La rassegna di oggi

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La rassegna di oggi
RASSEGNA STAMPA CGIL FVG – giovedì 23 febbraio 2017
(Gli articoli di questa rassegna, dedicata prevalentemente ad argomenti locali di carattere economico e sindacale, sono
scaricati dal sito internet dei quotidiani indicati. La Cgil Fvg declina ogni responsabilità per i loro contenuti)
ATTUALITÀ, ECONOMIA, REGIONE (pag. 2)
Stop alla concorrenza sleale sul lavoro transfrontaliero (Piccolo)
Scuola, a 3 mesi dalla fine cattedre ancora vacanti (M. Veneto, 3 articoli)
Fvg, senza preside una scuola su tre (Piccolo)
«Organici all'osso, non si esce dal caos» (Gazzettino)
«Con la riforma del comparto possono partire le assunzioni» (M. Veneto)
«Lavoro, non si cambia la legge» (Gazzettino)
Bono: la crescita è debole e rallenta (M. Veneto)
Fincantieri decolla in Cina. Intesa per le prime due navi (Piccolo)
Al via il primo treno da Trieste al Baltico (Piccolo)
Belci: «No ai partitini, serve una rete» (Gazzettino)
CRONACHE LOCALI (pag. 13)
Daneco, 17 senza stipendio. La Net convoca i sindacati (M. Veneto Udine)
Il sindacalista Battistutta vittima della malattia (M. Veneto Udine)
Università, nuovi soci in arrivo per il Consorzio (M. Veneto Pordenone)
Il nuovo ruolo dei pensionati (M. Veneto Pordenone)
Il tavolo romano stempera il clima, ma il futuro di Servola resta sospeso (Piccolo Trieste)
«Ora Fincantieri aumenti l'occupazione locale» (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
La città si sta svuotando. In fuga per trovare lavoro (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
Caso vigili, i sindacati smentiscono Patat (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
Un posto in Comune solo con la mobilità. Ronchi cerca operai (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
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ATTUALITÀ, ECONOMIA, REGIONE
Stop alla concorrenza sleale sul lavoro transfrontaliero (Piccolo)
di Laura Tonero - Un’autentica rivoluzione nel lavoro transfrontaliero, pensata per mettere
definitivamente fine alla concorrenza sleale. È la conseguenza legata all’entrata in vigore nel
dicembre scorso della direttiva europea 67 del 2014, che impone nuove regole alle aziende straniere
che intendono “distaccare” dei loro lavoratori nel nostro Paese. Una novità dal grande impatto in
realtà di confine come quelli di Trieste e Gorizia, con ricadute sia sulle aziende slovene che operano
sul nostro territorio praticando spesso prezzi e tariffe più basse rispetto alle ditte locali, sia su quelle
imprese italiane pronte a “reclutare” nella vicina Repubblica manopera a buon mercato. D’ora in
poi se un’impresa slovena, croata, rumena o appartenente agli altri Paesi dell'Unione Europea
invierà i suoi dipendenti in Italia, dovrà comunicare inizio e fine della prestazione al ministero del
Lavoro italiano. Inoltre, e questa è la novità più saliente, i lavoratori dovranno essere remunerati
secondo i criteri salariali e sociali italiani. L’obiettivo è dunque evitare che ci siano differenze così
marcate a livello di costo della manodopera da configurare una situazione di concorrenza sleale.
Una situazione che consente cioè all’azienda straniera di praticare prezzi stracciati al cliente italiano
grazie alle paghe estremamente più basse dei propri dipendenti. L'introduzione delle nuove
disposizioni, secondo gli addetti ai lavori, inciderà principalmente nei settori dei trasporti su strada,
dei servizi alla persona, delle pulizie industriali, della meccanica e dell'edilizia. La nuova direttiva
Ue, nel dettaglio, è nata dall'esigenza di contrastare le cosiddette società di comodo (cioè senza
attività economica reale nel loro Paese di origine), che utilizzano distacchi fittizi per eludere le leggi
nazionali in materia di sicurezza sociale e condizioni di lavoro. In pratica, in base alla norma, una
ditta slovena che invia sul nostro territorio i suoi mezzi per fare attività di trasporto persone o merci
dovrà inviare - al massimo 24 ore prima del giorno antecedente a quello dell’inizio del lavoro -, un
modello che indica la prima operazione di cabotaggio effettuata in Italia nonché l'ultima effettuata
prima dell'uscita dall'Italia. Entro cinque giorni dall’inizio dell’attività, inoltre, andranno
comunicate eventuali modifiche. Infine l’autista dovrà percepire il salario minimo previsto dal
contratto collettivo di riferimento italiano. Come noto in Fvg, e in particolare nelle province di
Trieste e Gorizia, viaggiano numerosi pullman forniti da aziende slovene che, forti di una tassazione
inferiore alla nostra e di un minor costo del personale, riescono ad applicare tariffe impossibili da
sostenere per una ditta italiana che fornisce lo stesso servizio. D’ora in poi queste aziende non solo
dovranno comunicare, compilando il “modello Uni Distacco Ue”, che il loro autista inizia a lavorare
in Italia, ma dovranno pure pagarlo attenendosi ai salari previsti nel nostro Paese. La concorrenza a
questo punto diventerà sarà meno sleale. Stesso comportamento andrà tenuto dalle agenzie interinali
aperte oltreconfine alle quali si rivolgono diverse realtà italiane in cerca di manodopera a prezzi
convenienti. Agenzie che forniscono personale in settori come quelli dell'edilizia, della cura alla
persona, delle pulizie industriali o nella meccanica. Ora, non appena il loro personale inizierà a
lavorare in Italia, le agenzie lo dovranno comunicare le coordinate dell’attività dei loro operatori e
le buste paga si dovranno adeguare. L’Italia ha recepito la normativa sul distacco dei lavoratori e
sull'applicazione del salario minimo dopo Francia, Austria, Germania e Belgio. Lo scorso dicembre
l’Ispettorato nazionale del Lavoro ha inviato una circolare alle Direzioni interregionali e territoriali
del lavoro, all'Inps, all'Inail e agli organi di controllo incluso il Comando dei carabinieri per la tutela
del lavoro per indicare le novità e spiegare gli obblighi che le ditte “distaccanti”, che inviano
lavoratori in Italia, dovranno rispettare. In caso di irregolarità nelle comunicazioni l’agenzia di
somministrazione di lavoratori, o l'impresa che distacca lavoratori in Italia, rischia una sanzione da
150 a 500 euro per ogni lavoratore interessato. Durante il periodo di distacco e fino a 2 anni dalla
cessazione del lavoratore, l'impresa distaccante - o l'agenzia interinale in caso di somministrazione ha l'obbligo di conservare contratti di lavoro, buste paga e tutti i documenti comprovanti il
pagamento delle retribuzioni. Per la violazione di tali obblighi di conservazione è prevista una
sanzione da 500 a 3 mila euro per ogni lavoratore interessato. Le realtà che inviano i loro lavoratori
sul nostro territorio devono inoltre designare un referente con domicilio eletto in Italia, incaricato di
inviare e ricevere atti e documenti, nonché un referente con poteri di rappresentanza per tenere i
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rapporti con le parti sociali interessate con obbligo di rendersi disponibile in caso di richiesta
motivata delle parti sociali. In caso di mancata designazione del referente è prevista una sanzione da
2mila a 6mila euro.
