La rassegna di oggi
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La rassegna di oggi
RASSEGNA STAMPA CGIL FVG – giovedì 23 febbraio 2017 (Gli articoli di questa rassegna, dedicata prevalentemente ad argomenti locali di carattere economico e sindacale, sono scaricati dal sito internet dei quotidiani indicati. La Cgil Fvg declina ogni responsabilità per i loro contenuti) ATTUALITÀ, ECONOMIA, REGIONE (pag. 2) Stop alla concorrenza sleale sul lavoro transfrontaliero (Piccolo) Scuola, a 3 mesi dalla fine cattedre ancora vacanti (M. Veneto, 3 articoli) Fvg, senza preside una scuola su tre (Piccolo) «Organici all'osso, non si esce dal caos» (Gazzettino) «Con la riforma del comparto possono partire le assunzioni» (M. Veneto) «Lavoro, non si cambia la legge» (Gazzettino) Bono: la crescita è debole e rallenta (M. Veneto) Fincantieri decolla in Cina. Intesa per le prime due navi (Piccolo) Al via il primo treno da Trieste al Baltico (Piccolo) Belci: «No ai partitini, serve una rete» (Gazzettino) CRONACHE LOCALI (pag. 13) Daneco, 17 senza stipendio. La Net convoca i sindacati (M. Veneto Udine) Il sindacalista Battistutta vittima della malattia (M. Veneto Udine) Università, nuovi soci in arrivo per il Consorzio (M. Veneto Pordenone) Il nuovo ruolo dei pensionati (M. Veneto Pordenone) Il tavolo romano stempera il clima, ma il futuro di Servola resta sospeso (Piccolo Trieste) «Ora Fincantieri aumenti l'occupazione locale» (Piccolo Gorizia-Monfalcone) La città si sta svuotando. In fuga per trovare lavoro (Piccolo Gorizia-Monfalcone) Caso vigili, i sindacati smentiscono Patat (Piccolo Gorizia-Monfalcone) Un posto in Comune solo con la mobilità. Ronchi cerca operai (Piccolo Gorizia-Monfalcone) 1 ATTUALITÀ, ECONOMIA, REGIONE Stop alla concorrenza sleale sul lavoro transfrontaliero (Piccolo) di Laura Tonero - Un’autentica rivoluzione nel lavoro transfrontaliero, pensata per mettere definitivamente fine alla concorrenza sleale. È la conseguenza legata all’entrata in vigore nel dicembre scorso della direttiva europea 67 del 2014, che impone nuove regole alle aziende straniere che intendono “distaccare” dei loro lavoratori nel nostro Paese. Una novità dal grande impatto in realtà di confine come quelli di Trieste e Gorizia, con ricadute sia sulle aziende slovene che operano sul nostro territorio praticando spesso prezzi e tariffe più basse rispetto alle ditte locali, sia su quelle imprese italiane pronte a “reclutare” nella vicina Repubblica manopera a buon mercato. D’ora in poi se un’impresa slovena, croata, rumena o appartenente agli altri Paesi dell'Unione Europea invierà i suoi dipendenti in Italia, dovrà comunicare inizio e fine della prestazione al ministero del Lavoro italiano. Inoltre, e questa è la novità più saliente, i lavoratori dovranno essere remunerati secondo i criteri salariali e sociali italiani. L’obiettivo è dunque evitare che ci siano differenze così marcate a livello di costo della manodopera da configurare una situazione di concorrenza sleale. Una situazione che consente cioè all’azienda straniera di praticare prezzi stracciati al cliente italiano grazie alle paghe estremamente più basse dei propri dipendenti. L'introduzione delle nuove disposizioni, secondo gli addetti ai lavori, inciderà principalmente nei settori dei trasporti su strada, dei servizi alla persona, delle pulizie industriali, della meccanica e dell'edilizia. La nuova direttiva Ue, nel dettaglio, è nata dall'esigenza di contrastare le cosiddette società di comodo (cioè senza attività economica reale nel loro Paese di origine), che utilizzano distacchi fittizi per eludere le leggi nazionali in materia di sicurezza sociale e condizioni di lavoro. In pratica, in base alla norma, una ditta slovena che invia sul nostro territorio i suoi mezzi per fare attività di trasporto persone o merci dovrà inviare - al massimo 24 ore prima del giorno antecedente a quello dell’inizio del lavoro -, un modello che indica la prima operazione di cabotaggio effettuata in Italia nonché l'ultima effettuata prima dell'uscita dall'Italia. Entro cinque giorni dall’inizio dell’attività, inoltre, andranno comunicate eventuali modifiche. Infine l’autista dovrà percepire il salario minimo previsto dal contratto collettivo di riferimento italiano. Come noto in Fvg, e in particolare nelle province di Trieste e Gorizia, viaggiano numerosi pullman forniti da aziende slovene che, forti di una tassazione inferiore alla nostra e di un minor costo del personale, riescono ad applicare tariffe impossibili da sostenere per una ditta italiana che fornisce lo stesso servizio. D’ora in poi queste aziende non solo dovranno comunicare, compilando il “modello Uni Distacco Ue”, che il loro autista inizia a lavorare in Italia, ma dovranno pure pagarlo attenendosi ai salari previsti nel nostro Paese. La concorrenza a questo punto diventerà sarà meno sleale. Stesso comportamento andrà tenuto dalle agenzie interinali aperte oltreconfine alle quali si rivolgono diverse realtà italiane in cerca di manodopera a prezzi convenienti. Agenzie che forniscono personale in settori come quelli dell'edilizia, della cura alla persona, delle pulizie industriali o nella meccanica. Ora, non appena il loro personale inizierà a lavorare in Italia, le agenzie lo dovranno comunicare le coordinate dell’attività dei loro operatori e le buste paga si dovranno adeguare. L’Italia ha recepito la normativa sul distacco dei lavoratori e sull'applicazione del salario minimo dopo Francia, Austria, Germania e Belgio. Lo scorso dicembre l’Ispettorato nazionale del Lavoro ha inviato una circolare alle Direzioni interregionali e territoriali del lavoro, all'Inps, all'Inail e agli organi di controllo incluso il Comando dei carabinieri per la tutela del lavoro per indicare le novità e spiegare gli obblighi che le ditte “distaccanti”, che inviano lavoratori in Italia, dovranno rispettare. In caso di irregolarità nelle comunicazioni l’agenzia di somministrazione di lavoratori, o l'impresa che distacca lavoratori in Italia, rischia una sanzione da 150 a 500 euro per ogni lavoratore interessato. Durante il periodo di distacco e fino a 2 anni dalla cessazione del lavoratore, l'impresa distaccante - o l'agenzia interinale in caso di somministrazione ha l'obbligo di conservare contratti di lavoro, buste paga e tutti i documenti comprovanti il pagamento delle retribuzioni. Per la violazione di tali obblighi di conservazione è prevista una sanzione da 500 a 3 mila euro per ogni lavoratore interessato. Le realtà che inviano i loro lavoratori sul nostro territorio devono inoltre designare un referente con domicilio eletto in Italia, incaricato di inviare e ricevere atti e documenti, nonché un referente con poteri di rappresentanza per tenere i 2 rapporti con le parti sociali interessate con obbligo di rendersi disponibile in caso di richiesta motivata delle parti sociali. In caso di mancata designazione del referente è prevista una sanzione da 2mila a 6mila euro. Scuola, a 3 mesi dalla fine cattedre ancora vacanti (M. Veneto) di Michela Zanutto - Quando mancano poco più di tre mesi alla fine della scuola, la macchina organizzativa è ancora in piena attività. Ieri quasi duecento insegnanti della scuola elementare si sono messi in fila all’Isis Percoto per un posto a tempo determinato e domani sarà la volta dei colleghi dell’infanzia. Intanto i rappresentanti sindacali di Cgil, Cisl, Uil e Snals sono intervenuti in VI Commissione del Consiglio regionale, lamentando «il caos nel mondo dell’istruzione». Dopo un quadrimestre già chiuso alle spalle e un altro appena cominciato, gli insegnanti ieri avevano la possibilità di scegliere la cattedra per l’incarico annuale. Operazione che normalmente si svolgeva al massimo a novembre. Ma quest’anno le novità introdotte a livello ministeriale, con il via libera all’abilitazione