Polizia Locale Roma Capitale

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Polizia Locale Roma Capitale
Sede Legale: Via Ariosto, 3 00185 Roma
P.I. 04735671002
Igiene Urbana Veterinaria: la tutela degli animali d’affezione e
il randagismo
Nel 2004 è stata emanata la Legge n. 189 “Disposizioni concernenti il divieto di maltrattamento
degli animali, nonché di impiego degli stessi in combattimenti clandestini o competizioni non
autorizzate”. Tale norma affronta il problema del maltrattamento rifacendosi ad articoli del codice
penale: vieta l’uccisione di animali, i combattimenti tra animali, l’utilizzo di cani e gatti per la
produzione di pelli e pellicce, l’utilizzo di animali in spettacoli e manifestazioni che provochino
strazio o sevizie.
All’art. 6 (Vigilanza) stabilisce che il Ministro dell’interno, sentiti il Ministro delle politiche agricole
e forestali e il Ministro della salute, debba emanare un decreto al fine di prevenire e contrastare i
reati previsti dalla presente legge, in cui vengano stabilite le modalità di coordinamento dell’attività
della Polizia di Stato, dell’Arma dei carabinieri, del Corpo della guardia di finanza, del Corpo
forestale dello Stato e dei. Corpi di polizia municipale e provinciale.
Il 23 marzo 2007 il MINISTERO DELL'INTERNO ha emanato il DECRETO
Individuazione delle modalità di coordinamento delle attività delle Forze di polizia e dei Corpi di
polizia municipale e provinciale, allo scopo di prevenire e contrastare gli illeciti penali commessi nei
confronti di animali.
All’art. 1 prevede che le attività di prevenzione dei reati di cui alla legge 20 luglio 2004, n. 189 siano
demandate in via prioritaria al Corpo forestale dello Stato e, nell’ambito territoriale dell’ente di
appartenenza ed in quello funzionale dei rispettivi ordinamenti ed attribuzioni, ai Corpi di polizia
municipale e provinciale, ferme restando comunque le funzioni di polizia giudiziaria che la legge
rimette a ciascuna Forza di polizia.
Le normative che tutelano gli animali sono: internazionali, comunitarie, nazionali, regionali e
comunali (Regolamento del Comune di Roma sulla tutela degli animali).
La Dichiarazione Universale Diritti Animali (15 ottobre 1978) rappresenta il primo provvedimento
internazionale che educa al rispetto di ogni forma di vita ed al quale ha fatto seguito l’emanazione di
una serie di atti normativi di tutela dei diritti degli animali
Proclama principi fondamentali: tutti gli animali sono uguali davanti alla vita e hanno gli stessi diritti
all’esistenza. Sancisce il loro diritto alla vita, al rispetto, alla protezione da parte dell’uomo, a non
essere maltrattati, il diritto ad avere una durata della vita conforme alla naturale longevità.
Considera l’abbandono è un atto crudele e degradante e costituisce un impegno di responsabilità
dell’uomo verso gli animali.
La Convenzione Europea per la protezione degli animali da Compagnia (Strasburgo, 13-XI-1987)
sancisce principi fondamentali per il benessere animale:
Nessuno deve causare inutili sofferenze o dolori ad un animale da compagnia;
È proibito abbandonare un animale da compagnia;
Nessun animale deve essere addestrato con metodi che possono compromettere la salute e il
benessere;
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Vieta gli interventi chirurgici (Articolo 10)
Affronta il problema del randagismo:
■ prevede l’ obbligo di identificazione degli animali abbinato alla registrazione;
■ stabilisce la necessità del controllo nascite - sterilizzazione (Art. 12 misure complementari
riduzione numero randagi)
Il Trattato di Lisbona (13 dicembre 2007) rappresenta il risultato di un lungo percorso culturale e
legislativo avviato in Europa negli anni ’70
All’ art. 13 – considera gli animali come “esseri senzienti” (sente, percepisce, dotato di sensi e
sensibilità)
[….] Impegna gli Stati Membri a garantire maggiore protezione e rispetto del benessere degli animali
in quanto esseri senzienti. Il rispetto va oltre le loro esigenze fisiologiche ed etologiche,
comprendendo una dimensione morale, destinatari quindi di doveri da parte dell’uomo per garantire
loro le migliori condizioni di vita possibile.
La Legge 4 novembre 2010, n° 201
Ratifica la Convenzione Europea per la protezione degli animali da Compagnia (Strasburgo, 1311-1987)
Articolo 10:
1 Gli interventi chirurgici destinati a modificare l’aspetto di un animale da compagnia, o finalizzati
ad altri scopi non curativi debbono essere vietati, in particolare:
a) il taglio della coda;
b) il taglio delle orecchie;
c) la recisione delle corde vocali;
d) l’esportazione delle unghie e dei denti.