Scuola, a 3 mesi dalla fine cattedre ancora vacanti (M. Veneto)
di Michela Zanutto - Quando mancano poco più di tre mesi alla fine della scuola, la macchina
organizzativa è ancora in piena attività. Ieri quasi duecento insegnanti della scuola elementare si
sono messi in fila all’Isis Percoto per un posto a tempo determinato e domani sarà la volta dei
colleghi dell’infanzia. Intanto i rappresentanti sindacali di Cgil, Cisl, Uil e Snals sono intervenuti in
VI Commissione del Consiglio regionale, lamentando «il caos nel mondo dell’istruzione». Dopo un
quadrimestre già chiuso alle spalle e un altro appena cominciato, gli insegnanti ieri avevano la
possibilità di scegliere la cattedra per l’incarico annuale. Operazione che normalmente si svolgeva
al massimo a novembre. Ma quest’anno le novità introdotte a livello ministeriale, con il via libera
all’abilitazione per i diplomi magistrali antecedenti il 2001, e i relativi ricorsi al Tar, hanno fatto
slittare tutto. Potenzialmente le nomine di ieri rappresentavano un uragano per il mondo della
scuola. E invece è prevalso il buonsenso e il temuto “ribaltone” è stato evitato. «Sono persino
avanzati posti - sottolinea Mauro Grisi, segretario udinese dello Snals - perciò i dirigenti dovranno
rivolgersi alle graduatorie di istituto per coprire le vacanze. Questo perché gli insegnanti hanno
preferito assicurare la continuità nel sostegno piuttosto che prendere un posto comune. Mentre i
diplomati ante 2001 hanno scelto di non rischiare di perdere il posto a tempo indeterminato che
hanno nelle scuole paritarie per accettare un contratto di pochi mesi». In mattinata le sigle sindacali
hanno presentato alla VI commissione consiliare l’elenco di tutte le criticità della scuola: «Ritardi
mai riscontrati in passato nell’organizzazione dell’anno scolastico, con cattedre tuttora vacanti nella
primaria e nomine in stand-by nella scuola dell’infanzia, organici Ata ridotti di oltre un terzo in
dieci anni e quindi insufficienti a garantire la funzionalità, la pulizia e la sicurezza delle scuole, il 30
per cento degli istituti senza un dirigente titolare, contro una media nazionale del 16», secondo i
vertici dei sindacati di categoria Snals Confsal, Flc-Cgil, Cisl e Uil scuola, Giovanni Zanuttini,
Adriano Zonta e Ugo Previti. A finire nel mirino dei sindacati c’è l’organizzazione legata alla
Buona scuola (la legge 107), ma anche sullo stato di salute delle relazioni con l’amministrazione
scolastica, sia a livello di Ufficio scolastico regionale sia di sedi provinciali, bersagliate dai tagli
agli organici. «Una situazione legata principalmente al mancato avvicendamento del personale
andato in pensione e che si trascina da anni - spiegano i segretari -, raggiungendo nella nostra
regione vertici di assoluta gravità, con una riduzione degli organici amministrativi pari al 60 per
cento negli ultimi dieci anni». Ad aggravare la preoccupazione di Snals, Cgil, Cisl e Uil anche
l’imminente trasferimento delle competenze in materia di pubblica istruzione dalle Provincie alla
Regione o ai Comuni. «Ci riferiamo in particolare - si legge ancora nella nota unitaria - al fatto che
il trasferimento dell’edilizia scolastica, qualora fosse confermata la scadenza del primo aprile,
verrebbe realizzato con l’attività didattica ancora in pieno svolgimento». Da parte dei consiglieri,
primo fra tutti il forzista Roberto Novelli, la richiesta alla presidenza della VI Commissione di
valutare la possibilità di chiamare in audizione il ministero dell’Istruzione e l’assessore regionale
referente per discutere la situazione e le azioni da mettere in campo, pur nei limiti legislativi e
deliberativi della Regione. Da parte della Dem Silvana Cremaschi, inoltre, verificare anche il potere
di intervento della Commissione sui tempi di predisposizione dei bandi di concorso per rimpolpare
il personale della scuola.
L'appello Flc-Cgil: «Cerchiamo supplenti nella pedemontana»
testo non disponibile
L'analisi della Uil: graduatoria sguarnita per asili e primarie
testo non disponibile
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Fvg, senza preside una scuola su tre (Piccolo)
di Diego D’Amelio - Una scuola del Friuli Venezia Giulia su tre non ha il preside e la situazione
degli organici amministrativi continua a essere di piena emergenza. L'allarme è stato lanciato ieri
dai sindacati della scuola, nel corso dell'audizione davanti alla VI Commissione del Consiglio
regionale. Cgil, Cisl, Uil e Snals-Confsal puntano il dito in particolare sul fatto che 52 istituti
regionali su 171 siano sprovvisti del dirigente scolastico e dunque amministrati attraverso il sistema
della reggenza: un singolo preside si divide cioè fra due o addirittura tre scuole. In Fvg avviene nel
30% dei casi, contro una media nazionale che si arresta al 16%. In una nota congiunta, le
rappresentanze sindacali parlano di «carenza dai caratteri emergenziali, destinata ad aggravarsi per
effetto di ulteriori pensionamenti: siamo vicini a un punto di non ritorno». Non va meglio sul fronte
degli uffici amministrativi, con gravi carenze nell'organico degli ex provveditorati: «In Fvg si sono
raggiunti vertici di assoluta gravità, con una riduzione pari al 60% negli ultimi dieci anni». E così, a
causa del mancato turnover, il personale dirigenziale dell'Ufficio scolastico regionale si è contratto
nel tempo da 13 a 6 dirigenti, mentre i 135 dipendenti dell'organico di diritto sono diventati 70.
Sotto accusa ancora una volta è l'intero impianto della riforma renziana della "Buona scuola", che i
sindacalisti ritengono aver «mancato i suoi obiettivi, non riuscendo a realizzare nel presente anno
scolastico un'ordinata ripresa delle attività, che hanno registrato ritardi e disfunzioni di gran lunga
superiori a quelle degli anni scorsi». Nel mirino finiscono le «cattedre tuttora vacanti nella primaria
e nomine in stand-by nella scuola dell'infanzia, organici tecnico-amministrativi ridotti di oltre un
terzo in dieci anni e quindi insufficienti a garantire la funzionalità, la pulizia e la sicurezza delle
scuole». I sindacati parlano apertamente di fallimento del primo anno di prova della riforma, con la
non corrispondenza tra le tipologie di docenti richieste dalle scuole e le effettive assegnazioni,
difficoltà nelle procedure di trasferimento, ritardi nelle immissioni in ruolo. Il giudizio è lapidario:
la «scuola è nel caos». Ad aggravare la preoccupazione c'è anche l'imminente trasferimento delle
competenze in materia di pubblica istruzione dalle Province alla Regione o ai Comuni: «Ci
riferiamo in particolare - si legge nella nota unitaria - al fatto che il trasferimento dell'edilizia
scolastica, qualora fosse confermata la scadenza del primo aprile, verrebbe realizzato con l'attività
didattica ancora in pieno svolgimento: bisogna posticipare». La protesta è stata ascoltata dal
presidente della Commissione, Franco Codega, che ha sottolineato come la Regione abbia «chiesto
che venga prevista una norma di attuazione della specialità regionale che riportasse in carico alla
Regione stessa la gestione dell'Ufficio scolastico regionale, affinché i problemi possano essere
affrontati in modo diretto».
«Organici all'osso, non si esce dal caos» (Gazzettino)
(EB) Cattedre vacanti nella primaria, nomine in stand by nella scuola dell’infanzia, organici Ata
ridotti di oltre un terzo in 10 anni e il 30% di istituti (52) senza un dirigente titolare. Queste le
principali criticità esposte in 6. Commissione consiliare dai sindacati della scuola: la richiesta è
stata quella di «intraprendere tutte le azioni politiche necessarie per invertire una tendenza che
mette a rischio la sopravvivenza degli uffici periferici del Ministero in regione» assieme a quella di
posticipare la data del passaggio di competenze relative all’edilizia scolastica (la scadenza è fissata
al primo di aprile). Il personale dirigenziale sulla carta dovrebbe essere di 13 unità, invece sono 6
mentre il personale dirigente anziché contare 135 dipendenti, alla fine dell’anno, dopo vari
pensionamenti, ne conterà poco più di 70: a Udine, nel 2011 erano 33 unità, oggi sono 19;
Pordenone ne aveva 31, oggi 15. Il forzista Roberto Novelli ha chiesto di chiamare in audizione il
Ministero dell’Istruzione.
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«Con la riforma del comparto possono partire le assunzioni» (M. Veneto)
di Maura Delle Case - La soluzione alla carenza di personale lamentata da diversi sindaci c’è già. E’
l’assessore regionale alle autonomie locali, Paolo Panontin, a rassicurare gli amministratori e
indicare la risposta, messa nero su bianco in coda al 2016 nella legge di riforma del comparto unico.
