Una vita ben spesa - Juliet Design Magazine

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Una vita ben spesa - Juliet Design Magazine
ISSN 2036-2773
CONTIENE I.R.
Numero 5 / Poste Italiane S.p.A. – Sped. in abb. post. – 70% - DCB Trieste / 15,00
GARAVELLO EDITORE
design magazine
Se
“Design a collo di bottiglia”, Museo d’Arte
“Ugo Carà” - Muggia (TS). Ph. Roberta Radini
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YEARS IV, NUMERO 5, 2011
Registrato al Tribunale di Verbania, n. 8 del 27/11/2008
ISSN 2036-2773
Direttore responsabile / Editor in chief
Alessio Curto
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Direttore editoriale / Editorial director
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“Il sentiero di Juliet”
Special Guest
Margherita Hack
Gia Ordinario di Astronomia
dell’Università di Trieste
Supervisor
Roberto Vidali
T +39 329 2229124
[email protected]
Hanno collaborato a questo numero /
Contributors to this issue
Giovanni Bertoli / Luca Carrà
Guido Cecere / E. T. De Paris
Giacinto Di Pietrantonio / Anna Lombardi
Vera Mercer / Salvador Perez Arroyo
Roberta Radini / Wolfgang Welsch
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Traduzioni / Translation
Luisa Durrani
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Salvador Perez Arroyo, Casa Jelly, tratta dalla serie “Città utopiche”
Roberto Barazzuol e Cristian Malisan, “TELAR”, 2010, Prod. Karn. Telaio
essenziale per riporre libri. La struttura è realizzata in listelli di legno massello
trattato termicamente, finito con prodotti naturali. Courtesy UDESIGN
33
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“La notorietà del marchio Bialetti viene
consolidata grazie ai rilevanti investimenti
pubblicitari su Carosello e alla
comunicazione incentrata sull’immagine
del “Omino coi baffi” - nato negli
anni ’50 dalla matita di Paul Campani
(pseudonimo di Paolo Campani;
Modena, 1923 - Modena, 1991) - che
ne diviene il simbolo e, tutt’oggi, è
presente sia sul marchio del Gruppo che
applicato sui suoi prodotti”. Tratto dal
libro Una vita ben spesa. Il sublime al
Supermercato. Catalogo ragionato dei
prodotti dal plus valore aggiunto edito
dalla Garavello Editore, 2011,
ISBN 978-88-904326-2-0.
Per l’immagine courtesy
Bialetti Industrie - Coccaglio (Brescia)
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Massimo Giacon in una foto di Luca Carrà
8
5
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H
A
C
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John Brockman1, uno dei più noti agenti
letterari americani, accogliendo in un volume le ricerche attuali di ventitré scienziati, si è schierato in aperta polemica contro
OD FXOWXUD XIÀFLDOH GL VWDPSR XPDQLVWLFR
XWLOL]]DQGRODGHÀQL]LRQHGL´WHU]DFXOWXUDµ
DSSOLFDWDDOPRQGRVFLHQWLÀFR,QVRVWDQ]D
il testimone della cultura sarebbe oggi nelle
mani degli scienziati, gli unici veri intelletWXDOLGHOQRVWURWHPSR/HLFKHQHSHQVD"
In parte è vero. Purtroppo in Italia si attribuisce sempre molto peso alla cultura umanistiFDULVSHWWRDTXHOODVFLHQWLÀFDGLPHQWLFDQGR
che oggi i più grandi progressi dell’umanità
sono dovuti alla scienza. Direi che intellettuali sono tutti coloro che lavorano con il
cervello, scienziati compresi. In Italia c’è un
eccesso di umanesimo anche nelle scuole e
ciò porterà dei problemi. Il fatto che la scienza sia ancora considerata cultura di secondo
piano è dimostrato da tanti piccoli fatti. Sui
giornali ci sono le pagine della cultura e talvolta le pagine della scienza, come se questa
non fosse cultura. Inoltre si spende molto
poco per la ricerca e lo sviluppo, dimenticando che tutto ciò produce disoccupazione
intellettuale e arretratezza tecnologica. Oggi
ci manteniamo a galla con una tecnologia di
livello medio-basso che presto ci vedrà superati persino dai paesi in via di sviluppo. Per
esempio, soltanto da poco è stato possibile
inaugurare, alle isole Canarie, un telescopio
nazionale dopo una lunga battaglia che dura
dal 1960. Questo darà delle opportunità di
lavoro di prima grandezza oltre che un forte
LPSXOVRDOODULFHUFDFRVWUHWWDÀQRUDDYLYHUH
della carità altrui.
A proposito della ricerca, taluni sostengono che molti dei più importanti passi
avanti della scienza sono stati compiuti a
RFFKL FKLXVL *OL VFLHQ]LDWL HODERUDQR IUHquentemente soluzioni teoriche attraverso
LPPDJLQLPHQWDOLIUXWWRGLSXUDLQWXL]LRQH
,QROWUH FRPH KD DXWRUHYROPHQWH VRVWHQXto Paul Feyerabend, non sembra esistere
DOFXQPHWRGRVFLHQWLÀFRFKHVWLDDOODEDVH
di ogni progetto di ricerca e che lo renda
VFLHQWLÀFR H SHUFLz ÀGDWR 5LFRUGDQGR JOL
LOOXVWULHVHPSLGL&RSHUQLFR*DOLOHLH(LQstein, le sembra che lo scienziato sia una
VRUWD GL SRUWDWRUH GL XQD ´HSLVWHPRORJLD
DQDUFKLFDµ"
Forse nel passato, allorché la ricerca era
legata al genio del singolo. Oggi l’attività
VFLHQWLÀFDqPROWRSLSURJUDPPDWDHDIÀGDWDDJUXSSLGLULFHUFDWRULFRQÀQLEHQSUHcisi. Molte scoperte sono avvenute per caso,
per esempio l’espansione dell’universo, avvenuta studiando le radiazioni emesse dalle
galassie e in modo del tutto inaspettato.
/DFDVXDOLWjqXQGDWRPDLRYROHYRULIHULUPLDOODFDSDFLWjHDOFRUDJJLRGLLPPDginare il mondo e le cose in modo del tutto
QXRYR
Questo è vero purché si parta sempre
GDOO·HVSHULHQ]DHGDOOHOHJJLÀVLFKH9LVRQR
degli scienziati che immaginano altre possibiOLWjFRVPRORJLFKHSHUHVHPSLRGLLQÀQLWLXQLversi, frutto della loro mente, non sperimentali
oggi e probabilmente nemmeno in futuro.
Parafrasando il titolo di una celeberrima
opera di Popper2 VH q YHUR FKH ´OD ULFHU-
FDQRQKDÀQHµHVLVWRQRGHLOLPLWLFKHOR
scienziato deve porsi nello svolgimento delODVXDSURIHVVLRQH",QDOWULWHUPLQLVLSXz
VHSDUDUHQHWWDPHQWHVFLHQ]DHPRUDOH"
La scienza dovrebbe scrutare il mondo senza limiti ma vi sono sicuramente dei conÀQL PRUDOL VRSUDWWXWWR LQ ELRORJLD ,Q ÀVLFD
meno, però c’è pur sempre il problema del
nucleare.
Parlando del nucleare, nel periodo della
seconda guerra mondiale, fare scienza siJQLÀFDYDIDUHVFLHQ]DDSSOLFDWDDOODERPED DWRPLFD $OORUD TXHL ULFHUFDWRUL HUDQR
VRVWDQ]LDOPHQWH GHJOL VFLHQ]LDWL PLOLWDQWL
5LFRUGR)HUPLGDXQODWRH3RQWHFRUYRGD
XQDOWUR&RVuFRPHYLVRQRDUWLVWLPLOLWDQWL
HVLVWRQRDQFKHVFLHQ]LDWLPLOLWDQWL"
Non vi è dubbio. Più una persona ha cultura
e apertura mentale, più larghi risultano i suoi
interessi. Questo vale per gli scienziati come
per tutte le altre categorie di persone. Per me
l’impegno politico e la passione civile sono
cose importanti.
Ne I primi tre minuti XQ FHOHEUH ÀVLFR
Steven Weinberg3KDVFULWWR´3LO·XQLYHUso appare comprensibile, più appare senza
VFRSRµ(VLVWHDJOLRFFKLGHOORVFLHQ]LDWR
una logica interna della natura, oppure la
VWUDRUGLQDULD YDULHWj GL FRVH H IHQRPHQL
FKH FRVWLWXLVFRQR OD FRPSOHVVLWj GHOO·XQLYHUVRqGHOWXWWRDFFLGHQWDOH"
Per quel che si sa sembrerebbe del tutto accidentale, ma questa risposta non dipende
dalla scienza quanto dal modo di vedere di
ciascuno. Anche tra gli scienziati ci sono i
credenti e gli agnostici. Io non sono credente, cerco spiegazioni razionali e perciò penso sia frutto del caso.
Qual è la sua opinione circa il problema
GHOOD GLYXOJD]LRQH GHOOD ULFHUFD VFLHQWLÀca, considerato che gli scienziati non sono
VHPSUH GHL GLYXOJDWRUL HIÀFDFL H L SURIHVVLRQLVWLGHOO·LQIRUPD]LRQHFKHVLRFFXSDQR
di queste materie lo fanno sovente in modo
LPSUHFLVRHIXRUYLDQWH"
Lo scienziato dovrebbe divulgare se non alWURSHUFKpVSHVVRLOVXRODYRURqÀQDQ]LDWR
dal denaro pubblico. Non tutti hanno la capacità e la voglia di divulgare, tuttavia credo
sia un’operazione utile soprattutto per chi
la fa. Quando si cerca di spiegare in parole povere quello che sinteticamente si può
esprimere in formule ci si rende conto, se
l’operazione ha successo, di averlo capito
bene, viceversa di non averlo capito a fondo. Dall’altro versante esistono oggi delle
VFXROHSHULJLRUQDOLVWLVFLHQWLÀFLSHUFHUFDUH
GLGDUHXQDFXOWXUDVFLHQWLÀFDVHULDDSHUVRne che abbiano già la capacità di scrivere in
maniera piana e piacevole. Non va dimenticato il problema del linguaggio, perché la
IRUWHVSHFLDOL]]D]LRQHRGLHUQDFUHDGLIÀFROWj
GLFRPSUHQVLRQHDQFKHWUDVFLHQ]LDWL)UDÀVLFLGHOOHSDUWLFHOOHHÀVLFLGHOORVWDWRVROLGR
JLjGLYHQWDGLIÀFLOHFDSLUVLSHUFKpVLSDUODQR
linguaggi diversi. In questo caso bisogna
fare di nuovo divulgazione, seppure a livello più alto. Comunque ritengo che la stampa
faccia in generale della buona divulgazione,
e mi riferisco al Corriere della Sera su cui
scrivono Caprara, Dominici, Foresta Martin, alla Stampa con Pianucci e all’Unità con
Greco. In televisione, a parte Angela e Celli
che fanno un ottimo lavoro, il resto è poca
cosa perché si presta a interpretazioni errate.
Ci si preoccupa troppo della spettacolarità e per questo si mescolano spesso illustri
scienziati a personaggi assurdi che acquistano credibilità soltanto per il fatto di essere
DFFRVWDWLDJUDQGLQRPL6RQRPLVWLÀFD]LRQL
che impediscono alla gente di distinguere tra
quello che è serio e quello che non lo è.
/D PDWHPDWL]]D]LRQH GHOOD QDWXUD RSHUDta dalla scienza si consegna interamente
VYXRWDWDHGLVDQLPDWD7XWWRqVRORTXDQWLWjPDWHULDQHOVHQVRGLSXURVSD]LRSXUD
HVWHQVLRQH VHQ]D TXDOLWj 0D FRQ TXHVWD
QDWXUD O·XRPR QRQ KD QXOOD GD VSDUWLUH
QpGLTXHVWDQDWXUDqLQDOFXQVHQVRSDUWH
Non le sembra che da questo punto di vista
ODVFLHQ]DOXQJLDOO·LQYDGHUHJOLVSD]LGHOOD
religione e delle superstizione, assicuri loro
XQDQXRYDHGHOWXWWRLQDVSHWWDWDYLWDOLWj"
1RQGLUHLSHUFKpODÀVLFDPDWHPDWLFDHXQD
scienza che quantizza la materia inanimata,
mentre la biosfera, la biologia e l’etologia
studiano la natura vivente in modo per nulla
arido. La diffusione di atteggiamenti mistici e
superstiziosi dipende in gran parte dall’ignoranza e in misura minore dalla religione che
KD SHUVR HIÀFDFLD 6H OD JHQWH IRVVH PHQR
LJQRUDQWH VFLHQWLÀFDPHQWH ULGHUHEEH GL
astrologi e maghi. Il problema è che tutto ciò
è divenuto un affare e una moda che si presta
a essere spettacolarizzata dai media.
4XHVWRqYHURPDVWRULFDPHQWHQRQF·qIHnomeno anche artistico che non sia dato,
nelle sue possibili degenerazioni manieULVWLFKHVRWWRIRUPDGLXQDPRGD1RQOH
pare che tal destino sia toccato anche ad
DOFXQHWHRULHVFLHQWLÀFKHHDLORURSLDXWRUHYROLHVSRQHQWL"
Certo che c’è la moda. Intanto ci sono argomenti che diventano di moda perché nuovi e
diversi da quelli più sviscerati e poi dipende
anche dalle capacità tecniche, dagli strumenti. Nel Ottocento era in voga lo studio
dei pianeti più che delle stelle anche perché
con gli strumenti di allora si sapeva poco o
nulla delle stelle. Fino alla metà del Novecento c’è stato un grande impulso allo studio stellare e del Sole in particolare. Oggi lo
studio del Sole è tralasciato, un po’ perché si
conosce parecchio, un po’ perché si osservano tali e tanti intricati dettagli che non c’è
una teoria in grado di spiegarli tutti in modo
soddisfacente. Oggi il campo delle galassie
è quello più studiato ed è ciò di cui anche io
mi occupo principalmente.
A cura di Giovanni Bertoli
0DUJKHULWD +DFN è stata professoressa ordinaria
di astronomia all’Università di Trieste dal 1964
al 1992. Ha diretto l’Osservatorio Astronomico di
Trieste dal 1964 al 1987. Socio dell’Accademia dei
Lincei, è stata anche membro dei gruppi di lavoro
dell’ESA e della NASA. Ha pubblicato numerosi libri. Ha fondato il periodico L’Astronomia e diretto
la rivista Le Stelle. In segno di apprezamento per
il suo importante contributo, le è stato intitolato
l’asteroide 8558 Hack.
