«Zig- zag». Considerazioni sulla questione dell`origine tra Derrida e
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«Zig- zag». Considerazioni sulla questione dell`origine tra Derrida e
LUIGI LA TORRE «Zig- zag». Considerazioni sulla questione dell’origine tra Derrida e Deleuze La «Z» è lo zig-zag, è l’ultima parola, non c’è parola dopo zig-zag. GILLES DELEUZE Il tentativo di trovare nel concetto di «zig-zag» un punto di contatto tra Jacques Derrida (1930-2004) e Gilles Deleuze (1925-1995) potrebbe apparire come una sfida azzardata se consideriamo la distanza che talvolta ha separato i due filosofi francesi nel corso della loro carriera. D’altro canto le loro diversità metodologiche, stilistiche e concettuali possono stimolare l’analisi dei testi e tramutare le asperità ermeneutiche in altrettante potenzialità di convergenza nell’attuale contesto filosofico assai diverso da quello degli ultimi decenni del Novecento. Assumendo un metodo d’interpretazione ispirato dalla fenomenologia proveremo a interrogare dapprima i testi di Derrida, alla luce della lettura e della scrittura en retour, e del loro rimando alla metafora postale, che il filosofo francese ha operato sui testi husserliani e in particolare sull'appendice terza della Krisis. Una pratica filosofica volta, non solo alla ricostruzione dei percorsi teorici del fenomenologo tedesco, ma soprattutto allo sviluppo delle sue potenzialità inespresse legate, in particolare, alla definizione del senso della storia nel contesto del linguaggio e della scrittura. La definizione metodologica del concetto di «zig-zag» proposta da Derrida verrà successivamente accostata alla descrizione deleuziana che, pur essendo distante dalle tematiche legate alla fenomenologia, suggerisce un'immagine che sotto alcuni aspetti, come il carattere generativo, possiede analogie con la nozione di Fundierung husserliana. 1. Jacques Derrida e «la question en retour» Riuscire ad aprire prospettive filosofiche nuove, partendo dall’interpretazione critica della tradizione, è stata una delle peculiarità metodologiBollettino Filosofico 26 (2010): 195-204 ISBN 978-88-548-4673-9 ISSN 1593-7178-00026 DOI 10.4399/978885484673914 195 196 Luigi La Torre che che ha caratterizzato il lavoro di Derrida fin dal suo debutto, rappresentato dall’Introduzione a Husserl l’origine della geometria1, nell’ottica di uno sforzo incessante di dare voce a tutta quella serie di considerazioni inespresse, rintracciabili nell’opera husserliana. La fenomenologia di Husserl, introdotta all’École Normale Supérieure di Parigi da studiosi del calibro di Jean-Paul Sartre (1905-1980) ed Emanuel Lévinas (1905-1995), aveva costituito un polo d’attrazione molto forte per il giovane Derrida che non era rimasto indifferente2 alla possibilità di sfruttare per i suoi studi le descrizioni fenomenologiche costitutivamente aperte alla possibilità di disvelare a posteriori caratteristiche trascurate in virtù di «nuove necessità»3 filosofiche. I nodi e le questioni cruciali che da una specifica prospettiva filosofica possono apparire nascosti, stimolano la nascita di una relazione caratterizzata da un intento psicoanalitico messo in atto con lo scopo di far emergere, attraverso un particolare esercizio di lettura dei testi, tutto ciò che è stato “rimosso” dal percorso teorico del filosofo sotto analisi: sotto questa luce Husserl diventa il primo paziente di Derrida4. Fatte queste considerazioni di ordine generale, occorre definire il campo d’azione della nostra riflessione volta a sottolineare il senso del lavoro di Derrida nello sviluppo, piuttosto che nella dissoluzione, delle tematiche inespresse in Husserl. Il significato dell’analisi che Derrida compie su Husserl, è da ricercarsi nell’esegesi dell'appendice terza della Krisis, volta non solo alla ricostruzione dei percorsi teorici del fenomenologo tedesco, ma soprattutto motivata dal bisogno di tracciare nuovi sentieri partendo proprio dalle asperità e dalle sue difficoltà interpretative. Derrida riconosce un carattere programmatico ed esemplare5 al lavoro di Husserl e ne propone una lettura «segnata da una coscienza d’esempio propria di ogni azione eidetica»6. Se per l’Husserl della Krisis, rintracciare l’origine delle idealità geometriche, attraverso un percorso di ricostruzione storica del senso, aveva avuto un significato specifico inDERRIDA, 1962. FERRARIS, 2003, p. 4. 