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Estratto da
Ann B. Ross, Miss Julia organizza un matrimonio
Titolo originale dell’opera
Miss Julia Throws a Wedding
Traduzione dall’inglese
di Valentina Ricci
Copyright © Ann B. Ross, 2002
© 2014 astoria srl
corso C. Colombo 11 – 20144 Milano
Prima edizione: ottobre 2014
ISBN 978-88-96919-95-8
Progetto grafico: zevilhéritier
www.astoriaedizioni.it
Ho una gran voglia di vendere questa casa. Quell’idea, perfettamente compiuta, mi venne mentre guardavo fuori della finestra e
osservavo il completo disastro dall’altra parte della strada. Una
foschia di polvere rossa aleggiava sul cantiere, e aveva già formato
uno strato che fluttuava sul marciapiede e copriva la mia veranda e il giardino. Un enorme camion a pianale aperto carico di
bancali di mattoni si era appena fermato con uno scricchiolio di
freni, bloccando la strada e il vialetto di casa, mentre i muratori
dall’alto dei ponteggi agitavano cazzuole e urlavano istruzioni. Li
si poteva sentire fino alla Main Street.
Cinquant’anni, o quasi, vissuti nello stesso luogo sono abbastanza per chiunque. Soprattutto quando un mostro di mattoni
a tre piani mi veniva costruito proprio sotto il naso, grazie alle
esagerate ambizioni del pastore Larry Ledbetter. Poi c’era Hazel
Marie avviata alla rovina, nella quale trascinava anche il piccolo
Lloyd, e Coleman così invaghito di Binkie che quasi non dormiva
più nella stanza in affitto al piano di sopra: io mi ritrovavo sul punto di essere lasciata completamente sola in quella casa, senza nulla
a tenermi compagnia a parte i ricordi di Wesley Lloyd Springer.
Dei quali potevo fare a meno senza mai sentirne la mancanza.
“Lillian,” dissi quando la sentii aprire la porta della sala da
pranzo, le note di un gospel diffuse dalla radio in cucina più alte
di un decibel. Doveva abbassare quell’aggeggio.
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“Lillian?” ripetei.
“Sto ascoltando a tutte orecchie,” mi rispose in piedi con le
braccia piene di asciugamani piegati, diretta verso il ripostiglio
della biancheria al piano di sotto.
“Ho una gran voglia di vendere questa casa.”
Lei appoggiò gli asciugamani sul divano e venne alla finestra.
Guardando fuori insieme a me, proprio mentre un operaio scaraventava con fragore un badile dentro una carriola, disse: “Lei
non farà niente del genere, Miss Julia. Quell’edificio della chiesa
presbiteria finiranno di costruirlo una volta o l’altra, poi le cose si
calmeranno e lei supererà lo scompigliamento”.
“Non molto probabile,” risposi. “Le cose non saranno mai
più come prima fino a quando quel mostro mi starà davanti agli
occhi, con tutto l’andirivieni di gente che farà prima una cosa e
poi un’altra solo per tenersi in forma. Un Centro Famiglie, nientepopodimeno. Sarà solo una palestra che si dà un sacco di arie.
E ti dirò un’altra cosa, la chiesa non dovrebbe immischiarsi in
faccende legate alla forma fisica. La sua prima preoccupazione,
secondo me, dovrebbe essere la forma spirituale.”
Girai le spalle alla finestra, disgustata da quel muro di mattoni
che cresceva a mezzo metro dal marciapiede dirimpetto. Volgere
le spalle non fu di molto aiuto, però, perché il disastro che dovevo
affrontare in casa era ancora peggiore.
“Lillian,” dissi ancora, tenendomi la testa con una mano,
“non so più cosa fare su niente. Parola mia, sono così stanca di
combattere battaglie perse in partenza che vorrei mettermi a
piangere. E forse lo farò.”
“Crede che servirà a qualcosa?”