per i diplomi magistrali antecedenti il 2001, e i relativi ricorsi al Tar, hanno fatto slittare tutto. Potenzialmente le nomine di ieri rappresentavano un uragano per il mondo della scuola. E invece è prevalso il buonsenso e il temuto “ribaltone” è stato evitato. «Sono persino avanzati posti - sottolinea Mauro Grisi, segretario udinese dello Snals - perciò i dirigenti dovranno rivolgersi alle graduatorie di istituto per coprire le vacanze. Questo perché gli insegnanti hanno preferito assicurare la continuità nel sostegno piuttosto che prendere un posto comune. Mentre i diplomati ante 2001 hanno scelto di non rischiare di perdere il posto a tempo indeterminato che hanno nelle scuole paritarie per accettare un contratto di pochi mesi». In mattinata le sigle sindacali hanno presentato alla VI commissione consiliare l’elenco di tutte le criticità della scuola: «Ritardi mai riscontrati in passato nell’organizzazione dell’anno scolastico, con cattedre tuttora vacanti nella primaria e nomine in stand-by nella scuola dell’infanzia, organici Ata ridotti di oltre un terzo in dieci anni e quindi insufficienti a garantire la funzionalità, la pulizia e la sicurezza delle scuole, il 30 per cento degli istituti senza un dirigente titolare, contro una media nazionale del 16», secondo i vertici dei sindacati di categoria Snals Confsal, Flc-Cgil, Cisl e Uil scuola, Giovanni Zanuttini, Adriano Zonta e Ugo Previti. A finire nel mirino dei sindacati c’è l’organizzazione legata alla Buona scuola (la legge 107), ma anche sullo stato di salute delle relazioni con l’amministrazione scolastica, sia a livello di Ufficio scolastico regionale sia di sedi provinciali, bersagliate dai tagli agli organici. «Una situazione legata principalmente al mancato avvicendamento del personale andato in pensione e che si trascina da anni - spiegano i segretari -, raggiungendo nella nostra regione vertici di assoluta gravità, con una riduzione degli organici amministrativi pari al 60 per cento negli ultimi dieci anni». Ad aggravare la preoccupazione di Snals, Cgil, Cisl e Uil anche l’imminente trasferimento delle competenze in materia di pubblica istruzione dalle Provincie alla Regione o ai Comuni. «Ci riferiamo in particolare - si legge ancora nella nota unitaria - al fatto che il trasferimento dell’edilizia scolastica, qualora fosse confermata la scadenza del primo aprile, verrebbe realizzato con l’attività didattica ancora in pieno svolgimento». Da parte dei consiglieri, primo fra tutti il forzista Roberto Novelli, la richiesta alla presidenza della VI Commissione di valutare la possibilità di chiamare in audizione il ministero dell’Istruzione e l’assessore regionale referente per discutere la situazione e le azioni da mettere in campo, pur nei limiti legislativi e deliberativi della Regione. Da parte della Dem Silvana Cremaschi, inoltre, verificare anche il potere di intervento della Commissione sui tempi di predisposizione dei bandi di concorso per rimpolpare il personale della scuola. L'appello Flc-Cgil: «Cerchiamo supplenti nella pedemontana» testo non disponibile L'analisi della Uil: graduatoria sguarnita per asili e primarie testo non disponibile 3 Fvg, senza preside una scuola su tre (Piccolo) di Diego D’Amelio - Una scuola del Friuli Venezia Giulia su tre non ha il preside e la situazione degli organici amministrativi continua a essere di piena emergenza. L'allarme è stato lanciato ieri dai sindacati della scuola, nel corso dell'audizione davanti alla VI Commissione del Consiglio regionale. Cgil, Cisl, Uil e Snals-Confsal puntano il dito in particolare sul fatto che 52 istituti regionali su 171 siano sprovvisti del dirigente scolastico e dunque amministrati attraverso il sistema della reggenza: un singolo preside si divide cioè fra due o addirittura tre scuole. In Fvg avviene nel 30% dei casi, contro una media nazionale che si arresta al 16%. In una nota congiunta, le rappresentanze sindacali parlano di «carenza dai caratteri emergenziali, destinata ad aggravarsi per effetto di ulteriori pensionamenti: siamo vicini a un punto di non ritorno». Non va meglio sul fronte degli uffici amministrativi, con gravi carenze nell'organico degli ex provveditorati: «In Fvg si sono raggiunti vertici di assoluta gravità, con una riduzione pari al 60% negli ultimi dieci anni». E così, a causa del mancato turnover, il personale dirigenziale dell'Ufficio scolastico regionale si è contratto nel tempo da 13 a 6 dirigenti, mentre i 135 dipendenti dell'organico di diritto sono diventati 70. Sotto accusa ancora una volta è l'intero impianto della riforma renziana della "Buona scuola", che i sindacalisti ritengono aver «mancato i suoi obiettivi, non riuscendo a realizzare nel presente anno scolastico un'ordinata ripresa delle attività, che hanno registrato ritardi e disfunzioni di gran lunga superiori a quelle degli anni scorsi». Nel mirino finiscono le «cattedre tuttora vacanti nella primaria e nomine in stand-by nella scuola dell'infanzia, organici tecnico-amministrativi ridotti di oltre un terzo in dieci anni e quindi insufficienti a garantire la funzionalità, la pulizia e la sicurezza delle scuole». I sindacati parlano apertamente di fallimento del primo anno di prova della riforma, con la non corrispondenza tra le tipologie di docenti richieste dalle scuole e le effettive assegnazioni, difficoltà nelle procedure di trasferimento, ritardi nelle immissioni in ruolo. Il giudizio è lapidario: la «scuola è nel caos». Ad aggravare la preoccupazione c'è anche l'imminente trasferimento delle competenze in materia di pubblica istruzione dalle Province alla Regione o ai Comuni: «Ci riferiamo in particolare - si legge nella nota unitaria - al fatto che il trasferimento dell'edilizia scolastica, qualora fosse confermata la scadenza del primo aprile, verrebbe realizzato con l'attività didattica ancora in pieno svolgimento: bisogna posticipare». La protesta è stata ascoltata dal presidente della Commissione, Franco Codega, che ha sottolineato come la Regione abbia «chiesto che venga prevista una norma di attuazione della specialità regionale che riportasse in carico alla Regione stessa la gestione dell'Ufficio scolastico regionale, affinché i problemi possano essere affrontati in modo diretto». «Organici all'osso, non si esce dal caos» (Gazzettino) (EB) Cattedre vacanti nella primaria, nomine in stand by nella scuola dell’infanzia, organici Ata ridotti di oltre un terzo in 10 anni e il 30% di istituti (52) senza un dirigente titolare. Queste le principali criticità esposte in 6. Commissione consiliare dai sindacati della scuola: la richiesta è stata quella di «intraprendere tutte le azioni politiche necessarie per invertire una tendenza che mette a rischio la sopravvivenza degli uffici periferici del Ministero in regione» assieme a quella di posticipare la data del passaggio di competenze relative all’edilizia scolastica (la scadenza è fissata al primo di aprile). Il personale dirigenziale sulla carta dovrebbe essere di 13 unità, invece sono 6 mentre il personale dirigente anziché contare 135 dipendenti, alla fine dell’anno, dopo vari pensionamenti, ne conterà poco più di 70: a Udine, nel 2011 erano 33 unità, oggi sono 19; Pordenone ne aveva 31, oggi 15. Il forzista Roberto Novelli ha chiesto di chiamare in audizione il Ministero dell’Istruzione. 