appendice 8.2 - valutazione delle risorse idriche nella pianura

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appendice 8.2 - valutazione delle risorse idriche nella pianura
Autorità Idrica Toscana - Piano di Ambito – Appendice 8.2
CAP 8
APPENDICE 8.2 - VALUTAZIONE DELLE RISORSE IDRICHE
NELLA PIANURA FIRENZE-PRATO-PISTOIA
1 - INQUADRAMENTO PALEOGEOGRAFICO DELL’AREA
La pianura compresa tra Firenze, Prato, Pistoia è posta ad una quota media di 45 m s.l.m., si
sviluppa in direzione NW – SE per una lunghezza di 45 Km e una larghezza massima di circa 10
Km. Essa rappresenta l’evoluzione di un bacino fluvio – lacustre formatosi nel Pliocene superiore
in una depressione tettonica originatasi in seguito ai movimenti tettonici distensivi dell’orogenesi
appenninica; l’area è ancora tettonicamente attiva.
La formazione della depressione tettonica ha richiamato i corsi d’acqua antecedenti la struttura e
provenienti dai rilievi appenninici posti a nord est: l’Ombrone per la zona di Pistoia, il Bisenzio per
la zona di Prato e il paleo-Ema per l’area fiorentina. Questi corsi d’acqua, sfociando nel bacino,
hanno formato ampi conoidi costituiti da ciottoli e ghiaie, più raramente sabbie intercalate a limi e
argille lacustri.
Nelle aree più lontane dallo sbocco dei fiumi, verso il centro del bacino, invece sono stati depositati
i materiali fini. Sono tuttavia presenti anche livelli sabbiosi corrispondenti a paleoalvei di corsi
d’acqua che hanno percorso il bacino nei momenti in cui la sedimentazione era prevalente sulla
subsidenza.
Dal Pleistocene la ripresa dell’attività delle faglie trasversali rispetto all’asse della depressione ha
portato al sollevamento della parte meridionale del bacino, quella corrispondente all’area
fiorentina, e allo spostamento dei conoidi verso la parte più occidentale.
Da questo momento l’evoluzione del bacino si è differenziata tra l’area occidentale, dove sono
rimaste condizioni lacustri – palustri e l’area meridionale (area fiorentina), sollevata, dove il paleo
– Arno, sfociando nel lago di Prato – Pistoia (zona delle Cascine e Osmannoro), ha scavato una
valle nei sedimenti lacustri e con i materiali erosi ha formato un ampio conoide tra Firenze ovest e
Campi Bisenzio.
Nel Pleistocene superiore l’apporto dei sedimenti, assai consistente nelle fasi glaciali, ha prevalso
sulla subsidenza e i corsi d’acqua si sono estesi su tutto il bacino trasformandolo da un lago in una
pianura alluvionale, con i depositi alluvionali più grossolani in corrispondenza del bordo nord
orientale, mentre nella zona centrale della pianura sono prevalsi i depositi più fini, costituiti dai
limi e dalle argille lacustri e palustri e solo in profondità la presenza di lenti di sabbie e ghiaie sta a
testimoniare episodi di l’avanzata di antichi corsi d’acqua. La coltre detritica ha così raggiunto
spessori consistenti, superiori a 600 m come nella zona di Campi Bisenzio, ma lo spessore è
variabile in quanto il fondo del bacino è asimmetrico con le profondità maggiori verso il margine
nord orientale.
L’interrimento del lago non è stato uniforme; nella parte centrale della pianura, lontano dai corsi
d’acqua maggiori, sono rimaste infatti condizioni lacustri e palustri fino ai tempi storici. Zone
paludose sono state bonificate prima dagli Etruschi, poi dai Romani e dal Gran Ducato di Toscana
e ancora oggi sono in atto interventi da parte del Consorzio di Bonifica.
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CAP 8
2 -CARATTERISTICHE DELL’ACQUIFERO
I depositi fluvio – lacustri e quelli più recenti alluvionali contengono falde idriche di potenzialità
variabile da zona a zona e poste a profondità diverse. Gli scambi idrici naturali tra la prima falda
libera e quelle sottostanti confinate evidenziano una situazione di quasi coincidenza dei livelli
piezometrici delle falde poste a diverse profondità; la superficie piezometrica si colloca a una
profondità di circa 1–7 m dal piano campagna, salvo nella zona di Prato dove il sovrasfruttamento
ha determinato un profondo cono di depressione.
Nel complesso la falda freatica mostra un flusso idrico dai rilievi verso la parte mediana e verso la
Gonfolina che rappresenta il punto d’uscita delle acque dal bacino. Il flusso idrico maggiore si ha
dal lato nord orientale dove sono presenti i depositi di conoide più grossolani e con permeabilità
maggiore.