«Toglierà i Comuni dalla situazione di stallo in cui versano attualmente - promette Panontin,
rispondendo ai 40 primi cittadini riunitisi giorni fa a Trivignano Udinese proprio per denunciare il
deficit in termini di organico e l’impossibilità di procedere alla sostituzione di quello andato in
pensione -. La nuova norma, a regime, farà venir meno il paradosso creato dalla precedente
amministrazione, che - in nome di un risparmio di spesa - ha messo in ginocchio i Comuni
decidendo di bloccare il turnover». L’assessore punta il dito contro l’ex giunta Tondo: «Dal 2009 ha
limitato la sostituzione del personale al solo 25 per cento delle cessazioni (per quiescenza e non)
intervenute nell’anno precedente. Soglie al disotto di quelle fissate a livello nazionale che nel corso
del tempo - sottolinea Panontin - hanno comportato una forte contrazione del personale
dipendente». Questa scelta, sommata all’illegittimità sancita dalla Corte costituzionale rispetto ad
alcune deroghe concesse alle assunzioni dall’ex amministrazione regionale, «rischiava di avere un
effetto devastante sul sistema, pertanto ci siamo messi al lavoro per tamponare la falla ereditata».
Approvata a fine 2016, la riforma del comparto consente ora l’assunzione del 100 per cento delle
risorse cessate nell’anno precedente e permette di recuperare quote di assunzioni “residue” delle
annualità precedenti non utilizzate. «Principio che vale tanto per la Regione quanto per i Comuni in
Uti» precisa Panontin. Non per le amministrazioni extra Unioni, «che possono attivare il turn over
nella misura del 50 per cento e non del 25 per cento come invece è stato affermato». Al grido dei
sindaci che denunciano enti prossimi al collasso anche Francesco Martines, in qualità di
responsabile degli enti locali per il Pd, rivendicando la bontà della legge sulle Uti. «Una norma che
ha tra i suoi obiettivi anche quello di affrontare le criticità legate alla gestione del personale nei
piccoli Comuni, non il contrario». Ma la riforma richiede tempo come l’organizzazione delle Uti.
«A questo proposito - conclude Martines - sarebbe stato di grande utilità che tutte le Province
programmassero e organizzassero al meglio il trasferimento dei dipendenti e che i Comuni più
strutturati mettessero in moto uno spirito di solidarietà per aiutare i più piccoli laddove vengono
meno alcune figure professionali rilevanti». Di diverso avviso la consigliera regionale della Lega
Nord, Barbara Zilli, che torna all’attacco della riforma. Stavolta con una mozione destinata a fare il
giro dei consigli comunali in cui il Carroccio è presente per chiedere alla Regione una revisione
della legge. A partire dalle penalizzazioni, dai vincoli di permanenza in Unione passando dalla non
banale problematica di gestione del personale. «Presenteremo la mozione in tutti i Comuni dove c'è
la Lega Nord perché è doveroso - afferma la consigliera - che la riforma degli enti locali venga
modificata: è sempre più evidente che l'impalcatura su cui è stata costruita sta rovinosamente
crollando». «Le Unioni sono un vero e totale fallimento - tuona Zilli -, non assicurano
rappresentanza ai cittadini né miglioramento dei servizi e quanto accaduto a Lestizza ne è solo
l'ultimo lampante esempio. E' questa la virtuosità delle Uti? L'ipocrisia di chi continua a difendere
tale modello fallimentare è sconcertante - chiosa Zilli -: ne avevamo di virtuosi come la Comunità
Collinare e invece il Pd ha voluto creare l'ennesimo pesante e dannoso carrozzone».
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«Lavoro, non si cambia la legge» (Gazzettino)
Maurizio Bait - «Non credo proprio che occorra una riscrittura della legge di riforma del Comparto
unico per adeguarsi alle nuove norme nazionali»: quelle di Paolo Panontin, assessore regionale alle
Autonomie locali, sono parole dettate dalla certezza che mobilità, procedimenti disciplinari,
retribuzione accessoria e altri istituti di prima grandezza siano restituibili al perimetro del negoziato
per i 14mila dipendenti della Regione e degli Enti locali senza il bisogno di mettere le mani sulle
norme di legge varate dal Consiglio regionale. La partita, “rivendicata” dal sindacato dopo aver
letto i decreti attuativi della riforma Madia a livello nazionale, trova in ogni caso Panontin
pienamente disponibile al passaggio, per questi aspetti, dal mero diritto d’informazione in capo al
sindacato a una vera e propria contrattazione. Fra i vari punti in questione figura anche un tema di
particolare delicatezza, come la “classificazione” per merito dei dipendenti. «La situazione in realtà
è piuttosto semplice», spiega l’assessore regionale che pure si riserva di procedere a verifiche
tecniche. «La nostra legge di riforma del pubblico impiego regionale già contiene una norma di
rimando “dinamico” a tutte le novità che verranno dalla riforma Madia per il resto del Paese».
Beninteso, «l’autonomia speciale non ci costringe ad alcuna variazione sulla sola scorta di norme
differenti di livello nazionale », puntualizza Panontin. «Abbiamo definito un testo di legge che
supera in sé le prescrizioni della legge Brunetta, che risale al 2001». Tuttavia «abbiamo già previsto
un adeguamento automatico al livello nazionale e adesso possiamo farlo senza ulteriori
adempimenti formali». Da parte sua, il sindacato preferirebbe che al rimando “dinamico”
succedesse una norma esplicita sulle materie in questione. Ma questa partita è di là da venire. Prima
- qui e ora - occorre approdare al sospirato rinnovo del contratto di lavoro, ora che la Delegazione
trattante di parte pubblica è stata nominata con alla testa la dirigente regionale Anna D’Angelo.
Panontin lo ha promesso per marzo. Il nuovo mese già bussa alla porta del declinante febbraio.
Bono: la crescita è debole e rallenta (M. Veneto)
In Fvg il trend di lenta crescita iniziato nel 2014, alla fine dell’anno scorso ha subito una battuta
d’arresto, in particolare con una flessione dell’export, da sempre punto di forza. Il dato emerge
dall’indagine congiunturale trimestrale svolta da Confindustria Fvg per il quarto trimestre 2016.
L’economia regionale è caratterizzata da una prevalente positività e crescita degli indicatori
congiunturali rispetto al trimestre precedente, mentre rispetto allo stesso periodo del 2015 risulta in
leggera flessione. I risultati positivi del confronto congiunturale sono abbastanza scontati, in quanto
principalmente dovuti alla ripresa produttiva dopo la pausa estiva. A confronto con il trimestre
precedente, in particolare, la produzione industriale sale di oltre tre punti percentuali attestandosi a
+3,6%. Sale invece soltanto di poco più di un punto il totale vendite (+1,6%) grazie alla buona
performance delle vendite Italia (da -0,6% a +4,5%), mentre le vendite estero subiscono una leggera
flessione e risultano di poco negative (-0,1%). L’occupazione segna una leggera diminuzione, ma
rimane positiva a +0,1%. Il presidente della Confindustria Fvg Giuseppe Bono afferma che «i
risultati dello studio che abbiamo fatto sui dati raccolti dalle nostre imprese associate, non sono
molto incoraggianti. Ci dicono, in buona sostanza, che il lento e contrastato processo di crescita in
atto da quasi due anni sta pericolosamente rallentando. Se, su base annua, il 2016 si chiude meglio
del 2015, bisogna anche tener conto che il trend degli ultimi trimestri è in flessione e che, quindi, se
non si inverte rapidamente questa tendenza possiamo ricadere in un’ulteriore periodo di crisi senza
aver neanche lontanamente superato quelle precedenti. Non bisogna però lasciarci andare al
pessimismo e qualche motivo per guardare il futuro in positivo lo possiamo trovare. Infatti, l’Istat
nelle sue più recenti note mensili, ci dice che a livello nazionale il settore manifatturiero è in
crescita, che migliora il potere d’acquisto delle famiglie e l’incremento degli investimenti. Auspico,
ma ne sono certo che riscontreremo questi miglioramenti, anche a livello regionale, nel 2017.