5 «Con la riforma del comparto possono partire le assunzioni» (M. Veneto) di Maura Delle Case - La soluzione alla carenza di personale lamentata da diversi sindaci c’è già. E’ l’assessore regionale alle autonomie locali, Paolo Panontin, a rassicurare gli amministratori e indicare la risposta, messa nero su bianco in coda al 2016 nella legge di riforma del comparto unico. «Toglierà i Comuni dalla situazione di stallo in cui versano attualmente - promette Panontin, rispondendo ai 40 primi cittadini riunitisi giorni fa a Trivignano Udinese proprio per denunciare il deficit in termini di organico e l’impossibilità di procedere alla sostituzione di quello andato in pensione -. La nuova norma, a regime, farà venir meno il paradosso creato dalla precedente amministrazione, che - in nome di un risparmio di spesa - ha messo in ginocchio i Comuni decidendo di bloccare il turnover». L’assessore punta il dito contro l’ex giunta Tondo: «Dal 2009 ha limitato la sostituzione del personale al solo 25 per cento delle cessazioni (per quiescenza e non) intervenute nell’anno precedente. Soglie al disotto di quelle fissate a livello nazionale che nel corso del tempo - sottolinea Panontin - hanno comportato una forte contrazione del personale dipendente». Questa scelta, sommata all’illegittimità sancita dalla Corte costituzionale rispetto ad alcune deroghe concesse alle assunzioni dall’ex amministrazione regionale, «rischiava di avere un effetto devastante sul sistema, pertanto ci siamo messi al lavoro per tamponare la falla ereditata». Approvata a fine 2016, la riforma del comparto consente ora l’assunzione del 100 per cento delle risorse cessate nell’anno precedente e permette di recuperare quote di assunzioni “residue” delle annualità precedenti non utilizzate. «Principio che vale tanto per la Regione quanto per i Comuni in Uti» precisa Panontin. Non per le amministrazioni extra Unioni, «che possono attivare il turn over nella misura del 50 per cento e non del 25 per cento come invece è stato affermato». Al grido dei sindaci che denunciano enti prossimi al collasso anche Francesco Martines, in qualità di responsabile degli enti locali per il Pd, rivendicando la bontà della legge sulle Uti. «Una norma che ha tra i suoi obiettivi anche quello di affrontare le criticità legate alla gestione del personale nei piccoli Comuni, non il contrario». Ma la riforma richiede tempo come l’organizzazione delle Uti. «A questo proposito - conclude Martines - sarebbe stato di grande utilità che tutte le Province programmassero e organizzassero al meglio il trasferimento dei dipendenti e che i Comuni più strutturati mettessero in moto uno spirito di solidarietà per aiutare i più piccoli laddove vengono meno alcune figure professionali rilevanti». Di diverso avviso la consigliera regionale della Lega Nord, Barbara Zilli, che torna all’attacco della riforma. Stavolta con una mozione destinata a fare il giro dei consigli comunali in cui il Carroccio è presente per chiedere alla Regione una revisione della legge. A partire dalle penalizzazioni, dai vincoli di permanenza in Unione passando dalla non banale problematica di gestione del personale. «Presenteremo la mozione in tutti i Comuni dove c'è la Lega Nord perché è doveroso - afferma la consigliera - che la riforma degli enti locali venga modificata: è sempre più evidente che l'impalcatura su cui è stata costruita sta rovinosamente crollando». «Le Unioni sono un vero e totale fallimento - tuona Zilli -, non assicurano rappresentanza ai cittadini né miglioramento dei servizi e quanto accaduto a Lestizza ne è solo l'ultimo lampante esempio. E' questa la virtuosità delle Uti? L'ipocrisia di chi continua a difendere tale modello fallimentare è sconcertante - chiosa Zilli -: ne avevamo di virtuosi come la Comunità Collinare e invece il Pd ha voluto creare l'ennesimo pesante e dannoso carrozzone». 7 «Lavoro, non si cambia la legge» (Gazzettino) Maurizio Bait - «Non credo proprio che occorra una riscrittura della legge di riforma del Comparto unico per adeguarsi alle nuove norme nazionali»: quelle di Paolo Panontin, assessore regionale alle Autonomie locali, sono parole dettate dalla certezza che mobilità, procedimenti disciplinari, retribuzione accessoria e altri istituti di prima grandezza siano restituibili al perimetro del negoziato per i 14mila dipendenti della Regione e degli Enti locali senza il bisogno di mettere le mani sulle norme di legge varate dal Consiglio regionale. La partita, “rivendicata” dal sindacato dopo aver letto i decreti attuativi della riforma Madia a livello nazionale, trova in ogni caso Panontin pienamente disponibile al passaggio, per questi aspetti, dal mero diritto d’informazione in capo al sindacato a una vera e propria contrattazione. Fra i vari punti in questione figura anche un tema di particolare delicatezza, come la “classificazione” per merito dei dipendenti. «La situazione in realtà è piuttosto semplice», spiega l’assessore regionale che pure si riserva di procedere a verifiche tecniche. «La nostra legge di riforma del pubblico impiego regionale già contiene una norma di rimando “dinamico” a tutte le novità che verranno dalla riforma Madia per il resto del Paese». Beninteso, «l’autonomia speciale non ci costringe ad alcuna variazione sulla sola scorta di norme differenti di livello nazionale », puntualizza Panontin. «Abbiamo definito un testo di legge che supera in sé le prescrizioni della legge Brunetta, che risale al 2001». Tuttavia «abbiamo già previsto un adeguamento automatico al livello nazionale e adesso possiamo farlo senza ulteriori adempimenti formali». Da parte sua, il sindacato preferirebbe che al rimando “dinamico” succedesse una norma esplicita sulle materie in questione. Ma questa partita è di là da venire. Prima - qui e ora - occorre approdare al sospirato rinnovo del contratto di lavoro, ora che la Delegazione trattante di parte pubblica è stata nominata con alla testa la dirigente regionale Anna D’Angelo. Panontin lo ha promesso per marzo. Il nuovo mese già bussa alla porta del declinante febbraio. Bono: la crescita è debole e rallenta (M. Veneto) In Fvg il trend di lenta crescita iniziato nel 2014, alla fine dell’anno scorso ha subito una battuta d’arresto, in particolare con una flessione dell’export, da sempre punto di forza. Il dato emerge dall’indagine congiunturale trimestrale svolta da Confindustria Fvg per il quarto trimestre 2016. L’economia regionale è caratterizzata da una prevalente positività e crescita degli indicatori congiunturali rispetto al trimestre precedente, mentre rispetto allo stesso periodo del 2015 risulta in leggera flessione. I risultati positivi del confronto congiunturale sono abbastanza scontati, in quanto principalmente dovuti alla ripresa produttiva dopo la pausa estiva. A confronto con il trimestre precedente, in particolare, la produzione industriale sale di oltre tre punti percentuali attestandosi a +3,6%. Sale invece soltanto di poco più di un punto il totale vendite (+1,6%) grazie alla buona performance delle vendite Italia (da -0,6% a +4,5%), mentre le vendite estero subiscono una leggera flessione e risultano di poco negative (-0,1%). L’occupazione segna una leggera diminuzione, ma rimane positiva a +0,1%. Il presidente della Confindustria Fvg Giuseppe Bono afferma che «i risultati dello studio che abbiamo fatto sui dati raccolti dalle nostre imprese associate, non sono molto incoraggianti. Ci dicono, in buona sostanza, che il lento e contrastato processo di crescita in atto da quasi due anni sta pericolosamente rallentando. Se, su base annua, il 2016 si chiude meglio del 2015, bisogna anche tener conto che il trend degli ultimi trimestri è in flessione e che, quindi, se non si inverte rapidamente questa tendenza possiamo ricadere in un’ulteriore periodo di crisi senza aver neanche lontanamente superato quelle precedenti. Non bisogna però lasciarci andare al pessimismo e qualche motivo per guardare il futuro in positivo lo possiamo trovare. Infatti, l’Istat nelle sue più recenti note mensili, ci dice che a livello nazionale il settore manifatturiero è in crescita, che migliora il potere d’acquisto delle famiglie e l’incremento degli investimenti. Auspico, ma ne sono certo che riscontreremo questi miglioramenti, anche a livello regionale, nel 2017. Dunque, le cose non stanno andando