Art_26 - Camera di Commercio San Marino

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Art_26 - Camera di Commercio San Marino
Sommario
BLACK LISTS E WHITE LISTS
NELLA DISCIPLINA TRIBUTARIA
DEI RAPPORTI CON I PAESI
A FISCALITÀ PRIVILEGIATA
Paradisi fiscali «con eccezioni» .............................
Ritenute sui dividendi corrisposti a società
non residenti...........................................................
INTRODUZIONE ...................................................
III
SOSTITUZIONE DELLE BLACK LISTS CON
LE NUOVE WHITE LISTS .....................................
Precedente assetto normativo ...............................
La white list di cui al dm 4 settembre 1996 ............
Modifiche recate dalla legge 244/07 ......................
III
III
IV
IV
DISCIPLINA TRANSITORIA ..................................
Decorrenza.............................................................
Principi generali......................................................
VI
VI
VI
«DL INCENTIVI»: COMUNICAZIONE
DELLE OPRAZIONI CON PARADISI FISCALI......
Nozione di «soggetto passivo» in ambito
comunitario.............................................................
Rapporti con altri obblighi di monitoraggio .............
Individuazione dei «paradisi fiscali» (nuova
black list) ................................................................
Operazioni da comunicare .....................................
Oggetto, modalità e termini delle comunicazioni....
Contenuto...............................................................
Regime sanzionatorio ............................................
VII
VII
VII
VIII
VIII
VIII
XI
XII
XIII
XIII
Black lists e white lists
nella disciplina tributaria dei rapporti
con paesi a fiscalità privilegiata
a cura di Piergiorgio Valente (*)
Introduzione
L’art. 1 co. 83 - 90 della legge 24 dicembre 2007, n. 244 ha
integrato numerose disposizioni tributarie che prevedono, a
vario titolo, regimi fiscali di sfavore per i redditi che derivano dal possesso di attività in Stati a fiscalità privilegiata.
È stato, allo scopo, inserito nel Tuir l’art. 168-bis, che demanda al Ministero dell’Economia e delle Finanze l’emanazione di una nuova white list (o meglio, di due nuove white
lists) che enucleino:
– da un lato, gli Stati che garantiscono un adeguato scambio di informazioni;
– sotto un secondo profilo, gli Stati che allo stesso tempo
garantiscono un adeguato scambio di informazioni e il cui
livello di tassazione non è sensibilmente inferiore a quello
applicato in Italia.
Ulteriore rilevanza alle black lists italiane è stata data dal
dm 30 marzo 2010, che ha attuato le disposizioni contenute nell’art. 1 co. 1 e 2 del dl 25 marzo 2010, n. 40 (cd. «decreto incentivi») convertito nella legge 22 maggio 2010, n.
73, riguardanti l’obbligo di comunicazione delle operazioni
con soggetti aventi sede, residenza o domicilio nei paradisi
fiscali. Il decreto prevede l’obbligo di comunicazione delle operazioni effettuate dal 1° luglio 2010, con una periodicità mensile o trimestrale a seconda del volume degli
scambi dell’impresa.
Sostituzione delle black lists
con le nuove white lists
Precedente assetto normativo
Il precedente assetto normativo era caratterizzato dalla presenza di tre black lists:
– il dm 4 maggio 1999, emanato in attuazione dell’art. 2
co. 2-bis del Tuir, il quale indica gli Stati o territori per i quali
opera la presunzione di residenza in Italia per le persone fisiche cancellate dalle anagrafi della popolazione residente
ed ivi emigrati;
Inserto Commercio internazionale n. 13/2010
– il dm 21 novembre 2001, emanato in attuazione dell’art.
167 co. 4 del Tuir, il quale indica gli Stati o territori con riferimento ai quali opera la disciplina delle controlled foreign
companies, ove siano ivi localizzate partecipazioni in società controllate;
– il dm 23 gennaio 2002, emanato in attuazione dell’art.
110 co. 10 del Tuir ai fini dell’individuazione degli Stati o territori non appartenenti all’Unione europea con riferimento ai
quali trova applicazione il regime di indeducibilità dei costi
derivanti dalle transazioni con operatori ivi residenti, fatta
salva la dimostrazione di almeno una delle esimenti contenute nel co. 11 della norma.
I decreti in esame non esaurivano la loro valenza agli ambiti sopra descritti.
La black list di cui al dm 21 novembre 2001, infatti, oltre ad
essere applicata nell’ambito della disciplina Cfc per le imprese estere collegate (art. 168 del Tuir), esplicava efficacia
anche ai fini:
– dell’imputazione integrale dei dividendi provenienti
da società residenti in Stati a fiscalità privilegiata (art. 47
co. 4 e art. 89 co. 3 del Tuir), quale deroga al criterio generale dell’esenzione parziale, e sui relativi obblighi di ritenuta da parte dei sostituti d’imposta (art. 27 co. 4 del
dpr 600/73);
– dell’imputazione integrale delle plusvalenze che si originano a seguito della cessione delle partecipazioni in società residenti in Stati a fiscalità privilegiata (art. 68 co. 4 e
art. 87 co. 1 lett. c) del Tuir), quale deroga al criterio generale dell’esenzione parziale;
– dell’esclusione dal consolidato mondiale delle società controllate estere di dimensioni non rilevanti residenti in Stati diversi da quelli a fiscalità privilegiata (art. 132
co. 4 del Tuir);
– dell’individuazione della natura potenzialmente elusiNota:
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III
va delle pattuizioni infragruppo con società aventi sede
legale in Stati o territori a regime fiscale privilegiato aventi
ad oggetto il pagamento di somme a titolo di clausola penale, multa, caparra confirmatoria o penitenziale (art. 37-bis
co. 3 lett. f-quater) del dpr 600/73).
La black list di cui al dm 23 gennaio 2002, invece, tornava
applicabile anche ai fini del prelievo della ritenuta a titolo
d’imposta nella misura del 27%, anziché in quella «ordinaria» del 12,50%, per gli interessi di natura «residuale» erogati a soggetti residenti negli Stati ivi ricompresi (art. 26 co.
5 del dpr 600/73) (1).
Da ultimo, la black list di cui al dm 4 maggio 1999 era
espressamente richiamata dall’art. 2 co. 5 del dl 351/01
(conv. legge 410/01), ai fini dell’assimilazione ai titoli dei
grandi emittenti dei titoli emessi a seguito della cartolarizzazione di immobili, ed in particolare dell’esclusione dal regime di esenzione dalle imposte sui redditi in relazione
ai finanziamenti effettuati da soggetti residenti in tali Stati
nell’ambito delle operazioni di cartolarizzazione.
La white list di cui al dm 4 settembre 1996
La white list contenuta nel dm 4 settembre 1996 e successive modifiche e integrazioni individua gli Stati o territori con i
quali è attuabile lo scambio di informazioni ai sensi delle
convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni.
La lista in questione è stata emanata in attuazione delle disposizioni contenute nell’art. 6 del dlgs 1° aprile 1996, n.
239, finalizzate ad escludere dall’imposizione sostitutiva sugli interessi delle obbligazioni e dei titoli dei cd. «grandi emittenti» quei proventi «percepiti da soggetti residenti in paesi
che consentono un adeguato scambio di informazioni».
