Predittori di rischio suicidario nelle diverse età della vita
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Predittori di rischio suicidario nelle diverse età della vita
Studi sperimentali Predittori di rischio suicidario nelle diverse età della vita: uno studio su 511 suicidi Predictors of suicide risk across the life cycle: a study of 511 suicides MARIROSA DELLO BUONO, ELISABETTA DARÙ, ERMINIA COLUCCI, LUIGI PAVAN Clinica Psichiatrica, Dipartimento di Scienze Neurologiche e Psichiatriche, Università di Padova RIASSUNTO. Scopo. Scopo di questo studio è cercare di valutare il rischio di suicidio età-correlato attraverso l’analisi dei fattori di rischio e delle variabili socio-demografiche rilevate in un campione di 511 suicidi, di età compresa tra 18 e 96 anni, andati a morte in Padova e provincia tra il 1990 e il 1999. Metodo. Grazie alla preziosa collaborazione dell’Autorità Giudiziaria del Tribunale di Padova è stato possibile raccogliere informazioni dai fascicoli giudiziari ed integrarle con variabili cliniche. Risultati. Le analisi statistiche sui dati socio-demografici e clinici raccolti, condotte in relazione alla fascia d’età di appartenenza, hanno permesso di evidenziare diversi cluster di predittori età-correlati. Mentre per i più giovani emergevano fra i predittori più significativi la diagnosi di disturbo di personalità associata al sesso maschile oltre alla storia di precedenti tentativi di suicidio e l’abuso o dipendenza da sostanze, all’estremo opposto per gli anziani i predittori più forti erano la patologia somatica, il sesso maschile, eventi stressanti in presenza di depressione maggiore. Per gli adulti oltre alla patologia somatica o a problematiche ipocondriache emergevano nel modello predittivo eventi stressanti acuti e la diagnosi di depressione psicotica o di psicosi primaria oltre all’abuso alcolico, il sesso maschile e la condizione di single, separato o vedovo. Le variabili emerse orientano l’attenzione verso fattori di rischio età-specifici e “pesanti”. Appare evidente che programmi preventivi devono includere in ogni età della vita un approccio multifattoriale, continuativo, e soprattutto devono trattare i disturbi mentali avvalendosi di un’accurata conoscenza delle peculiarità degli stessi. PAROLE CHIAVE: fattori di rischio suicidario, prevenzione, età della vita, disturbi mentali. SUMMARY. Aim. The aim of this study was to attempt to assess age-related suicide risk through analysis of risk factors and sociodemographic variables drawn from a sample of 511 suicides aged between 18 and 96 years, who died in the city and province of Padua between 1990 and 1999. Method. Thanks to an invaluable cooperation agreement with the Court of Padua, we were able to collect information from judicial files and integrate them with clinical variables. Results. Statistical analysis of the collected sociodemographic and clinical data, conducted in relation to age group, yielded various clusters of age-related predictors. While the most significant predictors for the youngest group included diagnosis of a personality disorders associated with male gender, in addition to a history of previous suicide attempts and substance abuse or dependency, at the opposite pole, the strongest predictors of elderly suicide were organic pathologies, male gender, and stressfull life events, in the presence of major depression. Besides somatic pathology or hypochondria, the predictive model for adults encompassed acute stressfull life events and the diagnosis of psychotic depression or primary psychosis, in addition to alcohol abuse, male gender and single, separated or widowed status. The emerging variables direct attention towards age-specific and “heavy” risk factors. Results suggest that preventive programmes must adopt multifactorial, ongoing approach for each age group and above all must treat mental disorders taking careful account of their particular characteristics. KEY WORDS: suicide risk factors, prevention, age in life, mental disorders. E-mail: [email protected] Rivista di psichiatria, 2004, 39, 5 340 Predittori di rischio suicidario nelle diverse età della vita INTRODUZIONE L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha riconosciuto il suicidio come una delle aree di interesse più importanti in ambito di salute pubblica ed ha indicato agli operatori sanitari l’importanza di intensificare ed attuare strategie di prevenzione (1). Il suicidio infatti rappresenta una delle emergenze più comuni in psichiatria; ma nel