molto bene, ma c’è spazio, capacità, volontà e opportunità da cogliere per riprendere a crescere. Al Governo chiediamo di procedere con coraggio e decisione nell’attuazione degli strumenti a sostegno dei comparti produttivi, dando priorità al rilancio degli investimenti nel manifatturiero con ricadute positive sull’occupazione e sull’intera economia. Il 9 “Sistema Italia” può ancora ben funzionare e c’è ancora fiducia nella qualità e competitività dell’industria italiana a livello mondiale». Fincantieri decolla in Cina. Intesa per le prime due navi (Piccolo) di Piercarlo Fiumanò - Fincantieri costruirà le prime navi da crociera Made in China. Negli ultimi mesi il colosso cantieristico triestino ha consolidato la propria forza di mercato accelerando sui mercati emergenti a colpi di acquisizioni. A Shanghai i vertici di Fincantieri hanno siglato con China State Shipbuilding Corporation (Cssc) e lo storico alleato Carnival un memorandum d’intesa per la costruzione di due navi da crociera, e ulteriori quattro in opzione, che saranno le prime unità di questo genere mai realizzate in Cina per il mercato cinese. La prima consegna è prevista per il 2023. L’accordo ha un valore di circa 1,5 miliardi di dollari per le prime due navi e aggiorna le intese già annunciate lo scorso 23 settembre. Il valore complessivo degli ordini in Cina raggiunge i 4,5 miliardi. Immediata la reazione positiva dei mercati con il titolo del colosso cantieristico triestino che piazza un balzo del 4,47%. Fincantieri diventa, in asse con l’armatore Carnival, il partner privilegiato di Pechino su un mercato che ha registrato un’espansione record negli ultimi anni. Le potenzialità di crescita sono stimate in 4,5 milioni di passeggeri nel 2020 che potrebbero portare il drago cinese a essere il secondo al mondo dopo quello americano. L’accordo che porterà alla costruzione delle prime grandi navi da crociera in Cina è stato annunciato a margine del quarto Business Forum Italia-Cina, alla presenza del presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella e quello della Repubblica Popolare Cinese Xi Jinping. Il Ceo di Fincantieri Giuseppe Bono, Michael Thamm, ceo di Carnival Asia e del gruppo Costa, e Wu Qiang presidente di Cssc, nella Grande Sala del Popolo, hanno annunciato che le nuove navi saranno costruite da maestranze cinesi e con l’assistenza tecnica di Fincantieri nel cantiere di Waigaoqiao Shipbuilding, sito del gruppo Cssc. Spazi, divertimenti e cabine saranno modellati sulle esigenze del crocierista cinese. «Saremo la perla più brillante della cantieristica mondiale», ha detto Wu Qiang. Il design sarà personalizzato secondo i gusti specifici dei clienti per il nuovo brand crocieristico cinese della joint venture tra Carnival Corporation, Cssc e Cic Capital, che si occuperà anche di operare le unità. Spazi, divertimenti e cabine saranno modellati sulle esigenze del crocierista cinese. Mentre prosegue il negoziato sul dossier Stx, dove Parigi vuole mantenere una golden share di controllo sugli storici cantieri di Saint-Nazaire, il gruppo triestino consolida la propria forza sul mercato dopo la riuscita diversificazione degli ultimi anni con i ricavi all’estero che sono arrivati ora all’85% del totale. Carnival, alleato storico, è già presente in Asia con le navi Costa Crociere e diventa l’armatore di tutta l’operazione. La flotta Made in China di Fincantieri sarà realizzata per il mercato locale e asiatico e dovrebbe ispirarsi all’ammiraglia Carnival Vista. «Guardare allo scenario globale significa cercare di allargare i propri confini, porre le basi per far crescere ulteriormente le prospettive d’affari e accedere anche ai mercati più complessi. Senza un simile impegno non c’è possibilità di restare competitivi nel medio e lungo periodo. Questo accordo non soltanto ribadisce la nostra leadership nel settore crocieristico, ma crea un sistema virtuoso fra i due Paesi», ha detto il Ceo di Fincantieri Bono. Il capo di Carnival Corporation, Arnold Donald, ha definito l’accordo «una pietra miliare nell’industria cantieristica» che per la Cina è uno dei capisaldi del piano quinquennale di sviluppo economico. Per Fincantieri il business cinese è un passo avanti decisivo. I triestini sono riusciti dove hanno fallito i cantieri giapponesi Mitsubishi dopo i ritardi nella consegna delle navi alla compagnia Aida. La Cina, grazie all’esperienza degli italiani, vuole correre da sola. 10 Al via il primo treno da Trieste al Baltico (Piccolo) di Benedetta Moro - Il Porto di Trieste rompe i suoi storici confini con il primo collegamento intermodale a lunga percorrenza fra l'Adriatico e il Baltico, che diventa anche il primo che si è creato in Europa tra un porto del Nord e uno del Sud. Diventa così punto essenziale di passaggio per i mercati tra la Turchia e la Grecia verso il Nord Europa. Trieste-Kiel-Göteborg è la linea direttrice che trasporterà contenitori, semirimorchi e casse mobili in arrivo e in partenza via mare e via terra, con la speranza di guardare in futuro alla Russia e all'Iran. A inaugurare ufficialmente questo nuovo progetto, di cui si è iniziato a ragionare a Trieste a ottobre, sono stati ieri mattina al terminal Emt del Porto Nuovo di Trieste Francesco Parisi, presidente dell'omonima Casa di spedizioni, Ahmet Musul, amministratore delegato Ekol, l'operatore logistico turco che ha acquisito di recente la partecipazione di maggioranza del Terminal Emt del Molo VI e che promuove il servizio, Zeno D'Agostino, presidente dell'Autorità di Sistema portuale del mare Adriatico Orientale. Ma c'era anche Robert Rydberg, ambasciatore di Svezia in Italia. Così come Debora Serracchiani, presidente della Regione Fvg, il sindaco Roberto Dipiazza, Dirk Claus, amministratore delegato Porto di Kiel e Pietro Mancuso, amministratore delegato Tx Logistik. Il percorso. Il nuovo servizio logistico intermodale è composto da un treno e una nave-cargo in viaggio per 40 ore (26 più 14) all'andata e altrettante al ritorno da e per la penisola scandinava. Per il momento una volta alla settimana il percorso si snoderà lungo 1360 chilometri ferroviari, a cui si aggiungono le 234 miglia marine. Il treno, lungo 550 metri e composto da 16 carri, partirà ogni mercoledì alle 11 dal capoluogo giuliano e arriverà dopo 26 ore il giovedì a Kiel, in Germania, alle 13. Per la trazione ferroviaria collaborano TX Logistik e Mercitalia Rail, Alpe Adria e la stessa TX Logistik in qualità di Multi transport operator (Mto). Dalla città tedesca, nel profondo Nord del Paese, i vari contenitori, semirimorchi e casse mobili che proseguiranno il viaggio, verranno smistati su un mezzo marittimo, a cura di Stena Line, che arriverà in altre 14 ore nella Svezia meridionale, a Göteborg, il venerdì mattina. Il giorno di ritorno è previsto per sabato invece, con partenza da Kiel la domenica, quando dopo aver percorso il tragitto via mare, le merci verranno trasferite sul treno che arriverà a Trieste lunedì pomeriggio. Si tratta anche di "un concreto risvolto ecologico, togliendo dalle strade un gran numero di camion e riducendo quindi le emissioni nocive" ha specificato Mancuso. Le merci. Il settore automobilistico è trainante con Volvo e Scania come case scandinave, ma ci saranno prodotti del settore agroalimentare dal Sud Europa. Ma non si tratta di una linea che si limita alla tratta Fvg-penisola scandinava. Nell'elaborata serie di convogli che lo scalo giuliano vanta con un incremento generale del 68% di traffici ferroviari in due anni, ora con questa nuova attività il Porto mira ad espandersi, guardando alla Russia e all'Iran. Perché da Kiel ci sono anche tante altre linee ro-ro potenzialmente sfruttabili. Per San Pietroburgo bisogna però attendere una svolta nei trattati commerciali, quando cesserà l'embargo con la Russia. Questo servizio "amplia notevolmente le