bilancio preventivo 2014 - Distretto del Vino di Qualità dell`Oltrepò

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bilancio preventivo 2014 - Distretto del Vino di Qualità dell`Oltrepò
PROGETTO
“BONARDA DEI PRODUTTORI”
1. L’Oltrepò Pavese
Conformazione geografica
Il territorio
La storia
Produzione vitivinicola di Croatina
2. Il Distretto del Vino di Qualità dell’Oltrepò Pavese
La Società Cooperativa
Gli obiettivi e le azioni
3. Il vino Bonarda
L’identità e la dignità di un vino
Curiosità: cucina oltrepadana e prodotti tipici
Perché il Bonarda?
Denominazione
Etichetta e confezionamento
Commercializzazione e mercati
4. Un nuovo disciplinare
5. Regolamento d’uso
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1. L’Oltrepò Pavese
Conformazione geografica
L'Oltrepò Pavese è la punta più meridionale della Lombardia, in provincia di Pavia, che si estende per 1.089 kmq e confina
con Piemonte, Emilia e Liguria. Ha la forma approssimativa di un triangolo, o di un grappolo d’uva: il lato maggiore è
costituito dalla riva destra del Po e il vertice, racchiuso fra le province di Alessandria e Piacenza, s'incunea fino
all'Appennino ligure-emiliano. Il territorio è formato da 4 valli principali che si aprono a ventaglio sulla breve fascia
pianeggiante che accompagna il fiume Po.
Il profilo è collinare, con ripidi versanti che salgono fino ai 1.700 metri s.l.m. del primo Appennino e dorsali più arrotondate
nell’area orientale verso il Piacentino. Nelle valli scorrono altrettanti corsi d’acqua che, nascendo nell’Appennino, si gettano
nel fiume Po, da Ovest a Est, ovvero: la Staffora che attraversa la città di Voghera, il centro abitato più popoloso della zona,
e poi i torrenti Coppa (Casteggio), Scuropasso (Broni) e Versa (Stradella).
Il territorio
Le colline dell’Oltrepò offrono un continuum paesaggistico di grande attrattiva e rappresentano la terza area italiana più
estesa per superficie investita quasi completamente a vite e con produzioni prevalentemente a denominazione.
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La varietà del territorio, la vicinanza del mare e la presenza di fiumi e torrenti influisce sul clima, mite e temperato, con
ottime escursioni tra notte e giorno soprattutto nel periodo estivo. Il territorio è attraversato dal 45° parallelo Nord, il famoso
“parallelo del vino” che percorre le zone più vocate alla viticoltura, come anche il Piemonte, la zona di Bordeaux e l’Oregon.
Lo sviluppo della fascia collinare e della viticoltura pavese combina l’aspetto economico-produttivo con la componente
ambientale e del paesaggio, basandosi sui punti di forza dell’ambiente paesaggistico, del turismo e della promozione dei
prodotti tipici e biologici. La vicinanza con la città di Milano, la bellezza della zona collinare e montana costituiscono fattori
di potenzialità di grande forza, che però attualmente non sono sfruttati pienamente.
L’ambiente offre luoghi di raro incanto, sentieri naturalistici ricchi di tradizioni contadine, ville ottocentesche di ineguagliabile
bellezza, colli bordati da vigneti centenari in mezzo ai quali le comunità del passato hanno edificato pievi e chiese dagli alti
campanili e castelli che ancora oggi, a distanza di tanti secoli, sembrano ergersi a protettori delle loro valli
La storia
La presenza della vite sulle colline dell’Oltrepò risale ad epoche antichissime, come testimonia il tralcio di vite fossile
risalente ai tempi preistorici e conservato presso il Museo archeologico di Casteggio. E’ opinione fondata che furono gli
Etruschi, nel corso della loro fase espansionistica nel VI a.C., a portare la coltura della vite nella Pianura Padana, con
l’introduzione della vitis sativa, cioè dell’allevamento della vite e della viticoltura. I metodi di coltivazione del tempo erano
essenzialmente due: quello di tradizione greca, a ceppo basso e con sostegno morto, e quello dell’influenza etrusca, con
potatura lunga e su sostegno vivo. Attraverso questo sistema di vite a potatura lunga, maritata a sostegni vivi, denominato
arbustum, gli Etruschi valorizzarono e ingentilirono le specie selvatiche locali, operando una selezione dei vitigni. Una prima
testimonianza del vino dell’Oltrepò ci viene dal geografo e storico greco Strabone, passato in Oltrepò attorno al 40 a.C. al
seguito delle truppe romane, che così scrisse della zona: “vino buono, popolo ospitale e botti di legno molto grandi”,
attribuendo agli artigiani locali l’invenzione della botte di legno. Altre citazioni sono dello storico Plinio il Vecchio, che scrive
di una viticoltura florida nelle località di Clastidium (Casteggio) e Litubium (Retorbido). La vicinanza con Pavia ha
successivamente posto l’Oltrepò in contatto con i Longobardi, che scelsero Pavia come capitale del loro Regno. Durante
questo periodo il territorio dell’Oltrepò fu sottoposto ai monaci dell’Abbazia di San Colombano a Bobbio. Infatti nell’VIII
secolo la Regina Teodolinda concesse alcuni terreni di confine al gruppo di monaci irlandesi erranti guidati da San
Colombano. Nasceva così nel territorio oltrepadano il Monastero di Bobbio, il cui “Scriptorium” rappresentò fino al IX secolo
il più importante centro di produzione di libri del Nord Italia e di irradiazione culturale in tutta Europa, paragonabile solo a
Montecassino. I monaci irlandesi, che si erano fermati 20 anni in Borgogna, ripristinarono la coltivazione della vite nelle
terre oltrepadane devastate dalle scorribande barbariche dopo la caduta dell’Impero. Nel Medioevo e nell’Età Moderna, in
quanto terra di confine e punto nevralgico per il controllo delle vie dei commerci dal mare alla pianura, l’Oltrepò è stato
teatro di scontri tra le famiglie nobiliari. Lo testimoniano i numerosi castelli che punteggiano le colline, tra cui quelli di
Zavattarello, di Oramala, di Montecalvo, di Montalto, di Cicognola e molti altri.