Note
1. BROCKMAN, /D WHU]D FXOWXUD 2OWUH OD ULYROX]LRQH VFLHQWLÀFD,
Garzanti, 1996
2. K. POPPER. /D ULFHUFD QRQ KD ÀQH$XWRELRJUDÀD LQWHOOHWWXDOH
Armando, 1978
3. S. WEINBERG, I primi tre minuti, Mondadori, 1986
5
LA NASCITA DELLA FILOSOFIA POSTMODERNA
DALLO SPIRITO DELL’ARTE MODERNA
VERA MERCER, Marcel Duchamp, Parigi 1960 © Vera Mercer
Lyotard è l’autore della postmodernità in filosofia. Egli ha collaborato
con artisti, scritto su di essi e si è impegnato in attività confinanti con
l’arte. Già il suo primo libro importante - Discours, figure (1971) - era
consacrato a questioni artistiche. Altri suoi lavori hanno trattato di artisti
quali Duchamp, Newman, Buren, Adami e Arakawa. In essi, le riflessioni
sull’arte sono sempre state per Lyotard anche di cruciale importanza
filosofica
I. VERITÀ APPARENTI
6DSHUHFKHFRVDVLDODÀORVRÀDSRVWPRGHUQDQRQVHPEUDHVVHUH
in generale una cosa necessaria; dato che non è certo neppure
che vi sia una “postmodernità”, il possibile senso di discutere di
´ÀORVRÀDSRVWPRGHUQDµqFRPSOHWDPHQWHGXEELR
D’altra parte, però, si ritiene di sapere abbastanza precisamente
che cosa sia l’arte moderna. In passato un termine quasi
scandaloso, questo tipo di arte è diventato oggi una componente
stabile della cultura - lucrativo sul mercato e attraente per le
ULÁHVVLRQLÀORVRÀFKH/DVWHVVDPRGHUQLWjFKHqVWDWDDUWLFRODWD
in modo esemplare in quest’arte, è divenuta una delle basi
indiscusse e patrimonio del modo in cui guardiamo a noi stessi.
Non vi è nessuno, che sia pro-illuminismo o anti-illuminismo,
progressista o conservatore, pragmatista o visionario che non si
richiamerebbe all’età della modernità o che non affermerebbe
almeno che non dobbiamo abbandonare le sue conquiste. Solo
quei dubbiosi dei postmoderni appaiono così incauti da farlo
- una ragione in più per non prenderli sul serio, in verità per
combatterli.
Ma, siccome tutto ciò che si considera stabilito in realtà non lo
è - poiché il concetto di modernità non è meno problematico
di quello di postmodernità; che ogni appello a l’età moderna
implica inevitabilmente il rigetto di un’altra modernità; e che,
LQÀQHSRVWPRGHUQLWjQRQVLJQLÀFDO·DEEDQGRQRGHOODPRGHUQLWj
ma piuttosto un suo esame radicale, non essendo questa
VHSDUDWD GD TXHOOD GD XQD IUDWWXUD PD FROOHJDWD GD VSHFLÀFKH
interconnessioni - dunque, poiché tutto è diverso da come appare
dal loggione della mediocre soddisfazione, il tentativo che segue
vuole correggere l’equivoco amato dimostrando quello che
secondo lo schema comune dovrebbe essere impossibile: una
FRQJUXHQ]DGHOSHQVLHURSRVWPRGHUQRFRQFRQTXLVWHVSHFLÀFKH
della modernità. In particolare, desidero fare ciò con la modernità
artistica - anche se una dimostrazione analoga potrebbe essere
IDWWDFLWDQGRODPRGHUQLWjVFLHQWLÀFDHVRFLDOH3HUWDQWRLQWHQGR
cominciare il mio tentativo mettendo in evidenza un importante
artista della modernità - Jean Dubuffet, uno dei principali
sostenitori dell’informale - come artista postmoderno ante
litteram.
II. JEAN DUBUFFET - UN POSTMODERNO
ANTE LITTERAM
Nel 1951 Dubuffet scriveva: “La nostra cultura è un vestito che
non va”1. “Nell’attuale momento un cambiamento intellettuale
di vasta portata e di riorientamento sta avvenendo nell’arte,
come in tutti gli altri campi possibili”2. In particolare, Dubuffet
nomina quattro punti principali nel cambiamento imminente:
&L VWLDPR DOORQWDQDQGR GDOO·DQWURSRPRUÀVPR RFFLGHQWDOH
dalla posizione privilegiata occupata dall’uomo3. Dubuffet parla
qui di “disumanizzazione” - e la intende in senso positivo4.
2) Ci stiamo allontanando dal primato della ragione e della
logica. Le idee che veramente ci riguardano non possono essere
comprese usando mezzi razionali poiché, nel migliore dei casi,
queste vengono ingabbiate o soppresse da tali mezzi. Così, le
nostre idee essenziali “sono come vapore che quando entra in
contatto con la sfera della ragione e della logica si trasforma
in pura acqua. Non credo che ciò che vi è di meglio nel
processo del pensiero avvenga a questo livello... tento invece di
comprendere il pensiero nel punto del suo sviluppo che si situa
precedentemente al livello dei concetti formulati”5. È chiaro
FKHTXHVWRQRQqXQULÀXWRJHQHUDOHGHOODUD]LRQDOLWj7XWWDYLD
HVVR VLJQLÀFD OD VXD UDGLFDOH UHODWLYL]]D]LRQH D SDUWLUH GD RUD
elementi non razionali e realizzazioni pre-razionali saranno più
importanti delle componenti razionali.
3) Lo scopo dell’arte non è di creare opere evidenti, ma ambigue;
e questa polisemia non dovrebbe solo essere un prodotto
secondario, ma venire introdotta consapevolmente6.
,QÀQHO·DUWHQRQGRYUHEEHSURGXUUHVROWDQWRRJJHWWLEHOOLFRQ
forme e colori disposti artisticamente a deliziare gli occhi, ma
creare oggetti con un fascino più ricco e profondo. Questi, dice
Dubuffet, si indirizzerebbero non agli occhi ma allo spirito7. È
come artista, dunque, che Dubuffet compie queste affermazioni
che danno una diagnosi della cultura e sono rilevanti per
OD ÀORVRÀD FRPH XQ ULÁHVVLYR DUWLVWD PRGHUQR 8QD YROWD
allorché un intervistatore gli chiese se non si potevano trovare
osservazioni analoghe in Heidegger, Dubuffet respinse la
domanda dicendo: “Smettiamola di infastidire Heidegger”8. Ma
quello che realmente voleva dire è qualcosa in più: smettetela di
LQIDVWLGLUPLFRQ+HLGHJJHU(DJJLXQVH´,RQRQDPRODÀORVRÀD
eccetto quella implicita”9.
Dubuffet sa bene, dunque, che il suo pensiero artistico contiene
TXDOFRVDGLULOHYDQWHSHUODÀORVRÀDVHEEHQHLQIRUPDLPSOLFLWD
'·DOWUR FDQWR VHQWH FKH O·HVSOLFLWD ÀORVRÀD DFFDGHPLFD q LQ
modo irritante, poco interessante poiché non contiene più quegli
impulsi animatori sopra menzionati10'RYHYDSHUFLzODÀORVRÀD
essere come quella e rimanere così? Non poteva venire alla
OXFH XQ·DOWUD ÀORVRÀD SLHQDPHQWH FDSDFH GL IDUH JLXVWL]LD GHL
contenuti impliciti dell’arte moderna e in grado di formularli
HVSOLFLWDPHQWH"ËHPHUVDXQDÀORVRÀDGLTXHVWRWLSRGDOWHPSR
delle osservazioni di Dubuffet nel 1951?
III. POSTMODERNITÀ
COME RETROGUARDIA
1RQ q GLIÀFLOH LQGRYLQDUH D FRVD VWR SXQWDQGR FRQ TXHVWH
osservazioni: i quattro elementi elaborati da Dubuffet - quale
artista esemplare della modernità -, cioè l’allontanamento
dall’antropocentrismo, dal primato della logica, dalla
monocultura del senso e dalla prevalenza del vedere, la critica
quadripartita di antropocentrismo, logocentrismo, monosemia e
primato del visivo formula i punti cruciali del poststrutturalismo
HGLFRQVHJXHQ]DLVHJQDOLSHUGHÀQLUHFLzFKHqVWDWDFKLDPDWD
´ÀORVRÀD SRVWPRGHUQDµ 1RPL TXDOL )RXFDXOW 'HUULGD /DFDQ
e Lyotard stanno oggi per i punti di vista che Dubuffet aveva
annunciato programmaticamente nel 1951.
Dubuffet, quindi, l’artista moderno, ha espresso le idee
fondamentali del pensiero postmoderno. Spero che questo abbia
UHVRSHULOPRPHQWRODWHVLGHOWLWRORODQDVFLWDGHOODÀORVRÀD
postmoderna dallo spirito dell’arte moderna, degna di essere
discussa. Nel testo che segue dovrò ora rinforzare questa tesi
e lo farò in quattro sezioni. Prima di tutto vorrei sostenere il
PLRSXQWRGLYLVWDLQVLHPHDXQDXWRUHULOHYDQWHGHOODÀORVRÀD
postmoderna: Lyotard. In secondo luogo, amplierò questo
punto di vista trattando altri autori come Foucault e Derrida. In
WHU]ROXRJRPLFKLHGHUzFKHFRVDVLJQLÀFKLLQXOWLPDDQDOLVL
l’origine estetica per il pensiero postmoderno. Manterrà esso, in
un modo particolare, le sue caratteristiche estetiche? E se è così,
sarà estetico in senso favorevole o dubbio?
Un’ultima osservazione preliminare. Non sarò naturalmente in
grado di trattare il problema in modo esaustivo; potrò soltanto
toccarlo. E non potrò neppure fare ciò che sarebbe necessario:
IRUQLUHXQFRQFHWWRGLÀORVRÀDSRVWPRGHUQDVYLOXSSDUQHXQRGL
DUWHPRGHUQDHGLVFXWHUHLQÀQHODUHOD]LRQHUHFLSURFDWUDLGXH
Questo è impossibile non solo a causa dello spazio limitato, ma
anche per il soggetto in questione. Poiché i fenomeni menzionati
non sono in alcun modo così uniformi quanto le denominazioni
´O·DUWHPRGHUQDµH´ODÀORVRÀDSRVWPRGHUQDµVXJJHULVFRQR$O
contrario, si deve tenere conto di divergenze interne sostanziali,
di fratture e incompatibilità. E su questo ci sarebbe troppo da
dire. Per il momento desidero soltanto nominare la direttiva
metodica risultante dalle mie osservazioni; posso cioè spiegare
solo una prospettiva nella quale le questioni rilevanti possono
essere poste e trovare risposta. Scelgo quella prospettiva che
vorrei difendere distinta da quelle che potrei solo presentare.
IV. LYOTARD O L’AVANGUARDIA ARTISTICA
E IL PENSIERO POSTMODERNO
/\RWDUGqO·DXWRUHGHOODSRVWPRGHUQLWjLQÀORVRÀD,QIDWWLQHVVXQ
DOWUR KD VYLOXSSDWR XQ FRQFHWWR GL ÀORVRÀD SRVWPRGHUQD FRVu
presto, con tale precisione e con simile chiarezza. È necessario,
dunque, misurare i nostri standard attraverso il suo pensiero.
1. La prossimità di Lyotard all’arte
Fin dall’inizio la prossimità di Lyotard alle questioni estetiche è
stata inequivocabile. Egli ha collaborato con artisti, scritto su di
HVVLHVLqLPSHJQDWRLQDWWLYLWjFRQÀQDQWLFRQO·DUWH*LjLOVXR
primo libro importante - 'LVFRXUVÀJXUH (1971) - era consacrato
a questioni artistiche. Altri suoi lavori hanno trattato di artisti
quali Duchamp, Newman, Buren, Adami e Arakawa11. In essi,
OH ULÁHVVLRQL VXOO·DUWH VRQR VHPSUH VWDWH SHU /\RWDUG DQFKH GL
FUXFLDOH LPSRUWDQ]D ÀORVRÀFD &UHGR SHUFLz GL SRWHU PHJOLR
provare e rendere comprensibile la mia tesi della nascita della
ÀORVRÀDSRVWPRGHUQDGDOORVSLULWRGHOO·DUWHPRGHUQDULIHUHQGRPL
a lui.
Però, vorrei prima di tutto confessare di usare un trucco
ermeneutico. Io non guardo l’arte moderna - chi potrebbe
fare diversamente? E chi potrebbe, senza ingannare sé stesso,
escogitare un’obiezione a questo? In modo neutrale, ma da un
particolare punto di vista. Lo so e lo dico esplicitamente: pongo
il mio punto di vista dalla prospettiva del pensiero postmoderno
guardando all’arte moderna attraverso gli occhi di Lyotard.
Ciò ha un doppio vantaggio per le mie intenzioni: ci risparmia
dal fare digressioni interpretative e dal dare spiegazioni che
ci farebbero perdere tempo. Poiché attraverso la strada di una
ÀORVRÀD SRVWPRGHUQD FKH HVDPLQD O·DUWH PRGHUQD q SRVVLELOH
chiarire come essa sia in grado di sapere quanto è stata ispirata da
quell’arte. Si comprenderà inoltre che la prospettiva postmoderna
GLI AMICI DI JULIET
Ron Arad con Alberto Bianchi
Albrici, Piero Gilardi, Roy Stuart
con Kaori, Achille Bonito Oliva
e Barbara Franchin
7
b) 5LÁHVVLRQH. Secondo Lyotard, il muoversi verso la
ULÁHVVLRQH q LO PRPHQWR GHFLVLYR SHU LO FDPELDPHQWR LQ DUWH
/·DUWH WUDGL]LRQDOH FRQÀGDYD LQ XQD UHDOWj FKH SRWHYD HVVHUH
UDSSUHVHQWDWD DPSOLÀFDWD R DGGROFLWD 3DOOLDWHG /·DUWH
moderna, invece, non può più procedere in questo modo. Essa
è fondata su un vero nichilismo in quanto ha compreso che la
realtà non basterà e che di conseguenza la pittura deve procedere
GD VH VWHVVD FLRq ULÁHVVLYDPHQWH FLz VLJQLÀFD FKH HVVD GHYH
porsi alla ricerca delle regole del proprio operare conducendo
nuovi esperimenti per determinarle. Tuttavia, questo - per
evitare ogni incomprensione - non è sinonimo de l’art pour
l’art.'LYHUVDPHQWHGDTXHVWDVRUWDGLDXWRVXIÀFLHQ]DDUWLVWLFD
l’esperienza drammatica di una “realtà esplosa” segna il punto
di partenza per gli esperimenti artistici17. Il frantumarsi della
realtà ne diventa il catalizzatore (Booster)18. Così, se la pittura
moderna costruisce un rinnovato riferimento alla realtà lo fa solo
per mostrare “quanto poco reale sia la realtà”19, ponendo essa
in un altro modo; vale a dire, portando la lezione di Nietzsche
VXO FDUDWWHUH ÀWWL]LR GL TXDOXQTXH FRVD UHDOH DOOH VXH HVWUHPH
conseguenze.
