Art_26 - Camera di Commercio San Marino
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Art_26 - Camera di Commercio San Marino
Sommario BLACK LISTS E WHITE LISTS NELLA DISCIPLINA TRIBUTARIA DEI RAPPORTI CON I PAESI A FISCALITÀ PRIVILEGIATA Paradisi fiscali «con eccezioni» ............................. Ritenute sui dividendi corrisposti a società non residenti........................................................... INTRODUZIONE ................................................... III SOSTITUZIONE DELLE BLACK LISTS CON LE NUOVE WHITE LISTS ..................................... Precedente assetto normativo ............................... La white list di cui al dm 4 settembre 1996 ............ Modifiche recate dalla legge 244/07 ...................... III III IV IV DISCIPLINA TRANSITORIA .................................. Decorrenza............................................................. Principi generali...................................................... VI VI VI «DL INCENTIVI»: COMUNICAZIONE DELLE OPRAZIONI CON PARADISI FISCALI...... Nozione di «soggetto passivo» in ambito comunitario............................................................. Rapporti con altri obblighi di monitoraggio ............. Individuazione dei «paradisi fiscali» (nuova black list) ................................................................ Operazioni da comunicare ..................................... Oggetto, modalità e termini delle comunicazioni.... Contenuto............................................................... Regime sanzionatorio ............................................ VII VII VII VIII VIII VIII XI XII XIII XIII Black lists e white lists nella disciplina tributaria dei rapporti con paesi a fiscalità privilegiata a cura di Piergiorgio Valente (*) Introduzione L’art. 1 co. 83 - 90 della legge 24 dicembre 2007, n. 244 ha integrato numerose disposizioni tributarie che prevedono, a vario titolo, regimi fiscali di sfavore per i redditi che derivano dal possesso di attività in Stati a fiscalità privilegiata. È stato, allo scopo, inserito nel Tuir l’art. 168-bis, che demanda al Ministero dell’Economia e delle Finanze l’emanazione di una nuova white list (o meglio, di due nuove white lists) che enucleino: – da un lato, gli Stati che garantiscono un adeguato scambio di informazioni; – sotto un secondo profilo, gli Stati che allo stesso tempo garantiscono un adeguato scambio di informazioni e il cui livello di tassazione non è sensibilmente inferiore a quello applicato in Italia. Ulteriore rilevanza alle black lists italiane è stata data dal dm 30 marzo 2010, che ha attuato le disposizioni contenute nell’art. 1 co. 1 e 2 del dl 25 marzo 2010, n. 40 (cd. «decreto incentivi») convertito nella legge 22 maggio 2010, n. 73, riguardanti l’obbligo di comunicazione delle operazioni con soggetti aventi sede, residenza o domicilio nei paradisi fiscali. Il decreto prevede l’obbligo di comunicazione delle operazioni effettuate dal 1° luglio 2010, con una periodicità mensile o trimestrale a seconda del volume degli scambi dell’impresa. Sostituzione delle black lists con le nuove white lists Precedente assetto normativo Il precedente assetto normativo era caratterizzato dalla presenza di tre black lists: – il dm 4 maggio 1999, emanato in attuazione dell’art. 2 co. 2-bis del Tuir, il quale indica gli Stati o territori per i quali opera la presunzione di residenza in Italia per le persone fisiche cancellate dalle anagrafi della popolazione residente ed ivi emigrati; Inserto Commercio internazionale n. 13/2010 – il dm 21 novembre 2001, emanato in attuazione dell’art. 167 co. 4 del Tuir, il quale indica gli Stati o territori con riferimento ai quali opera la disciplina delle controlled foreign companies, ove siano ivi localizzate partecipazioni in società controllate; – il dm 23 gennaio 2002, emanato in attuazione dell’art. 110 co. 10 del Tuir ai fini dell’individuazione degli Stati o territori non appartenenti all’Unione europea con riferimento ai quali trova applicazione il regime di indeducibilità dei costi derivanti dalle transazioni con operatori ivi residenti, fatta salva la dimostrazione di almeno una delle esimenti contenute nel co. 11 della norma. I decreti in esame non esaurivano la loro valenza agli ambiti sopra descritti. La black list di cui al dm 21 novembre 2001, infatti, oltre ad essere applicata nell’ambito della disciplina Cfc per le imprese estere collegate (art. 168 del Tuir), esplicava efficacia anche ai fini: – dell’imputazione integrale dei dividendi provenienti da società residenti in Stati a fiscalità privilegiata (art. 47 co. 4 e art. 89 co. 3 del Tuir), quale deroga al criterio generale dell’esenzione parziale, e sui relativi obblighi di ritenuta da parte dei sostituti d’imposta (art. 27 co. 4 del dpr 600/73); – dell’imputazione integrale delle plusvalenze che si originano a seguito della cessione delle partecipazioni in società residenti in Stati a fiscalità privilegiata (art. 68 co. 4 e art. 87 co. 1 lett. c) del Tuir), quale deroga al criterio generale dell’esenzione parziale; – dell’esclusione dal consolidato mondiale delle società controllate estere di dimensioni non rilevanti residenti in Stati diversi da quelli a fiscalità privilegiata (art. 132 co. 4 del Tuir); – dell’individuazione della natura potenzialmente elusiNota: (*) Centro Studi Internazionali Geb Partners Srl III va delle pattuizioni infragruppo con società aventi sede legale in Stati o territori a regime fiscale privilegiato aventi ad oggetto il pagamento di somme a titolo di clausola penale, multa, caparra confirmatoria o penitenziale (art. 37-bis co. 3 lett. f-quater) del dpr 600/73). La black list di cui al dm 23 gennaio 2002, invece, tornava applicabile anche ai fini del prelievo della ritenuta a titolo d’imposta nella misura del 27%, anziché in quella «ordinaria» del 12,50%, per gli interessi di natura «residuale» erogati a soggetti residenti negli Stati ivi ricompresi (art. 26 co. 5 del dpr 600/73) (1). Da ultimo, la black list di cui al dm 4 maggio 1999 era espressamente richiamata dall’art. 2 co. 5 del dl 351/01 (conv. legge 410/01), ai fini dell’assimilazione ai titoli dei grandi emittenti dei titoli emessi a seguito della cartolarizzazione di immobili, ed in particolare dell’esclusione dal regime di esenzione dalle imposte sui redditi in relazione ai finanziamenti effettuati da soggetti residenti in tali Stati nell’ambito delle operazioni di cartolarizzazione. La white list di cui al dm 4 settembre 1996 La white list contenuta nel dm 4 settembre 1996 e successive modifiche e integrazioni individua gli Stati o territori con i quali è attuabile lo scambio di informazioni ai sensi delle convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni. La lista in questione è stata emanata in attuazione delle disposizioni contenute nell’art. 6 del dlgs 1° aprile 