Dunque, le cose non stanno andando molto bene, ma c’è spazio, capacità, volontà e opportunità da
cogliere per riprendere a crescere. Al Governo chiediamo di procedere con coraggio e decisione
nell’attuazione degli strumenti a sostegno dei comparti produttivi, dando priorità al rilancio degli
investimenti nel manifatturiero con ricadute positive sull’occupazione e sull’intera economia. Il
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“Sistema Italia” può ancora ben funzionare e c’è ancora fiducia nella qualità e competitività
dell’industria italiana a livello mondiale».
Fincantieri decolla in Cina. Intesa per le prime due navi (Piccolo)
di Piercarlo Fiumanò - Fincantieri costruirà le prime navi da crociera Made in China. Negli ultimi
mesi il colosso cantieristico triestino ha consolidato la propria forza di mercato accelerando sui
mercati emergenti a colpi di acquisizioni. A Shanghai i vertici di Fincantieri hanno siglato con
China State Shipbuilding Corporation (Cssc) e lo storico alleato Carnival un memorandum d’intesa
per la costruzione di due navi da crociera, e ulteriori quattro in opzione, che saranno le prime unità
di questo genere mai realizzate in Cina per il mercato cinese. La prima consegna è prevista per il
2023. L’accordo ha un valore di circa 1,5 miliardi di dollari per le prime due navi e aggiorna le
intese già annunciate lo scorso 23 settembre. Il valore complessivo degli ordini in Cina raggiunge i
4,5 miliardi. Immediata la reazione positiva dei mercati con il titolo del colosso cantieristico
triestino che piazza un balzo del 4,47%. Fincantieri diventa, in asse con l’armatore Carnival, il
partner privilegiato di Pechino su un mercato che ha registrato un’espansione record negli ultimi
anni. Le potenzialità di crescita sono stimate in 4,5 milioni di passeggeri nel 2020 che potrebbero
portare il drago cinese a essere il secondo al mondo dopo quello americano. L’accordo che porterà
alla costruzione delle prime grandi navi da crociera in Cina è stato annunciato a margine del quarto
Business Forum Italia-Cina, alla presenza del presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella
e quello della Repubblica Popolare Cinese Xi Jinping. Il Ceo di Fincantieri Giuseppe Bono,
Michael Thamm, ceo di Carnival Asia e del gruppo Costa, e Wu Qiang presidente di Cssc, nella
Grande Sala del Popolo, hanno annunciato che le nuove navi saranno costruite da maestranze cinesi
e con l’assistenza tecnica di Fincantieri nel cantiere di Waigaoqiao Shipbuilding, sito del gruppo
Cssc. Spazi, divertimenti e cabine saranno modellati sulle esigenze del crocierista cinese. «Saremo
la perla più brillante della cantieristica mondiale», ha detto Wu Qiang. Il design sarà personalizzato
secondo i gusti specifici dei clienti per il nuovo brand crocieristico cinese della joint venture tra
Carnival Corporation, Cssc e Cic Capital, che si occuperà anche di operare le unità. Spazi,
divertimenti e cabine saranno modellati sulle esigenze del crocierista cinese. Mentre prosegue il
negoziato sul dossier Stx, dove Parigi vuole mantenere una golden share di controllo sugli storici
cantieri di Saint-Nazaire, il gruppo triestino consolida la propria forza sul mercato dopo la riuscita
diversificazione degli ultimi anni con i ricavi all’estero che sono arrivati ora all’85% del totale.
Carnival, alleato storico, è già presente in Asia con le navi Costa Crociere e diventa l’armatore di
tutta l’operazione. La flotta Made in China di Fincantieri sarà realizzata per il mercato locale e
asiatico e dovrebbe ispirarsi all’ammiraglia Carnival Vista. «Guardare allo scenario globale
significa cercare di allargare i propri confini, porre le basi per far crescere ulteriormente le
prospettive d’affari e accedere anche ai mercati più complessi. Senza un simile impegno non c’è
possibilità di restare competitivi nel medio e lungo periodo. Questo accordo non soltanto ribadisce
la nostra leadership nel settore crocieristico, ma crea un sistema virtuoso fra i due Paesi», ha detto il
Ceo di Fincantieri Bono. Il capo di Carnival Corporation, Arnold Donald, ha definito l’accordo
«una pietra miliare nell’industria cantieristica» che per la Cina è uno dei capisaldi del piano
quinquennale di sviluppo economico. Per Fincantieri il business cinese è un passo avanti decisivo. I
triestini sono riusciti dove hanno fallito i cantieri giapponesi Mitsubishi dopo i ritardi nella
consegna delle navi alla compagnia Aida. La Cina, grazie all’esperienza degli italiani, vuole correre
da sola.
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Al via il primo treno da Trieste al Baltico (Piccolo)
di Benedetta Moro - Il Porto di Trieste rompe i suoi storici confini con il primo collegamento
intermodale a lunga percorrenza fra l'Adriatico e il Baltico, che diventa anche il primo che si è
creato in Europa tra un porto del Nord e uno del Sud. Diventa così punto essenziale di passaggio per
i mercati tra la Turchia e la Grecia verso il Nord Europa. Trieste-Kiel-Göteborg è la linea direttrice
che trasporterà contenitori, semirimorchi e casse mobili in arrivo e in partenza via mare e via terra,
con la speranza di guardare in futuro alla Russia e all'Iran. A inaugurare ufficialmente questo nuovo
progetto, di cui si è iniziato a ragionare a Trieste a ottobre, sono stati ieri mattina al terminal Emt
del Porto Nuovo di Trieste Francesco Parisi, presidente dell'omonima Casa di spedizioni, Ahmet
Musul, amministratore delegato Ekol, l'operatore logistico turco che ha acquisito di recente la
partecipazione di maggioranza del Terminal Emt del Molo VI e che promuove il servizio, Zeno
D'Agostino, presidente dell'Autorità di Sistema portuale del mare Adriatico Orientale. Ma c'era
anche Robert Rydberg, ambasciatore di Svezia in Italia. Così come Debora Serracchiani, presidente
della Regione Fvg, il sindaco Roberto Dipiazza, Dirk Claus, amministratore delegato Porto di Kiel e
Pietro Mancuso, amministratore delegato Tx Logistik. Il percorso. Il nuovo servizio logistico
intermodale è composto da un treno e una nave-cargo in viaggio per 40 ore (26 più 14) all'andata e
altrettante al ritorno da e per la penisola scandinava. Per il momento una volta alla settimana il
percorso si snoderà lungo 1360 chilometri ferroviari, a cui si aggiungono le 234 miglia marine. Il
treno, lungo 550 metri e composto da 16 carri, partirà ogni mercoledì alle 11 dal capoluogo giuliano
e arriverà dopo 26 ore il giovedì a Kiel, in Germania, alle 13. Per la trazione ferroviaria collaborano
TX Logistik e Mercitalia Rail, Alpe Adria e la stessa TX Logistik in qualità di Multi transport
operator (Mto). Dalla città tedesca, nel profondo Nord del Paese, i vari contenitori, semirimorchi e
casse mobili che proseguiranno il viaggio, verranno smistati su un mezzo marittimo, a cura di Stena
Line, che arriverà in altre 14 ore nella Svezia meridionale, a Göteborg, il venerdì mattina. Il giorno
di ritorno è previsto per sabato invece, con partenza da Kiel la domenica, quando dopo aver
percorso il tragitto via mare, le merci verranno trasferite sul treno che arriverà a Trieste lunedì
pomeriggio. Si tratta anche di "un concreto risvolto ecologico, togliendo dalle strade un gran
numero di camion e riducendo quindi le emissioni nocive" ha specificato Mancuso. Le merci. Il
settore automobilistico è trainante con Volvo e Scania come case scandinave, ma ci saranno
prodotti del settore agroalimentare dal Sud Europa. Ma non si tratta di una linea che si limita alla
tratta Fvg-penisola scandinava. Nell'elaborata serie di convogli che lo scalo giuliano vanta con un
incremento generale del 68% di traffici ferroviari in due anni, ora con questa nuova attività il Porto
mira ad espandersi, guardando alla Russia e all'Iran. Perché da Kiel ci sono anche tante altre linee
ro-ro potenzialmente sfruttabili. Per San Pietroburgo bisogna però attendere una svolta nei trattati
commerciali, quando cesserà l'embargo con la Russia. Questo servizio "amplia notevolmente le
prospettive di mercato del porto di Trieste, ponendolo realmente al centro di un sistema che collega
il Nord Europa con l'Oriente" ha detto Parisi. Ma potrebbero essere trasportate in futuro anche
merci che passano per l'Iran, "perché - hanno spiegato D'Agostino e Mosul - con il fatto che è
caduto l'embargo su questo Paese, si è aperto un mercato nuovo, che passa per la Turchia. Quindi
noi ci troviamo su una direttrice importante anche per questo nuovo mercato di 80 milioni di
persone che adesso comincia ad avere esigenze di consumo occidentale". «Stiamo attuando - ha
affermato Serracchiani - quella che il ministro alle Infrastrutture Delrio ha chiamato la cura del
ferro, intesa come potenziamento del traffico ferroviario di merci e persone». Cadono le barriere e
si respira sempre più aria di libero commercio. «Nel contesto di nazioni che guardano al
protezionismo e al chiudere le frontiere - ha sottolineato Robert Rydberg, ambasciatore di Svezia in
Italia -, è importante mostrare come il libero scambio sia una fonte importante di sviluppo
economico, benessere e relazioni pacifiche. Questo nuovo collegamento è quindi il simbolo che un
ponte tra i continenti europeo e asiatico è possibile e positivo». «La nostra città vive una grande
progettualità: Porto Nuovo, Porto Vecchio e anche Ezit mostrano come nonostante la crisi, Trieste
stia guardando avanti» ha detto Dipiazza.
