Cap. 02 - Sistemi Editoriali

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Cap. 02 - Sistemi Editoriali
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2.1
Nascita e sviluppo dell’architettura organica
vivente
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Il Movimento Moderno in architettura
Tre sono i principali impulsi che hanno fatto da fondamento all’architettura moderna e che hanno dato origine ad altrettante sue correnti.
La corrente più nota e riconosciuta, che ha elaborato i fondamenti teorici del Movimento Moderno in architettura è il Bauhaus. Questa grande scuola, fondata da
Walter Gropius, dopo la Prima Guerra Mondiale, e che ha avuto come maestri e
allievi grandi personalità come Wassily Kandinsky, Paul Klee, Mies van der Rohe,
Marcel Breuer e altri, ha posto alla base della progettazione architettonica, da una
parte, lo studio teorico delle leggi della forma, dall’altra la concezione del mondo che proveniva dallo sviluppo scientifico dell’Ottocento, di tipo deterministico
e riduzionistico positivista; dall’altra ancora, una visione di progresso sociale che
si basava su una forte componente ideologica e rivoluzionaria. Queste caratteristiche, accanto alla genialità di alcune delle figure guida del movimento, che si
è chiamato anche funzionalista in virtù del fatto di dare importanza alle funzioni d’uso cui sono dedicate le opere realizzate, piuttosto che alla forma del loro
aspetto, hanno avuto grande successo e hanno fortemente improntato il modo
contemporaneo di concepire l’architettura e la professione relativa.
Decisivo è stato anche il rapporto che gli architetti funzionalisti hanno cominciato a stringere con il mondo dell’industria, sfruttandone la forza travolgente
e diventandone al contempo i promotori nella cultura.
Accanto a indubbie qualità intrinseche e valori innovativi (l’oggettività, la razionalità, l’essenzialità, la conoscenza della tecnica e della materia ecc.) l’architettura funzionalista poggia però, sostanzialmente, su un’idea materialista della
realtà; su un modo di vedere il mondo e l’uomo come un meccanismo; sul considerare l’architettura non come un’arte creativa ma come una tecnica che sviluppa consequenzialmente, da logiche premesse, risultati prevedibili. I frutti finali deteriori di questo impulso, che ha prodotto sicuri capolavori, ha avuto
enorme successo e domina ancora oggi, sono però omologazione, monotonia,
povertà di soluzioni formali e compositive, schematismo, astrazione, e scollegamento dalla vita e dai veri bisogni dell’uomo. Queste sono oggi le caratteristiche negative che affliggono l’edilizia contemporanea erede di questa corrente,
lo sviluppo delle città moderne e i loro quartieri di espansione.
Una seconda corrente assai importante del Movimento Moderno è quella che invece guarda alla forma come base della soluzione progettuale, in quanto elemento di comunicazione, di rappresentazione di valori, elemento significativo ideale.
Questa corrente, benché abbia adottato un linguaggio moderno, in realtà si ricollega direttamente, pur anche in modo intellettualistico e astratto, con la storia, con
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il passato, più esattamente con il filone classicistico dell’arte, in particolare con il
classicismo greco-romano e rinascimentale. Il suo massimo esponente è Le Corbusier, che mostra nelle sue opere teoriche e pratiche forti legami con la classicità (il
sistema dei suoi cinque punti essenziali dell’architettura moderna, che richiamano
l’ideale dei perfetti corpi platonici, il Modulor come attualizzazione dei canoni proporzionali, i “tracciati regolatori” come trasformazione moderna astratta della razionalità greca classica ecc.). Ma oltre agli eredi o continuatori dell’impulso lecorbuseriano (per esempio Oscar Nimeyer, Kenzo Tange, Mario Botta, per citarne tre
di diversa età e origine), sono da annoverare a questa corrente anche altri movimenti o personaggi che mostrano un tratto idealistico o ideologico nella loro concezione dell’architettura, come il neoplasticismo, l’olandese De Stijl di Theo van
Doesburg e Pieter Oud. Essi, pur nell’atmosfera modernista e astratta, intellettualizzata e meccanizzata del loro percorso creativo e concettuale, sono fortemente
improntati a una concezione formalistica, idealistica della realtà, che poggia sulla
predominanza dei principi geometrici, matematici, proporzionali.