2. Saranno autorizzate eccezioni a tale divieto solamente:
a) se un medico veterinario considera un intervento non curativo necessario sia per ragioni di
medicina veterinaria, sia nell’interesse di un determinato animale.
b) per impedire la riproduzione.
 Si precisa che il Ministero della Salute nella Nota DGSAF 0000766-P-17/01/2012 stabilisce
che per identificare i gatti delle colonie feline va effettuata l’apicectomia auricolare con il
soggetto in anestesia profonda, dopo la sterilizzazione, asportando la punta del padiglione fino
a 7 millimetri dall’estremità della pinna stessa.
 Si ricorda che il Ministro della Salute Ferruccio Fazio nella Nota Prot. 4902-16/03/2011DGSA-P ha dichiarato che fra le eccezioni al divieto di caudotomia sono inclusi anche i cani
impegnati in attività venatorie, nell’interesse dell’animale. Nella fattispecie, egli ha precisato
che, eccezionalmente, sussiste la possibilità, di effettuare interventi chirurgici non curativi ma
ritenuti necessari sia per ragioni di medicina veterinaria che nell’interesse dell’animale. Tali
motivazioni devono essere rilevate da un medico veterinario, il quale, pertanto, se ne assume la
piena responsabilità.
Tali attività vengono svolte in particolari condizioni ambientali, con fitta vegetazione e,
comportando un elevato impegno motorio, espongono il cane a un maggiore rischio di fratture,
ferite e lacerazioni della coda, che si ripercuotono sullo stato di salute e sul benessere
dell’animale. Inoltre, è stato anche precisato che qualora l’intervento chirurgico venisse
praticato a scopo terapeutico nel cane adulto, tale intervento non sarebbe esente da maggiori
rischi per l’animale a causa della più intensa invasività e dell’impatto sul benessere psicofisico
dell’animale.
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Pertanto, il medico veterinario, sarebbe autorizzato ad effettuare la caudotomia a scopo
preventivo sui cani impegnati in tali attività, attenendosi alle adeguate pratiche veterinarie,
effettuando l’intervento entro la prima settimana di vita del cane, utilizzando l’anestesia e
rilasciando un certificato in cui siano spiegate le motivazioni di tale intervento.
La responsabilità del proprietario di animali sotto il profilo penaleè disciplinata dall’art. 672 c.p. che
prevede che chiunque lasci libero o non custodisca con le debite cautele animali pericolosi da lui
posseduti o ne affidi la custodia a persona inesperta sia perseguibile per omessa custodia e
malgoverno di animali.
Per tale illecito è prevista una sanzione pecuniaria amministrativa da 25 a 258 euro.
Ai fini della sanzione penale conta l’omessa vigilanza di chi detiene un potere “di fatto” sul cane: è
quanto emerge dalla sentenza 8875/11, emessa dalla quarta sezione penale. Secondo i giudici per
integrare la contravvenzione ex articolo 672 Cp non rileva la “proprietà” del cane in senso civilistico.
La norma del Codice, infatti, è dettata per proteggere l’incolumità pubblica: la sanzione penale scatta
dunque anche per il detentore che ne ha la responsabilità. (Cass. Sez III Civ n. 16809/1908)
REGOLAMENTO COMUNE DI ROMA SULLA TUTELA DEGLI ANIMALI
• Vieta la detenzione di animali in isolamento, privati dei necessari contatti sociali intraspecifici
ed interspecifici, tipici della loro specie
• Vieta la detenzione di animali confinati in terrazze o balconi, cortili, rimesse, box o cantine per
periodi di tempo ed in spazi comunque non compatibili con il loro benessere psicofisico.
• Vieta di mettere in atto qualsiasi maltrattamento o comportamento lesivo nei confronti degli
animali.
• Vieta la separazione dei cuccioli dalla madre prima dei 60 giorni.
• Vieta la detenzione in gabbia ad eccezione di casi di trasporto e di ricovero per cure
• Vieta l’uso di animali per la pratica dell’accattonaggio
• Vieta di lasciare i cani chiusi in autoveicolo al sole dal mese di aprile al mese di ottobre
compreso
• Vieta la vendita, la detenzione e l’uso di collari che provochino scosse elettriche e di collari a
punte; vieta l’uso di collari a strangolo, salvo deroghe certificate dal medico veterinario
• Vieta la detenzione dei cani legati o a catena: è permesso tenere i cani ad una catena di almeno
6 metri
Prevede la detenzione di cani in recinto la cui superficie non dovrà essere inferiore a 20 metri quadrati.
