Daniela Dessì

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Daniela Dessì
Daniela Dessì
Una stella sotto il segno della lirica. Talento, bella presenza, straordinaria esperienza
tecnica e di palcoscenico Daniela Dessì, straordinaria voce verdiana, suprema
interprete del Verismo e del repertorio pucciniano si conferma soprano di fama
internazionale. L’essenza della tradizione operistica ha trovato la sua anima… L’emozione
è importante in un’interpretazione ma deve essere sempre sublimata. Bisogna arrivare al
momento in cui si canta il ruolo come se si fosse già vissuto, una sorta di cammino…
di Antonella Iozzo
Daniela Dessì Cerco di dare, in qualsiasi teatro dal più piccolo al più grande la
stessa carica interpretativa
Una stella sotto il segno della lirica. Talento, bella presenza, straordinaria esperienza tecnica e di
palcoscenico Daniela Dessì, straordinaria voce verdiana, suprema interprete del Verismo e del repertorio
pucciniano si conferma soprano di fama internazionale. L’essenza della tradizione operistica ha trovato la
sua anima.
Daniela Dessì, una carriera costellata di successi. Qual è stato l’elemento determinante nel suo
percorso professionale?
La passione sicuramente per la musica, per l’opera lirica, per l’approfondimento della tecnica vocale e
sicuramente la grande attenzione per quello che è la grande interpretazione, il fraseggio e la parola in
musica.
Quante sfumature ha il successo nella sua vita?
Intanto bisogna capire cosa è il successo. Il successo per un’interpretazione fatta bene, od il successo per la
riuscita di un progetto, per lo studio di tanti anni, per la capacità di trasmettere emozioni, per il
raggiungimento di una meta che ci si è preposti, o successo inteso come acclamazione da parte del pubblico.
Queste possono essere tre sfumature. Per me il successo è sicuramente riuscire a mantenere un grande
livello artistico, essere costante riuscendo a raggruppare le tre sfumature di cui abbiamo sopra detto e
cercando sempre nel possibile di migliorare
La Scala di Milano, l’Arena di Verona, il Metropolitan di New York, e ancora Tokio, Madrid,
Berlino, Monaco, solo per citare alcuni dei teatri più importanti. Cosa rappresenta per lei ogni
palcoscenico?
Si è vero sono teatri importantissimi ma la realtà è che per me i palcoscenici sono tutti uguali per l’impegno
e la dedizione verso qualsiasi tipo di pubblico. Certamente ci sono quelli che emozionano di più, per la storia
del teatro, per il pubblico più conoscitore, per il loro passato, per tutti i grandi artisti che ci hanno preceduto,
cerco però sempre di dare, in qualsiasi teatro, dal più piccolo al più grande, la stessa carica interpretativa.
Abbaglia di più la luce della ribalta o quella del cuore?
La luce della ribalta può abbagliare in mille modi, in senso positivo ed in senso, purtroppo, anche negativo,
quando fa credere di essere arrivati e magari non lo si è. Quella del cuore se abbaglia, abbaglia perché un
cuore risplende. E quando un cuore risplende vuol dire che esiste amore, forza che ci consente di migliorare
la nostra vita. Sicuramente la luce del cuore è quella più certa, quella che probabilmente non inganna, senza
però sottovalutare l’importanza della luce della ribalta che può essere un grandissimo sogno che si realizza.
All’ultimo Festival Verdi, è stata una splendida Elena, nei Vespri Siciliani, lei come si
definirebbe? Secondo lei, come mai quest’opera è cosi poco rappresentata?
Ovviamente per rappresentare i Vespri siciliani c’è bisogno di quattro grandi voci, in più la parte del soprano
è indubbiamente fra le più difficili del repertorio verdiano. Immagino sia per questo motivo che è un’opera
poco eseguita. La vocalità è estrema, spazia dal registro mezzosopranile fino alla coloratura, in cui bisogna
dare sfoggio anche di pianissimi e sopracuti. E’ una parte di grande soddisfazione ma di grande impegno; il
personaggio incarna una donna fiera e divisa tra l’amore e la patria . E’ stato molto importante cantare
questo ruolo, in questa splendida edizione, proprio perché le interpreti che mi hanno preceduta nel ruolo di
Elena sono veramente poche nella storia, ed è motivo di orgoglio per me poter dire di aver fatto umilmente
parte di queste.
Da Monteverdi a Mozart, da Puccini a Prokofiev e poi Verdi, questione di feeling?
Verdi è sempre stato nel mio repertorio fin dai primi tempi, è stata la spinta per iniziare lo studio del
canto. Sono nata con l’amore per l’opera verdiana e questo amore continua negli anni. naturalmente
intercalandolo con l’altra musica per la quale sono riconosciuta in tutto il mondo, ovvero Puccini e il verismo.
La sua voce, la musica, il compositore. Come nasce la magia dell’interpretazione?