contempo uno dei problemi clinici di più difficile soluzione in ambito psichiatrico riguarda proprio la predizione del comportamento suicidario e la sua prevenzione (2). Sebbene siano stati pubblicati numerosi studi sull’argomento non esistono ad oggi linee-guida sufficienti per l’esatta identificazione dei soggetti che metteranno in atto comportamenti suicidari. Lo studio del suicidio peraltro presenta molte difficoltà sia per l’insufficienza di informazioni circa i dati disponibili sia per statistiche non confrontabili. Il suicidio inoltre è un fenomeno estremamente complesso, risultante dall’integrazione ed interazione di variabili molteplici non sempre individuabili. È stato tuttavia possibile definire una serie di fattori la cui presenza contemporanea delinea l’esistenza di gruppi di popolazione maggiormente a rischio suicidario, verso cui possono essere indirizzate specifiche strategie preventive. In letteratura le condizioni e gli eventi che presentano una correlazione dal punto di vista statistico con il suicidio sono variamente descritti come fattori di rischio primari, secondari e terziari (3), a breve e a lungo termine, di tipo biologico-clinico e di tipo socio-demografico e fattori di rischio generici contrapposti a fattori di rischio precipitanti (4-9). Queste diverse categorie di fattori frequentemente si intersecano e si sovrappongono fra loro e sono strettamente intercorrelate. I fattori di rischio primari sono rappresentati da malattie psichiatriche – quali i disturbi dell’umore, la schizofrenia, l’abuso di sostanze, i disturbi di personalità borderline e antisociale –, precedenti tentativi di suicidio e vulnerabilità al suicidio indicata da una storia familiare positiva per il suicidio, la comunicazione di un intento suicidario e una ridotta attività serotoninergica centrale (10-13). I fattori di rischio secondari sono costituiti dalla perdita recente di un familiare, isolamento (separazione, divorzio, ecc.), fallimenti o problemi finanziari ed eventi di vita gravemente negativi (14). La potenza predittiva di questi fattori è abbastanza alta però solo se sono presenti fattori di rischio primari (1). Anche la prevalenza di patologie mediche croniche rappresenta un altro fattore di rischio (15,16), sebbene sembri essere un evento piuttosto raro in assenza di disturbi psichiatrici (15). Infine alcune variabili demografiche quali il genere maschile, l’adolescenza o l’età avanzata e pe- riodi di maggior vulnerabilità (primavera e periodo premestruale) si sono dimostrate statisticamente correlate al suicidio, ma la loro potenza predittiva è legata alla presenza di fattori di rischio primari e secondari (17). La relazione tra fattori predisponenti e suicidio è sempre e comunque indiretta: sono infatti condizione necessaria ma non sufficiente (18). I fattori di rischio acuti infatti si comportano come fattori precipitanti, ma non sono né necessari né sufficienti di per sé, mentre la combinazione di fattori di rischio cronici con eventi acuti è la condizione necessaria e sufficiente per determinare un suicidio (19). Un’analisi della letteratura sul suicidio pone in evidenza chiaramente come il fenomeno suicidario si strutturi in un continuum nell’arco della vita, in cui ai due estremi si situano aspetti e motivazioni dissonanti (19). Vi sono infatti differenze evidenti che caratterizzano il suicidio nella varie fasi di vita e l’importanza dell’individuazione di fattori di rischio inerenti ciascuna di queste è intuitiva se si pensa che di conseguenza sarà possibile tentare di creare programmi di prevenzione specifici in relazione all’età di appartenenza dell’individuo a rischio di suicidio. Scopo di questo studio dunque è cercare di valutare il rischio suicidario nelle diverse età della vita attraverso lo studio dei fattori di rischio e delle variabili socio-demografiche rilevate in un campione di 511 suicidi – di età compresa tra i 18 e i 96 anni – andati a morte nella città di Padova e provincia. MATERIALI E METODI Attraverso la preziosa collaborazione tra l’Autorità Giudiziaria del Tribunale di Padova e la Clinica Psichiatrica dell’Università di Padova è stato possibile accedere ai fascicoli di 511 suicidi avvenuti in Padova e provincia nel decennio 1990-1999. Ci si è avvalsi di tre fonti di informazione: i fascicoli conservati presso il Tribunale di Padova, documentazioni cliniche in essi riportate e/o ritrovate presso gli archivi dei Servizi Psichiatrici di Padova e della Casa di Cura “Parco dei Tigli” di Teolo – strutture con