A metà del ‘700, l’Oltrepò è entrato a far parte del Regno di Sardegna, da cui deriva anche il nome con cui talora è ancora
ricordato, di “Antico Piemonte”.
L’Oltrepò vitivinicolo vede la sua nascita commerciale e produttiva nell’800 e nel rinnovamento del mondo vinicolo dopo
l’attacco di fillossera che ha portato gravi danni a tutta la viticoltura. Basti pensare che nel 1884 la zona vantava ben 225
vitigni autoctoni, contro la dozzina attualmente presente, tra cui la Moradella e l’Uva di Mornico. Nel corso dei decenni la
vite ha mantenuto il ruolo di coltura principale e già nei primi anni del ‘900 sono stati introdotti i criteri del vigneto
specializzato, della razionalizzazione degli impianti e dei cloni, cercando di ottenere una produzione di qualità riconosciuta
anche a livello internazionale.
Il lungo percorso che ci ha portato alla situazione odierna vedeva già nel 1912 lo spumante oltrepadano prodotto da SVIC
(Società Vinicola Italiana di Casteggio) pubblicizzato in America con un grande cartellone ben visibile a New York accanto
alla Statua della Libertà. A seguito della crisi di mercato di inizio ‘900 sono nate le prime forme associate di viticoltori con
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l’obiettivo di mettere in comune le strutture di vinificazione e aumentare la massa critica nei confronti della controparte
commerciale. La prima cantina sociale fu quella di Montù Beccaria nel 1902, cui seguì nel 1905 quella di Santa Maria della
Versa. Nel 1906 furono costituite quelle di Canneto Pavese e di San Damiano al Colle. In seguito nacquero le Cantine di
Casteggio, Retorbido e Torrazza Coste e poi nel 1909 quella di Stradella e nel 1931 quella di Codevilla. Le cantine sociali
sono tutt’ora una realtà significativa che ha contribuito a sostenere i vignaioli locali attraverso i cambiamenti collegati
all’introduzione della meccanizzazione in vigna e in cantina.
L’impossibilità da parte delle piccole aziende di acquisire i macchinari adeguati ha avuto come conseguenza l’aumento del
numero dei soci conferenti, portando le cantine sociali ad essere le maggiori realtà vitivinicole del territorio. Le cantine
sociali hanno sviluppato una politica commerciale basata principalmente sulla competitività del prezzo, non riuscendo a
coniugarsi in modo continuo e corretto con le dinamiche delle piccole e medie aziende che presidiano l’intera filiera
produttiva e che si affacciano al mercato anche internazionale di qualità.
Produzione vitivinicola di Croatina
Dal punto di vista vitivinicolo l’Oltrepò Pavese si distingue in Italia per l’importanza e la peculiarità delle produzioni. Le
colline dell'Oltrepò costituiscono la terza area di produzione di vini certificati in Italia per numero di ettari a vite iscritti
all’Albo Vigneti (dopo il Chianti e l’Astigiano) e per ettolitri prodotti (fonte: Consorzio Tutela Vini Oltrepò) e il primo bacino
vitivinicolo della Lombardia (con il 63% della superficie vitata produce il 55% del vino dell'intera regione). Le superfici iscritte
agli albi vigneti DOC/DOCG e elenchi delle vigne sono pari a 11.192 ettari per la DOC Oltrepò Pavese, 769 per la DOCG
Oltrepò Pavese metodo classico, 17 per la DOC Casteggio e 879 per l’IGT Provincia di Pavia, per un totale di 12.857 ettari
vitati in provincia di Pavia su un totale regionale di 20.500 ettari. I vitigni più coltivati sono Croatina (4.000 ettari), Barbera
(3.000), Pinot Nero (quasi 3.000), Riesling (1.500), Moscato (500). Con questi vitigni si copre l’84% dell’intera superficie
viticola dell’Oltrepò. La Croatina è alla base del vino Bonarda, rosso tra i più diffusi dell’Oltrepò. Si tratta di un
vitigno storico, alla base di ottimi vini vivaci e anche di importanti rossi fermi. Viene coltivato nei comuni della
prima fascia collinare. La produzione di Croatina rappresenta circa il 70% dell’intera produzione nazionale.
2. Il Distretto del Vino di Qualità dell’Oltrepò Pavese
La Società Cooperativa
Il Distretto Agroalimentare di Qualità del Vino dell’Oltrepò Pavese “Bonarda e Pinot dell’Oltrepò” nasce come strumento di
aggregazione di imprese vitivinicole, finalizzato alla identificazione, alla promozione, all’innovazione e
all’internazionalizzazione della produzione di vini di qualità in un quadro di condivisione di opportunità e di risorse
rispondente all’esigenza di qualificare, consolidare e contraddistinguere lo sviluppo socio-economico dell’area di
produzione vitivinicola dell’Oltrepò Pavese. L’iter procedurale per l’accreditamento del Distretto ha visto nel ruolo di capofila
la Camera di Commercio di Pavia, che già nel corso del 2008 aveva promosso un Comitato Promotore, con la
partecipazione della Provincia di Pavia, le Associazioni Agricole provinciali (Coldiretti, Confagricoltura, CIA) e il Consorzio
di Tutela Vini Oltrepò Pavese. In adempimento a quanto previsto dalla normativa regionale di riferimento, sono stati avviati
e si sono tenuti numerosi incontri in sede di Tavolo Verde provinciale per definire e condividere i contenuti del documento,
predisposto in collaborazione con l’Università di Pavia, poi sottoposto a Regione Lombardia per ottenere l’accreditamento,
che successivamente, a seguito dei rilievi apposti dal preposto organismo regionale alla prima stesura, è stato fatto oggetto
di riformulazione assumendo la denominazione di Distretto Agroalimentare di Qualità del Vino dell’Oltrepò Pavese
“Bonarda e Pinot dell’Oltrepò”. L’accento sulle due tipologie è stato determinato dal fatto che per il Pinot Nero l’Oltrepò è la
prima zona di produzione in Italia e la seconda a livello europeo, mentre il Bonarda è un vino tradizionalmente
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identificativo del territorio. Va poi aggiunto che la produzione di vini D.O.C.G. e D.O.C. si inserisce in un territorio
omogeneo con una forte identità rurale, dove accanto alla produzione vitivinicola sono presenti varie altre imprese agricole
e agroalimentari, con produzioni certificate e tutelate ai sensi della normativa comunitaria o nazionale.