La falda risulta alimentata dai corsi d’acqua principali. L’Ombrone e il Bisenzio sono pensili
rispetto alla pianura in quanto le arginature hanno costretto a depositare i sedimenti entro l’alveo e
quindi ad alzarne il livello. Diversa è la situazione dell’Arno che drena la falda delle proprie
alluvioni. Un tempo il fiume aveva un andamento a meandri, ma questi hanno subito nel tempo
varie rettifiche; un meandro è ora percorso dal Bisenzio; alla sua sinistra si trova la zona dei Renai
dove venivano estratte le sabbie e le ghiaie deposte dall’Arno. Oggi l’Arno incide le proprie
alluvioni, questa tendenza è stata fortemente accentuata nel dopoguerra, fino agli anni 70, a causa
dell’estrazione delle sabbie e ghiaie.
2.1 - Acquifero di Pistoia
Nella zona di Pistoia l’acquifero principale è contenuto nelle ghiaie del conoide dell’Ombrone che
raggiungono uno spessore massimo di circa 25 m.. Acquiferi minori sono presenti in varie parti
della pianura, in particolare lungo il margine appenninico nei sedimenti fluviali.
La superficie piezometrica nella pianura di Pistoia si trova a piccola profondità dal piano
campagna (circa 1 – 5 m) e la falda risulta alimentata dai conoidi dell’Ombrone, della Brama e della
Bure e, per un buon tratto della pianura, anche dall’Ombrone stesso che è pensile rispetto alla
pianura alluvionale.
2.2 - Acquifero di Prato
La falda di Prato è la più importante dell’acquifero Firenze – Prato – Pistoia ed è contenuta nelle
ghiaie alluvionali del conoide del Bisenzio. Questo deposito alluvionale raggiunge uno spessore
massimo di circa 50 m., ma anche sotto questo acquifero sono presenti, fino alla profondità di circa
300 m., ghiaie con falde in pressione.
La geometria del conoide è ben rappresentata dalla Figura 1 dove si può notare che gli spessori
massimi si hanno nella parte centro – orientale del conoide e inoltre che lo spessore della ghiaia
subisce un rapido aumento nella zona dell’apice del conoide stesso e nel lato sud orientale. Questo
aumento repentino di spessore rispetto alla parte nord occidentale è probabilmente dovuto
all’influenza delle faglie che hanno interessato il substrato roccioso.
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Figura 1 - Spessore delle ghiaie acquifere
nei primi 55 m dal piano campagna.
Legenda:
1)
pozzi
di
controllo
litostratigrafico. 2) Isopaghe con spessori
riportati in metri. [da: Provincia di Prato
“Piano di Gestione del SIR/SIC/ZPS
IT5140011 – Stagni della piana fiorentina e
pratese – Area pratese”]
Nel conoide lo strato permeabile della ghiaia ha una matrice limoso – sabbiosa ed è intercalato da
livelli impermeabili di limi e argille.
Figura 2 - Morfologia del tetto delle
ghiaie acquifere.
Legenda: 1) Pozzi di controllo
litostratigrafico. 2) Curve di ugual
quota in metri s.l.m.3) Percorsi
probabili del F. Bisenzio. [da: Provincia
di Prato “Piano di Gestione del
SIR/SIC/ZPS IT5140011 – Stagni della
piana fiorentina e pratese – Area pratese”]
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La Figura 2 mostra la carta del tetto delle ghiaie. Sono evidenti alcune dorsali e avvallamenti
formatesi dall’accumulo di materiale grossolano nei paleoalvei del fiume e da probabili fenomeni
erosivi. La carta evidenzia la migrazione nel tempo dell’alveo del Bisenzio da Ovest verso Est fino
a raggiungere la sua posizione attuale e il progressivo aumento delle quote delle dorsali. Dalla
carta si evince anche come in origine il Bisenzio fosse un affluente dell’Ombrone.
2.3 - Acquifero di Firenze
Nell’area fiorentina l’importanza delle falde idriche è in relazione alla storia sedimentaria del
bacino.
Nella zona pedemontana i conoidi dei corsi provenienti dalla dorsale appenninica sono sede di
falde, anche di una certa importanza, come quella posta in corrispondenza del conoide del T.
Marina. Più a sud i due torrenti, il Mugnone e il Terzolle, drenano la falda nel loro primo tratto in
pianura per poi alimentarla. Per il Mugnone questa funzione si è in parte persa in seguito alle varie
deviazioni subite nel tempo per necessità urbanistiche.
