11.03.2012 Il C.G.A condanna l`Arma per ingerenza in

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11.03.2012 Il C.G.A condanna l`Arma per ingerenza in
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. xxx/12
N.
xxx
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Sicilia- ANNO 2011
na, in sede giurisdizionale, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso in appello n. xxx/xxxx proposto da
(omissis)
rappresentata e difesa dagli avv.ti (omissis);
contro
- il MINISTERO DELLA DIFESA, in persona del Ministro pro tempore, l’ARMA DEI CARABINIERI, in persona del Comandante pro
tempore, il COMANDO LEGIONE CARABINIERI “SICILIA, in
persona del Comandante pro tempore e il COMANDO PROVINCIALE CARABINIERI DI MESSINA, in persona del Comandante pro
tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura distrettuale dello Stato
di Palermo, presso i cui uffici, in via A. De Gasperi n. 81, sono ope
legis domiciliati;
per la riforma e/o l’annullamento
della sentenza del T.A.R. per la Sicilia, sezione staccata di Catania
(sezione III int.), n. xxxx/xxxx del ____________;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti l’atto di costituzione in giudizio e la memoria prodotti
nell’interesse di parte appellata;
Reg.Sent.
Reg.Ric.
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Viste le memorie prodotte in favore della ricorrente;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore il Consigliere Pietro Ciani;
Uditi alla pubblica udienza del ____________ l’avv. (omissis);
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
FATTO
Con ricorso al T.A.R. per la Sicilia, sezione di Catania la signora (omissis), maresciallo dell’Arma dei Carabinieri, contestava:
- la sanzione disciplinare di corpo del “rimprovero” inflittagli con la
nota prot. n° xxx/x-xxxx del comandante della Compagnia Carabinieri
di Messina Sud;
- nonché la decisione sul ricorso gerarchico dalla stessa presentato il _.
Esponeva che:
- presso l’aeroporto di (omissis), ove si trovava col marito, carabiniere,
era insorta una diatriba tra questi ed il personale della Polizia di Stato,
ivi in servizio, circa le modalità da adottare al fine di procedere ai prescritti controlli personali di sicurezza nell’area di imbarco;
- in conseguenza di tale contrasto, le era stata irrogata la sanzione disciplinare di cui sopra, con la seguente motivazione: “sottufficiale a
diporto ed in abiti borghesi, durante le operazioni propedeutiche
all’imbarco su vettore aereo unitamente a militare inferiore in grado,
dimostrando minore iniziativa e senso di responsabilità, assisteva passivamente ad animata discussione tra il coniugato e gli addetti preposti
al controllo dei passeggeri. L’episodio determinava l’intervento del
personale della Polstato e dell’Arma territoriale, alla presenza del qua-
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le veniva reiterata tale condotta omissiva. La vicenda, che non veniva
riferita alla scala gerarchica, arrecava nocumento all’immagine
dell’Istituzione”.
Con detto ricorso lamentava:
a) sotto un primo profilo, la genericità della contestazione di addebito,
in violazione dei principi di chiarezza, precisione e specificità imposti
dall’articolo 58 R.D.M., nonché la carenza di trasparenza (relativamente alla richiesta di relazione di servizio della Stazione Carabinieri
di omissis) ed il difetto di motivazione;
b) violazione dell’articolo 59, comma 5, del R.D.M., per la mancata
chiarezza e configurazione esatta dell’infrazione commessa, nonché
dell’art. 21, comma 1, Cost., “… perché si è data rilevanza disciplinare
ad opinioni liberamente espresse a tutela di altro diritto costituzionale
garantito dall’articolo 13 della Carta”;
c) la sanzione irrogata, infine, sarebbe stata sproporzionata ed irragionevole, in quanto la ricorrente veniva punita “per la rimproverata omissione (???? quale ????) nei confronti del marito, senza indagare se
una qualche azione fosse avvenuta, in che forme ed in che termini
….”. Salvo a volere “… pretendere di intervenire sui rapporti tra marito e moglie, assumendo che la gerarchia militare viga all'interno della
vita di coppia”.
Il T.A.R. adito, con sentenza resa in forma semplificata ex artt.
60 e 74 cod. proc. amm., respingeva il ricorso, ritenendo “che la ricorrente, n.q., avrebbe avuto il dovere di farsi parte attiva per calmare gli
animi e rendere meno appariscente l’episodio agli occhi dei molti cit-
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tadini presenti al diverbio insorto tra il di lei marito ed il personale
della Polizia di Stato”.
Con l’appello in epigrafe, la predetta (omissis) ha impugnato
detta decisione, deducendo:
1) “ingiustizia ed illegittimità della sentenza impugnata per non aver
apprezzato i vizi del provvedimento disciplinare impugnato.
