli agenti patogeni degli alimenti per animali di origine animale o a base di pesce e che modifica la Dir. 90/425/Cee. Occorre però ricordare che anche il decreto Ronchi, n. 22/97, ha preso in considerazione la materia in due disposizioni. Innanzittutto all’art. 1, primo comma leggiamo: “Il presente decreto disciplina la gestione dei rifiuti, dei rifiuti pericolosi, degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio, fatte salve disposizioni specifiche particolari o complementari, conformi ai principi del presente decreto, adottate in attuazione di direttive comunitarie che disciplinano la gestione di determinate categorie di rifiuti”. Ciò significa che le esclusioni dal regime generale dei rifiuti operano solo quando le categorie dei materiali esonerate, specificate all’art. 8, siano disciplinate da specifiche disposizioni di legge, per la evidente necessità di impedire che più discipline speciali regolino una stessa materia. Le esclusioni dall’ambito della normativa generale devono sempre essere oggetto di interpretazione restrittiva sicché, quando la legislazione di settore si presenta limitata ad aspetti peculiari, la disciplina base sui rifiuti, di cui al decreto Ronchi, ritrova la piena applicazione. Si deve poi notare come l’articolo 8 quarto comma, del D. Lgs. n. 22/1997, nella sua formulazione originaria, escludeva dal regime generale dei rifiuti gli scarti dell'industria alimentare destinati al consumo umano ed animale oggetto di specifiche norme di tutela igienico-sanitaria. La Commissione dell'Unione Europea (con nota n. 6465 del 29 settembre 1997) ebbe a rilevare l'ampliamento abnorme delle esclusioni dall'ambito di applicazione della normativa effettuato con l'art. 8 del dlgs. n. 22/1997, e quindi la non corretta trasposizione in tale norma dell'art. 2 della direttiva 91/156/CEE. Si evidenziò, in particolare, che: “Riguardo alla materia degli scarti dell'industria alimentare, le disposizioni del Decreto Legislativo dovrebbero trovare applicazione in ogni caso, contrariamente a quanto disposto dal quarto comma del medesimo articolo 8”. Il legislatore nazionale allora intervenne con il D. Lgs. 8.11.1997, n. 389, ed eliminò (tra le altre) anche l'esclusione già prevista dal quarto comma dell'art. 8. Rimane dunque oggi solo l'esclusione specificata nell'art. 8, primo comma - lett. c) che sottrae al campo di applicazione di quel testo normativo “le carogne” ed altri rifiuti agricoli specificamente indicati, "in quanto disciplinati da specifiche disposizioni di legge". Gli "scarti animali" però costituiscono rifiuti disciplinati in modo espresso -a fini igienicosanitari- dal D. Lgs. n. 508, il quale (art. 1 lett. a) stabilisce: “le norme sanitarie per l'eliminazione, la trasformazione e l'immissione sul mercato di rifiuti di origine animale…” e definisce come “rifiuti di origine animale” le “carcasse o parti di animali o pesci o prodotti di origine animale giudicati non destinati al consumo umano diretto a norma delle leggi vigenti, esclusi gli escreti degli animali e i rifiuti di cucina e dei pasti" (art. 2, n. 1, modificato dall'art. 55, 1° comma, della legge n. 128/1998) e prevede la possibilità della loro trasformazione in ingredienti da inserire negli alimenti per animali e farina di pesce (art. 2, n. 4). La nozione di “carogne” di cui all'art. 8, 1° comma - lett. c), del D. Lgs. 5.2.1997, n. 22 può ricomprendere le carcasse animali e gli scarti di macelleria. In tal senso si è espressa la Corte di cassazione sia nella sentenza 4 marzo 2002, n. 8520, sia nella più recente pronuncia dell’11 luglio 2003, n. 29236; ciò significa che il decreto legislativo costituiva davvero norma di carattere speciale rispetto al Ronchi. Sul particolare tema del rapporto tra il decreto Ronchi e la normativa speciale la medesima sentenza, dopo aver affermato che “gli scarti animali non trattati sono espressamente compresi tra i rifiuti speciali del Catalogo europeo dei rifiuti [codice 020202 CER], la cui elencazione - che si conforma alla definizione generale