1_Politiche culturali e arte pubblica

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1_Politiche culturali e arte pubblica
Facoltà di Sociologia
a.a. 2010 – 2011
Laboratorio on-line:
LA TRASFORMAZIONE DEGLI SPAZI PUBBLICI TRA TURISMO
CULTURALE E COMUNITA’ LOCALE
Il ruolo della public art nella rigenerazione urbana
Responsabile: dr. Chiara Tornaghi
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Prima lezione – Indice
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Perché occuparsi di arte pubblica oggi: il “frame” culturale nella rivitalizzazione della città
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Definizioni preliminari: spazio pubblico e arte pubblica
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Le origini della dimensione pubblica dell’arte: monumentalismo, decorativismo, avanguardie,
situazionismo, movimenti
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Dalle politiche culturali sperimentali (anni ’80) alle politiche contemporanee di marketing territoriale
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L’arte pubblica oggi, analisi di casi nei programmi di rigenerazione urbana, nelle operazioni di
marketing territoriale, nelle iniziative di riappropriazione dello spazio pubblico
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Spunti per la discussione
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Perché occuparsi di arte pubblica oggi: il “frame” culturale nella rivitalizzazione
della città
Premesse e interrogativi: la cultura nella città e la rigenerazione urbana
In questa lezione parliamo di arte nella città, in particolare nello spazio pubblico urbano.
Se siamo interessati al modo in cui le città si trasformano spazialmente, a quali politiche ne
governano la trasformazione, a capire quali orientamenti spiegano queste politiche e al modo in cui
la trasformazione spaziale può interessare la vita degli abitanti delle città sempre più spesso ci
troveremo a prendere in considerazione il fenomeno dell’arte.
Esempi: sentiamo parlare di capitali culturali (Genova nel 2004), vediamo il fiorire di manifestazioni
di largo accesso negli spazi pubblici (a Milano ricordiamo la Settimana della musica, le notti
bianche, le performance di Esterni, la TDK Dance Marathon e l’iniziativa culturale itinerante
“Circular”, la manifestazione Subway, etc…)
La città da sempre è stata legata al concetto di cultura. Al crogiolo di culture, all’incontro creativo,
agli stimoli provenienti dalla eterogeneità e alla densità abitativa.
Sulle specificità della città, di come la natura degli scambi economici e dei suoi modi di vita diano
origine a forme culturali specifiche è opportuno tornare ai padri della sociologia, e in particolare
della sociologia urbana e ai lavori di Simmel e Wirth.
Simmel  la vita urbana implica e stimola meccanismi intellettuali di difesa dalla
sovrastimolazione, la ricerca dell’anonimato, meccanismi di individuazione e di costruzione
dell’identità. L’autore mette l’accento sull’atteggiamento blasè.
Wirth  in Urbanesimo come modo di vita (1938) egli indica dimensione, eterogeneità e densità
come elementi che influenzano gli orientamenti culturali degli individui (transitorietà, superficialità,
strumentalità).
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Sebbene il lavoro di Wirth non sia mai stato validato empiricamente, sia perché persistono forme di
vicinato che non possono essere contrapposte alle forme e alle reti del mondo rurale, sia perché i
modi di vita urbana si sono moltiplicati generando molteplici culture e subculture, i suoi concetti, e
soprattutto quelli di Simmel, ci aiutano a comprendere in che modo la città è centrale per lo
sviluppo della cultura moderna.
Differenziazione, unicità, costruzione di identità culturale, espressività, distinzione. Fenomeni
centrali della modernità favoriti dalla diffusione di informazioni, simboli, idee, e dall’eccezionale
mobilità.
Questo fenomeno si alimenta nella città attraverso un tessuto organizzativo e sociale che permette
il confronto, la circolazione e la fruizione di prodotti culturali. Pensiamo alle istituzioni museali, ai
teatri, alle università, agli organi a stampa, alla produzione multimediale. Questi organismi si sono
sviluppati con l’accesso di massa ai consumi culturali. Ma anche a quel tessuto associativo di
comunità artistiche e intellettuali, protagoniste spesso anche della nuova economia della città.
Ricordiamo a questo proposito i lavori più recenti di J. Jacobs e di R. Sennett:
Richard Sennett  in The Users of Disorder (1971) e in The Conscience of the Eye (1992) afferma
che l’eterogeneità, e soprattutto l’accettare di esporsi alla diversità delle culture e al disordine
urbano, è una fonte essenziale di crescita e di riflessione sulle modalità di convivenza. Ci permette
di metterci in discussione e di rielaborare continuamente la nostra identità in modo relazionale.
Jane Jacobs in The Death and Life of Great American Cities (1961) afferma che la densità
urbana è necessaria per mantenere in vita forme culturali peculiari (interessi culturali “di nicchia”) o
istituzioni culturali di una certa grandezza (come i musei, le gallerie, le scuole d’arte) per
individuare soggetti che condividano i medesimi interessi (che non sarebbe possibile trovare in un
piccolo paese), o persone con cui confrontarsi, o quel pubblico vasto necessario a mantenere in
vita un progetto culturale più ampio.
Da questi brevi spunti, dunque, vediamo che la specificità culturale della città è un tema “classico”
della sociologia e che lo studio delle forme artistiche e culturali che nascono nella città ha una sua
tradizione. Ma se il fenomeno non è nuovo, perché oggi ci interessa soffermarci sull’arte, allora?
Anzitutto perché non solo parlare di cultura vuol dire parlare di città (come nella tradizione urbana
appena menzionata) ma parlare di città vuol dire sempre più spesso parlare di cultura.
E in secondo luogo perché, come vedremo, sono inedite le modalità con le quali l’arte assume una
valenza per la trasformazione urbana e territoriale.
Si sente sempre più spesso parlare di arte pubblica e del ruolo sociale dell’arte. Assistiamo alla
crescente importanza dell’arte nella città e al suo ruolo nell’economia culturale, nel turismo e nella
rivitalizzazione urbana.
In questa lezione cercheremo di mettere a fuoco in che modo l’arte pubblica ha a che fare con il
fenomeno della rigenerazione urbana.
Quali sono le premesse, le promesse e i rischi che questo discorso comporta.
Arte e cultura nella trasformazione del territorio
Durante i moduli di sociologia urbana avete certamente parlato di cultura nella città soprattutto in
riferimento all’economia (produzione culturale, economia culturale, produzione immateriale…)
Con questo laboratorio, invece, ci occuperemo soprattutto della cultura (e in particolare dell’arte) in
riferimento alle politiche di trasformazione del territorio.
Queste politiche, come vedremo, possono essere analizzate secondo due dimensioni:
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-
La misura in cui costituiscono un nuovo motore economico per la città (sviluppo locale,
crescita del turismo, nuova attrattività della città…).
-
La misura in cui contribuiscono a combattere l’esclusione sociale o costituiscono
elemento di miglioramento della qualità della vita (arte come fattore di integrazione, arte
partecipata, iniziative di co-progettazione della trasformazione di spazi ‘di quartiere’, etc.…)
Il problema: tra users e comunità locali
Nel mettere a fuoco questi due temi, vedremo che si sollevano alcuni interrogativi:
-
-
-
In che modo questi progetti di trasformazione urbana, orientati a riqualificare aree dismesse
o a trasformare (abbellire?) spazi pubblici, prendono in considerazione gli interessi delle
comunità locali? Se, infatti, si tratta di progetti orientati a rilanciare l’economia urbana e a
rendere la città uno spazio attraente per turisti e nuovi consumatori metropolitani (city
users), in che modo queste iniziative tengono conto delle esigenze degli individui che
vivono quotidianamente in questi territori?
Se i progetti di sviluppo e rigenerazione mirano ad attrarre nuovi residenti, quali conflitti
potenziali si generano? I vecchi e i nuovi residenti, cioè, hanno le stesse esigenze? Ci sono
gruppi che vengono “espulsi” dal quartiere (ad esempio a causa dell’innalzamento dei
prezzi degli affitti)? Si verifica il fenomeno della gentrification?