Il tema cardine del Distretto ruota intorno alla valorizzazione della filiera del vino di qualità, dal vigneto alla bottiglia,
promuovendo l’eccellenza delle imprese aderenti e dell’intero territorio dell’Oltrepò Pavese, a tutela della sua
vocazione vitivinicola, partendo dal rafforzamento dell’identità territoriale che è uno degli aspetti fondamentali per arrivare al
successo di un vino sui mercati nazionali ed internazionali. Un successo che dipende sia dalle caratteristiche intrinseche
del vino stesso sia, in maniera ancora maggiore, dalle proprietà immateriali, dalle suggestioni che quel vino riesce ad
evocare e che lo rendono unico. L’aggregazione su un progetto comune di imprese vitivinicole d’avanguardia “in etichetta”,
che costituiscono il nucleo fondante del Distretto, è condizione essenziale per poter cementare un gruppo trainante e di
riferimento della realtà imprenditoriale dell’Oltrepò, in grado di individuare e realizzare la dinamica delle linee di sviluppo
che si sono dimostrate vincenti in altri contesti. Si tratta di imprese che fondano le loro strategie su quella che si potrebbe
considerare una “visione filosofica” nel loro presentarsi al mercato, orientata alla proposta di produzioni di elevato pregio
che compendia, con efficacia, un’offerta assai differenziata. Un’offerta che, accanto a prodotti segnati da forte unicità, ne
presenta altri, anche di consistente entità, che facendo leva sul rapporto qualità/prezzo, fattore di successo del tradizionale
approccio al mercato delle imprese vitivinicole oltrepadane in etichetta, sono in grado di fidelizzare differenziati segmenti di
consumatori.
Il Distretto, inteso come strumento di gestione del territorio, integrato con gli strumenti di pianificazione e sviluppo
territoriale già operativi, si pone l’obiettivo di qualificare, consolidare e contraddistinguere lo sviluppo socio-economico
dell’area di produzione vitivinicola dell’Oltrepò Pavese, attraverso un approccio partecipato dai soggetti pubblici e privati del
territorio, in linea con gli indirizzi regionali, nazionali e dell’Unione Europea.
Gli obiettivi e le azioni
Gli obiettivi generali possono essere così schematizzati:
 Valorizzare il settore vitivinicolo dell’Oltrepò Pavese e i settori economici contigui
Operare per la valorizzazione del binomio vino-territorio, coniugando il tema agroalimentare con quello turistico di
qualità; integrare la valorizzazione delle risorse agro-alimentari con l’introduzione di obiettivi di salvaguardia
dell’ambiente, della cultura e delle tradizioni locali; favorire lo sviluppo dei processi di integrazione aziendale e le
reti d’imprese per ottimizzare l’uso delle risorse; coinvolgere nel processo di valorizzazione del comparto
agroalimentare tutte le risorse caratterizzanti il territorio che portino alla valorizzazione dei profili multifunzionali
dell’agricoltura.
 Sostenere l’internazionalizzazione
Operare per l’attivazione e il sostegno di iniziative a supporto della diffusione e promozione del vino e di altri
prodotti tipici dell’Oltrepò Pavese sui mercati esteri; accrescere la diffusione di informazioni sul settore
agroalimentare di altri Paesi europei; implementare la circolazione di informazioni circa la possibilità di scambio di
buone prassi e di visite formative con imprese agroalimentari operanti in Paesi europei; acquisire e diffondere
informazioni circa le agevolazioni esistenti per il settore agroalimentare.
 Garantire assistenza alle imprese agroalimentari
Favorire la diffusione di conoscenza di opportunità, fornire un valido supporto agli imprenditori per sviluppare
attività economiche innovative e competitive sul mercato; avere informazioni circa gli standard di qualità europei;
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offrire sostegno ai processi di rinnovamento nella produzione della materia prima e ai processi di integrazione
cooperativa in corso.
Sostenere l’innovazione tecnologica e accompagnare la ricerca e sviluppo
Introdurre metodi e mezzi innovativi nei processi di lavorazione, dal vigneto alla cantina; avviare collaborazioni
tecniche di livello universitario (in collaborazione anche con i centri di ricerca) per progettare ed implementare
soluzioni operative ai fabbisogni tecnologici individuati; attivare la sperimentazione di un servizio di auditing
tecnologico; partecipare, insieme a imprese e centri di ricerca, a progetti di ricerca industriale e sviluppo precompetitivo.
Coinvolgere produttori e consumatori nel processo di conoscenza e valorizzazione del vino Oltrepò Pavese
Attivare corsi di formazione per gli addetti del settore e interventi di informazione per i consumatori; sostenere corsi
finalizzati a formare nuove figure professionali di qualità, ad agevolare l’aggiornamento professionale, a diffondere
una cultura d’impresa che sia innovativa tanto per i processi produttivi quanto per i sistemi gestionali.