3 ROTA, 1991, p. 75. 4 FERRARIS, 2003, p. 8, c.m. Al di là delle polemiche sulla psicoanalisi e della specifica posizione di questo interpreteidi Derrida riteniamo che questa osservazione valorizzi il debito teorico e l’interesse derridiano per la psicoanalisi. 5 È infatti esemplare l’accusa husserliana alla scienza moderna di aver smarrito l’eidos originario a favore di un progresso lontano dalle tematiche del mondo-della-vita. 6 DERRIDA, 1962, p. 73. 1 2 Sulla questione dell’origine tra Derrida e Deleuze 197 dividuato nella possibilità di ricondurre la scienza moderna, schiacciata dall’oblio dell’oggettività, verso il riconoscimento del suo ruolo primario per l’umanità, non si può dire lo stesso di Derrida per il quale, prima di intraprendere un percorso di ricostruzione storica occorre evidenziare che «la possibilità di qualcosa come una storia della scienza impone una rilettura ed un risveglio del “senso” della storia in generale»7. Questo chiarimento è indispensabile per poter ripensare al senso della nozione stessa di storia alla luce della fenomenologia trascendentale. L’interesse a riconoscere le caratteristiche generali del senso della storia prima di quelle particolari della storia della scienza fa nascere in Derrida il bisogno di chiarire tre questioni fondamentali: 1. Che la storia in quanto scienza empirica, dipendeva dalla fenomenologia 2. Che la storia, sebbene unica e irreversibile si prestava ancora a variazioni immaginarie e a intuizioni eidetiche. 3. Che oltre al contenuto empirico e non esemplare della storia il contenuto di certe eidetiche […] era stato esso stesso prodotto o rivelato in una storia8. La nozione di storia perciò diventa una questione cruciale per Derrida che intendeva sciogliere quel nodo eidetico non per semplificarlo, ma per mostrare come si è costruito. Queste tre ambizioni, che sono anche difficoltà,9 sono un invito a cambiare prospettiva, tenendo bene in chiaro che prima di interrogarsi sul sorgere della scienza geometrica ci si deve interrogare sul senso della sua origine all’interno della storia. Focalizzando bene l’orizzonte sul quale ci stiamo muovendo è necessario precisare che Husserl aveva posto la sua attenzione, secondo Derrida, proprio sulla ricerca dello statuto degli oggetti ideali della geometria rintracciando le loro «condizioni assolute di possibilità»10 partendo dal già costituito. La modalità di rintracciare l’eidos originario, tipica della fenomenologia, appare fondamentale agli occhi di Derrida, per il quale però occorre avere già un sapere ingenuo della geometria e che non «cominci» dall’origine11. L’operazione che deve essere compiuta in questo frangente è quindi la Rückfrage di Husserl, tradotta in francese da Derrida in question en retour, e cioè quel movimento che «si pone a partire da un primo invio. A DERRIDA, 1962, p. 76. Ivi, pp. 76-77. 9 Ivi, p. 77. 10 PETROSINO, 1997, p. 52. 11 DERRIDA, 1962, p. 86. 7 8 198 Luigi La Torre partire dal documento ricevuto e già leggibile, mi è data la possibilità d’interrogare di nuovo ed en retour l’intenzione originaria e finale di ciò che mi è stato lasciato dalla tradizione»12. É a partire dal già costituito che bisogna intrattenere i rapporti col costituente perché, sotto questo rapporto, si genera il senso d’origine e con esso la percezione della sua storicità13. Il già costituito mostra il carattere della retroattività dell’origine e ci consente di seguire la traccia nella quale ogni idealità è iscritta, ed è in questo ambito che dobbiamo pensare alla question en retour come l’apertura verso una comunicazione a distanza virtuale, segnata dal riferimento epistolare14. La metafora del carteggio postale è decisiva per poter seguire il percorso a «zig-zag», dialettico e ideale, che a partire da un primo invio inizia tra la realtà geometrica costituita e la propria origine. La relazione che si costituisce tra il generato e il generante ha in sé la caratteristica pragmatica dell’esempio, e bisogna evidenziare in questo contesto come la metafora postale sia il pilastro fondamentale sul quale Derrida può affermare, introducendosi tra le crepe dell’opera husserliana, quella «finitudine dell’esistenza che non consente un’eidetica universale