P23 - Società Italiana di Urologia
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P23 - Società Italiana di Urologia
86° Congresso Nazionale SIU Cari amici e soci SIU, in questo volume troverete i contributi scientifici presentati allʼ86° Congresso Nazionale della Società Italiana di Urologia che si svolgerà a Riccione. Ci auguriamo che questa raccolta possa esservi di ausilio nel corso del Congresso e costituisca un utile strumento per coinvolgervi nelle discussioni, nonché un prezioso ricordo di questo evento. Un grazie speciale va ai Colleghi che hanno svolto il compito di revisori, selezionando 254 poster e 42 video a partire dai 574 contributi che sono stati inviati questʼanno, con un tasso di accettazione del 52%. Gli argomenti che hanno suscitato maggiore interesse sono stati lʼoncologia e le tecniche chirurgiche laparoscopiche e robotiche. Ogni lavoro scientifico è stato valutato da tre diversi esperti sulla base dellʼappropriatezza metodologica, della rilevanza dei risultati e della qualità della stesura. Per quanto riguarda i video, invece, i criteri di revisione sono stati: innovazione e riproducibilità della tecnica, metodologia di condotta dellʼintervento e qualità complessiva del video. Anche questʼanno il 30% degli abstract ricevuti erano in inglese, confermando il notevole successo di questa iniziativa avviata nel 2010. Per tale motivo, 14 delle 34 sessioni scientifiche saranno in inglese. Purtroppo per motivi organizzativi, inerenti alla suddivisione dei lavori in sessioni con argomenti omogenei, non è stato possibile accontentare tutti coloro che avevano fatto tale richiesta. Di questo ci scusiamo con i diversi Autori. Il vero successo del Congresso dipende comunque da tutti voi, dalla vostra attiva partecipazione, dal vostro entusiasmo e perché no, anche dalle vostre critiche. Con lʼauspicio che questo Congresso sia allʼaltezza delle vostre aspettative vi auguriamo una buona lettura di questa raccolta di abstract. Carlo Terrone Segue elenco revisori…… 86° Congresso Nazionale SIU comitato scientifico siu Carlo terrone Coordinatore Alberto briganti antonella giannantoni massimo maffezzini andrea tasca ALBERTO MASALA Il Comitato è coadiuvato nelle sue attività da: Barbara Fiorani Capo Segreteria - SIU Executive Manager Presidente SIU Carla Ceniccola Amministrazione - Segreteria Scientifica Marco Carini ex Officio Responsabile Ufficio Scientifico ANDREA MUGGIANO Web e Comunicazione Grafica POSTER La responsabilità del contenuto degli Abstract è interamente ascrivibile agli Autori P1 86° Congresso Nazionale SIU VALUTAZIONE DEI SINTOMI DI VESCICA IPERATTIVA IN PAZIENTI OBESI PRIMA E DOPO CHIRURGIA BARIATRICA A. Ripoli, G. Palleschi, A. Pastore, F. Ciprian, D. Autieri, A. Fuschi, L. Silvestri, A. Leto, C. Maggioni, K. Sacchi, A. Carbone (Latina) Scopo del lavoro E’ riportata in Letteratura un’associazione generica tra obesità e sintomi urinari.Non esistono,tuttavia,dati specifici e su popolazioni selezionate.Scopo del nostro studio è stato valutare i sintomi di vescica iperattiva in una popolazione di soggetti obesi prima e dopo chirurgia bariatrica. Materiali e metodi Sono stati arruolati nello studio pazienti con obesità patologica(BMI>30),di entrambi i sessi.I pazienti sono stati sottoposti ad una valutazione preliminare con esame obiettivo, esame delle urine, indici di funzionalità renale,valutazione del residuo post-minzionale,visita neurologica.Criteri d’inclusione sono stati rappresentati da:obesità(BMI)e presenza di sintomi suggestivi per vescica iperattiva all’Overactive Bladder Questionnaire Short Form(OAB-q SF).Criteri di esclusione sono stati rappresentati da:pregresse o concomitanti patologie urologiche,pregressa chirurgia pelvica,infezione urinaria,alterazione degli indici di funzionalità renale,prolasso genitale, residuo post-minzionale significativo, sospetto o evidenza di patologie neurologiche.Sono stati confrontati il BMI ed il risultato dell’OAB-Q SF 1 giorno prima (baseline)e 90 giorni dopo intervento di chirurgia bariatrica(sleeve gastrectomy). Risultati Da una preliminare coorte di 51 pazienti,sono stati arruolati nella fase sperimentale dello studio un totale di 29 soggetti,20 femmine e 9 maschi, di età compresa fra 19 e 58 anni, media 38+/-4,5 anni.Il BMI medio dei pazienti è risultato: 43+/-8.3;il 65.38% dei pazienti presentava un BMI>40.La durata media della procedura chirurgica è stata di 68+/-21 minuti.La durata media della degenza postoperatoria è stata di 3+/-1.3 giorni.Il confronto tra il BMI pre e postoperatorio e tra il punteggio pre e post-operatorio dell’OAB-q SF ha dimostrato una riduzione significativa di entrambi i parametri. Discussione Lo studio mostra che i sintomi di vescica iperattiva sono significativamente rappresentati nella popolazione obesa.La valutazione statistica ha permesso di dimostrare che,dopo 90 giorni dall’intervento di sleeve gastrectomy,il significativo calo ponderale è associato ad una riduzione importante dei sintomi urinari. Le ragioni fisiopatologiche alla base di tale associazione sono diverse.Alcuni Autori attribuiscono alla compressione esercitata sulla vescica dall’abbondante grasso addominale del soggetto obeso una riduzione della sua compliance che determinerebbe una riduzione della capacità cistometrica,una maggiore predisposizione al prolasso ed urgenza minzionale.Sicuramente l’eziopatogenesi dei disturbi minzionali è multifattoriale,avendo i pazienti con obesità numerose patologie associate,sia cardiorespiratorie che dismetaboliche,il miglioramento di queste comorbidità,chiaramente dimostrato dopo chirurgia bariatrica,ha un impatto favorevole anche sui disturbi urinari. Conclusioni L’esperienza da noi condotta presenta dati ancora non riportati in Letteratura, documentando la presenza di sintomi di vescica iperattiva in pazienti con obesità e loro miglioramento dopo chirurgia bariatrica. 1 P2 86° Congresso Nazionale SIU P3 86° Congresso Nazionale SIU IPOSSIA D’ALTA QUOTA E VARIAZIONI FISIOLOGICHE DEI PARAMETRI UROFLUSSIMETRICI NELLA DONNA UTILIZZO DELL’URODINAMICA NON INVASIVA PER VALUTARE L’OUTCOME DELLA CHIRURGIA PROSTATICA DISOSTRUTTIVA L. Mastroserio, V. Verratti, R. Iantorno, J. Dantas, C. Di Giulio, R. Tenaglia (Chieti) G. MOMBELLI, S. RANZONI, S. SANDRI (MAGENTA) Scopo del lavoro Scopo dello studio è stato stabilire una correlazione tra variazioni della pressione parziale dell’ossigeno e lo stato di funzionalità dell’unità vescicouretrale, al fine di individuare un possibile ruolo fisiopatologico dell’ipossia nei meccanismi della minzione. Scopo del lavoro La disostruzione chirurgica nei pazienti affetti da ostruzione prostatica documentata all’esame urodinamico invasivo ha percentuale di successo del 15-29% maggiore rispetto a chi non lo esegue. L’utilizzo dell’esame urodinamico è limitato perché è invasivo e costoso. Quindi sono state sviluppate tecniche di urodinamica non invasiva. Abbiamo adottato una di queste tecniche prima e dopo il trattamento chirurgico dell’ipertrofia prostatica per verificare la fattibilità della procedura e la correlazione dell’esame con l’outcome chirurgico Materiali e metodi Lo studio è stato condotto su 7 donne (27-41 anni). Per le valutazioni funzionali è stato utilizzato l’uroflussimetro Model 2002 Microflo II, allestendo uno spazio dedicato in ogni location e per ciascuna altitudine di riferimento (livello del mare pre-spedizione; 3500 metri e 5000 metri durante la spedizione; livello del mare post-spedizione). I parametri valutati sono stati: flusso massimo; flusso medio; tempo di flusso; tempo al flusso massimo; tempo di svuotamento; volume mitto. I dati sono stati presentati come mediana, primo (Q1) e terzo (Q3) quartile. È stata effettuata la normalizzazione dei dati con l’ obbiettivo di evitare interferenze di assoluta variabilità individuale dei parametri uroflussimetrici sull’analisi. Così, la variabilità percentuale è stata utilizzata per il confronto. È stato effettuato il test di Friedman per i confronti di tutte le variabili, il Wilcoxon Test per la post-hoc. Il livello di significatività è stato del 5% (P <0,05). Risultati Tutte le variazioni percentuali (∆%) di ciascun parametro uroflussimetrico si riferiscono al confronto tra le valutazioni effettuate a: livello del mare pre-spedizione (SEA_PRE), 3500 metri (HIP_3500), 5000 metri (HIP_5000) e livello del mare post-spedizione (SEA_POST). Le ∆% del flusso massimo, flusso medio e tempo al flusso massimo, non hanno mostrato variazioni statisticamente significative. La ∆% del volume mitto ha mostrato variazioni significative in rapporto a SEA_PRE, SEA_POST confrontati con HIP_5000. La ∆% del tempo di flusso è risultata statisticamente significativa in rapporto a SEA_PRE confrontata con HIP_5000 e in rapporto a HIP_3500 con SEA_POST. La ∆% del tempo di svuotamento è stata significativa in rapporto al confronto tra HIP_5000 e SEA_PRE e SEA_POST. Discussione