Principali Azioni del Distretto
Dagli obiettivi generali discendono le principali azioni che il Distretto si propone di svolgere:
 valorizzazione della filiera del vino di qualità, dal vigneto alla bottiglia, promuovendo l’eccellenza delle imprese aderenti
e dell’intero territorio dell’Oltrepò Pavese, a tutela della sua vocazione vitivinicola;
 partecipazione a bandi per progetti di ricerca/innovazione e altre iniziative di promozione, finanziati con risorse regionali,
nazionali e/o comunitarie, pubbliche o private, in forma sia singola sia associata con altre Imprese, Enti, Università,
Centri di ricerca, Distretti o iniziative di filiera;
 promozione degli standard qualitativi del territorio, attraverso disciplinari di produzione anche più restrittivi di quelli
vigenti, incluse azioni di certificazione di qualità di filiera e ambientali;
 attivazione della programmazione, del coordinamento e dell’integrazione degli interventi territoriali, favorendo il
coordinamento delle politiche urbanistiche, della viabilità, ambientali, sociali e di formazione professionale;
 promozione e valorizzazione del territorio anche attraverso iniziative a carattere turistico, agri-turistico e di
miglioramento paesaggistico-ambientale e della descrizione di stili di vita e qualità dell’ambiente collegabili con i prodotti
dei Soci;
 facilitazione a processi di coesione e di correlazione di attività di Soci e non Soci all’interno del Distretto, sostenendo la
riorganizzazione di filiere produttive agroalimentari;
 sostegno alla creazione e al miglioramento di infrastrutture di servizio a beneficio di tutti i Soci e attivazione di interventi
di supporto finanziario tramite convenzioni e l’accesso a contributi e finanziamenti pubblici a favore degli associati ai fini
di un incremento della loro competitività;
 realizzazione di ricerche di mercato, di attività di orientamento e comunicazione nei confronti del consumatore e di
interventi di promozione e di valorizzazione dei prodotti dei Soci nei mercati nazionali ed esteri, anche attraverso la
promozione di singole marche, vitigni, o altri prodotti che possano svolgere un ruolo di identità e di attrazione per il
mercato;
 realizzazione di attività di formazione, informazione e divulgazione di conoscenze tecniche, economiche, organizzative o
normative, sia tra i Soci sia negli ambienti esterni.
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3. Il vino Bonarda
L’identità e la dignità di un vino
Uno dei vini simbolo dell’Oltrepò, la Bonarda: un vino di grande dignità che ha profondi radici nell’Oltrepò Pavese ed è
visceralmente legato al suo territorio e alla sua gente.
Un territorio caratterizzato dai profumi dei boschi di castagne e di querce, frassini e ontani, dalle piante di frutta “antica”
come la pomella, il codogno, la renetta, nonché dagli arbusti di more e di fragole, lamponi e mirtilli; dai colori dei campi in
autunno, in particolare ad ottobre, forse il mese più suggestivo in Oltrepò Pavese. La natura si accende di colori dove
predomina il rosso rubino, l’aria diventa frizzante per via di una sapiente miscela tra quella montana/collinare e quella
marina che giunge attraverso i colli e le valli che si affacciano verso il Mar Tirreno.
Queste caratteristiche appartengono anche a questo meraviglioso vino, frutto della terra, del lavoro e della passione dei
vignaiuoli. Infatti il colore è un rosso rubino e la versione più diffusa di questo tipico prodotto dell’Oltrepò Pavese, si
presenta come frizzante/vivace e si accompagna alla cucina e ai sapori del territorio: salumi, bolliti, cotechino, zampone,
cassoela, trippa, cacciagione, paste asciutte con sughi a base di pomodoro (meglio se con carne), risotti con carne, funghi,
tartufi, ravioli di carne anche in brodo.
Non dimentichiamo che esiste anche una versione ferma, molto più corposa e strutturata, ideale con le carni rosse e i
salumi.
La Bonarda, un vino quindi in perfetta simbiosi con il territorio e la sua tradizione storica, già apprezzato dal popolo
Longobardo. L’origine del suo nome, secondo alcuni autori, deriverebbe dal patronimico longobardo Bono con l’aggiunta
di “hard” (cuore-coraggio), che in longobardo significava coraggioso e forte. La ricostruzione si basa sul fatto che i
Longobardi ebbero come capitale Pavia, con estensione del loro dominio anche in Oltrepò.
La Bonarda si ottiene da uva Croatina, la cui etimologia deriverebbe da “croatta” – “cravatta” e starebbe a indicare che il
vino ottenuto da quest’uva, si beveva nei giorni di festa quando appunto veniva indossata la cravatta.
Un vino di grandissima tradizione e storia, di forte identità territoriale, assolutamente degno di essere considerato adatto
alla celebrazione delle occasioni importanti, dei giorni di festa, del convivio più atteso.
Curiosità: cucina oltrepadana e prodotti tipici
Il vino Bonarda ben si abbina con i piatti della tradizione e i prodotti tipici del territorio, in cui entra spesso come ingrediente
fondamentale.
La norcineria Oltrepadana, di livello altissimo, parte dal tradizionale motto contadino che del maiale, antico salvadanaio
e fonte di sopravvivenza della famiglia rurale, non si butta via niente. L’uccisione del porcello grasso, curato amorevolmente
per tutto l’anno era occasione di festa e unione familiare. Tale evento avveniva solitamente in gennaio, in prossimità della
ricorrenza di S. Antonio.
I piatti tipici di questo periodo sono: la frittura, esistente solo in Oltrepò Pavese, realizzata con le interiora cotte in
abbondante trito di cipolla e sfumate con ottimo vino Bonarda; per i cultori solo con il fegato cotto avvolto nella rete di
grasso perineale e l’aggiunta del sangue rappreso e bollito.
Il risotto con la pasta di salame, o “rusan” per il colore tendente al ruggine, in cui la carne suina sfrigola lungamente e si
unisce all’ottimo carnaroli pavese prima di annegare nel bonarda generosamente aggiunto dalle “arzadoure”, le massaie
locali un tempo reggitrici delle sorti familiari.
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Il ragò, la locale cassoela, un bottaggio di verze con piedini, cotenne ed altre parti meno nobili, vero vessillo del
“compensare” ovvero cavare la fame con pane e “puccia” fonte di sopravvivenza nella civiltà contadina.