Essa era, tuttavia, utilizzata anche ai fini:
1) dell’assoggettamento ad imposizione sostitutiva del
12,50% prevista dall’art. 1 del medesimo decreto per gli interessi dei titoli e delle obbligazioni dei grandi emittenti le cui
azioni sono negoziate nei mercati regolamentati di Stati dell’Unione e dello Spazio Economico Europeo (di seguito, See)
che siano contestualmente inclusi nella predetta white list;
2) della deducibilità delle contribuzioni ai fondi pensione
esteri stabiliti negli Stati dell’Unione o dello See che siano
contestualmente inclusi nella white list (art. 10 co. 1 lett. ebis) del Tuir);
3) della presunzione di residenza in Italia dei trusts istituiti in Stati diversi da quelli con i quali è attuabile lo
scambio di informazioni, nei casi previsti dall’art. 73 co. 3
del Tuir (2);
4) dell’assoggettamento alla ritenuta del 12,50% degli interessi delle obbligazioni emesse da società le cui azioni
non sono quotate in mercati regolamentati degli Stati membri dell’Unione e dello See contestualmente inclusi nella
IV
white list, a condizione che, al momento di emissione, il
tasso di rendimento effettivo non ecceda:
– il doppio del tasso ufficiale di riferimento, per le obbligazioni ed i titoli similari quotati nei mercati regolamentati,
– il tasso ufficiale di riferimento aumentato di due terzi,
per le obbligazioni e titoli similari non quotati;
5) del regime applicabile ai proventi derivanti dalla partecipazione a Oicvm di diritto estero (art. 10-ter co. 1 e 9 della
legge 23 marzo 1983, n. 77).
Gli Stati compresi nella white list di cui al dm 4 settembre
1996 sono elencati nella tavola 1.
Modifiche recate dalla legge 244/07
Criteri di individuazione degli Stati
appartenenti alla nuova white list
L’art. 168-bis del Tuir prevede la razionalizzazione dei regimi sopra brevemente commentati, indirizzando i regimi
fiscali di sfavore attualmente presenti nell’ordinamento (i
cui aspetti sostanziali, peraltro, non sono stati modificati)
nei confronti degli Stati diversi:
– da quelli che garantiscono un adeguato scambio di informazioni (art. 168-bis co. 1 del Tuir);
– da quelli che, al contempo, garantiscono lo scambio di
informazioni e prevedono un congruo livello di tassazione
(art. 168-bis co. 2 del Tuir).
L’individuazione di tale «seconda» white list in base alla
sussistenza di entrambi i parametri si desume dal testo di
legge, il quale menziona «gli Stati e territori che consentono un adeguato scambio di informazioni e nei quali il livello
di tassazione non è sensibilmente inferiore a quello applicato in Italia». Per ciascuna delle nuove white lists sono
espressamente previsti determinati ambiti applicativi, sintetizzati nella tavola 2 a seconda dei parametri adottati.
I requisiti previsti dall’art. 6 co. 1 del dlgs 239/96 sono valevoli anche ai fini:
– del riconoscimento dell’esenzione dall’imposta sostitutiva
Note:
(1) Si considerano, in questa sede, interessi di natura «residuale» quelli non compresi nell’elencazione tassativa contenuta nei commi 1 (interessi sui proventi delle obbligazioni e dei titoli similari), 2 e 3 (interessi dei conti correnti bancari e postali) e 3-bis (proventi delle operazioni di riporto e
pronti contro termine su titoli e valute e di mutuo di titoli
garantito) dell’art. 26 del dpr 600/73.
(2) Trattasi delle situazioni (alternative tra loro) in cui almeno uno dei disponenti e almeno uno dei beneficiari del trust siano fiscalmente residenti in Italia, o in cui un soggetto
residente effettui in favore del trust un’attribuzione che
comporti il trasferimento della proprietà di beni immobili o
la costituzione o il trasferimento di diritti reali immobiliari,
oppure ancora la costituzione di vincoli di destinazione sugli immobili stessi.
Inserto Commercio internazionale n. 13/2010
per i redditi di capitale percepiti da soggetti non residenti di
cui all’art. 26-bis del dpr 600/73;
– del riconoscimento dell’esenzione dall’imposta sostitutiva
del capital gain per i non residenti di cui all’art. 5 co. 5 del
dlgs 461/97;
– dell’applicazione delle agevolazioni sui proventi derivanti
dalla partecipazione a Oicvm di diritto italiano da parte di
soggetti non residenti di cui all’art. 9 co. 3 del dlgs 461/97;
– del regime dei proventi derivanti dalla partecipazione a fondi immobiliari di diritto italiano da parte di soggetti non resi-
Tavola 1 - Dm 4 settembre 1996 (white list) - Elencazione degli Stati
Albania
Algeria
Argentina
Australia
Austria
Bangladesh
Belgio
Bielorussia
Brasile
Bulgaria
Canada
Cina
Corea del Sud
Costa d’Avorio
Croazia
Danimarca
Ecuador
Egitto
Emirati Arabi Uniti
Estonia
Federazione Russa
Filippine
Finlandia
Francia
Germania
Giappone
Grecia
India
Indonesia
Irlanda
Israele
Jugoslavia
Kazakistan
Kuwait
Lituania
Lussemburgo
Macedonia
Malta
Marocco
Mauritius
Messico
Norvegia
Nuova Zelanda
Paesi Bassi
Pakistan
Polonia
Portogallo
Regno Unito
Repubblica Ceca
Repubblica Slovacca
Romania
Singapore
Slovenia
Spagna
Sri Lanka
Stati Uniti
Sudafrica
Svezia
Tanzania
Thailandia
Trinidad e Tobago
Tunisia
Turchia
Ucraina
Ungheria
Venezuela
Vietnam
Zambia
Tavola 2 - Nuove white lists da emanare ex art. 168-bis del Tuir
Parametri e relativi ambiti di applicazione
Solo scambio di informazioni
Scambio di informazioni e adeguato livello di tassazione
Art. 10 co. 1 lett. e-bis) del Tuir (deducibilità dei contributi versati a fondi pensione esteri)
Art. 47 co. 4 del Tuir (imponibilità integrale dei dividendi esteri per le persone fisiche)
Art. 73 co. 3 del Tuir (presunzioni di residenza fiscale
in Italia dei trusts non residenti)
Art. 68 co. 4 del Tuir (imponibilità integrale delle plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni
estere per le persone fisiche)
Art. 110 co. 10 e 12-bis del Tuir (deducibilità dei costi
derivanti da transazioni con imprese estere)
Art. 87 co. 1 del Tuir (imponibilità integrale delle plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni
estere per le imprese)
Art. 26 co. 1 e 5 del dpr 600/73 (ritenute su interessi di
obbligazioni estere e altri interessi)
Art. 89 co. 3 del Tuir (imponibilità integrale dei dividendi esteri per le imprese)
Art. 27 co. 3-ter del dpr 600/73 (applicazione ritenuta
dell’1,375% sui dividendi pagati a società estere)
Art. 132 co. 4 del Tuir (consolidato mondiale)
Art. 10-ter co. 1 e 9 della legge 77/83 (imponibilità
proventi derivanti dalla partecipazione a Oicvm di diritto estero)
Art. 167 co. 1 e 5 del Tuir (regime Cfc per le partecipazioni in società controllate)
Art. 1 co. 1 e art. 6 co. 1 del dlgs 239/96 (imposizione
sostitutiva - e relativa esenzione per i percipienti non
residenti - sugli interessi delle obbligazioni e degli altri titoli dei grandi emittenti)
Art. 168 co. 1 del Tuir (regime Cfc per le partecipazioni
in società collegate)
Art. 2 co. 5 del dl 351/01, conv. legge 410/01 (assimilazione ai titoli dei grandi emittenti dei titoli emessi a
seguito della cartolarizzazione di immobili)
Art. 27 co. 4 del dpr 600/73 (ritenute su dividendi esteri
integralmente imponibili)
Art. 37-bis co. 3 del dpr 600/73 (potenziale elusività di
pagamenti di somme a titolo di clausola penale, multa,
caparra confirmatoria o penitenziale)
Inserto Commercio internazionale n. 13/2010
V
denti di cui all’art. 7 co. 3 del dl 351/01 (conv. legge 410/01).