Inizialmente la prima cosa che faccio è sedermi a pianoforte e leggere lo spartito analizzando le difficoltà
vocali e quelle musicali del ruolo. Poi mi informo sull’argomento e quindi su eventuali personaggi storici che
creano la trama, ciò per dare più rilievo all’interpretazione del personaggio. Dopo di che inizio lo studio vero
e proprio e la memorizzazione dell’opera. Ovviamente lo studio si riferisce anche al superamento e alla
realizzazione tecnico – vocale dell’opera in questione, passando poi a quello che è la creazione dell’identità
del ruolo, attraverso la propria identità e la propria psicologia, che si lega a quella del personaggio.
Tecnica perfetta, espressività vocale sublime, senso drammatico, quantostudio e quanta
passione celano?
Innanzitutto grazie per queste parole. Studio canto da quando avevo 15 anni. Indubbiamente lo studio è
costante e la scelta delle opere è importantissimo. Sbagliare vocalmente un personaggio può costare
moltissimo in una carriera. La passione per la musica e il canto sono la molla che ci permette, a noi che
facciamo questo difficile mestiere, di perseverare nella ricerca fino allo spasimo. Io cerco di fare il mio
lavoro con grande passione ed umiltà. Il fatto di non sentirsi mai arrivati credo poi sia basilare per cercare di
impegnarsi sempre di più
Che ruolo ha l’emozione nell’interpretazione?
L’emozione è importante in un’interpretazione ma deve essere sempre sublimata. Bisogna arrivare al
momento in cui si canta il ruolo come se si fosse già vissuto, una sorta di cammino introspettivo del
personaggio e di sublimazione delle sue emozioni, perché solo così si può riuscire a trasmettere l’emozione e
non viversela e basta senza riuscire a coinvolgere il pubblico.
Cosa chiede al direttore d’orchestra e cosa loro chiedono a lei come soprano?
Ad un direttore d’orchestra chiedo sempre di essere ovviamente collaborativo perché ogni voce ha le sue
peculiarità e le sue capacità, e dunque di creare una collaborazione vera, che diventi un filo portante unico,
tra il cantante ed il direttore. Chiedo rigore, chiedo musicalità e intelligenza musicale. Generalmente credo
che un direttore d’orchestra voglia essere emozionato da un artista ma che desideri avere un’artista
musicale attento, e disponibile. Quella fra cantante e direttore d’orchestra è sicuramente una
collaborazione, un’unione artistica fra le più esaltanti se fatta con intelligenza e passione.
Numerosi premi, l’ultimo il premio “Piastrella” ricevuto a Sassuolo insieme ad Armiliato, cosa ha
significato per lei?
Indubbiamente sono orgogliosa di aver ricevuto numerosi premi, fra i quali il premio Abbiati della critica
italiana, il premio le Muse a Firenze il premio Puccini, il premio Giuseppe Verdi a Milano. Quest’ultimo premio
è altresì importante perché è stato consegnato dall’insieme di numerosi circoli lirici dell’Emilia Romagna
quindi in patria verdiana. Circoli lirici che sono stati e saranno sempre il motore della lirica italiana.
Dessì – Armiliato cosa vi lega professionalmente?
Ci lega la passione per l’opera, l’amore e la dedizione per il nostro lavoro, il costruire progetti che maturiamo
insieme ed un feeling artistico che abbiamo riconosciuto ancora prima di iniziare la nostra storia
sentimentale.
Come definirebbe Armiliato sulla scena e fuori scena?
Armiliato lo definirei sulla scena come un artista estremamente generoso, sensibile, intelligente e con
grande preparazione musicale, un vero musicista che canta. Fuori scena è comunque una persona generosa
e sensibile, un uomo attento ai bisogni della famiglia ed… evergreen.
Genovese e solare, cosa ama della sua città e cosa si porta dentro?
Le cose più importanti che mi porto dentro sono il mare e l’anima dei miei genitori, dei miei parenti. Mi porto
dentro anche un po’ di focaccia ed un po’ di pesto (ride). E sicuramente questo carattere caparbio, riservato,
però sincero ed estremamente schietto, come i marinai genovesi.
E la voce del mare?
…”è la voce del mio cuore”…
Impegni futuri?
Dopo Madama Butterfly all’Opera di San Francisco tornerò in Italia per cantare con Fabio Armiliato a Salerno
in Francesca da Rimini, con la quale avevamo debuttato insieme a Roma nel 2003 e ricantato a Macerata nel
2004, una produzione pubblicata in DVD. Inizierò il nuovo anno il 6 gennaio con il concerto conclusivo del
ciclo Grande Musica in Chiesa nella Basilica di Santa Maria sopra Minerva a Roma, poi tornerò a Parma con
Forza del destino e sopratutto debutterò in La Gioconda al Teatro Massimo di Palermo.
Dessì in tre aggettivi
Perseverante. Onesta. Passionale.
di Antonella Iozzo © Produzione riservata
(12/ 11/2010)
Articolo correlato: Al Regio di Parma I Vespri siciliani
Intervista a Fabio Armiliato
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