E’ possibile tracciare un bilancio circa i benefici per le comunità locali?
Esistono forme di negoziazione con i residenti circa la trasformazione degli spazi collettivi?
In particolare, le forme di public art che vengono adottate, hanno una dimensione
partecipativa? Ed è possibile misurarne gli effetti sociali? Nella misura in cui portano l’arte
negli spazi pubblici, favorendo un maggior accesso alla cultura o contribuendo a definire
collettivamente (nelle iniziative partecipate) la qualità degli spazi pubblici, si manifestano
effetti positivi in termini di lotta all’esclusione sociale? Esistono effetti inclusivi?
Questi sono gli interrogativi che cercheremo di mettere a fuoco e ai quali cercheremo di rispondere
in questo laboratorio. Ma prima di tutto, vediamo di iniziare con qualche definizione preliminare….
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Definizioni preliminari: spazio pubblico e arte pubblica
Spazio pubblico
Definire lo spazio pubblico non è cosa semplice. Le diverse tradizioni di pensiero che si sono
avvicendate e cimentate con questo compito si sono trovate spesso a parlare di cose
profondamente diverse tra loro: le arene pubbliche, la sfera pubblica, gli spazi aperti, i luoghi
virtuali della comunità.
Noi prenderemo una via più semplice.
Partendo da un approccio morfologico, possiamo dire che lo spazio pubblico è costituito
essenzialmente da spazi aperti o da spazi chiusi “di proprietà pubblica”, accessibili a tutti, e
dedicati ad alcune funzioni collettive: passarvi il tempo libero, assistere ad uno spettacolo teatrale
o sportivo, passeggiare, prendere il sole, chiacchierare.
Abbiamo in mente principalmente le piazze, i parchi, i viali, le strade, le stazioni, con tutta la loro
dotazione di panchine, statue, fontane, aiuole, spazi erbosi. E poi anche i teatri comunali, gli stadi
civici, i musei, il patrimonio storico-archeologico, e così via.
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Si tratta di spazi realizzati dalla comunità – attraverso i suoi organi decisionali – nel corso del
tempo. La letteratura filosofica e urbanistica ha generalmente sottolineato una visione un po’
romantica di questi luoghi come lo spazio per eccellenza della cittadinanza, del dialogo,
dell’incontro. A partire dall’immagine dell’agorà greca, la piazza è stata spesso deputata come il
luogo per eccellenza della comunità e del cittadino.
In realtà noi sappiamo che l’agorà era uno spazio pubblico accessibile solo agli uomini possidenti
di proprietà, e pertanto escluso a donne e schivi.
Altresì noi sappiamo che, sebbene luogo importante per rappresentare l’orgoglio civico di un
comunità locale, la piazza non è il posto migliore per la realizzazione dell’individuo come cittadino,
giacchè le decisioni vengono prese a palazzo…..
Dunque, quale può essere il significato dello spazio pubblico?
In una prospettiva sociologica lo spazio pubblico è un luogo nel quale volta per volta si negoziano i
significati, i simboli, i valori che vengono rappresentati. E a questa negoziazione partecipano
direttamente (attraverso la partecipazione ai processi decisionali) o indirettamente (attraverso il
conflitto o l’uso deviante di questi luoghi) tutti coloro che sono coinvolti con il luogo: gli
amministratori locali, i tecnici coinvolti nella realizzazione (urbanisti, architetti, artisti), i cittadini che
risiedono in prossimità di essi, o coloro che li utilizzano, in qualità di utenti abituali o turisti.
Ciascuno di questi è portatore di idee, bisogni, gusti, attitudini, e tenderà a manifestarle in
relazione al luogo.
E’ con questa varietà che dobbiamo pensare ai fenomeni di trasformazione dello spazio pubblico
che sono oggi in corso. Per citarne alcuni: la militarizzazione dello spazio pubblico (diffusione dei
sistemi di sorveglianza a distanza, come le videocamere a circuito chiuso), l’estetizzazione dello
spazio pubblico (installazione di emblemi e landmarks che rendano distintiva la città), la
privatizzazione dello spazio pubblico (soggetti privati hanno in concessione la gestione di spazi
pubblici o sono addirittura demandati alla loro costruzione, come oneri di urbanizzazione: si pensi
alle piazze prospicienti grandi complessi abitativi), mercificazione dello spazio pubblico (spazi
pubblici dedicati sempre più ad essere appendici delle attività di consumo (spazi all’interno dei
centri commerciali), nascita di spazi collettivi spontanei come forme di riappropriazione
(occupazione di edifici dismessi per progetti culturali, realizzazione di orti urbani, etc).
Per comprendere questi fenomeni dobbiamo capire quali soggetti sono coinvolti e quali esclusi.
Quali idee e bisogni guidano queste iniziative e quali conseguenze producono.
Di tutta questa varietà di iniziative che riguardano gli spazi pubblici noi ci occuperemo in particolare
di quelle azioni che utilizzano l’arte pubblica, permanente o temporanea, cercando di mettere a
punto uno strumento di analisi che ci permetta di capire: gli obiettivi dell’iniziativa, gli attori coinvolti
e i benefici attesi.
Cos’è l’arte pubblica
Il concetto di arte pubblica è chiaramente legato a quello di spazio pubblico. Perché si possa
parlare di arte pubblica si devono realizzare alcune condizioni che la rendono pubblica. Di seguito
vengono elencate quattro condizioni, le prime due sono necessarie. Ossia, senza di esse non si
parla propriamente di arte pubblica. La terza e la quarta non sono sempre presenti nella loro forma
ottimale, pertanto la loro assenza diminuisce il carattere “pubblico” dell’arte in questione.
1 - arte nello spazio pubblico  Si tratta di arte plastica, pittorica o arti performate che si trovano
negli spazi pubblici.
Pensiamo ad esempio ai monumenti tradizionali, alle installazioni
temporanee, alle performances teatrali nelle piazze, nelle stazioni o nei parchi, accessibili
gratuitamente al pubblico. Per le arti plastiche, qualora siano permanenti e realizzate
esplicitamente in relazione allo spazio pubblico in cui vengono installate, si parla di arte “site
specific”.
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2- arte fuori dai luoghi istituzionali dell’arte  ossia l’arte pubblica è per definizione fuori dalle
gallerie e dai musei, luoghi nei quali è sempre stata confinata, per trovarsi in luoghi non ordinari,
appunto in spazi non deputati all’arte: le strade, i parchi, le piazze. Questo però non significa che
essa sia anche necessariamente fuori dal sistema dell’arte: anzi, esiste ancora un sistema che
definisce chi può esporre e chi no, e soprattutto che cosa diventerà “arte pubblica”. Insomma, c’è
ancora un “mercato”, come nelle altre forme di arte. Il suo essere fuori dalle gallerie e dai musei,
tuttavia, è rilevante perché:
a) l’installazione d’arte pubblica (o la performance) non seleziona, se non sommariamente, il
pubblico fruitore. Non lo seleziona perché non può prevedere chi avrà di fronte. (non si tratta più di
un pubblico specifico di intenditori o appassionati che si recano al museo)
b) l’installazione (o la performance) ‘va a cercare’ il pubblico, impone la sua presenza, si pone al
cospetto anche di chi non sarebbe mai andato in un museo. Nel far questo essa raggiunge un
pubblico più ampio e aumenta perciò il suo potenziale comunicativo.
3- è arte nella ‘sfera pubblica’ Nel momento in cui l’arte è installata in uno spazio pubblico
essa assume anche un ruolo simbolico, o critico, più ampio. Anzitutto essa è nello spazio pubblico
perché ha subito un processo di selezione da parte di attori non solo appartenenti al mondo
dell’arte, come ad esempio gli amministratori, i politici o i cittadini di una certa zona. In questo
modo essa non solo si fa portavoce dell’identità e della soggettività dell’artista ma si fa anche
interprete di significati e valori collettivi, o si pone in atteggiamento critico verso di essi e cerca di
attivare un dibattito pubblico.