Tutte le norme sopra indicate richiamano, infatti, l’art. 6 co.
1 del dlgs 239/96, oggetto di modifiche da parte della legge
244/07. Sono, pertanto, state adeguate dall’art. 1 co. 83 87 della legge 244/07 tutte le disposizioni sopra elencate, con la finalità di sostituire:
– i riferimenti alla white list di cui al dm 4 settembre 1996
con quelli alla white list emanata in attuazione dell’art. 168bis del Tuir, per le norme che già ponevano quale discrimine, ai fini del regime fiscale applicabile, il rapporto con uno
Stato appartenente o meno alla white list medesima (3);
– i riferimenti alle diverse black lists con quelli alla white
list emanata in attuazione dell’art. 168-bis del Tuir, per le
norme che ponevano quale discrimine il rapporto con uno
Stato appartenente o meno alle black lists, «rovesciando»
però l’impostazione delle suddette norme (4).
Dividendi di fonte italiana erogati
a società non residenti
Un ambito di operatività della nuova white list non precedentemente contemplato (in quanto trattasi di norma introdotta dalla legge 244/07) riguarda il regime delle ritenute
a titolo d’imposta applicabili ai dividendi corrisposti a società non residenti.
L’art. 27 co. 3-ter del dpr 600/73 (introdotto dall’art. 1 co. 67
della legge 244/07) prevede, infatti, che la ritenuta ordinariamente prelevata nella misura del 27% nei confronti dei
percipienti non residenti ai quali non risultino applicabili né
le disposizioni contenute nelle convenzioni contro le doppie
imposizioni, né il regime «madre-figlia», sia operata nella
misura dell’1,375% a condizione che il beneficiario:
– sia soggetto all’imposta sulle società in uno Stato dell’Unione o dello See;
– risieda in uno Stato appartenente alla nuova white list da emanare ai sensi del nuovo art. 168-bis del Tuir (più
precisamente, della nuova white list che contempla, quale
unico parametro, lo scambio di informazioni).
Ai sensi dell’art. 1 co. 69 della legge 244/07, è previsto che,
in via transitoria, sino all’emanazione della nuova white list,
gli Stati appartenenti allo See da considerare sono quelli inclusi nell’attuale white list (di fatto la sola Norvegia, in quanto Svizzera e Liechtenstein non ne fanno parte).
Presunzione di residenza delle persone fisiche
A seguito delle modifiche recate dall’art. 1 co. 83 lett. a) della
legge 244/07, l’art. 2 co. 2-bis del Tuir è stato riformulato, prevedendo che si considerano residenti in Italia, salvo prova
contraria, i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente e trasferiti «in Stati o territori diversi da quelli
individuati con decreto del Ministro dell’Economia e delle Fi-
VI
nanze, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale». La disposizione non fa riferimento alle white lists emanate ai sensi dell’art.
168-bis del Tuir. Pertanto, pur essendo stata «rovesciata»
l’impostazione della norma (vale a dire, la previsione del regime di sfavore non più per i rapporti con Stati compresi nella lista nera, ma per quelli non compresi nella lista bianca), ai fini
della presunzione di residenza occorrerà rifarsi ad una white
list emanata agli specifici fini dell’art. 2 co. 2-bis del Tuir, e non
a quelle emanate in applicazione del nuovo art. 168-bis.
Disciplina transitoria
Decorrenza
Ai sensi dell’art. 1 co. 88 della legge 244/07, le modifiche in
commento si applicano dai periodi d’imposta che iniziano successivamente alla pubblicazione sulla G.U. della
nuova white list.
Se, per esempio, il decreto recante la nuova white list fosse
pubblicato nel 2010, le nuove disposizioni si applicherebbero, per i soggetti con periodo d’imposta coincidente con
l’anno solare, dal 2011.
Per i periodi d’imposta anteriori vengono espressamente
fatti salvi i regimi vigenti al 31 dicembre 2007.
Un’impostazione similare caratterizza il co. 89, che riguarda
la white list da emanare ai fini delle disposizioni dell’art. 2
co. 2-bis del Tuir, per il quale è prevista la decorrenza a
partire dal periodo d’imposta successivo a quello di pubblicazione in Gazzetta del decreto.
Principi generali
L’art. 1 co. 90 della legge 244/07 ha previsto un’apposita
disciplina transitoria per i primi cinque anni di applicazione della nuova white list.
La formulazione, non chiarissima, del testo di legge prevede che nel decreto emanato ai sensi del nuovo art. 168-bis
del Tuir sono inclusi, per un periodo di cinque anni dalla daNote:
(3) A titolo esemplificativo, l’art. 6 co. 1 del dlgs 239/96 è
stato modificato al fine di prevedere che l’esenzione dall’imposta sostitutiva sugli interessi delle obbligazioni dei
grandi emittenti per i soggetti non residenti competa a quei
soggetti che risiedono ai fini fiscali in uno degli Stati appartenenti alla white list emanata ai sensi dell’art. 168-bis del
Tuir, e non più a quella di cui al dm 4 settembre 1996.
(4) Ad esempio, l’art. 110 co. 10 del Tuir è stato modificato
al fine di prevedere che non sono ammessi in deduzione
(sempre, naturalmente, facendo salve le esimenti contenute nel co. 11) i costi derivanti da transazioni con imprese localizzate in Stati o territori non inclusi nella white list emanata ai sensi dell’art. 168-bis del Tuir, e non più i costi derivanti da transazioni con le imprese localizzate in Stati o territori inclusi nella black list appositamente emanata.
Inserto Commercio internazionale n. 13/2010
ta di sua pubblicazione sulla G.U., «gli Stati o territori che,
prima della data di entrata in vigore della presente legge,
non sono elencati nei decreti del Ministro delle finanze 4
settembre 1996 e 4 maggio 1999, (…) nonché nei decreti
del Ministero dell’Economia e delle Finanze 21 novembre
2001 e 23 gennaio 2002 (…)».
La norma dovrebbe essere interpretata nel senso di considerare comunque appartenenti alla nuova white list, anche
in assenza di un accordo per lo scambio di informazioni, gli
Stati o territori che, benché non compresi nella white list di
cui al dm 4 settembre 1996 e successive modifiche ed integrazioni, non sono nemmeno contemplati nelle tre black
lists attuative degli artt. 2 co. 2-bis, artt. 167 e 110 co. 10
del Tuir (di fatto, gli Stati o territori che, pur non garantendo
scambio di informazioni, non sono a fiscalità privilegiata).
Tale interpretazione sembra avallata dalla lettura della Relazione al disegno di legge, ove si afferma che il quinquennio previsto dalla disposizione transitoria «costituisce un
periodo di franchigia con la conseguenza che lo Stato o territorio non incluso nella “vecchia” white list ma nemmeno
nelle vecchie black lists, nda) è considerato comunque incluso nella white list; oltre tale periodo, in mancanza della
conclusione di un accordo sullo scambio di informazioni,
troveranno applicazione le disposizioni antielusive per le
fattispecie aventi un collegamento con detti Stati o territori».