Il T. Marina alimenta invece una importante falda sfruttata soprattutto dalle industrie di
Calenzano e da qualche pozzo acquedottistico. Lo sfruttamento intensivo della falda determina
fenomeni di subsidenza del terreno per compattazione dei sedimenti.
Nella fascia pedemontana il livello freatico è poco profondo e il flusso idrico è diretto verso SW,
cioè verso la pianura. Il substrato roccioso è rappresentato in prevalenza dalla formazione di M.
Morello, formata da calcari marnosi, marne, arenarie e argilliti, ed è caratterizzata da permeabilità
per fratturazione e quindi variabile da zona a zona in base al grado di fratturazione della roccia.
Questi litotipi possono essere interessati da una circolazione idrica anche intensa proveniente dai
bacini idrografici e idrogeologici retrostanti e alimentare la falda presente nei depositi alluvionali.
Si giustificano così valori di produttività anche di 10 l/s di alcuni pozzi spinti fino al substrato
roccioso.
Verso il centro della pianura le ghiaie sono sostituite da depositi limo – argillosi a bassa
permeabilità. Nella zona localizzata approssimativamente a Nord della via Pistoiese, la copertura
limo – argillosa ha uno spessore di circa 15 m. Sotto questo deposito sono presenti ghiaie con una
matrice limosa, sede di un acquifero confinato di una certa importanza, utilizzato nella zona
dell’Osmannoro per il prelievo di acqua a scopo idropotabile e industriale per le attività della
zona.
Queste ghiaie rappresentano il conoide del paleo Arno che si immetteva nel lago all’altezza delle
Cascine.
Nella parte meridionale della pianura l’Arno ora scorre in un alveo che ha subito nel tempo varie
rettifiche per interventi antropici e approfondimenti. Nella zona di Mantignano tali
approfondimenti sono dell’ordine di 5–6 m a causa dell’estrazione di inerti, attività
particolarmente intensa nell’ultimo dopoguerra e fino agli anni 70.
Gli interventi di rettifica hanno modificato il rapporto del fiume con la falda: un tempo il fiume
alimentava la falda a causa delle depressione di questa dovuta ai prelievi d’acqua dai pozzi
dell’acquedotto fiorentino e di privati. Con l’abbandono dei pozzi e il conseguente rialzo della
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falda, la situazione è cambiata, per cui ora si alternano tratti drenanti a tratti alimentanti. A ovest
di Firenze invece l’Arno drena la falda in conseguenza dell’abbassamento del suo alveo per gli
scavi eseguiti in passato.
3 - VULNERABILITÀ DELLA RISORSA IDRICA SOTTERRANEA
La pianura di Firenze – Prato Pistoia ha una superficie di 342 Km2 ed è interessata da una elevata
densità urbano – industriale. In quest’area risiede infatti circa il 30% della popolazione regionale
(più di un milione di abitanti) e viene prodotto circa il 45% del reddito industriale della regione.
L’alta concentrazione demografica e industriale e le numerose attività potenzialmente inquinanti,
insistono su un acquifero dove le falde presentano un grado di vulnerabilità da alto a elevato per
la storia evolutiva del bacino fluvio lacustre da cui si è formata la pianura.
3.1 - Acquifero di Pistoia
L’acquifero principale della pianura di Pistoia è contenuto nelle ghiaie intercalate a limi del delta –
conoide del T. Ombrone che raggiungono uno spessore di circa 25 m.
Questo acquifero, per l’intensa attività vivaistica concentrata in questa zona, è a rischio a causa
dell’elevato utilizzo di prodotti chimici in agricoltura.
Il vivaismo presenta condizioni di rischio potenziale elevato per la qualità delle acque in quanto,
essendo una forma di agricoltura altamente specializzata ed estremamente concentrata sul
territorio, comporta un intenso sfruttamento di risorse ambientali che difficilmente possono essere
reintegrate, come le acque di falda. L’abbondante impiego di fertilizzanti e prodotti fitosanitari
necessari per lo svolgimento di questa attività agricola determina la contaminazione delle acque
superficiali e profonde. Inoltre, in varie pratiche vivaistiche, l’impiego su vaste superfici di
coperture semipermeabili e impermeabili limitano fortemente l’infiltrazione delle acque verso la
falda.
Per valutare l’impatto ambientale connesso al vivaismo, in particolare l’impatto sulla risorsa idrica
superficiale e sotterranea, il Comune di Pistoia a l’ARPAT hanno sviluppato lo studio conoscitivo:
- “Valutazione dell’impatto ambientale delle pratiche vivaistiche e studio della vulnerabilità intrinseca della
falda nel territorio pistoiese” Comune di Pistoia – Osservatorio sul vivaismo – ARPAT (2001).