Difetto di istruttoria e di motivazione, Omissione di pronuncia.
Illegittimità del provvedimento disciplinare impugnato in primo grado
per violazione di legge, eccesso di potere per contraddittorietà manifesta, travisamento dei fatti e difetto d’istruttoria e di motivazione, inadeguatezza ed inopportunità del provvedimento. Violazione e falsa
applicazione degli artt. 52 e 58 RDM. Eccesso di potere per manifesta
irragionevolezza o illogicità delle scelta. Ingiustizia manifesta. Violazione del principio del contraddittorio che assiste ogni procedimento
amministrativo ex lege n. 241 del 1990 e art. 41 Carta di Nizza diritti
fondamentali UE e art. 6 Trattato UE (a seguito di Lisbona), che riguarda anche il rapporto di pubblico impiego non privatizzato in applicazione del dovere di correttezza che incombe sulla Pubblica amministrazione datore di lavoro. Violazione e falsa applicazione dei
principi costituzionali di imparzialità e buon andamento della Pubblica
amministrazione. Sviamento di potere.
Provvedimento disciplinare adottato in violazione degli articoli 2, 3,
21, comma 1°, 24, 52 e 97 della Costituzione; 3, 5, 9, 15, 20 e 23 della
legge n. 382 del 1978; 2, 8, 12, 21, 28, 57, 58, 59, 60 del D.P.R. n. 545
del 1986; 1, comma 2, della legge n. 331 del 2000; 1 e 3 della legge n.
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241 del 1990 e 4 del Decreto del Ministro della Difesa n. 690 del
1996; circolare del Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri – I
Reparto – SM – Ufficio Personale Ufficiali n. 78/167-1949 datata 12
ottobre 1990; circolare del Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri – I Reparto- SM – Ufficio Personale Ufficiali n. 78/298-1949
data 8 luglio 1997; circolare Direzione generale per il Personale Militare, 30 maggio 2001, prot. n. DGPM/III/7/6681.
Violazione e falsa applicazione artt. 10, comma 2, 13, 14 e 52, comma
5, lett. b, RDM. Difetto di istruttoria e travisamento dei fatti. Ingiustizia manifesta. Sproporzionatezza. Irragionevolezza”.
La ricorrente, con i suddetti motivi di impugnazione, ha sostanzialmente eccepito che il Giudice di prime cure, da un lato, non avrebbe considerato che: “Ciò che riguarda le dinamiche interne del nucleo
familiare non può avere rilevanza esterna e non può investire la disciplina militare”, e, dall’altro, avrebbe anche erroneamente “insistito sul
fatto che la omissis, nella qualità, avrebbe dovuto sconfessare e rimproverare il marito in pubblico”;
2) “illegittimità ed ingiustizia della decisione per non aver apprezzato
la nullità/illegittimità della decisione adottata sul ricorso gerarchico
per illegittimità derivata e per omissione di motivazione”.
La sentenza impugnata non avrebbe neppure considerato che la
decisione sul ricorso gerarchico è stata del tutto immotivata.
I vizi del provvedimento disciplinare si sarebbero riverberati
sulla decisione del ricorso gerarchico, producendone l’illegittimità.
Conclusivamente, la ricorrente ha chiesto di accogliere
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l’appello ed, in riforma dell’impugnata sentenza, annullare gli atti gravati in prime cure, con vittoria di spese e compensi.
Con successiva memoria, ha lamentato che, con il provvedimento disciplinare impugnato, l’Amministrazione ha sostanzialmente
preteso che essa, quale maresciallo, avrebbe dovuto esercitare il suo
potere gerarchico nei confronti del marito, carabiniere, anche nei rapporti domestici ed in pubblico, come nella circostanza in argomento, e
ciò in violazione delle norme costituzionali, Cedu e della Carta europea a tutela dei diritti fondamentali dell’uomo.
Con note di replica l’Amministrazione intimata ha rilevato che i
rapporti familiari e di coniugio, sui quali la ricorrente avrebbe insistito
in quanto valori costituzionalmente tutelati, non sarebbero rilevanti ai
fini dell’istruttoria disciplinare, né potrebbero concretamente interferire sulle violazioni ai doveri di sottufficiale appartenente all’Arma, che
l’Amministrazione ha contestato.
La ricorrente avrebbe avuto, nel caso di specie, l’obbligo di attivarsi per evitare che determinati comportamenti incidessero in qualche misura sul decoro dell’Arma.