Queste due correnti sostanzialmente opposte fra loro perché una materialista e
pragmatista, l’altra idealista e teorica, formalista, hanno spesso dato luogo anche a mescolanze e influenze reciproche (Mies van der Rohe è l’esempio più alto di tale duplice ispirazione) e comunque hanno dominato e dominano ancora oggi, con le loro innumerevoli metamorfosi e aggiornamenti, il panorama architettonico attuale.
In ordine di tempo, però, dobbiamo ricordare, come prima a comparire, una terza corrente, quella organica, che ha avuto Louis Sullivan e Frank Lloyd Wright
come padrini e propugnatori, ma alla quale si possono ascrivere come spiriti
pionieri, con una scelta interpretativa anomala rispetto a quella della critica architettonica corrente, anche la figura eccezionale di Antoni Gaudì e il movimento dell’Art Nouveau, almeno nei suoi più ispirati maestri (Victor Horta, Henry
van de Velde). Tale corrente non solo, come è noto, si ispira alla natura e alle
sue leggi per trarre i principi compositivi e formativi necessari per configurare
anche le forme architettoniche, ma porta in sé anche una concezione etica e
spirituale, sulla quale sente di dover basare il proprio modo di fare architettura. Le sfumature di questo contenuto spirituale che anima i veri architetti possono essere anche assai diverse (per Gaudì è una religiosità cattolica profonda,
severa e ascetica; per Wright è il sentimento che dalla Natura provengano forze e impulsi di tipo trascendente; per Van de Velde è un fattore di cultura e di
progresso), ma ciò che li accomuna è la consapevolezza che l’architettura è
un’arte che crea per i bisogni dell’uomo, e che dietro a essa c’è una realtà spirituale, una regione soprasensibile, un sistema di idee e principi che la reggono e le permettono di manifestarsi. In questo senso tale corrente può essere vista come la vera erede della grande architettura dell’antichità, ma solo per l’atteggiamento ispirativo non per i modi esteriori di produrre risultati, non per le
forme e le opere, che sono invece totalmente nuovi e originali.
2.2
Rudolf Steiner architetto
Rudolf Steiner non è architetto per vocazione, né per formazione, bensì per volontà conoscitiva e consapevole forza ispirativa.
Nato nel 1861 a Kraljevic (Slovenia), località allora inclusa nell’Impero Austroungarico, segue un percorso formativo che dalle modeste origini della famiglia
lo porta alla laurea presso la scuola tecnica superiore a Vienna, poi alla laurea
in filosofia a Rostock. La sua attenzione è rivolta non solo al mondo della natura che lo circonda negli anni dell’infanzia e della giovinezza, ma anche a
quello della scienza (le leggi della meccanica, della chimica, della fisica) e del
pensiero, che in quella seconda metà del XIX Secolo stanno sviluppando pienamente le basi per il consolidarsi della civiltà e della cultura moderna. Queste
due fonti di esperienza e di interesse si presentano però al giovane studioso co-
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Infatti, i capolavori dell’organicismo, considerando appunto i suoi confini più
larghi di quanto sia abituata a fare la critica accreditata, aprono la strada, già
verso la fine dell’Ottocento, a una nuova stagione dell’architettura dopo l’involuzione degli stilismi passati del secolo romantico: prima la drammatica visionarietà di Antoni Gaudì accompagnata però da innovativa e rigorosa scienza
strutturale, da conoscenza tecnico costruttiva; poi la sensibilità e le intuizioni
di Sullivan che porta le forme naturali a impreziosire e addolcire la potenza volumetrica e materica del grattacielo americano. Se in Europa sboccia e fiorisce
rapidamente lo stile Art Nouveau che delle forme naturali coglie l’eleganza, la
ricchezza, la fantasia e soprattutto la tensione vitale (la “linea” di tensione), in
America è il genio di Wright che scuote l’accademismo filoeuropeo dei costruttori del Nuovo Mondo: anche lui si ispira alla Natura, ma più come forza primigenia e come contrapposizione alla civiltà cittadina, che come diretta suggeritrice di forme e processi creativi. Tanto è vero che i suoi numerosi capolavori e le sue conquiste creative fondamentali (lo spazio aperto e fluido, il rapporto stretto con il luogo e la geometria dinamica e complessa delle sue opere) sono più frutto di una sintonia con il mondo naturale minerale e con il riflesso
in esso delle leggi geometrico-spaziali del cosmo che con la rigogliosa vitalità
della natura vivente, vegetale o animale che sia.