Così facendo questa pittura mette continuamente in questione e
oltrepassa tutti gli obblighi apparenti.
Tutti gli sforzi degli “artisti d’avanguardia” miranti a una
GHÀQL]LRQHVRQRVWDWLJRYHUQDWLGDXQDGRPDQGDFKHFRV·qOD
pittura? Che cosa serve per farla: colore, disegno, prospettiva,
FDQRYDFFLR FRPSRVL]LRQH LO ULFRSULUH XQD VXSHUÀFLH FRQ GHO
pigmento, un particolare luogo di esposizione, la sua permanenza
in un luogo o la sua trasportabilità o, per esempio, l’indipendenza
dalla persona dell’artista? Ogni stile pittorico ha tentato di
cambiare una di queste costrizioni che sono state conservate
come regole di base per trecento anni. In questo modo, la pittura
qGLYHQWDWDHVVHQ]LDOPHQWHULÁHVVLYD20.
c) Il sublime. Questo spostamento in pittura implica il passare da
2. Caratteristiche base dell’arte moderna - Un punto di vista un’estetica del bello o dell’addolcimento (Palliation) a un’estetica
postmoderno
GHOVXEOLPH&RPHDUWHULÁHVVLYDO·DUWHGHOODPRGHUQLWjQRQqSL
a) Decomposizione. Secondo Lyotard, l’arte moderna attua una solo un’impresa dei sensi, ma anche della mente e del pensiero.
decomposizione dell’essenza tradizionale dell’arte. Questa non (VVDVLRSSRQHHVSUHVVDPHQWHDOO·HVVHUHFRQÀQDWDHQWURLOSXUR
crea più opere d’arte nello spirito del tradizionale e integrale vedere e la pura percezione sensoriale in generale. Così, l’affettare
concetto di arte, ma ci rende consapevoli degli elementi isolati del da parte a parte un occhio di Buñuel (Un chien andalou, 1928)
creativo, momenti del concetto di arte e porzioni del fenomeno fu un atto esemplare dell’arte moderna. “I pittori ‘moderni’
integrale dell’arte. Così, la pittura moderna è caratterizzata da stanno scoprendo di avere qualcosa da rappresentare che... non è
XQD ´GLVLQWHJUD]LRQH GL RJJHWWL VWDWL FRQÀJXUD]LRQL OXRJKL rappresentabile. Stanno iniziando a rivoluzionare i ‘dati’ presunti
VSHFLHFKHKDQQRIRUPDWRÀQRDGRUDO·LVWLWX]LRQHSLWWXUDµ14. del visivo così come a rendere visibile che il campo di visione
Da una parte egli descrive tale processo come una “disintegrazione distorce l’invisibile e ad esigere che l’immagine non si origini
della pittura”. Perciò, soprattutto negli anni Settanta, parla di solo dall’occhio ma anche dalla mente21”. Attraverso questo
una analisi dello spazio pittorico tradizionale e insiste - più movimento verso il pensiero e l’attenzione per l’invisibile questo
generalmente - su una lisi della stessa opera d’arte15. Dall’altra, tipo di arte sta diventando - o almeno propende per il diventare
Lyotard indica questo processo (soprattutto negli ultimi - un’arte del sublime. Poiché nel tentare di introdurre elementi
testi) anche come un’analitica della pittura. A proposito della che non sono solo visibili ma anche pensabili essa si ricollega,
disintegrazione egli fa pensare alla tesi di Adorno che il declino conformemente alla sua struttura, al sublime che già Kant aveva
GHOODPHWDÀVLFDKDUHVRSRVVLELOHO·DUWHPRGHUQD´6FK|QEHUJH GHÀQLWRXQ´VHQWLPHQWRGHOODPHQWHµ22SRLFKpHVVRVLJQLÀFDLO
Beckett alla base della mancanza di eredi di Hegel”16. Tuttavia, “far nascere in noi il sentimento di una facoltà soprasensibile”
per quanto riguarda l’analitica, egli usa la formula del divenire che supera le capacità dell’immaginazione23. Un’arte di questo
ULÁHVVLYR GHOO·DUWH XQD IRUPXOD FKH GL IDWWR SRWUHEEH HVVHUH genere - per dirla con Paul Klee - non può essere compresa
facilmente collegata a Hegel).
puramente in questo mondo24; essa allude invece continuamente
sull’arte moderna non è stravagante, ma articola chiaramente le
condizioni per quelli che sono diventati nel frattempo comuni
criteri di interpretazione.
A parte questo, l’obiezione che il prendere tale prospettiva come
EDVHGLXQDFRQJUXHQ]DWUDÀORVRÀDSRVWPRGHUQDHDUWHPRGHUQD
nascerebbe da un puro effetto della prospettiva stessa, in modo
che il risultato sarebbe pregiudicato sin dall’inizio, è basata su una
confusione logica. Poiché, mentre una generale corrispondenza
tra la prospettiva postmoderna e le sue enunciazioni traenti
RULHQWDPHQWR GDOO·DUWH GHYH HVLVWHUH FLz QRQ VLJQLÀFD DIIDWWR
che il soggetto di queste enunciazioni debba necessariamente
essere una corrispondenza contenutistica (Contentual) tra questa
ÀORVRÀD H TXHO WLSR GL DUWH /·RSSRVWR XQD GUDVWLFD FRQGDQQD
GHOO·DUWHPRGHUQDGDSDUWHGHOODÀORVRÀDSRVWPRGHUQDVDUHEEH
appena compatibile con quella condizione generale. In questo
modo, invece, nessuno dei dettagli viene pregiudicato.
Per tracciare il punto di vista di Lyotard sull’arte moderna
mi riferirò alle sue pubblicazioni degli anni 1982-1986. La
prima di queste è il saggio programmatico dal titolo Risposta
alla domanda: che cos’è il postmoderno?, che fu la replica al
discorso di Habermas per l’accettazione del Premio Adorno
del 1980. Mentre Habermas si era rifatto al “Progetto della
modernità” contro le tendenze postmoderne, Lyotard ha difeso il
pensiero postmoderno proprio con riferimento all’estetica della
modernità12. Farò inoltre riferimento alla conferenza Il Sublime
e l’avanguardia; alle antologie Immaterialità e postmodernità e
)LORVRÀDHSLWWXUDQHOO·HWjGHOODORURVSHULPHQWD]LRQHLQÀQHDO
più vecchio Saggi su un’estetica affermativa13. Se queste posizioni
di Lyotard vengono riunite insieme, ne risulta un’immagine
dell’arte moderna che vorrei presentare in successione attraverso
L FLQTXH DVSHWWL GL GHFRPSRVL]LRQH ULÁHVVLRQH HVWHWLFD GHO
sublime, esperimento e pluralità.
a qualcosa che non può essere rappresentato, ma solo pensato a
partire dalla “rappresentazione” artistica (la quale in realtà è una
non-rappresentazione)25.
Messa in termini storico-artistici l’arte ha perciò assunto qui un
carattere iconoclasta. Infatti, una parte del Vecchio Testamento
proibisce che l’immagine di culto diventi viva. A favore di
questo, si potrebbe dire che tale arte è fondamentalmente
diretta verso l’ana-estetico (anaesthetic)26. Questo è parte di
ogni esperienza del sublime a patto che implichi il sentimento
di qualcosa di non più percepibile con i sensi o il paradossale
sentimento estetico di qualcosa di ana-estetico. È la ragione per
cui Lyotard recentemente ha parlato con più frequenza di un
effetto “anestetizzante” dell’arte27.
Così, sia le caratteristiche del sublime che gli atti di pensiero
possono essere formulati con e allo stesso tempo contro le tesi di
Hegel, nel modo che segue: potrebbe essere vero che “pensiero
HULÁHVVLRQHKDQQRVXSHUDWRO·DUWHGHOEHOORµ28 - ma solo questa.
Tale superamento non avviene infatti - come pensava Hegel esclusivamente nella conoscenza (Science), ma - come la storia
ha dimostrato contraddicendo Hegel - all’interno dell’arte
stessa, più precisamente nella sua transizione verso il sublime.
Dunque, l’arte dell’avanguardia è insieme un’arte del sublime e
del pensiero.
Il riferimento di Lyotard al sublime, che ha creato scompiglio nel
dibattito attuale - non vi è infatti calendario di lezioni universitarie
che non riporti corsi sul sublime nella storia dell’arte, nella
ÀORVRÀD QHOOD OHWWHUDWXUD H SHUVLQR WDOYROWD QHOOD WHRORJLD29-,
presuppone la dissociazione da una tradizionale, vale a dire
monumentale, forma di sublime. In proposito i francesi sono
IDFLOLWDWLULVSHWWRDLWHGHVFKLSRLFKpÀQGDOO·LQL]LRLOIUDQFHVH
“le sublime” non contiene alcuna delle ampollose associazioni
che gravano sull’espressione tedesca “das Erhabene”. Esso viene
piuttosto associato con le connotazioni del bello, del sensibile e
dell’elevato - vale a dire con il sublime in senso proprio.
d) Esperimento. Perciò, Lyotard non intende pensare al sublime
LQWHUPLQLGLHVVHUHHGLÀFDQWHPDHTXHVWRPLSRUWDDOSURVVLPR
punto del suo modo di caratterizzare l’arte moderna - di essere
sperimentale. Sia la natura sperimentale sia la pluralità, che
sarà discussa dettagliatamente più sotto, derivano da questo
essere dell’arte modellato dal sublime. Tuttavia, va detto
che esso non comporta il rappresentare un’entità con il nome
dell’irrappresentabile; ma si tratta piuttosto dell’esperienza
FKH QHVVXQD UDSSUHVHQWD]LRQH q VXIÀFLHQWH ÀQDOH GHÀQLWLYD
Si può dunque solo alludere all’irrappresentabile rendendo la
condizione dell’impossibilità di presentarlo percepibile30. Il
richiamo al sublime perde in questo modo ogni falsa emotività
potenziale. Lyotard è perciò interessato - ed è così che Christine
3ULHVIRUPXODODTXHVWLRQHQRQGDOVXEOLPHPHWDÀVLFRPDGD
quello critico31(JOLQRQDUJRPHQWDDIDYRUHGLXQDPHWDÀVLFD
della trascendenza ma di un’ontologia delle possibilità illimitate;
inoltre, il sublime non deve essere declinato verticalmente ma
orizzontalmente, ed è proprio attraverso questo che ottiene una
funzione critica. Poiché nella diversità delle realizzazioni esso
afferma: nessuna opera d’arte è l’opera d’arte, nessuno stile è
lo stile, nessun approccio è l’approccio. Qualsiasi ideazione
avviene su un “fondamento” di nichilismo ed entro uno spazio di
potenzialità illimitate. È necessario attestare e difendere questa
condizione contro qualunque o tutte le conclusioni erronee
tratte avventatamente. Questo e nient’altro è ciò che si intende
con il sublime nel senso postmoderno. Esso non è reazionario
bensì critico e sperimentale. È ancora Lyotard che scrive: “Allo
stesso tempo, gli artisti d’avanguardia conducono (noi) fuori
dall’anelito romantico giacché essi tentano di rappresentare
l’irrappresentabile non come un’origine o uno scopo perduti
nella lontananza del soggetto della pittura, ma nella nostra
prossimità, nelle condizioni dell’opera artistica stessa”32. Essi
“impegnano loro stessi... nel compito dello sperimentare”33. Il
ORUR VXEOLPH GLIÀFLOPHQWH q QRVWDOJLFR q SLXWWRVWR LQGLUL]]DWR
DOO·LQÀQLWjGHJOLHVSHULPHQWLSODVWLFLDQFRUDGDIDUVLDQ]LFKpDOOD
nozione di un assoluto perduto”34. Perciò il sublime, come lo
concepisce Lyotard, diviene matrice e forza dominante di una
serie interminabile di esperimenti, con potenzialità e realtà
effettive35.
Questa versione del sublime - cioè, la sua trasformazione in una
serie di esperimenti - si oppone criticamente a ogni asserzione di
ÀQDOLWjqFRQWURLOSRVLWLYLVPRGHOUHDOHHWXWWHOHSUHVXQ]LRQLGL
assolutezza, evidenti o celate. Perciò, la seguente frase originaria
di Lyotard va senza dubbio intesa in questi termini: “La questione
dell’irrappresentabile... è ai miei occhi... la sola su cui valga la
pena scommettere vita e pensiero nel prossimo secolo”36.
e) Pluralità. Se il carattere sperimentale è una prima conseguenza
del sublime, la pluralità ne è una seconda. Essa dispiega
positivamente i tratti della possibilità. Quale caratteristica
basilare dell’arte moderna è inequivocabile ed è già concepita
in una condizione di scomposizione a patto che ciò non sia
fatto ingenuamente o nostalgicamente, ma in modo costruttivo,
poiché è lì che i singoli elementi del concetto tradizionale di arte
sono perseguiti sino all’estremo delle loro possibilità artistiche.
Che cosa si può fare con un colore singolo come il rosso? Vi è
veramente una forma fatta di bianco o di non-bianco? È possibile
che la cornice diventi il soggetto dell’immagine, o che essa venga
infranta? Come possono le immagini comunicare l’esperienza
dell’invisibile? È Frenhofer un pazzo o il fratello di tutti noi che
siamo moderni? Queste, nel loro insieme, sono le domande, gli
esperimenti, le imprese degli artisti moderni. Tutto ciò rende
la serie delle possibilità artistiche - a cominciare dal punto di
SDUWHQ]DFUHDWLYRSDVVDQGRSHUODORJLFDGLVYLOXSSRGDWDÀQR
alle regole della forma e alle asserzioni di principio - fortemente
plurale. Voglio fare un esempio. Non è possibile ampliare
un’immagine costruttivista usando una logica visiva surrealista
(e viceversa), poiché, mentre la prima richiede uno sviluppo
matematico, la seconda esige rappresaglia, scontro, invasione
inaspettata dell’eterogeneo, appello a una realtà esplosa anziché
coerente. Naturalmente tutto ciò non avviene in modo arbitrario,
ma in conformità con un potenziale raggiungibile per tensione.