Paradisi fiscali «con eccezioni»
L’art. 1 co. 90 della legge 244/07 prevede un’ulteriore disciplina transitoria, sempre relativa ai primi cinque anni di
applicazione della nuova normativa, relativamente agli Stati
indicati degli artt. 2 e 3 del dm 21 novembre 2001. Trattasi
rispettivamente:
– degli Stati che, ordinariamente, fanno parte di quelli a fiscalità privilegiata ai fini della disciplina Cfc, fatte salve le
fattispecie ivi previste (5);
– degli Stati che, ordinariamente, non fanno parte di quelli a
fiscalità privilegiata, fatte salve le fattispecie ivi previste (6).
La norma prevede che nel primo quinquennio si considerano
comunque inclusi nella nuova lista bianca «gli Stati o territori
di cui all’art. 2 del citato decreto del Ministro dell’Economia e
delle Finanze 21 novembre 2001, limitatamente ai soggetti
ivi indicati, nonché gli Stati o territori di cui all’art. 3 del medesimo decreto, ad eccezione dei soggetti ivi indicati».
Dovrebbero, quindi, appartenere in via transitoria alla nuova white list:
– il Bahrein e gli Emirati Arabi Uniti, limitatamente alle
società operanti nel settore petrolifero, nonché Monaco, limitatamente alle società che realizzano almeno il 25% del
fatturato fuori dal Principato;
– gli Stati indicati nell’art. 3 del dm 21 novembre 2001,
Inserto Commercio internazionale n. 13/2010
ad eccezione delle fattispecie «patologiche» (es. Lussemburgo, con eccezione delle società holding del ’29).
Ritenute su dividendi corrisposti
a società non residenti
Una ulteriore disciplina transitoria è stata prevista dall’art. 1
co. 69 della legge 244/07 relativamente al prelievo della
ritenuta a titolo d’imposta nella misura ridotta dell’1,375%
sugli utili di fonte italiana corrisposti a soggetti non residenti
(art. 27 co. 3-ter del dpr 600/73).
È infatti previsto che, sino all’emanazione delle nuove white
lists in attuazione dell’art. 168-bis del Tuir, tale possibilità
competa anche nei confronti delle società residenti negli Stati dello See contestualmente inclusi nella lista di cui
al dm 4 settembre 1996 (di fatto, la sola Norvegia).
«Dl incentivi»: comunicazione
delle operazioni
con paradisi fiscali
L’art. 1 co. 1 del dl 25 marzo 2010, n. 40 ha introdotto un
nuovo obbligo di comunicazione di dati all’Agenzia delle
Entrate, relativo alle operazioni con operatori economici localizzati in paradisi fiscali.
La norma obbliga i soggetti Iva a comunicare, in via telematica, i dati relativi alle cessioni di beni e alle prestazioni di
servizi (attive e passive), registrate o soggette all’obbligo di
registrazione, nei confronti di «operatori economici aventi
sede, residenza o domicilio in paesi cosiddetti black list» di
cui ai dm 4 maggio 1999 e 21 novembre 2001 (7).
In attuazione del decreto legge, il dm 30 marzo 2010 (8) ha
definito le modalità e i termini per le suddette comunicaNote:
(5) Tali Stati, si ricorda, sono: il Bahrein, con esclusione
delle società che svolgono attività di esplorazione, estrazione e raffinazione nel settore petrolifero; gli Emirati Arabi
Uniti, con esclusione delle società operanti nei settori petrolifero e petrolchimico assoggettate ad imposta; Monaco,
con esclusione delle società che realizzano almeno il 25%
del fatturato fuori dal Principato.
(6) Per esempio il Lussemburgo, con esclusivo riferimento
alle società holding del 1929, o la Svizzera, con esclusivo
riferimento alle società non soggette alle imposte cantonali
e municipali, quali le società holding, ausiliarie e «di domicilio».
(7) La norma è finalizzata a contrastare i fenomeni delle false fatturazioni e delle frodi «carosello». Lo stesso art. 1 co.
1 del dl 40/10 sancisce, infatti, che obiettivo della disposizione è «contrastare l’evasione fiscale operata nella forma
dei cosiddetti “caroselli” e “cartiere”», termini che per la
prima volta fanno il loro ingresso ufficiale in una formulazione di legge.
(8) Pubblicato sulla G.U. 16 aprile 2010, n. 88.
VII
zioni, prevedendone l’obbligo per le operazioni effettuate
dal 1° luglio 2010 e adottando una periodicità mensile o
trimestrale a seconda del volume degli scambi, sulla falsariga delle disposizioni che regolano la periodicità dei modelli Intrastat.
Secondo l’art. 1 del dl 40/10, le comunicazioni devono essere effettuate da parte dei «soggetti passivi dell’imposta
sul valore aggiunto». Analoga previsione è contenuta nell’art. 1 del dm 30 marzo 2010.
Si tratta di una formulazione generica che sembra autorizzare a ritenere l’obbligo esteso a tutti i soggetti che, agendo
nell’esercizio di imprese, arti e professioni, sono tenuti ad
assumere una posizione Iva in Italia.
Nozione di «soggetto passivo»
in ambito comunitario
Ai fini della disposizione in esame, ci si dovrebbe rifare alla
nozione di soggetto passivo prevista dall’art. 9 della direttiva 2006/112/Ce, ai sensi del quale «si considera “soggetto
passivo” chiunque esercita, in modo indipendente e in qualsiasi luogo, un’attività economica, indipendentemente dallo
scopo o dai risultati di detta attività».
Non dovrebbe, invece, rilevare la nozione di «soggetto
passivo» contenuta nell’art. 43 della direttiva (e riproposta,
nella sostanza, dall’art. 7-ter co. 2 del dpr 633/72) ai fini
della territorialità dell’imposta, secondo cui:
– per le persone giuridiche, la soggettività passiva prescinde dalla riconducibilità dell’operazione alla sfera istituzionale piuttosto che a quella commerciale del committente
(è, in altri termini, sufficiente essere titolari di partita Iva affinché si assuma la qualifica di soggetto passivo ai fini dell’individuazione del luogo impositivo) (9);
– per le persone fisiche, invece, la soggettività passiva
del committente non è sufficiente ai fini dell’attrazione territoriale del servizio, essendo necessario che il medesimo
sia «destinato» all’attività svolta (d’impresa o di arte o professione).
Se si accetta tale impostazione, gli enti non commerciali privi di partita Iva che acquisiscono servizi potenzialmente
oggetto di monitoraggio, ma relativi alle proprie attività istituzionali, non sono tenuti ad effettuare le comunicazioni.
Rapporto con altri obblighi di monitoraggio
Come verrà richiamato nel prosieguo, le comunicazioni previste dall’art. 1 del dl 40/10 possono, in parte, «sovrapporsi» agli obblighi di indicazione separata dei costi derivanti
da transazioni con operatori localizzati in Stati a fiscalità privilegiata di cui all’art. 110 co. 10 del Tuir.
Sul punto, occorre precisare che:
– mentre le comunicazioni ex dl 40/10 riguardano sia le
VIII
operazioni attive che quelle passive, l’indicazione separata dei costi riguarda solo le operazioni passive;
– le comunicazioni ex dl 40/10 devono essere effettuate da
tutti i soggetti passivi Iva (quindi, professionisti compresi), mentre l’indicazione separata dei costi riguarda i soggetti imprenditori.