Sollevai lo sguardo verso il retro della casa quando la voce di
Hazel Marie, che canticchiava le poche parole che sapeva di una
canzone country, si levò dalla sua stanza da letto. Felice come
un’allodola, stava facendo le valigie e si preparava a lasciare la
mia casa per trasferirsi in quella del signor J.D. Pickens. Di nuovo
senza il beneficio del matrimonio, potrei aggiungere. C’era da
pensare che, dopo la sua decennale esperienza come amante di
mio marito – situazione che l’aveva lasciata con un figlio e senza
il becco di un quattrino quando lui era morto stecchito là fuori, sul vialetto di casa mia –, sarebbe stata abbastanza furba da
non rimettersi con un altro uomo dello stesso stampo. Non che
il signor Pickens fosse già sposato, come Wesley Lloyd Springer
era stato sposato con me, ma le aveva detto di non essere il tipo
che si sposa, perlomeno non nell’immediato futuro. Ma se non
ora, quando? Stava giocando con il fuoco, le avevo detto. Ed era
bastato a fermarla? No, niente affatto, come testimoniava il clic
dei lucchetti delle valigie.
“Devo parlarle ancora,” dissi, “non posso permetterle di continuare a rovinare così la sua vita.”
“Farebbe meglio a starne fuori,” ammonì Lillian, pronta come
al solito a offrire consigli, che fossero richiesti o meno. “È una
donna fatta, e non è mai stata tanto felice in vita sua.”
“Ma potrebbe essere più felice! Non sa cosa si sta perdendo.” Mi interruppi di botto, ricordando il mio matrimonio non
proprio soddisfacente. Non l’avrei augurato alla mia peggiore
nemica, e Hazel Marie era ben lontana dall’esserlo.
“Ecco il piccolo Lloyd,” annunciò Lillian scostando la tenda
per guardare di nuovo fuori della finestra. “Uno di ’sti giorni
quella vecchia cartella pesante spaccherà la schiena di quel bambino. Vorrà uno spuntino con niente nello stomaco se non uno di
quei pranzacci che danno a scuola, che tanto quasi non lo tocca.”
Mentre si avviava in fretta verso la cucina, con le suole logore
delle pantofole che risuonavano a ogni passo, io tornai alla finestra. Mi si strinse il cuore guardando il piccolo Lloyd camminare
verso casa, con la testa girata dall’altra parte per osservare gli
operai in strada. Nonostante tutti gli sforzi miei e di Lillian, il
bambino rimaneva magro come un chiodo. Le gambine secche
che sbucavano dai bermuda sembravano stuzzicadenti. Una maglietta a maniche corte a righe metteva in risalto il petto gracile,
e una brezzolina leggera gli sollevava i capelli troppo fini, soffiandoli prima da una parte e poi dall’altra. Vidi che strizzava le palpebre dietro le lenti spesse, ammaliato come tutti i bambini dalle
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attività degli operai. Quando arrivò al vialetto si girò e si mise a
camminare all’indietro per fissare i muratori sui ponteggi, dimenticando temporaneamente il Game Boy che aveva in mano. Era
stato il signor Pickens a regalargli quell’aggeggio elettronico, ora
bandito in classe, e il piccolo Lloyd ci giocava andando e tornando da scuola e in ogni occasione che gli si presentava.
“Oh, misericordia,” gemetti piano. “Come farò a vivere senza
di loro?” Riuscivo solo a pensare ai lunghi giorni solitari che si
proiettavano davanti a me, destinata a ciabattare in quella casa
vuota fino a quando sarei stata troppo debole per essere di aiuto a
chiunque. Immaginavo tutti gli altri che continuavano a vivere la
loro vita, facendo tutto ciò che passava loro per la testa: Coleman
avrebbe continuato la sua relazione con Binkie senza il minimo
accenno a un imminente matrimonio, e Hazel Marie avrebbe vissuto nel peccato con il signor Pickens, mentre il bambino avrebbe
imparato chissà cosa dalla loro convivenza, e Sam… be’, chissà
cosa avrebbe combinato, lui. E io sarei rimasta lì, vecchia e dimenticata, costretta a letto e abbandonata dalle mie facoltà mentali, con un’anca rotta, costretta a usare padelle per i miei bisogni
e senza nessuno a cui importasse se me ne portavano una o meno.
Misericordia, avrei sentito la mancanza di quel bambino, anche se non era mio parente di sangue, a parte il fatto che era
nato da mio marito con la partecipazione di Hazel Marie prima
che io sapessi qualcosa della tresca. C’erano voluti nove anni e la
dipartita di Wesley Lloyd perché io venissi a conoscenza di cosa
aveva combinato. Ma questa era acqua passata, sotto un ponte,
una diga o vattelappesca.