Lo studio si articola in due parti: una prima parte contiene i risultati di analisi su campioni di
acqua. La seconda parte una analisi sulla vulnerabilità intrinseca degli acquiferi sotterranei dell’area di
pianura del territorio comunale secondo il metodo SINTACS.
Di detto studio si riporta di seguito una sintesi per le parti che interessano l’argomento della
presente relazione.
Per quanto riguarda la prima parte dello studio dal 1997 al 1999 sono stati esaminati 135 campioni
di acque di pozzo per la verifica della possibile contaminazione da fitofarmaci.
La ripartizione dei pozzi era la seguente:
-
61%
24%
pozzi uso irriguo;
pozzi uso domestico;
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-
7%
2%
6%
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pozzi uso misto (domestico – irriguo)
pozzi in disuso
pozzi uso diverso
Il 31% dei campioni sono risultati positivi. La maggior parte dei campioni sono stati prelevati nella
fascia di profondità 10 – 20 m, ma risultata una significativa presenza di contaminazione anche
nella fascia di profondità 20 – 30 m.
Il 50% dei campioni esaminati hanno presentato concentrazioni superiori a 0,1 ppb, che è il limite
massimo previsto per le acque potabili.
L’indagine ha evidenziato la facilità con la quale i principi attivi ad azione antiparassitaria possono
raggiungere per infiltrazione verticale la prima falda e come sia a rischio anche la falda profonda
in presenza di percorsi preferenziali (es. pozzi perdenti). La concentrazione degli inquinanti in
falda è influenzata dalle condizioni meteo climatiche, in particolare dalle precipitazioni.
La situazione per le acque superficiali è riassunta nella Tab. 1. La concentrazione degli inquinanti
nei corsi d’acqua subisce della variazioni lungo il percorso con riduzioni per effetto di diluizioni o
aumenti per immissione di acque più contaminate. Per il dettaglio sulla situazione dei vari corsi si
rimanda al citato studio “Comune di Pistoia – ARPAT (2001)”.
Tabella 1 - Percentuale di campioni con presenza di residui di fitofarmaci relativamente al monitoraggio
dei corpi idrici principali e minori del bacino dell’OMBRONE. Anni 1996-2000.
N°punti N°campioni
Campioni positivi
Brana
Stella
Ombrone
Corpi Idrici principali
6
6
6
148
96
119
N°
143
92
99
%
97
96
83
Bure
4
76
51
67
Affluenti
Dogaia e Quadrelli
Rio Decine
Bollacchione
Acqualunga
Brusigliano
Ombroncello
Bulicata
Tazzera
Fosso Biagini e Fosso Pontacci
Calice
Torbecchia
Agna
% Campioni positivi per singolo principio attivo
4
1
1
2
2
2
2
2
2
1
1
1
44
73
12
10
26
27
30
24
23
22
39
17
41
815
73
12
10
26
27
30
24
23
22
28
12
11
708
100
100
100
100
100
100
100
100
100
72
71
27
87
Acque Superficiali (DPR 515) (*)
23
379
49
13
[da: “Valutazione dell’impatto ambientale delle pratiche vivaistiche e studio della vulnerabilità intrinseca della falda nel
territorio pistoiese” Comune di Pistoia, Osservatorio sul vivaismo – ARPAT (2001)]
(*) Acque superficiali d’interesse per la produzione di acqua potabile.
La percentuale di campioni positivi pari al 13% del totale riportata in Tabella 1 sta ad indicare
come l’impatto derivante dall’utilizzo di prodotti fitosanitari sulla risorsa a scopo potabile non sia
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da trascurare, anche se le concentrazioni rilevate non hanno mai superato il limite previsto dalla
normativa (1 ppb).
La seconda parte dello studio tratta la valutazione della vulnerabilità intrinseca del sistema
idrogeologico in esame (vedi Figura 3). La vulnerabilità intrinseca è quella che dipende
esclusivamente dalle caratteristiche naturali del sistema in esame, vale a dire climatologia,
pedologia, geologia e idrogeologia.
Tra i metodi usati per la determinazione della vulnerabilità è stato utilizzato il metodo SINTACS
che considera sette fattori di vulnerabilità:
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
Soggiacenza della falda
Infiltrazione efficace
Non saturo (effetto di autodepurazione del)
Tipologia della copertura
Acquifero (caratteristiche idrogeologiche del)
Conducibilità idraulica dell’acquifero
Superficie topografica (acclività della)
Le iniziali dei sette parametri formano l’acronimo del metodo.