Individuazione dei «paradisi fiscali»
(nuova black list)
L’aspetto più problematico posto dalla nuova norma riguarda l’individuazione dei «paesi cosiddetti black list»: l’obbligo
di comunicazione dei dati scatta, infatti, se la controparte
del soggetto Iva italiano ha sede, residenza o domicilio in
questi Stati.
Disposizioni del dl 40/10
Secondo l’art. 1 co. 1 del dl 40/10, i paesi cosiddetti black list sono quelli indicati nel dm 4 maggio 1999 (attuativo dell’art. 2 co. 2-bis del Tuir) e nel dm 21 novembre 2001 (attuativo della disciplina Cfc).
Nonostante il decreto nulla disponga in merito, né la relazione chiarisca la questione, i primi commenti sulla nuova misura vanno nel senso per cui è sufficiente che uno Stato o territorio sia ricompreso in una delle due black lists per determinare l’obbligo di invio dei dati all’Agenzia delle Entrate.
Tale impostazione potrebbe, tuttavia, essere messa in discussione dal tenore letterale della norma: se il legislatore
avesse inteso includere nella nuova lista nera gli Stati che
fanno parte di almeno una delle due liste preesistenti, infatti, la disposizione avrebbe potuto essere formulata nel senso che i paesi cosiddetti black list sono quelli indicati nel
dm 4 maggio 1999 «o» nel dm 21 novembre 2001, e non
nel dm 4 maggio 1999 «e» nel dm 21 novembre 2001.
Si potrebbe, quindi, adottare un’impostazione differente, legata a considerare tra i paesi cosiddetti black list quelli che
ricadono contemporaneamente nelle liste di cui ai dm 4
maggio 1999. Tuttavia, come sopra evidenziato, sembra
prevalente la tesi per cui è sufficiente che uno Stato sia ricompreso in una delle due liste. Se ciò è vero, rientrano
nei nuovi obblighi le transazioni con San Marino, contemplato dalla sola lista del 1999.
Tanto premesso, la tavola 3 evidenzia gli Stati ricompresi
nelle due liste.
Nota:
(9) Si veda, sul punto, la sentenza della Corte di Giustizia
delle Comunità europee 6 novembre 2008 n. C-291/07l
(Trr), secondo la quale gli enti non commerciali, ove acquistino una consulenza tecnica da un prestatore stabilito in
altro Stato membro, devono assoggettare a Iva il predetto
servizio anche se relativo alla propria sfera istituzionale.
Inserto Commercio internazionale n. 13/2010
Tavola 3 - Paesi ricompresi nelle due liste
Dm 4 maggio 1999
Dm 21 novembre 2001
Alderney (Isole del Canale)
Alderney (Isole del Canale)
Andorra
Andorra
-
Angola (sole società petrolifere esenti dall’Oil Income Tax,
società che godono di esenzioni o riduzioni d’imposta in settori fondamentali dell’economia e investimenti previsti dal
Foreign Investment Code)
Anguilla
Anguilla
Antigua
Antigua (sole International business companies non operanti
in Antigua e società che effettuano produzioni autorizzate)
Antille olandesi
Antille olandesi
Aruba
Aruba
Bahamas
Bahamas
Bahrein
Bahrein (escluse le società che svolgono attività di esplorazione, estrazione e raffinazione nel settore petrolifero)
Barbados
Barbados
Barbuda
Barbuda
Belize
Belize
Bermuda
Bermuda
Brunei
Brunei
Cipro
Cipro
-
Corea del Sud (sole società che godono delle agevolazioni
previste dalla Tax Incentives Limitation Law)
Costarica
Costarica (sole società i cui proventi affluiscono da fonti estere, nonché società di alta tecnologia)
Dominica
Dominica (sole international companies esercenti l’attività all’estero)
Emirati Arabi Uniti
Emirati Arabi Uniti (escluse le società operanti nei settori petrolifero e petrolchimico assoggettate ad imposta)
Ecuador
Ecuador (sole società operanti nelle Free Trade Zones che beneficiano dell’esenzione dalle imposte sui redditi)
Filippine
Filippine
Gibilterra
Gibilterra
-
Giamaica (sole società di produzione per l’esportazione che
usufruiscono dei benefici dell’Export Industry Encourage Act
e società localizzate nei territori individuati dal Jamaica Export Free Zone Act)
Gibuti
Gibuti
Grenada
Grenada
-
Guatemala
Guernsey (Isole del Canale)
Guernsey (Isole del Canale)
-
Herm (Isole del Canale)
Hong Kong
Hong Kong
Isola di Man
Isola di Man
Isole Cayman
Isole Cayman
Isole Cook
Isole Cook
Isole Marshall
Isole Marshall
Isole Turks e Caicos
Isole Turks e Caicos
(segue)
Inserto Commercio internazionale n. 13/2010
IX
X
Isole Vergini britanniche
Isole Vergini britanniche
-
Isole Vergini statunitensi
Jersey (Isole del Canale)
Jersey (Isole del Canale)
-
Kenia (sole società insediate nelle Export Processing Zones)
-
Kiribati
Libano
Libano
Liberia
Liberia
Liechtenstein
Liechtenstein
-
Lussemburgo (sole holding di cui alla legge 31 luglio 1929)
Macao
Macao
Malaysia
Malaysia
Maldive
Maldive
Malta
Malta (sole società i cui proventi affluiscono da fonti estere)
Mauritius
Mauritius (sole società «certificate» che si occupano di servizi all’export, espansione industriale, gestione turistica, ecc. soggette a
imposta in misura ridotta, Off-shore Companies e International
Companies)
Monaco
Monaco (escluse le società che realizzano almeno il 25% del fatturato fuori dal Principato)
Montserrat
Montserrat
Nauru
Nauru
Niue
Niue
-
Nuova Caledonia
Oman
Oman
Panama
Panama (sole società i cui proventi affluiscono da fonti estere, società situate nella Colon Free Zone e società operanti nelle Export
Processing Zones)
Polinesia francese
Polinesia francese
-
Portorico (sole società esercenti attività bancarie e società previste dal Puerto Rico Tax Incentives Act del 1988 o dal Puerto Rico
Tourist Development Act del 1993)
Saint Kitts e Nevis
Saint Kitts e Nevis
Saint Lucia
Saint Lucia
Saint Vincent e Grenadine
Saint Vincent e Grenadine
-
Salomone
Samoa
Samoa
San Marino
-
-
Sant’Elena
Sark (Isole del Canale)
Sark (Isole del Canale)
Seychelles
Seychelles
Singapore
Singapore
Svizzera
Svizzera (sole società non soggette alle imposte cantonali e municipali, quali le società holding, ausiliarie e di domicilio)
Taiwan
-
Tonga
Tonga
Tuvalu
Tuvalu
Uruguay
Uruguay (sole società esercenti attività bancarie e holding che
esercitano esclusivamente attività off-shore)
Vanuatu
Vanuatu
Inserto Commercio internazionale n. 13/2010
Disposizioni del dm 30 marzo 2010
L’art. 1 co. 2 del dl 40/10 consentiva al Ministero dell’Economia e delle Finanze, con proprio decreto:
– di escludere l’obbligo di comunicazione nei riguardi di
Stati appartenenti ai dm 4 maggio 1999 e 21 novembre
2001, ovvero di attività svolte negli stessi Stati;
– al contrario, di includere Stati non appartenenti alle suddette liste, nonché specifici soggetti o specifici settori di attività considerati a maggiore pericolosità fiscale.