Questi approcci eterogenei necessitano di diversità non solo nei
fatti visivi e nelle leggi della loro rappresentazione, ma anche
nelle forme di descrizione e di giudizio. Ciò è soprattutto vero
per la serie completa dei diversi stili, ismi e movimenti. Infatti, le
varie possibilità artistiche incorporano possibilità fondamentali,
Maurizio Cattelan con
Carlo Bach, Sergio Cascavilla,
Riccardo Dalisi, Jane Stravs,
Sarah Cosulich Canarutto con
Francesco Bonami
9
incommensurabili ed eterogenee, è questa la ragione per cui il
FDPSRGHOO·DUWHPRGHUQDqSOXULPRQRQLQXQVHQVRVXSHUÀFLDOH
ma radicale e rigoroso.
3. Modernità e postmodernità - L’anelito all’unità contro
l’opzione della pluralità.
Naturalmente, la valutazione di questo stato plurale - che è
segno indiscusso della modernità - potrebbe anche procedere
in direzioni del tutto diverse. Infatti, non è necessario valutare
la pluralità in un senso positivo come fa Lyotard; è possibile
vederla anche criticamente - come fa Adorno. Così, alla luce
della posizione opposta di questi due protagonisti del pensiero
si può meglio comprendere la differenza generale tra l’opzione
moderna e quella postmoderna. Lyotard, come Adorno, e anche
attraverso Adorno, dice infatti che l’arte moderna è plurale
perché risulta dalla disintegrazione dell’intero, cioè dal “declino
GHOOD PHWDÀVLFDµ37. Ma per Adorno una tale affermazione era
profondamente ambivalente. Egli ha considerato la liberazione
del molteplice (of the many) - la promessa benigna della
modernità - piuttosto come una promessa ingannevole e ipocrita,
perché ciò che viene promesso è la liberazione di “spinte
parziali”38. Così, anche se questa liberazione dovesse veramente
DYYHQLUH QRQ VLJQLÀFKHUHEEH LQ DOFXQ PRGR OD VDOYH]]D
Secondo il ragionamento di Adorno, infatti, la salvezza può
situarsi solo nell’intero, nella completa riconciliazione, e non
nell’alienazione di parti che si sono sviluppate separatamente.
Perciò, tale aspirazione all’unità e alla totalità costituisce una
premessa fondamentale per lui quale pensatore della modernità.
Il pensiero postmoderno, invece, si è affrancato proprio da
questa preoccupazione per l’unità e la totalità. Esso afferma
la transizione verso la pluralità giudicandola positivamente.
Infatti, perché si dovrebbe discreditare la coesistenza di opere
costruttiviste e surrealiste considerandola una condizione
alienante? Non potrebbe lo sviluppo del molteplice, al contrario,
costituire la propria visione di felicità per sé e il futuro? In ogni
caso, sul piano della modernità come essa si è evoluta, l’unità - di
approcci, esecuzioni e criteri - sarebbe ottenibile solo mediante
misure repressive. Lo stesso Adorno lo ammette. E allora perché
mettere all’indice la condizione della pluralità? E perché la
salvezza dovrebbe interamente risiedere nell’unità? Perciò, se
c’è una cosa che differenzia la postmodernità dalla premodernità
e dalla modernità, è la sua visione fondamentalmente diversa:
l’utopia della pluralità intesa come immagine di felicità. Si
potrebbe osservare incidentalmente che nella postmodernità
l’attenzione non è portata tanto su nuovi contenuti quanto su un
diverso e fondamentale atteggiamento39. È dunque cambiata la
griglia di valutazione e lo spostamento dall’anelito per l’unità
all’elogio (fr.: plaidoyer) della pluralità è il più incisivo di questi
cambiamenti40.
postmoderna articola in modo discorsivo ciò che l’arte moderna
ha praticato artisticamente.
Il titolo di un libro quale )LORVRÀDHSLWWXUDQHOO·HWjGHOODORUR
sperimentazione q LQ SURSRVLWR VLJQLÀFDWLYR42. Esso indica
che ciò che è decisivo nell’arte moderna - la sperimentazione
GHÀQLVFHDOORVWHVVRWHPSRODÀORVRÀDFRQWHPSRUDQHD&RQ
WDOHVSLULWR/\RWDUGKDGHÀQLWRJOLDUWLVWLHLÀORVRÀ´IUDWHOOLQHOOD
sperimentazione”43. Gli uni e gli altri sono infatti impegnati in
XQ·LPSUHVD VRVWDQ]LDOPHQWH ULÁHVVLYD DOOD ULFHUFD FRQWLQXD GL
regole per ciò che stanno facendo.
Lyotard sottolinea inoltre ancora una volta il parallelo tra l’arte
moderna e il pensiero postmoderno indicando la corrispondenza
tra la pluralità degli approcci artistici e l’ontologia contemporanea
della potenzialità44, oppure dicendo programmaticamente:
“Ciò che è accaduto in pittura o in musica negli ultimi cento
anni anticipa in qualche misura la postmodernità come io la
intendo”45.
Ma sono soprattutto due le caratteristiche dell’arte moderna
che costituiscono altrettanti leitmotiv nel pensiero di Lyotard:
l’eterogeneità e l’incommensurabilità.Quello che Lyotard
tenta di mostrare, con riferimento ai vari giochi di linguaggio,
tipi di discorso, generi di pensiero e di codici culturali, cioè
che almeno alcuni di questi sono nel loro nucleo eterogenei
ed incommensurabili, l’arte moderna l’ha già mostrato da
molto tempo nella sua sfera di percezione e nei suoi limiti
di percettibilità. Lyotard dice perciò appropriatamente che
Duchamp ha fornito “ i materiali, gli strumenti e le armi per una
politica dell’incommensurabile”46, e più in generale osserva che
´1HOO·XOWLPRVHFRORWXWWHOHULFHUFKHGHOO·DYDQJXDUGLDVFLHQWLÀFD
letteraria e artistica si sono mosse verso la scoperta della
incommensurabilità reciproca dei diversi tipi di linguaggio”47.
Credo perciò che i punti centrali del pensiero di Lyotard
possano essere concepiti come una traduzione di alcune
caratteristiche dell’arte moderna in altrettante opzioni
ÀORVRÀFKH3HUFLzODVFRPSRVL]LRQHGHOO·DUWHFRUULVSRQGHDOOD
ÀQH GHOOH PHWDQDUUD]LRQL LO VXR FDUDWWHUH ULÁHVVLYR WURYD XQ
parallelo nella condizione fondamentale del pensiero di essere
costantemente alla ricerca delle proprie regole; la controparte
dell’estetica del sublime è l’aprirsi del pensiero ai paradossi
e all’incomprensibile; vi è inoltre la “fratellanza” di artisti e
ÀORVRÀQHOODVSHULPHQWD]LRQHHODSOXUDOLWjQHOVHQVRGUDVWLFR
di determinata dall’eterogeneità e dall’incommensurabilità - che
FRVWLWXLVFHLOSXQWRFHQWUDOHGHOODFRQFH]LRQHGL/\RWDUG,QÀQH
l’omologia tra pensiero postmoderno e arte moderna non è solo
chiara, ma diviene evidente l’ispirazione genealogica che questo
pensiero trae da quell’arte.
L’arte moderna come discrimine (Criterion) nella disputa tra
modernità e postmodernità
Per concludere questa sezione dedicata a Lyotard vorrei chiarire
L’omologia dell’arte moderna e del pensiero postmoderno
6HQHOOHXOWLPHRVVHUYD]LRQLPLVRQRVSRVWDWRGDOODGHÀQL]LRQHGL ancora una volta, a proposito della controversia con Habermas,
DUWHPRGHUQDDOODFDUDWWHUL]]D]LRQHGHOODÀORVRÀDSRVWPRGHUQD come sia possibile per il pensiero postmoderno distinguersi da
ciò è reso possibile dalla congruenza tra le due. Perciò, sosterrò quello moderno richiamandosi all’arte moderna. Habermas, nel
la tesi di questa corrispondenza attraverso alcune osservazioni di discorso di accettazione del premio Adorno, ha raccolto l’idea
Lyotard41LOFRPXQHGHQRPLQDWRUHGHOOHTXDOLqFKHODÀORVRÀD di Albrecht Wellmer secondo cui l’arte è in grado di realizzare
una riconciliazione tra le culture pienamente differenziate dalla
razionalità, da un lato, e la Lebenswelt [mondo-della-vita],
dall’altro. Tuttavia Lyotard sostiene che una tale riconciliazione
è dubbia, sottolineando che un’idea di questo tipo è
incompatibile con il carattere dell’arte moderna. Perché tale
arte ha una costituzione plurale e non unitaria (dissociative) e la
riconciliazione non è né il suo ideale né la sua regola. Chiunque
desideri perciò attribuire ancora un compito di riconciliazione
all’arte moderna, continua a guardarla apparentemente
soltanto dalla posizione un po’ anacronistica del bello anziché
nei termini del sublime; in questo modo, fondamentalmente
fraintendendola48. Poiché, le “arti non più belle” della modernità
focalizzano le loro energie sul far esplodere piuttosto che sul
sintetizzare e sono interessate alla creazione di discontinuità
invece che alla produzione di un amalgama.
La cosa interessante di questa controversia è che un pensatore
postmoderno sia capace di fare appello all’arte moderna quale
testimone di tutte le questioni come al punto cruciale di ciò che
lo differenzia da un pensiero decisamente moderno per il tema
dell’eterogeneità. Ciò rende chiaro ancora una volta quanto
LQWULQVHFDPHQWHODÀORVRÀDSRVWPRGHUQDVLDFROOHJDWDDLPRWLYL
dell’arte moderna.
Wolfgang Welsch
(Continua sul prossimo numero)
***
Il testo, del 1990, che qui presentiamo per la prima volta in
italiano, scritto da Wolfgang Welsch (Ästhetisches Denken,
pp.79-113. © 1990 Philipp Reclam jun. Gmb & Co., Stuttgart
ripreso in History of European Ideas, vol. 14, n. 3, pp.379-398,
1992, traduzione e redazione per Juliet di Maurizio Bortolotti),
KD GDWR XQ FRQWULEXWR LPSRUWDQWH DO GLEDWWLWR ÀORVRÀFR VXO
postmoderno; chiarendo in modo esemplare non solo i
rapporti tra questo tipo di pensiero e l’arte moderna, ma anche
O·LPSRUWDQ]DFKHO·DUWHKDDVVXQWRSHUODÀORVRÀDLQTXHVWLXOWLPL
decenni. Grazie anche alla personale e penetrante capacità di
VLQWHVL GL :HOVFK PROWH GHOOH LVWDQ]H ÀORVRÀFKH FRQÁXLWH QHO
dibattito degli anni Settanta e Ottanta vengono rese più chiare
alla luce di un tipo di pensiero che prende a modello l’arte e si
propone di uscire dalle ristrettezze di un razionalismo eccessivo,
ÀVVDQGR XQ PRGHOOR GL ULÁHVVLRQH FKH VL SRQH FRPH SXQWR GL
svolta di molte istanze, anche sociali e quindi in ultima analisi
culturali, che hanno attraversato gli ultimi decenni. Ci ricorda
FKHO·DUWHHODÀORVRÀDDQFKHVHVHPEUDQRDYHUHSRVWRVRORQHOOH
università e nei dibattiti culturali, svolgono una loro funzione nel
mondo contemporaneo, che troppo spesso è opacizzata e quasi
nascosta dalle abitudini consolidate, che sembrano mettere in
ombra quello che invece appare come un nesso fondante della
cultura contemporanea, il suo rapporto con la sfera vitale;
UDSSRUWRLPSRUWDQWHHSURÀFXRDQFKHSHUO·DUWHLQTXHVWLXOWLPL
decenni.
Note
1. Jean Dubuffet, “Positions anticulturelles”, nel suo L’homme du commune à l’ouvrage (Parigi, 1973),
pp.67-75; qui p. 68.
2. Ibid., p.67.
3.Ibid., p.68 s.
4. Jean Dubuffet, Prospectus et tous écrits suivants, 2 vol. (Parigi, 1967), vol. 2, p.131.
5. Jean Dubuffet, “Positions anticulturelles”, loc. cit. p.69. 6. Cfr. Ibid., p.55.
7. “L’art s’addresse à l’esprit, et non pas aux yeux” (Ibid., 73).
8. Jean Dubuffet, Prospectus et tous écrit suivants, loc. cit. II, p. 221.
9. Ibid.
+RFRPSLXWRXQSULPRWHQWDWLYRGLXVDUHO·RSHUDGL'XEXIIHWSHUWUDWWDUHTXHVWLRQLÀORVRÀFKHLQ´$Q
den Grenzen des Sinns. Ästhetische Aspekte der Malerei des Informel (Dubuffet)”, Philosophisches
Jahrbuch, 86/1 (1979), 84-112.
11. Cfr. Jean-François Lyotard, 'LVFRXUVÀJXUH (Parigi, 1971); Die Transformatoren Duchamp (Stuttgart, 1986); “Der Augenblick, Newman”, in Zeit. Die vierte Dimension in der Kunst, a cura di Michel Baudson (Weinheim, 1985), pp. 9-105; Über Daniel Buren (Stuttgart,1987); Que peindre? Adami,
Arakawa, Buren, 2 vol. (Parigi, 1987).
4XHVWL GXH WHVWL VRQR VWDWL SXEEOLFDWL SHU OD SULPD YROWD XQR GL ÀDQFR DOO·DOWUR LQ Wege aus der
Moderne. Schlüsseltexte der Postmoderne-Diskussion, a cura di Wolfgang Welsch (Weinheim, 1988),
pp.177-192 (Habermas) e 193-203 (Lyotard).
13. Jean-François Lyotard, “Das Erhabene und die Avantgarde”, Merkur, 424 (1984), 151-164; JeanFrançois Lyotard et al. Immaterialität und Postmoderne (Berlin, 1985); Jean-François Lyotard, Philosophie und Malerei in Zeitalter ihres Experimentierens (Berlin, 1986); Essais zu einer affemativen
Ästhetik (Berlin, 1982).