cui i suicidi potevano essere entrati in contatto nel corso della vita – e gli scritti lasciati dai suicidi e archiviati presso il Tribunale di Padova. È stato così possibile reperire informazioni cliniche documentate in 374 casi (73.2%). Gli scritti lasciati dai suicidi erano 155, pari al 30.3%; la percentuale più alta si riscontrava fra i più giovani (41%) seguita dai 35-54enni (30.3%), dagli ultrasettantaquattrenni (27.8%) ed infine dai 55-74enni (23.9%). Rivista di psichiatria, 2004, 39, 5 341 Dello Buono M, et al. Analisi statistica Sono stati applicati ove necessario il chi-square per la descrizione di variabili categoriali, un’analisi per cluster di variabili emerse come significative ad un primo procedimento stepwise ed il procedimento di regressione logistica allo scopo di creare modelli di predittori di rischio suicidario in funzione della fascia d’età di appartenenza dei suicidi. RISULTATI La Tabella 1 illustra le caratteristiche descrittive delle 511 vittime per suicidio che costituiscono il gruppo studiato nel corso di questo lavoro di ricerca. Sulla base delle indicazioni della letteratura internazionale – che suggerisce di illustrare la distribuzione per età come un continuum e di tener conto dell’eterogeneità dei periodi della vecchiaia (20-22) – si è pensato di suddividere a scopo descrittivo e comparativo i suicidi studiati in 4 gruppi: 18-34enni (indicati con la dizione “giovani”), 35-54enni (“adulti”), 55-74enni (“giovanianziani”) e 75 e oltre (“vecchi-anziani”). È possibile vedere che i gruppi differivano in modo statisticamente significativo per tutte le variabili sociodemografiche analizzate. La Tabella 2 illustra le diagnosi psichiatriche principali attribuite ai suicidi studiati e valutate in base alla fascia di età di appartenenza. Il 96% dei suicidi studiati presentava come diagnosi principale una diagnosi di asse I o di asse II. L’alcolismo (sia in termini di abuso che di dipendenza) era presente in quota doppia rispetto a quella degli altri disturbi da uso di sostanze, che non si rilevano in età medio-avanzata, mentre l’uso di nicotina era presente e associato o meno all’uso di alcolici e sostanze in tutte le età. Centonovantacinque suicidi avevano una diagnosi di depressione maggiore, mentre 94 soggetti soffrivano di depressione psicotica. 63 suicidi avevano anche una diagnosi in asse II: si tratta di disturbi di personalità prevalentemente di tipo borderline, antisociale, schizoide e dipendente. I disturbi dell’umore associati a condizione medica erano presenti soprattutto fra i soggetti sopra i 55 anni d’età. La stessa tabella (Tabella 2) riporta inoltre i risultati relativi alla storia clinica precedente. I ricoveri psichiatrici precedenti prevalevano nelle fasce intermedie d’età, seguite da quella dei più giovani, mentre erano meno presenti fra i dati anamnestici degli ultrasettantacinquenni. Il 34% dei suicidi aveva messo in atto precedenti tentativi di suicidio in percentuale meno rappresentata solo fra gli ultrasettantacinquenni. Va detto però che un altro 24% dei soggetti aveva espresso l’intenzione di suicidarsi; si riduce così al 29% la percentuale di coloro che non avevano mai comunicato esplicitamente ad alcuno l’intenzione di suicidarsi né han- Tabella 1. Caratteristiche socio-demografiche dei suicidi per fasce d’età Anni Sesso Uomini Donne Scolarità Elementare Media inferiore Media superiore Laurea Stato civile Single Vedovo Coniugato Sep/Div Convivenza Soli In famiglia Istituto Altri Situazione lavorativa Attivi Inattivi Pensionati 18-34 n=117 35-54 n=165 55-74 n=157 75 oltre n=72 Totale n=511 chi-q p 96 82.1% 21 19.9% 125 75.8% 40 24.2% 108 68.8% 49 31.2% 47 65.3% 25 34.7% 376 73.6% 135 26.4% <.02 3 3% 65 65% 30 30% 2 2% 34 28.3% 67 55.8% 14 11.7% 5 4.2% 28.3 86% 12 9.9% 3 2.5% 2 1.7% 47 88.7% 1 1.9% 3 5.7% 2 3.8% 188 47.7% 145 36.8% 50 12.7% 11 2.8% 96 82% 0 0% 10 8.5% 11 9.4% 73 44.2% 3 1.8% 66 40% 23 13.9% 31 19.7% 34 21.7% 81 51.6% 11 7% 8 11.1% 35 48.6% 28 38.9% 1 1.4% 208 49.7% 72 14.1% 185 36.2% 46 9% 15 12.8% 96 82.1% 5 4.3% 1 0.9% 33 20% 125 75.8% 4 2.4% 3 1.8% 37 23.6% 117 74.5% 3 1.9% 0 0% 19 26.4% 48 66.7% 5 6.9% 0 0% 104 20.4% 386 75.5% 17 3.3% 4 0.8% 35 33.3% 82 31.7% 0 0% 57 53.7% 102 39.5% 6 4.1% 14 13.32% 63 24.4% 80 54.4% 0 0% 11 4.3% 61 41.5% 106 20.7% 258 50.5% 147 28.8% <.000 <.000 <.03 <.000 Rivista di psichiatria, 2004, 39, 5 342 Predittori di rischio suicidario nelle diverse età della vita Tabella 2. Disturbi psichiatrici e dipendenza da nicotina, alcolici e sostanze