Alzai la testa quando sentii cigolare la zanzariera della porta
della cucina, il benvenuto di Lillian e la risata del bambino al
suo ingresso in casa. Torna in te, Julia Springer, dissi a me stessa
raddrizzando le spalle e stringendo le labbra. Poi avanzai a passi
fermi sul corridoio fino alla stanza di Hazel Marie, decisa a fare
un ultimo tentativo. Be’, l’ultimo della giornata.
“Hazel Marie,” esordii, bloccata sulla soglia alla vista di abiti
ammonticchiati sul letto, valigie già piene e sportine zeppe di ef-
fetti personali, come bigodini, asciugacapelli e un paio di scarpe
dietro l’altro. Ricordai la notte in cui si era presentata alla mia
porta sanguinante e piena di lividi, dopo un incontro troppo ravvicinato con i tirapiedi di fratello Vern, senza niente al mondo
tranne l’abito che indossava. E anche quello era lacero, sporco di
fango, ormai importabile. Le cose erano cambiate per lei quando
Sam Murdoch, il mio avvocato di sempre prima che andasse in
pensione, e Binkie Enloe, il mio attuale avvocato, avevano sistemato i due testamenti di Wesley Lloyd in modo che ora il piccolo
Lloyd e io avevamo tutto a metà. Anche se la metà del bambino
era custodita in un fondo fiduciario, di cui lui e Hazel Marie
beneficiavano, e la mia si trovava dove potevo mettervi le mani
tutte le volte che volevo.
“Oh, Miss Julia,” disse Hazel Marie sollevando lo sguardo
dalle valigie, rossa in viso e con gli occhi sfavillanti. “Non sapevo
di avere tante cose. J.D. mi rispedirà indietro.” E rise come se
fosse la possibilità più remota del mondo.
“Hazel Marie,” ripetei cercando di mantenere il controllo,
anche se dovetti impormi di non farmi venire una crisi di nervi,
com’era capitato un paio di volte in passato. “Vorrei che tu ci
ripensassi. Ciò che stai per fare non è giusto, ecco. Che razza di
esempio dai al piccolo Lloyd? Per non parlare di quello che stai
facendo a te stessa. Diamine, non mi sorprenderebbe affatto se
il signor Pickens ti stimasse di meno perché non l’hai costretto a
sposarti.”
Sentimmo squillare il telefono in cucina e ci fermammo entrambe, in attesa che Lillian chiamasse una delle due. Non lo fece,
e Hazel Marie si girò abbassando la testa – per la vergogna, mi
piacque pensare – in modo che i capelli biondi dalla tinta regolarmente ritoccata le nascondessero il viso.
“Miss Julia,” sussurrò, “sa quanto è testardo quando si mette
un’idea in testa. Ed è convinto che tutti penseranno che se ci
sposassimo sarebbe solo perché gli fa gola l’eredità del piccolo
Lloyd. Dice che possiamo vivere felici insieme senza mettere di
mezzo cavilli legali.”
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“Be’, certo che lo dice. Quale uomo non lo farebbe se riuscisse
a spuntarla? E sai che né lui né nessun altro può mettere le mani
su quell’eredità. Binkie e Sam l’hanno blindata come il caveau
di una banca.”
“Lo so.” Annuì. “Ma ne ricavo una discreta somma per il
mantenimento del piccolo Lloyd, e J.D. ha il suo orgoglio.”
“Orgoglio!” Alzai le mani, spazientita. “Questa è proprio da
lui! Cosa vuole che tu faccia, che diventi una barbona per dipendere da lui in tutto e per tutto? Hazel Marie, stai andando in
cerca di guai.”
Lei distolse lo sguardo e piegò di nuovo un abito che aveva
già piegato tre volte. “So che lei pensa che non ci ho riflettuto
abbastanza, ma invece l’ho fatto. Tanto per cominciare, il piccolo
Lloyd ha bisogno di un modello di comportamento maschile, lo
dicono tutti i libri, ed è impossibile trovare un uomo più mascolino di J.D.”