pura della genesi»15. L’operazione messa in atto in questo frangente da Derrida non è solo la traduzione di Rückfrage con question en retour, ma l’assunzione di una posizione filosofica ben precisa16 che portando al limite la metafora postale, proverà a dimostrare come sia la funzione del linguaggio, e in particolare della scrittura, a diventare il «medium indispensabile»17 per poter generare i presupposti necessari per la ricostruzione del senso di ogni attività eidetica. Questo comporta una riflessione profonda: poter concepire il linguaggio come sfondo sul quale inscrivere non solo i presupposti della storia ma anche il valore di oggettività ideale che ha possibilità18 proprio in funzione del linguaggio. L’agire della filosofia è concepito come il percorso compiuto da una cartolina, scritta con l'intenzione di arrivare a destinazione ma che essendo sottoposta alla circolazione postale è soggetta a una differenza, un distanziamento necessario con un forte rischio di smarrimento19. In realtà è proprio la possibilità di non raggiungere la destinazione a descrivere la Ivi, p. 99. FERRARIS, 2003, p. 23. 14 DERRIDA, 1962, p. 99. 15 DERRIDA, 1990, p. 239. 16 COSTA, 1996, p. 110. 17 PETROSINO, 1997, p. 30. 18 DERRIDA, 1962, p. 117. 19 RESTA, 1990, p. 181. 12 13 Sulla questione dell’origine tra Derrida e Deleuze 199 condizione «trascendentale» definita all’interno della metafora postale e la specificità che renderà possibile il paragone con la filosofia. L’invio ideale è l’essere, «la destinazione di un messaggio in quanto scrittura»20, che mostra come le riflessioni iniziali sulla storia costituiscono lo sfondo sul quale costruire un mosaico le cui tessere sono rappresentate da concetti che si formano in virtù del linguaggio e, in particolare, della scrittura. La question en retour come momento reazionario e quindi rivoluzionario deve poter rilevare il movimento che si genera nel testo scritto, quello «zig-zag», quel circolo che è la forma pura di ogni esperienza storica21: in questa direzione si muoverà la ricerca del senso e della sua origine. Grazie all’epochè della fenomenologia si genera, per Derrida, l’apertura di un punto d’osservazione nuovo dal quale considerare il logocentrismo inteso come metafisica della presenza, come l’autentico file rouge della tradizione filosofica occidentale, decostruita dal nostro filosofo proprio a partire dal risultato dell’interrogazione en retour22. La scrittura consente la «liberazione ultima delle idealità»23 e in virtù di questa possibilità bisogna decostruire una filosofia che per tradizione ha affogato l’uomo nel logocentrismo portandolo in un vortice metafisico dove è la parola viva, che non custodisce in sé l’Idea, a dettare le regole del gioco. Non bisogna arrendersi però davanti a questa impostazione anzi, dopo aver decostruito occorre ricostruire a partire dalla «metafora della scrittura che ossessiona il discorso europeo»24. La filosofia diventerà una lettera, o per meglio dire una carte postale25, per far sì che sia sempre spedita oltre, al di là della filosofia stessa continuando a leggere i testi filosofici come lettere da impostare destinare a viaggiare continuamente a «zig-zag» tra le epoche26. Per concludere questo breve percorso, la cui unica ambizione è stata quella di ripercorre zig-zagando il tema dell’origine dello statuto del senso della scienza affrontato da Husserl e successivamente letto, decostruito e aperto in modo nuovo da un giovane Derrida che nella sua prima opera ha Ivi, p. 182. DERRIDA, 1962, p. 100. 22 In questo frangente Derrida porta al limite le posizioni di Husserl intravedendo nella question en retour la possibilità di oltrepassare i confini eidetici imposti dal testo originale. 23 Ivi, p. 144. 24 DERRIDA, 1967, p. 255. 25 DERRIDA, 1980. 26 L’idea derridiana che la filosofia non abbia una destinazione stabile può essere letta come l’atto di resistenza del pensiero di cui parla Deleuze riferendosi al senso dell’agire filosofico. 20 21 200 Luigi La Torre introdotto e sedotto non il lettore ma il testo27, lasciamo a lui il compito di chiudere (o meglio di aprire): Questa strana processione di una “Rückfrage”, tale è il movimento tracciato ne L’Origine della Geometria. È anche in ciò che questo scritto detiene, come dice Husserl, «un significato esemplare»28. 