prospettive di mercato del porto di Trieste, ponendolo realmente al centro di un sistema che collega il Nord Europa con l'Oriente" ha detto Parisi. Ma potrebbero essere trasportate in futuro anche merci che passano per l'Iran, "perché - hanno spiegato D'Agostino e Mosul - con il fatto che è caduto l'embargo su questo Paese, si è aperto un mercato nuovo, che passa per la Turchia. Quindi noi ci troviamo su una direttrice importante anche per questo nuovo mercato di 80 milioni di persone che adesso comincia ad avere esigenze di consumo occidentale". «Stiamo attuando - ha affermato Serracchiani - quella che il ministro alle Infrastrutture Delrio ha chiamato la cura del ferro, intesa come potenziamento del traffico ferroviario di merci e persone». Cadono le barriere e si respira sempre più aria di libero commercio. «Nel contesto di nazioni che guardano al protezionismo e al chiudere le frontiere - ha sottolineato Robert Rydberg, ambasciatore di Svezia in Italia -, è importante mostrare come il libero scambio sia una fonte importante di sviluppo economico, benessere e relazioni pacifiche. Questo nuovo collegamento è quindi il simbolo che un ponte tra i continenti europeo e asiatico è possibile e positivo». «La nostra città vive una grande progettualità: Porto Nuovo, Porto Vecchio e anche Ezit mostrano come nonostante la crisi, Trieste stia guardando avanti» ha detto Dipiazza. 11 Belci: «No ai partitini, serve una rete» (Gazzettino) Maurizio Bait - «Il Centrosinistra in Friuli Venezia Giulia può essere ancora competitivo e di governo. A patto che non punti a fare non una coalizione di partiti e partitini, ormai divisivi, ma a costruire una rete di gruppi, che sappia attingere anche società civile». Franco Belci - già segretario generale della Cgil Fvg e ora presidente dell’associazione Reset, tentativo di collante di una Sinistra fuori dalle sigle – è tutt’altro che scosso dalla scissione dei Dem. Forse non solo perché in regione chi hamollato il partito per ora è solo il senatore bersaniano Carlo Pegorer (con il quale tra l’altro sarà a confronto il 3 marzo a Gradisca d’Isonzo su “Quale orizzonte per la sinistra”), mentre il consigliere regionale Mauro Travanut non ha ancora ufficializzato la sua partenza e i parlamentari Lodovico Sonego e Gianna Malisani sono in riflessione. Il punto, per Belci che si è fermato alla tessera dei Ds e il Pd lo ha votato fino alle Europee per poi abbandonarlo perché «Renzi ha promesso e non ha mantenuto», è che a fare da catalizzatore per il Centrosinistra deve essere «il programma e non le sigle o le persone». Guarda sconsolato il parterre dei candidati di Sinistra che vogliono diventare sindaco di Gorizia: «Sono in otto», dice. «Così non si va da nessuna parte». Ed elenca: «Oggi a sinistra del Pd a livello nazionale ci sono 16 partitini, dei quali 8 si richiamano al comunismo. Quattordici non vanno oltre l’1-2 per cento». A questo punto, considera, dire «Sinistra è dire tutto e niente», addirittura «può essere un ostacolo alla riorganizzazione ». Per questo auspica che in Friuli Venezia Giulia si renda ancora competitiva avendo coscienza che «a essere dirimente » sarà «il programma, non il candidato presidente». Un documento, aggiunge, con «quattro punti fondamentali: lotta alla diseguaglianza, creazione di lavoro - il Jobs Act è fallito -, welfare e un sistema di accoglienza dei migranti che, pur diffuso, si faccia carico delle paure della gente». Per arrivarci Belci immagina una «costituente programmatica » e annuncia la disponibilità di Reset ad esserci. L’obiettivo è «l’idea di regione da qui a dieci anni, non un pensiero concentrato sull’oggi». Uno scenario che deve essere animato «da una classe dirigente e non da un solo uomo o donna considerati salvatori della patria. Il modello Renzi – dice – è fallito». Come per ora non crede alla prospettiva disegnata sul Gazzettino dal vice- capogruppo Pd al senato Alessandro Maran di un patto a Roma tra Pd e Fi, che porterebbe in regione a una desistenza degli azzurri alle Regionali 2018. «Maran s’immagina un futuro per il quale ora non si sono elementi», conclude. 12 CRONACHE LOCALI Daneco, 17 senza stipendio. La Net convoca i sindacati (M. Veneto Udine) di Francesca Artico - La Net prende in mano la situazione: il direttore generale Massimo Fuccaro convoca Daneco e sindacati per il 9 marzo nella sede di San Giorgio di Nogaro per discutere «della situazione dei dipendenti della società Daneco Impianti Spa». «Una situazione che sta diventando insostenibile per i 17 lavoratori che da due mesi non percepiscono lo stipendio – dice Maurizio Contavalli di Fiadel (Federazione italiana lavoratori enti locali) – , anche a fronte delle scadenze che ognuna di queste famiglie deve fronteggiare, a partire da quelle relative a mutui e bollette. Però ci troviamo davanti all’azienda che non dà risposte». Intanto anche il Movimento 5 Stelle – con il consigliere regionale Cristian Sergo – si mobilita e chiede alla Regione Fvg e al Comune di Udine di «dare risposte concrete a questi lavoratori che da due mesi non percepiscono lo stipendio». Sergo, che ha partecipato martedì mattina al sit in dei lavoratori Daneco a San Giorgio, ricorda che si è trattato di due ore di assemblea per “protestare” contro i 9 licenziamenti dovuti alla chiusura dello stabilimento di Udine e i mancati pagamenti ai 17 dipendenti da parte dell’azienda che gestisce l’impianto che si trova nella zona industriale dell’Aussa Corno. «Da due mesi i dipendenti non ricevono quanto dovuto dalla società che gestisce l'impianto della Net – afferma – . Inoltre questi lavoratori si ritrovano nella situazione di non poter indire nemmeno uno sciopero per non esser tacciati di interruzione di pubblico servizio. Chiediamo alla Net, alla Regione e al Comune di Udine (Net è una sua partecipata, ndr) di intervenire subito per sbloccare questa situazione». E la risposta di Net è arrivata. Ora si attendono gli interventi del Comune di Udine e della Regione anche a seguito della richiesta inviata dalla Fidel (Federazione italiana dipendenti enti locali) di un incontro urgente con la presidente Serracchiani. «La situazione dei lavoratori dell’azienda peggiora ogni giorno di più – sottolinea Sergo – da quando la Net ha deciso di chiudere l’impianto di conferimento rifiuti di Udine per realizzarne uno in project financing per oltre trenta milioni. Gara già chiusa, secondo il sindaco Honsell. Eppure sulla pagina “amministrazione trasparente” del sito della società partecipata non è stato ancora pubblicato nulla a riguardo». Sergo ricorda anche che venti giorni fa il consigliere comunale dei M5s Parente ha presentato un’interrogazione al sindaco Honsell e che sono passati quasi tre mesi da quanto è stata informata la Regione. Il sindacalista Battistutta vittima della malattia (M. Veneto Udine) È morto ieri mattina dopo una lunga malattia Maurizio Battistutta, formatore dell’Enaip e sindacalista della Flc-Cgil, nella cui segreteria provinciale militava da lungo tempo. Udinese, 57 anni, lascia la moglie Cristina e la sorella Tiziana. Laureato in sociologia, era impegnato anche in diversi campi del sociale, come l’assistenza e l’insegnamento nelle carceri. Impegno, quest’ultimo, che gli era valso la nomina al ruolo di garante per i detenuti da parte del Comune di Udine. E proprio il sindaco Furio Honsell ha voluto ricordare la figura di Battistutta: «Voglio esprimere il mio profondo cordoglio, in particolare alla famiglia, per la scomparsa di Maurizio Battistutta, garante dei detenuti del Comune di Udine. Una figura di profondo spessore da sempre impegnato nei temi dell’inclusione sociale dei detenuti e del loro recupero nella lotta alla recidività; una figura che per impegno e umanità ha superato i confini della città per diventare un punto di riferimento nazionale». Commosso il ricordo di Natalino Giacomini, numero uno della Cgil di Udine e fino a pochi mesi fa segretario provinciale della Flc, il sindacato della scuola e della formazione dove Battistutta ha militato fin dai primi anni Ottanta, prima come delegato, poi come componente degli organismi direttivi provinciali: «Maurizio – queste le parole di Giacomini – aveva la dote rara di saper unire alla grande determinazione che metteva nel suo impegno sindacale una grandissima umanità, puntando sempre sulla forza delle idee e delle parole. Lascia una grande eredità come uomo e come sindacalista, per le tante vertenze di cui è stato protagonista nel settore della formazione e per la passione con cui ha partecipato a tutte le iniziative e le battaglie della Flc e della Cgil in difesa dei diritti dei lavoratori, anche al di fuori del settore formativo e della scuola». 