1996, n. 239, finalizzate ad escludere dall’imposizione sostitutiva sugli interessi delle obbligazioni e dei titoli dei cd. «grandi emittenti» quei proventi «percepiti da soggetti residenti in paesi che consentono un adeguato scambio di informazioni». Essa era, tuttavia, utilizzata anche ai fini: 1) dell’assoggettamento ad imposizione sostitutiva del 12,50% prevista dall’art. 1 del medesimo decreto per gli interessi dei titoli e delle obbligazioni dei grandi emittenti le cui azioni sono negoziate nei mercati regolamentati di Stati dell’Unione e dello Spazio Economico Europeo (di seguito, See) che siano contestualmente inclusi nella predetta white list; 2) della deducibilità delle contribuzioni ai fondi pensione esteri stabiliti negli Stati dell’Unione o dello See che siano contestualmente inclusi nella white list (art. 10 co. 1 lett. ebis) del Tuir); 3) della presunzione di residenza in Italia dei trusts istituiti in Stati diversi da quelli con i quali è attuabile lo scambio di informazioni, nei casi previsti dall’art. 73 co. 3 del Tuir (2); 4) dell’assoggettamento alla ritenuta del 12,50% degli interessi delle obbligazioni emesse da società le cui azioni non sono quotate in mercati regolamentati degli Stati membri dell’Unione e dello See contestualmente inclusi nella IV white list, a condizione che, al momento di emissione, il tasso di rendimento effettivo non ecceda: – il doppio del tasso ufficiale di riferimento, per le obbligazioni ed i titoli similari quotati nei mercati regolamentati, – il tasso ufficiale di riferimento aumentato di due terzi, per le obbligazioni e titoli similari non quotati; 5) del regime applicabile ai proventi derivanti dalla partecipazione a Oicvm di diritto estero (art. 10-ter co. 1 e 9 della legge 23 marzo 1983, n. 77). Gli Stati compresi nella white list di cui al dm 4 settembre 1996 sono elencati nella tavola 1. Modifiche recate dalla legge 244/07 Criteri di individuazione degli Stati appartenenti alla nuova white list L’art. 168-bis del Tuir prevede la razionalizzazione dei regimi sopra brevemente commentati, indirizzando i regimi fiscali di sfavore attualmente presenti nell’ordinamento (i cui aspetti sostanziali, peraltro, non sono stati modificati) nei confronti degli Stati diversi: – da quelli che garantiscono un adeguato scambio di informazioni (art. 168-bis co. 1 del Tuir); – da quelli che, al contempo, garantiscono lo scambio di informazioni e prevedono un congruo livello di tassazione (art. 168-bis co. 2 del Tuir). L’individuazione di tale «seconda» white list in base alla sussistenza di entrambi i parametri si desume dal testo di legge, il quale menziona «gli Stati e territori che consentono un adeguato scambio di informazioni e nei quali il livello di tassazione non è sensibilmente inferiore a quello applicato in Italia». Per ciascuna delle nuove white lists sono espressamente previsti determinati ambiti applicativi, sintetizzati nella tavola 2 a seconda dei parametri adottati. I requisiti previsti dall’art. 6 co. 1 del dlgs 239/96 sono valevoli anche ai fini: – del riconoscimento dell’esenzione dall’imposta sostitutiva Note: (1) Si considerano, in questa sede, interessi di natura «residuale» quelli non compresi nell’elencazione tassativa contenuta nei commi 1 (interessi sui proventi delle obbligazioni e dei titoli similari), 2 e 3 (interessi dei conti correnti bancari e postali) e 3-bis (proventi delle operazioni di riporto e pronti contro termine su titoli e valute e di mutuo di titoli garantito) dell’art. 26 del dpr 600/73. (2) Trattasi delle situazioni (alternative tra loro) in cui almeno uno dei disponenti e almeno uno dei beneficiari del trust siano fiscalmente residenti in Italia, o in cui un soggetto residente effettui in favore del trust un’attribuzione che comporti il trasferimento della proprietà di beni immobili o la costituzione o il trasferimento di diritti reali immobiliari, oppure ancora la costituzione di vincoli di destinazione sugli immobili stessi. Inserto Commercio internazionale n. 13/2010 per i redditi di capitale percepiti da soggetti non residenti di cui all’art. 26-bis del dpr 600/73; – del riconoscimento dell’esenzione dall’imposta sostitutiva del capital gain per i non residenti di cui all’art. 5 co. 5 del dlgs 461/97; – dell’applicazione delle agevolazioni sui proventi derivanti dalla partecipazione a Oicvm di diritto italiano da parte di soggetti non residenti di cui all’art. 9 co. 3 del dlgs 461/97; – del regime dei proventi derivanti dalla partecipazione a fondi immobiliari di diritto italiano da parte di soggetti non resi- Tavola 1 - Dm 4 settembre 1996 (white list) - Elencazione degli Stati Albania Algeria Argentina Australia Austria Bangladesh Belgio Bielorussia Brasile Bulgaria Canada Cina Corea del Sud Costa d’Avorio Croazia Danimarca Ecuador Egitto Emirati Arabi Uniti Estonia Federazione Russa Filippine Finlandia Francia Germania Giappone Grecia India Indonesia Irlanda Israele Jugoslavia Kazakistan Kuwait Lituania Lussemburgo Macedonia Malta Marocco Mauritius Messico Norvegia Nuova Zelanda Paesi Bassi Pakistan Polonia Portogallo Regno Unito Repubblica Ceca Repubblica Slovacca Romania Singapore Slovenia Spagna Sri Lanka Stati Uniti Sudafrica Svezia Tanzania Thailandia Trinidad e Tobago Tunisia Turchia Ucraina Ungheria Venezuela Vietnam Zambia Tavola 2 - Nuove white lists da emanare ex art. 168-bis del Tuir Parametri e relativi ambiti di applicazione Solo scambio di informazioni Scambio di informazioni e adeguato livello di tassazione Art. 10 co. 1 lett. e-bis) del Tuir (deducibilità dei contributi versati a fondi pensione esteri) Art. 47 co. 4 del Tuir (imponibilità integrale dei dividendi esteri per le persone fisiche) Art. 73 co. 3 del Tuir (presunzioni di residenza fiscale in Italia dei trusts non residenti) Art. 68 co. 4 del Tuir (imponibilità integrale delle plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni estere per le persone fisiche) Art. 110 co. 10 e 12-bis del Tuir (deducibilità dei costi derivanti da transazioni con imprese estere) Art. 87 co. 1 del Tuir (imponibilità integrale delle plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni estere per le imprese) Art. 26 co. 1 e 5 del dpr 600/73 (ritenute su interessi di obbligazioni estere e altri interessi) Art. 89 co. 3 del Tuir (imponibilità integrale dei dividendi esteri per le imprese) Art. 27 co. 3-ter del dpr 600/73 (applicazione ritenuta dell’1,375% sui dividendi pagati a società estere) Art. 132 co. 4 del Tuir (consolidato mondiale) Art. 10-ter co. 1 e 9 della legge 77/83 (imponibilità proventi derivanti dalla partecipazione a Oicvm di diritto estero) Art. 167 co. 1 e 5 del Tuir (regime Cfc per le partecipazioni in società controllate) Art. 1 co. 1 e art. 6 co. 1 del dlgs 239/96 (imposizione sostitutiva - e relativa esenzione per i percipienti non residenti - sugli interessi delle obbligazioni e