Il salume principe del territorio è proprio il salame, di antichissima tradizione, creato con le carni più nobili dell’animale,
anche in dialetto chiamato “nimal” quindi “l’animale”, il più importante nell’economia familiare per garantire il fabbisogno
proteico e lipidico nei lunghi mesi invernali.
Nella ricetta Oltrepadana, che trova nel Varzese la sua massima espressione, entrano nel salame solo i tagli migliori: la
coscia, il lombo, le spalle, il grasso di gola e della pancetta. Questi sono macinati e aggiunti di droghe, pepe in grani e vino,
naturalmente bonarda, macerato in aglio pestato. Vengono poi insaccati e fatti stagionare con formati diversi creati
storicamente per poter godere durante tutto l’anno di questa squisitezza gastronomica. Si parte dai piccoli cacciatori, pronti
dopo pochi giorni, passando per filzette, cresponi di media dimensione, salami cuciti e, per terminare, i tradizionalissimi
Gentile e Calzetta, con budelli molto spessi ricavati dal suino macellato e pronti per l’anno successivo. Ed è quando dopo il
primo caldo estivo che il salame tagliato “fa la goccia” che si gusta al meglio con un buon calice di Bonarda spumeggiante.
Altri salumi tipici sono: la coppa, macerata nel bonarda per alcuni giorni prima di essere insaccata, la pancetta con
cotenna, salata, speziata, arrotolata e stretta dalle mani sapienti del salumiere. Vere delizie del palato sono quelle
introvabili di tre o quattro anni; esplosioni di dolcezza, che gustate con il miccone di Stradella, il pane tipico locale, in
primavera accompagnavano l’acquirente milanese nella scelta del vino per l’inverno.
Da non dimenticare è il salame cotto o cotechino, prodotto con la carne di seconda scelta unita alle cotenne e ad
abbondanti spezie e vino rosso. Gustato bollente, appena cotto, crea il connubio più azzeccato con il Bonarda frizzante
che, con le sue spiccate proprietà sgrassanti, prepara il palato al successivo boccone.
Immancabile sulla tavola Oltrepadana è il lardo, conservato semplicemente con sale grosso o preparato, nell’infinita
saggezza medica antica, pestato a mortaio con aglio e prezzemolo, naturali calmieri del colesterolo in eccesso.
Un'altra leccornia locale, che solo con il bonarda esprime al meglio le sue potenzialità, è la chisoela, focaccia di pasta di
pane impastata con i ciccioli.
Il maiale occupa, come visto, un posto predominante nelle preparazioni locali, figlie della povertà e del “cavare la fame”.
Il primo piatto della festa è senz’altro l’agnolotto, pasta ripiena regina del Natale e delle feste comandate. Il ripieno è
costituito da un trito di stufato, pan grattato, parmigiano, uova e noce moscata. Sono cotti obbligatoriamente nel brodo in
terza, con gallina, manzo e maiale e serviti con il brodo stesso o sugo di stufato. Quale delizia antica aggiungere un
bicchiere di Bonarda nella fondina stracolma di agnolotti in brodo.
Data vicinanza con Pavese e Lomellina i risotti sono di casa anche per la tradizione delle mondariso, che dalle colline
scendevano a valle per l’epoca del trapianto e della monda. Quale prelibatezza nella stagione appropriata se accompagnati
da una ricca grattata di tartufi bianchi locali, che nulla hanno da invidiare ai cugini albesi.
Il bollito, lascito della dominazione piemontese, fa da padrone sulle tavole locali, accompagnato dai rarissimi peperoni di
Voghera, dal bagnetto, salsa di uova sode, prezzemolo, acciughe e sottaceti o dalla squisita mostarda vogherese di
consolidata fama.
I dolci del territorio sono semplici e genuini, la storia dei ciambellai si perde nella notte dei tempi e ogni campanile ha la sua
ricetta unica. I “brasadè”, da abbracci probabilmente, creati con una tecnica arcaica simile a quella usata per i taralli, per
migliorarne la conservabilità, sono di consistenza durissima e solo intinti nel Bonarda esprimono al meglio le loro
potenzialità.
Preparazione gustosissima sono le pesche, meglio se selvatiche di vigna, lasciate a macerare in abbondante bonarda.
Perché il Bonarda
Il progetto “Bonarda dei produttori” è volto alla valorizzazione del più rappresentativo (oltre 20 milioni di bottiglie/anno)
vino a denominazione di origine protetta del territorio; il Bonarda dell’Oltrepò Pavese DOP.
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Tale iniziativa di valorizzazione nasce dalla necessità di rafforzare l’immagine del vino simbolo dell’Oltrepò, un vino di
altissima qualità, legato fortemente al territorio, di cui ne rappresenta tutte le caratteristiche.
L’idea è quindi quella di veicolare il messaggio che esiste un vino “Bonarda dell’Oltrepò Pavese DOP” prodotto
direttamente dai vitivinicoltori del territorio, garantendo al consumatore la provenienza da una filiera produttiva unicamente
agricola (assenza di imbottigliatori puri) e un più elevato standard organolettico minimo (rispetto al disciplinare).
Ciò sarebbe possibile sia per l’adesione dei produttori ad un regolamento produttivo più restrittivo rispetto al disciplinare, sia
perché verrebbe eliminato il passaggio del prodotto dalla filiera agricola a realtà puramente industriali di imbottigliamento,
sia interne che esterne all’area di produzione delle uve.
Purtroppo attualmente è un vino privo di una precisa identità sul mercato, a causa della ormai cronica e sistematica
svalutazione del prodotto specialmente presso le insegne della Grande Distribuzione, ove spesso viene posto in vendita a
prezzi eccessivamente ribassati e con bottiglie che offrono una qualità organolettica assolutamente bassa.
L’alto volume di offerta “generica” sta favorendo un impiego inappropriato del brand, privilegiando l’entrata nei punti vendita
piuttosto che il valore del prodotto.