e storia psichiatrica precedente per fasce d’età Anni Diagnosi Depressione maggiore senza deliri Depressione psicotica Disturbi dell’umore secondari ad altra patologia Psicosi primarie Diagnosi asse II Uso, abuso e/o dipendenza da nicotina, alcool, sostanze Storia psichiatrica precedente Precedenti ricoveri psichiatrici Precedenti TS Precedenti contatti Terapie psicofarmacologiche Patologia somatica 18-34 n=117 35-54 n=165 55-74 n=157 75 oltre n=72 Totale n=511 chi-q p .000 49 41.9% 59 35.8% 59 37.6% 28 38.9% 195 38.2% 27 23.1% 25 15.2% 34 21.7% 8 11.1% 94 18.4% 1 9% 9 5.5% 34 21.7% 32 44.4% 76 14.9% 22 18.8% 45 27.3% 15 9.6% 1 1.4% 83 16.2% 18 15.4% 27 16.4% 15 9.6% 3 4.2% 63 12.3% 60 51.3% 73 44.2% 42 26.8% 17 23.6% 192 37.6% .00 37 31.6% 82 49.7% 71 45.2% 16 22.2% 206 40.3% .000 38 32.5% 70 42.4% 48 30.6% 19 26.4% 175 34.2% .04 60 51.3% 108 65.5% 95 60.5% 29 40.3% 292 57.1% .002 66 56.4% 115 69.7% 109 69.4% 46 63.9% 336 65.8% .08 10 8.5% 30 18.2% 78 49.7% 62 86.1% 180 35.2% .00 no lasciato scritti. Nel 57% dei casi i suicidi risultavano seguiti presso strutture specialistiche o specialisti privati, mentre al 65% era stata prescritta una terapia psicofarmacologica, talora dal medico di famiglia, terapia che però il 40% dei casi risultava non seguire o aver sospeso spontaneamente nelle settimane precedenti l’exitus. La patologia somatica in comorbilità al momento del decesso o cronica era maggiormente presente in modo statisticamente significativo fra gli anziani ed in particolare fra gli ultrasettantacinquenni. La Tabella 3 illustra i metodi suicidari usati dai soggetti oggetto di questo studio. I metodi principalmente usati erano l’impiccagione seguita dall’annegamento, l’intossicazione da monossido di carbonio e la precipitazione. Fra gli anziani prevalevano l’impiccagione, la precipitazione e l’annegamento, mentre fra i giovani i due metodi maggiormente usati erano l’impiccagione e il monossido di carbonio. Un’analisi per sessi separati rispetto a questa variabile ha posto in evidenza differenze di metodo in base al sesso e alla fascia di età. L’uso delle armi da fuoco prevaleva nettamente fra gli uomini, ma dopo l’impiccagione, che restava al primo posto in tutte le fasce d’età. Fra le donne più giovani al primo posto si collocava l’uso del monossido di carbonio, mentre tra le donne adulte e le anziane i metodi più usati erano l’annegamento, l’impiccagione e in età molto avanzata la precipitazione. Predittori di suicidio nelle diverse fasi di vita Dal momento che l’analisi descrittiva ha permesso di rilevare evidenti differenze tra le varie fasce d’età per la totalità delle variabili indagate e che l’analisi dei casi e degli scritti dei suicidi ha posto in evidenza differenze di motivazione per i suicidi delle diverse età, si è pensato di condurre un’analisi di regressione logistica allo scopo di individuare eventuali predittori di rischio suicidario età-specifici. Tale analisi si prefiggeva di isolare degli indicatori di rischio, valutando la corri- Rivista di psichiatria, 2004, 39, 5 343 Dello Buono M, et al. Tabella 3. Metodo suicidario per fasce d’età Anni Impiccagione Precipitazione Monossido Intossicazione da farmaci con o senza alcool Ingestione di caustici Annegamento Autocombustione Investimento ferroviario Arma da fuoco Arma bianca Altro metodo 18-34 n=117 35-54 n=165 55-74 n=157 75 oltre n=72 Totale n=511 44 37.6% 8 6.8% 33 28.2% 51 30.9% 9 5.5% 36 21.8% 57 36.3% 17 10.8% 10 6.4% 25 34.7% 17 23.6% 2 2.8% 177 34.6% 51 10% 81 15.9% 4 3.4% 1 0.9% 8 6.8% 0 0% 3 4 30 3 1.8% 2.4% 18.2% 1.8% 2 7 41 2 2 2 14 1 11 2.2% 14 2.7% 93 18.2% 6 1.2% 7 6% 11 9.4% 0 0% 1 0.9% 7 18 2 2 4.2% 10.9% 1.2% 1.2% 2 1.3% 15 9.6% 2 1.3% 2 1.3% spondenza di dati locali con quanto segnalato dalla letteratura internazionale e di offrire spunti per strategie di prevenzione, che richiedono modalità diverse in relazione alle problematiche correlate alle varie fasi di vita. Per ciò che concerne alcune analisi ed in particolare la creazione di un cluster inerente i fattori di rischio suicidario per i soggetti in età adulta, si è scelto di accorpare le due fasce intermedie creando un unico gruppo d’età compresa tra i 35 e i 64 anni. Successive analisi sono state condotte anche sui sottogruppi di ultrasessantacinquenni (“anziani”) e ultrasettantacinquenni (“vecchi-anziani”). La Tabella 4 illustra i predittori di suicidio in relazione all’appartenenza o meno alla fascia d’età più giovane (18-34 anni). Il modello a 4 predittori emerso dall’analisi appare