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Capitolo Primo
Le immunità parlamentari tra storia e diritto.
Linee evolutive dell’istituto in prospettiva comparata
SOMMARIO: 1. Premessa. – 2. Le origini del sistema dei Parliamentary Privileges nell’ordinamento inglese. – 2.1. Il privilegio del freedom of the speech. – 2.2. Il privilegio del freedom from arrest. – 2.3. Il
potere di contempt e le funzioni giudiziarie del Parlamento inglese. – 2.4. Il ruolo dei Parliamentary
Privileges nell’Inghilterra degli Stuart e nelle due rivoluzioni del XVII secolo. – 2.5. La rappresentazione dei Parliamentary Privileges nel XVIII secolo. – 2.6. I significativi mutamenti intercorsi nel
XIX secolo e il mutato ruolo della legge. – 2.7. Il progressivo declino del freedom from arrest. – 3.
Note sulla preistoria del costituzionalismo americano: il ruolo dei Parliamentary Privileges nel governo delle colonie inglesi. – 3.1. La disciplina delle immunità negli Articoli di Confederazione e nel
la Costituzione federale del 1787. – 4. Le immunità parlamentari nell’esperienza rivoluzionaria francese. – 4.1. La Costituzione del 1791: immunità parlamentari e sovranità nazionale. – 4.2. La Con venzione. – 4.2.1. Lo status di parlamentare nel progetto di Costituzione girondina e nella Costituzione montagnarda. – 4.3. La reazione termidoriana e la Costituzione dell’anno III. – 4.4. La Costituzione dell’anno VIII. – 4.5. L’evoluzione dell’istituto nella restaurazione. – 5. L’istituto delle immunità parlamentari nel primo costituzionalismo spagnolo. – 6. Le immunità parlamentari nell’esperienza dello Statuto albertino. – 6.1. L’insindacabilità dei voti e delle opinioni. – 6.2. La prerogativa
dell’inviolabilità. – 6.3. Il Senato come Alta Corte di giustizia nell’ordinamento statutario. – 7. Dalla
centralità del Parlamento nello Stato liberale di diritto alle nascenti democrazie dei primi del Nove cento.
1. Premessa
L’analisi dell’evoluzione dell’istituto delle immunità parlamentari è un tema classico
delle più autorevoli trattazioni di diritto costituzionale 1. Scopo di questo studio non è ripercorrere in maniera pedissequa queste opere, ma analizzare le complesse questioni sottese all’evoluzione istituzionale e giurisprudenziale di tale istituto con gli strumenti propri della
teoria e della comparazione costituzionale. È nella convinzione di chi scrive ritenere che il
ricorso al metodo comparatistico consenta di inquadrare l’evoluzione dell’istituto, nonché
1
Basti qui menzionare tra gli studi italiani G. LOJACONO, Le prerogative dei membri del Parlamento, Milano,
1954; G. ZAGREBELSKY, Le immunità parlamentari, Torino, 1979.
2
Le immunità parlamentari. Profili storici e comparativi
analizzare e valutare le più interessanti ipotesi ricostruttive avanzate al riguardo; nella convinzione, inoltre, che la loro definizione rappresenti uno strumento e, al contempo, un effetto determinante del processo evolutivo attraversato dal costituzionalismo moderno.
In questa prospettiva, appare necessario valutare in tutta la sua complessità l’istituto in
esame avvalendosi della siner gia tra le diverse esperienze e fra i diversi angoli prospettici
proposti dalla disciplina giuridica e da quella storica, laddove l’analisi storica costituisce il
supporto necessario per una ricerca che è però diretta essenzialmente ad individuare, comparare, e connettere tra loro, coi canoni dell’analisi tecnico-giuridica, le varie soluzioni istituzionali che di tale evoluzione costituiscono le tappe più significative.
2. Le origini del sistema dei Parliamentary Privileges nell’ordinamento inglese
Come noto, le origini delle immunità parlamentari coincisero con l’avvio del percorso
costituzionale dell’Inghilterra ricalcandone, sin da questa primissima ed embrionale fase, le
peculiarità insite in questo ordinamento 2.
Con la battaglia di Hastings, l’assetto complessivo dei poteri nell’isola si definì in stretta
connessione con i segni distintivi del “laico” feudalesimo normanno, identificabili in quel rap
porto di stampo “contrattualistico” che venne a stabilirsi tra i sovrani e l’aristocrazia e che trasformò le assemblee feudali in luoghi privilegiati di elaborazione di accordi tra la parti, cui es
se si vincolavano (più o meno) reciprocamente. Al loro interno, la concessione di forme di pri
vilegio si pose, in questa primissima fase, in ragione dell’esigenza – avvertita dal sovrano – di
difendere i singoli partecipanti da eventuali attacchi esterni condotti da privati 3.
Furono queste le basi sulle quali, a partire dal XIII secolo, si definirono natura e funzioni del Parlamento inglese, come può agevolmente ar gomentarsi dalla lettura della Magna
Charta, le cui clausole rappresentarono la prima solenne consacrazione dei principi chia mati a governare l’articolazione istituzionale del regno 4. E se il coinvolgimento dei borghi
e delle contee celava la necessità per la Corona di ottenere aiuti economici per la propria sopravvivenza, essa permise ai “rappresentanti” di queste entità di rivendicare come contro partita l’estensione – anche nei loro riguardi – di tali privilegi 5.
2
Non mancano peraltro studi che fanno risalire l’origine di tali garanzie al diritto romano, in particolare al re
gime di tutela di cui beneficiavano i Tribuni Plebis. Questi ultimi, infatti – scelti dai Concilia Plebis e incaricati
di rappresentare e difendere la plebe – erano ritenuti sacrosancti, ovverosia inviolabili. Tale inviolabilità venne
confermata nella Lex Vera Horatia (449 A.C.) e la sanzione prevista per chiunque avesse attentato alla loro per sona poteva consistere anche nella pena di morte. Cfr. A. B ERGER, Encyclopedic dictionary of Roman Law, Filadelfia, 1953, 809 ss.; G. SOULIER, L’inviolabilité parlamentaire en droit français, Paris, 1978, 12; V. DE RUGGIERO, Il Consolato e i poteri pubblici, Roma, 1968, 670 ss.
3
Cfr. H.G. R ICHARDSON, G.O. S AYLES, The governance of Medieval England. From the Conquest to Magna
Carta, Edinburgh, 1963; M.J.C. VILE, Constitutionalism and Separation of Powers, Oxford, 1967, pp. 32 ss., che
insiste sul carattere non-legislativo della produzione giuridica delle assemblee medievali.
4
Magna Charta, clausola 39.
5
Tale equilibrio istituzionale era dovuto alla particolare struttura “dualista” o quantomeno complessa della
società medievale (la tesi “dualista” è stata argomentata in numerosi studi, v. ad es. W. STUBB, The Constitutional
History of England, Oxford, 1906, 454; in lingua italiana, M. FIORAVANTI, voce Stato, in Enciclopedia del diritto,
vol. XLIII, Milano, 1990, 708 ss.; M. DOGLIANI, Introduzione al diritto costituzionale, Bologna, 1994.