Ad ogni fattore viene attribuito un punteggio (da 1 a 10) e un peso moltiplicatore proporzionale
all’importanza che il fattore ha nel determinare il grado di vulnerabilità.
La somma dei prodotti dei punteggi per i pesi determina l’indice di vulnerabilità che viene messo
in relazione con il grado di vulnerabilità che può variare da assai elevato fino a bassissimo.
Senza entrare nel merito della modalità di determinazione dei vari punteggi e pesi per i quali si
rimanda allo studio, si riporta in estratto le conclusioni a cui lo studio è giunto:
“Risultano evidenti le seguenti situazioni:
- I corsi d’acqua sono sempre in connessione più o meno diretta con il primo acquifero; i loro alvei devono
pertanto essere considerati a vulnerabilità molto alta, anche se spesso le loro ridotte dimensioni non hanno
permesso una distinzione con i terreni adiacenti.
- La vulnerabilità più elevata è concentrata nella zona nord-est della pianura, intorno alla città di Pistoia.
Coincide con le aree dei conoidi dell’Ombrone, Brana e Bure, dove i sedimenti fluviali si sono depositati in
ambiente di alta energia, dando luogo ad acquiferi di permeabilità e spessori elevati con coperture modeste e
comunque relativamente permeabili.
- La porzione sud-ovest della pianura è caratterizzata da valori medi di vulnerabilità e, limitatamente ad aree
di modesta estensione nella zona di Bottegone, da vulnerabilità bassa. Si tratta in gran parte di aree di bassa
pianura con depositi a granulometria fine, prevalentemente nel campo dei limi e delle argille, con coperture
degli acquiferi a bassa permeabilità e di spessore consistente.
- A sud della città di Pistoia, nella zona di Ramini-Masiano, si identifica un “canale” di alta vulnerabilità
nella zona di bassa pianura. Viene interpretato come una fascia a maggior permeabilità collegata ad un paleoalveo dell’Ombrone; questa ipotesi è confermata dai dati relativi allo spessore ed alla permeabilità
dell’acquifero.
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- Nella zona dell’ex-campo di volo e di San Pantaleo, dove sono ubicati i pozzi dell’acquedotto comunale e
dove ai lati dell’Ombrone è documentata la presenza di un acquifero superficiale di spessore e permeabilità
notevoli, la vulnerabilità non raggiunge i valori massimi perché il pompaggio continuo determina un
aumento della soggiacenza della superficie freatica e quindi un aumento dei tempi di arrivo in falda di un
eventuale inquinante sversato in superficie. In altri termini, in questa zona il valore della vulnerabilità è un
valore indotto in diminuzione dall’azione del pompaggio dei pozzi; bisogna tener conto che una cessazione o
anche attenuazione del pompaggio determinerà un rialzamento immediato della falda con conseguente
aumento della vulnerabilità. Un ruolo non secondario lo gioca anche l’elevato spessore dell’acquifero (si
ricorda che uno spessore alto dell’acquifero comporta una minore vulnerabilità della falda).”
Figura 3 - Vulnerabilità intrinseca
[Estratto da: “Valutazione dell’impatto ambientale delle pratiche vivaistiche e studio della vulnerabilità
intrinseca della falda nel territorio pistoiese” Comune di Pistoia, Osservatorio sul vivaismo – ARPAT (2001)]
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Figura 4 – Punteggio SINTACS
[Estratto da: “Valutazione dell’impatto ambientale delle pratiche vivaistiche e studio della vulnerabilità
intrinseca della falda nel territorio pistoiese” Comune di Pistoia, Osservatorio sul vivaismo – ARPAT (2001)]
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3.2 - Acquifero di Prato
L’acquifero principale della falda di Prato è compreso nei depositi alluvionali che costituiscono il
conoide del T. Bisenzio. Questi depositi raggiungono uno spessore massimo di 50 m, ma anche al
di sotto di questi, fino alla profondità di circa 300 m, sono presenti livelli di ghiaie con falde in
pressione.
Questa falda è la più importante fra quelle del Medio Valdarno, ma è anche quella che presenta le
maggiori criticità dovute al sovrasfruttamento e all’inquinamento.
Il sovrasfruttamento, imputabile ai forti emungimenti attuati soprattutto dal pubblico acquedotto e
dalle aziende idroesigenti, si protrae da oltre 20 anni. Esso ha prodotto un ampio cono di
depressione con la superfici piezometrica che si è abbassata di oltre 30 m. (vedi Figura 5);
determinando una forte diminuzione delle riserve permanenti e una riduzione della portata
complessiva dei pozzi.