13 Università, nuovi soci in arrivo per il Consorzio (M. Veneto Pordenone) di Piero Tallandini La linea guida per dare stabilità alla crescita dell’università a Pordenone è ormai tracciata: puntare su un sostegno crescente dei privati, in primis l’imprenditoria locale, e degli enti non pubblici, uniti dalla consapevolezza che sostenere lo sviluppo universitario significa portare vantaggi concreti per il territorio. Strategia che in questi primi due mesi del 2017 sembra dare i suoi frutti per il Consorzio universitario pordenonese secondo quanto sottolinea il presidente Giuseppe Amadio. Sta per concretizzarsi l’arrivo di nuovi soci, ed entro la prossima settimana potrebbe già esserci l’annuncio. La prima svolta era arrivata un mese fa con l’accordo per l’ingresso nella compagine sociale dell’ente di Friulintagli, azienda guidata da Inaco Maccan, realtà di punta della manifattura pordenonese e in particolare del settore del mobile (produce anche per Ikea). L’azienda di Prata ha fatto da battistrada, impegnandosi a versare fino a 15 mila euro l’anno al Consorzio, utili a finanziare anche borse di studio per i corsi di laurea già attivi e, in particolare, per il nuovo percorso di studi in Banca e finanza che partirà a settembre. «Aziende come Friulintagli e molte altre hanno bisogno di professionalità e competenze affinate – il commento di Maccan, il mese scorso, in una nota congiunta – ed è un bene poter avere un bacino di riferimento per costruire assieme i percorsi migliori funzionali alle imprese. Noi ci crediamo e siamo certi che anche altre aziende ci crederanno». «L’ingresso di Friulintagli ha subito generato un effetto traino – sottolinea Amadio –. Ci si è resi conto anche della visibilità che quella decisione aveva garantito e della credibilità dei nostri progetti. E così altri si sono fatti avanti: altri soggetti, di diversa natura, hanno manifestato l’intenzione di entrare nella compagine sociale. Non solo imprenditori, quindi, ma anche enti, ovviamente non strettamente pubblici». «Per il momento non possiamo ancora fare nomi ma già entro la prossima settimana credo che sarà possibile dare un primo annuncio – aggiunge il presidente dell’ente consortile –. Sono segnali molto incoraggianti, che testimoniano l’attrattiva del nuovo corso e la solidità del nostro disegno progettuale complessivo. Quella di Pordenone viene vista come una realtà universitaria sulla quale investire. Inoltre constatiamo il fatto che il territorio ha avuto un sussulto d’orgoglio. Insomma, questo inizio di 2017 ci fa davvero ben sperare per il futuro». Segnali positivi che sono arrivati pur a fronte della decisione della Camera di commercio di rinunciare al ruolo di socio fondatore, dopo aver garantito per anni un sostegno fondamentale allo sviluppo universitario pordenonese. Ora a investire sul futuro del territorio, sostenendo lo sviluppo della realtà universitaria, sono anche i privati. Il nuovo ruolo dei pensionati (M. Veneto Pordenone) Martedì e mercoledì villa Frova, a Stevenà di Caneva, ospiterà il decimo congresso territoriale della Fnp-Cisl di Pordenone. All’appuntamento, dopo un lungo percorso fatto di incontri e assemblee, sono stati eletti i 97 delegati della Federazione pensionati Cisl. Un avvenimento importante per dibattere, approfondire e individuare i percorsi possibili per interpretare un ruolo che vuole essere al servizio degli anziani e delle comunità di provenienza. “Non solo nonni...” è lo slogan lanciato dal segretario uscente Davide Battiston che con la sua relazione aprirà i lavori. Segretario e collaboratori di segreteria hanno attivato azioni di coinvolgimento e inclusione, un lavoro che ha appassionato oltre 700 persone in 21 assemblee territoriali. Circa 200 hanno fatto il loro ingresso nella federazione e di queste una cinquantina ha dato la disponibilità a lavorare volontariamente nella struttura. La riforma sanitaria regionale sarà presentata da Paolo Florean, componente della segreteria Ust di Pordenone, il dialogo sociale con i Comuni e relativi ambiti sarà introdotto da Gianfranco Marchetti, collaboratore della segreteria Fnp-Cisl, mentre Loris Pasut, neo-coordinatore dell’ambito del Noncello, parlerà della comunicazione sociale attraverso l’impiego delle nuove tecnologie. La Fnp-Cisl vuole essere una presenza attiva sul territorio attraverso le sedi che sono diventate il biglietto da visita della federazione. La partecipazione e il sentirsi parte attiva di un mondo che cambia per aiutare i più deboli sono spunti di riflessione che saranno proposti dal segretario Davide Battiston. 14 Il tavolo romano stempera il clima, ma il futuro di Servola resta sospeso (Piccolo Trieste) Un incontro “interlocutorio”, come riconoscono un po’ tutti, che però non scioglie il nodo di fondo: che ne sarà del futuro della Ferriera a Trieste? L’interrogativo, alla fine del faccia faccia di ieri mattina al ministero dello Sviluppo economico, sollecitato dai sindacati, resta sospeso. Il quesito si gioca attorno al destino dell’area a caldo che il Comune, in guerra aperta contro Arvedi, vorrebbe chiudere. L’industriale, davanti a tanta ostilità, poco più di un mese fa aveva minacciato di lasciare. Di qui la necessità del tavolo al Mise. I toni, par di capire, stavolta sono più distesi da entrambe le sponde. La società, come precisava una nota diramata in serata, non ha potuto che mettere l’accento «sugli impegni assunti con l’Accordo di programma». Tradotto: il percorso di risanamento impiantistico, di messa in sicurezza del sito e di reindustrializzazione. «Dal momento della firma dell’Accordo a oggi sono stati incrementati i livelli occupazionali e lo stabilimento sta producendo nel pieno rispetto di tutti i parametri ambientali disposti dall’Aia - rileva Siderurgica Triestina come confermato dai dati pubblici che riguardano Pm10, benzo(a)pirene e deposizioni». Detto questo l’impresa conferma «la preoccupazione» già espressa da Giovanni Arvedi, presidente del gruppo, nella riunione dello scorso 12 gennaio. «In seguito agli atti e alle dichiarazioni orientate alla chiusura dell’area a caldo da parte del Comune, cui il gruppo riconosce il massimo rispetto da sempre garantito alle istituzioni, l’azienda non è oggi in grado di poter pianificare le proprie azioni future, che necessitano un quadro di lunga durata». È il terreno della contesa. Siderurgica Triestina, comunque, condivide «la sensibilità manifestata dal Comune per il rispetto dei quadri autorizzativi e prescrittivi» e accoglie «con estremo favore» l’annuncio della Regione sul prossimo coinvolgimento dell’Istituto superiore della sanità». L'impresa, inoltre, è pronta «ad adempiere alla richiesta di ridefinizione del progetto di copertura dei parchi minerali, qualora la Conferenza dei servizi ne faccia richiesta». La società, infine, sollecita un chiarimento definitivo affinché «l'azienda possa operare in condizioni più serene e per poter intraprendere con maggiore certezza le sfide legate al piano industriale». La Regione, per voce dell’assessore al Lavoro Loredana Panariti, dal canto suo ha ricordato la disponibilità dell’Arpa ad accogliere il suggerimento del Comune di posizionare un nuovo deposimetro per la misurazione delle polveri in un’area vicina all'impianto. La richiesta di revisione dell’Aia, avanzata dalla giunta Dipiazza, verrà invece «valutata dai tecnici competenti». Il fronte sindacale resta sul chi va là. «L’incertezza sull’area a caldo rimane», hanno evidenziato Cristian Prella (Failms) e Umberto Salvaneschi Fim-Cisl. Con loro Antonio Rodà (Uilm), convinto che «il botta e risposta tra Comune e Arvedi non porterà a nulla». La giunta Dipiazza, rappresentata ieri al tavolo dall’assessore Angela Bandi, ribadisce la linea: «Più che la chiusura dell’area a caldo a noi importa la tutela della salute delle persone. Se ciò non avviene si devono trarre le conclusioni».