Le immunità parlamentari tra storia e diritto
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La storia costituzionale inglese di quel periodo coincise, dunque, con l’affermazione e lo
sviluppo delle fondamentali garanzie che andarono poi a comporre il complesso sistema dei
Parliamentary Privileges: “libertà di parola” (c.d. “freedom of the speech”), “libertà dagli
arresti” (c.d. “freedom from arrest”), nonché il diritto di arrestare o punire chiunque violasse o contrastasse tali garanzie (contempt of Parliament) 6.
2.1. Il privilegio del freedom of the speech
Il privilegio della libertà di parola fu il primo ad essere espressamente riconosciuto nella storia costituzionale inglese, a seguito della nota vicenda che vide coinvolto, nel 1397, il
deputato Thomas Haxey, nei cui confronti venne mossa l’accusa di tradimento per aver presentato e poi votato un atto che conteneva critiche severe sullo stato dell’amministrazione
del regno. Direttamente toccato nelle sue prerogative, Riccardo II intese, con il ricorso alla
sanzione, rispondere con forza ad un attacco che reputava del tutto inammissibile nei ri guardi della persona del re e dei costumi del suo regno.
L’accusa mossa nei riguardi di Haxey produsse la reazione diretta della Camera dei Comuni che tentò di difendere le ragioni dell’atto e di minimizzarne la portata. Nonostante le
precisazioni della Camere e le scuse di Haxey , la condanna a morte venne confermata e fu
da quest’ultimo evitata solo a seguito della scelta di prendere i voti religiosi. Poco dopo, dietro le pressioni dei Comuni, il re decise comunque di concedere la grazia al deputato, allo
scopo di pacificare la situazione all’interno della Camera.
La questione venne poi nuovamente affrontata durante il regno di Enrico IV, allorquando Haxey presentò, nel 1399, una petizione contro la sua condanna, sostenendo come que st’ultima dovesse ritenersi contraria «alla legge ed alla procedura del Parlamento ed in violazione agli usi dei Comuni», e chiedeva la riforma della sentenza, «tanto per il trionfo della giustizia che per la salvezza della libertà dei Comuni». A tale petizione acconsentì il Re,
con il consenso della Camera dei Lords. In tal modo, l’intero corpo legislativo disponeva
che la sentenza pronunziata contro Haxey , in quanto contraria ai privilegi del Parlamento,
«dovesse annullarsi ed aversi per vuota di forza ed effetti» 7.
6
È questa in effetti la fase storica a proposito della quale il tema risulta in maggiore evidenza nelle trattazioni
degli storici della Costituzione inglese: cfr. T.P. T ASWELL-LANGMEAD, English Constitutional History, London,
1960, 194 ss.; A. BURTON ADAMS, Constitution History of England, London, 1951, 192 ss.; B. WILKINSON, History
of England in the Fifteenth Century, London, 1964, 277 ss.; G.R. ELTON, op. cit., 228 ss.; D.L. KEIR, F.H. LAWSON,
Cases in Constitutional Law, London, 1962, 121 ss.; H.G. R ICHARDSON, G.O. SAYLES, The English Parliament in
the Middle Ages, London, 1981, 157 ss.; D.L. KEIR, The Constitutional History of Modern Britain, London, 1953,
122 ss. W. RALEIGH, The prerogative of Parliaments in England, London, 1640, (rist.) 1979, 13 ss.; J. LOACH, Parliament under the Tudors, Oxford, 1991, 55 ss.; C.W. BROOKS, The place of Magna Charta and the Ancient Constitution in Sixteenth Century English Legal Thought, in E. SANDOZ, The Roots of Liberty. Magna Charta, Ancient
Constitution and the Anglo-American Tradition of Rule of Law , cit., 57 ss. Cfr., nonché, per la letteratura conti nentale, J. HATSCHEK, Englisches Staatsrecht, Tübingen, 1905; I D., Das Parlamentsrecht des Deutschen Reiches,
Leipzig, 1915; M. REYBAERT, Histoire de la discipline parlémentaire, Paris, 1884; L. VON GNEST, Il parlamento inglese nelle sue mutazioni durante il millennio dal IX alla fine del XIX secolo, (trad. it.), Livorno, 1891.
7
Sulla vicenda, cfr. W. S TUBBS, op. cit., 515 ss.; T.P. T ASWELL-LANGMEADS, op. cit., 174; in lingua italiana,
cfr. T. ERSKINE MAY, Leggi, privilegi, procedura e consuetudini del Parlamento inglese, in A. BRUNIALTI, Scelta
collezione delle più importanti opere moderne italiane e straniere di scienze politiche, vol. IV, Torino, 1886, 94;
G. ZAGRELBESKY, op. cit., 7 ss.
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Le immunità parlamentari. Profili storici e comparativi
Nell’evoluzione successiva, la necessità di superare la connaturale frammentarietà delle
assemblee, derivata per lo più dalla suddivisione per ceti, portò il sovrano a non ostacolare
la tendenza dei partecipanti – soprattutto dei commoners – a discutere delle varie questioni
anche sulla base di argomentazioni non previste nelle istruzioni ricevute dai borghi 8. Non fu
– in questa fase – mai messo in gioco la subalternità delle assemblee nei riguardi del mo narca ma è certo che i privilegi e le libertà delle stesse cominciarono ad imporsi con la for za giuridica della consuetudine 9.
Nonostante gli intendimenti e i propositi, pur espressi da Enrico IV , di acconsentire ai
Comuni di dibattere e deliberare «a proprio piacimento di qualunque cosa, al fine di giun gere alla migliore decisione», ciò non aprì al riconoscimento del privilegio della libertà di
parola nelle forme e nelle modalità che avrebbe poi assunto nell’evoluzione successiva, in
considerazione del fatto che tale privilegio continuò a definirsi come una sorta di proiezione dei privilegi riconosciuti ai membri del Consiglio regio e, in quanto tale, diretto a garantire il regolare svolgimento delle riunioni. Perlomeno sino alla fine del XIV secolo, i Parliamentary Privileges non furono mai intesi dai sovrani inglesi come manifestazioni di un
ruolo “politico” delle Camere.
Solo a partire dai mutamenti registratisi a seguito degli eventi politico-istituzionali che coinvolsero la monarchia inglese a fine Quattrocento aprirono ad un’evoluzione diversa che avrebbe poi condotto, di lì a poco, ad una modifica radicale del ruolo dei Parliamentary Privileges.
Difatti, il disastro seguito alla sanguinosa guerra delle due Rose (1455-1485) era destinato a segnare profondamente il quadro politico successivo richiedendo, per il suo superamento, un’originale condivisione di potere tra tutte le componenti del regno. La crisi apertasi in seguito alla morte di Riccardo III a Bosworth poté superarsi solo in ragione di una
sorta di “finzione legale”, in forza della quale Enrico T udor, pur senza avervi titolo formale, procedette alla convocazione del Parlamento all’unico scopo di farsi legittimare sul trono regio. L’Act for the Confirmation of Henry VII ne sancì formalmente l’ascesa al trono attraverso un’operazione del tutto singolare: i Comuni chiesero il riconoscimento del titolo regio, i Lords formalizzarono il loro assenso e, infine, il nuovo sovrano vi appose la propria
sanzione. Si concretizzava, in tal modo, la struttura portante della c.d. “Tudor Constitution”
incentrata sulla presenza delle tre principali componenti del regno: Re,Lords e Comuni, che
legittimamente esercitavano il potere in forza della sostanziale convergenza dei rispettivi in-
8
Cfr. G.R. ELTON, The Tudor Constitution, London, 1968, 254; B. LYON, A Constitutional and Legal History
of Medieval England, New York, 1960, 607.