L’impulso di questi pionieri della prima generazione del Movimento Moderno (e
degli altri come Charly Renny Mc-Intosh e Patrick Geddes, Otto Wagner e Joseph Hofmann, Ödön Lechner e Gunnar Asplund), quella degli anni Sessanta e
Settanta dell’Ottocento, verrà soppiantato e soffocato dal sopraggiungere della
potenza fascinatoria del razionalismo funzionalista della generazione successiva, quella degli anni Ottanta e Novanta, (Gropius, Mies, Le Corbusier ecc.). Ma
perché ciò poté accadere? E la figura di Rudolf Steiner, di cui ci occupiamo noi
in particolare e che appartiene a quella prima generazione, essendo nato nel
1861, come si colloca in questo quadro?
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me divise da un abisso incolmabile, in quanto la rigorosa e asettica indagine
che la scienza moderna applica alla natura non si accorda, “non sa spiegare”
con gli schemi astratti delle leggi teoriche, il carattere vivo e concreto dei fenomeni naturali e tantomeno sa chiarire l’origine e i modi del rapporto profondo che l’interiorità dell’uomo ha con i regni della natura.
Questa scissione viene ignorata, o comunque non risolta, dalla ricerca scientifica moderna e diventa un presupposto drammatico per lo sviluppo successivo
della civiltà occidentale. Rudolf Steiner percepisce chiaramente la tragicità di
questo dualismo e trova in Goethe la figura di chi aveva posto già cento anni
prima, con le sue opere scientifiche, le basi del suo superamento. Il poeta tedesco individua1 il modo per cogliere, con osservazione comparativa e intuitiva
dei fenomeni esteriori, ciò che in essi è elemento ideale e spirituale e applica
quindi un rigoroso metodo di ricerca scientifica (basata su osservazione ed esperimento) a una dimensione che non è solo materiale, quantitativa, ma anche
spirituale e qualitativa. In questo modo riesce ad accostarsi al mondo della natura vivente cogliendone non solo i dati fisici, matematici, ma soprattutto le
qualità specifiche che la caratterizzano, ossia la vita, la trasformazione, il divenire ecc. Per questo motivo Goethe viene chiamato da Rudolf Steiner, che ha
l’occasione di curare l’edizione delle Opere Scientifiche del genio di Weimar, “il
Copernico del vivente”. Ma Rudolf Steiner avverte l’urgenza e la necessità, oltre che la giustezza, di andare oltre il regno del vivente e di giungere all’uomo, cioè a quella realtà dell’essere, che portando in sé il vivente, ascende però
allo spirituale cosciente. Rudolf Steiner quindi allarga il metodo goethiano al
regno umano e vi edifica una scienza dello spirito che indaga un mondo di cui
il senso non è il vivere naturale, ma è il divenire cosciente. Questa scienza,
mantenendo il carattere proprio di ogni scienza moderna, ossia di osservare i
fenomeni con metodo rigoroso e cristallino, è però in grado di indagare con
chiarezza gli ambiti altrimenti enigmatici della realtà, come la psiche, i fenomeni interiori, gli eventi dello spirito, che hanno sede dentro e fuori l’uomo e
che in lui si riverberano come destino, sviluppo dell’individualità ideale, azione
creatrice nel mondo, il farsi della storia e della realtà. Per Rudolf Steiner la conoscenza consapevole della realtà impone una nuova scienza della conoscenza
e un nuovo metodo conoscitivo a essa adeguato. Questa nuova conoscenza coinvolge totalmente l’uomo che compie l’atto conoscente.
Infatti, da questo atto conoscente egli trae e forma le strutture, corrispondenti
alla sua organizzazione complessiva (consistente in corpo anima e spirito), della
sua coscienza: chiaro pensare della veglia, sentire intuitivo del sogno, volontà
inconscia del sonno. Accanto al problema della conoscenza egli pone poi anche
quello della libertà della volontà dell’uomo nel suo agire. La via per lo svilup1 L’opera in cui più forse ha applicato questo metodo e La metamorfosi delle piante, in “Gli scritti scientifici. Morfologia I – Botanica”, Il Capitello del Sole, Venezia 1996.
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po evolutivo dell’uomo è costituita da conoscenza e da azione, che egli stesso
compie basandosi su una comprensione di sé stesso ampliata allo spirituale.