Prevede la detenzione di cani in box di almeno 9 m2
Obbliga il proprietario a consentire al cane, ogni giorno, l’opportuna attività motoria, tranne nel caso
in cui è detenuto in un recinto con la superficie superiore a 160 metri quadrati.
In questo caso deve avere una cuccia adeguata alle dimensioni dell’animale.
Nelle pubbliche vie e nei luoghi aperti frequentati dal pubblico prevede l’ obbligo di condurre i cani
con guinzaglio o museruola. Se sono aggressivi i cani devono avere entrambi.
 Tuttavia, va precisato che l’O.M. 28 agosto 2014 concernente la tutela dell’incolumità
pubblica dall’aggressione dei cani non lascia l’opzione al proprietario del cane e lo obbliga a
detenere il proprio cane SEMPRE con il guinzaglio lungo fino ad un massimo di m 1,5 e ad
avere con sé una museruola, rigida o morbida, da applicare in caso di necessità e a richiesta
delle forze dell’ordine.
Il Regolamento comunale prevede la concessione di temporanei esoneri possono all’obbligo della
museruola per i cani con particolari condizioni anatomiche, fisiologiche o patologiche, su
certificazione veterinaria.
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Stabilisce che i cani possano essere tenuti senza guinzaglio e senza museruola: entro i limiti dei luoghi
privati purché non aperti al pubblico, recintati, in modo da non consentire l’uscita sul luogo pubblico;
come anche nelle aree appositamente attrezzate e individuate mediante appositi cartelli, sotto la
responsabilità del proprietario e del detentore.
Nei giardini i cani non possono accedere nel raggio di 100 metri dalle aree destinate e attrezzate ad
aree giochi per bambini.
Invece possono accedere, con guinzaglio e museruola, nei cimiteri, accompagnati dal proprietario o da
altro detentore.
Prevede che i cani possano accedere, con guinzaglio o museruola, accompagnati dal proprietario o
detentore, a tutte le aree pubbliche, compresi giardini e parchi. (Si ricorda che l’O.M. 28/08/14 non
lascia l’opzione al proprietario).
Secondo il Regolamento comunlale negli esercizi pubblici i cani possono accedere con guinzaglio e
museruola (non devono sporcare né disturbare), a meno che non venga espressamente richiesto e
comunicato all’Ufficio competente per la tutela ed il benessere degli animali di non ammetterli
all’interno del proprio esercizio.
I cani, per i bisogni fisiologici, devono essere condotti negli spazi di terra in prossimità di alberi, negli
spazi verdi ed in prossimità degli scolatoi a margine dei marciapiedi. In ogni caso i proprietari o
detentori sono tenuti alla raccolta delle feci emesse dai loro animali anche nelle aree attrezzate dei
parchi pubblici.
Il Regolamento del Comune di Roma vieta di abbandonare qualsiasi tipo di animale, sia domestico
che selvatico, in qualunque parte del territorio comunale.
DELIBERA GIUNTA REGIONALE N. 866 DEL 18 DICEMBRE 2006
Oggetto: Recepimento “Accordo Stato-Regioni sulle disposizioni in materia di benessere degli
animali da compagnia e pet-therapy del 6 febbraio 2003”.
All’art. 2 stabilisce che chiunque convive con un animale da compagnia o ha accettato di
occuparsene, è responsabile della sua salute e del suo benessere, quindi deve provvedere alla sua
sistemazione e fornirgli adeguate cure ed attenzione, tenendo conto dei suoi bisogni fisiologici ed
etologici secondo l’età, il sesso, la specie e la razza ed in particolare deve:
a) rifornirlo di cibo e di acqua in quantità sufficiente e con tempistica adeguata;
b) assicurargli le necessarie cure sanitarie ed un adeguato livello di benessere fisico e etologico;
c) consentirgli un’adeguata possibilità di esercizio fisico;
d) prendere ogni possibile precauzione per impedirne la fuga ed il vagabondaggio;
e) garantire la tutela di terzi da aggressioni e danni;
f) assicurare la regolare pulizia degli spazi di dimora degli animali che, se si tratta di box, devono
rispettare le misure previste dal successivo art. 5 comma B e comma D del presente Recepimento.
Secondo tale DRG si intende per “allevamento di cani e gatti”: la detenzione di cani e di gatti, anche
a fini commerciali, in numero pari o superiore a 5 fattrici o la produzione di 30 cuccioli per anno.
Nel caso di detenzione di razze e loro incroci incluse nella L.R. 33/03, si intende per allevamento il
possesso o la detenzione di 5 cani potenziali riproduttori.
Se sono detenute cinque o più femmine non sterilizzate si parla di allevamento di cani: in questo caso
vanno considerati i requisiti strutturali dei box.