9
In merito a tali aspetti, approfonditi sono i contributi offerti dagli storici della Costituzione inglese: cfr. T.P.
TASWELL-LANGMEAD, English Constitutional History, London, 1960, 194 ss.; A. BURTON ADAMS, Constitution History of England, London, 1951, 192 ss.; B. WILKINSON, History of England in the Fifteenth Century , London,
1964, 277 ss.; G.R. ELTON, op. cit., 228 ss.; D.L. KEIR, F.H. LAWSON, Cases in Constitutional Law, London, 1962,
121 ss.; H.G. RICHARDSON, G.O. SAYLES, The English Parliament in the Middle Ages, London, 1981, 157 ss.; D.L.
KEIR, The Constitutional History of Modern Britain, London, 1953, 122 ss. W. RALEIGH, The prerogative of Parliaments in England, London, 1640, (rist.) 1979, 13 ss.; J. LOACH, Parliament under the Tudors, Oxford, 1991, 55
ss.; C.W. B ROOKS, The place of Magna Charta and the Ancient Constitution in Sixteenth Century English Legal
Thought, in E. SANDOZ, The Roots of Liberty. Magna Charta, Ancient Constitution and the Anglo-American Tradition of Rule of Law , cit., 57 ss. Cfr., nonché, per la letteratura continentale, J. HATSCHEK, Englisches Staatsrecht, Tübingen, 1905; ID., Das Parlamentsrecht des Deutschen Reiches, Leipzig, 1915; M. REYBAERT, Histoire de
la discipline parlémentaire, Paris, 1884; L. VON GNEST, Il parlamento inglese nelle sue mutazioni durante il millennio dal IX alla fine del XIX secolo, (trad. it.), Livorno, 1891.
Le immunità parlamentari tra storia e diritto
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teressi 10. In questo momento, l’ordinamento nel suo complesso venne ad assumere i suoi
tratti caratterizzanti non tanto sulla base del principio della separazione dei poteri (dif ficilmente riferibile all’intera evoluzione del sistema costituzionale inglese), quanto invece in
ragione di un sistema di governo sostanzialmente “misto”, nel quale le essenziali funzioni
statali si definivano e si esercitavano sulla base di una condivisione di ruoli e di competen ze tra le principali istanze del regno, ovvero di un sostanziale bilanciamento di interessi e di
poteri 11.
La sostituzione – durante il regno di Enrico VII – della procedura della Petition con
quella del Bill servì a sancire, anche sul piano tecnico-formale, il significativo passaggio
da una funzione non più meramente dichiarativa bensì creativa del diritto. Il cambiamen to di prospettiva venne formalizzato sul piano legale dal mutato ruolo assunto dal sovrano
nell’iter legis, nell’ambito del quale non era più chiamato ad intervenirvi in tutte le sue fasi, bensì limitatamente alla sola possibilità di apporvi la sanzione 12. In questo contesto, i
Comuni utilizzarono il privilegio della libertà di parola non più solo per difendersi dagli
attacchi provenienti dai privati bensì, molto più pervasivamente, per contrastare il potere
regio 13.
La trasformazione della “ Petition” in “Bill” consacrava la definitiva acquisizione della
funzione legislativa del Parlamento. Pur permanendo, in mano al Re, un esteso potere di screzionale in ordine all’acquisizione dell’ef ficacia e all’applicazione della legge, d’ora in
avanti sarebbe stato sicuramente più difficile utilizzare un “Bill” per limitare il ruolo del Parlamento.
Tale potere conobbe un decisivo rafforzamento proprio durante il regno di Enrico VIII,
allorquando l’atto legislativo – approvato dal Parlamento e sanzionato dal sovrano – as sunse un ruolo significativo nella realizzazione della riforma religiosa. Ed è, appunto, in
tale periodo che, per la prima volta, la libertà di parola dei componenti del Parlamento
venne espressamente rivendicata in seno ad Bill approvato dai Comuni e sanzionato dal
sovrano. Tale atto trasse origine da una nuova vicenda giudiziaria che coinvolse nel 1512
Richard Strode, membro della Camera dei Comuni, citato dinanzi allaStannary Court per
aver presentato una proposta di legge riguardante le estrazioni di stagno nelle miniere del
Cornwall e ritenuta of fensiva nei riguardi dei minatori, a motivo del quale Strode venne
arrestato.
A seguito della dura reazione dei Comuni, che avevano approvato e deliberato la proposta di Strode, venne varato – con la sanzione regia – un Bill nel quale, dopo aver dichiarato
nulla la sentenza della Stanney Court, si precisava che dinanzi all’«Alta Corte del Parla 10
Cfr. G.R. E LTON, The Tudor Constitution. Documents and Commentary, cit., 4. Così C.H. M CILWAIN, The
High Court of Parliament and its Supremacy, New Haven, 1910 (rist. 1962), 316.
11
Nel De Repubblica Anglorum del 1565-1583, Thomas Smith descriveva il Parlamento (nelle sue tre componenti) quale «più elevato e assoluto potere del reame d’Inghilterra, [che] rappresenta e detiene il potere dell’intero reame, essendone sia il capo che il corpo» (riportato in G.R. E LTON, op. cit., 105 e 119, 234 e 250; per una
traduzione del brano citato v. G.G. FLORIDIA, La Costituzione dei moderni, cit., 168). Era quindi chiaro che, in tale ambito, l’accresciuto ruolo politico delle assemblee parlamentari importava altresì una maggiore centralità delle prerogative di queste.
12
Così C.H. MCILWAIN, The High Court of Parliament and its Supremacy, New Haven, 1910, (ris. 1962), 316.
13
Cfr. C. WITTKE, The History of English Parliamentary, cit., 22 ss.; G.R. ELTON, England under the Tudor,
London, 1991, 166 ss.
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Le immunità parlamentari. Profili storici e comparativi
mento», l’atto poteva essere discusso, ritenendo quindi il procedere della Stannary Court
contrastante con i propri privilegi 14.
L’importanza di tale atto era più che palese: la rivendicazione della libertà di parola nel
corso dei dibattiti parlamentari acquisiva un chiaro significato politico che i Comuni intendevano ora utilizzare per acquisire un vero e proprio potere di iniziativa legislativa anche in
quelle materie quali, ad esempio, la politica estera e la successione al trono, tradizional mente ricomprese nell’alveo delle “inespugnabili” prerogative regie.