14. Jean-François Lyotard, (VVDLV]XHLQHUDIÀUPDWLYHQbVWKHWLN, loc. cit., p.51.
15. Ibid., pp.50 e 52 o 88 e 92.
16. Jean-François Lyotard, Über Daniel Buren, loc. cit., p.20.
17. “Ödipus oder Don Juan? Legitimierung, Recht und ungleicher Tausch. Ein Gespräch zwischen
J.-F. Lyotard e J.P. Dubost”, in Jean-François Lyotard, Das Postmoderne Wissen. Ein Bericht (Bremen,
1982), pp. 127-150, qui a p. 127.
18. A questo proposito Alfred Hrdlicka, nella sua polemica contro la pittura astratta afferma qualcosa
di esatto. In arte, dice, la bomba all’atomo o al neutrone è stata fatta esplodere molto tempo fa. Ma
Hrdlicka è in errore nel formulare il suo giudizio e nell’assegnazione della colpa. Infatti, la pittura riÁHWWHTXHVWDIUDQWXPD]LRQHGHOODUHDOWjODTXDOHqVWDWDLQFLGHQWDOPHQWHDOXQJRLQQHVVXQPRGRHVVD
propaga questa frantumazione in modo cinico. Da questo punto di vista, è un errore anche quando,
conversando, Hrdlicka invoca la realtà e vuole ancora una volta dichiarare il realismo a fondamento
della grande arte.
19. Jean-François Lyotard, “Beantwortung der Frage: Was ist postmodern?”, loc. cit., p. 199.
20. Jean-François Lotard et al., Immaterialität und Postmoderne, loc. cit., p. 38.
21. Ibid., p. 97.
22. Immanuel Kant, prima introduzione alla Critica del giudizio, manoscritto originale, H 67.
23. Immanuel Kant, Critica del giudizio, B 85. Anche Lyotard pensa che la corrispondenza sia così
stretta da fargli dire che l’avanguardia è “contenuta in forma embrionale nell’estetica kantiana” (JeanFrançois Lyotard, Das Erhabene und die Avantgarde, loc. cit., p. 158).
&IUO·DXWRGHÀQL]LRQHGL3DXO.OHHLQ´,QTXHVWRPRQGRLRQRQVRQRDVVROXWDPHQWHFRPSUHQVLELOHµ
(“Diesseitig bin ich gar nicht faßbar”) (Paul Klee, Gedichte, a cura di Felix Klee, 2nd ed. Zurigo 1980,
p. 7).
25. Un primo esempio di questo è “Il grande vetro” di Marcel Duchamp.
26. Così è come Lyotard spiega le origini della pittura astratta: “In questa esigenza di allusione indiretta,
quasi intangibile all’invisibile all’interno del visibile si pone l’origine della pittura ‘astratta’ sin dal
1912”. (Jean-François Lyotard, et al., Immateriälitat und Postmoderne, loc. cit., p.99).
27. Cfr. Jean-François Lyotard, L’inhumain. Causeries sur le temps (Parigi, 1988), p. 200.
28. Georg Wilhelm Friedrich Hegel, Ästhetik, a cura di Friedrich Bassenge, 2 vol. (Frankfurt a.M, s.d.),
I, p.21.
29. L’essenza di questa discussione è ora ben documentata in Das Erhabene. Zwischen Grenzerfharung
und Größenwahn, a cura di Christine Pries (Weinheim, 1989).
30. Cfr. Jean-François Lyotard, “Beantwortung der Frage: Was ist postmodern?, loc. cit., soprattutto
p.202.
31. Christine Pries, “Einleitung”, in Das Erhabene, loc. cit., pp. 1-30, qui p. 28).
32. Jean-François Lyotard et al., Immaterialität und Postmoderne, loc. cit., p. 99.
33. Ibid.
34. Ibid.
35. Il “compito rimane l’immanentemente sublime, vale a dire alludere a un irrappresentabile che non ha
QLHQWHGLHGLÀFDQWHGDWUDVPHWWHUHVXHVVRPDFKHqVLWXDWRLQYHFHQHOO·LQÀQLWjGHOOH¶UHDOWj·PXWHYROLµ
(ibid., p. 101).
36. Ibid., p. 100.
37. Jean-François Lyotard, Über Daniel Buren, loc. cit., p.20.
38. Theodor W. Adorno, 0LQLPD0RUDOLD5HÁH[LRQHQDXVGHPEHVFKlGLJWHQ/HEHQ (Frankfurt a.M.,
1973), p.318.
39. “’Postmoderno’ designa semplicemente uno stato emozionale, o piuttosto uno stato della mente”
(Jean-François Lyotard, Philosophie und Malerei in Zeitalter ihres Experimentierens, loc. cit., p. 62.
40. Ho presentato questo più dettagliatamente in Unsere postmoderne Moderne (Weinheim, 1987). Spiegazioni più precise della relazione tra unità e pluralità si possono trovare qui. Tuttavia, non si tratta di
XQDYDQDJLXVWLÀFD]LRQHGHOODSXUDSOXUDOLWjPDLOWUDGL]LRQDOHULIHULPHQWRDOO·LQHYLWDELOLWjGHOO·XQLWjq
LQVXIÀFLHQWHPHQWUHO·DPEL]LRVDQR]LRQHGLXQ·XQLWjqVHPSUHSLULFKLHVWDXQ·XQLWjFKHQRQ´FRQWLHQHµ
ODSOXUDOLWjPDFKHqWXWW·XQRFRQHVVD0LVRQRSUHVRODOLEHUWjGLSURSRUUHLO6RÀVWDGL3ODWRQHFRPHXQ
programma di apprendimento, ma i critici non sembrano aver raccolto la proposta.
41. Jean-François Lyotard, (VVD\V]XHLQHUDIÀUPDWLYHQbVWKHWLN, loc. cit., p. 91.
42. Cfr. Ibid.
43. Jean-François Lyotard et al., Immaterialität und Postmoderne, loc. cit., p. 102.
44. Cfr. Jean-François Lyotard, Philosophie und Malerei im Zeitalter ihres Experimentierens, loc. cit.,
p. 70.
45. Jean-François Lyotard et al., Immaterialität und Postmoderne, loc. cit., p. 38.
46. Jean-François Lyotard, Die transformatoren Duchamp, loc. cit., p. 22. In generale, Lyotard vede
Duchamp come un esempio di ciò di cui si occupa il pensiero di oggi (cfr. Jean-François Lyotard, Philosophie und Malerei in Zeitalter ihres Experimentierens, loc. cit., p.62.
47. Jean-François Lyotard, Tombeau de l’intellectuel et autres papiers (Parigi, 1984), p. 84.
48. Questo non potrebbe accadere a Adorno. Infatti, egli ha compreso che nella modernità “il sublime...” è divenuto “... la costituente storica dell’arte stessa” ( Theodor W. Adorno, Ästhetische Theorie,
Frankfurt a.M., 1970, p.293). Cfr Wolfgang Welsch, “Adornos Ästhetik: eine implizite Ästhetik des
Erhabenen” in Das Erhabene. Zwischen Grenzerfahrung und Größenwahn, a cura di Christine Pries
(Weinheim, 1989), pp. 185-213.
Luigi Molinis, Luigi Ontani,
Davide Faccioli,
Giulio Ciavoliello con
Claudio Massini, Silvia Rizzi
11
Art is today diffused and extended
LQWKHUHDO/LIH/LIHFDQEHDSLHFH
of art when is helping to improve
NQRZOHGJHDQGSURGXFHHPRWLRQV
7KHUHDOOLIHOLNHDELJDUWJDOOHU\
rites, love conversations build in
PDQ\GLIIHUHQWSODFHV
0HPRULHVPHVVDJHVDQGSRHWU\
LQVWDQWO\GRQHIRUWLPHSDVVLQJ
We are living uniques times never
like today the reality is more unstable
DQGG\QDPLF2XUOLIHLVDGDSWHGWR
WKLVPXOWLSOHVFHQHU\
Salvador Perez Arroyo
Alessandro Mendini,
Mark Kostabi,
Luca Carrà & Figlie,
Maria Teresa Venturini Fendi
con Shay Frisch Peri,
Anna Lombardi
13
UN’AGGHIACCIANTE SEMPLICITÀ. UN GRANDE
REPORTAGE DI OLIVIERO TOSCANI ESPOSTO
ALLA RISIERA DI SAN SABBA DI TRIESTE
“Non sono obiettivo” recita provocatoriamente il titolo di un libro
di Oliviero Toscani.
In effetti la fotografia non è mai obiettiva, è sempre una visione
parziale, un’interpretazione, ma quella di Toscani, contrariamente
alla sua affermazione, è spesso una fotografia che cerca di togliersi
dalla creatività intesa come ‘stranezza’ per andare il più possibile
verso un’oggettiva realisticità.
I grandi maestri che hanno indicato questa strada a tutti possono
essere individuati in August Sander e Richard Avedon. Del primo,
memorabile, resta il lavoro “Uomini del XX secolo” iniziato negli
anni ‘20, e del secondo, insuperati, restano gli algidi ritratti degli
anni ‘70 e ‘80 fra i quali soprattutto ricordiamo la serie fatta al
padre che invecchia fino al letto di morte.
Nel lavoro sui sopravvissuti alla strage di Sant’Anna di
Stazzema, durante la seconda Guerra Mondiale, l’impostazione
apparentemente fredda e distaccata s’impone immediatamente
come la chiave stilistica e concettuale che intona tutte le immagini.
L’impatto, il forte impatto che spesso caratterizza l’opera di
Toscani, è ottenuto non ricorrendo a funamboleschi effetti speciali,
ma riducendo al minimo la sintassi del linguaggio fotografico,
guadagnando così in immediatezza ed efficacia di comunicazione.
L’autore decide intelligentemente di non impiegare uno ‘stile’ o
meglio tenta di portare il più possibile vicino allo zero la tendenza
all’interpretazione che ogni artista sente istintivamente di voler
esprimere.
Ma l’impresa è ardua, anzi praticamente impossibile:
necessariamente e inevitabilmente il fotografo si trova a dover
operare tutta una serie di scelte che sono anche scelte stilistiche.
La prima è quella di usare il bianco-nero (in un mondo sempre più
a colori) e di conseguenza di sfruttare l’espressività, la tragicità
di questo linguaggio per caratterizzare il lavoro e sottolineare la
serietà e la gravità dell’argomento trattato.
La seconda è quella di forzare il tono della comunicazione: l’autore
sa bene che dosando ed esaltando il contrasto delle immagini
può calcare la mano sulla presenza delle ombre o dei forti segni
del tempo sui volti ripresi, con conseguente drammatizzazione
dell’espressione facciale.
Allo stesso tempo Toscani sceglie una particolare distanza dal
soggetto. Una distanza minore di quella abituale, a cui siamo
assuefatti, che ci costringe a guardare da vicino, ‘a un palmo
di naso’, questa gente. I loro occhi, i loro sguardi incrociano
e puntano i nostri sguardi con una forza quasi magnetica. Ci
troviamo a scrutare impietosamente le mappe dei loro volti mentre
ci viene negata la visione del contesto, dell’ambiente in cui il
ritratto è eseguito, imponendoci di non venire ‘distratti’ da elementi
superflui, ottenendo così la massima concentrazione.
Ancora una scelta: la massima nitidezza, la massima
verosimiglianza, la massima resa del dettaglio. Occhi, labbra,
sopracciglia, capelli e poi ancora pelle, pori, rughe, barba, peli, nei,
ci vengono presentati con precisione impressionante, con spietata
qualità iperrealistica. Ne scaturisce un coinvolgimento emotivo a
cui è praticamente impossibile sottrarsi.
Se poi a tutto questo aggiungiamo la lettura dei ricordi dei trentotto
sopravvissuti all’eccidio stampati a fianco dei ritratti, otteniamo
un raddoppio dell’intesità del messaggio: i personaggi muti e
tragicamente pietrificati dalla fotografia prendono la parola e ci
rendono partecipi della memoria del loro dramma. La forza delle
parole, parole semplici ma agghiaccianti, si somma sinergicamente
alla forza delle immagini e l’asciutta forza del bianco nero si somma,
per contrasto, alla prepotente e simbolica forza del rosso che fa da
sfondo ad alcune frasi estrapolate dai racconti dei superstiti.
Il tutto montato in una sequenza spalla a spalla, quasi filmica, per
un’esperienza visiva mozzafiato.
Ancora una conferma, se ce ne fosse bisogno, che Oliviero Toscani
va guardato e apprezzato non solo come un grande fotografo, ma
anche e soprattutto come un grande maestro della comunicazione.
Guido Cecere
SANT’ANNA DI STAZZEMA. LA VOCE CONTEMPORANEA
PER RICOSTRUIRE LA STORIA E FISSARE IL RICORDO
Che cos’è la storia se non un insieme di ricordi registrati? Che
cos’è la storia se non un ricordo collettivo e condiviso? Ecco,
allora che “Sant’Anna di Stazzema. 12 agosto 1944. I Bambini
ricordano” è un pezzo indiscutibile della nostra storia recente.
Un ricordo ricostruito e documentato sessant’anni dopo l’eccidio
perpetrato, sul finire della seconda guerra mondiale, in un paesino
della Toscana: un ricordo ricostruito e documentato grazie alla
perspicacia e alla meticolosa indagine condotta da Oliviero
Toscani che, in questo caso, non veste solo l’abito del fotografo ma
anche quello del sociologo e dello scriba. Le testimonianze sono
ovviamente raccolte tra i sopravvissuti, dato che il ricordo non può
che stare in bocca ai vivi per rinsaldare la memoria dei morti.
Fissare il ricordo significa anche non dimenticare; così almeno ci
ha insegnato l’epica, da Omero in poi che, infatti, ci fa nell’Iliade
un bell’elenco degli eroi che combattono sotto le mura di Troia.
Toscani, senza falsi piagnistei, senza alcuna concessione alla
retorica, ma con molta secchezza espressiva e con competenza
ammirevole compie questo miracolo di una narrazione
ineccepibile, costruita per mezzo di volti ripresi in primo piano
e di testi giustapposti. Il rigore grafico del bianco/nero e del
rosso è molto efficace: il nero indica il vuoto, il nulla, l’orrore
oscuro, il bianco è viaggio verso la luce, mentre il rosso scatta
come un segno violento a rivivificazione di quegli avvenimenti
lontani e indimenticabili, e che sono stati impressi sulla pelle dei
perseguitati.
Riportiamo uno stralcio dalla testimonianza di Enrico Piero, uno
che all’epoca aveva appena dieci anni, proprio perché la si ritiene
altamente significativa del dolore che la guerra, la cattiveria,
la violenza provocano alle persone, specialmente a quelle più
indifese, indipendentemente dal luogo dove sono perpetrate.