degli altri titoli dei grandi emittenti) Art. 168 co. 1 del Tuir (regime Cfc per le partecipazioni in società collegate) Art. 2 co. 5 del dl 351/01, conv. legge 410/01 (assimilazione ai titoli dei grandi emittenti dei titoli emessi a seguito della cartolarizzazione di immobili) Art. 27 co. 4 del dpr 600/73 (ritenute su dividendi esteri integralmente imponibili) Art. 37-bis co. 3 del dpr 600/73 (potenziale elusività di pagamenti di somme a titolo di clausola penale, multa, caparra confirmatoria o penitenziale) Inserto Commercio internazionale n. 13/2010 V denti di cui all’art. 7 co. 3 del dl 351/01 (conv. legge 410/01). Tutte le norme sopra indicate richiamano, infatti, l’art. 6 co. 1 del dlgs 239/96, oggetto di modifiche da parte della legge 244/07. Sono, pertanto, state adeguate dall’art. 1 co. 83 87 della legge 244/07 tutte le disposizioni sopra elencate, con la finalità di sostituire: – i riferimenti alla white list di cui al dm 4 settembre 1996 con quelli alla white list emanata in attuazione dell’art. 168bis del Tuir, per le norme che già ponevano quale discrimine, ai fini del regime fiscale applicabile, il rapporto con uno Stato appartenente o meno alla white list medesima (3); – i riferimenti alle diverse black lists con quelli alla white list emanata in attuazione dell’art. 168-bis del Tuir, per le norme che ponevano quale discrimine il rapporto con uno Stato appartenente o meno alle black lists, «rovesciando» però l’impostazione delle suddette norme (4). Dividendi di fonte italiana erogati a società non residenti Un ambito di operatività della nuova white list non precedentemente contemplato (in quanto trattasi di norma introdotta dalla legge 244/07) riguarda il regime delle ritenute a titolo d’imposta applicabili ai dividendi corrisposti a società non residenti. L’art. 27 co. 3-ter del dpr 600/73 (introdotto dall’art. 1 co. 67 della legge 244/07) prevede, infatti, che la ritenuta ordinariamente prelevata nella misura del 27% nei confronti dei percipienti non residenti ai quali non risultino applicabili né le disposizioni contenute nelle convenzioni contro le doppie imposizioni, né il regime «madre-figlia», sia operata nella misura dell’1,375% a condizione che il beneficiario: – sia soggetto all’imposta sulle società in uno Stato dell’Unione o dello See; – risieda in uno Stato appartenente alla nuova white list da emanare ai sensi del nuovo art. 168-bis del Tuir (più precisamente, della nuova white list che contempla, quale unico parametro, lo scambio di informazioni). Ai sensi dell’art. 1 co. 69 della legge 244/07, è previsto che, in via transitoria, sino all’emanazione della nuova white list, gli Stati appartenenti allo See da considerare sono quelli inclusi nell’attuale white list (di fatto la sola Norvegia, in quanto Svizzera e Liechtenstein non ne fanno parte). Presunzione di residenza delle persone fisiche A seguito delle modifiche recate dall’art. 1 co. 83 lett. a) della legge 244/07, l’art. 2 co. 2-bis del Tuir è stato riformulato, prevedendo che si considerano residenti in Italia, salvo prova contraria, i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente e trasferiti «in Stati o territori diversi da quelli individuati con decreto del Ministro dell’Economia e delle Fi- VI nanze, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale». La disposizione non fa riferimento alle white lists emanate ai sensi dell’art. 168-bis del Tuir. Pertanto, pur essendo stata «rovesciata» l’impostazione della norma (vale a dire, la previsione del regime di sfavore non più per i rapporti con Stati compresi nella lista nera, ma per quelli non compresi nella lista bianca), ai fini della presunzione di residenza occorrerà rifarsi ad una white list emanata agli specifici fini dell’art. 2 co. 2-bis del Tuir, e non a quelle emanate in applicazione del nuovo art. 168-bis. Disciplina transitoria Decorrenza Ai sensi dell’art. 1 co. 88 della legge 244/07, le modifiche in commento si applicano dai periodi d’imposta che iniziano successivamente alla pubblicazione sulla G.U. della nuova white list. Se, per esempio, il decreto recante la nuova white list fosse pubblicato nel 2010, le nuove disposizioni si applicherebbero, per i soggetti con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare, dal 2011. Per i periodi d’imposta anteriori vengono espressamente fatti salvi i regimi vigenti al 31 dicembre 2007. Un’impostazione similare caratterizza il co. 89, che riguarda la white list da emanare ai fini delle disposizioni dell’art. 2 co. 2-bis del Tuir, per il quale è prevista la decorrenza a partire dal periodo d’imposta successivo a quello di pubblicazione in Gazzetta del decreto. Principi generali L’art. 1 co. 90 della legge 244/07 ha previsto un’apposita disciplina transitoria per i primi cinque anni di applicazione della nuova white list. La formulazione, non chiarissima, del testo di legge prevede che nel decreto emanato ai sensi del nuovo art. 168-bis del Tuir sono inclusi, per un periodo di cinque anni dalla daNote: (3) A titolo esemplificativo, l’art. 6 co. 1 del dlgs 239/96 è stato modificato al fine di prevedere che l’esenzione dall’imposta sostitutiva sugli interessi delle obbligazioni dei grandi emittenti per i soggetti non residenti competa a quei soggetti che risiedono ai fini fiscali in uno degli Stati appartenenti alla white list emanata ai sensi dell’art. 168-bis del Tuir, e non più a quella di cui al dm 4 settembre 1996. (4) Ad esempio, l’art. 110 co. 10 del Tuir è stato modificato al fine di prevedere che non sono ammessi in deduzione (sempre, naturalmente, facendo salve le esimenti contenute nel co. 11) i costi derivanti da transazioni con imprese localizzate in Stati o territori non inclusi nella white list emanata ai sensi dell’art. 168-bis del Tuir, e non più i costi derivanti da transazioni con le imprese localizzate in Stati o territori inclusi nella black list appositamente emanata. Inserto Commercio internazionale n. 13/2010 ta di sua pubblicazione sulla G.U., «gli Stati o territori che, prima della data di entrata in vigore della presente legge, non sono elencati nei decreti del Ministro delle finanze 4 settembre 1996 e 4 maggio 1999, (…) nonché nei decreti del Ministero dell’Economia e delle Finanze 21 novembre 2001 e 23 gennaio 2002 (…)». La norma dovrebbe essere interpretata nel senso di considerare comunque appartenenti alla nuova white list, anche in assenza di un accordo per lo scambio di informazioni, gli Stati o territori che, benché non compresi nella white list di cui al dm 4 settembre 1996 e successive modifiche ed integrazioni, non sono nemmeno contemplati nelle tre black lists attuative degli artt. 2 co. 2-bis, artt. 167 e 110 co. 10 del Tuir (di fatto, gli Stati o territori che, pur non garantendo scambio di informazioni, non sono a fiscalità privilegiata). Tale interpretazione sembra avallata dalla lettura della