di “rifiuto” accolta dal legislatore italiano ed è riportato nell’Allegato A) del D.L.vo n. 22/1997 - si applica a tutti i rifiuti, siano essi destinati ad operazioni di smaltimento o di recupero”, offre un decisivo contributo, chiarendo definitivamente che: “- nel recupero di rifiuti animali devono applicarsi congiuntamente il D.L.vo n. 22/1997 ed il D.L.vo n. 508/1992, che hanno distinte finalità; - gli scarti animali costituiscono rifiuti speciali ai sensi del D.L.vo n. 22/1997 e, pertanto, la gestione di materiali siffatti è sottoposta alla disciplina prevista da detto decreto; - gli impianti di recupero di tali rifiuti devono essere autorizzati secondo le prescrizioni di entrambi i testi normativi; - il recupero di tali rifiuti può avvenire con procedura semplificata solo se rivolto alla produzione di fertilizzanti; nel caso, invece, di trattamento finalizzato alla produzione di mangimi, si impone la necessità dell’autorizzazione ordinaria di cui all’art. 28 del D.L.vo n. 22/1997”. L’art. 8, secondo comma, del D.L.vo n. 508/1992, del resto, rinvia espressamente alla normativa generale in materia di rifiuti allorché dispone che “la raccolta ed il trasporto di materiali ad alto rischio e basso rischio sono effettuati nell’osservanza degli obblighi di documentazione del trasporto e di tenuta dei registri di carico e scarico vigenti” e tali obblighi documentali (rispettivamente previsti, attualmente, dagli artt. 15 e 12 del D.L.vo n. 22/1997) presuppongono appunto l’iscrizione all’albo nazionale delle imprese che effettuano la gestione dei rifiuti (di cui all’art. 30 del D.L.vo n. 22/1997). 2. L’ordinanza 30 marzo 2001 del Ministero della Sanità e il nuovo regolamento comunitario. L’ordinanza Min. Sanità 30 marzo 2001 (in Gazzetta ufficiale 7 aprile 2001, n. 82) , che contiene disposizioni relative alla gestione, al recupero energetico e all'incenerimento del materiale specifico a rischio, ha sostituito e integrato le precedenti ordinanze 13 novembre 2000, in materia di gestione e smaltimento del materiale specifico a rischio, e 3 gennaio 2001 il cui limite temporale di operatività è cessato il 4 aprile 2001. Tale ordinanza, in particolare, all’art. 1 stabilisce che “alle attività di raccolta, trasporto, stoccaggio, pretrattamento e/o trasformazione del materiale specifico a rischio, dei materiali ad alto e basso rischio e degli altri materiali destinati alla distruzione, non si applicano, fino al 31 dicembre 2001, le disposizioni previste dal D.Lgs. n. 22/1997, in materia di: - comunicazione annuale dei rifiuti (art. 11); - - registro di carico e scarico (art. 12); formulario di identificazione dei rifiuti (art. 15); - autorizzazione alla realizzazione degli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti (art. 27); - autorizzazione all'esercizio delle operazioni di smaltimento e recupero (art. 28); - iscrizione all'Albo gestori rifiuti (art. 30)”. Tale termine (31 dicembre 2001) era stato prima prorogato al 30 giugno 2002, dall’ordinanza 23 gennaio 2002 poi, dall’ordinanza 1 luglio 2002 è stato ulteriormente prorogato fino all’applicazione del nuovo regolamento in materia, ovvero il citato regolamento n. 1774/2002, in vigore dal 30 aprile 2003. Ciò poteva lasciar fraintendere che dal 30 aprile 2003 si dovessero applicare anche le sopraccitate disposizioni del D. Lgs. n. 22/97, ma non è così. Non solo il regolamento comunitario tratta tutti gli aspetti, non solo quelli sanitari, ma anche quelli amministrativi ed autorizzativi dei sottoprodotti trasformati, ed è quindi una disciplina completa, che non si somma a quella dei rifiuti, ma che da sola disciplina l’intera gestione degli scarti animali, ma specialmente dal 30 aprile 2003, si devono considerare contemporaneamente abrogati sia la direttiva 90/667/Cee sia di conseguenza il D. Lgs. 14 dicembre 1992, n. 508, di recepimento della medesima. Sono, peraltro, inoltre abrogati (secondo l’art. 37 del regolamento) anche tutti i decreti e le circolari applicative del medesimo D. Lgs. n. 508, quali il D.M. 26 marzo 1994 relativo alla raccolta e trasporto rifiuti di origine animale, il D.M. 15 maggio 1993 che determinava i sistemi di trattamento dei materiali ad alto rischio e la circolare Min. sanità 24 maggio 1993, n. 22. 