Ecco le sue parole: “Ho perso tutta la mia famiglia, sono rimasto
solo La mia infanzia è stata un calvario Però sono ancora qui, a
sessantott’anni, a raccontarvi questo”.
Grazie alla ricerca svolta da Oliviero Toscani e al libro pubblicato
da Feltrinelli. E grazie anche alla valenza simbolica dell’inedito
spazio espositivo della Risiera di San Sabba a Trieste (unico
campo di concentramento nazista in Italia dotato di forno
crematorio) dove, recentemente, è stata accolta la mostra promossa
dalla Provincia di Trieste, realizzata con il contributo della
locale Camera di Commercio e la collaborazione del Comune Assessorato alla Cultura - Civici Musei di Storia ed Arte.
L’obiettivo dell’intervento di Toscani è stato quello di ricordare
l’eccidio nazista per mezzo di un linguaggio attuale, attraverso
l’utilizzo di una fotocamera digitale e senza particolari fonti
illuminotecniche. Lo scopo è stato quello di registrare le
espressioni dei sopravvissuti che portano impressa sul proprio
volto la tragedia che nell’infanzia causò la perdita di genitori e
amici.
In effetti “L’impatto, il forte impatto che spesso caratterizza
l’opera di Toscani” dichiara Guido Cecere, titolare della cattedra
di Fotografia all’Accademia di Belle Arti di Venezia e co-curatore
della mostra triestina insieme a chi vi scrive “è ottenuto non
ricorrendo a funamboleschi effetti speciali, ma riducendo al
minimo la sintassi del linguaggio fotografico, guadagnando così in
immediatezza ed efficacia di comunicazione.
Allora, con l’occasione, abbiamo chiesto allo stesso autore se le
sue scelte progettuali lo vedranno via via allontanarsi dal settore
della pubblicità commerciale perché impegnato sui nobili fronti
della partecipazione, della solidarietà e dell’impegno civile.
“Ho sempre cercato di coniugare l’impegno con il mio lavoro
quotidiano. È l’unico modo in cui si può essere impegnati. È
inutile sfruttare il mondo e poi alla fine settimana mandare un
assegno ai bambini che muoiono di fame. Bisogna domandarsi
se con il proprio lavoro si sta facendo soffrire della gente o no,
oppure se si è fatto qualcosa di utile per capire meglio questo
mondo e per non dimenticare le tragedie del nostro recente passato
come, per esempio, l’eccidio di Sant’Anna dove furono trucidati
cinquecentosessanta civili”.
la risultante della proposta progettuale poi realizzata, sono
riconducibili a due fattori imprescindibili dettati dalla condizione
sine qua non di: a) poter disporre di una doppia pannellatura in
legno d’abete verniciata in colore nero opaco, posta specularmente,
della lunghezza totale di venti metri cadauna (con quattro metri di
luce tra un pilastro e l’altro); b) assicurando tutta l’intelaiatura
solo attraverso l’appoggio alle strutture portanti del monumento
nazionale. Lungo questo binario è stato poi appeso il materiale
fotografico composto da pannelli forex di due dimensioni. Il
formato 40x50 cm riporta sia le immagini in bianco/nero dei volti
dei sopravvissuti all’eccidio quanto dei testi, font Frutiger - 15
punti, che raccolgono le loro testimonianze; il formato 50x76 cm
riporta le frasi più significative trascritte con un corpo maggiore
(66 pt) su campo rosso Pantone 485C. A supporto dell’intero
lavoro è stata pure prevista la proiezione di un DVD, realizzato
da Toscani durante le riprese fotografiche, al fine di completare il
corpus delle memorie storiche.
Alessio Curto
A sinistra il progetto virtuale dell’impianto espositivo ideato per la
cosiddetta “Sala delle Croci”. Courtesy OLIVIEROTOSCANISTUDIO
Sotto: Oliviero Toscani ritratto all’entrata della sala espositiva.
Foto emme&emme
Infine, alcune informazioni di carattere tecnico relative all’impianto
espositivo.
La Risiera di San Sabba, stabilimento per la pilatura del riso
edificato nel 1913, venne utilizzata dopo l’8 settembre 1943
dall’occupatore nazista come campo di prigionia, e destinato
in seguito allo smistamento dei deportati diretti in Germania
e Polonia, al deposito dei beni razziati e alla detenzione ed
eliminazione di ostaggi, partigiani, detenuti politici ed ebrei. Il 4
aprile 1944 venne messo in funzione anche un forno crematorio.
Nel 1965 la Risiera di San Sabba fu dichiarata Monumento
Nazionale con decreto del Presidente della Repubblica. Nel 1975
la Risiera, ristrutturata su progetto dell’architetto Romano Boico,
divenne Civico Museo della Risiera di San Sabba.
In questo contesto gli enti pubblici chiamati a realizzare l’iniziativa
espositiva, organizzata dall’associazione culturale Juliet, hanno
dovuto operare in stretto accordo con il Comune di Stazzema,
proprietario delle opere e con il Comitato della Risiera di San
Sabba, responsabile dello spazio prescelto.
Una volta individuata la cosiddetta “Sala delle Croci”, quale
luogo ideale per allestire la rassegna fotografica, è stato lo stesso
Studio di Oliviero Toscani a fornire le indicazioni di massima sulla
tipologia dell’impianto espositivo affidando la direzione dei lavori
all’architetto Massimo Roncelli.
Le caratteristiche principali dell’intervento, che hanno determinato
Philippe Daverio, Gaetano Pesce
con Stefano Casciani,
Michael Schneider,
Plinio Martelli, Matthias Harder
15
5
A
6
B
7
C
8
D
5
E
Aldo Rossi
“9095 La Cupola”
1988 (1985)
Caffettiera espresso in fusione
di alluminio con manico in
poliammide; la caldaietta è
provvista alla base di uno
spesso disco in alluminio che
ha la funzione di para-fiamma
e favorisce il massimo sfruttamento del calore. Sono disponibili tre versioni: da cl 30
per sei tazze, da cl 15 per tre
tazze e da cl 7 per una tazza.
Prod. Alessi - Crusinallo (VB)
Alfiere
6
F
Achille e Pier Giacomo
Castiglioni
“200 Sella”
1983 (1957), sedile composto
da una sella di bicicletta da
corsa in cuoio colore nero,
asta in acciaio verniciato
colore rosa e basamento in
fusione di ghisa verniciata
colore nero.
Prod. Zanotta
Nova Milanese (MI)
Cavallo
7
G
Enzo Mari
“3087A Pago Pago”
1969, vaso da fiori in ABS
blu, giallo, verde, viola.
Scegliendo la posizione del
vaso più appropriata si può
valorizzare la composizione
floreale.
Prod. Danese Milano
Torre
8
H
design magazine
H
1
2
3
4
REGOLE
DEGLI SCACCHI
FIDE
Le Regole degli scacchi della
FIDE governano il gioco sulla
scacchiera. Il testo inglese è la
versione autentica delle Regole
degli scacchi che sono state adottate al 79° Congresso della FIDE a
Dresda (Germania) del novembre
2008, e che sono valide dal 1° luglio 2009.
In queste Regole le parole
‘egli’,‘lui’ e ‘di lui’ includono ‘ella’, ‘lei’ e ‘di lei’.
E
F
G
REGOLE DI BASE DEL GIOCO
ART. 1
LA NATURA E GLI
OBIETTIVI DELLA PARTITA
DI SCACCHI
1.1 La partita di scacchi è giocata
tra due avversari che muovono alternativamente i loro pezzi su una
tavola quadrata detta ‘scacchiera’.
Il giocatore con i pezzi bianchi
comincia la partita. Si dice che un
giocatore ‘ha il tratto’ quando la
mossa del suo avversario è stata
‘fatta’ (Vedi Articolo 6.7).
1.2 L’obiettivo di ciascun giocatore è di porre il Re avversario ‘sotto
scacco’ inmodo tale che l’avversario non abbia mosse legali. Si dice
che giocatore che raggiunge tale
obiettivo ha dato ‘scaccomatto’
all’avversario e che ha vinto la
partita. Non è permesso lasciare il
proprio Re sotto scacco, né porre
il proprio Re sotto scacco e neppure catturare il Re avversario.
L’avversario che ha ricevuto scaccomatto ha perso la partita.
B
C
D
1.3 Se la posizione è tale che nessuno dei due giocatori ha possibilità di dare scaccomatto, la partita
è patta.
ART. 2
LA POSIZIONE INIZIALE DEI
PEZZI SULLA SCACCHIERA
2.1 La scacchiera è composta da
una griglia di 8x8, pari a 64 case
uguali alternativamente chiare (le
case ‘bianche’) e scure (le case
‘nere’).
La scacchiera è posta tra i due
giocatori in modo tale che la casa
nell’angolo a destra del giocatore
sia bianca.
2.2 All’inizio della partita, un giocatore ha 16 pezzi di colore chiaro (i pezzi ‘bianchi’); l’altro ha
16 pezzi di colore scuro, (i pezzi
‘neri’).
I pezzi sono i seguenti:
un Re bianco, una Donna bianca, due Torri bianche, due Alfieri
bianchi, due Cavalli bianchi, otto
pedoni bianchi; un Re nero, una
Donna nera, due Torri nere, due
Alfieri neri, due Cavalli neri, otto
pedoni neri.
1
2
3
4
A
2.3 La posizione iniziale dei pezzi
sulla scacchiera è la seguente:
Pezzi Bianchi
Re in e1
Donna in d1
Torri in a1, h1
Alfieri in c1, f1
Cavalli in b1, g1
Pedoni in a2, b2, …, h2
Pezzi Neri
Re in e8
Donna in d8
Torri in a8, h8
Alfieri in c8, f8
Cavalli in b8, g8
Pedoni in a7, b7, …, h7
17
2.4 Le otto file verticali di case
sono dette ‘colonne’. Le otto file
orizzontali di case sono dette ‘traverse’. L’insieme lineare di case
dello stesso colore, che vanno da
un lato della scacchiera a un lato
adiacente, è detto ‘diagonale’.
ART. 3
IL MOVIMENTO DEI PEZZI
3.1 Non è permesso muovere un
pezzo in una casa occupata da un
pezzo dello stesso colore. Se un
pezzo viene spostato in una casa
occupata da un pezzo avversario,
quest’ultimo viene catturato e tolto
dalla scacchiera come parte della
stessa mossa. Si dice che un pezzo
attacca un pezzo avversario se il
pezzo può effettuare una presa in
quella casa in accordo con gli
Articoli 3.2 - 3.8.
Una casa si considera attaccata da
un pezzo anche se tale pezzo non
può essere spostato dalla casa in
cui si trova perché il Re del suo
stesso colore rimarrebbe o finirebbe sotto scacco.
3.2 L’Alfiere si può muovere in
una qualsiasi casa lungo la diagonale su cui si trova.
3.3 La Torre si può muovere in
una qualsiasi casa lungo la colonna o la traversa su cui si trova.
3.4 La Donna si può muovere in
una qualsiasi casa lungo la colonna, la traversa o la diagonale su
cui si trova.
3.5 Quando si muovono Donna,
Torre, o Alfiere non possono oltrepassare alcun pezzo intermedio.
3.6 Il Cavallo si muove in una delle case più vicine a quella in cui si
trova, ma non della stessa traversa,
colonna o diagonale.
3.7 a) Il pedone si può muovere in
avanti nella casa libera immediatamente davanti a lui della stessa
colonna, o
b) con la sua prima mossa il pedone può muoversi come in 3.7.a;
come alternativa può avanzare di
due case lungo la stessa colonna,
verificato che entrambe le case
siano libere, o
c) il pedone si può muovere nella
casa occupata da un pezzo avversario che si trova diagonalmente di fronte a lui, su una colonna
adiacente, catturando quel pezzo.
d) Un pedone che attacca una casa
oltrepassata da un pedone avversario, che è stato avanzato dalla sua
casa di origine di due case in una
sola mossa, può catturare il pedone avversario come se questo ultimo fosse stato mosso di una sola
casa. Questa cattura è legalmente
possibile soltanto in risposta a tale
avanzata ed è chiamata cattura ‘en
passant’ (al varco).
e) Quando un pedone raggiunge
la traversa più lontana dalla sua
posizione di partenza deve essere
cambiato come parte della stessa mossa, sulla stessa casa, con
una nuova Donna, Torre, Alfiere,
o Cavallo dello stesso colore del
pedone. La scelta del giocatore
non deve essere limitata ai pezzi
che sono già stati catturati. Questo
scambio di un pedone per un altro
pezzo è chiamato ‘promozione’
e l’effetto del nuovo pezzo è immediato.
3.8 a) Ci sono due differenti modi
di muovere il Re: (I) muoverlo in
una qualsiasi casa adiacente che
non sia attaccata da uno o più pezzi dell’avversario, o (II) ‘arroccando’. Questa è una mossa del
Re e di una delle due Torri dello
18
stesso colore sulla prima traversa
del giocatore, che conta come una
singola mossa del Re e si esegue
come segue: il Re viene trasferito dalla sua casa originale di due
case verso la Torre sulla sua casa
originale, quindi quella Torre viene trasferita sulla casa che il Re ha
appena attraversato.
1. Il diritto all’arrocco si perde: a.
se il Re è già stato mosso, o b. con
la Torre che è già stata mossa.
2. L’arrocco è temporaneamente proibito se: a) la casa in cui il
Re si trova, o la casa che deve
attraversare, o la casa che deve
occupare è attaccata da uno o più
pezzi dell’avversario. b) vi è un
pezzo tra il Re e la Torre con cui
l’arrocco dovrebbe essere fatto.
3.9 Si dice che il Re è ‘sotto scacco’ se è attaccato da uno o più
pezzi dell’avversario, anche se tali
pezzi non possono essere a loro
volta mossi dalla casa occupata
poiché lascerebbero o metterebbero il proprio Re sotto scacco.
Non è permesso muovere un pezzo che esponga o lasci il Re dello
stesso colore sotto scacco.
ART. 4
L’ESECUZIONE DELLA
MOSSA
4.1 Ogni mossa deve essere eseguita con una sola mano.
4.2 Verificato che abbia prima
espresso la sua intenzione (per
esempio, dicendo ‘j’adoube’ o
‘acconcio’), il giocatore che ha la
mossa può acconciare uno o più
pezzi sulle rispettive case.