Relazione al disegno di legge, ove si afferma che il quinquennio previsto dalla disposizione transitoria «costituisce un periodo di franchigia con la conseguenza che lo Stato o territorio non incluso nella “vecchia” white list ma nemmeno nelle vecchie black lists, nda) è considerato comunque incluso nella white list; oltre tale periodo, in mancanza della conclusione di un accordo sullo scambio di informazioni, troveranno applicazione le disposizioni antielusive per le fattispecie aventi un collegamento con detti Stati o territori». Paradisi fiscali «con eccezioni» L’art. 1 co. 90 della legge 244/07 prevede un’ulteriore disciplina transitoria, sempre relativa ai primi cinque anni di applicazione della nuova normativa, relativamente agli Stati indicati degli artt. 2 e 3 del dm 21 novembre 2001. Trattasi rispettivamente: – degli Stati che, ordinariamente, fanno parte di quelli a fiscalità privilegiata ai fini della disciplina Cfc, fatte salve le fattispecie ivi previste (5); – degli Stati che, ordinariamente, non fanno parte di quelli a fiscalità privilegiata, fatte salve le fattispecie ivi previste (6). La norma prevede che nel primo quinquennio si considerano comunque inclusi nella nuova lista bianca «gli Stati o territori di cui all’art. 2 del citato decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze 21 novembre 2001, limitatamente ai soggetti ivi indicati, nonché gli Stati o territori di cui all’art. 3 del medesimo decreto, ad eccezione dei soggetti ivi indicati». Dovrebbero, quindi, appartenere in via transitoria alla nuova white list: – il Bahrein e gli Emirati Arabi Uniti, limitatamente alle società operanti nel settore petrolifero, nonché Monaco, limitatamente alle società che realizzano almeno il 25% del fatturato fuori dal Principato; – gli Stati indicati nell’art. 3 del dm 21 novembre 2001, Inserto Commercio internazionale n. 13/2010 ad eccezione delle fattispecie «patologiche» (es. Lussemburgo, con eccezione delle società holding del ’29). Ritenute su dividendi corrisposti a società non residenti Una ulteriore disciplina transitoria è stata prevista dall’art. 1 co. 69 della legge 244/07 relativamente al prelievo della ritenuta a titolo d’imposta nella misura ridotta dell’1,375% sugli utili di fonte italiana corrisposti a soggetti non residenti (art. 27 co. 3-ter del dpr 600/73). È infatti previsto che, sino all’emanazione delle nuove white lists in attuazione dell’art. 168-bis del Tuir, tale possibilità competa anche nei confronti delle società residenti negli Stati dello See contestualmente inclusi nella lista di cui al dm 4 settembre 1996 (di fatto, la sola Norvegia). «Dl incentivi»: comunicazione delle operazioni con paradisi fiscali L’art. 1 co. 1 del dl 25 marzo 2010, n. 40 ha introdotto un nuovo obbligo di comunicazione di dati all’Agenzia delle Entrate, relativo alle operazioni con operatori economici localizzati in paradisi fiscali. La norma obbliga i soggetti Iva a comunicare, in via telematica, i dati relativi alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi (attive e passive), registrate o soggette all’obbligo di registrazione, nei confronti di «operatori economici aventi sede, residenza o domicilio in paesi cosiddetti black list» di cui ai dm 4 maggio 1999 e 21 novembre 2001 (7). In attuazione del decreto legge, il dm 30 marzo 2010 (8) ha definito le modalità e i termini per le suddette comunicaNote: (5) Tali Stati, si ricorda, sono: il Bahrein, con esclusione delle società che svolgono attività di esplorazione, estrazione e raffinazione nel settore petrolifero; gli Emirati Arabi Uniti, con esclusione delle società operanti nei settori petrolifero e petrolchimico assoggettate ad imposta; Monaco, con esclusione delle società che realizzano almeno il 25% del fatturato fuori dal Principato. (6) Per esempio il Lussemburgo, con esclusivo riferimento alle società holding del 1929, o la Svizzera, con esclusivo riferimento alle società non soggette alle imposte cantonali e municipali, quali le società holding, ausiliarie e «di domicilio». (7) La norma è finalizzata a contrastare i fenomeni delle false fatturazioni e delle frodi «carosello». Lo stesso art. 1 co. 1 del dl 40/10 sancisce, infatti, che obiettivo della disposizione è «contrastare l’evasione fiscale operata nella forma dei cosiddetti “caroselli” e “cartiere”», termini che per la prima volta fanno il loro ingresso ufficiale in una formulazione di legge. (8) Pubblicato sulla G.U. 16 aprile 2010, n. 88. VII zioni, prevedendone l’obbligo per le operazioni effettuate dal 1° luglio 2010 e adottando una periodicità mensile o trimestrale a seconda del volume degli scambi, sulla falsariga delle disposizioni che regolano la periodicità dei modelli Intrastat. Secondo l’art. 1 del dl 40/10, le comunicazioni devono essere effettuate da parte dei «soggetti passivi dell’imposta sul valore aggiunto». Analoga previsione è contenuta nell’art. 1 del dm 30 marzo 2010. Si tratta di una formulazione generica che sembra autorizzare a ritenere l’obbligo esteso a tutti i soggetti che, agendo nell’esercizio di imprese, arti e professioni, sono tenuti ad assumere una posizione Iva in Italia. Nozione di «soggetto passivo» in ambito comunitario Ai fini della disposizione in esame, ci si dovrebbe rifare alla nozione di soggetto passivo prevista dall’art. 9 della direttiva 2006/112/Ce, ai sensi del quale «si considera “soggetto passivo” chiunque esercita, in modo indipendente e in qualsiasi luogo, un’attività economica, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività». Non dovrebbe, invece, rilevare la nozione di «soggetto passivo» contenuta nell’art. 43 della direttiva (e riproposta, nella sostanza, dall’art. 7-ter co. 2 del dpr 633/72) ai fini della territorialità dell’imposta, secondo cui: – per le persone giuridiche, la soggettività passiva prescinde dalla riconducibilità dell’operazione alla sfera istituzionale piuttosto che a quella commerciale del committente (è, in altri termini, sufficiente essere titolari di partita Iva affinché si assuma la qualifica di soggetto passivo ai fini dell’individuazione del luogo impositivo) (9); – per le persone fisiche, invece, la soggettività passiva del committente non è sufficiente ai fini dell’attrazione territoriale del servizio, essendo necessario che il medesimo sia «destinato» all’attività svolta (d’impresa o di arte o professione). Se si accetta tale impostazione, gli enti non commerciali privi di partita Iva che acquisiscono servizi potenzialmente oggetto di monitoraggio, ma relativi alle proprie attività istituzionali, non sono tenuti ad effettuare le comunicazioni. Rapporto con altri obblighi di monitoraggio Come verrà richiamato nel prosieguo, le comunicazioni previste dall’art. 1 del dl 40/10 possono, in parte, «sovrapporsi» agli obblighi di indicazione separata dei costi derivanti da transazioni con operatori localizzati in Stati