3. Analisi del regolamento Ce n. 1774/2002. Profili generali Analizziamo ora la disciplina ad oggi vigente per gli scarti animali. Il regolamento comunitario n. 1774/02 ha definito all’art. 2 “sottoprodotti di origine animale: corpi interi o parti di animali o prodotti di origine animale di cui agli articoli 4, 5 e 6, non destinati al consumo umano, ivi compresi gli ovuli, gli embrioni e lo sperma”, e ha anche sostituito le preesistenti categorie di alto e basso rischio, con tre distinte categorie (1, 2, e 3) di materiali, descritte rispettivamente agli articoli 4, 5 e 6 che identificano particolari tipologie di rifiuti, e ne definiscono per ciascuna le modalità di smaltimento, come successivamente vedremo. Relativamente alla raccolta, trasporto e magazzinaggio l’art. 7, comma 1, del regolamento stabilisce che: “I sottoprodotti di origine animale e i prodotti trasformati, ad eccezione dei rifiuti alimentari della categoria 3, sono raccolti, trasportati e identificati conformemente all’allegato II”; il successivo comma 3 dà poi mandato allo Stato membro di stabilire adeguate disposizioni per garantire tale conformità. In pratica quindi è l’autorità sanitaria dello Stato membro che stabilisce le procedure autorizzative per i trasportatori, ed i relativi veicoli, degli scarti animali. Ma ciò che interessa è anche quanto disposto dallo stesso art. 7 al comma 4: “Conformemente all’articolo 4 della direttiva 75/442/CEE del Consiglio, del 15 luglio 1975, relativa ai rifiuti, gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che la raccolta, il trasporto e lo smaltimento dei rifiuti di cucina e ristorazione della categoria 3 avvengano senza pericolo per la salute umana e senza danno per l’ambiente”. Ciò vuole significare che la disciplina dei rifiuti (nel nostro paese il D. Lgs. n. 22/97) si applica alla raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti da cucina, esplicitando di conseguenza che il regolamento n. 1774/2002 intende disciplinare raccolta, trasporto e magazzinaggio delle altre categorie di materiali, ovvero i sottoprodotti e i trasformati. Anche per quanto riguarda gli impianti di transito, (art. 10), magazzinaggio (art. 11) trasformazione (artt. 13 e 17), oleochimici (art. 14), di produzione di alimenti per animali da compagnia nonché gli impianti tecnici (art. 18) e gli impianti di produzione biogas e di compostaggio (art. 15), l’autorità che opera il “riconoscimento”, così è definita nel regolamento quella che si dice normalmente autorizzazione, debba essere unica, ed è l’autorità sanitaria. In tal modo si evitano doppie ed inutili autorizzazioni. Per quanto riguarda invece gli impianti di incenerimento e coincenerimento, vengono distinti dal regolamento gli impianti ai quali si applica la normativa ambientale (e quindi la relativa disciplina sui rifiuti), e gli impianti che trattano unicamente carcasse di animali o parti di esse, come sottoprodotti di origine animale. Occorre però considerare a questo punto l’entrata in vigore della direttiva sull’incenerimento rifiuti, direttiva 2000/76/Ce. Questi impianti sono espressamente esclusi sia dalla direttiva 2000/76/Ce sull’incenerimento dei rifiuti, (art. 2, comma 2, lett. a) punto vii), sia dalla direttiva rifiuti 75/442/Ce come modificata, in quanto contemplati dal regolamento n. 1774/2002/ce, norma di rango addirittura superiore, e quindi prevalente. Il regolamento per altro individua all’art. 12, commi 2 e 3 le condizioni generali di funzionamento, nonché i requisiti ai quali detti impianti di incenerimento devono conformarsi. Si rileva, per inciso, che l’art. 12 è stato modificato attraverso il regolamento Ce n. 808/2003 della Commissione del 12 maggio 2003: art.1 Modifica del regolamento (CE) n. 1774/2002 Il regolamento (CE) n. 1774/2002 è modificato nel modo