4.3 Tranne quanto previsto
dall’Articolo 4.2, se il giocatore
che ha la mossa deliberatamente
tocca sulla scacchiera:
a) uno o più pezzi del proprio colore, egli deve muovere il primo
pezzo toccato che possa essere
mosso; o
b) uno o più pezzi dell’avversario,
egli deve catturare il primo pezzo
toccato che possa essere catturato; o
c) un pezzo di ciascun colore, egli
deve catturare il pezzo dell’avversario con il suo pezzo o, se ciò è
illegale, deve muovere o catturare
il primo pezzo toccato che può
essere mosso o catturato. Se non
fosse possibile determinare se il
giocatore ha toccato per primo un
suo pezzo o uno dell’avversario,
si considererà che abbia toccato il
suo pezzo prima di quello appartenente alsuo avversario.
4.4 Se un giocatore avente la
mossa:
a) deliberatamente tocca il suo Re
e una sua Torre egli deve arroccare
da quel lato, se la mossa è legale.
b) deliberatamente tocca una Torre
e poi il suo Re, non gli è permesso
arroccare da quel lato in quella
mossa e la situazione sarà governata dall’Articolo 4.3.a.
c) volendo arroccare tocca il Re,
o Re e Torre nello stesso momento, ma l’arrocco da quel lato è
illegale, il giocatore deve fare
un’altra mossa legale con il suo
Re (che può comprendere l’arrocco dall’altro lato). Se il Re non
ha mosse legali, il giocatore è libero di fare qualsiasi altra mossa
legale.
d) promuove un pedone, la scelta
del nuovo pezzo diventa definitiva
quando il nuovo pezzo ha toccato
la casa di promozione.
4.5 Se nessuno dei pezzi toccati
può essere mosso o catturato, il
giocatore può fare qualsiasi altra
mossa legale.
19
8
7
6
5
8
7
6
5
G
F
E
4.7 Non appena un giocatore deliberatamente tocca un pezzo perde
il diritto di reclamare per la violazione dell’articolo 4 da parte del
suo avversario.
H
4.6 Quando un pezzo, come mossa
legale o parte di una mossa legale,
è stato lasciato su una casa, non
può essere mosso in un’altra casa
per quella mossa.
La mossa si considera eseguita:
a) nel caso di cattura, quando il
pezzo catturato è stato tolto dalla
scacchiera e il giocatore, avendo
deposto il proprio pezzo nella nuova casa, ha rilasciato dalla propria
mano tale pezzo catturante;
b) nel caso dell’arrocco, quando
la mano del giocatore ha rilasciato
la Torre sulla casa da cui prima
è transitato il Re. Quando il giocatore ha rilasciato dalla propria
mano il Re, la mossa non è ancora completamente eseguita, ma il
giocatore non ha più alcun diritto
di fare altra mossa se non l’arrocco su quel lato, sempre che ciò
sia legale;
c) nel caso di promozione di un
pedone, quando il pedone viene
tolto dalla scacchiera e la mano
del giocatore ha rilasciato il nuovo
pezzo posizionandolo nella casa di
promozione. Se la mano del giocatore ha lasciato il pedone che ha
raggiunto la casa di promozione,
la mossa non è ancora completamente eseguita, ma il giocatore
non ha più alcun diritto di muovere il pedone in un’altra casa.
Si dice che una mossa è legale
quando tutti i parametri di rilievo
dell’articolo 3 sono stati soddisfatti. Se la mossa non è legale,
sarà sostituita da un’altra mossa in
base all’articolo 4.5.
ART. 5
LA CONCLUSIONE DELLA
PARTITA
A
20
B
www.federscacchi.it
C
5.2 a) La partita è patta quando
il giocatore che ha il tratto non
ha mosse legali e il suo Re non è
sotto scacco. Si dice che la partita
finisce per ‘stallo’. Ciò termina
immediatamente la partita verificato che la mossa che ha prodotto
lo stallo sia una mossa legale.
b) La partita è patta quando si raggiunge una posizione in cui nessuno dei due giocatori può dare
scaccomatto all’avversario con
una qualsiasi serie di mosse legali.
Si dice allora che la partita finisce
in ‘posizione morta’. Ciò termina
immediatamente la partita, verificato che la mossa che ha prodotto
la ‘posizione morta’ sia una mossa
legale (Vedi Articolo 9.6).
c) La partita è patta per accordo
tra i due giocatori durante la partita. Ciò termina immediatamente la
partita (Vedi Articolo 9.1).
d) La partita può essere dichiarata patta se un’identica posizione
sta per apparire o è apparsa sulla
scacchiera almeno tre volte (Vedi
Articolo 9.2).
e) La partita può essere dichiarata
patta se almeno le ultime 50 mosse consecutive di ciascun giocatore sono state fatte senza alcuna
spinta di pedone e senza alcuna
cattura (Vedi Articolo 9.3).
D
5.1 a) La partita è vinta dal giocatore che ha dato scaccomatto al Re
dell’avversario. Ciò termina immediatamente la partita, verificato
che la mossa che ha prodotto lo
scaccomatto sia una mossa legale.
b) La partita è vinta dal giocatore
il cui avversario dichiara di abbandonare. Ciò termina immediatamente la partita.
design magazine
Frank Lloyd Wright
“603 Midway 2”
1986 (1914)
sedia in tondino di acciaio
verniciato lucido, disponibile
nei colori bianco, rosso,
blu, grigio; sedile amovibile
e schienale imbottiti in
poliuretano espanso con
rivestimenti in tessuto (è
disponibile anche la variante
senza parte imbottita dello
schienale).
Prod. Cassina – Meda (MI)
Donna
Charles Rennie Mackintosh
“292 Hill House 1”
1973 (1902)
sedia con schienale a
graticcio in frassino tinto
nero. sedile imbottito e
rivestito in velluto esclusivo
nei colori verde e rosa.
Prod. Cassina - Meda (MI)
Re
Anna Castelli Ferrieri
“4637”
1979 (1977)
posacenere da tavolo con
bordo sagomato a raggiera
che offre un appoggio per
numerose sigarette. È dotato
del dispositivo a spegnimento
immediato del mozzicone per
mancanza d’aria.
Prod. Kartell – Noviglio (MI)
pedone
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design magazine
Paolo Pininfarina, esecutivo bottiglia
acqua minerale Lauretana, 2000
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Spazio Italia è il periodico bimestrale in-flight magazine offerto dalla compagnia aerea Air Dolomiti ai propri passeggeri. Giunto al suo ventunesimo anno di vita, da questo numero esce con una rinnovata veste grafica firmata dalla MV Consulting e frutto degli accordi stipulati con il nuovo
editore Sca - Roma. Direttore responsabile: Claudia Palamini - Coordinamento redazionale: Cristina Silvestri - Direttore editoriale: Giovanni De Luca
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CERAMIC RESIDENCE: Massimo Premuda, “Living Design for Pets”, 2010, moduli abitativi in ceramica per brevi soggiorni di piccoli roditori domestici. Fotografia e installazione courtesy Plevnik-Kronkowska galerija, Celje,
Slovenia - Ph. di Robert Ograjenšek
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Grappa del Gattinara “Luigi Francoli”, già Premio Packaging Stars - Special Star Art Direction a Giuliano dell’Orto e Premio Concorso Internazionale di Packaging - Vinitaly per Etichetta d’Oro. La Pilot Italia, per valorizzare il prodotto prestigioso, ha impiegato differenti tipologie di stampa.
Partendo da una carta bianca sono stati impiegati dei colori tipografici per creare la texture del fondo, la stampa serigrafica per dare ricchezza alle descrizioni del prodotto, argento a caldo per il sigillo centrale e, infine, una vernice a rilievo per la decorazione e la valorizzazione del logo Francoli
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Dopo 3 anni ha preso corpo e struttura il Temporary Museum for New Design, al Superstudio Più, seguendo il concept “meno fiera e più museo”. Superstudio Group, nelle due grandi location di proprietà, è di fatto in
Milano il centro culturale ed espositivo privato più importante della città per il design. Il progetto è di Gisella Borioli con l’art direction di Giulio Cappellini
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Nel 1962 nasce a Merano Flos, per produrre lampade moderne. Nel 1964 entra in azienda Sergio Gandini e la sede viene trasferita nei pressi di Brescia. Nel 1974 acquisisce Arteluce e apre il nuovo stabilimento a Bovezzo
(Brescia). Da sin. verso dx e dall’alto in basso alcuni designer Flos: E. Barber, H. Buschfeld, A. Citterio, P. Cocksedge, T. Derhaag, R. Dordoni, R. Gilad, J. Morrison, J. Osgerby, P. Starck, P. Urquiola e M. Wanders
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Il Gruppo Artemide è uno dei leader mondiali nel settore dell’illuminazione residenziale e professionale d’alta gamma. Con sede a Pregnana Milanese (MI), l’azienda ha un’ampia presenza distributiva internazionale in cui
spiccano gli showroom monomarca nelle più importanti città del mondo. Fondata nel 1960 da Ernesto Gismondi e Sergio Mazza, Artemide è nota per la sua filosofia “The Human Light” promossa da Carlotta de Bevilacqua.
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“click-switch”
“L’interruttore Switch
è tra gli oggetti che io
amo di più”
ACHILLE CASTIGLIONI
Click-switch è il famoso interruttore rompifilo disegnato nel 1968 da Achille e
Pier Giacomo Castiglioni per la VLM
di Buccinasco (Milano). “L’oggetto di
cui sono più orgoglioso? L’interruttore
rompitratta, disegnato con mio fratello.
Prodotto in grande numero, è acquistato
per le sue qualità formali e nessuno, nei
negozi di materiale elettrico, ne conosce
l’autore. È piacevole da tenere in mano,
ha un bel rumore… e spesso quando entro in una camera d’albergo in giro per
il mondo, e allungo la mano per cercare
l’interruttore dell’abat-jour, trovo il nostro
rompitratta”. Dagli studiosi è considerato
il progetto più ‘ideologico’ firmato dal
grande maestro del design italiano.
SOLO VANTAGGI
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Prezzo bloccato
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l’abbonamento non subirà modifiche
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ISSN 2036-2773
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alla scuola).
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Spedire a: Garavello Editore
Via Marconi 33/C - 28075 Grignasco (NO)
© Alessandro Paderni
Paolo Ferrari, Achille Castiglioni,
Electa, Milano 1984, pp. 132-133;
Silvia Giacomoni e Attilio Marcolli,
Designer italiani, Idealibri, Milano
1988, pp. 135, 141; Enrico Arosio (a
cura di), Achille Castiglioni: gli interni? Impossibile, in “Abitare”, 1993,
323, novembre, p. 130; Beppe Finessi
(a cura di), Interruttore rompitratta,
in “Abitare”, 1998, 375, luglio, p. 98;
Paola Antonelli, Steven Guarnaccia,
Achille Castiglioni, Maurizio Corraini,
Mantova 2000; Sergio Polano, Achille
Castiglioni. Tutte le opere 1938 - 2000,
Electa, Milano 2001, p. 252; Francesca
Appiani (a cura di), Design interviews.
Achille Castiglioni, Museo Alessi –
Maurizio Corraini 2007, p. 17,-18.
3 numeri Juliet design magazine
+ “click-switch” + Juliet art + photo
a soli 45,00 euro*
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vol. 1 / December 2008 - March 2009
15,00
E-mail: [email protected]
Web site: www.julietdesignmagazine.it
*Prog. abb. 2011. Offerta valida solo per l’Italia
E-MAIL
Cara Cristina Morozzi,
sei il mio mito. Innanzitutto ti trovo proprio bella: in tempi di veline, escort e
ministre - modelle, guardandoti mi congratulo con me stessa per far parte del
mondo della cultura e non di quello dello spettacolo o della politica. Partiamo dai
capelli: fantastici nel colore, che era rosso fiamma una volta ed è bianco neve
oggi. Secondo: l’eleganza speciale del tuo abbigliamento. Porti bene qualunque
cosa ti metti addosso. Ma i tuoi abiti non sono mai qualunque: sei eccentrica,
ed è quello che mi piace più di tutto, perché ritengo l’eccentricità una prova di
coraggio.
Il coraggio l’hai dimostrato nella vita in generale - penso ai tuoi molteplici ruoli di
moglie, madre, professionista, cosa che per me fa già punteggio - e nel tuo lavoro
in particolare: ti conoscevo come giornalista e mi piaceva - e piace tuttora leggerti. Ora ti conosco anche per la straordinaria avventura di Skitsch. Ed è
proprio Skitsch a portarti in Friuli Venezia Giulia perché qui è la terra dei terzisti di
valore, snobbati per un po’ in favore della mitica Cina, oggi in fase di riscoperta.
Questo me l’hai detto proprio tu, e di questo mi piacerebbe parlare con te, magari
partendo dal ricordo di un’amica comune: con Tersilla per me è scomparso
un importante punto di riferimento mentale, il collegamento tra il centro e
la periferia del design. Per anni lei è stata l’unica a dirmi una parola vera in
risposta alle domande che talvolta le facevo. È stata anche l’unica curiosa che
chiedeva cosa si faceva di nuovo in questa terra lontana, dalle cui dolci colline,
stupende montagne, mare meraviglioso raramente trapela qualche notizia
inerente il Design.
Eppure proprio dalla periferia partono segnali che potrebbero essere emblematici
di come si sta muovendo il mondo della produzione. È qui che oggi gli artigiani
da una parte annaspano a causa della delocalizzazione, dall’altra mostrano una
nuova faccia dove la maestria si combina con tecnologia e ecologia - come si
è visto nella mostra UDESIGN. Da qui partono e partivano i giovani designer
per andare a Milano sperando di farsi notare con prototipi e manufatti d’ogni
genere, partecipando a mostre e fuori saloni. Dopo non accadeva proprio niente,
l’interesse durava l’espace d’un matin. Continuiamo a lavorare qui, avvolti dalla
riservatezza.
Con questo voglio dire che le connessioni sono davvero difficili e che il futuro
sempre di più si connota come un universo infinito di pianeti sparsi, dove i
riferimenti sono sempre e solo interni ed ogni pianeta deve guadagnarsi il
proprio posto al sole: nella vita, nel lavoro, nel Design, nel mercato. Come farsi
portavoce di un’identità culturale senza dimenticare che si è parte di un tutto?
Come mantenere le “connessioni”? Questo è il problema che serpeggia a tutti i
livelli della società, anche nel nostro piccolo mondo del Design.
