RASSEGNA STAMPA CGIL FVG – mercoledì 11 gennaio 2017

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RASSEGNA STAMPA CGIL FVG – mercoledì 11 gennaio 2017
RASSEGNA STAMPA CGIL FVG – mercoledì 11 gennaio 2017
(Gli articoli di questa rassegna, dedicata prevalentemente ad argomenti locali di carattere economico e sindacale, sono
scaricati dal sito internet dei quotidiani indicati. La Cgil Fvg declina ogni responsabilità per i loro contenuti)
ATTUALITÀ, ECONOMIA, REGIONE (pag. 2)
«In Fvg duemila profughi di troppo» (Piccolo)
Popolari, primi sì al piano Ma gli industriali frenano (Gazzettino)
Federconsumatori: avanti con le azioni legali (M. Veneto)
Ossessione Gender. Proteste per lo show (M. Veneto)
In bilico il nuovo concorso per il Nue 112 (M. Veneto)
Intercity cancellati, la Regione accusa. Silenzio da Trenitalia (M. Veneto)
Investimenti e nuovi mercati. Tonon: soltanto così si cresce (M. Veneto)
Il diktat di Hollande a Fincantieri sull’acquisto di Stx (Piccolo)
Mazzette della Pilosio, funzionario sotto torchio (M. Veneto)
CRONACHE LOCALI (pag. 11)
Governance e nodi in porto, pressing di operatori e Cgil (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
La sosta garantita a Panzano sloggia 350 auto di cantierini (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
Uti nel caos, il nodo dei soldi delle multe (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
Romoli boccia il nuovo piano sanitario (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
Il centrodestra sfratta la Casa delle culture (Piccolo Trieste)
Nuovo “tridente” in Porto. Spunta l’ipotesi Monassi (Piccolo Trieste)
Ospedali, i tagli entro l'anno ammontano a 156 posti (Piccolo Trieste, segnalazioni)
Polizia locale, la rivolta degli ufficiali (Gazzettino Udine)
Stoppati i nonni vigile (M. Veneto Udine)
Provincia, uffici quasi deserti ma tutto riscaldato (Gazzettino Pordenone, 2 articoli)
Dalle Uti alla sanità, le sfide dei pensionati della Fnp Cisl (M. Veneto Pordenone)
Comune e volontari, trovato un tetto per undici profughi (Gazzettino Pordenone)
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ATTUALITÀ, ECONOMIA, REGIONE
«In Fvg duemila profughi di troppo» (Piccolo)
di Diego D’Amelio - Centrodestra e centrosinistra si dividono davanti alla strategia indicata dal
prefetto Mario Morcone per normalizzare la questione dei richiedenti asilo in Friuli Venezia Giulia,
obbligando di fatto i 126 comuni estranei all’accoglienza diffusa a ospitare una parte dei profughi
che al momento congestionano la situazione dei capoluoghi. Le parti politiche accolgono in modo
molto diverso la road map indicata dal capo del dipartimento Immigrazione del Viminale: se giunta
regionale e Pd sposano il piano, l’opposizione attacca. L’Anci Fvg assume invece un atteggiamento
pragmatico, che apre alle richieste di Morcone ma chiede nel contempo il rispetto delle quote
assegnate dal ministero dagli Interni. L’osservanza delle proporzioni è pretesa anche da Forza Italia
che, con Riccardo Riccardi, chiede «il trasferimento dei duemila immigrati in più presenti in Fvg
rispetto alla quota del 2,5 per mille prevista dagli accordi Stato-Regione». Riccardi attacca la
presidente Debora Serracchiani, che «difende il governo e non il Fvg, accettando i diktat dello
Stato. Prima di dirci cosa dobbiamo fare, lo Stato ci spieghi come vengono identificati gli immigrati
e come si rispedisce a casa chi non ha diritto allo status di rifugiato». Massimiliano Fedriga (Lega
Nord) si spinge a chiedere la rimozione di Morcone: «È inaccettabile che imponga ai Comuni
l’accoglienza degli immigrati. Un vero e proprio diktat accolto naturalmente con favore dalla
Serracchiani». Il presidente dell’Anci Fvg, Mario Pezzetta, ingoia invece il rospo della linea
Morcone, chiedendo tuttavia di «partire dal rispetto del tetto di 2,5 migranti ogni mille residenti
fissato nell’accordo col Viminale. La proporzione è già sforata in Fvg, con problemi evidenti nei
quattro capoluoghi: prima di esercitare inutile pressione sui piccoli Comuni, bisognerebbe spostare
in altri territori le quote eccedenti». Pezzetta sottolinea che «nell’accordo con il ministero si era
parlato di libera volontà di adesione dei Comuni: peraltro lo stesso Morcone ha parlato di un
modello Fvg che funziona». Il presidente di Anci Fvg passa quindi al “che fare”: «I prefetti
reperiscano pure sul mercato privato gli alloggi che molti piccoli Comuni non hanno nelle proprie
disponibilità. Venga però rispettata la quota del 2,5 per mille, per evitare squilibri fra residenti e
profughi». Ciò su cui Pezzetta si sofferma particolarmente è l’auspicio del cambio della «qualità»
dei migranti, come la definisce: «I Comuni sono interessati all’accoglienza, se si tratta di persone
che vogliono rimanere qui davvero. Oggi i richiedenti sono giovani, maschi, afgani e pakistani:
decisamente meglio sarebbe ospitare famiglie con bambini, più disponibili a integrarsi. E per
integrare servono anche gli incentivi ai Comuni e investimenti per progetti di lavoro socialmente
utile, su cui la Regione ha già fatto qualcosa». La giunta sostiene dal canto suo la strategia di
Morcone: «Se i numeri riescono a essere tenuti sotto controllo - rimarca l’assessore Gianni Torrenti
- dobbiamo ringraziare l’attenzione del Viminale verso la nostra regione e in particolare del prefetto
Morcone». Per Torrenti «riconoscenza dovremmo avere anche verso quelle regioni che hanno
accolto profughi trasferiti dal nostro territorio: forse le stesse verso cui il generoso Riccardi vuole
mandare altri duemila migranti». Intanto il Pd difende il fortino dalle critiche: per Diego Moretti «la
situazione è complicata, ma a chi grida a cambi di rotta, a chi pretende la testa di Morcone, a chi
avanza tesi di subalternità della Regione al governo, rispondiamo che noi sosteniamo da lungo
tempo posizioni di buonsenso. La richiesta di trasferimenti di migranti è già stata sostenuta in
passato dalla presidente Serracchiani, che ha ottenuto più volte che il nostro territorio fosse
alleggerito. Non prendiamo lezioni da chi ha fallito in passato, a partire dalla legge Bossi Fini che è
stata l’inizio di tutti i problemi della gestione dell’immigrazione». Sulla stessa linea la segretaria
regionale Antonella Grim: «Abbiamo sempre detto che i territori devono essere coinvolti, ma è
altrettanto importante che tutti facciano la propria parte: il peso dell’accoglienza non può essere
sopportato solo da alcuni comuni. Lo Stato non vuole imporre diktat, ma deve aiutare i territori più
sotto pressione».
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Popolari, primi sì al piano Ma gli industriali frenano (Gazzettino)
Maurizio Crema - Risarcimenti, già siglati 50 accordi a Vicenza. Linea dura dei consumatori:
offerta irrisoria E Confindustria contesta l'esclusione delle società di capitali e il tetto dell'80% delle
adesioni
Partenza a razzo per la proposta di transazione lanciata lunedì da Popolare Vicenza e Veneto Banca
che punta a raccogliere l'adesione di circa 135mila soci. Ma arrivano anche le nette bocciature da
parte delle associazioni consumatori e le riserve delle Confindustrie locali, che lamentano
l'esclusione delle società di capitali.
Nel primo giorno di lancio dell'offerta a Vicenza festeggiano i primi 50 accordi già firmati con un
rimborso di 9 euro per azione (con altre 250 manifestazioni di interesse) e a Montebelluna parlano
di altri 250 contatti già avviati tra numero verde, telefonate e visite in filiale. Ma da Confindustria
arriva un altolà. «La proposta di 9 euro ad azione non è da respingere a priori - commenta Tiziano
Vescovi, presidente di Confindustria Vicenza, associazione da oltre duemila soci in passato molto
vicina alla Popolare - ma notiamo infatti l'assenza delle società di capitali tra i soggetti che possono
aderire all'Offerta. Un'assenza importante per il tessuto economico e che finisce col penalizzare
molte imprese due volte: la prima perché le lascia fuori dalla possibilità di rimborso tombale; la
seconda perché queste società, trovandosi a dover mettere in bilancio le perdite legate alla banca,
potrebbero alla fine avere un impatto negativo a livello di rating bancario. Questo è un costo occulto
che peserà sulle prospettive di sviluppo delle aziende. Mi auguro, a questo punto, che le società di
capitali vengano inserite almeno nella categoria degli azionisti cosiddetti scavalcati. In caso
contrario alle società di capitali non resterà che proseguire nelle azioni legali già considerate o
intraprese». Per gli scavalcati - circa 500 in BpVi e 200 per la Veneto - è previsto un rimborso
molto più pesante del 15% ipotizzato per i piccoli azionisti. E in ogni caso dalle due ex Popolari
filtra la disponibilità a trattare di persona con gli imprenditori. «Non mi piace anche la presenza
della condizione sospensiva, fissata nell'adesione alla proposta da parte dell'80% degli azionisti aggiunge Vescovi -. Appare come una spada di Damocle, scaricando ulteriore tensione e
preoccupazione sugli azionisti. Ne abbiamo già sperimentate abbastanza». «La proposta di
conciliazione merita di essere valutata con attenzione - avverte Maria Cristina Piovesana, presidente
di Unindustria Treviso -. Vi è innanzitutto il riconoscimento morale del danno subito dagli azionisti
e ha una sua dignità anche dal punto di vista finanziario. Proprio in questa prospettiva non è
comprensibile perché siano escluse dalla proposta le società di capitali che detengono azioni delle
due banche, spesso per importi significativi. Per queste aziende, e sono in molti casi le piccole e
medie srl manifatturiere che caratterizzano il nostro tessuto produttivo, al danno della perdita si
aggiungerebbe la beffa di un peggioramento del loro merito di credito. Anche la soglia da
raggiungere, ben l'80% degli azionisti, appare molto elevata e ci auguriamo non risulti irrealistica.