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Belci: «No ai partitini, serve una rete» (Gazzettino)
Maurizio Bait - «Il Centrosinistra in Friuli Venezia Giulia può essere ancora competitivo e di
governo. A patto che non punti a fare non una coalizione di partiti e partitini, ormai divisivi, ma a
costruire una rete di gruppi, che sappia attingere anche società civile». Franco Belci - già segretario
generale della Cgil Fvg e ora presidente dell’associazione Reset, tentativo di collante di una Sinistra
fuori dalle sigle – è tutt’altro che scosso dalla scissione dei Dem. Forse non solo perché in regione
chi hamollato il partito per ora è solo il senatore bersaniano Carlo Pegorer (con il quale tra l’altro
sarà a confronto il 3 marzo a Gradisca d’Isonzo su “Quale orizzonte per la sinistra”), mentre il
consigliere regionale Mauro Travanut non ha ancora ufficializzato la sua partenza e i parlamentari
Lodovico Sonego e Gianna Malisani sono in riflessione. Il punto, per Belci che si è fermato alla
tessera dei Ds e il Pd lo ha votato fino alle Europee per poi abbandonarlo perché «Renzi ha
promesso e non ha mantenuto», è che a fare da catalizzatore per il Centrosinistra deve essere «il
programma e non le sigle o le persone». Guarda sconsolato il parterre dei candidati di Sinistra che
vogliono diventare sindaco di Gorizia: «Sono in otto», dice. «Così non si va da nessuna parte». Ed
elenca: «Oggi a sinistra del Pd a livello nazionale ci sono 16 partitini, dei quali 8 si richiamano al
comunismo. Quattordici non vanno oltre l’1-2 per cento». A questo punto, considera, dire «Sinistra
è dire tutto e niente», addirittura «può essere un ostacolo alla riorganizzazione ». Per questo auspica
che in Friuli Venezia Giulia si renda ancora competitiva avendo coscienza che «a essere dirimente »
sarà «il programma, non il candidato presidente». Un documento, aggiunge, con «quattro punti
fondamentali: lotta alla diseguaglianza, creazione di lavoro - il Jobs Act è fallito -, welfare e un
sistema di accoglienza dei migranti che, pur diffuso, si faccia carico delle paure della gente». Per
arrivarci Belci immagina una «costituente programmatica » e annuncia la disponibilità di Reset ad
esserci. L’obiettivo è «l’idea di regione da qui a dieci anni, non un pensiero concentrato sull’oggi».
Uno scenario che deve essere animato «da una classe dirigente e non da un solo uomo o donna
considerati salvatori della patria. Il modello Renzi – dice – è fallito». Come per ora non crede alla
prospettiva disegnata sul Gazzettino dal vice- capogruppo Pd al senato Alessandro Maran di un
patto a Roma tra Pd e Fi, che porterebbe in regione a una desistenza degli azzurri alle Regionali
2018. «Maran s’immagina un futuro per il quale ora non si sono elementi», conclude.
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CRONACHE LOCALI
Daneco, 17 senza stipendio. La Net convoca i sindacati (M. Veneto Udine)
di Francesca Artico - La Net prende in mano la situazione: il direttore generale Massimo Fuccaro
convoca Daneco e sindacati per il 9 marzo nella sede di San Giorgio di Nogaro per discutere «della
situazione dei dipendenti della società Daneco Impianti Spa». «Una situazione che sta diventando
insostenibile per i 17 lavoratori che da due mesi non percepiscono lo stipendio – dice Maurizio
Contavalli di Fiadel (Federazione italiana lavoratori enti locali) – , anche a fronte delle scadenze che
ognuna di queste famiglie deve fronteggiare, a partire da quelle relative a mutui e bollette. Però ci
troviamo davanti all’azienda che non dà risposte». Intanto anche il Movimento 5 Stelle – con il
consigliere regionale Cristian Sergo – si mobilita e chiede alla Regione Fvg e al Comune di Udine
di «dare risposte concrete a questi lavoratori che da due mesi non percepiscono lo stipendio».
Sergo, che ha partecipato martedì mattina al sit in dei lavoratori Daneco a San Giorgio, ricorda che
si è trattato di due ore di assemblea per “protestare” contro i 9 licenziamenti dovuti alla chiusura
dello stabilimento di Udine e i mancati pagamenti ai 17 dipendenti da parte dell’azienda che
gestisce l’impianto che si trova nella zona industriale dell’Aussa Corno. «Da due mesi i dipendenti
non ricevono quanto dovuto dalla società che gestisce l'impianto della Net – afferma – . Inoltre
questi lavoratori si ritrovano nella situazione di non poter indire nemmeno uno sciopero per non
esser tacciati di interruzione di pubblico servizio. Chiediamo alla Net, alla Regione e al Comune di
Udine (Net è una sua partecipata, ndr) di intervenire subito per sbloccare questa situazione». E la
risposta di Net è arrivata. Ora si attendono gli interventi del Comune di Udine e della Regione
anche a seguito della richiesta inviata dalla Fidel (Federazione italiana dipendenti enti locali) di un
incontro urgente con la presidente Serracchiani. «La situazione dei lavoratori dell’azienda peggiora
ogni giorno di più – sottolinea Sergo – da quando la Net ha deciso di chiudere l’impianto di
conferimento rifiuti di Udine per realizzarne uno in project financing per oltre trenta milioni. Gara
già chiusa, secondo il sindaco Honsell. Eppure sulla pagina “amministrazione trasparente” del sito
della società partecipata non è stato ancora pubblicato nulla a riguardo». Sergo ricorda anche che
venti giorni fa il consigliere comunale dei M5s Parente ha presentato un’interrogazione al sindaco
Honsell e che sono passati quasi tre mesi da quanto è stata informata la Regione.
Il sindacalista Battistutta vittima della malattia (M. Veneto Udine)
È morto ieri mattina dopo una lunga malattia Maurizio Battistutta, formatore dell’Enaip e
sindacalista della Flc-Cgil, nella cui segreteria provinciale militava da lungo tempo. Udinese, 57
anni, lascia la moglie Cristina e la sorella Tiziana. Laureato in sociologia, era impegnato anche in
diversi campi del sociale, come l’assistenza e l’insegnamento nelle carceri. Impegno, quest’ultimo,
che gli era valso la nomina al ruolo di garante per i detenuti da parte del Comune di Udine. E
proprio il sindaco Furio Honsell ha voluto ricordare la figura di Battistutta: «Voglio esprimere il
mio profondo cordoglio, in particolare alla famiglia, per la scomparsa di Maurizio Battistutta,
garante dei detenuti del Comune di Udine. Una figura di profondo spessore da sempre impegnato
nei temi dell’inclusione sociale dei detenuti e del loro recupero nella lotta alla recidività; una figura
che per impegno e umanità ha superato i confini della città per diventare un punto di riferimento
nazionale». Commosso il ricordo di Natalino Giacomini, numero uno della Cgil di Udine e fino a
pochi mesi fa segretario provinciale della Flc, il sindacato della scuola e della formazione dove
Battistutta ha militato fin dai primi anni Ottanta, prima come delegato, poi come componente degli
organismi direttivi provinciali: «Maurizio – queste le parole di Giacomini – aveva la dote rara di
saper unire alla grande determinazione che metteva nel suo impegno sindacale una grandissima
umanità, puntando sempre sulla forza delle idee e delle parole. Lascia una grande eredità come
uomo e come sindacalista, per le tante vertenze di cui è stato protagonista nel settore della
formazione e per la passione con cui ha partecipato a tutte le iniziative e le battaglie della Flc e della
Cgil in difesa dei diritti dei lavoratori, anche al di fuori del settore formativo e della scuola».