particolarmente efficace e traccia il profilo di un soggetto di sesso maschile, con diagnosi di disturbo di personalità e storia di TS precedenti, single o separato/divorziato. Questo modello nel suo insieme riesce a raggiungere una percentuale di varianza spiegata pari al 91%. Il contributo delle variabili abuso e dipendenza da sostanze è però inferiore rispetto alle prime tre variabili che appaiono presentare odd ratio decisamente più significative. Secondo alcuni ricercatori la significatività in termini di odd ratio va attribuita alle variabili che presentano un coefficiente superiore a 1 (23). Si è quindi proceduto all’analisi per ciò che riguarda il cluster dei 35-64enni. I predittori significativi sono riportati in Tabella 4. I fattori di rischio per l’adulto includono la presenza di patologie somatiche intercorrenti insieme a eventi stressanti acuti in associazione con la presenza di patologia depressiva soprattutto con aspetti psicotici e abuso alcolico attuale o pregresso, 1.3% 4.5% 26.1% 1.3% 2.8% 2.8% 19.4% 1.4% 1 1.4% 6 8.3% 2 2.8% 0 0% 17 3.3% 50 9.8% 6 2.8% 5 1% Tabella 4. Predittori di suicidio in relazione ai cluster inerenti le diverse età della vita dell’individuo identificati attraverso il procedimento di regressione logistica multipla Giovani (18-34 anni) Predittori Diagnosi in Asse II (borderline, antisociale, schizoide) Sesso maschile Storia di TS precedenti Abuso e/o dipendenza da sostanze Non coniugati (single, sep/div) Coefficiente exp (B) (95%CI) 1.65 1.14 4.40 3.77 1.25 3.40 .61 1.85 .55 1.74 Adulti (35-64 anni) Patologia somatica (esiti di incidenti, patologie neurologiche, neoplasie) e ipocondria Eventi stressanti acuti (perdita del lavoro o gravi problemi finanziari, conflitti coniugali e familiari) Depressione maggiore psicotica e non e psicosi primarie Abuso alcoolico Sesso maschile Condizione di single, sep/div, vedovo 1.45 4.29 1.33 3.81 1.20 .78 .79 3.34 2.19 2.21 .76 1.16 soprattutto per gli uomini non coniugati. Va detto che comunque, nonostante alcune variabili diano un buon contributo in termini di odd ratio, non è possibile individuare una rosa di predittori tale da superare il 76% Rivista di psichiatria, 2004, 39, 5 344 Predittori di rischio suicidario nelle diverse età della vita di varianza spiegata dal modello. Anche in questo caso le variabili con maggior significato restano quelle il cui coefficiente è superiore ad 1. Una successiva analisi ha permesso di isolare una rosa di fattori rischio per gli ultrasessantacinquenni (Tabella 5). Risultava così ad altissimo rischio l’anziano maschio, depresso, con patologia fisica spesso tale da ridurre la qualità di vita o da causare dolore cronico, e/o che abbia subito lutti (generalmente la perdita del coniuge) o che abbia la necessità di lasciare la propria casa. La varianza spiegata da tale modello nel suo insieme è pari all’88% e quasi tutti i fattori hanno un coefficiente pari a 1. Infine si è pensato di condurre un’analisi specifica per il cluster degli ultrasettantacinquenni (Tabella 5). Acquistano in questo sottogruppo ancor più importanza le perdite, il dolore cronico e l’aggravarsi di patologie preesistenti con prospettiva di ricoveri o di necessità di dipendere da altri e la depressione, spesso su base organica. Anche in questo modello la percentuale di varianza spiegata è più elevata: è pari all’86% e tutti i coefficienti superano l’1. Tabella 5. Predittori di suicidio in relazione ai cluster inerenti le età della vita dell’individuo identificati attraverso il procedimento di regressione logistica multipla Anziani (ultrasessantacinquenni) Predittori Patologia somatica (cronica, neoplasie, vasculopatie) Sesso maschile Eventi stressanti (lutti, dolore cronico, aggravamento di patologie) Depressione maggiore (incluse forme vascolari) Coefficiente exp (B) (95%CI) 2.13 1.13 8.45 3.10 1.61 2.79 .97 2.64 Vecchi Anziani (ultrasettantacinquenni) Eventi stressanti (lutti, dolore cronico, aggravamento di patologie) Patologia somatica (cronica, neoplasie) Depressione maggiore (incluse forme vascolari) 2.22 9.24 1.83 6.26 1.06 2.91 DISCUSSIONE E CONCLUSIONI Attraverso questo studio ci si è prefissi di indagare il fenomeno suicidario nelle diverse fasi della vita ed individuare eventuali predittori di rischio suicidario età-correlati, analizzando quanto emerso dalla valutazione dei casi di 511 suicidi avvenuti in Padova e provincia nel decennio scorso. I dati raccolti non hanno permesso di procedere ad un’analisi di tipo epidemiologico, dal momento che non