La disaffezione dei produttori dal marchio Bonarda è provata dalle etichette: negli anni ‘70 e ‘80 questo marchio era
impiegato come attrazione/definizione di pregio, oggi è subordinato ai brand aziendali e “coperto” da denominazioni di
fantasia.
E’ anche da questa constatazione che emerge la necessità di definire un piano complessivo di rilancio e valorizzazione
dell’identità del territorio e dei suoi prodotti di riferimento, in particolare ridare al Bonarda, che insieme al Pinot è il vino
simbolo della viticoltura oltrepadana, una identità ed una qualità riconosciuta e riconoscibile.
Denominazione
L'Oltrepò Pavese Bonarda è un vino di Denominazione di Origine Controllata (DOC), la cui produzione è consentita nella
provincia di Pavia. Il vitigno utilizzato per la sua produzione è la Croatina detto tradizionalmente Bonarda nelle zone
dell'Oltrepò.
Già considerato una tipologia di DOC Oltrepò Pavese, con Decreto del Ministero delle Politiche Agricole del 03/08/2010 ha
ottenuto la qualifica di DOC a sé stante con la denominazione ufficiale di Bonarda dell'Oltrepò Pavese con le tipologie
Bonarda e Bonarda Frizzante.
 Caratteristiche sensoriali e tecniche
Entrambe presentano caratteristiche chimico-fisiche equilibrate. Visivamente sono limpidi, di colore rubino carico con
riflessi violacei, brillanti e di medio-buona consistenza; l’olfatto è fine, intenso, franco, penetrante e vinoso e si riscontrano
aromi prevalenti tipici del vitigno Croatina: in particolare cadenze fruttate di marasca e mora; al gusto vi è equilibrio tra le
sensazioni di asciutto e di rotondo e risulta leggermente tannico e di medio-lunga persistenza aromatica.
“Bonarda dell’Oltrepò Pavese”
Colore: rosso rubino intenso;
Odore: profumo intenso e gradevole;
Sapore: secco, abboccato, amabile talvolta vivace, leggermente tannico;
Titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,00% vol;
Acidità totale minima: 4,50 g/l;
Estratto non riduttore minimo: 20,00 g/l.
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“Bonarda dell’Oltrepò Pavese” frizzante
Colore: rosso rubino intenso;
Odore: profumo intenso e gradevole;
Sapore: secco o abboccato o amabile, leggermente tannico, fresco;
Spuma: vivace, evanescente;
Titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol, di cui almeno 9,00% vol effettivo;
Acidità totale minima: 4,50 g/l;
Estratto non riduttore minimo: 20,00 g/l.
Etichette e confezionamento
Per l’etichettatura sulle bottiglie o altri recipienti contenenti “Bonarda dell’Oltrepò Pavese” deve essere riportata
l’indicazione dell’annata di vendemmia da cui il vino deriva. Tale indicazione è facoltativa per la tipologia frizzante.
La denominazione “Bonarda dell’Oltrepò Pavese” deve essere indicata nella designazione del prodotto in maniera
consecutiva, anche su più righe, seguita immediatamente al di sotto dalla menzione specifica tradizionale “Denominazione
di Origine Controllata”.
E’ altresì consentito l’uso della menzione tradizionale “vivace” per i vini che si presentano effervescenti a causa
dell’anidride carbonica in essi contenuta, risultato di un processo di fermentazione esclusivo e naturale, secondo quanto
previsto dalla vigente normativa comunitaria.
Il “Bonarda dei produttori” per essere immediatamente visibile e riconoscibile, pur prodotto individualmente da una
pluralità di vitivinicoltori, verrebbe confezionato obbligatoriamente in un’unica bottiglia esclusiva, adottabile solo
dagli associati al Distretto aderenti all’iniziativa. Tale bottiglia verrebbe coperta da copyright.
Per arrivare a questa situazione occorre quindi un percorso di analisi, studio e verifica della fattibilità che il Distretto Vini
vorrebbe affidare ad un professionista del settore. L’esito di questo incarico, della durata di un anno, dovrebbe essere un
progetto che metta a punto un regolamento e le necessarie modalità operative che permettano l’avvio dell’iniziativa
“Bonarda dei produttori”. Contemporaneamente verrebbero progettate azioni di comunicazione mirate per sensibilizzare sia
i produttori sia i consumatori.
I vini a Denominazione di Origine Controllata “Bonarda dell’Oltrepò Pavese” devono essere immessi al consumo in bottiglie
di vetro (utilizzando in esclusiva l’apposita bottiglia personalizzata registrata a marchio Distretto del Vino di Qualità
dell’Oltrepò Pavese) con chiusura in materiale naturale e sintetico (sughero in tutte le sue versioni).
Commercializzazione e mercati
L’obiettivo primario è recuperare un corretto posizionamento commerciale nel mercato italiano, conferendo al vino il valore
e l’importanza di cui è degno puntando sull’alta qualità del prodotto, garantendo al consumatore la provenienza da una
filiera produttiva unicamente agricola (assenza di imbottigliatori puri) e un più elevato standard organolettico minimo
(rispetto al disciplinare).
Il rafforzamento dell’immagine della bottiglia Bonarda a livello nazionale, sarà affiancato da una promozione a livello
internazionale. La domanda da parte dei consumatori del mercato internazionale è sempre più rivolta verso la richiesta di
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un vino con determinate caratteristiche, quali morbidezza, rotondità, empatia, facile adattamento ad ogni impegno eno
gastronomico. La Bonarda rispecchia perfettamente questa richiesta di mercato.
Un vino cordiale, gradevole, non arrogante, introduttivo, adatto ad ogni palato, quindi molto apprezzato anche dai giovani e
da tutti coloro che si approcciano per la prima volta al vino.