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Università, nuovi soci in arrivo per il Consorzio (M. Veneto Pordenone)
di Piero Tallandini La linea guida per dare stabilità alla crescita dell’università a Pordenone è ormai
tracciata: puntare su un sostegno crescente dei privati, in primis l’imprenditoria locale, e degli enti
non pubblici, uniti dalla consapevolezza che sostenere lo sviluppo universitario significa portare
vantaggi concreti per il territorio. Strategia che in questi primi due mesi del 2017 sembra dare i suoi
frutti per il Consorzio universitario pordenonese secondo quanto sottolinea il presidente Giuseppe
Amadio. Sta per concretizzarsi l’arrivo di nuovi soci, ed entro la prossima settimana potrebbe già
esserci l’annuncio. La prima svolta era arrivata un mese fa con l’accordo per l’ingresso nella
compagine sociale dell’ente di Friulintagli, azienda guidata da Inaco Maccan, realtà di punta della
manifattura pordenonese e in particolare del settore del mobile (produce anche per Ikea). L’azienda
di Prata ha fatto da battistrada, impegnandosi a versare fino a 15 mila euro l’anno al Consorzio, utili
a finanziare anche borse di studio per i corsi di laurea già attivi e, in particolare, per il nuovo
percorso di studi in Banca e finanza che partirà a settembre. «Aziende come Friulintagli e molte
altre hanno bisogno di professionalità e competenze affinate – il commento di Maccan, il mese
scorso, in una nota congiunta – ed è un bene poter avere un bacino di riferimento per costruire
assieme i percorsi migliori funzionali alle imprese. Noi ci crediamo e siamo certi che anche altre
aziende ci crederanno». «L’ingresso di Friulintagli ha subito generato un effetto traino – sottolinea
Amadio –. Ci si è resi conto anche della visibilità che quella decisione aveva garantito e della
credibilità dei nostri progetti. E così altri si sono fatti avanti: altri soggetti, di diversa natura, hanno
manifestato l’intenzione di entrare nella compagine sociale. Non solo imprenditori, quindi, ma
anche enti, ovviamente non strettamente pubblici». «Per il momento non possiamo ancora fare nomi
ma già entro la prossima settimana credo che sarà possibile dare un primo annuncio – aggiunge il
presidente dell’ente consortile –. Sono segnali molto incoraggianti, che testimoniano l’attrattiva del
nuovo corso e la solidità del nostro disegno progettuale complessivo. Quella di Pordenone viene
vista come una realtà universitaria sulla quale investire. Inoltre constatiamo il fatto che il territorio
ha avuto un sussulto d’orgoglio. Insomma, questo inizio di 2017 ci fa davvero ben sperare per il
futuro». Segnali positivi che sono arrivati pur a fronte della decisione della Camera di commercio di
rinunciare al ruolo di socio fondatore, dopo aver garantito per anni un sostegno fondamentale allo
sviluppo universitario pordenonese. Ora a investire sul futuro del territorio, sostenendo lo sviluppo
della realtà universitaria, sono anche i privati.
Il nuovo ruolo dei pensionati (M. Veneto Pordenone)
Martedì e mercoledì villa Frova, a Stevenà di Caneva, ospiterà il decimo congresso territoriale della
Fnp-Cisl di Pordenone. All’appuntamento, dopo un lungo percorso fatto di incontri e assemblee,
sono stati eletti i 97 delegati della Federazione pensionati Cisl. Un avvenimento importante per
dibattere, approfondire e individuare i percorsi possibili per interpretare un ruolo che vuole essere al
servizio degli anziani e delle comunità di provenienza. “Non solo nonni...” è lo slogan lanciato dal
segretario uscente Davide Battiston che con la sua relazione aprirà i lavori. Segretario e
collaboratori di segreteria hanno attivato azioni di coinvolgimento e inclusione, un lavoro che ha
appassionato oltre 700 persone in 21 assemblee territoriali. Circa 200 hanno fatto il loro ingresso
nella federazione e di queste una cinquantina ha dato la disponibilità a lavorare volontariamente
nella struttura. La riforma sanitaria regionale sarà presentata da Paolo Florean, componente della
segreteria Ust di Pordenone, il dialogo sociale con i Comuni e relativi ambiti sarà introdotto da
Gianfranco Marchetti, collaboratore della segreteria Fnp-Cisl, mentre Loris Pasut, neo-coordinatore
dell’ambito del Noncello, parlerà della comunicazione sociale attraverso l’impiego delle nuove
tecnologie. La Fnp-Cisl vuole essere una presenza attiva sul territorio attraverso le sedi che sono
diventate il biglietto da visita della federazione. La partecipazione e il sentirsi parte attiva di un
mondo che cambia per aiutare i più deboli sono spunti di riflessione che saranno proposti dal
segretario Davide Battiston.
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Il tavolo romano stempera il clima, ma il futuro di Servola resta sospeso (Piccolo Trieste)
Un incontro “interlocutorio”, come riconoscono un po’ tutti, che però non scioglie il nodo di fondo:
che ne sarà del futuro della Ferriera a Trieste? L’interrogativo, alla fine del faccia faccia di ieri
mattina al ministero dello Sviluppo economico, sollecitato dai sindacati, resta sospeso. Il quesito si
gioca attorno al destino dell’area a caldo che il Comune, in guerra aperta contro Arvedi, vorrebbe
chiudere. L’industriale, davanti a tanta ostilità, poco più di un mese fa aveva minacciato di lasciare.
Di qui la necessità del tavolo al Mise. I toni, par di capire, stavolta sono più distesi da entrambe le
sponde. La società, come precisava una nota diramata in serata, non ha potuto che mettere l’accento
«sugli impegni assunti con l’Accordo di programma». Tradotto: il percorso di risanamento
impiantistico, di messa in sicurezza del sito e di reindustrializzazione. «Dal momento della firma
dell’Accordo a oggi sono stati incrementati i livelli occupazionali e lo stabilimento sta producendo
nel pieno rispetto di tutti i parametri ambientali disposti dall’Aia - rileva Siderurgica Triestina come confermato dai dati pubblici che riguardano Pm10, benzo(a)pirene e deposizioni». Detto
questo l’impresa conferma «la preoccupazione» già espressa da Giovanni Arvedi, presidente del
gruppo, nella riunione dello scorso 12 gennaio. «In seguito agli atti e alle dichiarazioni orientate alla
chiusura dell’area a caldo da parte del Comune, cui il gruppo riconosce il massimo rispetto da
sempre garantito alle istituzioni, l’azienda non è oggi in grado di poter pianificare le proprie azioni
future, che necessitano un quadro di lunga durata». È il terreno della contesa. Siderurgica Triestina,
comunque, condivide «la sensibilità manifestata dal Comune per il rispetto dei quadri autorizzativi e
prescrittivi» e accoglie «con estremo favore» l’annuncio della Regione sul prossimo
coinvolgimento dell’Istituto superiore della sanità». L'impresa, inoltre, è pronta «ad adempiere alla
richiesta di ridefinizione del progetto di copertura dei parchi minerali, qualora la Conferenza dei
servizi ne faccia richiesta». La società, infine, sollecita un chiarimento definitivo affinché «l'azienda
possa operare in condizioni più serene e per poter intraprendere con maggiore certezza le sfide
legate al piano industriale». La Regione, per voce dell’assessore al Lavoro Loredana Panariti, dal
canto suo ha ricordato la disponibilità dell’Arpa ad accogliere il suggerimento del Comune di
posizionare un nuovo deposimetro per la misurazione delle polveri in un’area vicina all'impianto.