Crediamo che per provare a ripartire ogni transazione rappresenti un problema in meno».
Le associazioni dei consumatori sono già sulle barricate. Il Movimento Consumatori, che «assiste
quasi mille azionisti», parla di «offerta ridicola». Adusbef e Federconsumatori definiscono
«inaccettabile» l'offerta, che «dimostra colpa grave da parte dei banchieri, gravissima di Bankitalia
e Consob». «È un buon punto di partenza, da integrare però con la proposta presentata da noi
qualche mese fa, che prevede la emissione ed assegnazione ai soci di bond a scadenza variabile e
cedola crescente a fronte della cessione di crediti in sofferenza. Si arriverebbe ad un rimborso non
inferiore al 30-35% di quanto investito», avverte Francesco Celotto, vicepresidente Associazione
soci banche popolari venete.
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Federconsumatori: avanti con le azioni legali (M. Veneto)
di Michela Zanutto - Federconsumatori non arretra di un passo davanti alla proposta di BpVi e
Veneto Banca. Il ristoro del 15 per cento delle perdite «non ci accontenta né soddisfa» avverte la
presidente del Friuli Venezia Giulia, Barbara Puschiasis, che rappresenta 3 mila 500 soci
risparmiatori. Avanti con le azioni penali e civili, nella speranza di giungere a un tavolo di
conciliazione che valuti le situazioni caso per caso. Nelle prossime settimane è in calendario
un’assemblea a Udine per incontrare gli azionisti e stasera un convegno in Camera di commercio. Il
punto è tutelare il risparmio e la fiducia. «La proposta – ribadisce Puschiasis – non è minimamente
vicina alla prospettiva dei soci. La truffa e le violazioni sono troppo grandi per mettere tutto a tacere
in questo modo». Ecco perché Federconsumatori non ha nessuna intenzione di lasciare cadere le
azioni penali e civili già intraprese. L’obiettivo è sfiancare la resistenza per giungere a una
mediazione (ben diversa da quella proposta a Padova). «Speriamo che con la banca si possa aprire
un tavolo di conciliazione – spiega Puschiasis – in cui affronteremo le posizioni una a una e con
criteri oggettivi». BpVi e Veneto Banca prevedono un ristoro del 15 per cento oltre a una proposta
commerciale abbinata per recuperare almeno in parte quanto perso. Un piano che complessivamente
coinvolge 94 mila soci di BpVi e 75 mila di Veneto Banca che hanno acquistato azioni dal 1º
gennaio 2007 (le precedenti non si possono più rivendicare per legge) al 31 dicembre 2016. I soci
hanno tempo per aderire alla proposta fino al 15 marzo e sarà valida soltanto se otterrà l’80 per
cento di adesioni. Escluse le vittime delle operazioni baciate (la concessione di fidi in cambio
dell’acquisto di azioni). Federconsumatori ritiene la proposta insoddisfacente e va avanti con le
azioni. «O le banche tratteranno caso per caso le posizioni prevedendo un giusto risarcimento nel
caso di violazioni della normativa di riferimento o altrimenti la fiducia non potrà essere recuperata –
è la posizione di Federconsumatori –. Stiamo tutti uniti e muoviamoci assieme per ottenere
giustizia. Noi non ci fermiamo». L’associazione che tutela i consumatori ritiene che una proposta
uguale per tutti non sia equa. «Non si possono mettere nelle medesime condizioni chi impegna in
azioni 6 mila euro e chi ne mette 100 mila – sostiene Puschiasis –. Chi acquista azioni soltanto con
un istituto di credito e chi invece detiene portafogli ben più ingombranti». Capitolo a parte meritano
gli azionisti della Popolare udinese (acquistata da BpVi). Perché chi ha investito i risparmi prima
del 2007 non vedrà un solo euro. «Vent’anni di investimento non possono essere considerati una
speculazione – tuona Puschiasis –. Quei fondi non sono mai stati disinvestiti perché la banca non
aveva fornito le corrette informazioni sul suo stato patrimoniale. E qui si configura il reato di
aggiotaggio». Oggi alle 18.30 la sala Valduga della Camera di Commercio di Udine ospita il terzo
appuntamento della serie “Risorse per una nuova educazione finanziaria” che affronterà anche i casi
delle due popolari venete. Al termine della riunione le telecamere del programma di Rete 4 “Dalla
vostra parte” si accenderanno in diretta da piazza Venerio.
4
Ossessione Gender. Proteste per lo show (M. Veneto)
di Donatella Schettini - La storia, rivolta a una fascia d’età dagli 8 ai 13 anni, racconta di un
bambino gender creative, che non ha ancora deciso se essere un maschio o una femmina, o meglio,
vorrebbe essere tutti e due: nei giorni pari maschio, nei giorni dispari femmina. E vorrebbe andare a
Samoa dove ci sono i Fa‘afa ne, persone che non hanno un’identità maschile o femminile definita.
Una sorta di “terzo genere”, come lo ha definito il National Geographic, ricevendo le critiche
dell’Associazione pediatri americana. Rilievi che piombano in Friuli dopo che lo spettacolo, dal
titolo “Fa’afafine. Mi chiamo Alex e sono un dinosauro”, è stato programmato nei teatri di Udine,
Pordenone e Cervignano dal 23 al 25 gennaio per alcune scolaresche nell’ambito dei progetti di
avvicinamento al teatro. Così se l’autore Giuliano Scarpinato l’ha definito uno spettacolo, prodotto
dal Css di Udine (che ha vinto il premio Scenario Infanzia 2014 ed è già andato in scena a Udine nel
mese di ottobre scorso) sulla tolleranza e il rispetto, i sodalizi familiari “Comitato Articolo 26”,
“Vogliamo educare i nostri figli”, “Associazione Nazionale Famiglie Numerose”, “Forum delle
associazioni familiari” e “Far Famiglia” contestano in maniera severa la rappresentazione. «Risulta
evidente – affermano in una nota – che la proposta dello spettacolo alle classi in orario scolastico
contrasta con il pronunciamento del ministero dell’Istruzione in cui si dichiara che tra le conoscenze
da trasmettere non rientrano in nessun modo né “ideologie gender” né l’insegnamento di pratiche
estranee al mondo educativo». Comitati dei genitori e associazioni condividono «la necessità che la
scuola educhi contro ogni forma di discriminazione ma questo non può avvenire con l’ausilio di
iniziative discutibili e controverse. La partecipazione a proposte educative legate a temi formativi
sensibili deve ritenersi soggetta alla facoltà di scelta dei genitori. È diritto dei genitori aderirvi o
meno, richiedere l’esonero e anche che i ragazzi, se in orario scolastico, possano disporre di attività
didattiche alternative, in riconoscimento del diritto allo studio». Secondo le associazioni
«l’informazione data alle famiglie deve essere la più completa. E il fatto che alcune scolaresche
abbiano ritirato, in queste ultime settimane, la loro adesione all’iniziativa, dopo aver approfondito la
natura dei messaggi veicolati dalla rappresentazione, significa che l’informazione sulle finalità e sui
contenuti dell’iniziativa non è stata puntuale e tempestiva». La richiesta alle istituzioni e ai dirigenti
scolastici è «di assicurare in ogni caso una puntuale e completa informazione dei genitori,
richiedendone l’esplicito consenso, per garantire la libertà educativa di tutti, il pluralismo educativo
e la salvaguardia della necessaria alleanza educativa tra scuole e famiglie del territorio». Non
condivide i rilievi Paola Macchi, consulente per la prosa del teatro Verdi di Pordenone. «Lo
spettacolo mette in scena contenuti veri e presenti nella vita di ciascun essere umano; il racconto
non riguarda qualcuno in particolare perché “diverso”, ma parla di quella fase della vita in cui ogni
individuo si trova ad affrontare la ricerca della propria identità, a volte anche sessuale». Macchi
ricorda che «lo spettacolo è stato insignito di premi internazionali nel mondo del teatro Ragazzi e ha
ricevuto il patrocinio di Amnesty international. Nelle motivazioni del premio Eolo Award si legge
che lo spettacolo dovrebbe essere proposto, di rigore, in tutte le scuole del nostro Paese. Il teatro –
conclude Macchi – è un luogo libero e fa proposte di qualità, in autonomia, offrendo spunti di
riflessione attraverso il linguaggio teatrale. Sta poi nelle diverse autonomie la possibilità di scelta
nell’ambito di un confronto che il Teatro e io siamo sempre pronti a fornire».