vi è certezza che i casi raccolti costituiscano il numero totale e reale dei suicidi avvenuti in Padova e provincia nel periodo indagato, sebbene si sia compiuto lo sforzo di recuperare quanto più materiale possibile presso le strutture coinvolte. Non era comunque l’indagine epidemiologica lo scopo di questo lavoro. Il metodo di studio retrospettivo utilizzato, inoltre, comporta inevitabilmente dei limiti. Se si può ipotizzare che vi sia un bias causato dalla possibilità di valutare prevalentemente dati raccolti dall’Autorità Giudiziaria a scopo di indagine e non clinico, è anche vero che questo ha permesso di ricostruire gli ultimi eventi di vita dei suicidi e di avere notizie su eventuali tentativi di suicidio messi in atto in precedenza, notoriamente registrati dall’Autorità Giudiziaria se chi li compie giunge all’osservazione. Non è possibile escludere che anche da questo punto di vista vi sia un problema di sottostima, ma sembra verosimile che almeno per coloro che non avevano cambiato residenza di recente – e così era per la quasi totalità dei casi – le informazioni relative a precedenti tentativi di suicidio fossero attendibili. In una buona percentuale di casi, inoltre, è stato possibile accedere alla documentazione clinica allegata ai fascicoli o conservata presso gli archivi di strutture psichiatriche pubbliche o private convenzionate con le quali i suicidi erano stati in contatto nel corso della vita, talora a causa di precedenti atti autolesionistici. La letteratura sui fattori di rischio dell’adulto ha posto in evidenza tre categorie principali: il disturbo psichiatrico, la condizione sociofamiliare e gli eventi quotidiani imprevedibili (19). Il riscontro rilevato della presenza di una diagnosi psichiatrica nel 96% dei suicidi oggetto di studio appare assolutamente in linea con quanto segnalato dalla letteratura: autopsie psicologiche condotte negli Stati Uniti hanno infatti dimostrato che più del 96% dei suicidi è associato a disturbi mentali e ad abuso di sostanze (22). Anche il riscontro di una frequenza prevalente di disturbi depressivi è in linea con quanto riportato dalla letteratura. Rispetto ad altre fasce d’età, più caratteristico degli adulti sarebbe il rinvenimento di sintomi psicotici di accompagnamento, che sarebbero responsabili di un rischio di suicidio aumentato di 5 volte (23). Il riscontro dell’importanza dell’abuso alcolico e di sostanze quale fattore di rischio anche in età adulta conferma quanto già segnalato in altri studi. È noto che è presente infatti nella metà dei casi di suicidio o tentato suicidio e può agire sia come evento precipi- Rivista di psichiatria, 2004, 39, 5 345 Dello Buono M, et al. tante che come fattore di rischio cronico (19). Anche il riscontro relativo ai disturbi schizofrenici, ritenuti fattore di rischio grave di suicidio tra gli adulti, soprattutto se maschi giovani, conferma l’attesa rispetto ad una incidenza che tende a diminuire con l’età, essendo risultata molto meno frequente tra gli anziani (24,25). Caratteristico dei giovani adulti è il riscontro di disturbo di personalità borderline o antisociale e di disturbi della condotta e questa nostra indagine sembra confermare tale dato (26). Questi suicidi avrebbero inoltre una maggior tendenza a compiere tentativi autolesionistici ripetuti, spesso senza intento letale e manipolativi, prima di giungere a morte per suicidio (19). Fra gli anziani non si riscontrerebbe invece una diagnosi in asse II come diagnosi primaria e Kroessler (27) ha suggerito l’ipotesi di una sottostima dei disturbi di personalità che sarebbero mascherati dai mutamenti fisiologici, anche caratteriali, associati all’età. Questo appare confermato nel nostro studio, sebbene sia stata rilevata qualche diagnosi in asse II anche fra gli anziani in comorbilità grazie all’anamnesi psichiatrica che si è cercato di reperire in tutti i casi possibili. I messaggi a contenuto ostile/aggressivo sono stati riscontrati in oltre la metà dei casi, e in una percentuale pari al 42% era rilevabile la presenza di comportamenti ostili o di diffidenza riportati nella storia dei suicidi, indipendemente dal fatto che abbiano lasciato scritti a contenuto ostile. Questi aspetti sembrerebbero interpretabili alla luce di quanto segnalato in letteratura rispetto all’associazione di impulsività e manifestazioni aggressive e l’alterato funzionamento del sistema serotoninergico (28). Studi su giovani con comportamenti suicidari indicano la presenza di specifici tratti di personalità che