Nulla di tutto ciò è stato previsto dal dm 30 marzo 2010, il
quale si è limitato a riprendere la formulazione della norma
primaria.
Natura giuridica della controparte estera
L’art. 1 co. 1 del dm 30 marzo 2010 replica la formulazione
del dl 40/10, secondo cui la controparte estera deve essere
un «operatore economico».
Con questa locuzione dovrebbero individuarsi le imprese, i
professionisti, gli enti commerciali e, in genere, tutti gli
operatori che agiscono nell’esercizio di imprese, arti e professioni, anche se privi di partita Iva (imposta che, del resto, non esiste nell’ordinamento di molti degli Stati contemplati dal dm 4 maggio 1999 e dal dm 21 novembre 2001).
Coerente con questa impostazione è anche il contenuto
delle nuove comunicazioni delineato dall’art. 4 del dm 30
marzo 2010: in esse deve, infatti, essere riportato il codice
fiscale (o un codice identificativo equipollente) della controparte estera, e non la partita Iva.
Problematiche relative agli Stati presenti
nella lista «Cfc» con limitazioni
Non appare chiaro quale sia il trattamento da riservare agli
Stati che non sono contemplati dal dm 4 maggio 1999 e
che, invece, lo sono dal dm 21 novembre 2001, ma limitatamente ad alcune tipologie societarie: è il caso, ad es.,
della Corea del Sud e, soprattutto, del Lussemburgo,
menzionato dalla black list valevole per la disciplina Cfc
con esclusivo riferimento alle vecchie holding di cui alla legge 31 luglio 1929.
Sotto questo profilo, apparirebbe logico che l’Amministrazione finanziaria limitasse, in via interpretativa, i nuovi obblighi di comunicazione ai rapporti con le tipologie societarie espressamente previste dalla lista del 2001 (riportate
nella tavola 3), nell’esempio le società coreane agevolate e
le «holding del ’29» lussemburghesi, tenuto oltremodo conto che l’individuazione di queste tipologie societarie risponde alla logica della disciplina Cfc, molto diversa da quella
del contrasto alle frodi Iva (10).
Con particolare riferimento alla Svizzera, va rilevato che essa:
– rientra senza eccezioni nel dm 4 maggio 1999;
Inserto Commercio internazionale n. 13/2010
– è menzionata dalla black list della normativa Cfc limitatamente alle società non soggette alle imposte municipali e
cantonali.
Non appare chiaro, pertanto, quale sia il trattamento da riservare alle transazioni con la Confederazione elvetica; il
fatto che questa rientri senza eccezioni dm 4 maggio 1999
potrebbe autorizzare una lettura per cui l’obbligo è generalizzato, e non limitato alle transazioni con le società agevolate, anche se sul punto si attende la posizione dell’Amministrazione finanziaria.
Operazioni da comunicare
L’obbligo di comunicazione dei dati relativi alle transazioni
con l’estero introdotto dal dl 40/10 è assai ampio, coinvolgendo le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate e ricevute.
La norma precisa, poi, che nelle comunicazioni devono essere inserite tutte le operazioni «registrate o soggette a
registrazione» ai fini dell’Iva.
Secondo l’art. 1 co. 1 del dm 30 marzo 2010, sono oggetto
di comunicazione:
– le cessioni di beni;
– le prestazioni di servizi rese;
– gli acquisti di beni;
– le prestazioni ricevute.
Operazioni attive
Per quanto riguarda le operazioni attive, per individuare le
operazioni soggette a registrazione ci si dovrebbe, in primo
luogo, rifare a quanto previsto dall’art. 21 co. 6 del dpr
633/72, che impone di emettere fattura (e di adempiere ai
correlati obblighi di registrazione) anche:
– per le cessioni di beni in transito o soggetti a vigilanza
doganale (non soggette a Iva in Italia ai sensi dell’art. 7-bis
co. 1 del dpr 633/72);
– per le prestazioni di servizi «generiche» rese a soggetti
Iva comunitari (non soggette all’imposta ai sensi dell’art. 7ter del dpr 633/72);
– per le operazioni non imponibili (artt. 8, 8-bis, 9 e 38quater del dpr 633/72);
– per le operazioni esenti di cui all’art. 10 del dpr 633/72
(eccezion fatta per lotterie ecc. di cui al n. 6);
– per le operazioni soggette al regime del margine;
– per le operazioni effettuate dalle agenzie di viaggio di
cui all’art. 74-ter del dpr 633/72.
Nota:
(10) Va rilevato che, nel caso del Lussemburgo gli stessi
dati sarebbero contenuti nei modelli Intrastat, dal 2010
estesi alle prestazioni di servizi attive e passive.
XI
Prestazioni di servizi
Le prestazioni generiche di cui all’art. 7-ter del dpr 633/72
(ad esempio, le consulenze) sono soggette a fatturazione
e registrazione solo se effettuate nei confronti di soggetti
passivi Iva comunitari (art. 21 co. 6 del dpr 633/72).
Quindi, la consulenza della società italiana verso la società
estera residente in uno degli Stati extracomunitari contemplati dalla nuova black list non dovrebbe essere comunicata
all’Amministrazione finanziaria, se non fatturata e registrata
(11).
Per le altre tipologie di operazioni extraterritoriali es. operazioni di cui agli artt. 7-sexies e 7-septies del dpr 633/72, anche se si tratta di operazioni rese nei confronti di privati, l’operatore nazionale può emettere fattura nei confronti del
cliente, o registrare il corrispettivo.
Si deve, tuttavia, ritenere che in questi casi la comunicazione non vada fatta; depongono in tal senso sia la ratio della
norma («caroselli» e «cartiere» non vedono, infatti, coinvolti
i privati), sia il riferimento dello stesso dl 40/10 alle prestazioni rese nei confronti di «operatori economici».
Se, tuttavia, la prestazione venisse resa nei confronti di un
operatore economico privo di partita Iva, fatturata e registrata, a rigore questa dovrebbe essere inclusa nelle nuove comunicazioni.
Operazioni passive
Acquisti di beni
L’art. 1 co. 1 del dm 30 marzo 2010 prevede l’obbligo di segnalare, tra gli altri, gli «acquisti di beni».
Appare necessario che venga correttamente interpretato il
termine «acquisti», chiarendo se in tale locuzione rientrano
o meno anche le importazioni (fattispecie distinte dalla disciplina Iva, tanto che il dpr 633/72 dedica alle importazioni
un intero Titolo, il Quinto).
L’esclusione delle importazioni sgraverebbe, infatti, molti
operatori da obblighi di comunicazione molto articolati (Stati
del Far East quali Hong Kong, Singapore e la Malaysia solo per citarne alcuni - rientrano infatti nelle black lists).
Vero è, per contro, che anche le importazioni costituiscono
operazioni soggette a registrazione ai sensi dell’art. 25 co.
1 del dpr 633/72, che impone di annotare le bollette doganali.
Sul punto appare, quindi, necessario un intervento dell’Amministrazione finanziaria.
da San Marino; essi, infatti, non paiono assimilabili alle importazioni, e anche il quadro VF della dichiarazione Iva (rigo VF23) considera separatamente le due fattispecie.