Naturalmente può anche essere semplicemente strumentale al profitto (ad esempio per innalzare il
valore della rendita di un quartiere), ma ciò non toglie che in misura e grado diversi essa
presuppone contrattazione nei suoi contenuti o nelle modalità di costruzione. Si distinguono a
questo riguardo diverse forme di arte pubblica proprio in base a quanto esplicitamente essa cerchi
di avere un impatto in termini di sensibilizzazione. La grande famiglia dell’arte pubblica con
esplicito contenuto critico e di impegno sociale è stata definita “new genre public art”.
4 - può avere una forte dimensione relazionale  in quanto inserita in un processo a più voci,
che non è solo culturale ma anche economico e sociale, è maggiormente esposta ad una
dimensione relazionale, che si fa più intensa quando anche il processo produttivo è aperto,
partecipato, contrattato o addirittura condiviso con l’artista. Quando l’attenzione principale è posta
sul processo produttivo dell’opera, piuttosto che sul prodotto stesso, parliamo di “relational art”.
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Le origini della dimensione pubblica dell’arte: monumentalismo, decorativismo,
avanguardie, situazionismo, movimenti
Ora, dopo aver sinteticamente parlato di spazi pubblici e aver definito l’arte pubblica, dobbiamo
dire qualcosa sulla relazione tra i due. Come si manifesta, quali forme assume l’arte pubblica e
come si è evoluta, nel tempo, la dimensione pubblica dell’arte?
Partiamo ancora dall’arte pubblica e tracciamone una sorta di panoramica storica. Semplificando
molto possiamo individuare alcune forme di arte pubblica, che via via si sono affermate
storicamente. Si tratta tuttavia di un processo che è incrementale: nessuna di queste
manifestazioni si è esaurita del tutto con l’affermarsi di quella successiva.
Vedremo anzitutto il monumentalismo …e il decorativismo
A queste forme, con le avanguardie artistiche e la smaterializzazione dell’opera d’arte, si è giunti
progressivamente ad un ruolo maggiormente critico delle arti, che ha avuto il suo culmine negli
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anni ‘60 con le post-avanguardie situazioniste (processualità come pratica politica e di militanza
e critica sociale)
Oggi il ruolo esplicitamente politico è più debole, o quantomeno, a questo si affianca un nuovo
ruolo pubblico dell’arte, che è legato ai nuovi contesti di produzione, committenza, e installazione.
Si genera un nuovo rapporto tra arte e spazio urbano (estetica urbana e riqualificazione, pratiche
artistiche con funzione relazionale e inclusiva).
Monumentalismo
All’inizio il sodalizio tra arte e città era caratterizzato dalla committenza di monumenti – chiese,
palazzi, statue equestri,..
Essi manifestavano la presenza tangibile del principe, del mecenate, dello Stato, o avevano lo
scopo di costruire e definire l’identità nazionale, costruire la ‘nuova patria’, esaltare il senso della
nazione o trasmettere l’ideologia dominante.
Come vediamo dagli esempi qua sotto, il monumentalismo, sebbene abbia origini lontane, non ha
finito il suo corso, ma è sempre presente, anche reinventandosi in forme nuove:
Es:
•
•
•
I monumenti equestri
Monumenti commemorativi
Monumenti di celebrazione della patria (a personaggi storici legati al sorgere della nazione,
come Garibaldi, Mazzini, Cavour, o a Vittorio Emanuele, o anche l’Altare della Patria…)
Più recentemente…
• Monumenti di testimonianza della resistenza
• Monumenti di commemorazione delle stragi del terrorismo (es. alla stazione di Bologna)
Decorativismo
Accanto al monumentalismo l’arte pubblica ha assunto spesso anche una valenza decorativa.
• Legge del 2%
Varata negli anni 30, poi modificata nel ‘49 e nel ‘60, la cosiddetta legge del 2% regola gli interventi
artistici nelle costruzioni pubbliche. Ossia prevede la realizzazione di interventi plastici o pittorici
(es. muralismo) all’interno di edifici pubblici, per un valore pari al 2% del valore complessivo di
costruzione dell’edificio.
• Arredo urbano e nuova immagine della città
Accanto alla decorazione di spazi interni agli edifici pubblici, abbiamo poi anche veri e propri
elementi di arredo urbano (es. panchine,…) che si prestano ad una reinterpretazione in chiave
artistica e che donano spesso una nuova immagine alla città.
• Esperienze recenti di integrazione (caso regione Emilia Romagna)
La legge regionale 16/02 “promozione della qualità artistica e del territorio” afferma che l’arte
pubblica può essere adottata come strumento per far affiorare le dinamiche di trasformazione e le
relazioni, andando oltre, cioè, la valenza di mero arredo urbano: innovazione nelle politiche
culturali.
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Avanguardie e Post-avanguardie
Dopo l’idea di smaterializzazione dell’opera d’arte (arte concettuale), con gli anni ’50 la critica
sociale approda al sistema di produzione, spettacolarizzazione e mercificazione dell’opera d’arte.
Già diversi pensatori di numerose discipline si erano interrogati sui limiti e i vincoli della società di
massa. (Ricordiamo Habermas e l’opinione pubblica, la Arendt e la sfera del discorso pubblico e
dell’impegno politico.)
Alcune post-avanguardie della seconda metà degli anni ’50 (gruppo Cobra, Internazionale
Lettrista, Situazionismo) e i movimenti sociali urbani del ’68 e poi del ’77 portano avanti alcune
istanze:
- Anzitutto una critica all’asservimento delle scienze alle ideologie (sulla scia del marxismo)
- In particolare la denuncia dell’asservimento dell’arte alle regole del mercato e del consumo
(Debord, nel suo libro “La società dello spettacolo” denota il consumo culturale come
modalità di appagamento necessario per vincere l’alienazione della vita quotidiana)
- la necessità di ridare all’arte una valenza critica (momento, situazione, deriva,
riappropriazione del territorio…): riportare l’arte alla sua dimensione sociale e di attivare
forme di agire, nel senso attribuito al termine da Hannah Arendt (Arendt 1958), capaci di
generare ‘sfera pubblica’.
- La necessità di accedere liberamente alla produzione e diffusione di cultura (rivendicazione
delle attitudini creative di ciascuno).
In questi gruppi l’azione politica e l’azione culturale erano spesso inestricabilmente congiunte e
manifestavano non solo un maggiore accesso alla cultura – sia come erogazione di servizi
formativi, sia come accesso a canali distributivi non istituzionalizzati – ma anche il desiderio di
partecipare direttamente alla produzione culturale, abolendo la separazione tra artista e spettatore,
tra produzione e consumo, e tra arte e politica (Bianchini e Parkinson 1993, Griffith 2001).
Tali movimenti erano spesso strettamente associati ad un settore culturale ‘alternativo’, che
comprendeva il teatro sperimentale d’avanguardia, film-makers indipendenti, stazioni radio ‘libere’,
piccole case editrici, gruppi di artisti ‘situazionisti’ che si opponevano ai circuiti istituzionali delle
gallerie e dei musei.
Gruppi di riferimento: Movimento Fluxus, Cobra, Internazionale Lettrista, Situazionismo, Joseph
Beuys, Alan Kaprow, Artist Placement Group, …
Situazionismo (1958-1972)
Particolarmente interessante per pensare al ruolo che l’arte e la performance può avere nello
spazio pubblico, e a noi nota anche perchè esperienza fondativa di molti movimenti successivi, è
quella dell’Internazionale Situazionista. I suoi protagonisti sono alcuni architetti-artisti nordici e
francesi, e per un certo periodo anche il filosofo-sociologo francese Henri Lefebvre.
Il sodalizio con l’internazionale Situazionista
Durante gli anni della cattedra a Strasburgo (primi anni ’50), Lefebvre contatta alcuni esponenti del
gruppo Cobra, un movimento guidato dall’architetto olandese Constant Nieuwenhuys e dal pittore
Asger Jorn, e per la maggior parte composto da architetti di Bruxelles e gruppi nordici.
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In particolare era interessato all’idea, promossa da questo gruppo, di rinnovare il ruolo dell’arte
nella vita quotidiana.