Dal canto suo, Enrico VIII, pur essendo personalmente avverso all’idea di un contraltare istituzionale al proprio potere, vide nel riconoscimento del ruolo di tale or gano la conditio sine qua non per rafforzare la propria autorità e, soprattutto, portare a termine il processo di separazione dalla chiesa cattolica. Per tale ragione, al “forzato” coinvolgimento del
Parlamento nell’elaborazione degli atti normativi necessari per sancire sul piano legale lo
scisma religioso, fece seguito il riconoscimento, da parte del sovrano e nei termini poco sopra indicati, del privilegio della libertà di parola, tentando tuttavia di commisurarne la portata a salvaguardia degli interessi della Corona. Difatti, quest’ultima difese strenuamente la
propria centralità all’interno del sistema, tentando di mantenere ben saldo il proprio con trollo sia sull’approvazione degli atti – e, soprattutto, sull’importante potere di iniziativa –
sia in relazione alla portata del privilegio della libertà di parola, che veniva riconosciuta
senz’altro allorquando il Parlamento era chiamato ad intervenire in merito a questioni sottoposte all’attenzione dei suoi membri dal re, ma che invece veniva circoscritta – se non proprio negata – nel momento in cui la Camera rivendicava un’autonoma libertà di poter dibattere anche su argomenti invisi alla Corona (come ben dimostrato dal caso “Strode”).
Se per l’intera durata del regno di Enrico VIII, il conflitto tra le due istanze rimase la tente, proprio in ragione della necessità della Corona di appoggiarsi al Parlamento per por tare a termine la riforma religiosa, esso invece acquisì nuova rilevanza nel periodo immediatamente successivo. La rivendicazione dell’autonomia dell’organo parlamentare nell’applicazione dei propri privilegi divenne, di lì a poco, il principale terreno di scontro con la
monarchia, come ben dimostrano i non pochi conflitti intervenuti durante il regno di Elisabetta I, in ragione del potere rivendicato dalle Camere di discutere gli aspetti generali della
politica del regno e, in particolare, la successione al trono, gli abusi ecclesiastici e persino il
problema del matrimonio della regina, giungendo sino al punto di esprimere un pesante giudizio politico sulla concessione di taluni monopoli commerciali15. Anche sul piano dei “pre14
Nell’atto in parola – meglio noto come Strode’ Act – vi si affermava che «AND over that be it enacted by the
said authority that all suits, accusations, condemnations, executions, fines, amerciaments, punishments, corrections,
grievances, charges and impositions put or had or hereafter to be put or had unto or upon the said Richard [Strode] and
and to every other of the person or persons afore specified, that now be of this present parliament or that of any par liament hereafter shall be, for any bill speaking, reasoning, or declaring of any matter or matters concerning the par liament, to be convened and treated of be utterly void and of none effect». Cfr. T.P.TASWELL-LANGMEAD, op. cit., 248
ss.; T. ERSKINE MAY, op. cit., 94; W. ANSON, Loi et pratique constitutionnelles de l’Angleterre, Paris, 1903, 183.
15
Come si legge in T.P. T ASWELL-LANGMEAD, op. cit., 316, «freedom of speech … was acquiring a new significance with the new position of the commons under Elizabeth. Whatever the position may have been under
Henry VII, it is clear that under Elizabeth the commons contained many men – possibility a majority – who were
prepared to undertake the initiative in the work of government, and to that end eagerly urged a number of policies
in church and state which embodied their ideas of how the county should be ruled … In the name of freedom of
speech the commons were in effect claiming an equal right of initiative concurrent with the crown and its ministers» (T.P. TASWELL-LANGMEAD, op. cit., 316).
Le immunità parlamentari tra storia e diritto
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cedenti parlamentari” il rilevante numero di cases accorsi fornirono un’indubbia testimonianza dell’accresciuto ruolo politico del Parlamento, nonché della latente conflittualità tra
Parlamento e Corona 16.
2.2. Il privilegio del freedom from arrest
Un processo evolutivo in gran parte analogo a quello appena visto per la libertà di parola ha caratterizzato l’af fermazione dell’altro importante privilegio rivendicato dal Parla mento inglese, ossia la libertà dagli arresti. In verità, le origini di tale privilegio si perdono
nella più risalente storia inglese. W. Blakstone ne documentava traccia nelle leggi dei re anglosassoni Etelberto (590-618) ed Edoardo il Confessore (1042-1066), in base alle quali «ad
synodos venientibus sive sommoniti sint sive per se quid agendum habuerint sit summa
pax» e, in analogo modo, egli rilevava la presenza di tali garanzie anche nelle regole di convocazione dei comizi iscritte nelle leggi gotiche: «Extenditur haec pax et securitas ad XIV
dies convocato regni senatu» 17.
Secondo la ricostruzione storica, i re anglosassoni introdussero, appunto, norme specifi che a beneficio dei membri dei Witenagemot, tutelando la loro persona da possibili violazioni allorquando, convocati dal sovrano, si recavano o tornavano dal luogo della riunione 18.
Con la conquista dell’isola da parte dei normanni, si stabilì la consuetudine di convoca re in Magnum Concilium i baroni e i pari per dibattere delle questioni riguardanti l’ammini-
16
Di particolare rilievo fu la vicenda che vide coinvolti i fratelli Peter e Paul Wentwort, membri dei Comuni
ed accesi sostenitori della necessità di affermare la portata ampia della libertà di parola dei deputati, affinché il Par
lamento potesse vedersi riconosciuto la possibilità di dibattere – senza alcuna limitazione da parte del sovrano –
delle varie questioni riguardanti gli interessi del Paese e, in particolare, tutto quanto atteneva alla questione reli giosa e alla successione dinastica. L’iniziativa venne, in un primo momento, portata avanti da Paul Wentwort il
quale, in relazione alle ripetute rivendicazioni sui privilegi della Camera, venne imprigionato, nel 1568, per ordi ne della regina e poi posto in libertà. Successivamente fu il fratello Peter a rivendicare nuovamente la piena libertà
del Parlamento di poter dibattere della questione ereditaria, tentando di far approvare dai Comuni una petizione
che confermasse la portata degli antichi privilegi, ma venne per questo incarcerato su ordine della regina nel 1587
e rinchiuso per dieci anni sulla torre di Londra. L’iniziativa portata così avanti dai fratelli Wenwort testimoniava
ancora una volta l’avversione della Corona ad ogni tentativo del Parlamento di utilizzare i privilegi per accresce re il proprio ruolo politico. Di enorme significato furono, a tal proposito, le parole pronunciate nel 1593 da Lord
Keeper, nell’atto di conferma della tradizionale petizione che i Comuni richiedevano, per il tramite delloSpeaker,
ad ogni apertura della seduta: «For liberties of speech her majesty commaundeth me to tell you, that to saye yea or
no to Bills, god forbid that any man should be restrained or afrayed to answer according to his best likinge, with
some short declaration of his reason therein to have a free voce, which is the very trew liberties of the house. Not
as some suppose to speak there of all cause as him listeth, and to frame a form of religion, or a state of govern ment». Tale atto è ripostato in W. HOLDSWORTH, A History of English Law, London, 1945, 90. Si vedano, inoltre il
County of Norfolk’s Case del 1586, lo Smalley’s Case del 1576, lo Story’s Case del 1549 e il Parry’s Case del
1585, attraverso i quali «is further evidenced in the cases with which the peculiar privileges and immunities of par
liament were from time to time vindicated»: T.P. T ASWELL-LANGMEADS, op. cit., 320 ss. Ulteriori indicazioni in
G.G. FLORIDIA, Fortuna e crisi del governo misto nella Costituzione inglese, in A. D’ATENA, E. LANZILLOTTA (a cura di), Da Omero alla Costituzione europea, Roma, 2003, 181 ss. (ora anche in R. ORRÙ, L.G. SCIANNELLA (a cura di), Percorsi storici di un giurista. Scritti di Giuseppe G. Floridia in prospettiva storica e comparata (19862005), Torino, 2008, 183 ss.); J.E. NEALE, The Commons’ Privilege of Free Speech in Parliament, in E.B. FRYDE,
E. MILLER, Historical Studies of the English Parliament, Cambridge, 1970, 150 ss.; G. MUSCA, La nascita del Parlamento nell’Inghilterra medievale, Bari, 1994, 149).