La commercializzazione al pubblico è da destinarsi ogni anno al termine del periodo vendemmiale. Il prezzo di riferimento è
quello di uscita dalla cantina che comprende scontistiche, promozione e volantini di qualunque carattere; la cifra concordata
è di € 3,50 consigliato € 4,00
4. Disciplinare (in Rif. Disciplinare Bonarda dell’Oltrepò Pavese DM 03.08.2010 e successive modifiche)
 Zona di produzione delle uve
La zona di produzione delle uve destinate alla produzione dei vini “Bonarda dell’Oltrepò Pavese" comprende la fascia
vitivinicola collinare dell’“Oltrepò Pavese” per gli interi territori dei seguenti comuni in provincia di Pavia: Borgo Priolo,
Borgoratto Mormorolo, Bosnasco, Calvignano, Canevino, Canneto Pavese, Castana, Cecima, Godiasco, Golferenzo, Lirio,
Montalto Pavese, Montecalvo Versiggia, Montescano, Montù Beccaria, Mornico Losana, Oliva Gessi, Pietra de’ Giorgi,
Rocca de’ Giorgi, Rocca Susella, Rovescala, Ruino, San Damiano al Colle, Santa Maria della Versa, Torrazza Coste,
Volpara, Zenevredo e per parte dei territori di questi altri comuni: Broni, Casteggio, Cigognola, Codevilla, Corvino San
Quirico, Fortunago, Montebello della Battaglia, Montesegale, Ponte Nizza, Redavalle, Retorbido, Rivanazzano, Santa
Giuletta, Stradella, Torricella Verzate. Tale zona è così delimitata: parte dai km 136+150 della strada statale n. 10, la linea
di delimitazione scende verso sud seguendo la strada provinciale Bressana-Salice Terme, sino al bivio di Rivanazzano. Qui
si devia verso ovest lungo la strada che da Rivanazzano porta alla Cascina Spagnola, per piegare a quota 139 verso sud e
raggiungere il confine provinciale e regionale Pavia-Alessandria, che segue fino a Serra del Monte. Da questo punto la
linea di delimitazione raggiunge Casa Carlucci e prosegue in direzione sud, lungo il confine che divide i comuni di Ponte
Nizza e Bagnaria fino al torrente Staffora, includendo San Ponzo Semola. Di qui la linea di delimitazione segue la statale
Voghera-Varzi-Penice fino all’abitato di Ponte Nizza, indi devia a est-nord-est seguendo la provinciale di fondo valle per Val
di Nizza. Prosegue quindi in direzione nord lungo il confine comunale tra ponte Nizza, Val di Nizza e Montesegale sino al
Rio Albaredo e con esso raggiunge il torrente Ardivestra, con il quale si identifica risalendo verso est a raggiungere la
Cascina della Signora. Da questo punto la linea di delimitazione prosegue in direzione nord seguendo la strada provinciale
Godiasco-Borgoratto Mormorolo, a incontrare il confine dei comuni Fortunago e Ruino. Prosegue sul confine comunale
meridionale di Ruino a raggiungere il confine provinciale tra Pavia-Piacenza. La delimitazione orientale del comprensorio è
costituita dal confine provinciale Pavia-Piacenza sino al suo incontro con la strada statale n. 10, per raggiungere la strada
provinciale Bressana-Salice Terme che incrocia al km 136+150 del comprensorio, punto di partenza della delimitazione.
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 Norme per la viticoltura
Condizioni naturali dell’ambiente
Le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti destinati alla produzione dei vini a Denominazione di Origine Controllata
“Bonarda dell’Oltrepò Pavese” devono essere quelle tradizionali della zona di produzione e, comunque, atte a conferire alle
uve e ai vini le specifiche tradizionali caratteristiche di qualità.
I vigneti devono essere posti su terreni di natura calcarea o calcareo-argillosa e su pendici collinari ben soleggiate
escludendo comunque i fondovalle e i terreni di pianura.
Forme d’allevamento e irrigazione
Le forme di allevamento (controspalliera) e i sistemi di potatura devono essere quelli di tipo tradizionale e, comunque, i
vigneti devono essere governati in modo da non modificare le caratteristiche dell’uva, del mosto e del vino.
É consentita l’irrigazione di soccorso.
Rese ad ettaro e gradazione minima naturale
Le produzioni massime di uva per ettaro in coltura specializzata dei vigneti destinati alla produzione dei vini a
Denominazione di Origine Controllata “Bonarda dell’Oltrepò Pavese” ed i titoli alcolometrici volumici naturali minimi devono
essere i seguenti:
Tipologia
Bonarda
Bonarda frizzante
Produzione massima
(t/ha)
12,50
12,50
Titolo Alc. Vol. nat. min.
(% vol)
10,50
10,50
Anche in annate eccezionalmente favorevoli, la resa uva ad ettaro dovrà essere riportata nei limiti di cui sopra purché la
produzione globale non superi del 20% i limiti medesimi, ferma restando la resa uva/vino per i quantitativi di cui trattasi.
Oltre detto limite del 20% decade il diritto alla Denominazione di Origine Controllata “Bonarda dell’Oltrepò Pavese” per tutta
la partita. La Regione Lombardia, con proprio decreto, su proposta del Consorzio di tutela, sentite le organizzazioni di
categoria interessate, ogni anno prima della vendemmia può, in relazione all'andamento climatico ed alle altre condizioni di
coltivazione, stabilire un limite massimo di produzione inferiore a quello fissato, dandone immediata comunicazione
all’organismo di controllo.
 Norme per la vinificazione
Le rese massime dell’uva in vino devono essere le seguenti:
Tipologia
Bonarda
Bonarda frizzante
Resa/Uva/Vino
70 %
70 %
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Qualora la resa uva/vino superi i limiti sopra riportati, ma non oltre il 5%, l’eccedenza non avrà diritto alla denominazione di
origine controllata; oltre tale limite decade il diritto alla denominazione di origine per tutta la partita.