Nel nostro studio, l’ipossia deriva da una condizione di esposizione a basse pressioni parziali di ossigeno (ipossia ipobarica), determinando una condizione sistemica di risposta all’ipossia e fornendo un primo modello in vivo di possibili alterazioni minzionali in seguito a riduzione dell’oxygen supply tissutale. E’ noto come l’esposizione cronica all’ipossia provochi un’ iperattività del sistema simpatico la cui attivazione si correla a rilassamento del corpo vescicale e a contemporanea contrazione della base vescicale (collo vescicale) e dell’uretra prossimale, contribuendo così al riempimento vescicale. Materiali e metodi Tutti i pazienti in programma per TURP o adenomectomia prostatica sono stati valutati con uno studio pressione/flusso e IPSS prima e 3 mesi dopo l’intervento. Abbiamo escluso portatori di catetere vescicale, calcolosi vescicale, ampi diverticoli, reflusso vescico-ureterale. Lo studio non invasivo si avvale di un flussometro e una cuffia posizionata attorno al pene; il paziente minge nel flussometro: quando inizia la minzione, la cuffia si gonfia di 10 cmH2O/sec fino a quando il flusso minzionale si interrompe o viene raggiunta una pressione di 200 cmH2O. La pressione alla quale si interrompe il flusso riproduce una stima della pressione isovolumetrica vescicale, misura della forza di contrazione detrusoriale. I valori di pressione della cuffia (Pcuff) e di flusso massimo (Qmax) vengono elaborati Risultati Abbiamo eseguito 30 esami prima della chirurgia. 9 test preliminari (30%) erano inattendibili perchè il paziente urinava meno di 150 ml di urina o la cuffia era mal posizionata. 2 pazienti sono persi al follow-up e 1 paziente non ha ancora raggiunto i 3 mesi post-operatori. Nei 18 pazienti che hanno concluso il follow-up, abbiamo trovato i seguenti risultati (tabella). Prima della chirurgia, l’IPSS medio era 18, il volume prostatico medio 79 ml, il residuo post-minzionale (RPM) medio 141 ml. La Pcuff media preoperatoria era 151 cmH2O, il Qmax medio 11 ml/sec. Abbiamo eseguito 9 TURP, 1 RE-TURP e 8 adenomectomie prostatiche sec. Millin. 3 mesi dopo la chirurgia l’IPSS medio era 5 e l’RPM medio 53 ml; la Pcuff media era 141 ml/sec, mentre il Qmax medio 18 ml/sec Discussione Il 30% degli esami iniziali era inattendibile: questo deve essere tenuto in considerazione, escludendo pazienti con capacità vescicale molto ridotta o eseguendo un’ecografia vescicale prima dell’esame e istruendo adeguatamento lo staff. Come evidenziato nel grafico, l’aumento del Qmax è decisamente piu marcato della riduzione della Pcuff; il miglioramento del Qmax è dovuto alla rimozione dell’ostruzione, mentre l‘ipercontrattilità vescicale sembra persistere anche dopo la chirurgia Conclusioni L’aumento dell’attività del sistema simpatico in alta quota potrebbe, di per sé, spiegare l’aumento della ∆% del volume urinato, correlato alle ∆% del tempo di flusso e di svuotamento. Altra possibile interpretazione, dei nostri risultati, è da ricercare in una desensibilizzazione, ipossia-correlata, dell’urotelio vescicale durante la fase di riempimento/riserva. Conclusioni Lo studio urodinamico non invasivo nell’ostruzione cervico-uretrale ha dimostrato di aumentare la predittività dell’outcome chirurgico in pazienti sottoposti a disostruzione: l’outcome clinico post-chirurgico è in accordo con i cambiamenti della valutazione urodinamica non invasiva. In particolare abbiamo osservato maggior miglioramento del Qmax rispetto alla riduzione della pressione vescicalE 2 3 P4 86° Congresso Nazionale SIU P5 86° Congresso Nazionale SIU ILEOCISTOPLASTICA DI AMPLIAMENTO IN PAZIENTI CON VESCICA NEUROLOGICA NELL’ERA DELLA TOSSINA BOTULINICA A. Ierardi, G. Lombardi, F. Nelli, M. Celso, S. Serni, M. Carini, G. Del Popolo (Firenze) INIEZIONE INTRACERVICALE DI ONABOTULINOTOSSINAA PER IL TRATTAMENTO DELL’OSTRUZIONE PRIMITIVA DEL COLLO VESCICALE REFRATTARIA ALLA TERAPIA MEDICA. UNA NUOVA OPZIONE TERAPEUTICA Scopo del lavoro Valutare i risultati a medio e lungo termine dell’IleoCistoPlastica di Ampliamento (ICPA), in pazienti affetti da vescica neurologica refrattaria a terapia antimuscarinica(Am) e a infiltrazione detrusoriale con tossina botulinica (idBTX). E. Sacco, R. Bientinesi, A. D’Addessi, M. Racioppi, G. Gulino, F. Pinto, A. Totaro, M. Vittori, F. Marangi, P. Bassi (Roma) Materiali e metodi Abbiamo analizzato in modo retrospettivo la nostra casistica di 17 pazienti, 8 maschi e 9 femmine, sottoposti ad ICPA da Gennaio 2004 a Ottobre 2012 con età media (range) all’intervento di 40 anni (1964). Tutti i pazienti sono stati sottoposti prima dell’intervento ad esame videourodinamico (VU) che ha evidenziato: incontinenza nel 100% a volume di riempimento medio (range) di 243ml (130–330), Capacità Cistomanometrica Massima (CCMax) media (range) 260 ml (142-430), Compliance (Co) media (range) 8,9 ml/cmH2O (1,8-14,8), reflusso vescico-ureterale (RVU) presente in 6 (35,2%) pazienti. Il nostro protocollo prevede come discriminante per l’intervento l’esecuzione di Cistomanomteria in Spinale (CiSp) che confermi la riduzione della Co. L’ICPA è stata eseguita con risparmio del trigono vescicale e sua anastomosi diretta all’ileo detubularizzato e configurazione di un serbatoio tipo VIP utilizzando circa 30 cm di ileo terminale a 20 cm dalla valvola ileociecale. Risultati 15/17 pazienti hanno eseguito il follow up, che è stato in media è di 47 mesi (6–102), con esecuzione periodica di esami VU e urodinamici. Nel postoperatorio i pazienti non hanno avuto complicanze maggiori che abbiano necessitato reinterventi. L’acidosi metabolica è stata controllata tramite emogasanalisi e corretta con assunzione di bicarbonato per os. I pazienti sono tornati al regime di Cateterismo Intermittente (CI). I parametri urodinamici sono migliorati con aumento della CCMax media (range) 474,5 ml (300–600), e della Co media (range) 29,8ml/cmH2O (9,2-100). 13 (86,7%) pazienti non hanno ripreso terapia Am né eseguito idBTX. All’ultimo controllo 2 pazienti (13,3%), entrambe donne, sono in terapia con Am, 1 dopo aver eseguito ciclo di radiotp per carcinoma uterino, l’altra in associazione anche a idBTX sul moncone vescicale. 2 pazienti, un maschio e una femmina, sono stati sottoposti a sling uretrale per persistenza di incontinenza urinaria di tipo misto. Il RVU è persistito in 2 (13,3%) pazienti diventando monolaterale in 1 di essi ed è stato trattato con bulking ureterale. Discussione La ICPA è un intervento che consente di salvaguardare le alte vie urinarie con un miglioramento della qualità di vita nei pazienti con vescica neurologica refrattaria a terapia con Am e idBTX ,con ridotta Co. L’utilizzo della CiSp preoperatoria permette di discriminare i pazienti da indirizzare alla ICPA da quelli da inviare ad altre terapie, senza rischio di sovrattrattamenti. Scopo del lavoro Valutare sicurezza ed efficacia dell’iniezione intracervicale di OnabotulinotossinaA (BoNTA) come nuova opzione terapeutica dell’ostruzione primitiva del collo vescicale (PBNO). Materiali e metodi Dal Gennaio 2008 al Settembre 2012, sono stati inclusi in questo studio pazienti consecutivi affetti da sintomi del basso tratto urinario (LUTS) con IPSS ≥15, Qmax≤15 ml/sec e diagnosi video-urodinamica di PBNO, non responsivi a terapia alfa-litica±anticolinergico. Criteri di esclusione: ipertrofia prostatica benigna, sclerosi stenosante del collo vescicale, pregressa chirurgia uretrale o prostatica, neuropatie. Ogni paziente è stato sottoposto ad iniezione di 200 UI di BoNTA (BOTOX®, Allergan) diluite in 4 ml di soluzione fisiologica (50 U/ml) sul collo vescicale, per via trans-uretrale. I Pazienti sono stati valutati alla baseline e a 2, 6 e 12 mesi dopo l’intervento tramite IPSS totale, Storage (S-IPSS) e Voiding (V-IPSS) IPSS subscores, IPSSQoL score, uroflussometria con valutazione del residuo post-minzionale (RPM), ed un Patient Reported Outcomes (PROs) questionnaire includente domande sulla soddisfazione (patient global impression of satisfaction, PGI-S; range 0-5). Risultati Dei 37 pazienti consecutivi arruolabili, quattro sono stati esclusi. I 33 pazienti inclusi avevano età media di 33,6 anni (range 18-49) e durata media dei LUTS di 4,4 anni (range 1-9). Non sono stati registrati effetti avversi sistemici, mentre 20 pazienti (60,6%) hanno riportato effetti collaterali locali autolimitantesi, correlati alla procedura: 16 (48,5%) ematuria, 17 (51,5%) stranguria, 5 (15,2%) ritenzione urinaria transitoria. Nessun paziente ha riportato disfunzioni eiaculatorie. E’ stata osservata una riduzione statisticamente significativa dell’IPSS medio da 21.3±8,1 a 8,2±6 (-61,5%; p Discussione L’iniezione intracervicale di BoNTA è efficace nel migliorare i parametri oggettivi e soggettivi in una percentuale significativa di pazienti affetti da PBNO refrattaria alla terapia medica. Conclusioni L’iniezione intracervicale di BoNTA può rappresentare una nuova opzione terapeutica nel trattamento di pazienti affetti da PBNO non responsivi alla terapia medica. I pazienti devono tuttavia essere informati della necessità di iniezioni ripetute nel tempo e dell’utilizzo attualmente off-label del farmaco. Conclusioni La ICPA, eseguita in centri di riferimento, consente al paziente con vescica neurologica refrattario ad altre terapie di preservare le alte vie urinarie aumentando la Co e CCMax e di migliorare la qualità di vita in assenza di fughe urinarie, senza presentare particolari complicanze. 