17
W. BLAKSTONE, Commentaires on the laws of England, 165.
18
Cfr. T. ERSKINE MAY, Pratical treatise on the laws, privileges, Cap. I, Lib. V, London, 1893, 117 ss.
8
Le immunità parlamentari. Profili storici e comparativi
strazione del regno, riconoscendo in capo a questi ultimi il privilegio della libertà dagli arresti, allo scopo di evitare che vi potessero essere impedimenti alla loro partecipazione alla
riunione.
A partire dal regno di Edoardo I (1272-1307), i privilegi di cui beneficiavano i baroni,
soprattutto in materia di arresto, vennero ben presto estesi anche alle altre componenti, nonché a coloro (generalmente legati da un rapporto vassallatico) che coadiuvavano i membri
nello svolgimento delle proprie funzioni 19. In questo contesto, tale risalente forma di privilegio era sostanzialmente diretta a garantire ai membri delle assemblee – similmente all’inviolabilità regia – protezione nei riguardi dei privati. La libertà dagli arresti serviva, pertanto, ad impedire che il singolo borgo o corporazione venisse a trovarsi privo di un proprio delegato in assemblea 20.
Nel momento in cui i Comuni divennero parte attiva e presente alle riunioni dei Parla menti, il privilegio in parola cessò di essere indirizzato alla difesa anche in ambito penale,
rimanendo invece limitata alla sola materia civile e per il solo tempo di durata della riunione 21. Già in una petizione presentata dai commoners al re per chiedere la riconferma di tale
privilegio, nel 1404, non vi si faceva più alcun cenno alla materia penale 22. Nella successiva petizione del 1429 furono sottratte dalla copertura del privilegio i reati di fellonia, tradimento e violazione della pace.
Una formula più articolata di definizione della portata del privilegio in questione intervenne con la petizione approvata dai Lords a seguito del Thorpe’s cases del 1454 23, nella
quale si rigettava decisamente l’idea di riconoscere una potestà esclusiva della High Court
of Parliament in merito alla sospensione di una procedura giudiziaria avviata nei riguardi
dei propri membri.
Sotto l’aspetto meramente procedurale, dinanzi ad azioni giudiziarie intraprese nei ri guardi di membri della Camera, la prassi divergeva a seconda che l’azione si compisse o meno durante lo svolgimento delle sessioni deilavori. Partendo dal presupposto che in entrambi i casi era fatto obbligo all’autorità competente di informare la Camera di appartenenza
circa l’azione avviata nei riguardi di un proprio membro, nel caso in cui però era in corso
una riunione, l’assemblea poteva rivendicare, per il periodo di durata della sessione, la so spensione dell’azione giudiziaria, ottenendo dal Lord Cancelliere – e con l’assenso regio –
un writ of supersedeas 24.
Si veda ad es. B. LYON, A Constitutional and Legal History of Medieval England, New York, 1960, 571.
Sul punto, rilevante sembrava essere l’influenza dell’antica tradizione anglosassone di ritenere i parteci panti ai gemot «in peace of the king», al fine di garantire la sicurezza del viaggio e la regolare presenza dei deputati nelle assemblee. Cfr. W. ANSON, op. cit., 178.
21
In merito alla durata, non è stato mai stabilito un limite temporalmente preciso. Anzi, per quanto attiene ai
baroni, il loro titolo di nobiltà valeva ad garantire loro l’inviolabilità perpetua. Quanto ai Comuni, regole precise
non si rinvengono nei documenti della Camera, se non relativamente all’applicazione della formula latina “eundo, morando et reundo” che si applicava in concomitanza con lo svolgersi della riunione. Tale formula è stata poi
interpretata nel senso che il privilegio in parola coprisse il deputato «[…] quaranta giorni dopo ciascuna proroga
e quaranta giorni innanzi alla prima udienza indetta […]» (W. BLAKSTONE, Commentaries of England, I, 187).
22
Cfr. ERSKINE MAY, Treatise on The Law, Privileges, Proceedings and Usage of Parliament, cit., 136.
23
La vicenda di Thomas Thorpe, Speaker dei Comuni, imprigionato per il mancato pagamento di una multa,
costituì uno dei primi cases che permise ai Comuni di riaffermare dinanzi al re il privilegio della libertà dagli arresti. Cfr. T.P. TASWELL-LANGMEADS, op. cit., 197. W. STUBBS, op. cit., 168 ss.
24
Tale prassi era invalsa in Inghilterra già sotto il regno di Edoardo II, anche se, con l’inizio del regno di Gia19
20
Le immunità parlamentari tra storia e diritto
9
Come tra poco si vedrà, l’originaria configurazione giuridica della libertà dagli arresti
avrebbe condizionato anche l’evoluzione successiva e comportato, dopo gli eventi della
Glourious Revolution, l’avvio di un suo inarrestabile declino.
2.3. Il potere di contempt e le funzioni giudiziarie del Parlamento inglese
Come ben evidenziato dalla dottrina, il Parlamento medievale inglese era anzitutto 25 – e,
forse, soprattutto – una Corte e solo incidentalmente un’assemblea legiferante 26, laddove il
fondamento giuridico di tale potestà era da ricercarsi nella particolare struttura dellalex et consuetudo parliamenti quale complesso normativo di esclusiva competenza del Parlamento 27,
distinta come tale dal common law e di cui il Parlamento stesso, in forza del suo essere «first
and highest court in this Kingdom» 28, si poneva quale solo supremo ed unico interprete 29. E
como I, lo Speaker, invece di ricorrere al writ of supersedeas, cominciò a chiedere la sospensione dell’azione giudiziaria mediante l’invio di una lettera ai giudici o alle parti in causa, in cui si portava a loro conoscenza che le
persone indagate erano, in quel momento, impegnate nella sessione di lavoro della Camera. Non mancarono tut tavia situazioni di aperto conflitto, che videro i giudici opporsi decisamente all’ordine di sospensione e proseguire senz’altro la propria azione giudiziaria (basti qui citare il casoHodges v. Moore del 1626 in cui il Queen’s Bench si oppose all’ordine di sospensione avanzato dallo Speaker, traducendo ugualmente Hodges in giudizio durante lo svolgimento della sessione parlamentare. Il conflitto fu in tal caso evitato dallo scioglimento della Camera):
T. ERSKINE MAY, Parliamentary Practice, cit., 114.
25
Nel Magnum Concilium, convocato periodicamente a partire già dal XIII secolo, si identificava, infatti, la
suprema Corte del Regno, sicché – sul filo della sua continuità storica, anche se non senza qualche forzatura – an
cora nel Seicento, nella celebre rappresentazione di E. COKE, Institutes of the Laws of England, IV, London, 1648,
poteva ancora parlarsi della «the High and most honorable Court of Parliament» (i testi di Coke possono essere
consultati in N. MATTEUCCI (a cura di), Antologia dei costituzionalisti inglesi, Bologna, 1962). Sulla questione relativa al persistente ricorso all’antica caratterizzazione del Parlamento come Corte di giustizia al fine di fondare i
privilegi dell’organo Camera e dei suoi componenti v., tra i molti, C.H. MCILWAIN, The High Court of Parliament
and its Supremacy, New Haven, 1910, (ris. 1962); C. W ITTKE, The History of English Parliamentary Privilege ,
Columbus, 1921 (rist. New York, 1970).