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In bilico il nuovo concorso per il Nue 112 (M. Veneto)
di Michela Zanutto - A fine gennaio scatta la nuova selezione per (almeno) 15 operatori della
Centrale unica di risposta. Dopo l’indagine aperta dalla Procura di Udine sulle irregolarità
dell’esame, riparte la macchina organizzativa per far decollare il 112, entro la fine di marzo. Ma
problemi tecnici e organizzativi lasciano in bilico il Numero unico dell’emergenza (Nue). Resta in
dubbio la prima graduatoria, in cui compare il candidato che conosceva già le risposte. «Stiamo
analizzando quale sia il modo migliore di comportarsi alla luce dell’indagine – sottolinea
l’assessore Paolo Panontin –. In questa fase ci prendiamo una breve pausa di riflessione, ma non
possiamo attendere l’esito dell’inchiesta. Il nostro obiettivo è capire se il procedimento penale è
scindibile da quello amministrativo». Il Procuratore di Udine, Antonio De Nicolo, ha detto che si
ipotizza il reato d’abuso d’ufficio (è indagato chi aveva il compito di custodire le risposte alla prova
scritta), ma pare non esserci il dolo, perché le tracce erano state lasciate in bellavista e il candidato
avrebbe solo preso la “palla al balzo”. Ora però Regione e Protezione civile (che ha organizzato la
selezione) devono capire se la soluzione potrà essere limitata a un provvedimento contro il singolo
o se dovrà essere annullata l’intera prova. Tra i 79 candidati “papabili” appena due erano risultati
idonei (di cui uno è il “furbetto”). «Dobbiamo assumere 17 persone perché 12 le abbiamo
recuperate con la mobilità all’interno del comparto – spiega Luciano Sulli, direttore della Protezione
civile e presidente della commissione d’esame –. Il personale assumerà un ruolo di categoria B. La
regola prevede che la selezione debba interessare il doppio dei numeri richiesti, perciò arriviamo a
34 da una graduatoria che ne aveva 79». Il Nue sarebbe dovuto partire entro la fine del 2016 (prima
a novembre), ma «un primo rinvio era già arrivato a prescindere dalla vicenda legata alle indagini –
dice Panontin –. C’era infatti un problema tecnico, legato alle connessioni telefoniche e al
rifacimento degli impianti per alcune forze di polizia che rientrano nel Nue. Adesso stiamo
lavorando perché la scadenza di marzo non slitti ulteriormente». Il Nue, una volta attivo, manderà in
soffitta il 113, il 115 e lo stesso 112, per come lo conosciamo oggi. Il 118 invece resterà, ma sarà
raggiungibile anche componendo il 112. Si tratterà comunque di un distacco graduale, nel senso che
all'entrata a regime del nuovo servizio i vecchi numeri continueranno per un breve periodo a essere
ancora operativi. Un milione di euro la cifra che la Regione ha investito per l’attivazione della
centrale unica di risposta: fra strumentazioni, reclutamento del personale, formazione e
manutenzioni.
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Intercity cancellati, la Regione accusa. Silenzio da Trenitalia (M. Veneto)
di Michela Zanutto - Cancellati i due Intercity che collegavano Trieste a Mestre. Da lunedì i due
treni, uno in partenza da Trieste alle 22.06 e l’altro da Mestre alle 5.50, saranno sostituiti da bus che
hanno tempi di percorrenza quasi doppi rispetto alle rotaie. Immediata la protesta dei pendolari e
della Regione che, attraverso l’assessore ai Trasporti Mariagrazia Santoro parla di una soluzione
inaccettabile che va rivista. «Si tratta di treni pagati direttamente dallo Stato a Trenitalia, ma
complementari al servizio di trasporto regionale – ha spiegato l’assessore –. La Regione è
nettamente contraria a questa soluzione, che impatta anche sul trasporto pendolare del nostro
territorio e ha già espresso questa posizione in modo diretto e formale a Trenitalia che,
inspiegabilmente, non ha dato riscontro alle lettere inviate dalla Regione non appena avuta notizia
di tale possibilità, per di più da segnalazioni dei viaggiatori. Cosa ancora più grave, non ha
comunicato ufficialmente alla Regione alcunché sulla sua scelta, condizione minima per consentire
di valutare per tempo effetti e definire azioni correttive per non danneggiare l’utenza e i cittadini». I
due treni saranno sostituiti con bus, «che presumibilmente viaggeranno vuoti in considerazione
della durata infinita del viaggio rilevano i pendolari del Comitato Alto Friuli –. L’Intercity sarà
sostituito da un bus che dopo un viaggio estenuante con partenza alle 5.50 da Mestre, arriverà a
Monfalcone alle 8.29, anziché alle 7.21 del treno, e a Trieste alle 8.59, anziché alle 7.46». Nei
giorni scorsi i pendolari avevano scritto all’ufficio Mobilità della Regione e all’assessore Santoro
«una lunga mail, peraltro mai riscontrata, sollecitando un intervento della Regione al riguardo e
fornendo anche alcuni suggerimenti e alternative. Perché la cancellazione dei due treni comporterà
un grave danno a molti lavoratori che utilizzano questi collegamenti per recarsi soprattutto alla
Fincantieri di Monfalcone e agli studenti residenti nella Bassa Friulana e nel Veneto Orientale
diretti a Trieste». Per l’assessore Santoro «interventi di questo genere, che vedono effetti diretti sul
trasporto regionale, vanno evitati e in ogni caso gestiti in modo diverso: l’indicazione di utenze
troppo basse e costi non sostenibili non giustificano l’assenza di risposta a proposte concrete, come
quelle fatte dalla Regione per aumentare l’utenza di quegli stessi treni aprendo al loro utilizzo anche
agli abbonati del Tpl regionale. Porre la Regione di fronte al fatto compiuto e in assenza di margini
per qualunque correttivo, non è un atteggiamento rispettoso delle istituzioni e dei cittadini. Per
questa ragione continueremo il pressing nei confronti del Ministero e di Trenitalia per risolvere la
situazione». Il capogruppo in Consiglio regionale dei Cinque Stelle, Cristian Sergo, ricorda che
proprio i Pentastellati avevano posto la questione con un’interrogazione a ottobre: «Purtroppo
saranno molti i disagi causati dall’arrivo dei Frecciarossa in Regione e di fronte a questi disservizi
la Giunta Serracchiani continua a tacere».
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Investimenti e nuovi mercati. Tonon: soltanto così si cresce (M. Veneto)
di Elena Del Giudice - Partire dai fondamentali e dalla vocazione dell’industria del territorio per
proseguire in un cammino che non guarda più al 2008 come elemento di riferimento, ma a
settembre 2014 che è stato il punto più basso della seconda recessione e dal quale è iniziata la
risalita. «Da quella data - ha esordito il presidente di Confindustria Udine, Matteo Tonon, durante la
conferenza stampa di inizio anno - il paradigma si è modificato». Gli indicatori hanno smesso di
volgere verso il basso e hanno iniziato a invertire la tendenza. Indicatori positivi, dunque, per il
Paese come per il Friuli Venezia Giulia, anche se di una consistenza inferiore alle attese. Il Pil
italiano nel 2016 segna +0,9, contro il +1,6 degli Usa e dell’area euro e il +4,1 dei Paesi emergenti.
Nel 2017 la stima è di un +0,8 di media nazionale «che riteniamo rileveremo anche in Fvg», ha
aggiunto Tonon. Che non parla di «previsioni» preferendo il termine «valutazioni» che poggiano sui
fatti. In questo modesto trend di crescita si inseriscono le imprese che, anche nel 2017, faranno la
loro parte. «Investendo, soprattutto - ha detto il presidente degli industriali udinesi - e cercando
nuovi mercati» consolidando quella vocazione all’export, tra le più elevate del Paese, che ha
consentito al tessuto produttivo di arginare una parte delle conseguenze della crisi. In questo
percorso vengono certamente sostenute dalle scelte di politica economica contenute nella legge di
stabilità, a partire dal piano Industria 4.0, che mette le aziende nelle condizioni di imboccare la via
dell’ammodernamento, della digitalizzazione della produzione, dell’innovazione, per un nuovo
riposizionamento del sistema industriale in grado di sfidare quel periodo che alcuni chiamano “new
normal”. Da Tonon il riconoscimento alla Regione Fvg di aver fatto la propria parte. «La richiesta
di porre al centro dell’attenzione l’industria e la manifattura è stata accolta - ha detto infatti - e
confermata nelle scelte di politica industriale e di allocazione delle risorse provenienti dalla Ue».
Impegni mantenuti anche rispetto alla legge di bilancio regionale che porta ulteriori stanziamenti a
supporto degli investimenti delle imprese. Matteo Tonon ha parlato quindi di occupazione, in lieve
crescita anche in Fvg, di flessione nell’utilizzo degli ammortizzatori, ma anche della necessità di un
più elevato utilizzo degli impianti per generare nuove opportunità di lavoro. Sul tema delle riforme,
dopo la battuta d’arresto del referendum, «la nostra idea non cambia: questo Paese ne ha bisogno»,
nonostante la ritrosia del sistema al cambiamento. Con l’auspicio che «il jobs act, i cui effetti
andranno verificati nel medio periodo e che ha definito un sistema di regole vicino a quello dei
nostri competitors, non venga ulteriormente modificato». Il 2017 sarà l’anno della Confindustria
unica per il Fvg? «Non lo so - ha risposto Tonon -. La nostra posizione sul tema è chiara, ma
ovviamente tutte le opinioni sono legittime». Bene gli investimenti in infrastrutture, a partire dalla
terza corsia per arrivare ai dragaggi a Porto Nogaro. Per il 2017 Tonon confida che «quel progetto
di costituzione del consorzio industriale unico, nel nostro territorio, venga completato». Sarebbe un
bel regalo per il presidente che a luglio passerà ad altri il timone dell’associazione. Infine «le nostre
imprese ce la stanno mettendo tutta, ma evidentemente non possono essere lasciate sole. Il
cambiamento deve coinvolgere tutti: il sistema pubblico, le imprese, le istituzioni, la società. E se
ciascuno farà la propria parte, gli obiettivi di crescita, che significa aumento di ricchezza, di
occupazione, di benessere sociale, possono essere raggiunti».