Prestazioni di servizi
Se, dal lato delle operazioni attive, le prestazioni generiche
di cui all’art. 7-ter del dpr 633/72 sono soggette a fatturazione e registrazione solo se effettuate nei confronti di soggetti
passivi Iva comunitari, non altrettanto può dirsi per le operazioni passive, ove il debitore d’imposta è il committente
italiano quale che sia lo Stato di stabilimento del prestatore
(comunitario o meno).
Quindi, la consulenza della società italiana verso la società
estera residente in uno degli Stati extracomunitari contemplati dalla nuova black list non deve essere comunicata
all’Amministrazione finanziaria, mentre quella ricevuta
dalla stessa società, autofatturata e registrata dal committente, è soggetta al nuovo monitoraggio.
Prestazioni di servizi ex artt. 7-quater e 7-quinquies
del dpr 633/72
Un’impostazione analoga a quella esaminata nel paragrafo
precedente deve essere assunta per le operazioni contemplate dai nuovi artt. 7-quater e 7-quinquies del dpr 633/72
mentre le operazioni attive escluse da Iva italiana possono
non essere fatturate, per quelle passive il debitore d’imposta è il committente italiano, con il conseguente obbligo di
indicazione nelle comunicazioni previste dall’art. 1 del dl
40/10, se la controparte risiede in uno degli Stati appartenenti alla black list.
Oggetto, modalità e termini
delle comunicazioni
Le nuove comunicazioni hanno ad oggetto le operazioni effettuate (si ritiene, nell’accezione prevista dall’art. 6 del dpr
633/72) dal 1° luglio 2010 (art. 5 del dm 30 marzo 2010).
Le comunicazioni sono inoltrate all’Agenzia delle Entrate, in
modalità esclusivamente telematiche, su un apposito modello approvato con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 28 maggio 2010 (art. 1 co. 2 del dm 30
marzo 2010).
Esse sono inoltrate con periodicità:
– trimestrale, se i soggetti hanno realizzato, nei quattro trimestri precedenti e per ciascuna categoria di operazioni,
Nota:
Acquisti da San Marino
Quand’anche potesse essere accolta la tesi per cui le importazioni non devono essere segnalate, appare non possibile escludere dagli obblighi di comunicazione gli acquisti
XII
(11) Rientrerebbero nell’obbligo le sole prestazioni «generiche» verso Cipro, Malta e Lussemburgo (questi ultimi due
con l’incognita di essere previste dalla lista Cfc per le sole
tipologie societarie agevolate), per le quali l’emissione della fattura è obbligatoria.
Inserto Commercio internazionale n. 13/2010
un ammontare trimestrale non superiore a 50.000,00 euro;
– mensile, negli altri casi.
Valgono, poi, le disposizioni già previste per l’invio dei modelli Intrastat, per cui:
– i soggetti che hanno iniziato l’attività da meno di quattro
trimestri trasmettono la comunicazione su base trimestrale,
salvo che essi non superino il limite di 50.000,00 euro in
uno di questi trimestri;
– è sempre possibile presentare il modello su base mensile
in via volontaria, anche per bassi volumi di operazioni con
l’estero;
– nel caso di superamento del predetto limite nel corso di
un trimestre, si passa alla periodicità mensile a decorrere
dal mese successivo a quello in cui la soglia è superata.
Ai sensi dell’art. 3 del dm 30 marzo 2010, il modello deve
essere inviato telematicamente entro l’ultimo giorno del mese successivo al periodo (mese o trimestre) di riferimento. I
primi invii saranno, quindi, previsti:
– al 31 agosto 2010, per il mese di luglio;
– al 31 ottobre 2010, per il trimestre luglio-settembre.
Contenuto
L’art. 4 del dm 30 marzo 2010 delinea il contenuto delle
nuove comunicazioni, nelle quali devono essere indicati:
1) codice fiscale e partita Iva del soggetto che invia la comunicazione;
2) codice fiscale estero della controparte o, «in mancanza,
altro codice identificativo»;
3) dati «anagrafici» della controparte:
– se persona fisica, cognome, nome, luogo e data di nascita, domicilio fiscale nello Stato estero;
– se persona giuridica, denominazione o ragione sociale,
sede legale o - in mancanza - sede amministrativa nello
Stato estero;
4) periodo di riferimento della comunicazione;
5) per ciascuna controparte, importo complessivo delle
operazioni attive e passive, al netto delle note di variazione,
distinto a seconda del regime Iva applicato:
– operazioni imponibili;
– operazioni non imponibili;
– operazioni esenti;
– operazioni non soggette;
6) per ciascuna controparte, relativamente alle operazioni
imponibili, l’importo complessivo dell’Iva;
7) per ciascuna controparte, per le note di variazione emesse e ricevute relative ad annualità precedenti, l’importo
complessivo delle operazioni e della relativa imposta.
Regime sanzionatorio
L’inadempimento ai nuovi obblighi di monitoraggio delle
Inserto Commercio internazionale n. 13/2010
operazioni «a rischio frode» determina conseguenze sanzionatorie.
Secondo l’art. 1 co. 3 del dl 40/10, infatti, per ciascuna comunicazione omessa, o inviata con dati incompleti o non
veritieri, viene applicata la sanzione prevista dall’art. 11 del
dlgs 471/97 per l’omissione di ogni comunicazione prescritta dalla legge tributaria (da 258 euro a 2.065 euro), elevata
al doppio.
La sanzione prevista per ciascuna violazione va, quindi, da
un minimo di 516 euro a un massimo di 4.131 euro.
Non è stata, invece, contemplata dalla legge la casistica
della trasmissione tardiva della comunicazione (12).
Inapplicabilità del concorso di violazioni
e della continuazione
L’art. 1 co. 3 del dl 40/10 esclude espressamente, per le
violazioni agli obblighi di comunicazione, il ricorso agli istituti del concorso di violazioni e della continuazione, previsti
dall’art. 12 del dlgs 472/97.
Se, quindi, vengono commesse violazioni diverse, anche
se originate da un’unica azione od omissione, o violazioni
riferite a più periodi d’imposta, non sarà possibile beneficiare della sanzione unica, aumentata rispettivamente sino al
doppio o sino al triplo; ciascun errore rileverà, invece, quale
violazione a se stante, punita con la sanzione minima di
516 euro.
Definizione agevolata
La legge non pone, invece, preclusioni a misure di definizione delle sanzioni, che appaiono pertanto praticabili nel
caso in cui queste vengano irrogate al contribuente.
Le sanzioni, in particolare, possono essere definite mediante acquiescenza o definizione agevolata (artt. 16 e 17
del dlgs 472/97); nel caso di irrogazione della sanzione minima per l’omessa indicazione di una transazione oggetto
di monitoraggio ai sensi delle nuove disposizioni, quindi,
sarebbe sufficiente il versamento di 129 euro (un quarto di
516).
Nota:
(12) La tardività delle comunicazioni è, invece, stata riconosciuta in modo espresso quale violazione assimilata alla comunicazione omessa da parte delle disposizioni attuative delle comunicazioni delle minusvalenze su partecipazioni immobilizzate di importo superiore a 5 milioni di
euro (provv. Agenzia delle Entrate 22 maggio 2003, attuativo dell’art. 1 co. 4 del dl 209/02, conv. legge 265/02) e delle
comunicazioni delle minusvalenze e delle perdite su partecipazioni quotate di importo superiore a 50.000,00 euro
(provv. 29 marzo 2007 e successive modifiche e integrazioni, attuativo dell’art. 5-quinquies del dl 203/05, conv.
legge 248/05).