(g.s.) 15 «Ora Fincantieri aumenti l'occupazione locale» (Piccolo Gorizia-Monfalcone) di Giulio Garau - Fincantieri affronti la questione degli appalti e punti al potenziamento delle aziende dell’indotto del territorio. A chiederlo le Rsu, Fim, Fiom e Uilm dello stabilimento di Panzano. Un appello che il sindacato rafforza ricordando le notizie positive apparse su Fincantieri in questi giorni che confermano nuove acquisizioni e ordini e tra questi la mega commessa da quasi 5 miliardi dalla società armatrice Norvegian che ha ordinato 4 navi più altre due opzioni. Tutte navi di “nuova concezione”. E si tratta di una richiesta pressante da parte del sindacato che si accoda al pressing che a sua volta sta facendo da tempo il sindaco di Monfalcone Anna Cisint che proprio lunedì scorso è tornata sul rapporto con Fincantieri e la necessità di un accordo sull’occupazione che preveda una rete di impresa al posto delle esternalizzazioni. Temi sui quali i sofferma il sindacato che è in linea con il sindaco ma solo perchè da anni chiede maggior impegno a Fincantieri sul lavoro. «Noi chiediamo cosa intenda fare la direzione della Fincantieri affrontando la questione degli appalti - insistono Fim, Fiom e Uilm - già prevista dall’integrativo che determina una serie di impegni quali la limitazione dei subappalti, il potenziamento delle aziende dell’indotto garantendo assunzioni attraverso le agenzie interinali o alla sperimentazione di contratti di rete con l’aggregazione delle aziende del territorio». Le Rsu ricordando l’ultima notizia sulla mega commessa con la Norvegian che coinvolgerà anche Monfalcone, spiegano che tutto ciò si traduce in «lavoro al cantiere fino al 2027». Ma «ancor oggi non si trova un riscontro positivo nell’occupazione sul territorio, martoriato dalla disoccupazione con numeri preoccupanti». Ma Fim, Fiom e Uilm si dicono «certi che quest’azienda possa ancora rappresentare un volano di crescita economica e occupazionale e crediamo che la ricchezza prodotta dal cantiere di Monfalcone debba ricadere in modo più significativo sul territorio». Il quadro che è emerso qualche giorno dfa è che il subappalto a Monfalcone è praticamente esploso e che oltre la metà dei lavoratori sono bengalesi e romeni. «Il punto di legalità va affrontato con la politica territoriale - spiegano le Rsu - ma deve avere una condivisione con il sindacato attraverso un tavolo comune, che trovi soluzioni di correttezza contributiva, salariale, contrattuale che oggi in diversi casi ancora mancano». Il sindacato definisce «allarmante» la disoccupazione della provincia e chiede «assunzioni dirette e attraverso gli appalti visti i carichi di lavoro che arrivano fino al 2027». Si ritiene giusto percorrere la «strada degli inserimenti di lavoratori che con il percorso formativo trovino occupazione stabile nell’azienda più grande del territorio. Crediamo che un’azienda pubblica come Fincantieri debba privilegiare gli investimenti sul territorio in termini di manodopera, di infrastrutture potenziando il sito produttivo e garantendo lavoro e stabilità ai residenti». Un appello che per ora vede Fincantieri, che comunque sta dialogando con il Comune, in silenzio. Il colosso della cantieristica, proprio in queste settimane, è impegnato sui molteplici fronti. Dopo la notizia dell’accordo con Norwegian Cruise line che prevede la realizzazione di una nuova classe di navi innovative, è proprio di ieri la notizia di un altro storico accordo con la Cina per costruire due navi da crociera più altre quattro opzioni. Un’intesa che è stata firmata alla presenza dei presidenti della repubblica italiano Sergio Mattarella e di quello cinese Xi Jinping. È di martedì scorso invece l’altra notizia di una serie di incontri in Australia dove Fincantieri sta aumentando l’impegno. Un panorama positivo di fronte al quale i sindacati chiedono all’azienda ancora più impegno sul fronte occupazionale. 16 La città si sta svuotando. In fuga per trovare lavoro (Piccolo Gorizia-Monfalcone) di Francesco Fain - Una città viva. Con un commercio fiorente. Con un settore dolciario trainante. Con via Rastello che era la capitale del jeans: i pullman arrivano dalla Bosnia per fare il pieno di tessuti denim. La strada era popolata quotidianamente da clienti d’oltreconfine che facevano incetta di pantaloni, introvabili in patria. L’offerta era vastissima e il parcheggio di piazza Vittoria (già, allora, la piazza era una grande area di sosta) era pieno all’inverosimile. Un’altra epoca. Una città diversa. Questa la fotografia di Gorizia negli Settanta. E proprio nel 1970 il capoluogo di provinca contava 43.918 residenti perché c’erano lavoro, movimento, opportunità. Oggi, i bilanci demografici sono terribili. Sempre più giù. Sempre meno abitanti. È incessante l’emoraggia di residenti in città. Una fuga dove c’è più possibilità di trovare un lavoro. Una lunga scia negativa Anche il 2016 si è chiuso con l’ennesimo segno “meno”. Al 31 dicembre risultavano iscritte all’Anagrafe 34.740 persone contro le 34.844 del 2015 e le 35.114 di dodici mesi prima (31 dicembre 2014). In dodici mesi, se ne sono andati in 104. Addirittura impietoso, dicevamo, il confronto con il dato del 1970. In 47 anni la città ha perso quasi 9.200 abitanti, si è ridotta di un quinto. Dieci anni dopo (era il 1980) Gorizia ha iniziato a registrare un calo demografico, pur restando ampiamente al di sopra di quella che potremmo definire «soglia psicologica» dei 40mila abitanti: ne assommava infatti 42.532. Ma la variazione più vistosa si è registrata fra il 1986 e il 1987: in quei dodici mesi il capoluogo di provincia è sceso a 39.839 residenti. Proseguendo: nel 1990 ha toccato quota 39.008, nel 2000 la popolazione è diminuita ulteriormente a 37.072 abitanti. Oggi, il minimo storico La fuga dei giovani La città continua a svuotarsi. Sino a qualche anno fa, la motivazione provinciale era il cosidetto “saldo naturale”. Le nascite (che avvenivano con frequenza sempre minore come testimonia la vicenda della dolorosa chiusura del reparto materno-infantile) non riuscivano minimamente a compensare i decessi. Oggi, decisiva è un’altra questione. I giovani sono costretti a fare «armi e bagagli» perché le possibilità di lavoro non ci sono o sono ridotte al lumicino. Qualcuno mette in campo le tante occasioni mancate (vedi scuola della Guardia di finanza). Tutti, indistintamente, parlano di “fuga dei giovani”, determinata dalla mancanza di prospettive e di posti di lavoro adeguati. Ma c’è anche un’altra spiegazione per motivare il decremento demografico soprattutto degli ultimi anni: la scomparsa della Zona franca. Sì, le agevolazioni e il prezzo ridotto della benzina avevano determinato un boom di residenze fittizie (difficile, se non impossibile quantificarle): residenze che servivano per ottenere il beneficio, poi magari la persona abitava da tutt’altra parte. Quando le agevolazioni sono finite, è venuta meno la necessità della residenza: ergo, la popolazione è calata. Ma è soprattutto l’assenza di opportunità lavorative la causa scatenante del calo demografico. 