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Il diktat di Hollande a Fincantieri sull’acquisto di Stx (Piccolo)
di Christian Benna - La campagna elettorale francese entra a gamba tesa nel processo di
acquisizione del polo navale di Saint - Nazaire da parte di Fincantieri. Ieri nel corso dell'incontro
bilaterale che si è tenuto all'Eliseo, a Parigi, tra il presidente François Holland e il premier italiano
Paolo Gentiloni sono emerse, pur nei toni concilianti e vellutati della diplomazia, alcune delle mine
vaganti che separano il gruppo triestino dall'attracco al porto di Stx France. Il 3 gennaio, al tribunale
di Seul, che gestisce l'operazione di liquidazione del gruppo coreano Stx, è arrivata solo un'offerta
per rilevare la controllata transalpina, che vanta asset da 4 miliardi di ordini nella crocieristica da
qui al 2020, 2.400 dipendenti e un bacino talmente grande da poterci costruire anche portaerei.
L'unica busta chiusa con la proposta di acquisto arrivata ai giudici coreani porta la firma di
Fincantieri, in quanto gli altri pretendenti (Gentling e Damen) si sono sfilati all'ultimo minuto. Ma
la partita è tutt'altro che finita. Perché ora bisogna fare i conti con lo Stato francese, azionista al
33,3% del polo navale della Loire-Atlantique e che ha intenzione di fare sentire tutto il suo peso
nella trattativa. François Hollande ha ribadito che la partnership con Fincantieri «è un'ipotesi
effettivamente molto seria». E quindi «lavoriamo con la volontà che lo Stato possa rimanere non
solo azionista di minoranza ma che conservi anche la minoranza di blocco». Il peso specifico
dell'Eliseo potrebbe aprire le porte anche ad ulteriori soci. Sembra non dispiacere ad Holland l'idea
di un «azionariato multiplo», magari composto dalle compagnie crocieristiche, come Msc e Royal
Caribbean, che si erano candidate a partecipare all'operazioni di acquisto, onde evitare un domani di
dover contrattare commesse con un monopolista dei mari che sarebbe la Fincantieri dopo
l'acquisizione di Stx France. Da parte sua, Gentiloni ha detto che l'Italia «terrà ovviamente conto
delle esigenze» espresse da Parigi. «Penso - ha aggiunto il premier - che troveremo una soluzione
com'è normale che sia tra due Paesi così vicini e così amici». Nei giorni in cui fanno rumore le
schermaglie per il tentativo di scalata di Mediaset da parte di Vivendi guidata da Vincent Bollorè,
che rimane a un passo dall'Opa su Telecom Italia, e tiene banco l'ipotesi di fusione tra Axa e
Generali, lo Stato francese punta i piedi quando "les italiens" provano a entrare nel giardino della
"Douce France". Ai piani alti dei ministeri si studia l'ingresso nell'azionariato di Stx France da parte
di Dcns, il costruttore pubblico transalpino di navi militari che esprimerà concretamente oltre che
simbolicamente la valenza nazionale del polo di Saint Nazaire, nel quale l'Eliseo chiede che si
mantenga tutta la filiera industriale. Ma non è tutto. Perché ad aprile si vota per eleggere il nuovo
presidente francese. E l'arena del centrosinistra si sta scaldando a pochi giorni dalle primarie che, il
20 e il 29 gennaio, decideranno il nome del leader del partito socialista che sfiderà l'esponente di
centrodestra François Fillon e le truppe del Fronte National di Marine Le Pen. Ebbene, gli eredi di
Hollande stanno facendo campagna elettorale anche sulla vicenda Stx-Fincantieri. Arnaud
Montebourg, dato leggermente in vantaggio sull'ex premier Manuel Valls in caso di ballottaggio al
secondo turno, si è espresso in modo netto contro un'operazione di "svendita di Stx France", oggi
valutata in una forchetta di prezzo compresa tra 100 e 200 milioni di euro. Perciò patti chiari e
amicizia lunga. Les italiens di Fincantieri sono concorrenti nella crocieristica. Perciò la partnership
può funzionare, secondo Montebourg, solo se il gruppo di Monfalcone parteciperà con una quota di
minoranza.
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Mazzette della Pilosio, funzionario sotto torchio (M. Veneto)
di Christian Seu - Ha fornito la propria versione dei fatti, tentando di spiegare il dedalo di numeri e
riferimenti minuziosamente annotati su un’agendina che costituisce la prova chiave attorno alla
quale ruota l’intera inchiesta sulle presunte mazzette che la Pilosio avrebbe pagato a compiacenti
funzionari della commissione ministeriale a cui spetta il compito di approvare le richieste di
commercializzazione di ponteggi industriali e civili, core business dell’azienda friulana. Michele
Candreva – il funzionario del Ministero del Lavoro arrestato lo scorso 18 novembre con l’accusa di
corruzione, in concorso con due tecnici della Pilosio – è stato interrogato ieri per oltre due ore dal
pm Marco Panzeri, titolare dell’indagine della Procura di Udine. Un interrogatorio richiesto
espressamente dallo stesso tecnico ministeriale, la cui posizione nell’ambito dell’inchiesta si è
aggravata esponenzialmente nel momento in cui i finanzieri del Nucleo della Polizia tributaria di
Udine hanno messo le mani sull’agendina che lo stesso Candreva custodiva in uno dei suoi
appartamenti romani. Quasi una stele di Rosetta per gli inquirenti, che sul libretto hanno trovato
puntualmente trascritte una colonna delle entrate, ossia delle mazzette intascate, e una relativa alle
uscite, ossia dei soldi anticipati per fare visita alle aziende che gliele avrebbero consegnate. Numeri,
dati e nomi che permetteranno alla Procura di definire in maniera certa l’impianto accusatorio,
ricostruendo con precisione anche eventuali altri legami che Candreva ha intessuto negli ultimi
anni. L’indagine, ancora alle sue battute iniziali, potrebbe dunque portare all’iscrizione di nuovi
soggetti nel registro degli indagati. «È stata una prima presa di contatto con il magistrato inquirente:
Candreva ci ha reso una prima versione dei fatti, rispetto alla quale per il momento abbiamo diverse
riserve – ha commentato il procuratore capo di Udine, Antonio De Nicolo –. L’indagine si prospetta
lunga e certamente l’elemento dell’agendina sarà centrale: ci sono pagine e pagine di appunti e dati
da decriptare attraverso un lavoro di analisi che sarà evidentemente certosino e minuzioso». Il
funzionario ministeriale, cinquantaseienne originario di Spezzano Albanese (Cosenza), è stato
trasferito nei giorni scorsi dal carcere romano di Regina Coeli al penitenziario di via Spalato. È
assistito dallo studio legale dell’avvocato Giulia Bongiorno, già parlamentare e specializzata in
diritto penale dell'economia e dei reati contro la pubblica amministrazione, i cosiddetti “white collar
crimes”. Ieri, durante l’interrogatorio con il pm Panzeri, Candreva era assistito da uno dei
professionisti dello studio Bongiorno, l’avvocato Dario Romano. Nel capo d’imputazione contestato
anche a Claudio Sairu, 75 anni, di Udine, ingegnere e consulente esterno di Pilosio, e Federico
Bortolussi, 36 anni, di San Giorgio di Nogaro, responsabile dell’Ufficio tecnico dell’azienda –
entrambi erano finiti ai domiciliari – Candreva è chiamato in causa in qualità di coordinatore della
Commissione opere provvisorie, cioè dell’organo ministeriale deputato a vagliare e approvare le
richieste di commercializzazione di ponteggi industriali e civili.
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CRONACHE LOCALI
Governance e nodi in porto, pressing di operatori e Cgil (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
di Giulio Garau - No al porto di Monfalcone incamerato nell’Autorithy di Trieste, ma piuttosto a
pieno titolo nell’Autorità dell’Adriatico orientale valorizzando le diverse caratteristiche dei due
scali, le loro peculiarità e la loro complementarietà. Nell’attesa che si compia l’ultimo passo della
riforma Delrio la Filt Cgil con il segretario generale Valentino Lorelli torna ad insistere di far presto
a dare una governance a Portorosega. Un tema che sta a cuore anche ai principali operatori del porto
che però mettono le mani avanti. Bene per la governance, ma è fondamentale dare risposta ai
problemi che in oltre 12 anni non sono stati ancora risolti. Piano regolatore, manutenzione dei
fondali, escavo del canale di accesso, banchine, spazi e piazzali. Su questo si giudicherà la
governance. Lorelli insiste perché sia dato il giusto ruolo allo scalo monfalconese. «Monfalcone
deve entrare nella nuova Autorità di sistema per le dimensioni e i volumi di traffici con il rango più
adeguato - spiega - e cioè come sono entrate in altre autorità di sistema i porti ex sede di autorità
portuale e quindi, come prevede la riforma, avere un componente a pieno titolo nel comitato di
gestione». Per la Filt-Cgil oltre a un posto nel comitato di gestione ci dovrà essere anche un «ufficio
territoriale portuale anche a Monfalcone». La nuova Autorità di sistema poi dovrà «essere in grado
di pensare più in grande - conclude il segretario Filt-Cgil - di fare integrazione con gli altri segmenti
del trasporto e della logistica con attenzione alle ricadute economiche sul territorio». Per gli
operatori non solo è necessario fare presto, ma soprattutto che si risolvano i nodi ancora aperti.