Innanzitutto va considerata l’ubicazione: vanno rispettate le distanze minime dall’abitato ed
all’impatto acustico.
La dimensione dei box deve essere di minimo 8 mq per cane, con un’altezza variabile da un minimo
di metri 1,80 ad un massimo di metri 2,70, un terzo (1/3) di tale superficie deve essere coperto e
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coibentato, chiuso su almeno tre lati, ed accessibile per le operazioni di pulizia, lavaggio,
disinfezione e disinfestazione.
Nella costruzione delle pareti della rimanente parte dei box deve essere inoltre utilizzato materiale che
impedisca il contatto fisico e la possibilità di aggressioni reciproche fino ad un’altezza minima di 1,5
m. Un terzo (1/3) deve essere sempre predisposto per offrire protezione dai raggi solari (obbligatoria
nella stagione estiva). Un terzo (1/3) deve essere scoperto.
Per box con più cani si applicano i multipli di 6 mq per animale.
Per cagne con prole fino allo svezzamento, le dimensioni minime del box sono pari a 8 mq.
La pavimentazione, con adeguata pendenza verso una rete di scarico, deve essere collegata ad un
idoneo impianto di smaltimento delle acque reflue per consentire al meglio le pulizie giornaliere; il
pavimento e le pareti devono essere lavabili, impermeabili, disinfettabili e disinfestabili.
Ogni box deve essere dotato di idonea attrezzatura per l’alimentazione e l’ abbeveraggio,
quest’ultimo possibilmente automatico.
L’allevamento deve disporre di idonea area di sgambamento al fine di garantire ulteriormente il
benessere degli animali.
Nel caso di allevamento di gatti, vanno rispettati i requisiti strutturali previsti per i box e vanno
considerate le distanze minime dall’abitato ed all’impatto acustico.
La superficie minima del box deve essere di 3 metri quadrati, h variabile da un minimo mt 1,80 ad un
max mt 2,70 chiusa anche nella parte superiore e comunque tale da impedire la fuga degli animali e le
aggressioni tra gatti in box contigui ed una superficie luminosa non inferiore al 10%.
Un terzo della superficie del box, destinato alla zona riposo e per appartarsi, deve essere coperto e
chiuso su almeno tre lati, coibentato, accessibile per le operazioni di pulizia, lavaggio, disinfezione,
disinfestazione o l’eventuale zona esterna deve essere predisposta per offrire protezione dai raggi
solari (obbligatoria nel periodo estivo).
Per box con più gatti si applicano multipli di 2,5 mq.
L’allevamento deve essere dotato di un’area di svago e socializzazione.
La superficie totale del box deve essere dotata di mensole poste a diverse altezze ed ulteriori arredi
per favorire la ginnastica funzionale ed il gioco dell'animale ospite e fornita di oggetti adatti alla
limatura degli artigli.
La cassetta per le deiezioni deve essere asportabile dall’esterno e, se all’ aperto, riparata dalla
pioggia, lontano comunque dalle ciotole per il cibo e l’acqua.
La pavimentazione, con adeguata pendenza verso una rete di scarico, deve essere collegata ad un
idoneo impianto di smaltimento delle acque reflue per consentire al meglio le pulizie giornaliere; il
pavimento e le pareti devono essere lavabili, impermeabili, disinfettabili e disinfestabili.
Ogni box deve essere dotato di idonea attrezzatura per l’alimentazione e l’abbeveraggio, quest'ultimo
possibilmente automatico.
La DGR 866/2006 stabilisce anche i requisiti dei negozi che vendono animali vivi.
E' vietata l’esposizione di animali in vetrina esterna.
La permanenza degli animali nell’esercizio non può prolungarsi per più di 30 giorni. Il titolare
dell’attività deve avere un registro di carico e scarico.
Deve essere individuato un Medico Veterinario iscritto all’Albo responsabile della rivendita, che
comunica al Servizio Veterinario dell’Azienda USL l’accettazione di tale incarico.
L’art. 5 prevede che “per le attività di rivendita, centri di importazione, pensione, allevamento e
toelettatura degli animali da compagnia, sia necessaria l’autorizzazione di cui all’articolo 24 del
D.P.R. 8 febbraio 1954, n. 320”, tuttavia ai sensi dell’art. 19 Legge 241/90 e successive modifiche e
integrazioni è previsto che “ogni atto di autorizzazione, licenza, concessione non costitutiva,
permesso o nulla osta comunque denominato, comprese le domande per le iscrizioni in albi o ruoli
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richieste per l’esercizio di attività imprenditoriale, commerciale o artigianale il cui rilascio dipenda
esclusivamente dall’accertamento di requisiti e presupposti richiesti dalla legge o da atti
amministrativi a contenuto generale, e non sia previsto alcun limite o contingente complessivo o
specifici strumenti di programmazione settoriale per il rilascio degli atti stessi, sia sostituito da una
segnalazione dell’interessato...”: SCIA
La DGR 866/2006 stabilisce che i negozi debbano avere le pareti e il pavimento facilmente lavabili e
disinfettabili; aerazione, illuminazione e temperatura adeguate alle specie ospitate; che debba essere
garantita la continua disponibilità di acqua e che i cani ed i gatti debbano avere a disposizione una
superficie minima di 1 mq fino a 10 kg di peso e di 1,5 mq oltre i 10 kg di peso e comunque idonea
alle esigenze fisiologiche dell’animale.
