approfondimento > Acqua nel Sahara
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didattica attiva approfondimento > Acqua nel Sahara SCIENZE DELLA TERRA figura 1 Quando il disegno fu tracciato, le condizioni climatiche del luogo dovevano essere molto diverse da quelle attuali, con un ambiente umido dove le giraffe potevano sopravvivere. Il deserto del Sahara non è sempre stato l’arida distesa di sabbia e di rocce che oggi appare. Le pitture rupestri (figura 1) rinvenute in numerose caverne e rocce nel deserto ritraggono animali, come giraffe ed elefanti, che vivono in ambienti certamente non poveri di acqua. Il periodico avanzamento e arretramento dei ghiacci che si è verificato negli ultimi due milioni di anni ha provocato anche nell’Africa settentrionale notevoli oscillazioni climatiche. Durante i periodi glaciali, i venti portatori di piogge scendevano verso sud e l’umidità atmosferica diminuiva drasticamente. Il Sahara andava incontro a un periodo secco, caratterizzato dal processo di desertificazione. Durante i periodi di disgelo, la risalita verso nord dei venti portatori di piogge e l’aumento di umidità cambiavano le condizioni climatiche. Il Sahara viveva il suo periodo verde: il territorio era ricoperto di vegetazione lussureggiante, numerosi fiumi formavano una estesa rete idrografica, si formavano suoli ricchi e spessi. Il ritorno della siccità provocava la scomparsa della coltre vegetale e l’essiccazione dei corsi d’acqua, di cui rimangono solo le tracce di antichi alvei. I suoli venivano ricoperti dai detriti dell’erosione, ma conservavano parte dell’acqua di cui l’area era ricca nei periodi verdi. Questa acqua, detta acqua fossile, attualmente forma una falda freatica, che giace al di sotto dello spessore delle rocce e delle dune. figura 3 In basso, schema di foggara. L’accesso all’acqua è facilitato dalla presenza di una falda imprigionata. A lato, interno di una foggara nell’oasi di Timimoun in Algeria. Argilla impermeabile Terreno superficiale Pozzi Foggara Uscita Arenaria permeabile con falda imprigionata Argilla impermeabile Fabio Fantini, Simona Monesi, Stefano Piazzini - Progetto M figura 2 Il lago Umm al-Ma, un’oasi nel mare di sabbia Awbari, nel deserto del Sahara (Libia). Dopo un periodo di incremento delle precipitazioni tra 3 000 e 2 000 anni fa, sopravvennero le condizioni estremamente aride che permangono tutt’ora. Attualmente, le precipitazioni sono molto scarse e la quantità annua di pioggia non supera i 100 mm. Le dune sono formate da sabbia, materiale molto poroso e permeabile. L’acqua delle scarse precipitazioni in parte evapora immediatamente a contatto con la sabbia rovente, in parte forma fiumi effimeri, gli uadi, che scorrono negli antichi alvei e si prosciugano prima di arrivare a un altro fiume, a un lago o al mare. Una parte di acqua si infiltra tra i granuli della sabbia, ma difficilmente arriva ad alimentare la sottile falda freatica che si trova sotto lo strato sabbioso. La falda freatica si trova a profondità variabili, da qualche kilometro a pochi metri. Nelle aree depresse può accadere che la falda intersechi la superficie terrestre: acqua affiora spontaneamente e origina le oasi (figura 2). Nelle oasi, l’affioramento di acqua sotterranea mantiene in vita un ecosistema specializzato, in cui sono presenti alberi anche di grossa taglia, come le palme da datteri. La maggior parte delle oasi è, però, di origine artificiale. Fin dai tempi più antichi, l’uomo ha scavato pozzi per arrivare alla falda e poter così attingere l’acqua necessaria alla sopravvivenza. Antiche canalizzazioni dell’acqua di falda sono le foggare (figura 3), strette grotte sotterranee lunghe anche centinaia di kilometri, individuabili in superficie dall’allineamento di pozzi disposti a poca distanza l’uno dall’altro. Oggi la tecnologia consente di poter arrivare alla falda anche in profondità per procurare l’acqua necessaria agli insediamenti umani e alle coltivazioni. scienze naturali • Italo Bovolenta editore - 2011 1