Questi temi e i relativi interrogativi non sono estranei all’architettura, in quanto essa non solo è un’attività dell’uomo che trasforma profondamente il mondo e conduce più di altre l’uomo dallo stato naturale a quello civile, ma essa
è arte e al contempo è scienza e quindi in sé congiunge pienamente le due polarità dell’esperienza umana.
In quel momento anche l’evoluzione dell’arte del costruire stava infatti vivendo la svolta decisiva che l’avrebbe segnata per la modernità.
Da un lato, infatti (l’abbiamo già ricordato), lo sviluppo vincente dell’impulso
funzionalista e razionalista si basa sulla concezione scientifica moderna della
realtà che è positivista e riduzionista, ossia deterministica e materialista. Ciò
vuol dire che per essa l’unica realtà del mondo – quella cioè concreta e che ha
valore di esistenza sicura – è quella che cade sotto la percezione dei sensi di
cui è dotato l’uomo, i quali colgono assieme alla concretezza anche la materialità della realtà così definita; questa viene afferrata, inoltre, con il pensiero
astratto logico matematico. Di questa realtà viene accolto il solo ambito meccanico, le cui caratteristiche sono acquisibili attraverso i valori di numero, peso e misura. Coerentemente con questa impostazione, l’architettura funzionalista si interessa solo, o essenzialmente, di funzioni d’uso, di attività pratiche o
riconducibili a fattori pratici, di caratteristiche fisiche della costruzione e delle
sue qualità prestazionali (igiene, luminosità, dimensioni ecc.). Ciò che è forma
e aspetto qualitativo morfologico non è più essenziale e diventa solo una conseguenza degli altri fattori, per esempio del sistema costruttivo industrializzato.
Analogamente il fattore psicologico e quello culturale dell’oggetto architettonico o spariscono dall’attenzione o vengono messi al servizio di altri obiettivi:
l’emancipazione sociale (per esempio la casa per tutti), l’ideologia politica (per
esempio l’immagine progressista del regime), lo sviluppo economico.
Capolavori come la Faguswerk ad Alfeld e la Scuola del Bauhaus a Dessau, di
Walter Gropius; gli edifici del Weissenhof a Stoccarda del 1927, la casa Schröder a Utrecht di Gerrit Rietveld; le ville di Le Corbusier (Savoye, Citroän ecc.)
il padiglione tedesco a Barcellona e le ville di Mies van der Rohe, le sue fabbriche e i suoi grattacieli, e numerose altre realizzazioni razionaliste sono gli
esempi emblematici di tale impostazione.
La ribellione a questa potente e incontrastabile tendenza, sentita emergere con
drammatica intensità da alcuni, è rappresentata agli inizi del Secolo XX da quell’insieme di esperienze e proposte che fanno capo alla corrente espressionista
(Wenzel Hablik, Hermann Finsterlin e soprattutto il primo Mendelsohn), oppure
hanno retroscena spiritualistici e di misticismo laico (la Gläserne Kette, il Zehnerring, Bruno Taut, Hans Pölzig ecc.). Dietro tali tentativi sta il riemergere dell’elemento irrazionale, delle forze inconsce dell’anima, delle forze potenti germinative, generative ma anche distruttive della natura, che non vengono affer-
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rate coscientemente ma solo sentite emotivamente, sensualmente e visionariamente agire nel mondo.
Frutto di tali fughe nel sogno e nella visione profetica sono i progetti di templi e città montane di Bruno Taut, i disegni di Finsterlin, ma anche la Jahrhundert Halle a Breslavia di Max Berg o il teatro a Berlino di Hans Pölzig, affascinanti ma inquietanti giganti architettonici ora scomparsi.
L’anelito della corrente espressionista si esaurirà e scomparirà spazzato via dalla prima guerra mondiale, riassorbito e soffocato dall’emergente razionalismo
formalista in occidente (Mies, Mendelsohn) e costruttivista nell’oriente europeo
(Tatlin e Melnikov).
I diritti e le ragioni della psiche, le urgenze degli impulsi vitali, la prorompente forza naturale sono messe da parte come componenti estranee all’azione progettuale e considerati quasi come elementi disturbanti.