26
Cfr. C. WITTKE, The History of English Parliamentary Privilege, New York, 1970, 125.
27
Ciò emerge chiaramente già dalla prima dichiarazione fatta in proposito dai Comuni durante la sessione del
Parlamento convocato da Giacomo I nel 1604. In tale occasione difatti, di fronte ai tentativi del sovrano di esercitare un largo controllo sulle elezioni e di porre agli arresti taluni parlamentari (v., in proposito, il già citatoShirley’s Case dettagliamene descritto in T.P. T ASWELL-LANGMEAD, op. cit., 334), i Comuni riaffermarono che «our
privileges and liberties are our right and due inheritance no less than our very lands and goods […]; that our House is a court of record and so ever esteemed; that there is not the highest standing court in this land that ought to
enter into competency, either for dignity or authority, with this High Court of Parliament, which, with your Majes
ty’s royal assent, gives laws to other courts, but from other courts receives neither laws nor orders; and lastly, that
the House of Commons is the sole proper judge of return of all such writs and of the election of all such members
as belong unto it, without which the freedom of election were not entire; and that the Chancery, though a standing
court under your Majesty, be to send out those writs and receive the returns and to preserve them, yet the same is
done only for the use of parliament, over which neither the Chancery nor any other court, ever had, or ought to
have, any manner of jurisdiction» (riportato in T.P. TASWELL-LANGMEAD, op. cit., 335).
28
Cfr. G.W. PROTHERO, Constitutional Documents, 1902, 288; così anche L. HATSELL, Precedents of Proceedings in The House of Commons, vol. I, London, 1796, 1.
29
Per D.L. KEIR, F.H. LAWSON, op. cit., 122, «whereas Charles I’s control of the courts had helped to ensure
decisions in his favour in matters of Prerogative, each House by itself had no power of interfering with the judge;
and whereas he had been able to withdraw questions of Prerogative at will from cognisance of the ordinary courts
by the writ rege inconsulto, the courts have refused to decline jurisdiction at the mere mention of the lex et consuetudo parliamenti. So a second body of parliamentary law grew up as decisions of the Houses on matters of Privilege came to be reviewed by the courts».
10
Le immunità parlamentari. Profili storici e comparativi
il riconoscimento del potere di contempt rappresentò uno degli elementi che in maggior grado
evidenziarono la natura giudiziaria del Parlamento, ricalcando la nota procedura di contempt
of court cui le Corti ricorrevano al fine di rivendicare l’esercizio autonomo e imparziale
dell’azione giudiziaria 30.
Il Parlamento, in quanto posto al vertice del sistema giudiziario, beneficiava di tale potere per esercitare le proprie funzioni in piena autonomia e senza alcuna influenza da parte
di altri soggetti e, in particolare, del sovrano.
Sulla base di tale impostazione, il Parlamento inglese rivendicò il potere di essere giudice unico in materia di Parliamentary Privileges, imponendo sanzioni in riferimento a tutte
le azioni classificabili quali «breach of privilege» o «contempts of Parliament», posti in essere al fine di impedire il regolare svolgimento dell’attività parlamentare, come eloquentemente evidenziato da Coke: «È risaputo che i Lords nella loro Camera hanno poteri giurisdizionali e i Comuni nella loro Camera hanno poteri giurisdizionali … È questa anche la ragione per cui i giudici non possono dare alcuna opinione su questioni che concernono il Parlamento, poiché non possono essere decise secondo common law, ma secundum legem consuetudinem Parliamenti: e questo è un principio riconosciuto in diversi parlamenti dagli
stessi giudici» 31.
Nella fase più complessa della lotta contro la Corona, i Comuni rivendicarono la loro antica natura di High Court che operava in base ad unalex specialis – la lex et consuetudo parliamenti appunto – la quale, essendo basata sulla consuetudine, aveva la forza giuridica per
imporsi allo stesso monarca 32.
2.4. Il ruolo dei Parliamentary Privileges nell’Inghilterra degli Stuart e nelle due rivoluzioni del XVII secolo
La vera storia delle prerogative parlamentari, se ebbe inizio con evidenza nel XVI secolo, trovò però la sua prova più importante e, per così dire, il suo passaggio più significativo
nel mutamento di prospettiva che segnò indelebilmente il Seicento inglese.
Le pretese assolutistiche rivendicate dai sovrani della dinastia Stuart portò 33, già dai primissimi anni del XVII secolo, alla palese rottura della schema del “governo misto” che ave30
Sulle similitudini tra le due procedure, cfr. F.L. HOLT, The Law and Usage of Parliament in cases of Privileges and Contempt: being an attempt to reduce them within a theory and system, London, 1810, 23 ss.
31
E. COKE, Institutes of the Law of England, cit., 14 ss.
32
Così, ad esempio, allorquando nel 1674 la Kings’ Bench decise di pronunciarsi in merito ad una contro versia elettorale, la pronuncia venne annullata dalla Court of Exchequer in ragione del diritto del Parlamento di
essere il solo giudice in materia elettorale, evidenziando come le Corti di common law fossero incompetenti in
tale specifici ambiti (v. Barnardiston v. Soame, in E RSKINE MAY, Treatise and Usage of Parliament, cit., 1964,
154 ss.).
33
Nel 1621, Giacomo I in una lettera inviata allo Speaker dei Comuni affermava, «to make known our name
unto the House, that none therein shall presume henceforth to meddle with anything concerning our Government
or deep matters of State». Nella replica dei Comuni si legge che «the liberties, franchise, privileges and jurisdic tion of Parliament are the ancient and undoubted birthright and inheritance of the subjects of England. And that
the arduous and urgent affairs concerning the King […]are proper subjects and matter of counsel and debate in Par
liament: and that in the handling and proceeding of those businesses every member of the House of Parliament has,
and of right ought to have, freedom of speech to propound, treat, reason and bring to conclusion the same[…]».Riportato da N. WILDING, P. LAUNDY, An Encyclopedia of Parliament, London, 1971, 592.