4 5 P6 86° Congresso Nazionale SIU DIECI ANNI DI ESPERIENZA NELLA NEUROMODULAZIONE SACRALE: EFFICACIA A LUNGO TERMINE P7 86° Congresso Nazionale SIU RISULTATI A LUNGO TERMINE DI UNO STUDIO RANDOMIZZATO CONTROLLATO TOT VS TVT I. intermite, G. deRienzo, E. chiarulli, S. alba, G. giocoli nacci, V. pagliarulo, A. pagliarulo (bari) E. Costantini, A. Zucchi, E. Kocjancic, V. Bini, C. Lolli, L. mearini, E. Salvini, A. Pietropaolo, M. Porena (Perugia) Scopo del lavoro La neuromodulazione sacrale (NMS), è una metodica approvata per la cura della vescica iperattiva (VI) e dell’acontrattilità del detrusore (AD). Nonostante la sua dimostrata efficacia, è ancora sottoimpiegata. Preconcetti esistono circa la sua invasività e la sua efficacia a lungo termine. Scopo dello studio: valutare i risultati clinici a lungo termine e la tollerabilità nella nostra casistica sulla NMS Scopo del lavoro Le sling medio-uretrali tension-free Retropubiche (TVT) e Transotturatorie (TOT) rappresentano il gold standard chirurgico dell’incontinenza urinaria da sforzo (IUS). Scopo di questo studio è riportare i risultati a lungo termine (range 6-10 anni) di un gruppo di pz incluse in uno studio prospettico randomizzato multicentrico disegnato per confrontare il tasso di complicanze e di successo della TVT vs TOT (obtape) Materiali e metodi Sono stati analizzati i dati relativi ai pz sottoposti ad impianto di NMS dal 2003 gennaio? a 2013, per VI ed AD. Tutti i pz sono stati sottoposti preoperatoriamente ad esame urodinamico e a valutazione dei sintomi con diario minzionale e nei pz con diagnosi di AD è stato considerato il numero medio di autocateterismi (AC) al giorno. I pz sono stati valutati trimestralmente nel primo anno e quindi annualmente per controllare il corretto funzionamento del neuromodulatore (NEM) e la sua efficacia terapeutica. Abbiamo inoltre contattato telefonicamente i pz per porre loro le seguenti domande al fine di valutare la tollerabilità: ripeterebbe la NMS? considera la NMS una metodica invasiva? la consiglierebbe ad un suo conoscente? Materiali e metodi 95/148 pz (73 TVT e 75 TOT) incluse nello studio iniziale pubblicato nel 2007, sono state ricontattate nell’ottobre 2012 per valutare: 1) la continenza (successo definito come assenza di perdite di urina in qualsiasi condizione e non utilizzo di pads); 2) presenza di sintomi di riempimento e/o 3 ) di svuotamento (terminologia ICS); 4) ulteriori interventi effettuati; 5) tasso di soddisfazione (scala 0-10); 6) se avrebbero ripetuto l’intervento chirurgico. Le pz hanno inoltre risposto ai questionari UDI6 e IIQ7.Tests statistici utilizzati: X2, Mann-Whitney, McNemar e Wilcoxon rank test. Analisi statistica effettuata con IBM SPSS rel. 21,0, 2012 Risultati Dei 60 pz con indicazione ad impianto di neuromodulatore sacrale (48 donne e 12 uomini), 35 hanno impiantato il NEM definitivo, di questi 22 affetti da VI e 13 da AD. Dei restanti 25 che non hanno risposto al test iniziale,16 avevano una AD e 9 una VI. I pz sono stati seguiti per un periodo medio di 5 anni. Dei 35 pz con impianto definitivo, 4 hanno dovuto espiantarlo per scomparsa della efficacia, ed erano tutti pz con AD. In 3 casi è stato sostituito il NEM per malfunzionamento dello stesso. Dei pz con VI, il 60% ha avuto scomparsa dei sintomi, il 40% miglioramento superiore al 50% della sintomatologia, che si è mantenuto stabile negli anni di osservazione. Il numero medio di riprogrammazione NEM è stato di 1,5 (C.I. 1-2) per i pz con VI. In 5 pz con diagnosi di AD si è ottenuta la scomparsa della ritenzione urinaria, ed in 4 casi si è ridotto di più del 50% il numero di AC. In media abbiamo eseguito 2,3 (C.I. 1,9-2,7) riprogrammazioni del NEM. Dei 60 pz analizzati, 46 comprendenti tutti i 35 pz sottoposti ad impianto definitivo, hanno risposto all’intervista telefonica. Il 90% avrebbe ripetuto una procedura di nms; l’80% dei pz considerava la tecnica non invasiva, ed il 93% dei pz l’avrebbe consigliata ad un conoscente. Risultati Delle 95 pz (51 TOT e 44 TVT), 2 sono decedute e 10 sono state perse al follow-up (5 TOT e 5 TVT). Ad un follow-up medio di 98,9 mesi (media 99±19) 83 pz sono state valutate (45 TOT e 38 TVT). Nel gruppo TOT la percentuale di successo è stata del 60% (27/ 45 asciutte), sintomi di svuotamento presenti in 7 (15,5%), sintomi di riempimento in 20 (44,4%). Sottoposte a re-intervento: 4 pz per recidiva della IUS, 2 per prolasso urogenitale (POP), 7 per revisione della rete. 37 pz (82,2%) ripeterebbero l’intervento, VAS media 7,6±2.2. Nel gruppo TVT la percentuale di successo è stata del 78,9% (30/38 asciutte), sintomi di svuotamento presenti in 7 (18,4%), quelli di riempimento in 16 (42,1%). 2 sottoposte a re-intervento: 1 per POP e 1 per laparocele. 34 pz (89,5%) ripeterebbero l’intervento, VAS media 8.4±1.8. Confrontando i risultati a lungo termine con quelli a medio termine, il tasso di successo tende a diminuire di più nel gruppo TOT rispetto al TVT (60% vs 78,9%, p=0,1) (Fig. 1). Nessuna differenza significativa tra TOT e TVT per sintomi di svuotamento (p=0,8), sintomi di riempimento (p=0,2); UDI6 (p=0,87) e IIQ7 (p=0,9) Discussione Nella nostra esperienza la NMS ha mostrato un’efficacia duratura specie in caso di VI. I fallimenti negli anni in caso di AD sono accettabili considerando che non vi sono terapie alternative a questa patologia. In alcuni casi è stato necessario riprogrammare il NEM. Conclusioni La nms rappresenta una valida risorsa nel migliorare la sintomatologia nei casi di VI ed AD, e si mantiene efficiente anche nel corso degli anni. I nostri dati sono in linea con quanto è descritto in letteratura. Discussione Ad un follow-up lungo il tasso di continenza dopo TOT tende a diminuire (dal 77,3% al 60%) mentre rimane stabile dopo TVT. La differenza tra le due procedure non è statisticamente significativa, forse a causa del numero di pz valutate. I risultati peggiori ottenuti nel gruppo TOT possono essere legati all’uso del obtape, non più disponibile a causa dell’alto tasso di erosioni, anche se in questo studio, dopo le 7 revisioni 4 pz sono asciutte e 3 bagnate Conclusioni I risultati a lungo termine dimostrano che le sling mediouretrali sono un’opzione valida nel trattamento della SUI ma i risultati tendono a peggiorare nelle TOT 6 7 P8 86° Congresso Nazionale SIU P9 86° Congresso Nazionale SIU COLPORRAFIA ANTERIORE: USARE O NON USARE LA RETE PROTESICA? RISULTATI A LUNGO TERMINE VALUTAZIONE URODINAMICA PRIMA DELLA CHIRURGIA PER INCONTINENZA URINARIA DA SFORZO FEMMINILE: IN QUANTE PAZIENTI POTREBBE ESSERE CONSIDERATA SUPERFLUA? F. Dal Moro, L. Angelini, L. Frazza, F. Zattoni (Padova) E. Finazzi Agro, F. Lamorte, J. Frey, S. Musco, L. Topazio, G. Patruno, G. Vespasiani (Roma) Scopo del lavoro Nella correzione del prolasso della parete vaginale anteriore la colporrafia anteriore (CA) svolge un ruolo di primo piano. Le colporrafie anteriori con MESH (CAM) sembrano presentare una miglior percentuale di successi. Lo scopo di questo studio è stato quello di valutare l’outcome a lungo termine della CA e della CAM. Scopo del lavoro L’International Consultation on Incontinence (ICI) raccomanda di eseguire una valutazione urodinamica prima della chirurgia per incontinenza urinaria da sforzo (IUS) femminile; tale raccomandazione è stata messa in discussione dai risultati dello studio VALUE (N Engl J Med 366;21: 1987-97, 2012). Scopo dello studio è stato valutare in quante donne che accedono al nostro servizio di urodinamica prima della chirurgia per IUS si possa definire un quadro di IUS non complicata secondo i criteri di inclusione/esclusione dello studio VALUE e, secondariamente, in quante donne la valutazione urodinamica fornisca osservazioni differenti dal quadro clinico. Materiali e metodi Abbiamo analizzato 140 pazienti consecutive sottoposte a chirurgia (105 CA e 35 CAM) per correzione di prolasso vaginale anteriore di grado ≥2° (sec. Baden-Walker). Sono stati analizzati parametri preoperatori (età, parità, peso, BMI, pregressa isterectomia, stadio del prolasso), intraoperatori (anestesia, durata dell’intervento, perdite ematiche), postoperatori immediati (anemizzazione, tempi di mobilizzazione e cateterizzazione, residuo post-minzionale, dimissione con catetere o in regime di cateterismo intermittente) e postoperatori a lungo termine (complicanze, presenza o meno di recidiva-definita come la