«Manutenzione dei fondali, escavo, piano regolatore. Sulla soluzione di questi problemi daremo il
giudizio sul nuovo “padrone” - commenta pungente Riccardo Scaramelli presudente della
Compagnia portuale - noi operatori siamo talmente abituati a soffrire di fronte ai ritardi nelle
decisioni degli ultimi 12 anni che non ci illudiamo più. Ogni nuova gestione dal 2007 in poi è stata
peggio della precedente». Proprio la Compagnia portuale, comunque, in occasione della
presentazione dell’investimento su una nuova gru in porto aveva invitato, significativamente, il
segretario dell’Autorità di sistema, Mario Sommariva. «Comunque diamo spazio e fiducia ai nuovi
gestori - conclude - ma ci aspettiamo concretezza e risposte. Sono sette anni che vogliamo investire
nel porto e non ci lasciano, ci chiediamo perché visto che non ci sono più soldi pubblici». E
concretezza la chiede anche Raffaele Bortolussi della Marter: «Siamo stufi di aspettare - dice aspettiamo di essere convocati e di vedere i progetti e le soluzioni dei nodi ancora presenti. Sempre
la solita solfa: piano regolatore, escavo, manutenzione dei fondali, piazzali e banchine. C’è la nuova
legge, vediamo come viene applicata e se vengono risolti i problemi». È un coro unanime quello
degli operatori, lo conferma anche Sergio Penso numero uno della Cetal con i traffici di auto che
stanno “scoppiando”. «Non vogliamo più chiacchiere ma soluzioni ai tanti nodi - insiste - non
abbiamo piazzali, profondità insufficienti, banchine adatte. Questo è un porto che va valorizzato.
Ben venga una nuova governance, basta che sia equa e che faccia il bene del porto».
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La sosta garantita a Panzano sloggia 350 auto di cantierini (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
di Laura Blasich - I cittadini di Panzano danno il via libera alla sosta riservata a chi nel rione ci
abita. Con qualche interrogativo da sciogliere. Il principale riguarda la possibilità di sosta, magari
con limite orario, per figli, nonni, fratelli, cioè i parenti più stretti. La settantina di panzanini che ha
affollato la Casa della gioventù della Marcelliana per l’incontro con l’amministrazione comunale
sul progetto è però soprattutto stanca di non poter entrare a casa propria, di dover chiamare la
polizia municipale per liberare i passi carrai, di dover parcheggiare lontano da casa. Da tutte le zone
interne del rione saranno quindi “espulsi” i lavoratori delle ditte in appalto di Fincantieri, quelli che,
in sostanza, non hanno un’alternativa di sosta dedicata a ridosso o all’interno dello stabilimento. Se
il braccio di ferro a monte è tra Comune e Fincantieri sulle soluzioni da dare proprio al tema della
sosta, a valle lo scontro rischia di essere diretto tra i residenti e gli operai delle imprese esterne. E in
tempi abbastanza stretti, anche se, secondo le informazioni fornite ieri dal sindaco Anna Cisint e dal
referente dell’Ufficio mobilità, l’ingegner Andrea Ceschia, l’avvio del progetto avverrà all’inizio di
marzo, ma richiederà un po’ di tempo per partire (vista l’esigenza di rilasciare i bollini alle singole
famiglie). La “blindatura” del rione, partendo dalle aree più vicine a via del Mercato e via Marconi,
cioè agli ingresso di Nidec Asi e Fincantieri, quindi non dovrebbe incrociare l’aumento della
presenza di lavoratori esterni in occasione delle fasi finali dell’allestimento della Majestic P&O, in
consegna a fine marzo, ma essere attuata quando al rush finale ci sarà l’enorme Msc Seaside.
«Speriamo non ci siano ripercussioni, cioè gomme tagliate e auto rigate, per chi abita nel rione», ha
mormorato qualche residente alla fine dell’incontro. «Bisogna che anche i lavoratori abbiano la
possibilità di parcheggiare», ha detto il presidente onorario dell’Associazione per Panzano Lucio
Zorzetti, sottolineando come «Fincantieri abbia incassato 20 miliardi di lire dalla vendita del suo
patrimonio immobiliare e non abbia finora riversato nulla di questa cifra sul rione». «È quanto
vogliamo accada - ha ribattuto a stretto giro di posta il sindaco Cisint, accompagnata dal vice
Giuseppe Nicoli, il presidente del Consiglio comunale Walter Sepuca e il consigliere delegato
Francesco Volante - e per questo domani (oggi, ndr) nel nuovo incontro con Fincantieri cercheremo
di definire gli impegni della società alla realizzazione del parcheggio nella zona della Corea e
perché quest’area di sosta fornisca risposta non solo ai dipendenti, ma anche ai lavoratori delle ditte
esterne». All’incontro il sindaco si presenterà, del resto, portando l’assenso dei residenti al progetto
di sosta riservata. Stando ai calcoli dell’Ufficio mobilità, si tratta comunque di circa 350 posti su
strada sui 1.041 esistenti nel quartiere. Il presidente dell’Associazione Visintin ha invece posto alla
riflessione la possibilità di vietare del tutto la sosta in alcune delle vie più strette, dove «in presenza
di un’auto in sosta non passa l’ambulanza». Visintin ha inoltre invitato gli altri panzanini a
utilizzare prima di tutto i parcheggi interni alle loro proprietà, venendo però subissato di critiche. Il
nodo, però, rimane quello della possibilità di sosta temporanea per i parenti più stretti non abitanti
nel rione. «Credo non ci sia difficoltà a ragionare anche su questo - ha detto il sindaco -, anche se è
evidente che è impossibile avere tutto. Questa soluzione, però, intanto permette il transito libero a
differenza delle Zone a traffico limitato». Sul cui mantenimento e sulla cui trasformazione in Zona a
sosta riservata il sindaco ha chiesto a chi vi abita di effettuare una riflessione. Un nuovo incontro tra
amministrazione e cittadini è già stato programmato dopo l’attuazione della prima fase del progetto.
Intanto a quello di ieri erano presenti anche consiglieri di maggioranza e di minoranza (Lucia
Turazza del Pd, Annamaria Furfaro di La nostra città, Gualtiero Pin del M5S, Suzana Kulier di
Alternativa per Monfalcone), oltre al presidente dell’Ar Fincantieri Carlo Fucile.
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Uti nel caos, il nodo dei soldi delle multe (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
di Francesco Fain - Era la partita più importante e attesa. Riguardava (e riguarda) il corpo della
Polizia municipale che avrebbe dovuto diventare “unico” e operare, a partire dal primo gennaio, in
tutto l’ambito dell’Alto Isontino, senza distinzioni comunali. Ma la rivoluzione può attendere.
Troppi i punti interrogativi e i dettagli da limare. Questi, in soldoni, gli esiti della nuova assemblea
dell’Uti, l’Unione territoriale intercomunale Collio-Alto Isonzo. I sindaci hanno deciso di
rincontrarsi a fine mese per poi decidere quando la “fusione” potrà essere effettiva, reale, concreta.
Tanti i nodi, dicevamo. A cominciare dalle multe. «Se il corpo diventa un tutt’uno, chi incasserà le
sanzioni?». A chiederselo (ma il quesito viene formulato un po’ da tutti i Comuni più piccoli) il
sindaco di Mossa, Elisabetta Feresin. Ci sono paesi, Mossa compreso, che non hanno nemmeno un
vigile urbano: con l’avvento del corpo unico, dovranno versare una quota per avere la vigilanza sul
territorio ma - a fronte di questa novità - ci saranno entrate? Il timore, anche se Feresin non lo dice
apertamente, è che a godere della “rivoluzione” saranno i Comuni più grandi (che i vigili urbani ce
li hanno). Ma l’assessore comunale Guido Germano Pettarin, che ha rappresentato Gorizia
nell’ultima riunione, predica calma e tranquillità. «È vero - dice -, l’ultima indicazione era di fare
partire il corpo unico dal primo gennaio. Si è deciso per un rinvio anche se stiamo già lavorando
nella direzione della fusione. Un esempio? Sono state stanziate delle risorse per cambiare
l’intestazione delle assicurazioni, delle stesse vetture e dei blocchetti delle multe. Va detto che il
corpo, diventando unico, non avrà più le insegne di questo o quel Comune: quindi vanno fatte le
opportune modifiche». Ma sul caso-multe? «Gli incassi delle multe verranno ripartiti sul territorio.
O meglio: verranno spartite fra tutti i Comuni dell’Uti sia la parte relativa agli incassi, sia la parte
spese». Ovviamente, a fare testo sarà il luogo in cui viene comminata la multa. Ma non ci sarà uno
“sbilancio” a favore dei Comuni più grandi? Pettarin lo esclude. «Alla fine, ci sarà un
bilanciamento», annota sicuro. L’Uti Collio-Alto Isonzo è partita il primo luglio scorso. Ma
nessuno se n’era accorto. L’Unione territoriale intercomunale ha avuto un impatto a dir poco soft,
inglobando funzioni leggere che non hanno comportato spostamenti di dipendenti: in questa fase
sono in comune i progetti e i finanziamenti europei, il catasto, la pianificazione della Protezione
civile, la statistica e il Suap, lo Sportello unico attività produttive e - dal primo gennaio - pure
l’ambito socio-assistenziale. Nel corso della riunione è stato dato il via libera anche ad alcune
modifiche statutarie. «Ma tutte tecniche e di dettaglio», conclude Pettarin.
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Romoli boccia il nuovo piano sanitario (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
«Non possiamo avallare una strategia che punta a ridimensionare ulteriormente i servizi ospedalieri
mantenendo anche le carenze sul territorio». Il sindaco Romoli boccia il nuovo Piano attuativo
locale dell’Aas Bassa Friulana-Isontina. Il Comune di Gorizia voterà contro. «Pensavamo che dopo
la vergognosa chiusura del Punto nascita l’accanimento nei confronti dell’ospedale di Gorizia si
sarebbe quantomeno attenuato - attacca il sindaco - ma così non è. Si continua a intervenire su più
fronti per ridimensionare servizi e strutture, non assumendo il personale necessario, riducendo gli
orari, togliendo strutture sanitare collegate e proponendo accentramenti di determinate prestazioni.