1.2 Deleuze e “l’oscuro precursore” Con la definizione di “zig-zag” creata da Deleuze ci si imbatte fin da subito in una peculiarità metodologica che rimanda immediatamente allo scopo della sua filosofia che è individuabile nell’esigenza di generare concetti, di fabbricarli29, alla luce di quanto nel corso della storia si è sedimentato. Creare e non riflettere30: è in questa chiave che si deve interpretare l’agire filosofico del pensiero per Deleuze. In questa prospettiva si può scorgere nel suo percorso intellettuale il bisogno imprescindibile di un atto di resistenza alle illusioni eidetiche tradizionali per potersi trovare nelle condizioni di concepire concetti nuovi, sperimentali, in grado lasciare un segno, una traccia da seguire, da leggere e che come ha ricordato Derrida, possano essere: non solo delle forti provocazioni a pensare ma, ogni volta, l’esperienza sconvolgente […] di una prossimità o di una affinità quasi totale nelle “tesi” (deleuziane) […] attraverso delle distanze troppo evidenti da ciò che chiamerei, il “gesto”, la “strategia”, il “modo”: di scrivere, di parlare, forse di leggere31. Leggere Deleuze significa, allora, tentare un approccio teorico con una modalità di confrontarsi con i temi e i nodi cruciali del pensiero filosofico novecentesco che si può definire “nomade”, in un movimento libero dai condizionamenti metafisici32. Su questo piano il percorso che Deleuze compie ne L’abécédaire33, può essere avvicinata, in forma generale e forzosa, a quello fenomenologico perché anela ad aprire una discussione piuttosto che a chiuderla34. DERRIDA, 1973, p. 74. DERRIDA, 1962, p. 215. 29 DELEUZE, 1987-1998, p. 10. 30 DELEUZE, 1990, p. 11. 31 DERRIDA, 2003, p. 210. 32 DI MARCO, 1995, p. 31. 33 DELEUZE, 1987-1996. 34 PALOMBI, 2003, p. 32. 27 28 Sulla questione dell’origine tra Derrida e Deleuze 201 Restringendo il campo d’azione del nostro discorso occorre prima di tutto, partire dalle parole che Deleuze ha lasciato nella videointervista realizzata nel 1988 dalla giornalista e studiosa Clair Parnet, pubblicata postzuma35, per esplicita volontà di Deleuze. Il filosofo francese voleva così lasciare quelle considerazioni come se fossero state concepite «in uno stato assimilabile a un foglio di carta, quasi uno spirito puro». Un abbecedario ovvero un libro indispensabile nella fase prescolare per poter imparare a leggere che Deleuze intende creare per proporre una personale decodifica dei temi più vari della società e della cultura occidentale. Clair Parnet passa dalla “A” di animale, alla “K” di Kant, dalla “H” di histoire (storia) alla “R” di resistenza, toccando nodi cruciali per la filosofia e la storia, e provoca Deleuze terminando con l’ultima lettera la “Z” che, puntualizza, non è la “Z” di Zorro il giustiziere, come è emerso dal nostro alfabeto non ti piace il giudizio, ma è la “Z” della biforcazione, la “Z” del fulmine, quella che sta nel nome dei grandi filosofi. “Z” come zen, Zarathustra, Leibniz, Spinoza, Nietzsche, Berg“z”on…36 Deleuze risponde a queste parole tentando di costruire un concetto di “zigzag” che si collochi sia come fine sia come momento iniziale poiché la «“Z” è una lettera meravigliosa e poi ci riporta ad “A” […] . La “Z” è lo zig-zag, è l’ultima parola, non c’è parola dopo zig-zag, è bene finire così». Ma cos’è lo zig-zag nello specifico? Per Deleuze lo si può intendere come « il movimento elementare quello che ha presieduto alla creazione del mondo […]. Il big bang bisognerebbe sostituirlo con la “Z” che è di fatto lo zen, che è il percorso della mosca». In queste parole bisogna scorgere idealmente il gesto fisico che si compie quando si traccia la lettera “Z” nell’aria, quel movimento che è del tutto assimilabile alla formazione dell’universo. Dopo aver assegnato alla “Z” questa caratteristica generante, Deleuze prova a spiegare il perché di anteporre al big bang lo “zig-zag”: invocare lo zig-zag (significa) niente universali ma insiemi di singolarità. Il problema è come mettere in relazione delle singolarità disparate o dei potenziali. Continuando in termini fisici possiamo immaginare un caos pieno di potenziali, come mettere in relazione dei potenziali?37 Battuta di Clair Parnet a chiusura dell’intervista. La “z” si aggiunge in virtù della conclusione. 36 DELEUZE, 1987-1996. 