Tali misure si intendono estese anche alle manifestazioni (fiere e mercati) in cui vi è vendita ed
esposizione di animali. Gli spazi devono essere riparati dalle intemperie e provvisti di acqua.
In detta DGR è previsto che la Regione Lazio, avvalendosi dei Servizi Veterinari delle Aziende
Sanitarie Locali, promuova ed attui corsi di formazione e/o di aggiornamento sul benessere animale
rivolti ai medici veterinari, al personale di vigilanza, alle associazioni di volontariato, ai proprietari di
animali e alle categorie professionali interessate.
Ogni esercente dovrà rilasciare al nuovo proprietario:
– un certificato veterinario di buona salute redatto non più tardi delle 48 ore
antecedenti la vendita dell’animale;
– la documentazione di scorta dell’animale (iscrizione in anagrafe canina o Passaporto
europeo);
– una copia di pubblicazione sulle necessità etologiche dell’animale in questione;
– Informazioni scritte sugli obblighi di legge e regolamenti.
Conferenza Stato Regioni del 24 gennaio 2013 (deve essere RECEPITA dalla Regione Lazio) e Nota
Ministero della Salute n. prot. DGSAF 0016240-31/07/2014
Stabilisce:
1. che il proprietario o detentore di un gatto, su base volontaria, faccia identificare l’animale
entro il secondo mese di vita mediante l’applicazione del microchip;
2. che i gatti delle colonie feline vengano identificati al momento della sterilizzazione e registrati
in Anagrafe regionale a nome del Comune competente per territorio;
3. il divieto di vendita e cessione, a qualsiasi titolo, di cani e gatti non identificati e registrati
nonché di cani e gatti di età inferiore ai due mesi.
Se invece viene adottato un animale randagio, ai sensi della Legge 281/91 e L.R. 34/97 c’è l’obbligo
di sterilizzazione.
La Legge quadro 281/1991 prevede che i cani vaganti non identificati catturati, nonché i cani ospitati
presso i canili, se non reclamati entro il termine di sessanta giorni possano essere ceduti a privati che
diano garanzie di buon trattamento o ad associazioni protezioniste, previo trattamento profilattico
contro la rabbia, l’echinococcosi e altre malattie trasmissibili. Tuttavia in caso di adozione, va però
precisato che l’assegnazione della piena proprietà del cane è sottoposta alla condizione risolutiva che
non venga eseguita la rivendicazione dal precedente proprietario entro il termine tassativo di un anno
come previsto dall’articolo 929 del Codice Civile.
La Legge 281/91 e la L.R. 34/97 stabiliscono i compiti dei Comuni e dei Servizi Veterinari delle ASL.
Il Comune deve predisporre i servizi per la custodia dei cani vaganti (che devono essere accalappiati
ad opera del Servizio Veterinario della ASL), se non ha un canile proprio, dovrà stipulare una
convenzione con un altro canile autorizzato.
La ASL cura l’assistenza zooiatrica ed è responsabile della vigilanza sulle strutture, sulle condizioni
igienico sanitarie e degli animali ricoverati.
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Prevedono l’istituzione dell’Anagrafe canina gestita dai Comuni o dalle ASL per identificare tutti i
cani, mediante l’impianto di un microchip sottocute, la contestuale registrazione nella banca dati
regionale e l’assegnazione di un proprietario ad ogni cane (se randagio sarà il Comune di
appartenenza).
Il microchip è obbligatorio soltanto per i cani.
Deve essere introdotto (dal veterinario della ASL o dal libero professionista accreditato) entro 60
giorni dalla nascita o 30 giorni dal possesso (in questo caso è necessaria un’autocertificazione del
proprietario che attesti la provenienza dell’animale).
VIOLAZIONE € 51,65 per la mancata iscrizione
Ogni variazione va prontamente segnalata al Servizio Veterinario della ASL (la morte e lo smarimento
entro 5 giorni, il cambio di residenza e la cessione entro 15 giorni) che provvede all’aggiornamento
dei dati presenti nell’anagrafe (DGR 920/2006).