Questo assurdo gioco deve finire». «Nel Pal, peraltro, il grave problema della carenza di personale,
sia medico sia infermieristico, non solo non viene adeguatamente affrontato ma addirittura si
propone di non applicare la legge che prevede la stabilizzazione di precari e ciò significa che c’è
una precisa volontà di lasciare sguarniti presidi ospedalieri e territoriali esasperando la già critica
situazione - attacca Romoli -. Basterebbe questo per bocciare il Pal, perchè è proprio l’impostazione
di base sbagliata. Senza contare che il documento non solo non viene incontro alle esigenze dei
cittadini ma cerca di condizionarle mettendo le persone nella situazione di dove scegliere altre sedi
ospedaliere. Sta accadendo, ad esempio, nel Pronto soccorso pediatrico, con l’orario limitato e
potrebbe accadere, fra qualche tempo, al Pronto soccorso principale se si dovessero concentrare a
Monfalcone le urgenze chirurgiche e ortopediche. C’è poi tutta una serie di altre situazioni che
devono uscire dalla nebbia, vedi Unità coronarica e trovare definitiva collocazione nell’ospedale di
Gorizia». Sulla vicenda sanitaria interviene anche l’assessore al welfare, Silvana Romano. «Mi
dispiace che la commissione comunale abbia deciso di rinviare il consiglio comunale perchè
l’ordine del giorno che avevo predisposto non era sufficientemente adeguato - rimarca-. Purtroppo,
non ho potuto essere presente per un urgente impegno personale. Avevo detto, in ogni caso, che si
trattava di una bozza, volutamente generica per accogliere tutte le integrazioni dei capigruppo ma si
è preferito ripartire da zero. Tutto legittimo tranne le cattiverie che non stanno nè in cielo nè in terra
come quella relativa al fatto che il documento sarebbe stato ispirato dal precedente direttore
generale del Aas. Beh, se c’è bisogno di simili affermazioni per denigrare l’operato di altri vuol dire
davvero che gli argomenti sono pochini e ci si affida al gossip piuttosto che all’intelligenza».
Intanto, l’assessore regionale Telesca, assieme ai direttori Marcolongo e Pilati, ha convocato una
conferenza stampa per domani alle 11 nella sede della Regione di via Roma. Il tema? Si parlerà
della sanità del Goriziano. (fra.fa.)
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Il centrodestra sfratta la Casa delle culture (Piccolo Trieste)
di Giulia Basso L'associazione Ya Basta, che gestisce da oltre 15 anni la Casa delle Culture di via
Orlandini, dovrà prepararsi presto allo sgombero. Ieri infatti con una mozione firmata dai
consiglieri della Lega Nord e approvata in quarta commissione, è stato deciso che i locali di via
Orlandini, concessi temporaneamente in comodato d'uso all'associazione dalla precedente giunta,
dovranno essere riassegnati in tempi brevi ad un’associazione meritevole che operi sul territorio.
Non è dato sapere ancora come si svolgerà la procedura d'assegnazione, che potrebbe avvenire per
bando o direttamente: lo deciderà la giunta. Lo sfratto di Casa delle Culture dagli spazi di via
Orlandini era nell'aria da tempo, fin dall'insediamento dell’amministrazione Dipiazza. Il
vicecapogruppo della Lega Nord e consigliere comunale Fabio Tuiach ne aveva fatto una questione
personale, dichiarando in più occasioni con toni roboanti che «la casa delle zecche» andava chiusa.
Lo scorso ottobre aveva anche presentato una mozione a questo proposito, che poi aveva ritirato,
anche su consiglio dei suoi, in attesa di perfezionarla. «Mi hanno consigliato di passare in Comune
per togliere la mia mozione contro la casa delle zecche! - aveva scritto per l'occasione su Facebook
-. Non mi piace subire le prepotenze della sinistra e sono deluso, ma sono certo che quel posto lo
chiuderemo, magari con una mozione fatta meglio. Sono vent'anni che gli anarcofancazzisti abusivi
fanno danni, ora basta. La politica ha bisogno dei suoi tempi, ma quel posto chiuderà». E i tempi
evidentemente oggi sono maturi: la Lega ha fatto quadrato, depositando questa nuova mozione a
firma collettiva. Dopo questa prima approvazione la discussione passerà in Consiglio comunale, ma
difficilmente ci saranno modifiche sostanziali a quanto deciso. Va sottolineato che l’immobile di via
Orlandini 38 è di proprietà dell’Ater, che aveva delegato lo scorso febbraio l’amministrazione
comunale ad individuare un’associazione di volontariato o di promozione sociale alla quale affidare
in comodato d’uso gratuito il locale sfitto, come previsto dalla legge regionale 15 del 2014. Dopo
una mozione del consigliere Pd Giovanni Barbo la giunta Cosolini, in data 3 giugno, poco prima
delle elezioni comunali, aveva deliberato e formalizzato con un atto d'intesa l'assegnazione
temporanea dei locali all'associazione Ya Basta. Ora con un'altra mozione, definita tecnica ma
evidentemente politica, la situazione viene rimessa in discussione: «Si tratta di una questione
tecnica - puntualizza il consigliere Polidori, firmatario della mozione -: l'assegnazione era
temporanea ed ora la giunta stabilirà nuovi criteri, ma non escluderemo nessuno. Contiamo ora che
l'associazione, come dichiarato nell'atto d'intesa, s'impegni davvero a liberare immediatamente i
locali nel caso vengano assegnati ad un altro soggetto. Il nostro impegno è quello di stabilire in
tempi brevi una procedura d'assegnazione». «Un'assegnazione analoga a quella all'associazione Ya
Basta! l'avevamo messa in atto lo scorso aprile anche per il Circolo Miani, con il locale di Via
Valmaura 77 - sottolinea ancora l’esponente del gruppo dem -. Ma sugli spazi per le associazioni va
fatto un ragionamento complessivo, mentre la mozione va semplicemente a colpire un soggetto che
evidentemente la Lega non ritiene meritevole. Sia l’amministrazione precedente sia quella attuale
hanno assegnato spazi ad altri soggetti con analogo atto d'intesa. Non sono affatto d'accordo con
questo atteggiamento e invito l'assessore a procedere con il censimento complessivo di spazi e
richieste, come da impegno contenuto nella mozione di cui ero primo firmatario». «Il grosso
problema - spiega l'assessore Lorenzo Giorgi - è che, al di là di caso specifico, non abbiamo sedi
sufficienti per coprire tutte le domande delle associazioni. Abbiamo fatto un'altra assegnazione
provvisoria pochi giorni per un magazzino in via Orlandini al Circolo Miani. Ma dovrebbe essere
l'Ater a fare un bando a questo proposito. Quando però l'abbiamo interpellato - prosegue Giorgi - il
direttore Antonio Ius, che non abbiamo di certo nominato noi, si è dichiarato contrario alla filosofia
di questa legge regionale, che comporterebbe minori entrate per l'Ater. Così ha demandato al
Comune la decisione sui soggetti assegnatari, specificando comunque che le richieste andranno fatte
di volta in volta su situazioni specifiche».
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Nuovo “tridente” in Porto. Spunta l’ipotesi Monassi (Piccolo Trieste)
di Silvio Maranzana Sarà un “triumvirato” a comandare sui porti riuniti di Trieste e Monfalcone.
Assodato che all’estremo vertice non può che esserci il presidente dell’Autorità di sistema portuale
dell’Adriatico orientale e cioé Zeno D’Agostino, gli altri due personaggi chiave destinati a occupare
poltrone di forte prestigio e rilevanza dato il carattere regionale del nuovo organismo e la sparizione
del Comitato portuale, saranno comunicati a giorni rispettivamente dalla Regione Friuli Venezia
Giulia e dal Comune di Trieste. Dice infatti la nuova legge sui porti: il Comitato di gestione, il cui
mandato dura quattro anni eventualmente rinnovabile una sola volta, è composto da: il presidente
dell’Adsp che lo presiede; un componente designato dalla Regione il cui territorio è incluso nel
sistema portuale; un componente designato dal sindaco di ciascuno dei Comuni ex sede di Autorità
portuale. Sono esclusi dunque i comuni di Monfalcone (ma il decreto che lo affilia a Trieste sembra
essere già stato scritto) e di Muggia che non erano sede di Authority. In base alla nuova normativa
potrebbe rientrarvi il sindaco di eventuali città metropolitane il cui territorio sia parzialmente
incluso nel sistema portuale, ma non è il caso nostro. Vi farà poi parte anche un rappresentante
dell’Autorità marittima, cioé la Capitaneria di porto, ma avrà diritto di voto solo nelle materie di
competenza. Funzioni di segretario senza diritto di voto le avrà il segretario generale che oggi è
Mario Sommariva. «Nei giorni immediatamente precedenti Natale - fa sapere Sommariva - abbiamo
mandato a Regione e Comune di Trieste l’invito a comunicarci entro 30 giorni il nome del proprio
rappresentante. Ma a breve avremo anche due incontri con i vertici delle rispettive amministrazioni
per definire i tempi di insediamento del board alla Torre del Lloyd». Le Adsp di Trieste e Taranto,
come faceva rilevare nei giorni scorsi il sito “The Meditelegraph” sono state le prime a vedersi
nominato il nuovo presidente (a Taranto Sergio Prete, ndr.) per cui ci si può attendere che siano
anche le prime a definire la propria governance. Per scegliere il proprio rappresentante Città
metropolitana di Roma e Adsp di Civitavecchia hanno addirittura fatto un bando di gara, ciò che
non risulta essere stato fatto da queste parti. Il sindaco di Genova, Marco Doria, e di Civitavecchia,
Antonio Cozzolino, hanno invece indicato se stessi. Difficile che Roberto Dipiazza possa fare
altrettanto. Quasi un infantile sillogismo il pronostico che viene in mente a tutti: e se il Comune
designasse Marina Monassi? Non si potrebbe certo imputarle l’assenza di esperienze in materia per
cui l’operazione potrebbe essere definita del tutto normale anche se coinciderebbe perfettamente
con una “vendetta” servita gelida, più che fredda. Dovrebbe poi “convivere” con D’Agostino e con
il rappresentante della Regione che non potrà più cambiare nemmeno nel caso di “ribaltone”
politico in Regione alle elezioni dell’anno prossimo. Il Comitato di gestione svolge queste
principalii funzioni: adotta il Piano regolatore di sistema portuale; approva il Piano operativo
triennale concernente le strategie di sviluppo delle attività portuali e logistiche; approva il Bilancio
di previsione, le note di variazione e il Conto consuntivo; predispone il regolamento di
amministrazione e contabilità dell’Adsp da approvare con decreto del ministro di Infrastrutture e
trasporti di concerto con il ministro di Economia e finanze; approva la relazione annuale sull’attività
dell’Adsp da inviare al ministro di Infrastrutture e trasporti; nomina il segretario generale su
proposta del presidente dell’Adsp. Deve essere dunque rinnovata la fiducia a Mario Sommariva. Il
Comitato di gestione svolge inoltre funzioni consultive per l’adozione di taluni atti da parte del
presidente e in ordine alle autorizzazioni e alle concessiono. Svolge infine funzione deliberativa in
ordine alla dotazione organica dell’Adsp.