seguente: 1) nell'articolo 12, paragrafo 3, la lettera a) è sostituita come segue: «a) essere utilizzato unicamente per l'eliminazione degli animali da compagnia, sottoprodotti di origine animale di cui agli articoli 4, paragrafo 1, lettera b), 5, paragrafo 1 e 6, paragrafo 1 ai quali non si applica la direttiva 2000/76/CE»; 2) all'articolo 12, paragrafo 3 è aggiunta la seguente lettera h): «h) soddisfano le condizioni dell'allegato IV, Capitolo VII se utilizzati per l'eliminazione dei sottoprodotti di origine animale di cui all'articolo 4, paragrafo 1, lettera b»; 3) Gli allegati da I a IX sono modificati conformemente all'allegato del presente regolamento. Si ritiene che l’esclusione dalla direttiva rifiuti sopra citata, (in l’Italia vigente dalla fine del 2002, per i nuovi impianti) sia riferibile solo quanto alle condizioni generali di funzionamento, ovvero al cosiddetto riconoscimento (lasciato alla competenza di un autorità sanitaria), ma non quanto alle procedure proprie dell’incenerimento che il comma uno del medesimo art. 12 espressamente riferisce alla direttiva 2000/76/Ce. 4. Categorizzazione dei sottoprodotti di origine animale. Come detto nel paragrafo precedente il regolamento Ce ha distinto in tre diverse categorie i sottoprodotti di origine animale, definendo per ognuna le modalità di raccolta, eliminazione, trasformazione uso e magazzinaggio. Per “materiali di categoria 1” l’art. 4 riporta la seguente definizione: 4. (Materiali di categoria 1). 1. I materiali di categoria 1 comprendono i sottoprodotti di origine animale corrispondenti alle seguenti descrizioni, o qualsiasi materiale contenente tali sottoprodotti: a) tutte le parti del corpo, incluse le pelli, degli animali seguenti: i) animali sospettati di essere affetti da una TSE conformemente al regolamento (CE) n. 999/2001 o in cui la presenza di una TSE è stata ufficialmente confermata; ii) animali abbattuti nel quadro di misure di eradicazione delle TSE; iii) animali che non sono né animali d’allevamento né animali selvatici, come gli animali da compagnia, gli animali da giardino zoologico e gli animali da circo; iv) animali da esperimento, come definiti all’articolo 2 della direttiva 86/609/CEE del Consiglio, del 24 novembre 1986, concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri relative alla protezione degli animali utilizzati a fini sperimentali o ad altri fini scientifici; e v) animali selvatici, se si sospetta che siano affetti da malattie trasmissibili all’uomo o agli animali; b) i) i materiali specifici a rischio; e ii) ove i materiali specifici a rischio non siano stati rimossi al momento dello smaltimento, i corpi interi di animali morti contenenti materiali specifici a rischio; c) i prodotti ottenuti da animali cui sono state somministrate sostanze vietate ai sensi della direttiva 96/22/CE e i prodotti di origine animale contenenti residui di agenti contaminanti per l’ambiente e altre sostanze elencate nell’allegato I, categoria B, punto 3, della direttiva 96/23/CE del Consiglio, del 29 aprile 1996, concernente le misure di controllo su talune sostanze e sui loro residui negli animali vivi e nei loro prodotti e che abroga le direttive 85/358/CEE e 86/469/CEE e le decisioni 89/187/CEE e 91/664/CEE(19), se tali residui superano i livelli consentiti dalla normativa comunitaria o, in assenza di tale normativa, dalla normativa nazionale; d) tutti i materiali di origine animale raccolti nell’ambito del trattamento delle acque reflue degli impianti di trasformazione di categoria 1 e degli altri locali in cui viene effettuata l’asportazione di materiali specifici a rischio, ivi compresi mondiglia, rifiuti da dissabbiamento, miscele di grassi e oli, fanghi e materiali provenienti dagli scarichi degli stessi salvo se tali materiali non contengono materiali o parti di materiali specifici a rischio; e) i rifiuti alimentari provenienti da mezzi di trasporto che effettuano tragitti internazionali; e f) le miscele di materiali di categoria 1 con materiali di categoria 2 e/o 3, ivi compresi i materiali destinati alla trasformazione in un impianto di trasformazione di categoria 1. Mentre i per i “materiali di categoria 2” l’art. 5 riporta la seguente definizione: 5. (Materiali di categoria 2). 