Nel caso di VARIAZIONE di PROPRIETA’ il modulo “Denuncia di Variazione art. 14 L.R.34/97”
deve essere presentato dal nuovo proprietario, entro 15 giorni, al Servizio Veterinario competente
per territorio, che provvede ad aggiornare l’Anagrafe Canina.
VIOLAZIONE € 309,87 per la mancata denuncia di variazione nei tempi stabiliti
Legge 4 novembre 2010, n° 201
ratifica la Convenzione Europea per la protezione degli animali da Compagnia (Strasburgo, 13XI-1987)
Reato di traffico illecito di cani e gatti:
Chiunque introduce nel territorio nazionale animali privi di sistemi di identificazione individuale e
delle necessarie certificazioni sanitarie e non muniti di Passaporto individuale, è punito con la
reclusione da tre mesi ad un anno e con la multa da euro 3.000 a euro 15.000.
E’ prevista la confisca dell’animale, salvo che appartenga a persona estranea al reato.
Prevede la sospensione da tre mesi a tre anni dell’attività di trasporto, di commercio o di allevamento
degli animali e in caso di recidiva è disposta l’interdizione dall’esercizio delle attività medesime.
Codice della Strada
L’articolo 169 del Codice della Strada consente di tenere libero in automobile un solo cane, a patto
che stia sul sedile posteriore; è vietato il trasporto di animali domestici in numero superiore a uno e
comunque in condizioni da costituire impedimento o pericolo per la guida.
E’ consentito il trasporto di soli animali domestici, anche in numero superiore, purché custoditi in
apposita gabbia o contenitori, o nel vano posteriore al posto di guida appositamente diviso da rete o
altro analogo mezzo idoneo che, se istallato in via permanente, deve essere autorizzato dal competente
ufficio provinciale della Direzione generale della Motorizzazione Civile Trasporti in Concessione.
Sui mezzi a due ruote (moto, bici) l’articolo 170 del Codice della Strada consente il trasporto di
animali purché custoditi in apposita gabbia o contenitore che non impedisca o limiti la visibilità del
conducente.
Il trasporto su autobus, trenini e metropolitane per i cani di media taglia è consentito se muniti di
guinzaglio e museruola a paniere a patto che non arrechino fastidio e non ingombrino i passaggi e le
porte, mentre quelli di piccola taglia e i gatti, possono viaggiare nel trasportino le cui dimensioni non
devono essere superiori a 80x45x25 cm.
Sono ammessi al trasporto, previo pagamento del biglietto a tariffa ordinaria, al massimo due cani per
vettura e l’accesso è consentito nella parte posteriore del mezzo. Sono ammessi al trasporto gratuito
soltanto i cani guida in accompagnamento a non vedenti.
Cani e gatti possono anche viaggiare in taxi, ma bisogna avvertire la compagnia dei taxi per telefono
della presenza dell’animale perché il tassista può rifiutarsi di effettuare la corsa.
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L.R. Lazio 33/2003 “Norme in materia di cani da presa, molossoidi e loro incroci”
Articolo 1 (Registro speciale)
1. In ogni ASL presso gli uffici competenti alla tenuta dell’anagrafe del cane è istituito un
registro speciale al quale devono essere iscritti i cani appartenenti alle seguenti razze:
• pitbull,
• staffordshire terrier,
• staffordshire bull terrier,
• bullmastiff, dogo argentino,
• dogue de Bordeaux,
• fila brasileiro,
• cane corso e loro incroci
Sanzione per omessa registrazione: € 1.549,37 ed il proprietario è tenuto ad iscrivere immediatamente
l’animale al registro.
2. Al registro di cui al comma 1 devono essere iscritti anche i cani che abbiano morso o
commesso aggressioni nei confronti di persone tali da provocare lesioni e tali da richiedere
intervento sanitario, medico o chirurgico.
L’iscrizione al registro deve avvenire entro sessanta giorni dalla nascita e, comunque entro quindici
giorni dall’acquisizione del possesso o della detenzione.
Sono esclusi dall’obbligo dell’iscrizione al registro i cani che hanno commesso aggressioni per
esservi stati costretti dalla necessità di difendere la proprietà privata, ovvero dalla necessità di
difendere il proprietario o il detentore contro il pericolo attuale di una offesa ingiusta.
Articolo 3 (Obblighi dei proprietari e dei medici veterinari)
1. I cani appartenenti alle razze di cui all’articolo 1, comma 1, devono essere sottoposti ogni
dodici mesi a visita veterinaria presso i servizi veterinari delle aziende USL competenti per
territorio.