La richiesta di revisione dell’Aia, avanzata dalla giunta Dipiazza, verrà invece «valutata dai tecnici
competenti». Il fronte sindacale resta sul chi va là. «L’incertezza sull’area a caldo rimane», hanno
evidenziato Cristian Prella (Failms) e Umberto Salvaneschi Fim-Cisl. Con loro Antonio Rodà
(Uilm), convinto che «il botta e risposta tra Comune e Arvedi non porterà a nulla». La giunta
Dipiazza, rappresentata ieri al tavolo dall’assessore Angela Bandi, ribadisce la linea: «Più che la
chiusura dell’area a caldo a noi importa la tutela della salute delle persone. Se ciò non avviene si
devono trarre le conclusioni».(g.s.)
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«Ora Fincantieri aumenti l'occupazione locale» (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
di Giulio Garau - Fincantieri affronti la questione degli appalti e punti al potenziamento delle
aziende dell’indotto del territorio. A chiederlo le Rsu, Fim, Fiom e Uilm dello stabilimento di
Panzano. Un appello che il sindacato rafforza ricordando le notizie positive apparse su Fincantieri
in questi giorni che confermano nuove acquisizioni e ordini e tra questi la mega commessa da quasi
5 miliardi dalla società armatrice Norvegian che ha ordinato 4 navi più altre due opzioni. Tutte navi
di “nuova concezione”. E si tratta di una richiesta pressante da parte del sindacato che si accoda al
pressing che a sua volta sta facendo da tempo il sindaco di Monfalcone Anna Cisint che proprio
lunedì scorso è tornata sul rapporto con Fincantieri e la necessità di un accordo sull’occupazione
che preveda una rete di impresa al posto delle esternalizzazioni. Temi sui quali i sofferma il
sindacato che è in linea con il sindaco ma solo perchè da anni chiede maggior impegno a Fincantieri
sul lavoro. «Noi chiediamo cosa intenda fare la direzione della Fincantieri affrontando la questione
degli appalti - insistono Fim, Fiom e Uilm - già prevista dall’integrativo che determina una serie di
impegni quali la limitazione dei subappalti, il potenziamento delle aziende dell’indotto garantendo
assunzioni attraverso le agenzie interinali o alla sperimentazione di contratti di rete con
l’aggregazione delle aziende del territorio». Le Rsu ricordando l’ultima notizia sulla mega
commessa con la Norvegian che coinvolgerà anche Monfalcone, spiegano che tutto ciò si traduce in
«lavoro al cantiere fino al 2027». Ma «ancor oggi non si trova un riscontro positivo
nell’occupazione sul territorio, martoriato dalla disoccupazione con numeri preoccupanti». Ma Fim,
Fiom e Uilm si dicono «certi che quest’azienda possa ancora rappresentare un volano di crescita
economica e occupazionale e crediamo che la ricchezza prodotta dal cantiere di Monfalcone debba
ricadere in modo più significativo sul territorio». Il quadro che è emerso qualche giorno dfa è che il
subappalto a Monfalcone è praticamente esploso e che oltre la metà dei lavoratori sono bengalesi e
romeni. «Il punto di legalità va affrontato con la politica territoriale - spiegano le Rsu - ma deve
avere una condivisione con il sindacato attraverso un tavolo comune, che trovi soluzioni di
correttezza contributiva, salariale, contrattuale che oggi in diversi casi ancora mancano». Il
sindacato definisce «allarmante» la disoccupazione della provincia e chiede «assunzioni dirette e
attraverso gli appalti visti i carichi di lavoro che arrivano fino al 2027». Si ritiene giusto percorrere
la «strada degli inserimenti di lavoratori che con il percorso formativo trovino occupazione stabile
nell’azienda più grande del territorio. Crediamo che un’azienda pubblica come Fincantieri debba
privilegiare gli investimenti sul territorio in termini di manodopera, di infrastrutture potenziando il
sito produttivo e garantendo lavoro e stabilità ai residenti». Un appello che per ora vede Fincantieri,
che comunque sta dialogando con il Comune, in silenzio. Il colosso della cantieristica, proprio in
queste settimane, è impegnato sui molteplici fronti. Dopo la notizia dell’accordo con Norwegian
Cruise line che prevede la realizzazione di una nuova classe di navi innovative, è proprio di ieri la
notizia di un altro storico accordo con la Cina per costruire due navi da crociera più altre quattro
opzioni. Un’intesa che è stata firmata alla presenza dei presidenti della repubblica italiano Sergio
Mattarella e di quello cinese Xi Jinping. È di martedì scorso invece l’altra notizia di una serie di
incontri in Australia dove Fincantieri sta aumentando l’impegno. Un panorama positivo di fronte al
quale i sindacati chiedono all’azienda ancora più impegno sul fronte occupazionale.
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La città si sta svuotando. In fuga per trovare lavoro (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
di Francesco Fain - Una città viva. Con un commercio fiorente. Con un settore dolciario trainante.
Con via Rastello che era la capitale del jeans: i pullman arrivano dalla Bosnia per fare il pieno di
tessuti denim. La strada era popolata quotidianamente da clienti d’oltreconfine che facevano incetta
di pantaloni, introvabili in patria. L’offerta era vastissima e il parcheggio di piazza Vittoria (già,
allora, la piazza era una grande area di sosta) era pieno all’inverosimile. Un’altra epoca. Una città
diversa. Questa la fotografia di Gorizia negli Settanta. E proprio nel 1970 il capoluogo di provinca
contava 43.918 residenti perché c’erano lavoro, movimento, opportunità. Oggi, i bilanci
demografici sono terribili. Sempre più giù. Sempre meno abitanti. È incessante l’emoraggia di
residenti in città. Una fuga dove c’è più possibilità di trovare un lavoro. Una lunga scia negativa
Anche il 2016 si è chiuso con l’ennesimo segno “meno”. Al 31 dicembre risultavano iscritte
all’Anagrafe 34.740 persone contro le 34.844 del 2015 e le 35.114 di dodici mesi prima (31
dicembre 2014). In dodici mesi, se ne sono andati in 104. Addirittura impietoso, dicevamo, il
confronto con il dato del 1970. In 47 anni la città ha perso quasi 9.200 abitanti, si è ridotta di un
quinto. Dieci anni dopo (era il 1980) Gorizia ha iniziato a registrare un calo demografico, pur
restando ampiamente al di sopra di quella che potremmo definire «soglia psicologica» dei 40mila
abitanti: ne assommava infatti 42.532. Ma la variazione più vistosa si è registrata fra il 1986 e il
1987: in quei dodici mesi il capoluogo di provincia è sceso a 39.839 residenti. Proseguendo: nel
1990 ha toccato quota 39.008, nel 2000 la popolazione è diminuita ulteriormente a 37.072 abitanti.
Oggi, il minimo storico La fuga dei giovani La città continua a svuotarsi. Sino a qualche anno fa, la
motivazione provinciale era il cosidetto “saldo naturale”. Le nascite (che avvenivano con frequenza
sempre minore come testimonia la vicenda della dolorosa chiusura del reparto materno-infantile)
non riuscivano minimamente a compensare i decessi. Oggi, decisiva è un’altra questione. I giovani
sono costretti a fare «armi e bagagli» perché le possibilità di lavoro non ci sono o sono ridotte al
lumicino. Qualcuno mette in campo le tante occasioni mancate (vedi scuola della Guardia di
finanza). Tutti, indistintamente, parlano di “fuga dei giovani”, determinata dalla mancanza di
prospettive e di posti di lavoro adeguati. Ma c’è anche un’altra spiegazione per motivare il
decremento demografico soprattutto degli ultimi anni: la scomparsa della Zona franca. Sì, le
agevolazioni e il prezzo ridotto della benzina avevano determinato un boom di residenze fittizie
(difficile, se non impossibile quantificarle): residenze che servivano per ottenere il beneficio, poi
magari la persona abitava da tutt’altra parte. Quando le agevolazioni sono finite, è venuta meno la
necessità della residenza: ergo, la popolazione è calata. Ma è soprattutto l’assenza di opportunità
lavorative la causa scatenante del calo demografico.