a fiscalità privilegiata di cui all’art. 110 co. 10 del Tuir. Sul punto, occorre precisare che: – mentre le comunicazioni ex dl 40/10 riguardano sia le VIII operazioni attive che quelle passive, l’indicazione separata dei costi riguarda solo le operazioni passive; – le comunicazioni ex dl 40/10 devono essere effettuate da tutti i soggetti passivi Iva (quindi, professionisti compresi), mentre l’indicazione separata dei costi riguarda i soggetti imprenditori. Individuazione dei «paradisi fiscali» (nuova black list) L’aspetto più problematico posto dalla nuova norma riguarda l’individuazione dei «paesi cosiddetti black list»: l’obbligo di comunicazione dei dati scatta, infatti, se la controparte del soggetto Iva italiano ha sede, residenza o domicilio in questi Stati. Disposizioni del dl 40/10 Secondo l’art. 1 co. 1 del dl 40/10, i paesi cosiddetti black list sono quelli indicati nel dm 4 maggio 1999 (attuativo dell’art. 2 co. 2-bis del Tuir) e nel dm 21 novembre 2001 (attuativo della disciplina Cfc). Nonostante il decreto nulla disponga in merito, né la relazione chiarisca la questione, i primi commenti sulla nuova misura vanno nel senso per cui è sufficiente che uno Stato o territorio sia ricompreso in una delle due black lists per determinare l’obbligo di invio dei dati all’Agenzia delle Entrate. Tale impostazione potrebbe, tuttavia, essere messa in discussione dal tenore letterale della norma: se il legislatore avesse inteso includere nella nuova lista nera gli Stati che fanno parte di almeno una delle due liste preesistenti, infatti, la disposizione avrebbe potuto essere formulata nel senso che i paesi cosiddetti black list sono quelli indicati nel dm 4 maggio 1999 «o» nel dm 21 novembre 2001, e non nel dm 4 maggio 1999 «e» nel dm 21 novembre 2001. Si potrebbe, quindi, adottare un’impostazione differente, legata a considerare tra i paesi cosiddetti black list quelli che ricadono contemporaneamente nelle liste di cui ai dm 4 maggio 1999. Tuttavia, come sopra evidenziato, sembra prevalente la tesi per cui è sufficiente che uno Stato sia ricompreso in una delle due liste. Se ciò è vero, rientrano nei nuovi obblighi le transazioni con San Marino, contemplato dalla sola lista del 1999. Tanto premesso, la tavola 3 evidenzia gli Stati ricompresi nelle due liste. Nota: (9) Si veda, sul punto, la sentenza della Corte di Giustizia delle Comunità europee 6 novembre 2008 n. C-291/07l (Trr), secondo la quale gli enti non commerciali, ove acquistino una consulenza tecnica da un prestatore stabilito in altro Stato membro, devono assoggettare a Iva il predetto servizio anche se relativo alla propria sfera istituzionale. Inserto Commercio internazionale n. 13/2010 Tavola 3 - Paesi ricompresi nelle due liste Dm 4 maggio 1999 Dm 21 novembre 2001 Alderney (Isole del Canale) Alderney (Isole del Canale) Andorra Andorra - Angola (sole società petrolifere esenti dall’Oil Income Tax, società che godono di esenzioni o riduzioni d’imposta in settori fondamentali dell’economia e investimenti previsti dal Foreign Investment Code) Anguilla Anguilla Antigua Antigua (sole International business companies non operanti in Antigua e società che effettuano produzioni autorizzate) Antille olandesi Antille olandesi Aruba Aruba Bahamas Bahamas Bahrein Bahrein (escluse le società che svolgono attività di esplorazione, estrazione e raffinazione nel settore petrolifero) Barbados Barbados Barbuda Barbuda Belize Belize Bermuda Bermuda Brunei Brunei Cipro Cipro - Corea del Sud (sole società che godono delle agevolazioni previste dalla Tax Incentives Limitation Law) Costarica Costarica (sole società i cui proventi affluiscono da fonti estere, nonché società di alta tecnologia) Dominica Dominica (sole international companies esercenti l’attività all’estero) Emirati Arabi Uniti Emirati Arabi Uniti (escluse le società operanti nei settori petrolifero e petrolchimico assoggettate ad imposta) Ecuador Ecuador (sole società operanti nelle Free Trade Zones che beneficiano dell’esenzione dalle imposte sui redditi) Filippine Filippine Gibilterra Gibilterra - Giamaica (sole società di produzione per l’esportazione che usufruiscono dei benefici dell’Export Industry Encourage Act e società localizzate nei territori individuati dal Jamaica Export Free Zone Act) Gibuti Gibuti Grenada Grenada - Guatemala Guernsey (Isole del Canale) Guernsey (Isole del Canale) - Herm (Isole del Canale) Hong Kong Hong Kong Isola di Man Isola di Man Isole Cayman Isole Cayman Isole Cook Isole Cook Isole Marshall Isole Marshall Isole Turks e Caicos Isole Turks e Caicos (segue) Inserto Commercio internazionale n. 13/2010 IX X Isole Vergini britanniche Isole Vergini britanniche - Isole Vergini statunitensi Jersey (Isole del Canale) Jersey (Isole del Canale) - Kenia (sole società insediate nelle Export Processing Zones) - Kiribati Libano Libano Liberia Liberia Liechtenstein Liechtenstein - Lussemburgo (sole holding di cui alla legge 31 luglio 1929) Macao Macao Malaysia Malaysia Maldive Maldive Malta Malta (sole società i cui proventi affluiscono da fonti estere) Mauritius Mauritius (sole società «certificate» che si occupano di servizi all’export, espansione industriale, gestione turistica, ecc. soggette a imposta in misura ridotta, Off-shore Companies e International Companies) Monaco Monaco (escluse le società che realizzano almeno il 25% del fatturato fuori dal Principato) Montserrat Montserrat Nauru Nauru Niue Niue - Nuova Caledonia Oman Oman Panama Panama (sole società i cui proventi affluiscono da fonti estere, società situate nella Colon Free Zone e società operanti nelle Export Processing Zones) Polinesia francese Polinesia francese - Portorico (sole società esercenti attività bancarie e società previste dal Puerto Rico Tax Incentives Act del 1988 o dal Puerto Rico Tourist Development Act del 1993) Saint Kitts e Nevis Saint Kitts e Nevis Saint Lucia Saint Lucia Saint Vincent e Grenadine Saint Vincent e Grenadine - Salomone Samoa Samoa San Marino - - Sant’Elena Sark (Isole del Canale) Sark (Isole del Canale) Seychelles Seychelles Singapore Singapore Svizzera Svizzera (sole società non soggette alle imposte cantonali e municipali, quali le società holding, ausiliarie e di domicilio) Taiwan - Tonga Tonga Tuvalu Tuvalu Uruguay Uruguay (sole società esercenti attività bancarie e holding che esercitano esclusivamente attività off-shore) Vanuatu Vanuatu Inserto Commercio internazionale n. 13/2010 Disposizioni del dm 30 marzo 2010 L’art. 1 co. 2 del dl 40/10 consentiva al Ministero dell’Economia e delle Finanze, con proprio decreto: – di escludere l’obbligo di comunicazione nei riguardi di Stati appartenenti ai dm 4 maggio 1999 e 21 novembre 2001, ovvero di attività svolte negli stessi Stati; – al contrario, di includere Stati non appartenenti alle suddette liste, nonché specifici soggetti o specifici settori di attività considerati a