1. I materiali di categoria 2 comprendono i sottoprodotti di origine animale corrispondenti alle seguenti descrizioni, o qualsiasi materiale contenente tali sottoprodotti: a) lo stallatico e il contenuto del tubo digerente; b) tutti i materiali di origine animale raccolti nell’ambito del trattamento delle acque reflue dei macelli diversi da quelli rientranti nell’articolo 4, paragrafo 1, lettera d), ovvero degli impianti di trasformazione di categoria 2, ivi compresi mondiglia, rifiuti da dissabbiamento, miscele di grassi e oli, fanghi e materiali provenienti dagli scarichi degli stessi; c) i prodotti di origine animale contenenti residui di farmaci veterinari e di agenti contaminanti elencati nell’allegato I, categoria B, punti 1) e 2), della direttiva 96/23/CE, se tali residui superano i livelli consentiti dalla normativa comunitaria; d) i prodotti di origine animale diversi dai materiali di categoria 1 che sono importati da paesi terzi e che dalle ispezioni previste dalla normativa comunitaria non risultano conformi ai requisiti veterinari prescritti per l’importazione nella Comunità, a meno che non siano rispediti o l’autorizzazione della loro importazione non sia subordinata a restrizioni previste dalla normativa comunitaria; e) gli animali e le parti di animali diversi da quelli contemplati all’articolo 4, morti non in seguito a macellazione a fini di consumo umano, ivi compresi gli animali abbattuti nel quadro dell’eradicazione di una malattia epizootica; f) le miscele di materiali di categoria 2 con materiali di categoria 3, ivi compresi i materiali destinati alla trasformazione in un impianto di trasformazione di categoria 2; e g) i sottoprodotti di origine animale che non sono materiali di categoria 1 o 3. Essa trova punti di contatto con la normativa Ronchi al momento della eliminazione finale dei sottoprodotti o dei prodotti trasformati, presso gli impianti autorizzati dalla normativa ambientale. Lo smaltimento di queste due categorie, si distingue a seconda che i materiali in esse contemplati siano sottoprodotti di origine animale o prodotti trasformati tramite un impianto di trasformazione riconosciuto ai sensi del regolamento, e utilizzando uno dei metodi di trasformazione indicati. Quindi, gli artt. 4 e 5 riportano le seguenti ipotesi: · · sono eliminati direttamente come rifiuti, mediante incenerimento in un impianto riconosciuto a norma dell’art. 12 sono trasformati, secondo le modalità predette, per poi passare all’eliminazione finale come rifiuti mediante incenerimento o coincenerimento, sempre in un impianto riconosciuto ai sensi dell’art. 12. L’art. 5 però, a differenza dell’art. 4, per i materiali di categoria 2 elenca oltre le suddette modalità di smaltimento generali altre ipotesi particolareggiate a seconda del tipo di trasformazione subita dal prodotto. L’esposizione chiara del comma 2 rende inutile una pedissequa ripetizione dell’articolo. “Materiale di categoria 3” dall’art. 6 è considerato: Materiali di categoria 3. 1. I materiali di categoria 3 comprendono i sottoprodotti di origine animale corrispondenti alle seguenti descrizioni, o qualsiasi materiale contenente tali sottoprodotti: a) parti di animali macellati idonee al consumo umano in virtù della normativa comunitaria, ma non destinate al consumo umano per motivi commerciali; b) parti di animali macellati dichiarate inidonee al consumo umano ma che non presentano segni di malattie trasmissibili all’uomo o agli animali e provenienti da carcasse idonee al consumo umano in virtù della normativa comunitaria; c) pelli, zoccoli e corna, setole di suini e piume ottenuti da animali macellati in un macello dopo aver subito un’ispezione ante mortem e considerati, in seguito a detta ispezione, idonei alla macellazione ai fini del consumo umano in virtù della normativa