XIII
Rapporto con altri obblighi di monitoraggio
Occorre, da ultimo analizzare le possibili relazioni tra violazioni dell’obbligo di monitoraggio ai sensi dell’art. 1 del dl
40/10 e altre violazioni tributarie sempre relative ai rapporti
con Stati a fiscalità privilegiata.
Ci si riferisce, in particolare, alle operazioni con controparti
localizzate in uno degli Stati a fiscalità privilegiata menzionati dal dm 23 gennaio 2002 (13), che devono essere oggetto di indicazione separata nel quadro RF della dichiarazione dei redditi ai sensi dell’art. 110 co. 10 e ss. del Tuir.
Potrebbe emergere un quadro per cui:
– la controparte risiede sia nella black list di cui al dm 23
gennaio 2002, sia nella nuova black list che rileva ai sensi
del dl 40/10;
– il soggetto estero è privo di sostanza economica, o in
senso lato non è possibile fornire alcuna delle esimenti previste dall’art. 110 co. 11 del Tuir;
– l’operazione non viene né segnalata nelle nuove comunicazioni ex dl 40/10, né indicata separatamente nel quadro
RF del modello Unico.
In tali casi, la sanzione da 516 euro a 4.131 euro non potrebbe essere «assorbita» da quella per infedele dichiaNota:
(13) Il dm 23 gennaio 2002 prevede tre categorie di paradisi fiscali:
– l’art. 1 elenca i paesi e territori considerati come paradisi
fiscali assoluti;
– l’art. 2 individua gli Stati o territori considerati paradisi fiscali, fatte salve alcune esclusioni espressamente previste;
– l’art. 3 include gli Stati e territori per i quali la qualifica di
paradiso fiscale opera limitatamente a specifici soggetti e
attività.
Sono esclusi gli Stati o territori appartenenti all’Unione europea.
Paradisi fiscali «assoluti» (art. 1).
L’art. 1 elenca gli Stati e i territori considerati come paradisi
fiscali assoluti:
Alderney (Isole del Canale), Andorra, Anguilla, Antille
Olandesi, Aruba, Bahamas, Barbados, Barbuda, Belize,
Bermuda, Brunei, Cipro, Filippine, Gibilterra, Gibuti (ex
Afar e Issas), Grenada, Guatemala, Guernsey (Isole del Canale), Herm (Isole del Canale), Hong Kong, Isola di Man,
Isole Cayman, Isole Cook, Isole Marshall, Isole Turks e Caicos, Isole Vergini britanniche, Isole Vergini statunitensi,
Jersey (Isole del Canale), Kiribati (ex Isole Gilbert), Libano,
Liberia, Liechtenstein, Macao, Maldive, Malesia, Montserrat, Nauru, Niue, Nuova Caledonia, Oman, Polinesia francese, Saint Kitts e Nevis, Salomone, Samoa, Saint Lucia,
Saint Vincent e Grenadine, Sant’Elena, Sark (Isole del Canale), Seychelles, Tonga, Tuvalu (ex Isole Ellice), Vanuatu.
Paradisi fiscali con esclusioni (art. 2).
L’art. 2 include, inoltre, tra i paradisi fiscali anche:
– Bahrein, con esclusione delle società che svolgono attività di esplorazione, estrazione e raffinazione nel settore
petrolifero;
– Emirati Arabi Uniti, con esclusione delle società operanti
nei settori petrolifero e petrolchimico assoggettati a imposta;
XIV
– Monaco, con esclusione delle società che realizzano almeno il 25% del fatturato fuori dal Principato;
– Singapore, con esclusione della Banca centrale e degli
organismi che gestiscono anche le riserve ufficiali dello
Stato.
Regimi agevolati di Stati o territori a fiscalità non privilegiata (art. 3).
L’art. 3 include Stati o territori per i quali la qualifica di paradiso fiscale opera limitatamente a specifici soggetti e attività:
1) Angola, con riferimento alle società petrolifere che hanno ottenuto l’esenzione dall’Oil Income Tax, alle società
che godono di esenzioni o riduzioni d’imposta in settori
fondamentali dell’economia angolana e per gli investimenti previsti dal Foreign Investment Code;
2) Antigua, con riferimento alle International business
companies, esercenti le loro attività al di fuori del territorio
di Antigua, quali quelle di cui all’International Business
Corporation Act, n. 28/82 e successive modifiche e integrazioni, nonché con riferimento alle società che producono
prodotti autorizzati, quali quelli di cui alla locale legge
18/75, e successive modifiche e integrazioni;
3) Corea del Sud, con riferimento alle società che godono
delle agevolazioni previste dalla Tax Incentives Limitation
Law;
4) Costarica, con riferimento alle società i cui proventi affluiscono da fonti estere, nonché con riferimento alle società esercenti attività ad alta tecnologia;
5) Dominica, con riferimento alle International Companies
esercenti l’attività all’estero;
6) Ecuador, con riferimento alle società operanti nelle Free
Trade Zones che beneficiano dell’esenzione dalle imposte
sui redditi;
7) Giamaica, con riferimento alle società di produzione per
l’esportazione che usufruiscono dei benefici fiscali dell’Export Industry Encourage Act e alle società localizzate nei
territori individuati dal Jamaica Export Free Zone Act;
8) Kenya, con riferimento alle società insediate nelle Export
Processing Zones;
9) Malta, con riferimento alle società i cui proventi affluiscono da fonti estere, quali quelle di cui al Malta Financial
Services Centre Act, alle società di cui al Malta Merchant
Shipping Act e alle società di cui al Malta Freeport Act;
10) Mauritius, con riferimento alle società «certificate» che
si occupano di servizi all’export, espansione industriale,
gestione turistica, costruzioni industriali e cliniche e che
sono soggette a Corporate Tax in misura ridotta, alle Offshore Companies e alle International Companies;
11) Panama, con riferimento alle società i cui proventi affluiscono da fonti estere, secondo la legislazione di Panama, alle società situate nella Colon Free Zone e alle società
operanti nelle Export Processing Zone;
12) Portorico, con riferimento alle società esercenti attività
bancarie ed alle società previste dal Puerto Rico Tax Incentives Act del 1988 o dal Puerto Rico Tourist Development
Act del 1993;
13) Svizzera, con riferimento alle società non soggette alle
imposte cantonali e municipali, quali le società holding,
ausiliarie e «di domicilio»;
14) Uruguay, con riferimento alle società esercenti attività
bancarie e alle holding che esercitano esclusivamente attività off-shore.
Con ris. 30 luglio 2004, n. 96 è stata esclusa la disciplina in
esame per i rapporti con Malta e Cipro a seguito del loro
ingresso nell’Unione.
Inserto Commercio internazionale n. 13/2010
razione (sanzione proporzionale dal 100 al 200% della
maggiore imposta).
L’esclusione del cumulo giuridico previsto dall’art. 1 co. 3
del decreto «incentivi» potrebbe, quindi, dare luogo a tre
sanzioni distinte:
– sanzione per infedele dichiarazione;
Inserto Commercio internazionale n. 13/2010
– sanzione del 10% dei costi non indicati, con un massimo
di 50.000,00 euro, per l’omessa indicazione separata dei
costi in dichiarazione dei redditi;
– sanzione da 516 euro a 4.131 euro per l’omessa comunicazione ai sensi dell’art. 1 del dl 40/10.
XV