Lasciando da parte, in questa breve e necessariamente incompleta disamina, la componente tradizionalista o conservatrice della cultura e dell’attività architettonica,
che ancora per decenni domineranno nella pratica costruttiva, nemmeno i pochi
focolai dell’alternativa organica hanno la possibilità di contrastare l’affermazione
dell’impulso scientista e razionalista dell’architettura. Il tedesco Hugo Häring, grande poeta della pianta organica, viene estromesso dalle cerchie di successo,2 Hans
Scharoun è troppo giovane e trasformerà il suo empito espressionista nella creatività organica solo dopo la Seconda Guerra Mondiale. Il giovane Alvar Aalto opera in una terra di confine, quella finlandese, e troverà eco internazionale solo dopo il 1945. Il grande Frank Lloyd Wright, superata a fatica la crisi professionale e
ispirativa degli anni Venti, raggiungerà esiti innovativi straordinari con le Ville
Usoniane, i centri formativi di Taliesin, le fabbriche (la Johnson di Racine) e gli
edifici pubblici della maturità, ma sarà una voce lontana d’oltre oceano e troppo
isolata per creare un contrappeso efficace alla tendenza dominante.
Una nuova architettura, che potesse rivolgersi efficacemente a tutte le esigenze
dell’uomo e del mondo moderno che si stava velocemente configurando, che
fosse allora pienamente collocata nel mondo e nella temperie culturale delle sue
problematiche sociali, economiche, pratiche e funzionali, avrebbe dovuto basarsi su principi razionali e di rigorosa scientificità, avrebbe dovuto confrontarsi e
piegare al proprio uso la tecnica moderna, allora in rapido sviluppo, ma avrebbe dovuto rivolgersi anche ad accogliere in sé e rendere nelle caratteristiche del
proprio linguaggio formale e spaziale, le qualità della vita interiore dell’uomo
con tutti i suoi valori, i suoi aneliti, le sue intuizioni, i suoi drammi e le sue
debolezze. Parimenti avrebbe dovuto sì inserirsi pienamente nel dibattito culturale e artistico dell’epoca che, abbandonati gli stili tradizionali, cercava un’espressione stimolante moderna per il sentire del tempo, ma avrebbe dovuto an2 In occasione del Primo Convegno dei CIAM nel 1928, Häring che era segretario di una delle associazioni più importanti partecipanti, il Zehnerring, venne estromesso da una manovra di Le Cobusier e Siegfried Gidion.
3 Rudolf Steiner, in qualità all’epoca di segretario generale della Società Teosofica Tedesca, organizzò il
convegno della Federazione delle società teosofiche europee a Monaco di Baviera durante la Pentecoste del 1907.
Vedi: STEINER R., Bilder Okkulter Siegel und Säulen. Der Munchener Kongress, Pfingsten 1907, und seine Auswirkungen, Rudolf
Steiner Verlag, Dornach, 1977.
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che trovare un nuovo adeguato, consonante rapporto evolutivo con il mondo
naturale, con l’origine dei processi vitali.
Né il freddo razionalismo funzionalista poteva far ciò, per il suo essere estraneo
alla vita e alla sua dimensione spirituale, né l’esagitato espressionismo, per mancanza di razionalità e di oggettività, e neppure l’organicismo individualista e naturalista, per troppo soggettivismo e troppa effusione sensitiva nei fenomeni della natura. Solo un’architettura che potesse basarsi su una chiara comprensione
dei fenomeni naturali in tutte le loro dimensioni, fisiche vitali e spirituali; su
un’attenzione consapevole ai processi dell’anima umana riconosciuti come eventi dello sviluppo della singola individualità spirituale; sull’effettivo ruolo della
modernità, con i suoi valori sociali, economici e tecnologici, come condizioni
dello sviluppo di una coscienza umana matura e responsabile – in sintesi, su una
moderna scienza dello spirito – avrebbe potuto configurarsi in spazi, forme, colori e materiali in grado di rappresentare un’adeguata risposta alle esigenze della coscienza di questo uomo moderno che stava formandosi. Questa nuova architettura, basata appunto sulle conoscenze della scienza dello spirito antroposofica e sul metodo conoscitivo e creativo goethiano è quella organica vivente.
Rudolf Steiner ne pone le basi ideali e, poi, ne sviluppa concretamente gli elementi artistici e tecnici nei primi due decenni del Novecento, appunto come evoluzione della sua precedente elaborazione di una nuova concezione della realtà, di un
nuovo metodo gnoseologico e del conseguante agire etico. L’opera principale in cui
questo fondamento viene presentato e sviluppato è Filosofia della libertà (1894).