37 Ibid. 35 202 Luigi La Torre La domanda di Deleuze è volta a rintracciare nello “zig-zag” non un percorso che conduca all’origine ma l’evento generante38. Il problema, in questo contesto, non è quello di caratterizzare filosoficamente la definizione deleuziana attribuendole un significato specifico ma provare a riconoscere il carattere intuitivo che ha prodotto questo concetto di “zigzag” che si configura come: un fenomeno che viene definito ricorrendo all’idea di un oscuro precursore che mette in relazione (potenziali diversi) […] E quando l’oscuro precursore effettuava il percorso, i due potenziali venivano a trovarsi in condizione di reazione e tra i due folgorava l’evento visibile, il lampo39. In questa espressione deleuziana, ci piace intravedere una lontana somiglianza con il concetto husserliano di Fundierung40, che indica lo stato di dipendenza tra diversi strati del Mondo41. Deleuze si era già soffermato su questa relazione, che genera e fonda ogni fenomeno, in modo specifico individuando ne La nascita della tragedia42 nietzschiana i segni di un pensiero che, seppure poco adatto a cogliere il carattere generativo di questa definizione, poteva intuire la sinteticità intesa come espressione dell’assolutamente differente43. Ritornando nella specifico della nostra analisi, Deleuze costruisce il concetto d’origine stessa del mondo proprio partendo dallo “zig-zag” e dalla “Z” sostenendo, in particolare, che: così […] nasce il modo, c’è sempre un oscuro precursore che nessuno vede e poi il lampo che illumina. È il mondo, e il pensiero dovrebbe essere questo, la filosofia dovrebbe essere così, ecco la grande “Z”44. L’uso del condizionale si può intendere non come un dubbio ma come una possibilità non del tutto definita dalla scienza. La filosofia è, dunque, destinata a essere una “Z” cioè un evento che come il lampo generi non solo la luce ma i concetti. Su questa particolare caratteristica 38 Questo tipo di considerazione ci chiarisce quanto siano diversi gli scopi eidetici di Deleuze rispetto a quelli di Husserl. 39 DELEUZE, 1987-1996, c.m. 40 Lo “zig-zag” di Deleuze rievoca in questo frangente la metafora della figura stellare di Husserl. 41 PALOMBI, 2003, p. 52. 42 NIETZSCHE, 1872. 43 DELEUZE, 1962, p. 75. 44 DELEUZE, 1987-1996. Sulla questione dell’origine tra Derrida e Deleuze 203 dell’agire filosofico, che genera e non afferra, si scorge la critica alla tradizione platonica45. Infatti, «la filosofia è una disciplina che crea e inven- ta come le altre. Crea o inventa concetti (che) non esistono in una specie di cielo dove aspettano che il filosofo li afferri»46. Ci si può allora chiedere chi sia per Deleuze, l’oscuro precursore che genera il fenomeno luminoso che attiva il processo creativo. In proposito afferma che il saggio (zen) è l’oscuro precursore, e poi il colpo di bastone perché il maestro zen passa il tempo a distribuire colpi di bastone, il colpo di bastone è il lampo, fa vedere le cose47. Il colpo di bastone è un’immagine molto chiara che ci consente di capire quanto sia efficace pensare alla filosofia come provocazione del pensiero. Occorre meditare su questo modo così diverso di considerare l’agire filosofico rispetto alla tradizione occidentale, un modo originale al punto che Foucault riferendosi alle tesi di questo filosofo disse: «un giorno forse il secolo sarà detto deleuziano»48. Deleuze svolgeva la sua attività di «filosofo e non di pensatore con molta passione e con “gioia”»49 ma tentando di scuotere con le sue tesi spesso contestate e criticate non solo il mondo accademico a cui lui apparteneva ma anche e soprattutto una società restia al cambiamento ma condannata a cambiare. Bibliografia COSTA, V. (1996), La generazione della forma. La fenomenologia e il problema della genesi in Husserl e in Derrida, Jaca Book, Milano. DELEUZE, G. (1962), Nietzsche et la philosophie, PUF, Paris, tr. it. Nietzsche e la filosofia, Feltrinelli, Milano 1992. DELEUZE, G. (1987-1998), “Qu’est-ce que l’acte de création? Le cerveau, c’est l’écran Portrait du philosophe en spectateur”, Traffic, 27 (1998), tr. it. Che cos’è l’atto di creazione, Cronopio, Napoli 2006. DELEUZE, G. (1987-1996), Abécédaire de Gilles Deleuze, Éditions Montparnasse (video), Paris, tr. it. 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