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Ospedali, i tagli entro l'anno ammontano a 156 posti (Piccolo Trieste, segnalazioni)
di Laura Stabile (*) Per noi medici e operatori sanitari è sconcertante, se non incredibile, constatare
come alcuni amministratori della sanità persistano a non informare con correttezza e completezza i
cittadini che, come il signor Visintin su “Il Piccolo” del 28 dicembre, esprimono preoccupazione
per lo stato del sistema sanitario pubblico. Il direttore generale Delli Quadri, nella nota pubblicata
da “Il Piccolo” il 30 dicembre, arriva addirittura a chiedere polemicamente “dove viva” il signor
Visintin e quali siano le sue fonti di informazione. Delli Quadri forse esclude che chi scrive possa
vivere a Trieste, e che la fonte di informazione potrebbe anche essere un’esperienza personale in
Pronto soccorso, e/o nei reparti di Medicina interna? Quanto affermato da Visintin rispecchia
esattamente i disagi che sperimentiamo anche noi, medici della sanità pubblica, che lavoriamo in
ospedale a Trieste. Sia il direttore Delli Quadri che l’assessore Telesca continuano a ripetere che
nulla si è chiuso e nulla si chiuderà: i reparti, come la Prima chirurgica e la Divisone ortopedica a
Trieste, sarebbero vivi e vegeti e in buona salute, l’unica differenza consisterebbe nel fatto che ora
vi è un solo direttore (universitario) per due Chirurgie, e lo stesso per le Ortopedie. C’è da chiedersi
a questo punto dove lavorino l’assessore e il direttore generale, dato che la delibera della giunta
regionale n.929 del 2015, consultabile da chiunque sul sito internet della Regione, prevede
nell’AsuiTs al massimo una struttura complessa di Chirurgia generale e una di Ortopedia; se vi
fosse ancora qualche dubbio, è sempre possibile consultare il sito dell’AsuiTs, dove non si trova più
alcuna traccia né della Prima chirurgica né della Divisione ortopedica. Sembrerebbe, secondo Delli
Quadri, che il solo fatto che il numero di posti letto non sia variato con gli “accorpamenti” (in realtà
si è persa una quindicina di posti di ortopedia) dimostri che nulla è cambiato: tutti saremmo quindi
numeri, i cittadini come gli operatori sanitari, e il concetto di équipe non avrebbe quindi per i nostri
amministratori alcun valore. Il direttore di Asuits sembra inoltre suggerire che in conseguenza
dell’accorpamento i dati di attività siano migliorati. Non sembra probabile che la creazione di
reparti di 60 posti letto, troppo grandi e complessi, (tanto che le indicazioni ministeriali individuano
in 17-18 posti letto le dimensioni ottimali di una struttura di degenza) possa contribuire a migliorare
i risultati, ma non è pensabile che la soppressione di un primariato di per sé determini un
miglioramento dell’attività, in assenza di investimenti appropriati. La questione dei posti letto: le
delibere della giunta regionale n.2673 del 2014 e n.2550 del 2016 prevedono che negli ospedali di
Cattinara e Maggiore si arrivi, complessivamente, a 608 posti letto ordinari entro la fine di
quest’anno. Attualmente i posti letto nei reparti dei due ospedali sono 683, mentre a fine 2014 erano
764 (dati forniti dalla Regione). È prevista quindi una riduzione complessiva di 156 posti, che si va
ad aggiungere a quelle già operate negli anni precedenti. Eppure l’assessore Telesca, il presidente
della Terza commissione consiliare Rotelli e lo stesso direttore Delli Quadri continuano a rilasciare
dichiarazioni rassicuranti, che porterebbero chi legge a credere che non sia prevista alcuna
riduzione, o tutt’al più solo diminuzioni irrilevanti. Anche l’affermazione del direttore di AsuiTs,
che il ricorso alle case di cura private sia stato utile per decongestionare il Pronto soccorso, non
sembra descrivere esattamente la realtà, dato che i pazienti inviati a queste sono ammontati a poche
unità. La crisi del Pronto soccorso, che ha molto occupato le cronache di questi giorni, evidenzia la
crisi dell’intero sistema sanitario, del quale il Pronto soccorso è solo lo snodo più esposto, il primo
ingranaggio a subire il sovraccarico e a cedere... *segretario regionale Anaao Assomed
Polizia locale, la rivolta degli ufficiali (Gazzettino Udine)
Nuova lettere ai vertici Uti: «Manca chiarezza, decliniamo le responsabilità»
Testo non disponibile
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Stoppati i nonni vigile (M. Veneto Udine)
di Giulia Zanello - L’Uti ferma i nonni vigile. Ai già numerosi intoppi che costellano il pianeta delle
Unioni territoriali intercomunali se ne aggiunge uno nuovo, quello relativo al servizio di volontari
per la sicurezza. Servizio particolarmente apprezzato davanti alle scuole. Colpa di alcune ore di
formazione che mancano sul “curriculum” dei volontari e, con il farraginoso passaggio alle nuove
organizzazioni territoriali, sono emersi alcuni dettagli sui quali fino a ora si era sorvolato. In questi
giorni sono in corso le verifiche in merito ad alcuni aspetti sulla formazione dei volontari sul fronte
della sicurezza e l’attività, non essendo “in regola” con la nuova burocrazia dell’Unione del Friuli
Centrale, è stata sospesa a data da destinarsi. Sindaco e direttore dell’Uti rassicurano sulla celere
ripresa del servizio, non appena le verifiche saranno ultimate, ma nel frattempo i “nonni vigile” –
che mettono a disposizione gratuitamente il loro tempo presidiando le aree scolastiche e garantendo
la sicurezza dei bambini all’entrata e all’uscita da scuola –, da ieri mattina se ne stanno in poltrona,
in attesa di una chiamata che li riaccolga al lavoro. L’intoppo burocratico «Già quattro mesi fa
l’allora comandate Sergio Bedessi aveva sollevato il problema della mancanza di quattro ore di
formazione dedicate alla sicurezza, affinché i nonni vigile svolgessero nelle migliori condizioni
l’attività – commenta il sindaco Furio Honsell –; l’arrivo e il passaggio alle Uti è stata l’occasione
per mettere i puntini sulle “i”». Questione di pochi giorni, rassicura il sindaco, giusto il tempo di
verificare alcuni aspetti e poi i volontari potranno rientrare in servizio, attività che peraltro fino al
31 dicembre hanno continuato a svolgere senza complicanze. «Si tratta veramente di un aspetto
minimale, tanto che comunque i volontari hanno svolto l’attività sino a fine anno – aggiunge
Honsell – e a brevissimo potranno riprendere». Stessa versione da parte del direttore dell’Uti Friuli
Centrale Giuseppe Manto: «Stiamo verificando alcuni aspetti in merito alla sicurezza sul lavoro e
abbiamo ritenuto opportuno sospendere momentaneamente il servizio alla comunità. Il problema è
legato alla formazione dei nonni vigile – prosegue –, che non sappiamo ancora se sia specifica in
materia di sicurezza sul lavoro, due aspetti diversi che s’incrociano e non si sovrappongono». Ieri
pomeriggio l’incontro con il responsabile del servizio prevenzione e protezione è servito a far luce
su alcuni dettagli che verranno definitivamente chiariti nei prossimi giorni. «La questione è
all’attenzione delle persone competenti che si stanno adoperando per risolvere il prima possibile il
problema – conclude il direttore dell’Uti Friuli Centrale – e comunque in un paio di giorni contiamo
di ripartire». Gratis davanti alle scuole Il Comune, insomma, intende ripristinare al più presto il
servizio. Anche perché questi volontari, una decina in città, rappresentano una risorsa da non
sottovalutare per l’amministrazione, considerando che la loro presenza riduce il numero di agenti di
polizia locale nei plessi scolastici, i quali possono così essere impiegati e concentrarsi su altre aree
della città. Ogni giorno, i nonni sono presenti agli attraversamenti pedonali di via Baldasseria, via
Della Faula-via Massaua, via Padova, via Gorizia, viale Tricesimo, via Colugna e via San Daniele,
per vigilare sugli scolari all’entrata e uscita dalle scuole, e solo due mesi fa la stessa
amministrazione ha voluto premiare l’impegno dei volontari consegnando un riconoscimento agli
speciali “angeli” della strada, auspicando di potersi avvalere della collaborazione di ulteriori
persone da impiegare davanti alle scuole. Un’alternativa alla televisione «Ho 74 anni, sono
pensionato e per non stare a casa tutto il giorno mi sono avvicinato a questo servizio, al quale mi
sono affezionato e mi piace, è fonte per me di grande soddisfazione», racconta Luigi San Marco,
uno dei nonni vigile udinesi impiegato davanti alla Ada Negri. «Non ho figli, ma ho undici nipotini
e so che cosa significa stare in mezzo ai bambini, che sono in grado di regalare tutti i giorni
un’emozione. Pensare che per Natale mi hanno regalato una letterina in cui mi ringraziavano per la
disponibilità e mi chiamano nonno: speriamo ci riprendano a breve – si augura il volontario –,
anche perché non ci è stato spiegato per quale motivo il servizio sia stato sospeso. È stata un’amara
sorpresa». Dispiaciuto anche un altro collega, Giuseppe Guerrieri, già volontario della Protezione
civile e nonno vigile alla Boschetti Alberti da diversi anni. «Non ci hanno dato tante spiegazioni –
confessa Giuseppe –: sono sempre felice e mi piace stare in mezzo ai bambini e alla loro allegria,
salutano, sono riconoscenti e ti danno la mano. Siamo davvero dispiaciuti e contiamo che ci
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riprendano al più presto perché oltre ad essere un servizio molto utile alla comunità serve anche a
noi come occasione per sentirci apprezzati anche dai cittadini più piccoli».