maggiore pericolosità fiscale. Nulla di tutto ciò è stato previsto dal dm 30 marzo 2010, il quale si è limitato a riprendere la formulazione della norma primaria. Natura giuridica della controparte estera L’art. 1 co. 1 del dm 30 marzo 2010 replica la formulazione del dl 40/10, secondo cui la controparte estera deve essere un «operatore economico». Con questa locuzione dovrebbero individuarsi le imprese, i professionisti, gli enti commerciali e, in genere, tutti gli operatori che agiscono nell’esercizio di imprese, arti e professioni, anche se privi di partita Iva (imposta che, del resto, non esiste nell’ordinamento di molti degli Stati contemplati dal dm 4 maggio 1999 e dal dm 21 novembre 2001). Coerente con questa impostazione è anche il contenuto delle nuove comunicazioni delineato dall’art. 4 del dm 30 marzo 2010: in esse deve, infatti, essere riportato il codice fiscale (o un codice identificativo equipollente) della controparte estera, e non la partita Iva. Problematiche relative agli Stati presenti nella lista «Cfc» con limitazioni Non appare chiaro quale sia il trattamento da riservare agli Stati che non sono contemplati dal dm 4 maggio 1999 e che, invece, lo sono dal dm 21 novembre 2001, ma limitatamente ad alcune tipologie societarie: è il caso, ad es., della Corea del Sud e, soprattutto, del Lussemburgo, menzionato dalla black list valevole per la disciplina Cfc con esclusivo riferimento alle vecchie holding di cui alla legge 31 luglio 1929. Sotto questo profilo, apparirebbe logico che l’Amministrazione finanziaria limitasse, in via interpretativa, i nuovi obblighi di comunicazione ai rapporti con le tipologie societarie espressamente previste dalla lista del 2001 (riportate nella tavola 3), nell’esempio le società coreane agevolate e le «holding del ’29» lussemburghesi, tenuto oltremodo conto che l’individuazione di queste tipologie societarie risponde alla logica della disciplina Cfc, molto diversa da quella del contrasto alle frodi Iva (10). Con particolare riferimento alla Svizzera, va rilevato che essa: – rientra senza eccezioni nel dm 4 maggio 1999; Inserto Commercio internazionale n. 13/2010 – è menzionata dalla black list della normativa Cfc limitatamente alle società non soggette alle imposte municipali e cantonali. Non appare chiaro, pertanto, quale sia il trattamento da riservare alle transazioni con la Confederazione elvetica; il fatto che questa rientri senza eccezioni dm 4 maggio 1999 potrebbe autorizzare una lettura per cui l’obbligo è generalizzato, e non limitato alle transazioni con le società agevolate, anche se sul punto si attende la posizione dell’Amministrazione finanziaria. Operazioni da comunicare L’obbligo di comunicazione dei dati relativi alle transazioni con l’estero introdotto dal dl 40/10 è assai ampio, coinvolgendo le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate e ricevute. La norma precisa, poi, che nelle comunicazioni devono essere inserite tutte le operazioni «registrate o soggette a registrazione» ai fini dell’Iva. Secondo l’art. 1 co. 1 del dm 30 marzo 2010, sono oggetto di comunicazione: – le cessioni di beni; – le prestazioni di servizi rese; – gli acquisti di beni; – le prestazioni ricevute. Operazioni attive Per quanto riguarda le operazioni attive, per individuare le operazioni soggette a registrazione ci si dovrebbe, in primo luogo, rifare a quanto previsto dall’art. 21 co. 6 del dpr 633/72, che impone di emettere fattura (e di adempiere ai correlati obblighi di registrazione) anche: – per le cessioni di beni in transito o soggetti a vigilanza doganale (non soggette a Iva in Italia ai sensi dell’art. 7-bis co. 1 del dpr 633/72); – per le prestazioni di servizi «generiche» rese a soggetti Iva comunitari (non soggette all’imposta ai sensi dell’art. 7ter del dpr 633/72); – per le operazioni non imponibili (artt. 8, 8-bis, 9 e 38quater del dpr 633/72); – per le operazioni esenti di cui all’art. 10 del dpr 633/72 (eccezion fatta per lotterie ecc. di cui al n. 6); – per le operazioni soggette al regime del margine; – per le operazioni effettuate dalle agenzie di viaggio di cui all’art. 74-ter del dpr 633/72. Nota: (10) Va rilevato che, nel caso del Lussemburgo gli stessi dati sarebbero contenuti nei modelli Intrastat, dal 2010 estesi alle prestazioni di servizi attive e passive. XI Prestazioni di servizi Le prestazioni generiche di cui all’art. 7-ter del dpr 633/72 (ad esempio, le consulenze) sono soggette a fatturazione e registrazione solo se effettuate nei confronti di soggetti passivi Iva comunitari (art. 21 co. 6 del dpr 633/72). Quindi, la consulenza della società italiana verso la società estera residente in uno degli Stati extracomunitari contemplati dalla nuova black list non dovrebbe essere comunicata all’Amministrazione finanziaria, se non fatturata e registrata (11). Per le altre tipologie di operazioni extraterritoriali es. operazioni di cui agli artt. 7-sexies e 7-septies del dpr 633/72, anche se si tratta di operazioni rese nei confronti di privati, l’operatore nazionale può emettere fattura nei confronti del cliente, o registrare il corrispettivo. Si deve, tuttavia, ritenere che in questi casi la comunicazione non vada fatta; depongono in tal senso sia la ratio della norma («caroselli» e «cartiere» non vedono, infatti, coinvolti i privati), sia il riferimento dello stesso dl 40/10 alle prestazioni rese nei confronti di «operatori economici». Se, tuttavia, la prestazione venisse resa nei confronti di un operatore economico privo di partita Iva, fatturata e registrata, a rigore questa dovrebbe essere inclusa nelle nuove comunicazioni. Operazioni passive Acquisti di beni L’art. 1 co. 1 del dm 30 marzo 2010 prevede l’obbligo di segnalare, tra gli altri, gli «acquisti di beni». Appare necessario che venga correttamente interpretato il termine «acquisti», chiarendo se in tale locuzione rientrano o meno anche le importazioni (fattispecie distinte dalla disciplina Iva, tanto che il dpr 633/72 dedica alle importazioni un intero Titolo, il Quinto). L’esclusione delle importazioni sgraverebbe, infatti, molti operatori da obblighi di comunicazione molto articolati (Stati del Far East quali Hong Kong, Singapore e la Malaysia solo per citarne alcuni - rientrano infatti nelle black lists). Vero è, per contro, che anche le importazioni costituiscono operazioni soggette a registrazione ai sensi dell’art. 25 co. 1 del dpr 633/72, che impone di annotare le bollette doganali. Sul punto appare, quindi, necessario un intervento dell’Amministrazione finanziaria. da San Marino; essi, infatti, non paiono assimilabili alle importazioni, e anche il quadro VF della dichiarazione Iva (rigo VF23) considera separatamente le due fattispecie. Prestazioni di servizi Se, dal lato delle operazioni attive, le prestazioni generiche di cui all’art. 7-ter del dpr 633/72 sono soggette a fatturazione e registrazione