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Caso vigili, i sindacati smentiscono Patat (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
di Matteo Femia - I sindacati smentiscono, documenti alla mano, il sindaco di Cormons, Luciano
Patat, sulla questione-vigili urbani. Nei giorni scorsi infatti il primo cittadino aveva giustificato le
valutazioni basse date da segretario comunale e dall’Oiv (Organismo indipendente di valutazione)
ai quattro agenti dell'ufficio della Polizia municipale, spiegando come l'obiettivo principale,
svolgere ore di controllo sulle strade in orario serale o notturno, non fosse stato raggiunto e di
conseguenza gli agneti della Municipale non avevano potuto benficiare del preivsto premio
economico. Patat aveva evidenziato come queste ore extra non venivano calcolate «come
straordinario, ma come orario normale di lavoro recuperabile: se un agente avesse svolto servizio
per tre ore dopo il tramonto, quelle tre ore si sarebbero poi recuperate lavorando tre ore in meno in
orario diurno o maturando delle ferie aggiuntive». Ma la rappresentanza sindacale dei quattro agenti
esibisce oggi dei documenti che evidenziano come invece tra i tre obiettivi indicati a inizio 2016
«per i componenti del servizio di Polizia locale» vi fosse la richiesta «al di fuori del normale orario
di turnazione per non meno di 120 ore complessive da rendersi nel corso dell'anno 2016, controlli
alla circolazione stradale con un piano di interventi da concordare con il sindaco. Tale prestazione
sarà compensata quale lavoro straordinario o posta in recupero». E qui c'è sta motivo del
contendere, perché, evidenziano ancora i sindacati con tanto di documenti alla mano, «si trattava
dunque di una richiesta di lavoro straordinario, smentendo quindi l'affermazione del primo
cittadino, ma in più c'è anche una sentenza della Corte di Cassazione del 4 agosto 2014 in cui viene
dichiarato "legittimo il rifiuto del dipendente pubblico a svolgere lavoro straordinario anche in caso
di esigenza di servizio"». A tal fine la Cgil (ma anche la Cisl aveva scritto un documento simile)
aveva quindi inoltrato nelle scorse settimane, prima dell'emanazione delle valutazioni ai dipendenti,
una nota all'amministrazione comunale nella quale si evidenziava come non solo lo straordinario
non poteva essere utilizzato contrattualmente per raggiungere l'obiettivo numero 1, ma altresi il
budget per la copertura delle ore straordinarie non era disponibile. Ergo: non solo non si poteva
chiedere come obiettivo lo svolgimento di ore straordinarie ai dipendenti, ma in ogni caso soldi per
pagare queste ore extra in cassa non c’erano. E proprio per questo il sindacato riteneva raggiunti gli
obiettivi indicati ai dipendenti della Polizia locale, che al punto 2 e 3 riguardavano di fatto il
controllo del comportamento dei proprietari degli animali da affezione per quanto concerneva la
deiezioni degli animali sulle strade e i marciapiedi pubblici, oltre alla redazione quadrimestrale da
parte del capitano del comando sugli esiti delle attività svolte dal personale sotto il proprio
controllo. «Siamo molto amareggiati riguardo le dichiarazioni sulla stampa da parte del sindaco evidenzia il rappresentante sindacale della Cisl funzione pubblica Gianvito Suglia - perché
contengono diverse inesattezze e danno un'impressione sbagliata dell'operato della Polizia
municipale. La preoccupazione del sindacato riguarda il fatto che i lavoratori in questione non
percepiranno le somme dovute al raggiungimento degli obiettivi, venendo penalizzati
ingiustamente». Possibile che a questo punto, oltre a probabili iniziative di tipo sindacale, si apra un
contenzioso legale tra le parti: gli agenti infatti presenteranno ricorso interno indirizzato al
segretario comunale, passaggio che - in caso di insuccesso - sarebbe seguito da un ricorso all'Oiv e,
in ultima eventuale battuta, al giudice del lavoro.
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Un posto in Comune solo con la mobilità. Ronchi cerca operai (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
di Luca Perrino - L’unica possibilità è la mobilità. Neanche Ronchi dei Legionari può discostarsi da
questo percorso. Le assunzioni, negli enti pubblici o, almeno, nei Comuni, è la mobilità esterna. È
avvenuto a dicembre scorso, per la copertura di un posto alla biblioteca comunale, ma anche a
gennaio per rimpinguare l’ufficio tributi. E avverrà prossimamente per l’assunzione, sempre per
mobilità, di un operaio che dovrà sostituire un dipendente che ha chiesto e ottenuto il trasferimento
in un altro ente. In questo caso le domande dovranno pervenire entro il prossimo 23 marzo, perché,
dal primo aprile, Ronchi dei Legionari si troverà con un operaio in meno. La coperta sempre più
corta, la chiusura delle Province e il trasferimento di alcune competenze, l’incognita delle Uti. Sono
questi i “paletti” entro i quali si deve muovere ogni amministrazione comunale, chiamata, sempre e
comunque, a offrire servizi, a dare risposte ai cittadini. Ronchi dei Legionari ha appena dovuto fare
i conti con due defezioni importanti: il comandante della Polizia locale, Corrado Calligaris,
“accasatosi” a San Canzian d'Isonzo e Franco Iurlaro, responsabile di tutti i servizi alla persona,
“emigrato” nel Veneto. «In questo caso - spiega il sindaco, Livio Vecchiet - abbiamo optato con
l’affidamento di mansioni superiori al nostro personale già in servizio. Non abbiamo ancora potuto
mettere a concorso i due posti vacanti, in quanto, tra le altre cose, non sappiamo ancora quello che
sarà il percorso che faranno le Uti. Questa incognita ci condiziona non poco. Il nostro personale è la
nostra ricchezza, ma in questo marasma, noi come nuova amministrazione comunale, cerchiamo di
fare e di dare certezze alla nostra comunità, in modo da mantenere inalterata la qualità dei servizi
che il Comune fornisce da anni, privilegiando da sempre i servizi sociali, per essere vicini ai minori
e a chi ha bisogno. Purtroppo coloro che hanno bisogno di aiuto aumentano anno dopo anno». Certo
è che, rispetto al passato, le cose sono molto cambiate. I comunali sono sempre di meno e ci sono
settori sotto organico. Come nel caso eclatante della Polizia locale che svolge servizio in una
cittadina di quasi 12mila abitanti con solo sei agenti, un’ausiliaria del traffico e un’impiegata. Non
stanno meglio gli operai, ora una decina, che, per alcuni mesi l’anno, possono contare su chi
usufruisce dei lavori socialmente utili, mentre anche alla biblioteca comunale o all’ufficio
urbanistica, solo per citare due casi, non è che la situazione sia migliore. Ecco perché in passato
proprio la Sandro Pertini aveva dovuto ridurre gli orari di apertura al pubblico. Le mansioni, poi,
sono sempre maggiore e la dimostrazione lo è anche il fatto che, da un anno a questa parte, il
Comune ha dovuto aprire anche un proprio sportello dedicato al catasto, in funzione anche per le
altre località del mandamento. Un aggravio di lavoro per quello che, ormai, è solo un piccolo
“esercito” di operai, impiegati, operatori scolastici, agenti della Polizia locale e via discorrendo.
Dieci le posizioni organizzative, delle quali, come ricordato, due vacanti. E di queste sei sono
appannaggio delle donne. Donna è anche il segretario generale, dottoressa Maria Grazia De Rosa,
così come lo sono, ad esempio, i responsabili del servizio economato e provveditorato, Franca
Manià, degli affari generali, Daniela Vittori, degli affari giuridici, Marinella Barbiani, delle
politiche tributarie, Paola Stafutti, dell'urbanistica, Claudia Altran e degli affari finanziari, Tiziana
Laurenti. Gli unici due uomini rimasti, dopo il trasferimento di Calligaris e Iurlaro, sono Giovanni
Rodà e Corrado Basso, a capo, rispettivamente, dell'ufficio tecnico comunale e del servizio
anagrafe, statistica e stato civile.
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