Provincia, uffici quasi deserti ma tutto riscaldato (Gazzettino Pordenone)
Lara Zani - Degrado all'esterno, grandi stanzoni riscaldati ma vuoti, personale e cittadini
disorientati. E' la situazioni in cui versa l'ente Provincia, nei suoi ultimi mesi di vita. La
segnalazione, non l'unica per la verità, arriva da Claudio Serafini (Lega Nord, che ieri si è recato
nella sede dell'ente per una pratica relativa a un risarcimento danni. Innanzitutto - racconta -,
all'esterno si può notare una situazione di degrado mai vista prima, con foglie secche e rifiuti
abbandonati: non è certamente un bel biglietto da visita per una città che risulta nelle posizioni più
alte di tutte le classifiche sulla qualità di vita. Ma il problema maggiore, per i cittadini, è quello di
orientarsi fra i (pochi) uffici rimasti. E non aiuta, fra l'altro, un cartello apposto a uno degli ingressi
su corso Garibaldi, che invita coloro che debbano presentare le domande per l'edilizia agevolata a
recarsi al primo piano del palazzo ex Albergo Danubio. Che altro non sarebbe se non la stessa sede
provinciale. All'ingresso - riprende il suo racconto Serafini -, mi sono rivolto alla persona che si
trovava al bancone per chiedere informazioni su dove mi dovessi recare, ma non ha saputo
rispondermi. Un altro dipendente si è offerto di accompagnarmi, pur non sapendo di chi fosse la
competenza per la mia pratica. Ho visto uffici riscaldati e illuminati ma quasi completamente vuoti,
compreso una grande stanza, nel sottotetto, con quindici scrivanie, una sola delle quali occupata.
Alla fine anche la persona dalla quale sono stato condotto non sapeva niente e mi ha indirizzato a
una collega. Quest'ultima, a sua volta in difficoltà e in imbarazzo, non ha potuto fare altro che
fotocopiare la mia pratica e impegnarsi a inviarla in Regione per una risposta. Quello che ho visto in
Provincia - conclude Serafini - è un momento di grande caos, e tutto il personale risente di questa
situazione. La sede versa in uno stato di degrado, soprattutto all'esterno, e questo mi dispiace perché
si tratta di un edificio nel centro di Pordenone, che si affaccia su piazza San Giorgio. I pochi
dipendenti rimasti non sanno che fare e sono in imbarazzo nei confronti dei cittadini. Questo è il
risultato della riforma così fortemente voluta dalla Regione.
Cgil: sono 54 i dipendenti ancora in carico
testo non disponibile
Dalle Uti alla sanità, le sfide dei pensionati della Fnp Cisl (M. Veneto Pordenone)
Si sono concluse a dicembre le assemblee territoriali della Fnp Cisl nelle oltre 20 sedi del territorio
provinciale. «Un lavoro importante e impegnativo – ha detto il segretario provinciale Davide
Battiston – svolto per organizzare al meglio la nostra federazione che ad oggi conta oltre 14.000
associati dentro cui operano oltre 200 volontari e agenti sociali. Un impegno in preparazione e in
previsione del congresso territoriale che si svolgerà nel prossimo mese di febbraio 2017. Sono stati
momenti di confronto e incontro per rispondere alle sempre maggiori urgenze che coinvolgono non
solo i pensionati ma il territorio in genere. La riorganizzazione territoriale dei comuni, attualmente
in corso, non sempre trova le strade aperte e proprio questo sarà uno dei temi del futuro, la Fnp-Cisl
ha già affrontato questo argomento con le proprie strutture ed ha già approfondito in collaborazione
con i propri collaboratori e individuato possibili soluzioni e strategie per rispondere sempre più
velocemente e con competenza ai nostri associati e non solo». Altro tema importante riguarda la
riorganizzazione sanitaria regionale in corso, «tema su cui – ha proseguito Battiston – saranno
aperti i confronti e i dibattiti. La vastità geografica del nostro territorio ci costringe a verificare e
intraprendere nuove modalità di servizio. Non sempre infatti la vicinanza e il servizio di prossimità
risultano agevoli nei territori collinari e montani. La comunicazione e la formazione dei nostri
volontari prevedono l'utilizzo dei mezzi informatici con sempre maggiore frequenza. La Fnp-Cisl
vuole essere preparata e competente per affrontare le nuove sfide, consapevole che il rapporto con
le persone resta sempre il nucleo centrale e più significativo del proprio agire».
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Comune e volontari, trovato un tetto per undici profughi (Gazzettino Pordenone)
Davide Lisetto- L'emergenza degli immigrati al gelo nel parcheggio del Bronx (dalla notte
dell'Epifania fino a ieri ospitati nella sede di Rifondazione comunista dopo l'occupazione-blitz della
loggia comunale da parte di Rete solidale) è stata risolta. Nella riunione organizzata ieri mattina dal
vicesindaco e assessore alle Politiche sociali Eligio Grizzo - oltre alla Caritas vi hanno partecipato i
rappresentanti delle altre associazioni e strutture che si occupano dell'accoglienza - si è riusciti a
trovare un tetto per tutte le undici persone che erano state costrette a stare all'aperto nei giorni in cui
il termometro ha toccato anche i dieci gradi sotto lo zero. «La situazione è stata risolta - ha detto
l'assessore Grizzo - nell'ambito del progetto legato all'emergenza freddo e durerà fintantoché ci sarà
questa emergenza. Il Comune - il vicesindaco ribadisce la linea dura dell'amministrazione Ciriani si sta impegnando a dare risposte in caso di necessità sanitaria e di emergenza come in questi giorni.
Non è nostra intenzione accogliere, spendendo denaro pubblico, persone che sono uscite
volontariamente o sono state espulse dal sistema di protezione. Come dire: la soluzione per i
prossimi giorni c'è, poi probabilmente quando le temperature risaliranno gli immigrati saranno
costretti a tornare al Bronx. Il timore del Comune è che dando accoglienza il flusso di arrivi possa
aumentare. In quel caso si tornerebbe nella stessa situazione. «In ogni caso - aggiunge Grizzo come è stato ribadito al summit di Trieste con Regione e prefetti i Comuni che non ospitano
dovranno trovare i posti anche con un provvedimento prefettizio che potrebbe requisire alloggi».
Intanto, la soluzione per gli undici senza tetto è stata raggiunta. Un immigrato che è stato dimesso
ieri pomeriggio dall'ospedale (aveva preso la broncopolmonite) sarà ospitato nella Casa della
Madonna Pellegrina. I due che avevano trovato alloggio all'hotel Santin, in convenzione con il
Comune, saranno ospitati nella Casa della Fanciulla. Altri quattro saranno invece accolti alla
locanda Al Sole che venerdì scorso, in attesa delle verifiche della Polizia, aveva chiuso le porte.
Altri quattro (due dei quali sono stati espulsi dall'accoglienza, ad Aviano e alla ex Monti, per aver
causato disordini) saranno ospitati nella parrocchia di San Lorenzo a Rorai Grande in
collaborazione con la Chiesa evangelica battista, la Croce rossa e Nuovi vicini. I nove profughi che
negli ultimi giorni sono stati ospitati da Rifondazione saranno accolti lì ancora per una notte: il
tempo tecnico di mettere a punto le soluzioni individuate. «Abbiamo dato - sottolinea Laura Sartori
- nuovamente la disponibilità sostituendoci di fatto al Comune in questa triste vicenda per la città».
«Ringraziamo l'assessore - interviene Marco Salvador, Pn1291 - e tutte le associazioni per aver
trovato una soluzione. Ma chiediamo al sindaco: non era possibile farlo prima? Non è che si è
preferito usare queste persone per giorni per fare strumentalizzazione politica?». Sempre
nell'ambito del piano-freddo il vicesindaco Grizzo ha predisposto un nucleo di alloggi di riserva in
collaborazione con l'associazione Aifa nella sede del parco in viale Martelli a Borgomeduna. Sono a
disposizione tre posti letto: brandine e materassi li ha messi il Comune, mentre Unindustria ha
donato dei sacchi a pelo. «Quei posti - ha precisato il vicesindaco - saranno messi a disposizione,
anche in vista dell'emergenza neve dei prossimi giorni, di chiunque, in particolare anziani, abbia
gravi difficoltà o venga sorpreso dalle temperature rigide trovandosi improvvisamente senza un
rifugio dove andare».
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