Figura 5 - Estratto della Carta Idrogeologica.
[Fonte: P.T.C. Prato 2008 – Rapporto sullo stato dell’ambiente]
Campagne di misura dei livelli piezometrici succedutesi tra il 1987 e il 2006 mostrano un lento ma
progressivo innalzamento della falda con attenuazione del cono di depressione dovuto ai minori
prelievi, a temporanee condizioni meteo climatiche favorevoli e ad una razionalizzazione dei
prelievi.
Le caratteristiche qualitative della falda di Prato sono oggetto di attenzione da vari decenni. I vari
studi eseguiti su questa problematica sono riassunti in modo ampio e approfondito nel “Piano
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Strutturale del Comune di Prato – Rapporto sullo stato dell’ambiente” al quale si rimanda per gli
approfondimenti sul tema.
Nella Tabella 2 è riportata una sintesi, tratta dal Rapporto stesso, sulle problematiche trattate
relative alle acque superficiali e sotterranee, la fonte dei dati e un giudizio sintetico sullo stato
attuale e sul trend.
Tabella 2 - Sintesi delle tematiche trattate nel “Rapporto sullo stato dell’Ambiente”.
INDICATORE
COPERTURA
TEMPORALE
DISPONIBILITA’
DATI
STATO
ATTUALE
TREND
+++
scadente
↑
-
++
Scadente
↔
Piano di Tutela Acque
della Regione Toscana
++
scadente
↓
+++
scadente
↓
+
buono
↔
++
buono
↔
+
Scadente
↔
+++
scadente
↑
++
scadente
↑
FONTE DATI
Piani di Tutela delle
Acque R.T.;
Caratteristiche
della risorsa
Autorità di Bacino F.
Arno
1958 -2006
A.T.O. 3
Tesi di Laurea inedita
CONSIAG
Publiacqua
Disponibilità
idrica
Qualità
ambientale delle
acque superficiali
2002 – 2007
Qualità chimica
delle acque
superficiali
2000 - 2008
Acque superficiali
destinate alla
produzione
potabile
2000 - 2008
Idrogeochimica
1997 – 1999
Classificazione
stato ambiente dei
corpi idrici
sotterranei
Qualità chimica
delle acque
sotterranee
Acque sotterranee
destinate al
consumo umano
-
Database
SIRA
Database
SIRA
CONSIAG
Publiacqua
Piano di Tutela Acque
Regione Toscana
CONSIAG
1993 – 2008
Publiacqua
Database SIRA
200 - 2008
Data base
SIRA
[Fonte: Piano Strutturale -. Prato 2008 – Rapporto sullo stato dell’ambiente]
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CAP 8
Dall’esame del Rapporto emergono alcuni elementi significativi ai fini della presente relazione sui
quali è opportuno richiamare l’attenzione.
1.
2.
l’acqua di falda presenta contaminazioni elevate da nitrati e percloroetilene;
in base ad uno studio svolto dal CONSIAG (ora Publiacqua) elaborando i dati qualitativi
relativi al periodo 1993 – 1998, l’area maggiormente compromessa è una fascia centrale del
conoide (vedi Figura 6 e Tabella 3) allungata in direzione NW – SE, la quale, all’epoca dello
studio, risultava in classe C, non idonea per uso idropotabile. La zona posta a NE,
all’estremità del conoide, risultava invece caratterizzata da una buona qualità dell’acqua,
favorita anche dall’alimentazione delle acque del Bisenzio e da una minor presenza di fonti
d’inquinamento. Nelle zone periferiche del conoide, la presenza di una copertura di limi e
argille a protezione dell’acquifero garantiva più bassi valori di vunerabilità e quindi una
migliore qualità delle acque di falda. Per l’ultimo decennio una elaborazione dei risultati
del monitoraggio condotto dall’ARPAT nel periodo 2001 – 2008, mostra un sostanziale
cambiamento rispetto alla distribuzione del tetracloroetilene in falda. I picchi di
concentrazione si sono spostati lungo un allineamento NW – SE e l’area interessata dal
superamento del valore limite di 10 μg/l (ai sensi del D.Lgs 31/2001) si è ridotta rispetto al
decennio precedente. All’interno dell’area si sono ridotti anche i valori di concentrazione
massima passando da 300 μg/l a 90 μg/l.
Figura 6 - Carta della qualità delle acque sotterranee
[Fonte: Piano Strutturale -. Prato 2008 – Rapporto sullo stato dell’ambiente]
Tabella 3 - Classificazione della risorsa idrica riferita alla Figura 6
[Fonte: Piano Strutturale -. Prato 2008 – Rapporto sullo stato dell’ambiente]
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3.