Le immunità parlamentari tra storia e diritto
11
va in qualche modo garantito, per tutto il secolo precedente, una relativa unitarietà del corpo
governante 34. Sin dagli inizi del regno di Giacomo I Stuart infatti, il confronto tra le conce zioni assolutistiche della monarchia e la rivendicazione, da parte del Parlamento, delle pro prie prerogative denunciarono, tra le due principali componenti della “Costituzione”, un’ostilità che prese corpo con toni indubbiamente più radicali e tragici rispetto al passato 35. Se, in
un primo momento, il sovrano intese impostare il rapporto con il Parlamento sulla scia della
politica elisabettiana, caratterizzata da un’apparente spirito di tolleranza ma contraddistinta,
in verità, da fermezza quanto alla difesa delle prerogative della Corona, successivamente i
rapporti peggiorarono notevolmente, come ben dimostrarono i non pochi episodi di incarcerazione di membri dei Comuni disposti dal sovrano in ragione della posizione da questi ulti-
34
Cfr. T.P. TASWELL-LANGMEAD, op. cit., E.L., WOODWARD, A History of England, London, 1962, 93 ss.; J.P.
KENYON, The Stuart constitution, 1603-1688, Cambridge, 1986, 21 ss.
35
L’atteggiamento ambiguo che Giacomo I assunse sin dai primi anni del Regno sulla questione del ricono scimento dei privilegi suscitò non poche perplessità da parte della Camera dei Comuni. Dinanzi al paventato rischio di un controllo attivo e diretto del sovrano sull’applicazione dei privilegi parlamentari (come aveva ben dimostrato la gestione, da parte del re, della questione relativa alla validità dell’elezione del deputato Francis
Goodwin), i Comuni risposero, nel 1604, con l’approvazione del Form of Apology and Satisfaction . Tale documento, elaborato da una commissione interna composta da ben settanta membri, ribadiva – anche con toni duri –
la portata non più trascurabile dei privilegi del Parlamento inglese: «Most gracious Sovereign […] Howbeit,
seeing no human wisdom, how great soever, can pierce into the particularities of the rights and customs of people
or of the sayings and doings of particular persons but by tract of experience and faithful report of such as know
them (which it hath pleased your Majesty’s princely mouth to deliver), what grief, what anguish of mind hath it
been unto us at some time in presence to hear, and so in other things to find and feel by effect, your gracious
Majesty (to the extreme prejudice of all your subjects of England, and in particular of this House of Commons thereof) so greatly wronged by misinformation as well touching the estate of the one as the privileges of the other,
and their several proceedings during this Parliament: Which misinformations, though apparent in themselves and to
your subjects most injurious, yet have we in some humble and dutiful respects rather hitherto complained of among
st ourselves than presumed to discover and oppose against your Majesty […]. With all humble and due respect to
your Majesty our Sovereign Lord and Head, against those misinformations we most truly avouch. First, That our
privileges and liberties are our right and due inheritance, no less than our very lands and goods. Secondly, That
they cannot be withheld from us, denied, or impaired, but with apparent wrong to the whole state of the realm.
Thirdly, And that our making of request in the entrance of Parliament to enjoy our privilege is an act only of man
ners, and cloth weaken our right no more than our suing to the King for our lands by petition […]. Fourthly, We
avouch also, That our House is a Court of Record, and so ever esteemed. Fifthly, That there is not the highest standing Court in this land that ought to enter into competency, either for dignity or authority, with this High Court of
Parliament, which with your Majesty’s royal assent gives laws to other Courts but from other Courts receives
neither laws nor orders. Sixthly and lastly, We avouch that the House of Commons is the sole proper judge of return of all such writs and of the election of all such members as belong to it, without which the freedom of election were not entire: And that the Chancery, though a standing Court under your Majesty, be to send out those writs
and receive the returns and to preserve them, yet the same is done only for the use of the Parliament, over which
neither the Chancery nor any other Court ever had or ought to have any manner of jurisdiction […] The rights of
the liberties of the Commons of England consisteth chiefly in these three things: First, That the shires, cities, and
boroughs of England, by representation to be present, have free choice of such persons as they shall put in trust to
represent them. Secondly, That the persons chosen, during the time of the Parliament as also of their access and
recess, be free from restraint, arrest, and imprisonment. Thirdly, That in Parliament they may speak freely their
consciences without check and controlment, doing the same with due reverence to the Sovereign Court of Parliament, that is, to your Majesty and both the Houses, who all in this case make but one politic body whereof your
Highness is the Head […]» ( House of Commons Journal , vol. 1: 20, June 1604 (1802), riportato in T.C. MENDENHALL, Ideas and Institution in European History , 800/1715, New York, 1963, 273-274. In argomento, cfr.,
inoltre, D. U NDERDOWN, A Freeborn People: Politics and the Nation in Seventeenth Century England , OxfordNew York, 1996, 19 ss.; G. BURGESS, The Politics of the Ancient Constitution. An Introduction to English Political Thought 1603-1642, London, 1992, 3 ss.
12
Le immunità parlamentari. Profili storici e comparativi
mi assunta all’interno dell’aula36 e, in particolare, il rifiuto del re di approvare laPetition presentata dai Comuni nel 1621 37, nonché la successiva decisione della Corona di procedere allo scioglimento del Parlamento. A tali atti, i Comuni si opposero mediante l’approvazione, il
18 dicembre 1621, di una Protestation ove, per la prima volta, i privilegi venivano rivendi cati al fine di affermare un vero e proprio potere deliberante dell’assemblea 38. Dinanzi ai ripetuti tentativi di scardinare lo schema “contrattuale” su cui si era retto sino a quel momento
l’assetto di governo, la componente parlamentare passò a rivendicare la forza prescrittiva del
modello del “governo misto”, contrapponendo ai soprusi del sovrano i limiti e le regole del la lex et consuetudo parliamenti, di cui il Parlamento ne rivendicava «exclusive cognisance».
Il frutto di questa complessa evoluzione – dopo il momento drammatico della Rebellion
e i progressi registrati durante la Restoration 39 – poté riconoscersi con chiarezza solo nei
nuovi termini ideali, politici e positivi con cui la British Constitution riuscì infine a ricomporsi a seguito della rivoluzione “gloriosa” del 1689, sulla base del nuovo significativo ac36
Come, ad esempio, l’arresto di Edward Sandys, membro dei Comuni, conosciuto per essere stato uno dei Padri fondatori della colonia della Virginia. I motivi di tale arresto vennero ricondotti alla posizione da quest’ultimo as
sunto in aula a riguardo della politica in materia religiosa portata avanti dal sovrano. Cfr. S.R. GARDINER, History of
England from the Accession of James I to the Outbreak of the Civil War 1603-1642, vol. II, New York, 1965, 72 ss.
37
Dinanzi alla pura repressione cui il sovrano fece ricorso per soffocare ogni forma di dissenso espressa dai
deputati durante i lavori in aula, il Parlamento subordinò il proprio assenso alla previa approvazione di una Petizione ove si chiedeva al sovrano di riconoscere «our undoubted right and inheritance received from our ancestor,
and without we cannot freely debate nor clearly discern of things in question before us». Come emergeva dal te nore del testo, i Comuni, per difendersi dagli attachi strumentali della Corona, faceva appello ai diritti ancestrali,
loro riconosciuti da tempo immemorabile, evitando di fare invece ricorso – come poi accadrà con laGlorious Revolution – al loro accresciuto ruolo politico all’interno dell’assetto di governo. Per il testo della Petition, cfr. S.R.