presenza di un prolasso anteriore di grado ≥2°-, ulteriore chirurgia per prolasso, incontinenza urinaria, sintomi ostruttivi, cateterismo intermittente, dispareunia, infezioni urinarie, dolore pelvico). Per l’analisi statistica dei dati abbiamo usato il Test del χ2, Fisher Esatto, t di Student o Wilcoxon. Risultati L’età mediana alla chirurgia è stata di 66 anni (range 38-89) per le CA e 63 anni (38-81) per le CAM (p=0,49). Il BMI è stato di 24,9 (18-33,2) e 25,3 (16,9-30,8) per CA e CAM (p=0,73). Gli altri parameri preoperatori sono risultati confrontabili nei due gruppi (p>0.05). Lo stadio del prolasso era rispettivamente per CA e CAM: stadio 2° in 21 (20%) e 9 (25%) pazienti, stadio 3° in 57 (54,3%) e 21 (60%) casi, stadio 4° in 24 (22,9%) e in 5 (14,3%) pazienti. I dati relativi ai parametri intraoperatori e postoperatori sono riportati nella tabella 1. Il follow-up medio è stato di 62,4 mesi (12,6-89,9) per le CA e 61,6 mesi (30,7-88,3) per le CAM. Nel corso di questo periodo sono state perse 7 pazienti (7,1%), tutte appartenenti al gruppo della CA. Discussione Nella nostra esperienza a lungo termine abbiamo confermato un maggior successo anatomico a favore della CAM rispetto alla CA (88,6% vs 75,5%, p=0,07), con un minor rischio di ritenzione acuta postoperatoria (11,4% vs 0%), una minore persistenza di incontinenza urinaria da stress (IUS) (100% vs 48,4%), una minore tendenza a sviluppare IUS de novo ( 6,4% vs 29,8%), una minore percentuale di reinterventi (9,2% vs 2,9%). Al contrario la CAM ha dimostrato un leggero svantaggio rispetto alla CA per quanto riguarda dispareunia (14,3% vs 9,2%), sintomi ostruttivi (22,9% vs 18,4%) e dolore pelvico cronico (5,7% vs 0%). Non abbiamo registrato casi di erosione della rete protesica. Materiali e metodi Lo studio è retrospettivo monocentrico. Sono stati analizzati dati di pazienti sottoposte a esame urodinamico prima di un intervento chirurgico per IUS dal 2008 al 2012. Le pazienti sono state divise in due gruppi: pazienti con IUS non complicata o complicata (secondo criteri VALUE). Le osservazioni urodinamiche sono state comparate con i dati pre-urodinamici e considerate differenti in caso di diagnosi di diverso tipo di incontinenza o di disturbo dello svuotamento. I risultati urodinamici sono stati valutati separatamente nei due gruppi di pazienti. Risultati 244 pazienti sono state analizzate; 33 sono state escluse per incompletezza dei dati. Delle rimanti 211, solo 47 sono state classificate nel gruppo IU non complicata (22,3%). Le osservazioni urodinamiche sono risultate differenti dai dati pre-urodinamici in 134/211 pazienti. Questa percentuale è stata significativamente più alta nel gruppo IUS complicata (70,1% vs 40,4%, p=0,0003). Una disfunzione minzionale è stata diagnosticata in 43 pazienti con IUS complicata (26,2%) e in 11 con IUS non complicata (23,4%). Discussione La maggioranza (77,7%) delle pazienti che accede al nostro servizio di urodinamica prima di un intervento chirurgico per IUS sembra appartenere al gruppo IUS complicata. L’esame urodinamico sembra fornire nuove informazioni nel 70,1% dei casi e permette di diagnosticare una disfunzione minzionale in circa il 25,6% delle pazienti, con una prevalenza non significativamente diversa nei due gruppi (IUS complicata/non complicata). Le pazienti con disfunzione minzionale sembrano mostrare risultati peggiori dopo l’intervento chirurgico: non dovremmo informarne le pazienti prima dell’intervento? Come farlo senza eseguire l’esame urodinamico anche nelle pazienti con IU non complicata? Conclusioni I risultati dello studio VALUE si applicano alle donne con IUS non complicata, che sono una minoranza sia nello studio VALUE stesso sia nel nostro campione. Per la maggior parte delle pazienti non è stata dimostrata una non inferiorità della semplice valutazione clinica rispetto ad una valutazione comprendente l’esame urodinamico. Inoltre, un quarto delle pazienti (anche fra le non complicate) presenta un quadro di disfunzione minzionale che può essere evidenziato solo con l’esame urodinamico. Conclusioni I nostri risultati a lungo termine confermano che la CA è una tecnica efficace, senza significative complicanze. La CAM permette di ottenere un successo anatomico ancora maggiore rispetto alla CA, con una maggior riduzione del rischio di persistenza di IUS e di sviluppo di IUS de novo. 8 9 P10 86° Congresso Nazionale SIU LA “CORONA MORTIS”: UN PROBLEMA PER LA CHIRURGIA PROTESICA UROGINECOLOGICA? G. Paradiso Galatioto, S. Masciovecchio, P. Saldutto, E. Toska, V. Galika, D. Biferi, C. Vicentini (L’Aquila) Scopo del lavoro La “corona mortis” è una frequente alterazione vascolare caratterizzata dalla presenza di una anomala origine dell’arteria o della vena otturatoria dal sistema vascolare iliaco esterno o dalla presenza di un vaso anastomotico che pone in comunicazione questi sistemi vascolari. La letteratura scientifica dimostra come una lesione iatrogena della “corona mortis” può essere secondaria anche ad interventi miniinvasivi di chirurgia uroginecologica. Scopo del nostro studio è stato quello di valutare la sicurezza circa danni vascolari del posizionamento di benderelle mediouretrali o di reti protesiche in donne che presentano la “corona mortis” Materiali e metodi Abbiamo valutato prospetticamente 71 pazienti (pz) con evidenza di “corona mortis” dimostrata alla TC (senza e con mdc) addomino-pelvica e sottoposte a posizionamento di sling mediouretrale (31 pz trattate con sistema Monarc® Subfascial Hammoc e 7 pz con Sparc® Sling System) per il trattamento dell’ incontinenza urinaria da sforzo o a correzione protesica del prolasso urogenitale (22 pz trattate con Elevate® Anterior & Apical Prolapse Repair System e 13 con Perigee® Transobturator Anterior Prolapse Repair System). Tutti gli interventi sono stati condotti dalla stesso operatore e tutte le pz sono state sottoposte ad attento monitoraggio clinico, laboratoristico e strumentale intra e peri-operatorio. Quarantanove pz hanno accettato di essere sottoposte a RMN addome-pelvi nel periodo perioperatorio, al fine di valutare l’insorgenza di eventuali ematomi retropubici Risultati RISULTATI Nel periodo intra e peri operatorio, in nessuna pz sono stati osservate variazioni dei parametri vitali e/o dei segni clinici, laboratoristici o strumentali riconducibili ad emorragia intrapelvica. Lo studio in RMN, in tutti i casi, ha evidenziato assenza di raccolte ematiche in sede retropubica Discussione La “corona mortis” è una anomalia vascolare molto frequente, infatti, quella arteriosa è presente dal 14,8% al 36% della popolazione generale senza prevalenza di genere, mentre quella venosa è addirittura ancora più frequente. Numerosi lavori scientifici dimostrano come i traumi pelvici ed alcuni interventi di chirurgia generale sono tra le cause più frequenti di lesione della “corona mortis”. Le tecniche mininvasive in chirurgia protesica uroginecologica utilizzate per il trattamento dell’incontinenza urinaria da sforzo e/o per la correzione del prolasso urogenitale, sono caratterizzate contestualmente da elevata efficacia e basso tasso di complicanze. Lesioni vascolari iatrogene nel corso di questi interventi sono stimate essere pari a circa l’ 1%-2% dei casi. Nessuno studio è stato condotto per valutare l’impatto della presenza della “corona mortis” sull’incidenza delle complicanze vascolari in chirurgia protesica uroginecologica. Nella nostra esperienza questa anomalia vascolare non riduce la sicurezza di queste procedure Conclusioni La chirurgia uroginecologica miniinvasiva mostra alta sicurezza anche in presenza di “corona mortis” 10 P11 86° Congresso Nazionale SIU STUDIO GENETICO SUL POSSIBILE RUOLO DELLE VARIANTI DEL RECETTTORE DELGI ANDROGENI NELL’AZOOSPERMIA SECRETORIA E. Galletto, C. Arduino, L. Rolle, C. Ceruti, M. Timpano, C. Ceruti, O. Sedigh, M. Falcone, M. Preto, B. Frea (Torino) Scopo del lavoro Le alterazione nel gene dell’AR causano la sindrome da insensibilità agli androgeni. Lo scopo del lavoro è quello di valutare il possibile ruolo delle varianti del gene del AR nell’azoospermia secretoria. Materiali e metodi Sono stati consideradi 50 pazienti affetti da azoospermia secretoria.Tutti i pazienti sono stati sottoposti a prelievo di spermatozooi direttamente dal parenchima testicolare. Un frammento è stato sottoposto a processing al fine di un eventuale recupero di spermatozoi; un altro frammento è stato inviato al servizio di anatomia patologica per la diagnosi istologica. Inoltre a tutti i pazienti sono stati effettuati due prelievi di sangue periferico: uno è stato utilizzato per lo screening ormonale; l’altro è stato utilizzato per l’analisi genetica. Ai fini dell’analisi statistica i pazienti, in base all’esame istologico, sono stati suddivisi in due gruppi: un gruppo A con un quadro istologico di sindrome a sole cellule sertoli (SCOS) ed arresto maturativo precoce ed