comunitaria; d) sangue ottenuto da animali, esclusi i ruminanti, macellati in un macello dopo aver subito un’ispezione ante mortem e considerati, in seguito a detta ispezione, idonei alla macellazione ai fini del consumo umano in virtù della normativa comunitaria; e) sottoprodotti di origine animale ottenuti dalla fabbricazione di prodotti destinati al consumo umano, compresi i ciccioli e le ossa sgrassate; f) prodotti alimentari di origine animale o contenenti prodotti di origine animale, esclusi i rifiuti di cucina e ristorazione che, anche se lo erano originariamente, non sono più destinati al consumo umano per motivi commerciali o a causa di problemi di lavorazione o di difetti d’imballaggio o di qualsiasi altro difetto che non presentino alcun rischio per la salute umana o animale; g) latte crudo proveniente da animali che non presentano sintomi clinici di malattie trasmissibili all’uomo o agli animali attraverso tale prodotto; h) pesci o altri animali marini, ad eccezione dei mammiferi, catturati in alto mare e destinati alla produzione di farina di pesce; i) sottoprodotti freschi dei pesci provenienti da impianti che fabbricano prodotti a base di pesce destinati al consumo umano; j) gusci, sottoprodotti dei centri di incubazione e sottoprodotti ottenuti da uova incrinate provenienti da animali che non presentavano segni clinici di malattie trasmissibili all’uomo o agli animali attraverso tali prodotti; k) sangue, pelli, zoccoli, piume, lana, corna, peli e pellicce ottenuti da animali che non presentavano segni clinici di malattie trasmissibili all’uomo o agli animali attraverso tali prodotti; l) rifiuti di cucina e ristorazione non contemplati all’articolo 4, paragrafo 1, lettera e). Anche il tal caso lo smaltimento va distinto a seconda che si tratti di sottoprodotti di origine animale o prodotti trasformati, e le due possibilità generali di smaltimento sono le sopradette. I materiali di categoria 2 e 3, però, oltre allo smaltimento possono avere un’altra destinazione: · possono essere utilizzati come fertilizzanti organici o ammendanti; · trasformati in un impianto di biogas di compostaggio; · · sottoposti a trattamento in un impianto tecnico; avviati ad un impianto di produzione di alimenti per animali da compagnia. Naturalmente se in tali attività e lavorazioni si vengono a produrre dei rifiuti questi seguono regolarmente la relativa disciplina. A questo punto occorre verificare quanto disposto dall’art. 12, coordinando la norma con la direttiva 2000/76/Ce, “Incenerimento dei rifiuti”, pubblicata in G.U.C.E. del 28 dicembre 2000, con avviso di rettifica in G.U.C.E. 31 maggio 2001, più sopra citata. Art. 12 Riconoscimento degli impianti di incenerimento 1. L’incenerimento e coincenerimento di prodotti trasformati sono effettuati conformemente alla direttiva 2000/76/CE. L’incenerimento e coincenerimento di sottoprodotti di origine animale sono effettuati conformemente alla direttiva 2000/76/CE o, ove essa non sia d’applicazione, conformemente alle disposizioni del presente regolamento. Gli impianti di incenerimento e coincenerimento sono soggetti a riconoscimento ai sensi di detta direttiva o in conformità dei paragrafi 2 o 3. L’interpretazione coordinata degli artt. 4, 5e 6 e dell’art. 12 fa si che sia possibile ritenere che laddove il regolamento n. 1774/2002/Ce si riferisca genericamente alla normativa ambientale, per il nostro paese, va inteso il riferimento al decreto Ronchi, il quale a sua volta, attualmente per l’aspetto dell’incenerimento rifiuti si riferisce alla direttiva 200/76/Ce per i nuovi impianti, o al precedente D.M. n. 124/00 per gli impianti esistenti Ma l’art. 12 del regolamento, disciplina speciale, prevale sulla disciplina del D.M. n. 124/00: ciò significa che laddove non sia applicabile la direttiva sugli inceneritori, ovvero per i vecchi impianti, si applicherà direttamente, nel caso del riconoscimento degli impianti di incenerimento per gli scarti animali, quanto previsto dall’art. 12 comma 2 e ss del regolamento 1774/02/Ce.