17 Caso vigili, i sindacati smentiscono Patat (Piccolo Gorizia-Monfalcone) di Matteo Femia - I sindacati smentiscono, documenti alla mano, il sindaco di Cormons, Luciano Patat, sulla questione-vigili urbani. Nei giorni scorsi infatti il primo cittadino aveva giustificato le valutazioni basse date da segretario comunale e dall’Oiv (Organismo indipendente di valutazione) ai quattro agenti dell'ufficio della Polizia municipale, spiegando come l'obiettivo principale, svolgere ore di controllo sulle strade in orario serale o notturno, non fosse stato raggiunto e di conseguenza gli agneti della Municipale non avevano potuto benficiare del preivsto premio economico. Patat aveva evidenziato come queste ore extra non venivano calcolate «come straordinario, ma come orario normale di lavoro recuperabile: se un agente avesse svolto servizio per tre ore dopo il tramonto, quelle tre ore si sarebbero poi recuperate lavorando tre ore in meno in orario diurno o maturando delle ferie aggiuntive». Ma la rappresentanza sindacale dei quattro agenti esibisce oggi dei documenti che evidenziano come invece tra i tre obiettivi indicati a inizio 2016 «per i componenti del servizio di Polizia locale» vi fosse la richiesta «al di fuori del normale orario di turnazione per non meno di 120 ore complessive da rendersi nel corso dell'anno 2016, controlli alla circolazione stradale con un piano di interventi da concordare con il sindaco. Tale prestazione sarà compensata quale lavoro straordinario o posta in recupero». E qui c'è sta motivo del contendere, perché, evidenziano ancora i sindacati con tanto di documenti alla mano, «si trattava dunque di una richiesta di lavoro straordinario, smentendo quindi l'affermazione del primo cittadino, ma in più c'è anche una sentenza della Corte di Cassazione del 4 agosto 2014 in cui viene dichiarato "legittimo il rifiuto del dipendente pubblico a svolgere lavoro straordinario anche in caso di esigenza di servizio"». A tal fine la Cgil (ma anche la Cisl aveva scritto un documento simile) aveva quindi inoltrato nelle scorse settimane, prima dell'emanazione delle valutazioni ai dipendenti, una nota all'amministrazione comunale nella quale si evidenziava come non solo lo straordinario non poteva essere utilizzato contrattualmente per raggiungere l'obiettivo numero 1, ma altresi il budget per la copertura delle ore straordinarie non era disponibile. Ergo: non solo non si poteva chiedere come obiettivo lo svolgimento di ore straordinarie ai dipendenti, ma in ogni caso soldi per pagare queste ore extra in cassa non c’erano. E proprio per questo il sindacato riteneva raggiunti gli obiettivi indicati ai dipendenti della Polizia locale, che al punto 2 e 3 riguardavano di fatto il controllo del comportamento dei proprietari degli animali da affezione per quanto concerneva la deiezioni degli animali sulle strade e i marciapiedi pubblici, oltre alla redazione quadrimestrale da parte del capitano del comando sugli esiti delle attività svolte dal personale sotto il proprio controllo. «Siamo molto amareggiati riguardo le dichiarazioni sulla stampa da parte del sindaco evidenzia il rappresentante sindacale della Cisl funzione pubblica Gianvito Suglia - perché contengono diverse inesattezze e danno un'impressione sbagliata dell'operato della Polizia municipale. La preoccupazione del sindacato riguarda il fatto che i lavoratori in questione non percepiranno le somme dovute al raggiungimento degli obiettivi, venendo penalizzati ingiustamente». Possibile che a questo punto, oltre a probabili iniziative di tipo sindacale, si apra un contenzioso legale tra le parti: gli agenti infatti presenteranno ricorso interno indirizzato al segretario comunale, passaggio che - in caso di insuccesso - sarebbe seguito da un ricorso all'Oiv e, in ultima eventuale battuta, al giudice del lavoro. 18 Un posto in Comune solo con la mobilità. Ronchi cerca operai (Piccolo Gorizia-Monfalcone) di Luca Perrino - L’unica possibilità è la mobilità. Neanche Ronchi dei Legionari può discostarsi da questo percorso. Le assunzioni, negli enti pubblici o, almeno, nei Comuni, è la mobilità esterna. È avvenuto a dicembre scorso, per la copertura di un posto alla biblioteca comunale, ma anche a gennaio per rimpinguare l’ufficio tributi. E avverrà prossimamente per l’assunzione, sempre per mobilità, di un operaio che dovrà sostituire un dipendente che ha chiesto e ottenuto il trasferimento in un altro ente. In questo caso le domande dovranno pervenire entro il prossimo 23 marzo, perché, dal primo aprile, Ronchi dei Legionari si troverà con un operaio in meno. La coperta sempre più corta, la chiusura delle Province e il trasferimento di alcune competenze, l’incognita delle Uti. Sono questi i “paletti” entro i quali si deve muovere ogni amministrazione comunale, chiamata, sempre e comunque, a offrire servizi, a dare risposte ai cittadini. Ronchi dei Legionari ha appena dovuto fare i conti con due defezioni importanti: il comandante della Polizia locale, Corrado Calligaris, “accasatosi” a San Canzian d'Isonzo e Franco Iurlaro, responsabile di tutti i servizi alla persona, “emigrato” nel Veneto. «In questo caso - spiega il sindaco, Livio Vecchiet - abbiamo optato con l’affidamento di mansioni superiori al nostro personale già in servizio. Non abbiamo ancora potuto mettere a concorso i due posti vacanti, in quanto, tra le altre cose, non sappiamo ancora quello che sarà il percorso che faranno le Uti. Questa incognita ci condiziona non poco. Il nostro personale è la nostra ricchezza, ma in questo marasma, noi come nuova amministrazione comunale, cerchiamo di fare e di dare certezze alla nostra comunità, in modo da mantenere inalterata la qualità dei servizi che il Comune fornisce da anni, privilegiando da sempre i servizi sociali, per essere vicini ai minori e a chi ha bisogno. Purtroppo coloro che hanno bisogno di aiuto aumentano anno dopo anno». Certo è che, rispetto al passato, le cose sono molto cambiate. I comunali sono sempre di meno e ci sono settori sotto organico. Come nel caso eclatante della Polizia locale che svolge servizio in una cittadina di quasi 12mila abitanti con solo sei agenti, un’ausiliaria del traffico e un’impiegata. Non stanno meglio gli operai, ora una decina, che, per alcuni mesi l’anno, possono contare su chi usufruisce dei lavori socialmente utili, mentre anche alla biblioteca comunale o all’ufficio urbanistica, solo per citare due casi, non è che la situazione sia migliore. Ecco perché in passato proprio la Sandro Pertini aveva dovuto ridurre gli orari di apertura al pubblico. Le mansioni, poi, sono sempre maggiore e la dimostrazione lo è anche il fatto che, da un anno a questa parte, il Comune ha dovuto aprire anche un proprio sportello dedicato al catasto, in funzione anche per le altre località del mandamento. Un aggravio di lavoro per quello che, ormai, è solo un piccolo “esercito” di operai, impiegati, operatori scolastici, agenti della Polizia locale e via discorrendo. Dieci le posizioni organizzative, delle quali, come ricordato, due vacanti. E di queste sei sono appannaggio delle donne. Donna è anche il segretario generale, dottoressa Maria Grazia De Rosa, così come lo sono, ad esempio, i responsabili del servizio economato e provveditorato, Franca Manià, degli affari generali, Daniela Vittori, degli affari giuridici, Marinella Barbiani, delle politiche tributarie, Paola Stafutti, dell'urbanistica, Claudia Altran e degli affari finanziari, Tiziana Laurenti. Gli unici due uomini rimasti, dopo il trasferimento di Calligaris e Iurlaro, sono Giovanni Rodà e Corrado Basso, a capo, rispettivamente, dell'ufficio tecnico comunale e del servizio anagrafe, statistica e stato civile. 19