solo se effettuate nei confronti di soggetti passivi Iva comunitari, non altrettanto può dirsi per le operazioni passive, ove il debitore d’imposta è il committente italiano quale che sia lo Stato di stabilimento del prestatore (comunitario o meno). Quindi, la consulenza della società italiana verso la società estera residente in uno degli Stati extracomunitari contemplati dalla nuova black list non deve essere comunicata all’Amministrazione finanziaria, mentre quella ricevuta dalla stessa società, autofatturata e registrata dal committente, è soggetta al nuovo monitoraggio. Prestazioni di servizi ex artt. 7-quater e 7-quinquies del dpr 633/72 Un’impostazione analoga a quella esaminata nel paragrafo precedente deve essere assunta per le operazioni contemplate dai nuovi artt. 7-quater e 7-quinquies del dpr 633/72 mentre le operazioni attive escluse da Iva italiana possono non essere fatturate, per quelle passive il debitore d’imposta è il committente italiano, con il conseguente obbligo di indicazione nelle comunicazioni previste dall’art. 1 del dl 40/10, se la controparte risiede in uno degli Stati appartenenti alla black list. Oggetto, modalità e termini delle comunicazioni Le nuove comunicazioni hanno ad oggetto le operazioni effettuate (si ritiene, nell’accezione prevista dall’art. 6 del dpr 633/72) dal 1° luglio 2010 (art. 5 del dm 30 marzo 2010). Le comunicazioni sono inoltrate all’Agenzia delle Entrate, in modalità esclusivamente telematiche, su un apposito modello approvato con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 28 maggio 2010 (art. 1 co. 2 del dm 30 marzo 2010). Esse sono inoltrate con periodicità: – trimestrale, se i soggetti hanno realizzato, nei quattro trimestri precedenti e per ciascuna categoria di operazioni, Nota: Acquisti da San Marino Quand’anche potesse essere accolta la tesi per cui le importazioni non devono essere segnalate, appare non possibile escludere dagli obblighi di comunicazione gli acquisti XII (11) Rientrerebbero nell’obbligo le sole prestazioni «generiche» verso Cipro, Malta e Lussemburgo (questi ultimi due con l’incognita di essere previste dalla lista Cfc per le sole tipologie societarie agevolate), per le quali l’emissione della fattura è obbligatoria. Inserto Commercio internazionale n. 13/2010 un ammontare trimestrale non superiore a 50.000,00 euro; – mensile, negli altri casi. Valgono, poi, le disposizioni già previste per l’invio dei modelli Intrastat, per cui: – i soggetti che hanno iniziato l’attività da meno di quattro trimestri trasmettono la comunicazione su base trimestrale, salvo che essi non superino il limite di 50.000,00 euro in uno di questi trimestri; – è sempre possibile presentare il modello su base mensile in via volontaria, anche per bassi volumi di operazioni con l’estero; – nel caso di superamento del predetto limite nel corso di un trimestre, si passa alla periodicità mensile a decorrere dal mese successivo a quello in cui la soglia è superata. Ai sensi dell’art. 3 del dm 30 marzo 2010, il modello deve essere inviato telematicamente entro l’ultimo giorno del mese successivo al periodo (mese o trimestre) di riferimento. I primi invii saranno, quindi, previsti: – al 31 agosto 2010, per il mese di luglio; – al 31 ottobre 2010, per il trimestre luglio-settembre. Contenuto L’art. 4 del dm 30 marzo 2010 delinea il contenuto delle nuove comunicazioni, nelle quali devono essere indicati: 1) codice fiscale e partita Iva del soggetto che invia la comunicazione; 2) codice fiscale estero della controparte o, «in mancanza, altro codice identificativo»; 3) dati «anagrafici» della controparte: – se persona fisica, cognome, nome, luogo e data di nascita, domicilio fiscale nello Stato estero; – se persona giuridica, denominazione o ragione sociale, sede legale o - in mancanza - sede amministrativa nello Stato estero; 4) periodo di riferimento della comunicazione; 5) per ciascuna controparte, importo complessivo delle operazioni attive e passive, al netto delle note di variazione, distinto a seconda del regime Iva applicato: – operazioni imponibili; – operazioni non imponibili; – operazioni esenti; – operazioni non soggette; 6) per ciascuna controparte, relativamente alle operazioni imponibili, l’importo complessivo dell’Iva; 7) per ciascuna controparte, per le note di variazione emesse e ricevute relative ad annualità precedenti, l’importo complessivo delle operazioni e della relativa imposta. Regime sanzionatorio L’inadempimento ai nuovi obblighi di monitoraggio delle Inserto Commercio internazionale n. 13/2010 operazioni «a rischio frode» determina conseguenze sanzionatorie. Secondo l’art. 1 co. 3 del dl 40/10, infatti, per ciascuna comunicazione omessa, o inviata con dati incompleti o non veritieri, viene applicata la sanzione prevista dall’art. 11 del dlgs 471/97 per l’omissione di ogni comunicazione prescritta dalla legge tributaria (da 258 euro a 2.065 euro), elevata al doppio. La sanzione prevista per ciascuna violazione va, quindi, da un minimo di 516 euro a un massimo di 4.131 euro. Non è stata, invece, contemplata dalla legge la casistica della trasmissione tardiva della comunicazione (12). Inapplicabilità del concorso di violazioni e della continuazione L’art. 1 co. 3 del dl 40/10 esclude espressamente, per le violazioni agli obblighi di comunicazione, il ricorso agli istituti del concorso di violazioni e della continuazione, previsti dall’art. 12 del dlgs 472/97. Se, quindi, vengono commesse violazioni diverse, anche se originate da un’unica azione od omissione, o violazioni riferite a più periodi d’imposta, non sarà possibile beneficiare della sanzione unica, aumentata rispettivamente sino al doppio o sino al triplo; ciascun errore rileverà, invece, quale violazione a se stante, punita con la sanzione minima di 516 euro. Definizione agevolata La legge non pone, invece, preclusioni a misure di definizione delle sanzioni, che appaiono pertanto praticabili nel caso in cui queste vengano irrogate al contribuente. Le sanzioni, in particolare, possono essere definite mediante acquiescenza o definizione agevolata (artt. 16 e 17 del dlgs 472/97); nel caso di irrogazione della sanzione minima per l’omessa indicazione di una transazione oggetto di monitoraggio ai sensi delle nuove disposizioni, quindi, sarebbe sufficiente il versamento di 129 euro (un quarto di 516). Nota: (12) La tardività delle comunicazioni è, invece, stata riconosciuta in modo espresso quale violazione assimilata alla comunicazione omessa da parte delle disposizioni attuative delle comunicazioni delle minusvalenze su partecipazioni immobilizzate di importo superiore a 5 milioni di euro (provv. Agenzia delle Entrate 22 maggio 2003, attuativo dell’art. 1 co. 4 del dl 209/02, conv. legge 265/02) e delle comunicazioni delle minusvalenze e delle perdite su partecipazioni quotate di importo superiore a 50.000,00 euro (provv. 