un gruppo B con un quadro istologico di focale spermatogenesi conservata. Sono state quindi analizzate le seguenti correlazioni: presenza di mutazioni e varianti del recettore degli androgeni in rapporto al quadro istologico e all’assetto ormonale; le varianti del AR in rapporto alla probabilità di recupero di spermatozoi dopo TeSE. Risultati Non sono state evidenziate mutazioni nel gene AR. In 13 pazienti abbiamo evidenziato il polimorfismo p.995A>G: polimorfismo noto in letteratura e che ha una prevalenza nella popolazine maschile infertile del 8-14%. La correlazione dei dati genetici con i dati istologici e ormonali, ha mostrato che i pazienti con quadro istologico di SCOS e arresto maturativo, se presentavano il polimorfismo 995A, avevano una significativa diminuzione di increzione di testosterone e un significativo aumento di increzione di LH. Infine, il confronto dei dati genetici e il retrieval rate, non ha evidenziato correlazione. Discussione In base ai nostri risultati possiamo affermare che esiste una correlazione statisticamente significativa tra il polimorfismo 995A e la presenza di un quadro endocrino maggiormente alterato nei pazienti con istologia più grave. I nostri dati non evidenziano una correlazione tra i polimorfismi 995A e 995G del gene AR e il retrieval rate di spermatozoi dopo biopsia testicolare, e non è quindi ipotizzabile utilizzare tali polimorfismi come “marker” di probabilità di recupero di spermatozoi dopo TeSE. Conclusioni In seguito a questi risultati, abbiamo valutato sei marcatori polimorfici all’interno del gene AR. Sono stati identificati quattro aplotipi prevalenti di cui uno (HAP4) che ha confermato la correlazione con un quadro endocrino maggiormente alterato nei pazienti con istologia più grave. Questi risultati indicano che fattori genetici in linkage disequilibrium con il gene AR interferiscono con la spermatogenesi. 11 P12 86° Congresso Nazionale SIU P13 86° Congresso Nazionale SIU LA FECONDAZIONE IN VITRO NEI PAZIENTI AZOOSPERMICI AFFETTI DA FIBROSI CISTICA O DA PATOLOGIA CFTR CORRELATA. TRATTI DI PERSONALITà E DISFUNZIONI SESSUALI MASCHILI: ESISTE UNA RELAZIONE? RISULTATI PRELIMINARI. F. Gadda, A. Paffoni, V. Bianchi, M. Serrago, G. Cozzi, A. Conti, G. Pizzamiglio, F. Lalatta, E. Somigliana, F. Rocco (Milano) P. M. Michetti, M. Silvaggi, N. Tartaglia, I. Sabatini, M. Bellangino, C. Leonardo, R. Rossi (roma) Scopo del lavoro L’assenza congenita bilaterale dei vasi deferenti (CBAVD) è associata a mutazioni del gene Cystic Fibrosis Transmembrane Conductance Regulator (CFTR).Oltre alla forma classica di fibrosi cistica (FC), vi sono patologie CFTR-correlate in cui l’azoospermia ostruttiva è la principale manifestazione clinica al momento della diagnosi.Scopo di questo lavoro è riportare l’esperienza di recupero ed utilizzo di spermatozoi in pz azoospermici con mutazione CFTR. Materiali e metodi Dal 1/3/2005 al 1/3/2013 i pz con FC desiderosi di prole o azoospermici con riscontro di almeno una mutazione a carico del gene CFTR sono stati sottoposti a visita andrologica. Dopo counselling genetico e consenso informato i pz sono stati sottoposti a PESA+ ev.TESE. Gli spz recuperati sono stati crioconservati in attesa della procedura di fecondazione in vitro. Risultati Sono stati individuati 42 pz con CBAVD, di cui 19 (45%) affetti da FC classica e 23 (55%) affetti da patologie CFTR correlate. 25 pz sono stati sottoposti a ricerca di spz secondo la seguente modalità:19 (76%) casi PESA; 6 (24%) casi PESA + TESE.In 23 pz su 25 la ricerca di spz ha dato esito positivo, pari ad un tasso di recupero del 92% (95% CI 74%-99%). Per i 2 pz con esito negativo, è stato eseguito solo l’intervento PESA (rischio anestesiologico elevato per TESE).In media sono state crioconservate 9 ± 2 paillettes da 0.3 ml per pz. Ad oggi sono stati eseguiti 33 cicli di ICSI in 17 coppie che hanno fatto ricorso agli spz crioconservati. Il tasso di fecondazione per ovocita inseminato è stato del 72% (95%CI : 65-79%). Sono stati trasferiti in utero 72 embrioni che hanno dato origine a 16 camere gestazionali in 12 gravidanze (tasso di impianto: 22%, 95% CI: 13-34%). Il tasso di gravidanza per coppia è stato pari al 65% (11/17) (95%CI: 38%-86%). L’outcome delle gravidanze è il seguente: 1 aborto spontaneo > 12 settimana; 4 gravidanze evolutive in corso; 7 gravidanze a termine con nascita. Discussione Nel 92% dei pz con CBAVD possono essere recuperati spz utili alla fecondazione in vitro. La ICSI offre possibilità di successo soddisfacenti, non inferiori a quelle ottenibili con spz eiaculati. Conclusioni La CBVAD è una delle cause di azoospermia ostruttiva più frequentemente osservate nel nostro centro, e il recupero di spz con PESA e/o TESE offre risultati molto incoraggianti. 12 Scopo del lavoro Già nel 1971 Eyesenk ha dimostrato che gli uomini con disfunzioni sessuali (DS), presentavano alti livelli di neuroticismo, inteso come tendenza ad esperire sentimenti di ansia e preoccupazione, se comparati alla popolazione senza DS (1). La relazione tra le DS, ed i tratti di personalità è stata da allora scarsamente approfondita in letteratura. Scopo di questo lavoro è di verificare se vi siano dei profili di personalità più frequentemente associati alle principali disfunzioni sessuali maschili (DSM), Disfunzione Erettile (DE) ed Eiaculazione Precoce (EP), con conseguenti ripercussioni sulla pratica clinica. Materiali e metodi A 95 uomini compresi fra i 18 ed i 64 anni (età media 39,10 anni) richiedenti visita andrologica tra Novembre 2012 ed Aprile 2013, per DE o EP di origine non organica (67 DE, 19 EP, 9 EP + DE) , è stato somministrato l’International Index of Erectile Function (IIEF) per DE e il Premature Ejaculation Severity Index (PESI) per EP, insieme ad EPQ-R, un questionario strutturato per la valutazione del profilo di personalità. Questo strumento si avvale di 5 scale corrispondenti a 5 aspetti della personalità più una di controllo. Risultati È emerso che nei soggetti con DE e/o EP, è presente in misura superiore alla popolazione di controllo (PdC) la dimensione di personalità definita estroversione (impazienza, impulsività) con una media dei percentili (MdP), rispetto alla PdC, di 54,59 e mediana 54. Nei pazienti con EP, sono invece presenti in misura superiore alla PdC le dimensioni di personalità tipiche dei soggetti con dipendenze o comportamenti antisociali, con MdP 59,94 e 62,29 e mediana 64 e 70. Discussione I nostri dati correlano con la tendenza dei pazienti con EP a cercare la gratificazione il prima possibile senza porre attenzione alle possibili conseguenze per se e per gli altri, come avviene nei comportamenti di abuso di sostanze, nelle dipendenze comportamentali o nelle condotte illegali. I pazienti con EP hanno inoltre ottenuto valori molto bassi nella scala LIE (tendenza dissimulare per desiderabilità sociale), che indica un’eccessiva non curanza del giudizio dell’altro, con una MdP 31,82 e mediana 31. Anche quest’ultimo dato sembra poter descrivere le caratteristiche “relazionali” del soggetto più facilmente a rischio di sviluppare e mantenere un’EP. Conclusioni Se i dati preliminari riportati troveranno conferma in una popolazione più estesa, attualmente in osservazione, sarà possibile identificare i sottogruppi di pazienti in cui le componenti stabili della struttura di personalità possono favorire l’insorgenza ed il mantenimento di una DS, suggerendo all’andrologo di avvalersi di un approccio integrato con lo psicosessuologo per la risoluzione della DS del paziente, in particolare laddove la terapia farmacologica non risulti risolutiva. (1)Eysenck HJ. Personality and sexual adjustment. Br J Psychiatry 1971;118:593-608. 