CAP 8
Per le acque destinate al consumo umano il territorio pratese ha una fitta rete di pozzi. Per
la verifica di potabilità dell’acque ai sensi del D.Lgs 31/2001 l’ARPAT ha monitorato 95
pozzi utilizzati dal pubblico acquedotto e 536 di privati, regolarmente denunciati. Per
questi pozzi sono stati elaborati i dati relativi al monitoraggio eseguito con frequenza
mensile, a partire dal 2001 La sintesi dei dati è indicata nella Tabella 4 e risulta in generale
una conformità rispetto ai limiti normativi previsti dal D.Lgs 31/2001.
Dall’analisi della tabella risulta:
 parametri chimici: sporadici superamenti delle CMA per i parametri legati
all’inquinamento storico della falda pratese, in particolare per il tetracloroetilene;
 parametri microbiologici: numerosi superamenti dei limiti normativi in un numero
consistente di campioni. Tali superamenti indicano una contaminazione da attività
antropiche dovuta a scarsa protezione dell’acquifero superficiale.
Tabella 4 - Sintesi dell’elaborazione dei dati del monitoraggio qualitativo dell’acqua destinata al
consumo umano eseguito da ARPAT dal 2001.
[Fonte: Piano Strutturale -. Prato 2008 – Rapporto sullo stato dell’ambiente]
3.3 - Acquifero di Firenze
Nell’area fiorentina la vulnerabilità e il rischio d’inquinamento degli acquiferi interessa soprattutto
due aree:
-
-
la fascia alta della pianura dove sono presenti i depositi grossolani del conoide alluvionale.
In questa zona l’acquifero freatico è poco profondo e il terreno di copertura è abbastanza
permeabile
la fascia dei depositi alluvionali recenti dell’Arno. L’acquifero è nel deposito di ghiaia
grossolana, poco profondo e con una ridotta copertura formata da limo sabbioso.
In queste aree l’elevata vulnerabilità intrinseca dell’acquifero si combina con la presenza di molti
centri di pericolo, per cui il rischio inquinamento della falda è elevato.
Nella parte centrale della Piana la presenza di una spessa coltre di limo e argilla protegge
l’acquifero sottostante formato da lenti di ghiaia e sabbia dei paleoalvei. In quest’area il rischio di
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inquinamento della falda è piuttosto basso in quanto ad una bassa vulnerabilità intrinseca
dell’acquifero si combina la ridotta presenza di centri di pericolo.
La qualità delle acque di falda dipendono essenzialmente da due fattori: “fattori naturali” dovuti ai
processi geochimici dipendenti dalle interazioni tra l’acqua e le rocce del serbatoio con le quali
l’acqua viene a contatto; “fattori antropici” dovuti dall’inquinamento prodotto dall’uomo.
Per quanto riguarda il primo fattore in alcune zone della Piana le acque presentano elevate
concentrazioni di ferro e manganese legate all’ambiente riducente delle antiche paludi.
Nelle acque profonde sono state rilevate anche elevate concentrazioni di cloruri probabilmente
imputabili a risalita di acque profonde fortemente mineralizzate.
Per il secondo fattore l’inquinamento è dovuto essenzialmente alla presenza di composti azotati
(nitrati, nitriti) e solventi clorurati (tricloroetilene e tetracloroetilene e altri simili) largamente usati
in campo civile e industriale (grassaggio di superfici metalliche, smacchiatura di tessuti,
lavorazioni di gomma, carta, produzione di vernici ecc.). Per la loro scarsa biodegradabilità hanno
una lunga permanenza nel terreno e una elevata capacità inquinante delle falde data la facilità di
movimento verticale nel terreno.
4 - VALUTAZIONE DELLA DISPONIBILITA’ DI RISORSA IDRICA
La valutazione della disponibilità di risorsa idrica nel Medio Valdarno è fatta riferendosi alle
indagini e alle elaborazioni eseguite dall’Autorità di Bacino del F. Arno per la stesura del -Progetto
di Piano di Bacino – stralcio “bilancio idrico” del febbraio 2008 al quale si rimanda per gli
approfondimenti su questa tematica.