includono la tendenza ad isolarsi, il perfezionismo, l’impulsività e il distacco dall’ambiente circostante (1,29). È probabile che esista una correlazione fra tratti di personalità e disturbi psichiatrici associati al comportamento suicidario negli adolescenti e negli adulti, così da far ipotizzare la stabilità di alcune caratteristiche di personalità quali l’impulsività e l’aggressività nei soggetti che manifestano un comportamento suicidario (1). Studi orientati in tal senso si basano sia su formulazioni psicodinamiche della depressione e del suicidio, che enfatizzano l’ostilità e gli impulsi di morte rivolti contro sé stessi (1,30), sia sull’evidenza già citata che variabili di personalità quali l’impulsività e l’aggressività appaiono avere correlati biologici che includono una deficienza di serotonina (31). Si è evidenziato nel corso di questo lavoro quale e quanta importanza abbiano le patologie mediche, ma anche le problematiche ipocondriache associate ad eventuali patologie minori, in termini rischio suicidario per l’adulto e soprattutto in età avanzata. È stato segnalato come le patologie a decorso cronico debilitante siano un potente correlato di comportamenti suicidari (32,33). La prevalenza di malattie fisiche nei soggetti con comportamento suicidario varia dal 25 al 70% dei casi (33). Il modello predittivo riscontrato in questo studio sembrerebbe confermare gli ultimi orientamenti in merito all’influenza che la patologia fisica eserciterebbe sul comportamento suicidario dell’anziano. Per molto tempo si è pensato che la malattia costituisse un importante fattore di rischio suicidario e che il suicidio potesse essere letto come “ragionevole via d’uscita”, ma studi accurati condotti in materia non hanno permesso di trovare conferma a questa ipotesi (19). La patologia somatica cronica o terminale non si comporterebbe infatti come fattore di rischio necessario e sufficiente nell’indurre da solo, al di fuori di un contesto depressivo o di abuso di sostanze, un comportamento autolesivo (24,34,35). Secondo Lyons (36), per motivare tale comportamento devono essere presenti contemporaneamente peculiari caratteristiche personologiche quali un forte bisogno, che non può più essere soddisfatto, di essere attivi ed indipendenti, una storia di depressione ed ostilità, un carattere chiuso e meditativo (queste caratteristiche si ritrovavano spesso nella descrizione data dai familiari degli anziani suicidi oggetto del presente studio). In questa ottica la malattia fisica diviene un fattore di rischio precipitante un comportamento autolesivo, ma non sufficiente da solo a provocarlo (19). L’associazione della patologia depressiva nel modello predittivo riportato nel presente lavoro si trova in linea con gli studi che suggeriscono che il suicidio nei soggetti con patologie mediche è un evento piuttosto raro in assenza di disturbi psichiatrici (32). Inoltre, da questo nostro lavoro è emerso un valore predittivo statisticamente significativo della variabile sesso maschile associato sia al disturbo borderline in giovane età che alla patologia somatica fra gli ultrasessantacinquenni, dato peraltro rilevato anche da Quan e Alboreda Florez (37). Per quanto riguarda il fattore di rischio costituito da precedenti tentativi di suicidio in anamnesi, in questo studio circa il 34% del campione è risultato avere precedenti tentativi di suicidio con differenze appena significative sul piano statistico fra i quattro gruppi d’età, dal momento che le prime tre fasce hanno percentuali vicine – fra il 30 e il 40% –, mentre solo gli ultrasettantacinquenni presentavano una percentuale più bassa pari al 26% dei casi. Questo dato sembra allinearsi con un recente studio che segnalava come molti deceduti per suicidio non avessero in realtà precedenti di questo tipo (38). Per quanto riguarda il dato relativo ai precedenti contatti psichiatrici, questi c’erano stati nel Rivista di psichiatria, 2004, 39, 5 346 Predittori di rischio suicidario nelle diverse età della vita 57% dei casi, sebbene in una percentuale ben più alta, superiore al 95% dei suicidi valutati, fossero state riconosciute problematiche di tipo psichiatrico sia dai familiari sia da medici non psichiatri. Nel 34% dei casi i suicidi avevano avuto almeno un ricovero in ambiente psichiatrico nel corso della vita. Una terapia psicofarmacologica era sicuramente stata prescritta nel 66% dei casi, ma nel 35% di questi non veniva assunta regolarmente o era stata sospesa spontaneamente dal suicida nelle settimane o nei