29 marzo 2007 e successive modifiche e integrazioni, attuativo dell’art. 5-quinquies del dl 203/05, conv. legge 248/05). XIII Rapporto con altri obblighi di monitoraggio Occorre, da ultimo analizzare le possibili relazioni tra violazioni dell’obbligo di monitoraggio ai sensi dell’art. 1 del dl 40/10 e altre violazioni tributarie sempre relative ai rapporti con Stati a fiscalità privilegiata. Ci si riferisce, in particolare, alle operazioni con controparti localizzate in uno degli Stati a fiscalità privilegiata menzionati dal dm 23 gennaio 2002 (13), che devono essere oggetto di indicazione separata nel quadro RF della dichiarazione dei redditi ai sensi dell’art. 110 co. 10 e ss. del Tuir. Potrebbe emergere un quadro per cui: – la controparte risiede sia nella black list di cui al dm 23 gennaio 2002, sia nella nuova black list che rileva ai sensi del dl 40/10; – il soggetto estero è privo di sostanza economica, o in senso lato non è possibile fornire alcuna delle esimenti previste dall’art. 110 co. 11 del Tuir; – l’operazione non viene né segnalata nelle nuove comunicazioni ex dl 40/10, né indicata separatamente nel quadro RF del modello Unico. In tali casi, la sanzione da 516 euro a 4.131 euro non potrebbe essere «assorbita» da quella per infedele dichiaNota: (13) Il dm 23 gennaio 2002 prevede tre categorie di paradisi fiscali: – l’art. 1 elenca i paesi e territori considerati come paradisi fiscali assoluti; – l’art. 2 individua gli Stati o territori considerati paradisi fiscali, fatte salve alcune esclusioni espressamente previste; – l’art. 3 include gli Stati e territori per i quali la qualifica di paradiso fiscale opera limitatamente a specifici soggetti e attività. Sono esclusi gli Stati o territori appartenenti all’Unione europea. Paradisi fiscali «assoluti» (art. 1). L’art. 1 elenca gli Stati e i territori considerati come paradisi fiscali assoluti: Alderney (Isole del Canale), Andorra, Anguilla, Antille Olandesi, Aruba, Bahamas, Barbados, Barbuda, Belize, Bermuda, Brunei, Cipro, Filippine, Gibilterra, Gibuti (ex Afar e Issas), Grenada, Guatemala, Guernsey (Isole del Canale), Herm (Isole del Canale), Hong Kong, Isola di Man, Isole Cayman, Isole Cook, Isole Marshall, Isole Turks e Caicos, Isole Vergini britanniche, Isole Vergini statunitensi, Jersey (Isole del Canale), Kiribati (ex Isole Gilbert), Libano, Liberia, Liechtenstein, Macao, Maldive, Malesia, Montserrat, Nauru, Niue, Nuova Caledonia, Oman, Polinesia francese, Saint Kitts e Nevis, Salomone, Samoa, Saint Lucia, Saint Vincent e Grenadine, Sant’Elena, Sark (Isole del Canale), Seychelles, Tonga, Tuvalu (ex Isole Ellice), Vanuatu. Paradisi fiscali con esclusioni (art. 2). L’art. 2 include, inoltre, tra i paradisi fiscali anche: – Bahrein, con esclusione delle società che svolgono attività di esplorazione, estrazione e raffinazione nel settore petrolifero; – Emirati Arabi Uniti, con esclusione delle società operanti nei settori petrolifero e petrolchimico assoggettati a imposta; XIV – Monaco, con esclusione delle società che realizzano almeno il 25% del fatturato fuori dal Principato; – Singapore, con esclusione della Banca centrale e degli organismi che gestiscono anche le riserve ufficiali dello Stato. Regimi agevolati di Stati o territori a fiscalità non privilegiata (art. 3). L’art. 3 include Stati o territori per i quali la qualifica di paradiso fiscale opera limitatamente a specifici soggetti e attività: 1) Angola, con riferimento alle società petrolifere che hanno ottenuto l’esenzione dall’Oil Income Tax, alle società che godono di esenzioni o riduzioni d’imposta in settori fondamentali dell’economia angolana e per gli investimenti previsti dal Foreign Investment Code; 2) Antigua, con riferimento alle International business companies, esercenti le loro attività al di fuori del territorio di Antigua, quali quelle di cui all’International Business Corporation Act, n. 28/82 e successive modifiche e integrazioni, nonché con riferimento alle società che producono prodotti autorizzati, quali quelli di cui alla locale legge 18/75, e successive modifiche e integrazioni; 3) Corea del Sud, con riferimento alle società che godono delle agevolazioni previste dalla Tax Incentives Limitation Law; 4) Costarica, con riferimento alle società i cui proventi affluiscono da fonti estere, nonché con riferimento alle società esercenti attività ad alta tecnologia; 5) Dominica, con riferimento alle International Companies esercenti l’attività all’estero; 6) Ecuador, con riferimento alle società operanti nelle Free Trade Zones che beneficiano dell’esenzione dalle imposte sui redditi; 7) Giamaica, con riferimento alle società di produzione per l’esportazione che usufruiscono dei benefici fiscali dell’Export Industry Encourage Act e alle società localizzate nei territori individuati dal Jamaica Export Free Zone Act; 8) Kenya, con riferimento alle società insediate nelle Export Processing Zones; 9) Malta, con riferimento alle società i cui proventi affluiscono da fonti estere, quali quelle di cui al Malta Financial Services Centre Act, alle società di cui al Malta Merchant Shipping Act e alle società di cui al Malta Freeport Act; 10) Mauritius, con riferimento alle società «certificate» che si occupano di servizi all’export, espansione industriale, gestione turistica, costruzioni industriali e cliniche e che sono soggette a Corporate Tax in misura ridotta, alle Offshore Companies e alle International Companies; 11) Panama, con riferimento alle società i cui proventi affluiscono da fonti estere, secondo la legislazione di Panama, alle società situate nella Colon Free Zone e alle società operanti nelle Export Processing Zone; 12) Portorico, con riferimento alle società esercenti attività bancarie ed alle società previste dal Puerto Rico Tax Incentives Act del 1988 o dal Puerto Rico Tourist Development Act del 1993; 13) Svizzera, con riferimento alle società non soggette alle imposte cantonali e municipali, quali le società holding, ausiliarie e «di domicilio»; 14) Uruguay, con riferimento alle società esercenti attività bancarie e alle holding che esercitano esclusivamente attività off-shore. Con ris. 30 luglio 2004, n. 96 è stata esclusa la disciplina in esame per i rapporti con Malta e Cipro a seguito del loro ingresso nell’Unione. Inserto Commercio internazionale n. 13/2010 razione (sanzione proporzionale dal 100 al 200% della maggiore imposta). L’esclusione del cumulo giuridico previsto dall’art. 1 co. 3 del decreto «incentivi» potrebbe, quindi, dare luogo a tre sanzioni distinte: – sanzione per infedele dichiarazione; Inserto Commercio internazionale n. 13/2010 – sanzione del 10% dei costi non indicati, con un massimo di 50.000,00 euro, per l’omessa indicazione separata dei costi in dichiarazione dei redditi; – sanzione da 516 euro a 4.131 euro per l’omessa comunicazione ai sensi dell’art. 1 del dl 40/10. XV