La sanzione per aver non aver sottoposto i propri animali alla visita prevede il pagamento di una
somma compresa tra un minimo di euro 129,11 e un massimo di euro 774,68.
2. Qualora nel corso delle visite venga accertato che l’animale presenta segni di lotta, i servizi
veterinari delle aziende USL sono tenuti a segnalare l’animale ed il proprietario alle
competenti autorità di pubblica sicurezza ed a ripetere la visita due mesi dopo.
3. Dopo tre segnalazioni di cui al comma 2 i servizi veterinari delle aziende USL trattengono
l’animale in osservazione e provvedono, se necessario, alla rieducazione del medesimo
prima di restituirlo al proprietario.
Sanzione: dopo tre segnalazioni alle competenti autorità di pubblica sicurezza è previsto il pagamento
di una somma di € 5.164,57.
Il REGOLAMENTO DEL COMUNE DI ROMA SULLA TUTELA DEGLI ANIMALI all’ art.
37 definisce “gatto libero” un animale che vive in libertà, di solito insieme ad altri gatti; “colonia
felina” un gruppo di gatti, minimo due, che vivono in libertà e frequentano abitualmente lo stesso
luogo (la presenza della colonia felina può essere segnalata tramite apposito cartello); la persona che si
occupa della cura e del sostentamento delle colonie di gatti che vivono in libertà “gattaro” o
“gattara”.
All’art. 38 stabilisce che i gatti liberi che vivono nel territorio siano tutelati dal Comune di Roma.
All’art. 39 prevede che l’Azienda USL provveda in base alla normativa vigente, alla sterilizzazione
dei gatti liberi reimmettendoli in seguito, anche tramite gattare ed associazioni animaliste, all’interno
della colonia di provenienza. L’Azienda USL deve provvedere altresì alla vigilanza sanitaria sulla
corretta gestione delle colonie stesse.
All’art. 40 stabilisce che:
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1.
Il Comune riconosce l’attività benemerita dei cittadini che, come gattari/e, si adoperano per la
cura ed il sostentamento delle colonie di gatti liberi e promuove periodici corsi di informazione
in collaborazione con il Servizio Veterinario dell’Azienda Sanitaria USL competente per
territorio e le Associazioni di volontariato animalista.
2. Chi intende accudire una colonia felina deve fare richiesta al Servizio Veterinario
dell’Azienda USL. In caso di accettazione della domanda, verrà rilasciata apposita
attestazione che sarà inviata per conoscenza al competente Ufficio comunale per la tutela ed il
benessere degli animali.
3. Al cittadino o cittadina gattaro/a è permesso l’accesso, al fine dell’alimentazione e della cura
dei gatti, a qualsiasi habitat nel quale i gatti trovano cibo, rifugio e protezione.
4. La cattura dei gatti liberi, per la cura e la sterilizzazione, potrà essere effettuata dai/dalle
gattari/e o da personale appositamente incaricato dall’Amministrazione Comunale.
All’art. 41 dispone che:
1. Le colonie feline sono tutelate dal Comune di Roma che, nel caso di episodi di
maltrattamento, si riserva la facoltà di procedere a querela nei confronti dei responsabili
secondo quanto disposto dal Codice Penale.
2. Le colonie feline che vivono all’interno del territorio comunale sono censite dal Servizio
Veterinario Azienda USL competente per territorio in collaborazione con l’Ufficio
competente per la tutela ed il benessere degli animali, le associazioni ed i singoli cittadini.
Tale censimento deve essere regolarmente aggiornato sia al riguardo del numero dei gatti che
delle loro condizioni di salute.
3. Le colonie feline non possono essere spostate dal luogo dove abitualmente risiedono;
eventuali trasferimenti potranno essere effettuati in collaborazione con il competente Servizio
Veterinario Azienda USL competente per territorio ed esclusivamente per comprovate e
documentate esigenze sanitarie riguardanti persone o gli stessi animali o comprovate
motivazioni di interesse pubblico.
All’art. 42 prevede che:
1. I/le gattari/e potranno rivolgersi anche alle mense delle scuole comunali per il prelievo di
avanzi alimentari da destinare all’alimentazione dei gatti, oppure ad altre forme di
approvvigionamento alimentare che potranno essere successivamente istituite allo stesso
scopo.
2. I/le gattari/e sono obbligati a rispettare le norme per l’igiene del suolo pubblico e del decoro
urbano evitando la dispersione di alimenti, provvedendo alla pulizia della zona dove i gatti
sono alimentati dopo ogni pasto ed asportando ogni contenitore utilizzato per i cibi solidi ad
esclusione dell’acqua.
Per l’ordinamento giuridico italiano, l’animale è considerato una “res”. Per tale motivo non si può
impedire ad un cittadino di detenere un animale, ossia di esercitare il “diritto di proprietà” a meno
che il divieto di detenzione non venga esplicitato nel regolamento condominiale.