Constant lo introduce poi nel gruppo di situazionisti al quale si era unito nel 1958, guidato da Guy
Debord e composto da una manciata di altri militanti tra i quali Raoul Vaneigem e Michele
Bernstein. E’ un periodo di intenso confronto col gruppo (ma anche di aspri conflitti) dal quale,
comunque, le due anime usciranno separate e prenderanno strade diverse.
Il concetto di ‘momento’, situazione e deriva
Contro la mistificazione che riduce lo spazio urbano a strumento di controllo e le forme creative a
merci, Lefebvre propone di afferrare e agire tutti i momenti di rivelazione, chiarezza emozionale, e
auto-presenza come base per diventare più soddisfatti. Esempi di ‘momenti’ sono le sorprese,
l’amore, la rivolta.
Questo concetto di momento ricorrerà più volte nella sua opera. Si tratta di esperienze di disalienazione, di momenti che non possono essere facilmente appropriati dal capitalismo consumista
e mercificato. Sebbene siano brevi e fuggevoli, essi possono essere ricordati, e comunque essere
esperiti improvvisamente, inaspettatamente e in ogni luogo.
Si tratta di una riscoperta della spontaneità e dell’auto-espressione che ricorreranno più volte nella
sua opera, come fondamento per una pratica di emancipazione e di una ‘teoria della presenza’.
L’arte nella vita quotidiana
I suoi primi scritti di Critica della vita quotidiana ebbero successo e furono ispiratori di numerosi
gruppi e movimenti attivi in quegli anni (Cpbra, Provos, Situazionisti…) intenzionati a reintrodurre
l’arte nella vita quotidiana con un ruolo nuovo.
Si ricorda in particolare il movimento Cobra di Costant e altri artisti e architetti nordici, che a loro
volta introdussero Lefebvre nel circolo situazionista.
Il concetto di ‘momento’ espresso nella sua teoria della vita quotidiana, e il potenziale dirompente
di esperienze emotive che esso delineava, venne accolto da questi gruppi come una sintesi della
loro idea di “deriva” (modo di comportamento sperimentale, legato alle condizioni della società
urbana, che consiste nel passare improvvisamente attraverso ambienti diversi)
Lefebvre stesso, del resto, era alla ricerca sia di esperienze ed esperimenti che gli permettessero
di convalidare la sua ipotesi, sia di persone con cui confrontarsi e dibattere questo genere di
esperienze a loro modo ‘rivoluzionarie’.
Dalla vita quotidiana alla vita urbana
E’ precisamente durante queste frequentazioni che Lefebvre inizia a maturare una sensibilità
particolare per la dimensione urbana nel suo complesso.
Si compie, insomma, un passaggio cruciale, uno spostamento d’attenzione dalla dimensione della
vita quotidiana alle forme della vita urbana.
Lo spunto per questa nuova attenzione gli venne a seguito di un intenso confronto con il gruppo
dell’Internazionale Situazionista (in particolare dibattendo della Comune di Parigi) e in particolare
con l’individuazione di momenti ‘festosi’ collettivi come opportunità per agire una riappropriazione
anti-alienazione (dunque di momenti rivoluzionari) particolarmente centrati sulla dimensione ludica.
E’ in questo contesto che la sua attenzione per i ‘momenti’ e le ‘situazioni’ inizia ad assumere una
connotazione marcatamente collettiva e marcatamente urbana.
Es: In una intervista l’autore narra, ad esempio, di alcuni esperimenti condotti nelle città di
Bruxelles e Parigi facendo uso di walkie-talkie: si trattava di costruire ‘situazioni’ nelle quali gli
individui potessero tornare ad esperire una sorta di ‘unitarietà’ urbana, combattere la
frammentazione, narrando diversi aspetti della città che avrebbero potuto essere esperiti,
altrimenti, solo in successione.
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Oltre l’idea di ‘urbanesimo unitario’: il superamento del situazionismo e la ricerca di una
nuova teoria urbana
Ma anche le esperienze dei situazionisti furono una fase del suo percorso.
Se il punto di maggiore unione col gruppo era rappresentato dal fatto che la sua idea di ‘momento’,
che si confaceva anche all’idea situazionista di promuovere un ‘urbanesimo unitario’, con
l’esplosione dell’urbanizzazione Lefebvre si rese conto che tale idea non era più sostenibile. Non
era più possibile cercare di unire qualcosa che cambiava in modo così radicale (continuare a
promuovere una idea di urbanesimo), ma diventava urgente capire cosa stava succedendo, quali
spinte, quali ideologie: trovare una teoria più ampia per la città.
( Urbanesimo unitario= teoria dell’impiego globale delle arti e delle tecniche che concorrono alla
costruzione integrale di un ambiente in rapporto dinamico con esperienze di comportamento) cit.
da Int. Sit. N° 1
E’ quindi dalla metà degli anni ’60 che inizia quella che è stata definita la nuova fase di Lefebvre:
quella marcatamente dedicata allo studio dello spazio e della città. L’Internazionale Situazionista si
scioglie ufficialmente nel 1972.
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Dalle politiche culturali sperimentali (anni ’80) alle politiche contemporanee di marketing
territoriale
Alimentati anche dal pensiero delle post-avanguardie e della critica alla società dei consumi, i
movimenti sociali del ‘68 e del ‘77 hanno rivendicato, tra le altre cose, una maggiore democraticità
dei processi di produzione e fruizione culturale.
Le politiche culturali sperimentali. La risposta ai movimenti del ’68 e del ’77
In alcune città europee le risposte a queste istanze si sono tradotte in politiche culturali
sperimentali che hanno offerto spazio a questi movimenti, sostenendone economicamente le
azioni, o istituendo nelle diverse aree del decentramento amministrativo iniziative permanenti che
incoraggiassero interazioni faccia-a-faccia, promuovessero relazioni di vicinato, costituissero
occasioni per promuovere cultura, auto-espressione, forme di ‘vita pubblica’ accessibili per tutti i
cittadini.
Era principalmente una forma di investimento sociale, non economico.
Le prime politiche culturali, infatti, si avviano come parte integrante del welfare state negli anni ’60.
Il primo paese fu la Francia, che già nel 1959 aveva istituito il ministro della cultura. Le prime
politiche consistevano principalmente nel favorire “uguaglianza” sul piano della produzione,
diffusione e fruizione di cultura, offrendo spazi di quartiere per la produzione culturale, o
finanziando iniziative culturali auto-prodotte, come ad esempio le radio libere.
L’organizzazione di festival, la riqualificazione di spazi abbandonati e la promozione di nuovi spazi
pubblici capaci di rendere la città più attraente si sono tuttavia, col tempo, alimentate di esigenze
nuove, mettendo in secondo piano gli obiettivi legati agli interventi sociali e ‘rigenerativi’ (Landry e
Matarasso 1996), per attestarsi (all’inizio degli anni ’80) intorno ad azioni principalmente volte a
ridefinire l’immagine della città, la sua attrattività, il rilancio economico, in vista di una idea di vitalità
culturale intesa sia come presenza di una “classe creativa” impegnata nella crescita
dell’emergente economia culturale, sia come offerta di opportunità per il tempo libero per gli
abitanti ma anche – o forse soprattutto – per le moltitudini di city users (Clark 2001, Martinotti
1993).
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Il connubio tra questi due obiettivi poggia anzitutto sulle opportunità di riqualificazione dei grandi
vuoti urbani generati dal trasferimento delle fabbriche fordiste insediandovi attività culturali
d’attrazione o innestandovi elementi fortemente simbolici, dagli edifici dalle forme avveniristiche
agli elementi di arte site-specific e, in secondo luogo, sull’organizzazione di eventi culturali,
rassegne e in generale di festival di performing art in spazi pubblici, nei quali l’arte fuoriesce dai
suoi luoghi tradizionali per divenire un elemento visibile e fortemente attrattivo (Hetherington
2003), capace di attribuire un segno di distinzione e di ‘unicità’ del luogo – site’s distinction, city’s
uniqueness – (Kwon 1997).