Anna Lombardi
gennaio 2011
POST SCRIPTUM - Ci tengo a dirti che ho deciso di usare la formula della
“Lettera a …” in omaggio ad Alessandro Mendini, che scriveva i redazionali di
Domus in questa forma, quando ne era direttore. Naturalmente era una maniera
per fare delle riflessioni sui temi di Design che gli stavano a cuore.
È così anche per me.
Allegati:
PRATO FIORITO
Design: Carmen Marchese
Produzione: Carmen Marchese, 2004
Un prato a misura di collo: un girocollo che unisce
l’ originalità del decoro alla particolare tecnica di
ricamo. Perfetto per chi ama un effetto etno-chic
DOVE
Design: Tomoko Azumi
Produzione: Zilio Aldo, 2010
Cestino getta-carta realizzato in sottile e
flessibile multistrato di legno. Un buon
esempio di ecodesign: studiato per
minimizzare al massimo l’impatto ambientale
lungo tutto l’arco di vita del prodotto
CARPET DIEM
Design: Giorgio Drasler, Noindu
Produzione: Noindu, 2010
Tappeti realizzati in film lignei, flessibili, ultrasottili.
Il taglio laser genera una superficie narrativa che,
in questo caso, è mutuata da un mosaico d’epoca
augustea, situato a Cividale del Friuli
31
REPRINt
Tratto da / taken from: Juliet n. 21,1985, p. 16
INTERVISTA A DENIS SANTACHIARA
Sei stato uno dei primi artisti
a servirti del computer per fini
estetici; ci puoi raccontare questa
esperienza?
Il primo lavoro che ho fatto con il
computer è del 1976 e lo presenta
alla Sala Polivalente di Ferrara.
Era un lavoro che riguardava
l’ambiente della sala stessa e
aveva la caratteristica di usare
il computer per le possibilità del
“software”.
L’importanza del computer come
“software” sta nella memoria,
nel programma, nelle possibilità
di interazione comunicativa che
esso ha. Infatti, esso deve essere
usato per queste qualità, e non,
come vedo in alcuni casi, come
mezzo di registrazione del segno,
alla stregua di un pantografo.
Lo stesso discorso vale per la
facilità con cui certa critica usa il
termine “soft” per indicare tutte
quelle forme morbide, ondulate
e colorate, mentre attribuiscono
a quelle “hard” forme spigolose
e colori grigi. Questa lettura, a
mio parere, è ingenua, perchè non
dice esattamente le possibilità del
“software” e ne fa una caricatura
metaforica.
Recentemente hai curato
una mostra intitolata “La
Neomerce”; ci parli di questo
concetto?
In questa mostra, sponsorizzata
anche culturalmente dalla
Montedison, e di cui Pasquale
Alferi ha curato l’immagine, ho
voluto chiamare designer e stilisti
che propongono oggetti in cui
viene privilegiato la qualità di una
progettazione immateriale, tramite
l’uso di tecnologie sofisticate.
Questi oggetti sono soprattutto
piccoli e poco pesanti, ma molto
artificiali e artificiosi; e ciò al di là
che siano oggetti per intrattenere
o di grande utilità. Faccio qualche
esempio: la cartolina postale di
Franco Raggi, in cui il messaggio
da scritto diviene registrato,
oppure le scarpe sonore di Nick
32
Prima operavi all’interno di
quello che comunemente viene
definito il campo delle arti
visive, ora sei piuttosto ancorato
su quello del design, perché
questo spostamento?
Mi sembra che tu credi nella
Entrato nella logica di usare
costruzione dei sogni.
l’artificio come mezzo espressivo,
La cultura occidentale ha
mi sono reso conto che l’arte
sempre pensato alla vita come
era insufficiente, per cui, a
separazione: sogno/veglia,
un certo punto, ho smesso
anima/corpo,
di rappresentare gli oggetti,
razionale/irrazionale; mentre io
perché ho capito che loro erano
scelgo la possibilità del realismo
utopico, in cui si vive direttamente il rappresentabile. Da questo
discorso è nata la possibilità
quello che nell’arte è demandato
di fare degli oggetti un mezzo
a un gioco di simboli. Questa
espressivo caricato di simboli,
possibilità può esprimersi
concretamente con una aggancio ai di significati, di comunicazione,
sensi, perciò ho iniziato a lavorare per cui la merce non è più arte
applicata, ma una autonoma
in questa direzione con “La casa
onirica” o “Letto per Motel”, dove espressione essa stessa. Questo
per dire che con la merce
c’è una ricercata intenzione per
intelligente la vita entra nel
lo stupefacente, per l’intenzione
pensiero e viceversa attraverso le
diretta con i sensi, prima di una
qualsiasi elaborazione concettuale cose stesse.
e teoretica. Il mio è un modo di
Mi sembra che questo mondo
lavorare che, come quello del
animato, a cui tu cerchi di dare
prestigiatore, mascherando le
cause, privilegia l’effetto; anzi devo vita, abbia delle ascendenze
dire che più le cause sono celate e culturali con gli automi che
più l’effetto diventa interattivo e ciò si costruivano prima della
rende necessaria la simulazione del rivoluzione meccanica,
dove le macchine venivano
reale.
antropomorfizzate per farle
accettare e un mondo che non le
Con i tuoi sogni/utopie mi
conosceva e che di conseguenza
sembra che ti opponi alla
ne aveva paura.
tendenza nichilista che da
Nella presentazione che ho fatto
più parti si sta cercando di
a “La Neomerce” c’è una voce
accreditare.
La tendenza al nichilismo rientra in che riguarda “I Precedenti”, che
parla proprio di questo problema.
quel gioco della contrapposizione
In tal senso c’è una curiosità
polare della cultura occidentale.
culturale, ed è che i romantici,
Questo nel mio lavoro può anche
ostili alle macchine, erano
interessarmi sul piano degli
affascinati dagli automi. Questo
avvenimenti culturali, ma non mi
mi aiuta a dimostrare come il
riguarda direttamente, perché
concetto di artificio,
alla fine questi due poli si stanno
squagliando sulla realtà artificiale, in cui la tecnica non si rivela,
e alla fine la finzione è preminente perché mostra solo il suo effetto, è
la base essenziale per
sulla “verità” cercata dai filosofi.
mettere in pratica quello che
Ma tutto ciò non mi riguarda
creo, e ciò mi lega indubbiamente
in quanto opero su una terza
agli automi.
possibilità immaginifica, che non
ammette la specializzazione
Giacinto Di Pietrantonio
dei poli.
di Maggio, che prima erano
nate per fini terapeutici, mentre
ora sono diventate un oggetto di
intrattenimento.
A cura di / by Garavello Editore - Grignasco (NO)
Eleonora Garavello - Alessio Curto
Una vita ben spesa
Il sublime al Supermercato
CATALOGO RAGIONATO DEI PRODOTTI DAL PLUS VALORE AGGIUNTO
GARAVELLO EDITORE
Il primo dizionario che traccia in modo
sintetico, ma rigoroso, la storia dei prodotti ‘d’autore’ in vendita nei supermarket e delle relative industrie che li hanno
realizzati.
,O ULFFR DSSDUDWR LFRQRJUDÀFR RUJDQL]zato per case historyHELRJUDÀHDLXWDD
percorrere le tappe, i momenti e le personalità di una situazione artistica esclusiva
e, incredibilmente, alla portata di tutti.
Infatti, nel volume c’è un’ampia scelta
di esempi riconducibili all’esperienza
diretta del lettore che, tutti i giorni, si impegna con il carrello della spesa (qui ben
simbolizzato dalla seduta “ Consumer’s
Rest”, pubblicata in copertina e progettata da Frank Schreiner per Stiletto nel
1983.
Attraverso una vera e propria ricognizione mirata vengono messi in luce alcuni articoli, scelti opportunamente tra
gli altri esposti sugli scaffali, in grado
di conglobare riferimenti riconducibili a
correnti artistiche e modalità di pensiero che attingono simultaneamente a una
SOXUDOLWjGLIRQWLLFRQRJUDÀFKHUDGLFDWH
nella cultura e nell’immaginario di massa della nostra società.
In questo libro si incontrano -in rigoroso
ordine alfabetico- architetti, art director,
artisti, attori, copywriter, critici d’arte,
GHVLJQHUIRWRJUDÀGLVHJQDWRULGLIXPHWWLJUDÀFLUHJLVWLHVWLOLVWLFKHDWWUDYHUVR
BOOKS
un serrato racconto di connessioni inattese, ci offrono (con il loro eccellente lavoro) l’opportunità di scegliere bene per
vivere meglio.
Arte e design, in questo senso, possono
fare molto.
Un excursus sulla storia della cultura
del progetto vista attraverso un ampio e
curioso panorama di alcuni dei maggiori creativi alle prese con la ideazione, la
progettazione e la promozione della -per
noi- più scontata merce posta in vendita
tra gli indistinti ripiani di un grande magazzino.
Dai primi del Novecento con Dudovich,
D’Annunzio e Depero, attraverso le
sperimentazioni degli anni ’50 -’70 di
&DUERQL +XEHU H 0XQDUL ÀQR DOOH SL
recenti esperienze concepite da Fellini,
Testa e Pirella, gli autori dell’abbeceGDULRULDQQRGDQROHÀODGHOODWUDGL]LRQH
ÀJXUDWLYDFRQODFRQWHPSRUDQHLWj
Non si tratta di una strategia consolatoria in un momento di crisi dell’economia
nazionale e mondiale, ma di un modo per
ULWURYDUH LO VLJQLÀFDWR GHOOD YLWD H GHOOH
relazioni interpersonali.
UNA VITA BEN SPESA.
IL SUBLIME AL SUPERMERCATO
Catalogo ragionato dei prodotti dal plus valore aggiunto
AUTORI: Eleonora Garavello e Alessio Curto (a cura di)
EDITORE: Garavello Editore
ISBN 978-88-904326-2-0
PREZZO: 25 euro
(WLFKHWWHVHQ]DLQJDQQL è il titolo del libro scritto da Roberto La
Pira per Editrice Consumatori di Bologna (collana “Quaderni dei
consumatori”, 160 pagine) e riporta in copertina il celebre quadro di
Andy Warhol “Can of Campbell’s soup” (1964) New York – Leo
Castelli Gallery. Un’immagine icona come pretesto per introdurre
l’argomento preso in esame. Che cosa c’è dentro la scatola? Se
vuole fare i suoi acquisti a ragion veduta, il consumatore sa che
non può affidarsi soltanto alle suggestioni della pubblicità. Deve
imparare a conoscere caratteristiche e contenuti reali del prodotto:
per questo la prima cosa da fare è leggere con attenzione l’etichetta
e interpretarla correttamente. Ma non sempre è facile, occorre saper
distinguere tra le informazioni davvero utili e le scritte di contorno.
Il volume ci dice come trarre indicazioni giuste da ciò che troviamo
scritto sui prodotti, ma ci svela anche i segreti e le piccole furbizie,
apre gli occhi del consumatore e lo aiuta a fare meglio le sue scelte.
È un testo che non poteva mancare in questa collana, in linea con
l’impegno di Coop per l’informazione dei consumatori e con le iniziative che da anni la vedono all’avanguardia nell’etichettatura dei
prodotti. Roberto La Pira è giornalista professionista e tecnologo
alimentare, ha operato per 12 anni al Comitato consumatori, è stato
direttore di Altro Consumo, collabora con diverse testate.
persone e istituzioni interessate a creare nuove prospettive che
portino oltre le diversità culturali. Michelangelo Pistoletto, nato
a Biella nel 1933, è annoverato tra i maggiori esponenti dell’arte
povera, una delle più importanti concorrenti artistiche del secondo
dopoguerra. Dal 1991 al 1999 è professore all’Accademia di Belle
Arti di Vienna e nel contempo avvia a Biella il centro multiculturale e plurisettoriale “Cittadellarte”. Pistoletto ha esposto le proprie
opere nelle maggiori rassegne internazionali come la Biennale di
Venezia, Documenta a Kassel, in Germania, e la Biennale di San
Paolo del Brasile. Ha tenuto inoltre mostre personali nei maggiori
musei del mondo quali il Museum of Modern Art di San Francisco,
Palazzo Grassi di Venezia, P.S.1 di New York e il National Museum
of Contemporary Art di Seul. Dal 2003 è stato insignito del Leone
d’Oro alla carriera alla 50° Biennale di Venezia a cui ha partecipato
con l’ufficio di “Love difference” - movimento artistico per una
politica intermediterranea”.
illycaffè è stata fondata nel 1933 da Francesco Illy. L’azienda produce e vende in tutto il mondo un unico blend di caffè espresso di
alta qualità composta da nove tipi di pura Arabica. Dall’equilibrio
di questi ingredienti provenienti da Sud America, America Centrale,
India e Africa nasce l‘inconfondibile gusto e aroma illy, sempre
costante, in ogni tazzina, in qualsiasi parte del mondo la si beva. Il
blend illy è destinato ai settori HoReCa (hotel, restaurant, café), al
consumo a casa e in ufficio; a seconda dei canali è disponibile in
barattolo (grani o macinato), in capsule o in cialde. Oggi il blend
è commercializzato in oltre 140 Paesi, in tutti e 5 i continenti,
ed è servita in più di 50.000 esercizi pubblici. Con l’obiettivo di
offrire un‘esperienza completa ed eccellente della tazzina di caffè,
l’azienda ha messo a punto una serie di elementi e strumenti che
contribuiscono alla perfetta fruizione: dai luoghi di consumo - con
la catena espressamente illy, la rete di caffè all’italiana in franchising e il programma Artisti del Gusto, rete internazionale che
illycaffè ha studiato per valorizzare e accrescere la professionalità
dei migliori locali - ai sistemi di preparazione e alle macchine per il
caffè. Grande attenzione è rivolta alla cultura del caffè,, per questo
l’azienda ha creato l’Università del caffè. I suoi corsi sono pensati a
diversi livelli di approfondimento e sono dedicati alla formazione di
coltivatori, esercenti e addetti di pubblici esercizi, consumatori ed
MARK KOSTABI
BARATTOLO
illycaffé lancia sotto il marchio illy Art Collection due edizioni esclusive e a tiratura limitata del barattolo da caffè da 250
gr. serigrafato Love Difference Graffiti e Love Difference
Mediterraneo, entrambi ideati da Michelangelo Pistoletto, uno
dei maggiori artisti italiani riconosciuto a livello internazionale.
Protagonista di una speciale tazzina illy Art Collection nel 2004,
“Love Difference” è un movimento artistico con lo scopo di raccogliere attorno alle regioni che si affacciano sul Mar Mediterraneo
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Disegno di E. T. De Paris. 1995