I regolamenti condominiali hanno natura contrattuale e non contrattuale. I primi sono
approvati all’unanimità da tutti i condomini: questi, come sentenzia la Corte di Cassazione,
possono infatti decidere validamente di stipulare convenzioni private che autolimitano il proprio
diritto. Tuttavia, una volta accettata tale limitazione, se il condomino cambiasse idea e, per
esempio, in contrasto con la disciplina accettata volesse adottare un animale, non ha più titolo ad
invocare la pienezza del suo diritto reale, definitivamente menomata dall’unanime accordo.
Per i regolamenti condominiali che non hanno natura contrattuale, il divieto di detenzione di
animali che fosse ivi previsto non ha la stessa efficacia vincolante e, anzi, alcune decisioni della
Corte di Cassazione lo ritengono invalidabile (così Cass. II Civ. 4.12.93, n. 12028), in quanto
l’eventuale approvazione a maggioranza e non all’unanimità di un siffatto divieto resta inidonea a
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limitare il diritto reale del soggetto che detiene l’animale e che non ha approvato tale deliberazione
assembleare. Il divieto, invece, è vincolante se previsto nel contratto di locazione dell’immobile e
se il locatario ha firmato il suo impegno a non detenere animali.
Il 20 novembre 2012 è stato approvato dal Senato, quindi in via definitiva, il disegno di legge che
prevede l’integrazione dell’articolo 1138 del Codice civile, con il quale si stabilisce che “le norme
del Regolamento condominiale non possono vietare di possedere o detenere animali
domestici”. Il divieto, tuttavia, non riguarderà i regolamenti contrattuali elaborati dal costruttore
prima della costituzione del condominio, ai quali tutti i condomini sono vincolati con l’acquisto
dell’immobile, nemmeno quelli adottati con una deliberazione assembleare unanime.
Ai fini della detenzione di un animale domestico, la L.R. Lazio 34/97 all’articolo 19 prevede che
“chiunque detenga un animale domestico, ha l’obbligo di non causare disturbo alla quiete,
nocumento all’igiene ed aggressioni dovute a cattiva custodia dell’animale”.
Il disturbo alla quiete è anche tutelato dal Codice penale. Infatti, all’art. 659 - disturbo delle
occupazioni o del riposo delle persone – stabilisce che chiunque, mediante schiamazzi o rumori,
ovvero abusando di strumenti sonori o di segnalazioni acustiche, ovvero suscitando o non
impedendo strepiti di animali, disturba le occupazioni o il riposo delle persone, ovvero gli
spettacoli, i ritrovi o i trattenimenti pubblici, è punito con l’arresto fino a tre mesi o con
l’ammenda fino a euro 309.
I rumori causati dagli animali (abbai, ululati, miagolii, etc.), così come eventuali odori sgradevoli,
possono cagionare disturbo alla quiete. Per la Corte di Cassazione, però, il disturbo non deve
essere lamentato da un solo condomino ma da una pluralità di persone (Sentenza n. 715 del 2
dicembre 2010 della Corte di Cassazione, 1° Sez. Penale).
Sent. Cass (sez.I penale) n.1109 del 9/12/1999.
La Corte di Cassazione ha stabilito che “è necessario per la configurabilità della contravvenzione
di cui all’art. 659 I comma del C.P. (disturbo della quiete pubblica) che i lamentati rumori abbiano
attitudine a propagarsi ed a costituire quindi un disturbo per una potenziale pluralità di persone …
è necessario che i rumori siano idonei ad incidere negativamente sulla tranquillità di un numero
indeterminato di persone”. Sent. Cass n. 1394 del 6/3/2000
Se il cane non disturba una pluralità di persone ma solo il vicino “il fatto non sussiste”.
La materia può persino divenire oggetto di valutazione giudiziaria. Sarà quindi il giudice che, caso
per caso, valuterà il limite di tollerabilità” avvalendosi di consulenti tecnici e disporrà che il
proprietario dell’animale attui tutte le misure necessarie per far cessare il disturbo alla quiete,
risarcisca il danno rilevato e, eventualmente, allontani il proprio animale dal condominio.
Ai sensi dell’art. 2053 C. Civile Il proprietario di un animale è SEMPRE responsabile dei danni
che questo può provocare, anche se lo ha smarrito, deve dimostrare il caso fortuito: si tratta di un
fattore esterno che ha causato il danno, che presenta i caratteri della imprevedibilità, della
inevitabilità e della assoluta eccezionalità. L’onere della prova è a carico del proprietario.
A cura di dott.ssa Francesca Bellini
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