Politiche territoriali e cultura nella città contemporanea - 1
Nuove opportunità territoriali: la disponibilità di aree dismesse
Con la fine degli anni ’80 in Europa – un po’ più tardi in Italia – le città che hanno maggiormente
risentito della fine degli assetti fordisti-keynesiani e della dismissione industriale hanno avviato
numerosi interventi di trasformazione e di rinnovo del tessuto urbano.
Nuove esigenze economiche: combattere gli effetti recessivi. Entrepreneurialism e
marketing urbano
Dopo un periodo di stagnazione o di declino economico, con lo scopo di combattere gli effetti
recessivi, le amministrazioni locali hanno iniziato a sperimentare politiche di riqualificazione urbana
che sono caratterizzate da due elementi principali. Anzitutto si tratta di azioni che vedono il
soggetto istituzionale come enabler (e non tanto come provider) secondo un approccio che è stato
identificato, per dirla con Harvey, con il passaggio dal managerialism all’entrepreneurialism
(Harvey 1990). L’amministrazione locale dunque non si pone più l’obiettivo di offrire direttamente i
servizi, ma di facilitare la risposta di mercato alla domanda di servizi. Tali operazioni divengono
quindi promosse da amministrazioni locali in cerca di risorse economiche aggiuntive, attuate
attraverso operazioni di partnership, e concertate con attori locali in arene decisionali spesso
estranee ai circuiti tradizionali della democrazia rappresentativa. In secondo luogo si tratta di
operazioni di rinnovo urbano e di rilancio dell’economia della città che rispondono all’esigenza di
vincere la competizione con le altre città per attrarre capitali stranieri, ma anche turisti e quella
classe creativa che secondo Florida rappresenta oggi il motore dell’economia urbana (Florida
2003). In questo quadro, cioè, le amministrazioni locali cercano di “abbellire” e di rendere più
funzionale la città in modo da attrarre quei capitali che realizzeranno i servizi o le attività
economiche di cui la città ha bisogno.
Politiche territoriali e cultura nella città contemporanea - 2
La ricerca del consenso alle grandi operazioni di trasformazione
Il consenso dei soggetti economici impegnati in questi progetti, ma anche delle comunità locali che
vivono nei quartieri investiti dalla trasformazione, viene spesso costruito intorno ad una visione
della trasformazione che ha nel rilancio della cultura, del valore simbolico dei luoghi e
nell’attrattività della città i suoi punti di forza.
L’attivazione di programmi EU. Insediamento di nuove funzioni culturali
Le stesse politiche dell’Unione Europea a sostegno delle operazioni di riqualificazione e
rigenerazione urbana vertono su due punti chiave che richiamano quelli qui delineati. L’attivazione
di programmi “integrati”, orientati ad agire su più livelli di criticità (degrado ambientale, esclusione
11
sociale, servizi locali, disoccupazione, disagio abitativo, ecc.), promuovendo partnership e
partecipazione dei soggetti locali (Cremaschi 2003, Commissione delle Comunità Europee 2001),
e in secondo luogo la promozione di politiche culturali, come ad esempio l’iniziativa ECOC
(European Cities and Capital of Culture).
Moltiplicazione delle iniziative culturali e la promozione della partecipazione
Sotto la spinta di queste direttive, le città europee sono sempre più frequentemente teatro di
iniziative a carattere culturale: dall’insediamento di nuove funzioni (teatri, grandi musei,…) in aree
di recente riqualificazione, a interventi temporanei, festival, rassegne e installazioni di arte
pubblica, performing arts e arte site-specific nei centri urbani e negli spazi pubblici in generale.
Queste iniziative, dunque, sono componenti di politiche territoriali tese ad offrire spazi pubblici
nuovi, che contribuiscono, da un lato, a rilanciare l’immagine della città sul piano nazionale e
internazionale, a favorire il turismo, a sostenere l’economia culturale e a promuovere
l’insediamento di una nuova ‘classe creativa’, e, dall’altro, a promuovere forme innovative di
inclusione sociale.
Come osserva anche Ron Griffith in un saggio recente, gli anni ’90 vedono una tendenziale
convergenza delle politiche urbane e delle politiche culturali, intorno all’idea che l’arte e la
promozione di attività culturali siano elementi importanti nel sostegno a tutte quelle
operazioni di promozione delle comunità locali, dell’inclusione, della coesione sociale, che
vanno sotto il nome di rigenerazione urbana (Griffith 2001).
Arte e politiche
Ma veniamo al rapporto particolare tra arte e politiche, all’interno di questo quadro.
Cosa cambia rispetto al passato, nel momento in cui l’arte diventa una componente di queste
politiche?
COSA CAMBIA NEGLI ATTORI SOCIALI: Nuovi tratti identitari del ‘pubblico’ e degli attori
1) settore privato come co-progettista. Grande impulso di fondazioni private
2) il settore pubblico con ruolo maggiormente costruttivo (non solo finanziamento: creazione di
opportunità, predisposizione di incentivi, nuove legislazioni, nuovi committenti orientati al
benessere locale) e di mediazione tra artisti e società locale
3) forte ricettività del territorio, anche a fronte di istituzioni lente: pratiche culturali che prendono
forma a scale diverse
Alcune ricerche recenti, sia nazionali che internazionali, mostrano l’emergere di nuove domande e
di nuove pratiche provenienti dalla società civile e che si materializzano nella città. Con un termine
accattivante Paba descrive l’emergere di una Insurgent City (Paba 1998), di pratiche di
‘risignificazione’ e reinterpretazione dei luoghi urbani interstiziali o dismessi, che derivano da
bisogni che non trovano diretti interlocutori nelle istituzioni. Bisogni tra i quali compaiono, accanto a
quelli abitativi, anche esigenze di tipo espressivo e aggregativo, che si manifestano con la
promozione di iniziative culturali importanti sia per il grado di innovazione nella risposta a nuove
domande, sia per il valore identitario e di integrazione di cui sono portatrici.
COSA CAMBIA NELLE POLITICHE: Politiche culturali, arte e territorio
12
1) Progettualità culturale rivolta allo spazio pubblico (maggiore legame tra produzione artistica,
gestione del territorio, innovazione produttiva)
2) azione pubblica locale ed europea fortemente intrecciate. Grande impulso dei programmi
europei.
3) si stanno ri-orientando le misure di urban regeneration intorno a forme nuove di coinvolgimento
della cittadinanza, che vedono nelle iniziative culturali, e nello specifico nell’arte pubblica,
l’opportunità di attuare obiettivi rigenerativi anche al di fuori di misure strettamente economiche.
L’arte come strumento per incidere sul benessere della comunità.
5
Esempi e casi di arte pubblica e di iniziative “socialmente impegnate”
Dopo aver delineato le linee di tendenza nelle politiche culturali, vediamo adesso una serie di
esempi di diverse iniziative di tipo culturale che influiscono – in modo diverso – sulla morfologia
degli spazi pubblici.
Questa carrellata ha lo scopo di fornirvi una panoramica di diverse iniziative che vedono l’arte
protagonista di interventi nello spazio pubblico urbano.
Fate attenzione alla diversa temporalità, ai diversi attori coinvolti e alla diversa dimensione
partecipativa data ai cittadini.
Politiche e progetti culturali
1) L’iniziativa europea “European capital of culture” – (ECOC)
Periodo di attuazione: 1995-2004 (fino 2019)
Obiettivi generali
L’iniziativa ECOC, promossa dall’UE, si caratterizza per essere un programma composito, con
diversi obiettivi, spesso declinati diversamente dalle diverse città finanziate.
Alcune città si sono maggiormente concentrate nella promozione di un profilo culturale
internazionale, capace di attrarre turisti e visitatori ma anche di promuovere “l’orgoglio” locale e
l’imprenditorialità. In altre città l’obiettivo principale invece è stato quello di allargare l’audience, il
pubblico della cultura, utilizzando i finanziamenti per migliorare le infrastrutture culturali, sviluppare
le relazioni con altre città e regioni europee, promuovere i talenti di artisti locali e loro carriere a
scala europea.
