cosa occorre sapere per... Stipulare contratti con partners stranieri: il

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cosa occorre sapere per... Stipulare contratti con partners stranieri: il
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cosa occorre sapere per...
a cura dello Studio Legale Cocuzza & Associati di Milano
Stipulare contratti con partners stranieri:
il problema della legge applicabile
N
el numero 4/2015 di retail&food abbiamo proposto una breve sintesi
delle modalità con le quali le aziende Italiane possono affacciarsi sui
mercati stranieri: attraverso la creazione di vere e proprie società in
loco magari in joint venture con partner stranieri ovvero, in maniera più
semplice, attraverso la redazione di contratti commerciali per la vendita/distribuzione
dei loro prodotti (agenzia, distribuzione, franchising). Vorremmo a questo punto
approfondire l’aspetto relativo alla stipula dei contratti commerciali con partners
stranieri, soffermandoci in particolar modo su due profili che sono spesso sottovalutati dagli operatori: (i) la legge applicabile al contratto e (ii) le modalità di risoluzione delle controversie. In questo numero, approfondiremo l’argomento
della legge applicabile, rimandando al prossimo l’approfondimento circa la
modalità di risoluzione delle controversie. È innanzitutto importante precisare
che le parti sono libere di determinare quale sia la legge applicabile al contratto:
è quindi buona norma che tale scelta sia fatta dalle parti al momento della sottoscrizione. La scelta della legge applicabile al contratto determina, in buona sostanza, la disciplina che regolamenterà il rapporto e a cui le parti dovranno fare
riferimento, in assenza di pattuizioni specifiche concordate al momento della
sottoscrizione. La legge applicabile può rilevare, ad esempio, con riferimento al
tasso di interesse da applicare ai ritardati pagamenti, alla misura dell’indennità
di fine rapporto da riconoscere all’agente al termine del contratto. A questo proposito, è importante rilevare, tuttavia, come non tutti i contratti siano
espressamente regolamentati nei vari ordinamenti: ad esempio, il contratto di distribuzione commerciale è scarsamente regolamentato, fatta eccezione per il
Belgio che ha adottato una normativa molto protettiva per i distributori e che è
bene conoscere prima di sottoscrivere un accordo con un distributore belga, per
i riflessi che essa potrebbe avere sul rapporto. È dunque sempre molto importante
spendere il giusto tempo nella negoziazione del contratto e cercare di redigere
un documento completo, cui le parti possano fare riferimento anche per
risolvere eventuali attriti e/o incomprensioni che possano sorgere nel corso del
loro rapporto. Capita, tuttavia, che le parti non si trovino d’accordo sulla legge
da indicare nel contratto e, un po’ per non perdere troppo tempo, un po’ per
evitare litigi prima ancora di iniziare a lavorare e un po' perché si tratta di
materia poco conosciuta, alla fine non risolvono espressamente la questione.
Tale atteggiamento può avere conseguenze di un certo rilevo nell’economia del
rapporto. Un esempio può servire a chiarire meglio quanto sopra. Si pensi a un
preponente italiano che stipuli un accordo di agenzia con un agente francese
senza indicare nel contratto quale sia la legge applicabile: alla cessazione del
rapporto (non dovuto a circostanze imputabili all’agente) l’agente francese avrà
diritto a vedersi riconosciuta una indennità di fine rapporto doppia rispetto a
quella cui avrebbe avuto diritto ove il contratto fosse stato dalle parti sottoposto
alla legge italiana. Ed infatti, in tal caso il contratto di agenzia sarà disciplinato
dalle legge francese (in quanto legge dell’agente) la quale non prevede un
limite massimo all’ammontare dell’indennità, che viene normalmente determinato
dai giudici nella misura di due anni di provvigioni. Diversamente, la legge
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retail&food - ottobre 2015
italiana stabilisce all’art. 1751 c.c. che l’indennità di fine rapporto non può superare
una somma pari alla media annuale delle
provvigioni maturate dall’agente negli ultimi
cinque anni e, ove il contratto abbia avuto
una durata inferiore, nel corso del rapporto.
In pratica, ove le parti di un contratto di distribuzione, agenzia o franchising non abbiano previsto quale sia la legge
applicabile al loro contratto, il loro rapporto sarà regolamentato dalla legge del
paese ove risiede, ovvero, trattandosi di società, ove ha la sede centrale della
sua attività, il contraente che svolge la prestazione “caratteristica”. In altre
parole, in assenza di una pattuizione specifica circa la scelta della legge
applicabile al contratto, il contraente italiano si troverà a dover applicare la
legge del paese ove risiede il proprio agente, il proprio distributore o il proprio
franchisee. Per completare l’analisi, tuttavia, occorre porsi la seguente domanda:
se le parti di un contratto abbiano scelto la legge applicabile, tale scelta sarà
sempre efficace? In altre parole, la legge scelta dalle parti sarà applicabile in
ogni caso? Questo aspetto costituisce uno dei profili più complessi del diritto
commerciale internazione e non è facile dare una risposta in poche righe. Come
regola generale si può dire che, in casi particolari, pur avendo le parti previsto
nel contratto l’applicazione della legge italiana, è possibile che essa possa essere
disapplicata in favore di norme “imperative” vigenti nell’ordinamento giuridico
ove opera l’agente, il distributore o il franchisee. Ovviamente quanto sopra
potrà verificarsi qualora le parti si trovino in disaccordo e la loro controversia
venga decisa da un tribunale, sia esso composto da giudici ovvero da arbitri. E
quali sono queste norme imperative? Un esempio è per l’appunto la legge
belga in materia di distribuzione commerciale la quale, a certe condizioni,
riconosce al distributore il diritto al pagamento di una indennità al termine del
rapporto. Pertanto, non si può escludere che un distributore belga che si veda
risolto il contratto dal produttore italiano, richieda l’applicazione della propria
legge, facendo leva sulla circostanza che si tratti di norma imperativa, sebbene
il relativo contratto sia disciplinato dalla legge italiana. In conclusione, prima di
sottoscrivere un contratto con un distributore, agente o franchisee straniero
l’operatore italiano dovrebbe informarsi adeguatamente sulla legge che regola
il rapporto nel paese ove ha sede l’agente, il distributore o il franchisee per
impostare correttamente il contratto e, se del caso, assumere consapevolmente
il rischio che possano un domani risultare comunque applicabili al rapporto
alcune disposizioni di carattere imperativo, vigenti nell’ordinamento del paese
dell’agente, del distributore o del franchisee e più favorevoli a quest’ultimo.
Avv. Giulia Comparini
Per informazioni e quesiti gli Avvocati Giulia Comparini
[email protected] e Alessandro Barzaghi
[email protected] saranno lieti di rispondervi.