Rudolf Steiner comincia, quindi, a pensare a una nuova architettura a partire dal
1907, quando gli si presenta, lui profano del mestiere, il compito di organizzare un
convegno a Monaco3 e di allestire i locali dove esso avrebbe dovuto avere luogo.
La soluzione che Rudolf Steiner applica è di tipo ornamentale, non ancora architettonico, ma i valori figurativi che vi compaiono portano già dei caratteri innovativi. In un ambiente rivestito di drappi rossi, vengono poste le immagini, dipinte su tavole di legno, di sette figure di colonne, dotate di capitelli, la cui forma
cambia per ognuno di essi. Si tratta della prima figurazione di quello che sarà il
principio della metamorfosi delle forme in architettura. Altri elementi decorativi presenti nella sala come immagini, che riproducono i sette sigilli dell’Apocalisse o i
busti in marmo di grandi filosofi, hanno più un valore simbolico ed esoterico che
artistico; non sono ancora piena espressione del pensiero creativo di Rudolf Steiner. Il simbolo, infatti, non è un elemento artistico della creazione moderna, in
quanto ha la caratteristica di tradurre in forme visibili contenuti concettuali o ideali. Se in passato esso ha avuto un’importanza fondamentale nell’espressione artisti-
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ca, specie in epoche dove la coscienza dell’uomo attingeva direttamente ancora ai
mondi spirituali, oggi ciò non è più. L’espressione artistica oggi non si può più affidare a simboli o allegorie, come già accennato, ma a forme che traducono direttamente l’agire dello spirito, dell’idea o anche del concetto, nella realtà visibile. Esse, quindi, devono essere traccia diretta della elaborazione che le forze spirituali
fanno della materia. Questo è il compito della nuova arte goethiana, organica vivente. Per questo motivo Rudolf Steiner sosteneva che, nelle sue opere mature, nel
Goetheanum e nelle opere successive, non si poteva trovare un solo simbolo, forme simboliche, ma esclusivamente forme artistiche autentiche, viventi.
Con gli anni successivi all’evento di Monaco, però, si sviluppa l’intrinseco germe in esso esistente e attraverso tappe intermedie giunge a elaborare gli elementi progettuali più maturi che staranno alla base del primo Goetheanum, il
capolavoro di Rudolf Steiner. Nel 1909 a Malsch, in Germania viene costruito
uno spazio ipogeo con la pianta, la volta e i profili impostati sulla geometria
delle curve di Cassini4 e recante all’interno due file di colonne di legno a tutto tondo che riproducono i motivi di quelle dipinte a Monaco. Dalle due dimensioni si passa alle tre dimensioni, ma l’architettura ha qui solo un interno
non ancora un esterno. Nel 1911 viene inaugurata la sede di un gruppo di studio della Società Teosofica a Stoccarda e nella sala interrata, anche questa a
pianta ovale (pure qui si tratta esattamente di una curva di Cassini), Rudolf Steiner colloca ancora due serie di colonne, questa volta di basalto, riproducenti i
motivi già elaborati a Monaco e a Malsch, ma leggermente stilizzati. (Figura 7)
Architettura organica vivente
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Il Goetheanum
Infine, si giunge, nel 1913, al concepimento del primo Goetheanum, pensato
dapprima a Monaco, dove era vivace l’attività della comunità che coltivava la
nuova corrente scientifica spirituale detta Antroposofia; poi in realtà costruito
a Dornach in Svizzera, perché nella città tedesca il veto della Commissione edilizia, che aveva esaminato il progetto di Rudolf Steiner, era ostacolo insuperabile alla sua realizzazione. Con il primo Goetheanum giungono a maturazione
piena tutti i motivi presenti in nuce nelle opere precedenti e altri se ne aggiungono. L’edificio è completo: una costruzione a doppia cupola (ulteriore metamorfosi della volta cassinoide), si erge in cima a una collina sopra un basamento in cemento armato, dall’andamento mistilineo. Struttura, pareti e volte
sono totalmente in legno massiccio: le superfici sono sbozzate a mano nel corpo ligneo massiccio. La copertura è costituita da tegole piane di ardesia norvegese. (Figure 8; 9 e 10 a pagina seguente)
4 Giacomo Cassini (1677-1756), astronomo e matematico appartenente a una famiglia di scienziati, astronomi e geodeti italiani, in seguito trasferitisi in Francia. Egli individuò e descrisse una famiglia di curve del quarto grado, che da lui presero il nome.