Alzai gli occhi al cielo a quelle parole. Sapevo cosa significasse
mascolino per Hazel Marie. Be’, a volte anche per me. Comunque, aveva ragione quando diceva che al bambino serviva una
figura maschile da ammirare, visto che suo padre non era stato
esattamente un ideale a cui un bambino vorrebbe aspirare. Le
visite del giovedì sera a madre e figlio non erano certo da considerare momenti speciali dedicati alla famiglia, secondo me. Ma, per
difendere il mio punto di vista, non avevo intenzione di concedere
un bel niente.
“Be’, a me sembra solo che se sei assolutamente decisa a questo passo, il meno che lui potrebbe fare è legalizzare l’unione.”
Ma sapevo bene quanto lei che quell’uomo riusciva a essere di
una testardaggine stupefacente.
A parte questa pecca del suo carattere, il signor Pickens era
un brav’uomo. Be’, a parte il fatto che era costituzionalmente
incapace di impedirsi di flirtare con qualsiasi donna incontrasse.
E a parte il fatto che, finanziariamente parlando, non avrebbe
mai fatto faville. Insomma, quanto si può guadagnare inseguendo
persone scomparse, indagando su frodi assicurative e via discor-
rendo? Avevo detto a Hazel Marie che sembrava che una donna
dovesse scegliere tra un brav’uomo e un uomo ricco. Nella mia
esperienza, per quanto limitata fosse, le due cose non andavano
di pari passo.
Be’, c’era Sam, ma non si poteva contare neanche su di lui.
Ero arrivata a quella conclusione dopo essermi accorta di quanto
poco si facesse vedere ultimamente.
A questo punto sospirai, perché Hazel Marie aveva già sentito tutte le mie ragioni più d’una volta, e non erano servite a
niente. Ma, pensai, non le aveva sentite il signor Pickens, e decisi all’istante di dirgli chiaro e tondo quel che pensavo al nostro
prossimo incontro. Volgendo le spalle a quell’impacchettamento
selvaggio, dichiarai: “Spero solo che tu sappia quel che fai”.
E lei, sconvolgendomi al punto di lasciarmi senza parole, corse
da me e mi abbracciò, una dimostrazione d’affetto che incoraggio
di rado, per non dire mai. “Oh, grazie, Miss Julia, grazie,” disse,
mentre l’aroma del profumo Joy che il signor Pickens le aveva
regalato mi faceva quasi girare la testa. “Desideravo con tutto il
cuore la sua benedizione.”
Dare la mia benedizione non era quel che avevo in mente;
si trattava più che altro di rassegnazione, ma prima che potessi
sciogliermi dall’abbraccio e rispondere, sentimmo il ticchettare
delle scarpe di Lillian venire verso di noi sul corridoio.
“Signorina Hazel Marie,” disse Lillian. Si fermò sulla soglia,
con uno strofinaccio da cucina in mano. “Il signor Pickens ha
appena chiamato e ha detto di dirci che non può passare a prenderla oggi. Ci farà sapere quando può venire a prendere la sua
roba, ma per il momento vuole che sta qui con noi.”
“Oh!” gemette Hazel Marie, delusa. Si lasciò cadere su una
poltrona, e dopo un istante schizzò di nuovo in piedi: sulla poltrona, prima di lei, era atterrato il suo cofanetto per il cucito.
Strofinandosi il posteriore, chiese: “Non voleva parlarmi?”.
“Nossignora, ha detto che ha fretta. E, Miss Julia, farebbe
meglio a cancellare il muso lungo che si porta in giro da stamattina. C’ha visite, e non saranno mica contenti di vederla trasci-
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narsi per casa tutta triste come se avesse perso la sua migliore
amica.”
Era esattamente quel che avevo perso, o stavo per perdere.
Anzi, due o tre migliori amici, per essere precisi, ma evitai di
menzionarlo.
“Chi è, Lillian?” chiesi volgendo le spalle a Hazel Marie per
fare il mio dovere. Misericordia, non avevo nessuna voglia di intrattenere ospiti, ma quando si è noti per la propria ospitalità ci
si ricompone e si fa quel che si deve fare, a prescindere da come
ci si sente.
“Coleman e Binkie, ecco chi sono. E dicono di avere un annuncio da fare.”
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