Con ulteriore memoria la ricorrente ha ribadito che il profilo
rilevante della vicenda concerne la pretesa dell’Arma di intervenire
nella sfera dei rapporti coniugali in violazione della tutela assicurata a
tale ambito dalla Costituzione e dalla Carta dei diritti fondamentali
dell’U.E..
Alla pubblica udienza del __________ la causa è stata trattenuta in decisione.
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DIRITTO
L’appello è fondato.
Pare utile richiamare gli aspetti salienti della “diatriba” suddetta
al fine di individuare gli eventuali elementi di responsabilità addebitabili alla omissis nella circostanza.
Dalla relazione di servizio redatta in data ______ dal sovrintendente capo della Polizia di Stato, (omissis), si evince che la omissis
viene citata solamente perché era in compagnia del carabiniere (omissis), suo marito. Alla stessa non vengono attribuiti specifici, e neppure
generici, atteggiamenti biasimevoli.
Di contro, dalla relazione di servizio redatta in data ______ dalla pattuglia dei carabinieri intervenuti sul posto, a richiesta del carabiniere (omissis), risulta inequivocabilmente che la (omissis) “non aveva
avuto nessuna rimostranza, mantenendo invero un comportamento
consono e tranquillo”.
In relazione a detta vicenda, la (omissis), con riferimento al suo
comportamento, è stata punita perché, “dimostrando minore iniziativa
e senso di responsabilità, assisteva passivamente ad animata discussione tra il coniugato e gli addetti preposti al controllo dei passeggeri”
e per avere reiterato “tale condotta omissiva” alla presenza del personale della Polstato e dell’Arma territoriale intervenuta successivamente. Infine, veniva ritenuta responsabile di non aver riferito la vicenda
alla scala gerarchica, vicenda che “arrecava nocumento all’immagine
dell’Istituzione”.
Orbene, come osservato puntualmente dalle parti, che ovvia-
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mente giungono a conclusioni opposte, va verificato se un sottufficiale
abbia nei confronti del coniuge, subordinato in grado, l’obbligo di attivarsi per evitare che determinati comportamenti possano in qualche
modo incidere sul decoro dell’Arma.
Innanzitutto va escluso che la vicenda in argomento possa in
qualche modo essere inquadrata alla stregua di un episodio di servizio in cui i suddetti coniugi siano intervenuti nella loro qualità,
nel qual caso, indubbiamente, gli obblighi derivanti dal grado più elevato della (omissis) rispetto al marito andavano assolti nei termini
stigmatizzati dalla superiore gerarchia.
Nel caso di specie, il Collegio ritiene, invece, che il comportamento della (omissis) sia da considerare unicamente nell’ambito
dei rapporti di coniugio con il carabiniere (omissis), a nulla rilevando il fatto che la stessa fosse anche sottufficiale dell’Arma.
Non pare, pertanto, che il comportamento della (omissis), asseritamente omissivo nella circostanza, possa essere considerato passibile di sanzione disciplinare.
Diversamente
opinando,
si
ammetterebbe
che
l’Amministra-zione possa intervenire nella sfera dei rapporti coniugali, allorché essi si svolgano al di fuori dell’attività di servizio,
in violazione delle norme costituzionali e di rango sovranazionale
poste a tutela dei diritti fondamentali dell’uomo e della famiglia.
Conseguentemente, essa non aveva alcun obbligo di riferire la
vicenda alla scala gerarchica ed, infine, per quanto riguarda il decoro
dell’Arma, inciso nella circostanza, va rilevato che l’Amministrazione
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ha già proceduto nei confronti dell’unico responsabile.
Il comportamento del carabiniere (omissis), infatti, è stato stigmatizzato, disciplinarmente, con sanzione divenuta definitiva.
Ritiene il Collegio che ogni altro motivo od eccezione di rito e
di merito possa essere assorbito in quanto ininfluente ed irrilevante ai
fini della presente decisione.
Conclusivamente, l’appello è fondato e, pertanto, va accolto.
Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da
dispositivo.
P. Q. M.
Il Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione siciliana, in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando, accoglie
l’appello in epigrafe, e per l’effetto annulla la sanzione disciplinare
impugnata in primo grado.
Condanna parte appellata al pagamento delle spese del doppio
grado di giudizio, determinate in € 5.000,00 (cinquemila), in favore
della ricorrente.
Ordina che la presente sentenza venga eseguita dall’Autorità
amministrativa.
Così deciso in Palermo, dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, nella camera di
consiglio del ________, con l’intervento dei signori: Paolo Turco, Presidente, Guido Salemi, Ermanno de Francisco, Pietro Ciani, estensore,
Alessandro Corbino, componenti.
F.to Paolo Turco, Presidente
F.to Pietro Ciani, Estensore
Depositata in Segreteria
29 febbraio 2012