13 P14 86° Congresso Nazionale SIU DISFUNZIONE VENO OCCLUSIVA ED N.P.T.: CORRELAZIONI CLINICHE M. Carrino, L. Pucci, C. Meccariello, M. Fedelini, R. Giannella, P. Fedelini (Napoli) Scopo del lavoro Scopo di questo lavoro è la ricerca di parametri predittivi di D.V.O.con metodiche diagnostiche non invasive come la N.P.T. Materiali e metodi Sono stati valutati 125 casi di D.E. giunti alla nostra osservazione presso l’U.O.S. di Andrologia Chirurgica dal gennaio 2009 a dicembre 2011. I pazienti sono stati sottoposti a protocollo di valutazione con anamnesi, esame obiettivo, glicemia, Hbg, testosterone totale, PRL, colesterolo HDL trigliceridi ed N.P.T. (Rigiscan Dacomed) e successivamente ad ecocolordoppler penieno dinamico e farmaco cavernosometria/grafia. In base ai risultati osservati, i pazienti sono stati stratificati in quattro gruppi diagnostici: psicogeni, prevalentemente arteriogenici, prevalentemente venogenici e misti. I parametri Rigiscan riscontrati nel gruppo “venogenici”, sono stati comparati con quelli “arteriogenici” mediante curve di analisi R.O.C. I parametri considerati sono stati il numero degli episodi erettivi, la durata del miglior episodio erettivo e la tumescenza e rigidità in TIP e BASE. Risultati Tutti i parametri considerati sono risultati statisticamente peggiori nel gruppo “venogenici”, risultavano infatti, correlati con il flusso di mantenimento. Le curve ROC, mostrano che il parametro che esibisce la migliore correlazione con la D.V.O. è la durata del miglior evento erettivo inferiore ad 11 minuti con una rigidità alla base inferiore del 35% Discussione La diagnosi di D.E. secondaria a D.V.O. richiede indagini invasive quali l’ecocolor doppler penieno dinamico e la farmaco cavenosometria/grafia ed è spesso gravata da un elevato numero di falsi positivi. Il tutto è attribuibile ad una serie di fattori relativi alla patologia (fisiopatologia), al paziente (ansia) ed all’overlappping di forme miste (arteriogeniche/venogeniche). Conclusioni La durata del miglior episodio erettivo inferiore ad 11 minuti ed una rigidità inferiore al 35% sono fortemente indicativi di D.V.O. pertanto nei pazienti in cui tali parametri non risultano alla N.T.P. andrebbe sconsigliata l’esecuzione di indagini invasive per lo studio del meccanismo veno-occlusivo. P15 86° Congresso Nazionale SIU DIVERGENZA TRA GRADO DI CURVATURA REALE E PERCEPITA NEL PAZIENTE AFFETTO DA INCURVAMENTO PENIENO. RISULTATI PRELIMINARI. G. Chiriacò, P. Umari, G. Mazzon, M. Rizzo, G. Ollandini, C. Trombetta (Trieste) Scopo del lavoro L’incurvamento penieno, sia nella sua forma congenita che acquisita(IPP), è una limitazione anatomofunzionale. Al momento non esiste un sistema di valutazione validato sulle implicazioni psico-sessuologiche dell’incurvamento e sulla dismorfofobia peniena che ne deriva. Obiettivi del lavoro sono: -Valutare la divergenza tra il grado di curvatura reale e percezione che ne ha il paziente -Valutare mediante variabili psicometriche l’impatto sessuale e sociale della patologia Materiali e metodi 20 pz (14 con ipp e 6 con incurvamento congenito) sono stati invitati a compilare 2 questionari: L’IIEF-5, il BDI II ed a rappresentare graficamente il loro pene in erezione rispettando il più possibile le dimensioni reali nelle stesse proiezioni richieste dal metodo Kelami per l’esecuzione delle autofotografie. Successivamente i pz sono stati sottoposti ad anamnesi, esame obiettivo e fotografie in farmacoerezione secondo il metodo Kelami. I pz con IPP hanno età media di 53,5anni (range 36-61). Il 21%(3) sono ipertesi ,il 7%(1) iperteso e dislipidemico, il 14%(2), diabetici e il 7% (1) affetto da Dupuytren. L’85%(12/14) è coniugato. L’incurvamento più frequente è quello dorsolaterale(8)(57%) seguito da quello dorsale (4)(28%) e laterale (2) (15%). Risultati Nell’IPP tra comparsa e prima visita specialistica passano in media 8,2 mesi (range: 1-48 mesi). Il 70% (10) riferisce un accorciamento notevole del pene in seguito alla comparsa della patologia. Il 79% riferisce di aver assunto terapia medica che ha portato beneficio solo nel 9% dei casi. Dolore a riposo, all’erezione e coitale, difficoltà alla penetrazione e dispareunia della partner sono frequenti sintomi di questa patologia causa di avvertito disagio psicologico nel 70% dei nostri pz. Dal risultato medio dell’ IIEF è emerso che questi pz hanno una disfunzione erettiva lieve(risultato totale medio di 17). E dal BDI-II che solo 2 su 14 hanno un moderato grado di depressione, rispetto al totale in cui è assente. 14/14 pz con IPP sovrastimano il loro grado di incurvamento di circa 16° a differenza di quelli con incurvamento congenito che lo sottostimano di circa 14°. Discussione -L’incurvamento penieno colpisce l’identità maschile con ricadute sull’immagine che si ha di sé. -Il paziente con incurvamento acquisito rispetto al pz con incurvamento congenito sovrastima graficamente la severità della patologia. Conclusioni -L’incurvamento penieno colpisce l’identità maschile con ricadute sull’immagine che si ha di sé. -Il paziente con incurvamento acquisito rispetto al pz con incurvamento congenito sovrastima graficamente la severità della patologia. 14 15 P16 86° Congresso Nazionale SIU P17 86° Congresso Nazionale SIU FOTOGONIOMETRIA DIGITALE CON SMARTPHONE I.P.P. L’APP PER MISURAZIONI DELLA CURVATURA DEL PENE MACROMORFOLOGIA DEL RECURVATUM PENIENO IN PAZIENTI CON I.P.P.: CORRELAZIONE CON L’INCIDENZA DI D.E. E PATTERN ULTRASONOGRAFICI L. Pucci, M. Carrino, R. De Biase, A. Curci (Napoli) L. Pucci, P. Fedelini, M. Fedelini, A. Oliva, F. Monaco, M. Carrino (Napoli) Scopo del lavoro Scopo del nostro lavoro è quello di presentare un database innovativo installabile su smartphone in grado di valutare con precisione gli angoli di erezione pre e post operatori, di archiviare i pazienti ed i risultati nel tempo.. Scopo del lavoro Scopo di questo lavoro è quello di valutare con metodica mono parametrica eventuali correlazioni tra le alterazioni morfologiche del corpo cavernoso e l’emodinamica peniena all’ ecocolor doppler dinamico. Materiali e metodi Sono state rivalutate 72 procedure di corporoplastica eseguite dal Gennaio 2009 al Dicembre 2011 con una curvatura peniena variabile tra i 30°-90°. Per tutti i pazienti è stata eseguita fotografia digitale in A.P. e laterale in corso di erezione massimale con fotocamera digitale (Sony DSC-H10). Prima e dopo la tecnica di raddrizzamento si procedeva quindi a stampa e misurazione classica con goniometro degli angoli di recurvatum. La stessa misurazione è stata eseguita da altro operatore con smartphone effettuando i calcoli direttamente sullo schermo con goniometro digitale. I dati ottenuti sono stati archiviati con programma dedicato. Risultati Sono stati valutati il coefficiente di ripetibilità (RC) che indica l’efficacia del goniometro e l’errore tipico (TE) comparando le due misurazioni. Il coefficiente di ripetibilità (RC) tra la camera digitale ed i dati ottenuti mediante smartphone sotto condizioni ottimali è risultato essere di 0.92 gradi; l’ errore tipico (TE) era di 0.09 gradi. Quando veniva introdotta una rotazione di 5 gradi tra la camera e l’ angolo, non veniva riscontrato un incremento di errore. Comunque, un incremento di rotazione di circa 5 gradi era proporzionale ad un incremento dei valori di RC (RC a 40 gradi = 0.3 gradi; 50 gradi = 0.6; 60 gradi = 0.8; 70 gradi = 1.2; 80 gradi = 1.4; 90 gradi = 1.8; 95 gradi = 2.1) e di TE (TE a 40 gradi = 0.13 gradi; 50 gradi = 0.42 gradi; 60 gradi = 0.73 gradi; 70 gradi = 0.95 gradi; 80 gradi = 1.16; 90 gradi = 1.37; 95 gradi = 1. 55). Le due misurazioni pre e post operatorie sono risultate essere comparabili in presenza di differenti angoli tra camera e smartphone. Discussione La valutazione dell’angolo di rucurvatum è un parametro fondamentale della diagnostica e programmazione terapeutica della I.P.P. in particolare nella valutazione della efficacia della terapia medica e chirurgica e nella programmazione dei pazienti con I.P.P. candidati ad impianto protesico (Carrino e coll. AURO 2011). Conclusioni La videogonometria digitale è affidabile nella valutazione degli angoli di recurvatum della I.P.P. La contemporanea opportunità di archiviazione immediata dei dati ottenuti e la possibilità di creare un archivio di pazienti facilmente esportabile in rete rappresenta un ulteriore vantaggio nella compilazione di casistiche chirurgiche in centri ad alto volume di attività. 16 Materiali e metodi Sono state riviste le cartelle di 135 pazienti giunti al nostro ambulatorio per induratio poenis (I.P.) nel periodo gennaio 2009-dicembre 2011. di questi 82 con età media di 52 ±4 anni sono stati sottoposti a valutazione clinica completa di primo livello ed ecocolor doppler dinamico con PGe1 10mcg per concomitante D.E. di diversa gravità. È stato altresì documentato il tipo di rucurvatum e l’angolo di erezione. I pazienti sono stati suddivisi in 4 gruppi in relazione alla morfologia della curvatura ed alle alterazioni morfologiche dell’ albuginea: curvatura dorsale, ventrale laterale destra o sinistra e gruppo misto comprendente le deformazioni a clessidra, le retrazioni senza recurvatum e la deformità ad “S”. Sono stati considerati parametri di normalità dell’ ecocolor doppler una massima velocità sistolica ≥ 30 Cm/sec ed una velocità telediastolica < 5 Cm/sec. Risultati Il 54% dei pazienti aveva una curvatura dorsale, il 17% una curvatura ventrale, il 22% laterale destra oppure sinistra ed il 7% classificabili nel gruppo misto. Una D.E. di diversa gravità è stata riscontrata in poco meno della metà dei pazienti con curvatura dorsale (48%) e nel 14% di quelli con curvatura ventrale, nel 35% dei pazienti con recurvatum laterale mentre risultava essere del 100% nei pazienti con recurvatum appartenenti al gruppo misto. Parametri emodinamici indicativi di insufficienza arteriosa sono stati riscontrati nei pazienti con recurvatum dorsale e nel gruppo misto mentre pattern ultrasonografici tipici della D.V.O. sono stati osservati nel 20% dei pazienti con recurvatum dorsale e nel 23% di quelli con penelaterocurvo. La direzione della cuvatura non correla con nessuno dei fattori di rischio vascolare classici (fumo, diabete,dislipidemia, ipertensione). Discussione L’I.P.P. si associa nel 84% dei pazienti ad alterazioni macroscopiche dell’ asse e della circonferenza peniena. Le alterazioni morfostrutturali dell’ albuginea possono indurre alterazioni più o meno gravi dell’ emodinamica dei corpi cavernosi interferendo con la componente arteriosa, l’efficacia del meccanismo veno-occlusivo o determinando un alterato deflusso venoso distrettuale perilesionale. Conclusioni I pazienti con recurvatum dorsale esibiscono frequentemente alterazioni emodinamiche all’ ecocolor doppler, ma le alterazioni morfologiche dell’albuginea con retrazione, deformazione a clessidra ed ad “S”, presentano un alto rischio di compromissione dell’ emodinamica dei corpi cavernosi. Le curvature ventrali si associano a bassa incidenza di D.E., pertanto nella programmazione chirurgica è opportuno modulare l’invasività della tecnica e la strategia terapeutica in rapporto anche a parametri di macromorfologia peniena. 