Questioni di governance
Per la gestione del finanziamento, di solito ingente, molte città hanno scelto di fondare un
organismo (tipo agenzia di sviluppo) che avesse esplicitamente il compito di creare un network di
soggetti, pubblici e privati, per la sceazione delle iniziative. Genralmente questo organismo poi si
consolida come agenzia per la promozione culturale della città.
Lo sviluppo del programma
Lo sviluppo delle varie iniziative, molte ancorate al patrimonio storico, culturale e identitario
esistente, hanno significato spesso il ridisegno di spazi pubblici, sia aperti (come le piazze, le aree
portuali, i centri storici), sia chiusi (ville storiche, edifici dismessi), adibiti a nuovi contenitori
culturali. Grande importanza hanno avuto spesso anche la realizzazione di landmarks (installazioni
di arte pubblica o architetture particolari), capaci di influire sulla geografia e sulla dimensione
iconografica del luogo.
Lo sviluppo della comunità (community development). Per sviluppare questo obiettivo il
programma ECOC ha cercato di aumentare la partecipazione della popolazione alla produzione
culturale (soprattutto la partecipazione di anziani, bambini, disabili, minoranze etniche) e di
colmare il gap tra la cosiddetta “high art” e l’arte e la cultura popolari.
13
Le ricadute sociali
Gli obiettivi “sociali” non sono mai stati la principale priorità nella maggior parte delle città
finanziate da ECOC, sebbene tutti abbiano elencato, in modo più o meno retorico, obiettivi di
“social development”. Nella maggior parte dei casi le iniziative realizzate so sono limitate a corsi di
formazione, o sono state iniziative caratterizzate da partnership deboli. Serve sicuramente
maggiore attenzione alla valutazione delle ricadute sociali dell’arte.
2) “Love difference”
Il progetto “Love difference” è promosso da Cittàdell’arte - Fondazione Pistoletto
Cos’è Love Difference?
-
un movimento politico della creatività e dell’arte volto a individuare, discutere e cooperare con
ogni altro settore nella ricerca di soluzioni ai grandi e gravi problemi della società.
-
un network di istituzioni, artisti, creativi e singole persone che puntano all'incontro tra le
differenti culture. La rete è il punto di partenza di una condivisione di esperienze e competenze
tra soggetti provenienti da diverse aree disciplinari.
Perché “love difference”
Uniformità e differenza sono i due termini antagonisti che rappresentano la massima tensione
conflittuale nell’attuale realtà planetaria. Una politica che porti ad ‘amare le differenze’ è vitale per
lo sviluppo di nuove prospettive nell’intera compagine sociale
Obiettivi specifici:
-
Porre la creatività, intesa quale espressione di libertà, come elemento strategico al centro di
tutti i settori dell’attività umana
-
attraverso la creazione e la promozione di progetti artistici, avere un riflesso sociale e
partecipare almeno in parte a una trasformazione della società
-
Lavorare sul piano artistico-culturale per affrontare i contrasti e le tensioni generati dalle
diverse culture al fine di risolvere queste tensioni e conflitti convogliando le energie esistenti in
una direzione opposta allo scontro.
-
Costituire un laboratorio creativo di un’arte socialmente impegnata per dare voce ad un nuovo
pensiero diverso dalle pure ragioni della speculazione economica e che ispiri tutti i settori
dell’attività umana.
-
promuove incontri, seminari, progetti con L’Università delle idee.
3) Trans:it Moving Culture through Europe
Promotori: Fondazione Olivetti, European cultural Foundation, Fondation de France
Che cos’è Trans-it:
 È uno strumento di analisi e di confronto di pratiche culturali messe in atto nello spazio
pubblico europeo.
 E’ un progetto itinerante (nel tempo e nello spazio) focalizzato sulla cultura e la creatività
14
 È un osservatorio della produzione culturale europea (e un laboratorio per le persone
coinvolte) che prende la forma di un film e di un sito web
 Cerca di individuare buone pratiche di istituzioni e artisti che investigano il dialogo
multiculturale, attivano politiche in aree urbane, producono visioni, ipotesi e critiche relative
alle trasformazioni della sfera pubblica.
Obiettivi:
A partire dall’idea che “il mondo dell’arte può essere luogo di sperimentazione per esplorare le
pressioni (es. tra comunità e diversi gruppi etnici, le relazioni tra le persone…), il progetto si
promone di favorire interscambio e confronto tra gruppi di artisti impegnati in territori caratterizzati
da marginalità sociale per lo sviluppo di progetti interculturali.
Attori coinvolti:
Centri d’arte, musei, fondazioni europee, artisti, gruppi interdisciplinari, ricercatori, artisti, operatori
ed esperti di politiche culturali.
Metodo:
- Individuazione di progetti realizzati in diversi contesti pubblici europei
- Confronto delle pratiche (per individuare “best practices”, ossia buone pratiche)
- Analisi e discussione delle questioni etiche ed artistiche sollevate dai progetti
- Analisi e discussione delle politiche culturali che i progetti rappresentano o mettono in
discussione
4) “Art for social change”
Promotore: European Cultural Foundation, Fondazione Soros
Dove: Romania, Bulgaria, Polonia, Estonia, Lithuania
Quando: dal 1997
Cosa fa: sostiene progetti innovativi di artisti impegnati in lavoro di creazione partecipata in aree
con forti problematiche sociali. Cerca di riannodare il filo tra comunità locali, produzione artistica e
identità dei luoghi.
Esempio: Nel 2002, in Polonia, “Art for social change” ha promosso un progetto della compagnia
teatrale Psyche in una clinica universitaria per giovani con problemi psichici e di integrazione
sociale. (realizzazione dello spettacolo teatrale “Tristano e Isotta”).
coinvolgendo i malati psichici nel progetto di teatro partecipato
realizzando un evento in pubblico
contribuendo a dare un’immagine diversa della malattia mentale e dei giovani esclusi dalle
comunità a causa di problemi mentali.
Programma di mediazione
‘Nuovi Committenti’
Il Programma di mediazione “Nuovi Committenti” è un programma per la promozione di opere per
lo spazio pubblico. Ha origine dal programma francese Nouveaux Commanditaires inventato
dall’artista Francois Hers nel 1991 e sostenuta dall’isituzione indipendente Fondation de France.
Sottrae la produzione artistica allo scambio ‘anonimo’ tra artista e pubblico. Pone al centro
dell’attenzione l’assunzione di responsabilità di una comunità locale nel divenire committente di
opere d’arte (nel seguire, cioè, sviluppo, crescita e mantenimento di risorse culturali).
“L’opera diventa emblematica di una comunità che si crea. Una comunità provvisoria o stabile,
composta di persone che si trovano a delineare un luogo. Un luogo e un tempo nel quale la
comunità si riveli a se stessa e prenda lentamente corpo” (cit. da Hers)
15
Nel 2000 la Fondazione Olivetti, impegnata nella promozione di di forme di riqualificazione degli
spazi condivisi (e nelle forme molteplici del vivere quotidiano) adotta il programma, declinandolo al
caso italiano, e cioè:
• con un dialogo a più voci (non solo artista e comunità, ma anche con le istituzioni)
• realizzando progettazione partecipata
• promuovendo pratiche di volontariato della società civile
Gli obiettivi dichiarati sono due:
1) rispondere a domande ‘dal basso’, ossia recepire domande d’arte e domande di qualità della
vita, rendendo possibile la partecipazione diretta dei cittadini o delle associazioni
2) Innestare una dimensione estetica nel quotidiano (nei luoghi di lavoro e di vita)
L’esperienza italiana è rientrata nei parametri europei stabiliti per il programma Urban 2 – Torino
Mirafiori. Le figure coinvolte nella mediazione sono essenzialmente tre: 1-il cittadino/committente;
2-il mediatore; 3-l’artista
Il mediatore:
A)
B)
C)
D)
E)
F)
È un esperto d’arte
Individua i committenti in un contesto locale
Li aiuta a esprimersi, stilando documenti d’intenti
Individua l’artista che può rispondere ai bisogni espressi
Crea legami tra le parti
Media e negozia i conflitti
Installazioni permanenti di arredo urbano: arte pubblica, arte ‘site specific’ e parchi delle
‘sculture’ urbani
1) Parcheggi municipali a Lione
Artisti: vari
Mediatore: Art-Entreprise (George Vernay Carron)
Committenti: municipalità di Lione
(immagine a sinistra: Parc des Cèlestins: Daniel Buren, Jean Michel-Wilmotte, Michel Targe)
Questa esperienza si innesta in una riflessione sulla trasformazione della città e la sua
sostenibilità. Il progetto viene realizzato nell’ambito di un ripensamento generale del sistema dei
trasporti.
