Il Notaio della memoria - 1. Tempo di Pasqua

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Il Notaio della memoria - 1. Tempo di Pasqua
Fuori programma: Il Notaio della memoria - 1. Tempo di Pasqua
Pubblico Ufficiale, professionista e imprenditore, ma anche uomo, o donna, nella sua
famiglia.
Il “Notaio della memoria” fu, fino al 1968, un nonno sui generis, il cui ricordo si salda a
quello di momenti familiari e, dato che amava molto la buona tavola, ad alcune pietanze di
casa, le cui ricette sopravvivono in un quaderno troppo sfogliato, con le pagine rigate ormai
ingiallite, sulle quali sono ancora ben leggibili i titoli numerati, vergati con belle iniziali e
inchiostro rosso, e le preparazioni, inchiostro seppia e corsivo sempre elegante.
La nipotina abitava in un’altra città e vedeva il nonno solo nelle occasioni di festa, le uniche
per le quali, una volta, ci fosse qualche giorno di vacanza da scuola. Solo Natale, Pasqua, la
ricorrenza dei morti e l’estate, nella casa del lago.
Tra tutte, la vacanza della Pasqua era la più breve: allora solo il sabato veniva aggiunto nel
calendario scolastico alla domenica e a Pasquetta e quindi occorreva accontentarsi di un
week end lungo, come si direbbe adesso.
Ma si trattava di un momento molto speciale perché condensava in sé la fine dell’inverno,
la stagione nuova, il viaggio senza l’incubo di quelle fitte nebbie di una volta, e l’attesa
dell’uovo e della sua sorpresa.
Negli anni Sessanta il sabato lavoravano tutti, anche i Notai.
Per la verità il sabato di Pasqua proprio lavorativo non era, ma il nonno conduceva sempre
la nipotina allo Studio, dove li aspettava anche Tilly (un eufemismo per Maria Clotilde), che,
per essere rimasta orfana del padre, era stata una bambina che il nonno aveva aiutato
aprendole la sua casa, nella quale era diventata prima amica inseparabile delle sue figlie e
poi la sua impiegata più fidata.
Quell’uscita pasquale col nonno era, per la nipotina, una delle attese della vacanza.
Il nonno era stato un padre molto severo e non era un nonno espansivo, di quelli cui si
pensa di solito. Forse per questo motivo, uscire con lui, solo loro due, era una occasione
della quale lei coglieva istintivamente il privilegio e la solennità.
Intanto che il nonno, seduto alla grande scrivania quadrata, con alle spalle una lunga fila di
volumi con la copertina grigia e blu chiaro, sfogliava carte contenute in cartelline impilate
con ordine sul ripiano di legno scuro, la nipotina aveva il permesso di usare la macchina da
scrivere. Tilly la aiutava ad accendere una delle tre macchine elettriche, ad infilarci la carta,
a scriverci chissà cosa.
Poi si usciva, il nonno e la bambina, per recarsi al bar vicino. Il nonno ordinava il caffè,
decaffeinato per via dei suoi pregressi infarti, e lei, che poteva scegliere un cioccolato,
preferiva sempre quello a forma di banana, nella carta dorata con la scritta marrone.
E’ probabile che al piacere di concedersi una pausa, si aggiungesse per il Notaio quello dei
complimenti che riceveva per la nipotina bionda, che stregava tutti con i suoi occhioni grigi.
Tornavano in Studio e poi, dopo poco, a casa, dove, sul cassettone vicino al tavolo da
pranzo, il grande uovo aspettava impettito il giorno seguente per essere rotto alla ricerca
del regalo che nascondeva. Il nonno lo sceglieva di persona, sempre troppo grande per
quanto ne pensava la nonna, molto meno golosa del marito e perfino più severa di lui. La
carta stagnola crespata che lo avvolgeva brillava di un diverso colore ogni anno, i nastri e i
fiori di stoffa e carta ne facevano un simbolo solenne della stessa esuberante primavera del
libro di lettura di scuola.
L’uovo tuttavia non era la cosa più golosa della Pasqua. Lo batteva di gran lunga il
tradizionale dolce a forma di agnellino, sempre lo stesso, semplice e squisito, che la
mamma del Notaio, rapita troppo presto alla famiglia dall’epidemia di Spagnola, preparava,
ormai molti anni prima, solo quel giorno.
www.digitalofficen.it - Notariando n.21, aprile 2012
Difficile dire se adesso ne fosse più goloso il nonno o la nipote.
Sul vecchio quaderno delle ricette della bisnonna Bianca, quella della pasta sfoglia è la
numero 1 dei dolci. Più avanti, al numero 13, si trova:
13°/ L’agnello di Pasqua
Ritaglia, colla punta del coltello ben tagliente e una forma di cartone a guisa di piccolo
agnello, uno strato non troppo fine di pasta sfogliata, ungilo sopra con burro liquefatto e
spolvera con due cucchiai di zucchero bianco. Metti l’agnello sulla lamiera unta di burro al
forno che sia ben caldo con fuoco sopra e sotto. Cotta e gonfiata, lascia raffreddare poi
separa tre strati con garbo. Metti sopra al primo gelatina di albicocche sufficiente, sopra al
secondo una crema di ½ pinta(*) di latte, il rosso di 6 ova, 1 cucchiaio di farina e 4 once(*)
di zucchero e copri con l’ultimo strato. Poni la farcia all’ultimo così che la sfogliata resti
croccante e il dolce della Pasqua sia squisito.
(*) La pinta e l’oncia erano unità di misura ancora usate in cucina nei primi decenni del
Novecento.
La pinta italiana (a differenza dell’odierna anglosassone) corrispondeva a 1,57 litri, mentre
l’oncia equivaleva a 28,35 grammi. Multiplo dell’oncia era la libbra, che corrispondeva a
453 grammi, ed era usata per misurare la farina.
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