17 P18 86° Congresso Nazionale SIU P19 86° Congresso Nazionale SIU NOSTRA ESPERIENZA NEL TRATTAMENTO DEL VARICOCELE MEDIANTE SCLEROEMBOLIZZAZIONE ANTEROGRADA SECONDO TAUBER. MICROTESE CON TECNICA GRADUALE: RISULTATI DI UNO STUDIO PROSPETTICO L. Divenuto, S. Boccasile, S. Alba, A. Venneri Becci, I. Intermite, A. Lorusso, A. Pagliarulo, A. Vitarelli (Bari) G. Franco, D. Dente, F. Scarselli, F. De Luca, M. Minasi, D. Zavaglia, V. Casciani, M. Terribile, E. Greco (Roma\) Scopo del lavoro Scopo dello studio è verificare retrospettivamente l’efficacia della Scleroembolizzazione sec.Tauber nel trattamento del varicocele,valutando la riduzione del dolore nei pazienti(pz) sintomatici ed il miglioramento qualitativo dei parametri seminali. Materiali e metodi Sono stati analizzati i dati dei pazienti sottoposti a Scleroembolizzazione Anterograda secondo Tauber dal gennaio’09 al dicembre’12.La valutazione preoperatoria è stata condotta mediante esame obiettivo,ecocolorDoppler dei vasi spermatici(ECD VS)e spermiogramma.La procedura,ambulatoriale e senza controllo radiologico,è stata eseguita da unico chirurgo,in anestesia locale funicolare,con isolamento, incannulamento e legatura di una vena spermatica adeguata,previa iniezione di 4 ml di Lauromacrogol 400.I pz sono stati rivalutati a 6 mesi con spermiogramma e ECD VS. Risultati L’analisi è stata condotta su 120 pz di età tra 16 e i 38 anni,di cui 103(85,8%)con varicocele sinistro,16(13,3%)con varicocele bilaterale ed 1(0,8%)con varicocele destro di II grado(già operato a sinistra con altra metodica).Dei 103 pz con sola localizzazione a sinistra,39(32,5%), presentavano II grado e 64(53,33%)III grado.Invece dei 16 pz con varicocele bilaterale,4(3,33%)presentavano II grado bilaterale,4(3,33%)III grado bilaterale e 8(6,66%)III grado a sinistra e II grado a destra.In 26 pz(21,66%)il varicocele risultava recidivo.L’ indicazione al trattamento è stata in 26 pz(21,66%)algie scrotali persistenti,in 34 pz( 28,33%) algie scrotali associate ad alterazioni dello spermiogramma,in 30 pz(25%) infertilità,in 8 pz(6,66%)infertilità e algie,e in 22 pz(18,33%)solo alterazioni dello spermiogramma.In totale 94 pz (78,33%)nel preoperatorio avevano alterazioni dei parametri seminali, tuttavia c’è stato un miglioramento post operatorio(anche in uno solo tra numero, motilità e morfologia)in 78(83 %),mentre in 16 pz( 17%) i parametri seminali risultavano invariati.Dei 38 pz infertili, 28(73,7%) hanno presentato un miglioramento dei parametri seminali,con concepimento nell’anno successivo la procedura in 12 casi(31,6%).Nei 68 pz con dolore scrotale la remissione completa si è verificata in 66 pz(97%).Invece in 2 pz (1,7 %)comparsa di sintomatologia algica nella sede della ferita.In 3 pz (2,5%) si è verificata deiscenza cutanea della sutura, guarita per seconda intenzione, e in 2 pz (1,66%)di piccolo ematoma scrotale postoperatorio che in un solo caso ha richiesto evacuazione chirurgica.Le recidive ecografiche sono state riscontrate in 6 pazienti( 5%),in nessuno dei pz che aveva già una recidiva di varicocele trattato. Discussione La nostra esperienza dimostra che la Scleroembolizzazione sec.Tauber ha un alto tasso di successo in termini di riduzione del dolore scrotale,di miglioramento dei parametri seminali nonchè in termini di percentuale di concepimento. Conclusioni La Scleroembolizzazione sec.Tauber una tecnica sicura,mininvasiva,facilmente eseguibile ed efficace,e rappresenta una valida scelta di trattamento del varicocele di qualsiasi grado,anche recidivo. 18 Scopo del lavoro Scopo del lavoro è di riportare i risultati definitivi di uno studio prospettico che valuta un nuova tecnica “graduale” di microtese in casi di azoospermia non ostruttiva. Tale approccio permette di limitare l’invasività della procedura. Materiali e metodi Dal 2007 al 2013 sono state effettuate 62 microtese con tecnica “graduale” in pazienti con NOA ad alto rischio di insuccesso del recupero (precedenti TESE negative, istologia sfavorevole: SCOS o arresto maturativo completi, s. di Klinefelter), casi nei quali era presumibile la necessità di prelievi multipli. L’approccio “graduale” (stepwise) di microtese consisteva in: 1) piccola incisione equatoriale dell’albuginea e prelievo testicolare singolo (5x2 mm) con ricerca spermatozoi a fresco e dopo centrifugazione. 2) estensione dell’incisione con apertura completa dell’albuginea fino all’ilo testicolare ed effettuazione di microtese con asportazione dei tubuli con pinze da gioielliere in differenti aree della sezione di taglio (almeno 20 prelievi). Tutti i tubuli ottenuti con microtese venivano processati insieme per ricerca degli spermatozoi a fresco e dopo centrifugazione. 3) TESE multipla tradizionale dal testicolo controlaterale con ricerca spermatozoi a fresco e dopo centrifugazione. Sono state confrontate le percentuali di recupero spermatozoi con prelievo singolo iniziale, con microtese e con prelievi multipli dal testicolo controlaterale. Risultati In 46 casi (74%) non sono stati recuperati spermatozoi con nessuno dei tre tipi di prelievo mentre in 16 casi (26%) sono stati recuperati spermatozoi. Di quest’ultimi 16 casi, 15 (24,4% del totale) hanno avuto un recupero sia nel prelievo singolo che nella microtese che nei prelievi controlaterali, e solo 1 (1,6% del totale) ha avuto recupero di spermatozoi solo nella microtese e non nel prelievo singolo o nei prelievi multipli controlaterali. Sono stati effettuati 11 cicli ICSI con spermatozoi congelati o freschi ottenendo 5 gravidanze, di cui una biochimica, una terminata con aborto spontaneo all’ottava settimana e tre a termine con nascita di 4 bambini sani (una gravidanza gemellare). Discussione I dati ottenuti dimostrano che nei casi di NOA a prognosi più sfavorevole il tasso di recupero di spermatozoi (26%) è inferiore alle percentuali riportate in letteratura e che l’impiego della microtese così come da noi effettuata riesce a migliorarlo di poco. Infatti, dei 16 casi con recupero positivo solo 1 (1,6 % del totale) è riconducibile all’impiego della microtese, mentre 15 avrebbero avuto successo anche con il solo prelievo iniziale, singolo e meno invasivo, di TESE. Conclusioni . La tecnica graduale di microtese da noi proposta ottimizza l’impiego di questa tecnica limitandone l’impiego ai soli casi che la necessitano riducendo così l’invasività del recupero di spermatozoi. 19 P20 86° Congresso Nazionale SIU STUDIO COMPARATIVO DELLO SVILUPPO CINETICO DEGLI EMBRIONI IN PAZIENTI CON SPERMATOZOI TESTICOLARI E IN PAZIENTI CON SPERMATOZOI DA EIACULATO NORMOSPERMICO. E. Greco, F. Scarselli, D. Dente, V. Casciani, D. Zavaglia, M. Terribile, M. Minasi, G. Franco (Roma) Scopo del lavoro E’ noto che esiste una differenza nel grado di maturazione nucleare tra gli spermatozoi testicolari e quelli eiaculati. Durante la spermiogenesi, il transito dello spermatozoo nel tratto epididimale favorisce l’impacchettamento del DNA spermatico attraverso la defosforilazione delle protamine e la formazione di ponti molecolari. Altre differenze nella maturità spermatica possono coinvolgere i centrioli, implicati nella divisione embrionale. Su queste osservazioni, la maturità spermatica potrebbe modificare i tempi di fertilizzazione e le successive divisioni cellulari. Il nostro obiettivo è stato quello di comparare fino alla terza giornata, con l’uso della tecnologia del time-lapse, lo sviluppo degli embrioni ottenuti da cicli di iniezione introcitoplasmatica (ICSI) effettuati con spermatozoi provenienti da biopsia testicolare o da eiaculato di pazienti con valori di liquido seminale normale (normospermia WHO 2010 – conc. > 15000000, motilità Pr. >32%, forme norm. > 4). Materiali e metodi In questo studio retrospettivo, effettuato da settembre 2012 a gennaio 2013, abbiamo analizzato le cinetiche degli embrioni ottenuti da spermatozoi