giorni precedenti l’exitus. Coloro che presentavano la percentuale inferiore sia di ricoveri sia di contatti psichiatrici e di assunzione di psicofarmaci erano i suicidi delle fasce d’età estreme ovvero i più giovani e i più anziani. Va detto che una possibile spiegazione può essere data dalla minore propensione sia degli uni che degli altri a rivolgersi ad uno psichiatra o ad uno psicologo. I più giovani ed in particolare gli adolescenti sono notoriamente riluttanti a cercare aiuto e il più delle volte sono condotti all’osservazione del clinico da un adulto, spesso hanno un atteggiamento ambivalente nei confronti delle terapie, favorendo così il crearsi fin dall’inizio di un’atmosfera di sospetto, conflittualità ed intenso coinvolgimento affettivo (39). Tendono a sfuggire al trattamento volontario a lungo termine, che viene spesso rifiutato; questo rappresenta un alto fattore di rischio di nuovi comportamenti suicidari ed è tipico di quei giovani con personalità borderline, il cui profilo è emerso nel modello predittivo della presente ricerca. Anche gli anziani per ragioni culturali tendono a verbalizzare meno il proprio disagio e a disconoscere la propria condizione depressiva, esprimendo piuttosto il loro malessere attraverso il corpo. Spesso gli anziani si rivolgono al medico in cerca di aiuto senza esprimere direttamente le proprie intenzioni, riferendo disturbi fisici o esprimendo un vago disagio senza localizzazione precisa. Si associa molto di frequente a questa condizione un’ansia persistente di grave intensità e resistente ai trattamenti (40). Purtroppo talora accade che la depressione venga scambiata per malattia fisica o demenza o per sintomo collaterale di alcuni farmaci di uso frequente. Un altro problema sarebbe, inoltre, dovuto all’idea che i vissuti di tristezza e depressione siano connaturati all’invecchiamento e come tali debbano essere ammessi e sopportati. Centrale rimane l’importanza di far sì che vi sia informazione e consapevolezza, sia da parte degli operatori sanitari sia da parte dei non addetti ai lavori, della necessità di far giungere all’osservazione e alla terapia coloro che soffrono di patologie depressive o psichiatriche in generale e dell’importanza del suicidio quale possibile esito di queste. Dunque un’opera di informazione e di formazione adeguata a più livelli appare essenziale. Per quanto ri- guarda gli anziani si è talora parlato di diritto al suicidio e di eutanasia, ma l’analisi degli scritti lasciati dai suicidi anziani ha permesso di rilevare che anche quando il suicidio è premeditato il suicida si sente “costretto” dal bisogno intenso ed urgente di trovare sollievo da una intollerabile situazione di vita (2), così come diversi studi hanno riportato (41,42). Molto spesso vi è una problematica depressiva o un’altra patologia psichiatrica alla base di questa visione della situazione ed è fondamentale che venga valutata e trattata. Con questo lavoro si è tentato di dare una valutazione statistica di quei fattori di rischio emersi nel corso dello studio della casistica, che sono parsi coerenti con quanto sappiamo dalla letteratura. Lo sforzo è riuscito in parte, dal momento che, sebbene i modelli siano interessanti e giungano a spiegare elevate percentuali di varianza soprattutto per le età più estreme, non è comunque possibile raggiungere un modello predittivo del tutto esaustivo e probabilmente non lo sarà mai dal momento che il suicidio è il prodotto complesso dell’interazione di numerosi fattori. Le variabili emerse per le diverse fasce d’età possono orientare comunque l’attenzione verso fattori di rischio peculiari e particolarmente “pesanti”, soprattutto per l’adolescente o per l’anziano piuttosto che per l’adulto, per coloro che si prefiggono di fare opera di prevenzione dei comportamenti suicidari. Per concludere, resta indiscutibile che un programma preventivo deve includere in ogni età della vita un approccio multifattoriale continuativo, e deve soprattutto trattare i disturbi mentali quasi sempre presenti avvalendosi di un’accurata conoscenza delle peculiarità degli stessi. BIBLIOGRAFIA 1. Poterzio F, Soubrier JP, Faia V: Fattori di rischio e prevenzione del comportamento suicidario. In: De Risio S, Sarchiapone M (eds) Il Suicidio. Aspetti biologici, psicologici e sociali. Masson, Milano, 2002. 2. De Leo D, Pavan L: I comportamenti suicidari. In: Pancheri P, Cassano GB (eds) Trattato Italiano di Psichiatria. Masson, Milano, 1999. 3. 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