Figura 7 - Estratto della carta della zonizzazione delle disponibilità di acqua sotterranee nel Medio
Valdarno
Classi di disponibilità residua
Estratto da “Bilancio Idrico” redatto da Autorità di Bacino Fiume Arno
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Figura 8 - Estratto della carta della zonizzazione delle disponibilità di acqua sotterranee nell’acquifero
pratese
Estratto da “Bilancio Idrico” redatto da Autorità di Bacino Fiume Arno
La Figura 7 è un estratto della carta della zonizzazione delle disponibilità di acqua sotterranee nel
Medio Valdarno; ad essa si giunge partendo dal quadro conoscitivo delle precipitazioni,
dell’evapotraspirazione, delle caratteristiche idrogeologiche e geomorfologiche del territorio, dei
prelievi, della stima delle riserve idriche sotterranee e, attraverso una serie di passaggi successivi e
consequenziali, è stato definito il bilancio dei vari acquiferi e la loro zonizzazione in aree a diversa
disponibilità idrica residua, classificate come segue:
Classe D1: - aree dove la ricarica media su unità di superficie copre ampiamente o comunque in maniera
sufficiente i prelievi in atto. In queste aree nuovi prelievi non creano nessun disequilibrio al bilancio idrico,
se a livello complessivo l’acquifero risulta in saldo di pareggio o positivo;
Classe D2: - aree dove la ricarica media su unità di superficie copre in maniera sufficiente i prelievi, in
queste aree le disponibilità sono prossime al pareggio (limite dell’equilibrio) e nuovi prelievi potrebbero creare
disequilibri anche a livello di area complessiva;
Classe D3 e D4: - aree dove il disavanzo fra la ricarica media su unità di superficie e i prelievi risulta
elevata (classe 3) o molto elevata (classe 4). In tali aree i nuovi prelievi creano un disequilibrio tale che
potrebbe portare alla formazione di approfondimenti della superficie piezometrica, laddove non ci siano
apporti ulteriori di ricarica (es. fronti di alimentazione come i fiumi). (Estratto da: “Bilancio Idrico” redatto da
Autorità di Bacino Fiume Arno - 2008).
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Per i tre acquiferi presenti nella pianura Firenze – Prato - Pistoia il saldo di bilancio (vedi Tabella 5)
tra l’acqua in entrata e quella in uscita risulta positivo anche se per l’acquifero di Prato siamo vicini
al pareggio (+ 0,78).
Tabella 5 - Valori di bilancio degli acquiferi del Medio Valdarno
Acquifero
Riserva
(m3 106)
Saldo
(m3 106)
Firenze
68
6,00
Prato
108
0,78
Pistoia
90
5,34
[Estratto da: “Bilancio Idrico” redatto da Autorità di Bacino Fiume Arno – 2008]
Dalla Figura 7 le aree che manifestano maggiore criticità sono localizzate principalmente
nell’acquifero pratese (vedi Figura 8) e sono dovute essenzialmente ad un elevato prelievo locale
della risorsa non alimentata da una adeguata capacità di ricarica.
5 - CONCLUSIONI
Le falde contenute nell’acquifero Firenze – Prato – Pistoia presentano indubbiamente degli
elementi di criticità. Sono falde poco protette, soprattutto quelle presenti nella zona pedemontana,
verso NE, e presentano un elevato grado di vulnerabilità all’inquinamento. Di contro l’elevata
urbanizzazione del territorio e la presenza di numerose attività industriali e agricole fortemente
impattanti sulla qualità delle acque, rendono problematica l’attuazione di qualsiasi misura tutela e
di salvaguardia della risorsa idrica, se non con forti limitazioni all’uso del territorio.
Per la falda della zona di Prato, la più importante della zona ma anche quella che presenta le
maggiori criticità per il sovrasfruttamento e l’inquinamento delle acque registrato in passato, i
leggeri segnali di miglioramento quali – quantitativo che si sono avuti in questi ultimi anni
rappresentano certamente un elemento positivo, da perseguire anche nei prossimi anni.
Per i tre acquiferi il saldo di bilancio risulta positivo, anche se per l’acquifero di Prato siamo vicini
al pareggio (+0,78).
Si ritiene che ulteriori utilizzazioni della risorsa idrica sotterranea siano da verificare in termini di
bilancio alla luce di quelle che potrebbero essere l’influenza del cambiamento climatico sulle voci
del bilancio stesso. Rimangono comunque forti perplessità su ulteriori nuove utilizzazioni
dell’acquifero di Prato, in quanto potrebbe vanificare i leggeri segnali di positivi di miglioramento.
Per concludere una ipotesi da valutare in termini di costi/benefici è l’utilizzazione degli acquiferi
profondi. Ricordiamo che nella zona di Prato e Firenze la coltre detritica raggiunge spessori di 300
– 600 m, dove sono presenti falde in pressione alimentate da bacini idrografici e idrogeologici
confinanti.
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