GARDINER, op. cit., vol. IV, 252-253.
38
Nel documento si riconfermava che «[..] the liberties, franchises, privileges and jurisdictions of Parliament
are the ancient and undoubted birthright and inheritance of the subjects of England; and that the arduous and urgent
affairs concerning the King, State, and defence of the realm and of the Church of England, and the maintenance and
making of laws, and redress of mischiefs and grievances, which daily happen within this realm, are proper subjects
and matters of counsel and debate in Parliament; And that in the handling and proceeding of those businesses every
member of the House of Parliament hath, and of right ought to have, freedom of speech to propound, treat, reason,
and bring to conclusion the same; and that the Commons in Parliament have like liberty and freedom of speech to
propound, treat, reason, and bring to conclusion the same; And that the Commons in Parliament have like liberty
and freedom to treat of these matters in such order as in their judgments shall seem fittest; And that every member
of the said House hath like freedom from all impeachment, imprisonment, and molestation (other than by censure
of the House itself) for or concerning any speaking, reasoning, or declaring of any matter or matters touching Parliament or Parliament-business; And that if any of the said members be complained of and questioned for anything
done or said in Parliament, the same is to be showed to the King by the advice and assent of all the Commons as sembled in Parliament, before the King give credence to any private information» (il testo integrale del documento è consultabile in http://history.wisc.edu/sommerville/361/commons_protestation_1621.htm).
39
Nel periodo successivo alla fine dell’esperienza repubblicana, le Camere riuscirono, attraverso un’intensa
attività parlamentare, ad approvare una serie di atti e documenti diretti a riaffermare la centralità dei Parliamentary Privileges nella difesa dell’autonomia del Parlamento. In tale contesto può, a ragione, collocarsi il documento con il quale i Comuni dichiararono l’arresto di Eliot, disposto da Carlo I, contrario al privilegio parlamentare,
nonché la Risoluzione approvata dalla Camera dei Comuni nel 1667 ove si riaffermava la portata assoluta del privilegio della libertà di parola in virtù della quale «that it extends to indemnity all and every the Member of both
Hauses of Parliament, in all Parliaments for and tauching all Bill, speaking, reasoning or declaring of any Matter
in and concerning the Parliament to be communed and trested of and is only a declaratory law of the atient and ne
cessary Rights and Privileges a Parliament». V., quanto riportato da W.R. ANSON, The Law and Customs of the
Constitution, cit., 159; C. BARGUES, Immunités parlementaires et régime representatif. L’apport du droit constitutionnel comparé (France, Angleterre, États-Unis), Université Panthéon-Assas (Paris II), (versione datt.), 2007, 48.
Le immunità parlamentari tra storia e diritto
13
cordo concluso tra le due principali componenti del regno in forza del quale, «the freedom
of speech, and debates or proceedings in Parliament, ought not to be impeached or questioned in any court or place out of Parliament» 40.
Come ben precisato da Mcllwain, i membri dei Comuni si opposero alle pretese assolutistiche del sovrano affermando con forza la «teoria del diritto divino del legislatore», ossia dell’onnipotenza e della supremazia del Parlamento all’interno del sistema politico britannico 41.
È, infatti, essenzialmente da questo momento che appariva manifesto il mutamento di significato dei Parliamentary Privileges, che da consuetudini più o meno forzosamente riconosciute dal monarca si trasformavano in garanzie di rilevanza costituzionale e, come tale,
in grado di avere forza cogente sui futuri rapporti tra le principali componenti del regno.
2.5. La rappresentazione dei Parliamentary Privileges nel XVIII secolo
La portata del mutamento intervenuto con il Bill of Rights permeò ovviamente la cultura
giuridica dell’epoca. Basti pensare alle pagine di Blackstone in cui si esaltava il ruolo centrale e primario che i Parliamentary Privileges esercitavano all’interno del complessivo assetto dei poteri del regno, reputando come essi fossero stabiliti «in order to protect it’
s members not only from being molested by their fellow-subject, but also more especially from
being oppressed by the power of the crown» 42. In tale particolare momento storico, i privilegi parlamentari erano visti da Blackstone come strumento essenziale per proteggere il Parlamento quale suprema istanza democratica. In una fase in cui i rischi derivanti da strumentali azioni condotte dalla Corona per restringere gli spazi sempre più ampi che il Parlamento aveva conquistato con la Glourious Revolution non potevano ancora dirsi completamente sopiti, portava Blackstone ad esaltare il ruolo dei Parliamentary Privileges quale strumento in mano al Parlamento per impedire che forze esterne – e, in particolar modo, la Corona – potessero intralciare o porre in serio pericolo il suo operato 43.
40
Già nel 1688 Williams Williams, Speaker della Camera dei Comuni, rivendicò il potere della Camera di am pliare la portata del privilegio della libertà di parola non solo a quanto affermato dal parlamentare dentro l’aula, ma
anche in relazione a quanto detto al di fuori dell’assemblea e diffuso poi a mezzo stampa. E fu lo stesso Williams ad
esercitare tale privilegio, facendo pubblicare un rapporto di una commissione parlamentare che rivelava la notizia relativa alla presenza di una clausola “segreta” nell’alleanza di Douvres del 1670, conclusa tra Giacomo II e Luigi XIV,
e con la quale la Corona si sarebbe impegnata per il ristabilimento della religione cattolica in Inghilterra. A causa di
tale diffusione, la Court of King’s Bench condannò Williams ad una forte sanzione pecuniaria. A seguito di tale vi cenda, Williams, membro del comitato di redazione delBill of Rights, reputò essenziale che il riconoscimento del privilegio della libertà di parola ricevesse il suo pieno riconoscimento formale all’interno di un atto che ambiva ad es sere la fonte suprema dell’ordinamento e, in forza di ciò, diretta a vincolare i rapporti tra sovrano e Parlamento.
41
C. MCILWAIN, The High Court of Parliament and its supremacy, cit., 351.
42
W. BLACKSTONE, Commentaries of the Laws of England, (1765), 159.
43
Da qui, J. CHAFETZ, in un interessante studio apparso di recente, intilotatoDemocracy Privileges Few, London, New Haven, 2007, 4 ss., propone – proprio partendo dal dato storico – una classificazione del tutto inedita
dei principali modelli dei privilegi parlamentari attorno a due fondamentali paradigmi:Blackstonian e Millian Paradigms. Con il primo, l’A. individua, appunto, l’interpretazione in base alla quale la portata del privilegio si definisce sulla base di un criterio propriamente “geografico” coincidente con l’aula parlamentare, laddove invece
una diversa tradizione, enucleabile nel Millian Paradigms, vede invece prevalere un criterio – emersa con la sentenza “Stockdale v. Hansard” e poi in parte avvalorata dalla giurisprudenza americana – più propriamente “funzionale”, ove il privilegio serve «to facilitate something approaching popular sovereignty, that is, to promote the
convergenze of the will of the public with the actions of the state». Il perno centrale della tesi di Chafetz è che i