L’arte è vista come elemento di qualità della vita che raggiunge anche questi elementi architettonici
nuovi, e che ad essi si integra fin da subito, nel momento della loro progettazione.
16
L’idea è quella di introdurre l’arte in nuovi spazi pubblici, quella della “nuova urbanità”: le aree di
sosta e in particolare i parcheggi sotterranei.
La sfida è quella di intervenire in una operazione edilizia “al di là del meramente utile”.
L’arte, in questo caso, è applicata per: 1) dare un’identità visuale forte e 2) influire sulla qualità del
prodotto (design). Ciò ha comportato anche una maggiore attenzione sulla ‘tecnica’ (come nel
caso della prima immagine a sinistra, relativa al periscopio del Parc Celestins)
2) City of Manningham - Australia
Artisti: Inge King; Catriona McLeod & Michael Bellemo
Committente: Manningham City Council, “Urban Design Strategy”
Opere:
1)
River Peel (immagine in
basso) collocata su di una
rotonda
“River Peel is located in a
roundabout that is both a
gateway to Manningham and to
the Yarra Valley Tourist Trail to
the north. The work stands
7.5m in height and covers an
area approx. 20m in diameter”
2)
Sentinel (immagini in
alto)collocata in una uscita
autostradale
“Sentinel is located at the
Doncaster Road exit on the
Eastern
Freeway
stands
approx. 14m in height with a
crown approx. 5m in diameter”
Obiettivi dichiarati:
1) Migliorare il paesaggio
nella città (streetscape)
2) Contribuire all’immagine
e all’identità della città
3) City of Holdfast Bay
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Committente: Holdfast Shores Consortium
Artisti: Mark Blackman, Neil Cranney, Leslie Mattews, Leo Neuhofer, Deb Sleeman, Andrew Stock,
Marijana Tadic, Gerry Wedd, Trevor Wren
Dalla descrizione del progetto leggiamo:
“The Holdfast Shores projects were initiated by the Holdfast Shores Consortium in partnership with
the City of Holdfast Bay and is a significant public art project involving two stages of commissiong.
Stage One involves a total of seven artists who were commissioned to create works for the beach
front promenade and areas around the marina complex. The beach front works were based on the
concept of "cultural flotsam and jetsom" with four artist each creating their interpreation. Two other
artists were engage to develop works around themes of the elements: Land, Water, Wind. The final
commission was for works with a marine theme to be integrated into ballastrating.
Stage two of the project involves three further commissions for the precinct around the new hotel.”
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4) City of Reading - UK
E’ un progetto orientato a migliorare la qualità dell’ambiente e la sua fruibilità in termini di mobilità
pedonale, attraverso un ripensamento dell’illuminazione.
Dalla descrizione del progetto leggiamo: “The Friar Street refurbishment is driven by a transport
strategy plan which aims to create a successful environment in which people can move around
with ease on foot, by bus or on bicycle. A successful resolution of this project will enable access
from north to south as well as east to west and will create an environment that will work efficiently
in transport terms. Of particular interest here is Soane's use of light and coloured glass in many of
his buildings”.
Esposizioni artistiche temporanee / Performances
1) Milano: cittAzioni
Cos’è:
Undici artisti in undici spazi: un progetto che vuole portare la poetica dei giovani artisti direttamente
nella società e nei luoghi pubblici dove tende a riconoscersi. Portare tutti i linguaggi espressivi
contemporanei (installazioni, pittura, fotografia, video)
Luoghi:
Spazi pubblici che esprimono diverse anime della città e dei suoi abitanti:
• Stazione Centrale
• Stazione FNM Cadorna
• Giardini pubblici
• Piazza dei mercanti
• Piazza affari
• Galleria Vittorio Emanuele
• Sala anagrafe del comune
• Diversi mezzi tranviari ATM
• Aiuole di p.le Loreto e p.za Fontana
• Stazioni della metropolitana di Duomo, Porta Venezia e Lanza
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Esempio (nell’immagine):
Il Distributore di Sogni
(distrubutore di piccole sculture)
Obiettivo: indagare il tema del
consumismo
Le sculture rappresentano temi,
situazioni e sentimenti delle
diverse dimensioni della vita
dell’uomo (sia nella vita
domestica, sia in quella lavorativa)
Dove: collocato in metropolitana
Quando: dal 28 ottobre al 30
novembre, a Milano
Committente: comune di Milano,
settore giovani
Sponsorizzazioni e finanziamenti:
AEM, ATM, Bayer, Camera di
Commercio, ferrovie Nord, IGP
Decaux, Finarte,…
Esempio della stessa rassegna:
“il viaggio delle parole”
Dove: stazione Centrale di Milano
Temi: il viaggio, l’assenza, la fuga
2) “Galleria in galleria” – Milano MM
Sull’esperienza dell’iniziativa “Subway” realizzata per la prima volta nel 1998, il progetto “Galleria
in galleria” (maggio 2005) propone 18 opere (installazioni visive e sonore) in dieci stazioni della
metropolitana milanese.
Obiettivi dichiarati: recuperare e valorizzare spazi pubblici; sottolineare con opere d’arte il
potenziale comunicativo dei luoghi; trasformare la città sotterranea
Artisti coinvolti: artisti di diverse generazioni
3) I progetti di “xing”
Gruppo interdisciplinare nato nel 2000. riunisce artisti e produttori di Bologna, Milano e Parigi.
Nasce nell’ambito dell’esperienza bolognese del Link (1994-2000)
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Obiettivo: ideazione, realizzazione e promozione di eventi e produzioni di natura interdisciplinare
(anche con obiettivi imprenditoriali). Una esperienza che si colloca tra scena creativa underground
e industria creativa
Tra i progetti più noti ricordiamo:
• la manifestazione Netmage (2002-2004), festival-concorso di musica elettronica, arti visive
e performing arts)
• Il Festival internazionale dello spettacolo contemporaneo(2002-2003)
Maggiori approfondimenti: www.xing.it
Installazioni artistiche ‘partecipate’ / Arte relazionale
1) a.titolo
Professionalità tra politiche, territori, amministratori e abitanti: i mediatori
A partire dal 2001, il gruppo di mediatrici costituito con il nome di a.titolo accoglie l’invito ad
operare come mediatrici culturali del programma d’arte per lo spazio pubblico Nuovi committenti un modello francese diffuso in Italia dalla Fondazione Adriano Olivetti di Roma – perché è fondato
sulle domande, a cominciare da quella che un gruppo di cittadini pronuncia chiamando in causa
l’arte per la costruzione o ridefinizione di uno spazio comune.
L’attività di mediazione si svolge principalmente a Mirafiori Nord nell’ambito del progetto Urban 2.
Metodo: osservazione di pratiche di auto-organizzazione del territorio, ascolto attivo, promozione
della partecipazione.
Casi. Processi di ri-territorializzazione: laboratori didattici e spazi di incontro
La realizzazione di quattro opere d’arte permanenti, rispondenti all’espressione di altrettante
committenze, avviene nel quadro metodologico ed economico di Urban 2 (…) un programma
comunitario articolato su tre assi (economico, infrastrutturale, sociale) e basato, nei suoi tratti
essenziali, sulla partecipazione, sulla collaborazione tra pubblico e privato e sull’innovazione
sperimentale.