Modalità di vinificazione e di elaborazione
In particolare è ammessa la vinificazione congiunta o disgiunta delle uve che concorrono alla denominazione “Bonarda
dell’Oltrepò Pavese”. Nel caso della vinificazione disgiunta, il coacervo dei vini, facenti parte della medesima partita, deve
avvenire nella cantina del vinificatore entro il periodo di completo affinamento e comunque prima della richiesta della
certificazione della relativa partita prevista dalla vigente normativa o prima della eventuale commercializzazione come vino
atto a “Bonarda dell’Oltrepò Pavese”.
5. Regolamento d’uso
La Bonarda dell’Oltrepò Pavese Doc che si fregia del marchio del Distretto del Vino di Qualità dell’Oltrepò Pavese è una
Bonarda che deve essere prodotta solo ed unicamente da Aziende Agricole, in qualità di soci cooperatori della Società
Cooperativa Distretto del Vino di Qualità dell’Oltrepò Pavese, che sviluppano in pieno la filiera di produzione.
 Confezionamento
I vini a Denominazione di Origine Controllata “Bonarda dell’Oltrepò Pavese” devono essere immessi al consumo in bottiglie
di vetro utilizzando in esclusiva l’apposita bottiglia personalizzata registrata a marchio Distretto del Vino di Qualità
dell’Oltrepò Pavese. Non concesso in alcun caso l’utilizzo del marchio distrettuale apposto su elementi di packaging
difformi dalla bottiglia.
La chiusura della bottiglia è da effettuarsi in materiale naturale e sintetico: sughero in tutte le sue versioni.
Obbligo della applicazione QR-code presente in retro-etichetta, legato al portale del Distretto www.distrettovinooltrepo.com
con la spiegazione completa del prodotto e della Azienda produttrice.

Vitigno - Base ampelografica
Croatina: dall’85 % al 100 %
Barbera, Ughetta Vespolina, Uva Rara: congiuntamente o disgiuntamente, fino a un massimo del 15%
 Commercializzazione
La commercializzazione al pubblico è da destinarsi ogni anno al termine del periodo vendemmiale. Il prezzo di riferimento è
quello di uscita dalla cantina che comprende scontistiche, promozione e volantini di qualunque carattere; la cifra concordata
è di € 3,50 consigliato € 4,00
 Caratteristiche
Grado alcolico complessivo non inferiore a 12,5 % vol ed effettivo non inferiore a 12,00 % vol.
Resa Vini/Uva non superiore al 65 %
Sovrappressione a 20°C tra 1.5 e 2.5 bar
Residuo zuccherino: compreso tra 0 e 15 grammi/litro (consigliato tra 5 e 10 g/l)
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Produzione: resa per ettaro massima non superiore a 110 qli/ha, non contemplato l’aumento del 20 %
Zona di produzione: vinificato e imbottigliato in zona di produzione Oltrepò Pavese nei limiti del Disciplinare citato nel
capitolo precedente. Solamente per particolari casi, valutati volta per volta, sono ammesse deroghe che verranno
deliberate dall’Assemblea dei Soci del Distretto del Vino di Qualità dell’Oltrepò Pavese.
 Limiti di utilizzo dell’anidride carbonica - solfiti
Riferimento al Disciplinare europeo sul vino biologico.
I risultati dello studio Orwine hanno dimostrato che i vinificatori biologici dell’Unione già riescono a ridurre il tenore di
anidride solforosa nei vini ottenuti da uve biologiche, rispetto al tenore massimo di anidride solforosa autorizzato per i vini
non biologici.
È pertanto opportuno stabilire un tenore massimo di zolfo specifico per i vini biologici, che dovrebbe essere inferiore al
tenore autorizzato nei vini non biologici.
I quantitativi necessari di anidride solforosa dipendono dalle varie categorie di vini nonché da alcune caratteristiche
intrinseche del vino, in particolare il suo tenore di zuccheri, di cui occorre tenere conto nel fissare i livelli massimi di anidride
solforosa specifici per i vini biologici.
Tuttavia, condizioni climatiche estreme possono provocare difficoltà in talune zone viticole rendendo necessario l'uso di
quantitativi supplementari di solfiti nell'elaborazione del vino per raggiungere la stabilità del prodotto finito di quell'annata.
È quindi possibile che l’UE autorizzi l'aumento del tenore massimo di anidride solforosa qualora si verifichino le condizioni
summenzionate.
Argomento di tanta estenuante negoziazione, sono stati imposti dei limiti non certo impegnativi per i nostri produttori, ma
critici per alcuni produttori d'Oltralpe più per approccio mentale che per reale necessità e soprattutto per gli imbottigliatori
(attori di peso determinante nella negoziazione anche se occulti).
I disciplinari accreditati IFOAM che fino a qualche anno fa imponevano limiti di 60 mg/l nei rossi e 80 mg/l nei bianchi,
avevano da qualche anno aumentato a 100 mg/l il limite (come nel NOP) pertanto i vini con garanzia AMAB o AIAB già
rispondono ai limiti imposti qui sotto riportati.
Limiti del contenuto di solforosa totale definiti dal regolamento europeo di vinificazione biologica
Tipo di vino
Limiti nel vino convenzionale
(da definizione EC Reg. 606/09)
Vini rossi con zucchero residuo <5g/l con zucchero
150 mg/l
residuo <2g/l
Vini rossi con zucchero residuo <5g/l con zucchero
150 mg/l
residuo >2g/l
Vini rossi con zucchero residuo >5g/l
200 mg/l
Limiti nel vino biologico
100 mg/l
120 mg/l
170 mg/l
 Degustazione
Obbligo della degustazione (analisi chimico/fisica ed organolettica) presso studio accreditato associato al Distretto che
afferisce ai produttori un canone minimo di qualità del prodotto, sotto il quale non verrà concesso l’uso della bottiglia di
riferimento. Questo studio avrà il compito di ritenere idonee le campionature a loro pervenute secondo gli standard di
qualità deliberati in Assemblea dei Soci del Distretto del Vino di Qualità dell’Oltrepò Pavese.
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Per tutti i parametri di produzione della Bonarda non espressamente indicati, si prende come riferimento il Disciplinare di
produzione della Bonarda DOC.
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