• un laboratorio didattico di storia, nelle sale di una cappella (committenti: docenti delle
scuole materne, elementari e medie)
• uno spazio d’incontro in un parco pubblico,
• strutture funzionali nella risistemazione dei cortili di due case a edilizia popolare.
Gli artisti
Gli artisti finora coinvolti, nella fasi di start-up e di progettazione delle opere, sono Paola Di Bello,
Claudia Losi, Massimo Bartolini e Lucy Orta. Professionalità che cercano di stare “in mezzo” alle
politiche e ai territori, agli amministratori e agli abitanti.
L’esperienza si è innestata su istanze problematiche, inerenti le questioni legate all’insicurezza, al
vandalismo, alle convivenze difficili e, nel caso della Scuola, sulle criticità e sulle limitazioni che
questo settore professionale sta vivendo. [1]
[1] brani tratti da: www.fondazioneadrianolivetti.it e e dal testo a.titolo (a cura di), Nuovi
committenti. Torino Mirafiori Nord, Luca Sossella editore, Roma, 2004.
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2) Art Entreprise (Vernay-Carron)
Soggetto mediatore: Art Entreprise
Committente: Societe Montpellieraine des Transports Urbaine (SMTU)
Metodo: coinvolgimento degli abitanti, arte pubblica partecipata
Artista: Chen Zen
Progetto: Tramway à Montpellier. Station “La paillade”
Descrizione: due calotte semisferiche di 9 metri di diametro alle quali sono fissate 70 sedie (gli
abitanti del quartiere – quartiere multietnico – hanno prestato le loro seggiole per fare da modello:
interazione con gli artisti)
La scultura è metafora di una grande tavola del globo, universale e festiva, e del dialogo
multiculturale.
3) Esterni - Milano
Impegnata su diversi fronti della produzione culturale, Esterni è una associazione milanese che
promuove diverse forme di arte relazionale. Dopo l’esperienza del museo d’arte temporanea,
esterni ha iniziato a promuovere iniziative critiche, spesso in concomitanza di eventi “istituzionali
come il Mi-art o il Salone del Mobile. In occasione di quest’ultimo, in particolare, Esterni ha
promosso una sequenza di “incursioni quotidiane” nei luoghi di maggior affollamento della
settimana del design: installazioni e allestimenti mobili, musica, feste, punti d’incontro, soste e
attraversamenti collettivi, simulazioni e modificazioni di percorsi.
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Un nucleo mobile di circa 100 persone si ritrova in luoghi a orari prefissati e coinvolge nuovi
militanti in vere e proprie performance collettive. L’idea è dimostrare che la principale ricchezza
dello spazio pubblico è la socializzazione e che tutti possiamo fare cose importanti, anche in modo
lieve e festoso. La città sperimenta così fino a che punto può trasformarsi e quanto intensamente
può essere vissuta se si innesta un processo che la rende socievole, ospitale e aggregante.
4) Kunst in de Buurt - Ghent
Dal 1995, un programma di democratizzazione delle pratiche culturali
Attraverso progetti artistici e culturali intende mobilitare cittadini disagiati nell’acquisizione di
competenze, nella realizzazione di interessi e nello sviluppo di talenti individuali, senza focalizzarsi
sui loro problemi.
Promotore: department of Arts of the city of Ghent
Destinatari: popolazioni locali con particolare riferimento a quelle disagiate
Obiettivi complessivi del programma:
- Ottimizzare il potenziale del settore artistico della città nel miglioramento della vita culturale:
espressione artistica come nuovo modo comunicativo
- Promuovere la partecipazione culturale e le competenze dei vari gruppi sociali abbattendo
le divisioni tra attori sociali, socio-culturali e artistici
- Rivalorizzare la città come luogo di cultura, attraverso il ricorso a progetti artistici che
promuovano attivismo culturale
Metodo:
- formazione dei partecipanti (laboratori)
- Co-progettazione, co-organizzazione, co-realizzazione di un festival
Soggetti coinvolti: circa 200
5) “Un chilometro di tela” (1991)
Chi la promuove: Ass. Fiumara d’Arte (Antonio Presti)
Cos’è: un chilometro di tela viene steso per le strade cittadine e dipinto da artisti (affermati e
dilettanti)
Dopo la performance la tela viene divisa e le opere donate ai residenti che hanno ospitato e
sfamato gli artisti. Le famiglie hanno l’obbligo di aprire la casa in certe ore del giorno per consentire
la visita.
Si realizza una sorta d museo domestico. In nome dell’arte un piccolo paese siciliano esce dal
clima di chiusura e di diffidenza nei confronti dello straniero (apertura delle case anche a turisti e
visitatori)
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L’esperienza è stata ripetuta in diversi comuni della Sicilia.
6) ‘Out of the blue’ – South Edimbourg - Putting the UNITY into CommUNITY’
Esperienza simile a quella di Ghent
Formazione: Più di 20 workshop di 2 ore sono stati realizzati nel periodo pasquale e poi nei mesi
estivi in preparazione di una giornata di festa
Partecipanti: complessivamente sono stati realizzati 131 workshops per 280 ore di formazione e
con il coinvolgimento di 445 partecipanti
Aree e palchi che hanno caratterizzato il festival, nelle diverse aree della città:
- The radio forth zone (realizzazione di una radio locale)
- The main stage zone (esibizione di band locali di diversi generi)
- The community stage zone (percussioni locali e coro)
- The children zone (con giochi e pittori facciali)
- The leisure centre zone (spazio per pittura murale)
- The performance zone
- The market place zone (zona dove le associazioni locali coinvolte raccolgono fondi e danno
informazioni)
7) Connecting culture: Art places
Esperienza diretta dalla critica d’arte Anna Detheridge, Connecting culture è una associazione no
profit attiva nel campo delle arti visive, con lo scopo di favorire una maggiore comprensione del
contesto sociale e culturale in cui si situano le opere d’arte, con particolare attenzione a favorire
politiche culturali orientate a promomuovere la rigenerazione del territorio a partire dal diretto
coinvolgimento delle comunità locali.
Nel 2003 ha promosso la mostra: Arte pubblica in Italia: lo spazio delle relazioni.
Dal programma della mostra leggiamo: “una ricognizione sull’area della produzione ai margini del
sistema dell’arte in Italia, dando conto del lavoro di gruppi, collettivi di artisti, associazioni, curatori,
committenti pubblici, che operano in un sistema di mediazione etica, nella sfera pubblica a contatto
con il sociale”.
Cerca di individuare metodologie innovative d’intervento nella sfera sociale (cultura come
mediazione tra parti sociali) promuovendo diversi progetti (ad esempio Art Places).
Partners: Anci Lombardia, Artway of Thinking, Fondazione Pistoletto, Rete regionale per l’arte
contemporanea,…
Altre informazioni: www.connectingculture.info
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6
Discussione…a voi la parola!
Dunque, ecco giunti alla fine di questa lunga carrellata.
Accertatevi di aver capito:
1) perché la cultura e l’arte sono oggi così importanti per la città
2) in quali modi queste iniziative possono influire sulla forma della città (sui suoi spazi pubblici)
3) che il significato di uno spazio pubblico non è dato una volta per tutte, ma è socialmente
costruito. E che a questa costruzione partecipano diversi soggetti, portatori di valori, idee, bisogni
differenti.
4) in quali modi può essere pensata la relazione tra arte pubblica e cittadini (pensate alla
definizione di arte pubblica)
Alla luce di quanto visto in questo materiale (o magari anche della vostra stessa esperienza in
questi o in altri progetti simili), provate a confrontarvi e a discutere il modo in cui l’arte pubblica può
essere anche orientata ai bisogni delle comunità locali.
Alcune domande possono aiutarvi a riflettere:
• Quali attori pensate che dovrebbero essere coinvolti?
• Quale dimensione pubblica è preferibile?
• Quale grado di partecipazione vi sembra opportuno?
• Quali effetti di rigenerazione e di inclusione vi aspettate?
• Come misurereste le ricadute ‘sociali’ di queste iniziative?
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