testicolari (TS)(n=40 embrioni) e da spermatozoi eiaculati (ES) (n=101 embrioni). I marker di sviluppo analizzati sono stati: l’estrusione del secondo corpo polare, la comparsa e la scomparsa dei due pronuclei e la divisione embrionale da 2 a 8 cellule. Il tempo di clivaggio è stato osservato su tutti gli embrioni(gruppo TS: 9 ICSI, età media femminile=33.78; gruppo ES: 25 ICSI, età media femminile 35.5). Sono stati osservati solo gli oociti fertilizzati correttamente (40/50= 80% in TS;101/117=86.3% in ES, NS). L’analisi statistica è stata effettuata usando il T-student test. Risultati Il secondo corpo polare è stato estruso nel gruppo TS a 3.86 ore (h) mentre nel gruppo ES a 4.03h. La formazione dei pronuclei è avvenuta nel gruppo TS a 10.05h mentre nel gruppo ES a 10.33h. La scomparsa dei pronuclei è stata nel gruppo TS a 24.93h e nel gruppo ES a 23,91h. Il clivaggio a 2 e 3 cellule è stato uguale per entrambi i gruppi, mentre lo sviluppo degli embrioni a 4 cellule è stato nel gruppo ES a 39.07h e nel gruppo TS a 42.08h. Lo stadio di 8 cellule per il gruppo TS è stato osservato a 54.99h, mentre per il gruppo ES a 57.56h. Discussione Dal nostro studio non emergono differenze significative tra i due gruppi, eccetto per la formazione del secondo corpo polare, che risulta essere anticipato nel gruppo TS P21 86° Congresso Nazionale SIU TERAPIA DI COMBINAZIONE CON VERAPAMIL INTRALESIONALE E ANTIOSSIDANTI ORALI NELLA MALATTIA DI LA PEYRONIE: STUDIO CLINICO CONTROLLATO RANDOMIZZATO. S. Privitera, V. Favilla, G. Russo, S. Cimino, C. Calì, M. Madonia, G. Morgia (Catania) Scopo del lavoro Controversa risulta l’efficacia della terapia della terapia orale nel trattamento della M. di La Peyronie (MP). Obiettivo dello studio è stato quello di valutare l’efficacia dell’associazione verapamil intralesionale e Peironimev-plus® orale rispetto a verapamil intralesionale in monoterapia in pazienti con MP. Materiali e metodi Da Gennaio 2010 a Giugno 2012, sono stati arruolati 105 pazienti (età mediana 52 anni) affetti da MP di recente insorgenza (durata media 3 mesi). Tutti i pazienti sono stati valutati al baseline e a 12 settimane con ecocolordoppler penieno dinamico, questionario IIEF-15, valutazione del dolore penieno mediante Visual Analog Pain Scale (VAS), documentazione fotografica e misurazione con goniometro del grado di curvatura peniena in erezione. I pazienti sono stati randomizzati in due gruppi di trattamento: Gruppo A (n=52) trattato con verapamil 5 mg intralesionale (1 infiltrazione/settimana per 6 settimane) e Gruppo B (n=53) trattato con verapamil 5 mg intralesionale (1 infiltrazione/settimana per 6 settimane) + Peironiemev-plus® orale (1 compressa/die per 3 mesi). Obiettivi secondari sono stati la diminuzione del punteggio VAS, il miglioramento del punteggio IEF-15 e dei singolo domini dell’IIEF-15. Risultati Dopo 12 settimane, nel gruppo A è stato riscontrata una riduzione delle dimensioni di placca (p Discussione Nel presente studio non sono stati dimostrati dei miglioramenti significativi delle dimensioni della placca e della curvatura peniena da parte della terapia di associazione. La funzione sessuale invece è migliorata significativamente a 12 settimane dopo la terapia di associazione, in particolare, la FO, la SR e la SG. Questi risultati possono essere spiegati dall’integrazione di meccanismi simultanei da parte di entrambe le terapie, il verapamil mediante la riduzione della dimensione di placca e della curvatura peniena, e la combinazione di diversi antiossidanti attraverso l’inibizione della flogosi e la stabilizzazione della malattia. Conclusioni I pazienti affetti da MP in fase precoce, possono beneficiare, specialmente in termini di miglioramento dei domini dell’IIEF-15, di una terapia di combinazione con antiossidanti. Conclusioni E’ stata osservata una differenza non significativa nel clivaggio a 4 cellule che risulta essere ritardato nel gruppo TS. 20 21 P22 86° Congresso Nazionale SIU P23 86° Congresso Nazionale SIU PACLITAXEL NEL CANCRO DEL PENE METASTATICO PRE-TRATTATO: RISULTATI FINALI DI UNO STUDIO DI FASE 2. METASTASI LINFONODALI IN PAZIENTI AFFETTI DA CARCINOMA DEL PENE TRATTATO CON CHIRURGIA CONSERVATIVA: NOSTRA ESPERIENZA L. Nicola, F. Fusco, D. Arcaniolo, R. La Rocca, A. Nazaraj, G. Velotti, G. Di Lorenza, S. De Placido, V. Mirone (Naples) T. Torelli, A. Guttilla, M. Catanzaro, G. Lughezzani, S. Stagni, D. Biasoni, M. Maffezzini, L. Piva, N. Nicolai, A. Necchi, P. Giannatempo, D. Raggi, R. Salvioni (Milano) Scopo del lavoro Risultati preliminari, precedentemente pubblicati, hanno dimostrato un’attività promettente del Paclitaxel nel cancro del pene metastatico pre-trattato mediante chemioterapia. L’obiettivo primario è stato di valutare il tasso di risposta. Obiettivi secondari erano invece la misurazione della sicurezza, sopravvivenza libera da progressione e sopravvivenza globale. Scopo del lavoro Le opzioni terapeutiche per il trattamento del carcinoma squamo cellulare del pene(pSCC)sono direttamente legate allo stadio clinico del tumore primitivo. In presenza di neoformazioni superficiali è possibile conservare l’organo con trattamento di circoncisione e/o asportazione della lesione del glande (laser CO2 exeresi); nel caso di tumori con aspetto infiltrante clinico (≥cT2) è indicato un intervento demolitivo (amputazione parziale/totale). Il pSCC ≤pT1 ha un basso rischio di sviluppare metastasi linfonodali (N+). Presentiamo la nostra casisitica monoistutzionale di Pazienti affetti da pSCC che hanno sviluppato N+ dopo trattamento conservativo, senza sviluppare recidiva sullo stesso mantenendo l’organo. Materiali e metodi Sono stati reclutati 25 pazienti in uno studio multicentrico di fase II a braccio unico che ha coinvolto 5 Istituti. I pazienti sono stati trattati con 175 mg/m2 di Paclitaxel ad intervalli di 3 settimane, fino all’insorgenza di tossicità irreversibile o di progressione della malattia. Risultati Sono state osservate risposte parziali nel 20 % ( 5 di 25 pazienti). Gli effetti collaterali più comuni sono stati neutropenia di Grado 1- 2, nausea e mucosite orale, riscontrati rispettivamente in 13, 9 e 8 pazienti. Neutropenia di Grado 3-4 è stata riportata in sette pazienti (28 %). La mediana di sopravvivenza libera da progressione era di 11 settimane ( intervallo di confidenza 95 %, 7-30); la mediana di sopravvivenza globale era di 23 settimane ( intervallo di confidenza 95 %, 13-48). La sopravvivenza media dei pazienti responsivi a terapia era di 32 settimane( intervallo di confidenza 95 %, 20-48). Una limitazione del nostro studio era il campione limitato, che non raggiungeva l’obiettivo di 27 pazienti, dovuto al lento reclutamento tipico di una malattia rara. Discussione Questo trial descrive la più ampia casistica al momento presente in letteratura su tale argomento. Complessivamente, il trattamento è stato ben tollerato. Non si sono verificati eventi letali, una tossicità ematologica importante si è osservata solo in alcuni pazienti. Come trattamento di seconda linea, l’efficacia del paclitaxel è stata incoraggiante, con un tasso globale di controllo della malattia(risposte parziali, più malattia stabile)del 36%. Conclusioni I risultati finali del nostro studio dimostrano che il Paclitaxel è moderatamente attivo e ben tollerato. Sono richiesti ulteriori trials in grado di esplorare la combinazione del Paclitaxel con altri agenti. Materiali e metodi Abbiamo valutato i pazienti che dopo trattamento conservativo sul pene, al follow up, non avendo manifestato recidiva locale hanno altresì sviluppato N+; alla comparsa della malattia linfonodale clinica si procedeva al trattamento della stessa con chirurgia (linfoadenctomia inguinale e/o pelvica) associata ad eventuale chemioterapia in relazione all’estensione della malattia. Risultati Dal gennaio 1998 al giugno 2012 abbiamo estratto dal nostro data base compilato prospetticamente 127 pazienti che non hanno sviluppato recidiva locale sul pene dopo trattamento conservativo. L’età mediana di questi Pazienti era di 59 anni (32-74). In 21 casi si sono presentate N+ al follow up. L’intervallo di tempo mediano tra il trattamento locale sul pene e i trattamento dei linfonodi è stato di 9 mesi (range 1-146); 18/21 (85.7%) casi hanno sviluppato la malattia ai linfonodi entro 24 mesi dal trattamento sul pene, ed in 3 casi si sono manifestate tardivamente al follow up (44, 70, 146 mesi). I 21 pazienti che hanno sviluppato N+ erano: 1 Cis (4.7%), 3 pTa (14.3%) e 17 pT1 (80.9%) con grading G1, G2, G3 e G4 rispettivamente in 4 (19%), 11 (52.4%), 3 (14.3%) e 1 (4.7%) caso. L’istologico della linfoadenctomia ha mostrato pN1, pN2 e pN3 rispettivamente in 6, 8 e 7 casi (TNM 2002). Di questi Pazienti 6 sono stati trattati con chemioterapia adiuvante: secondo schema VBM (Vinblastina, Bleomicina e Metotrexate) in un caso e TPF (Taxotere, Platino e 5-Fluoruracile) in 5 casi. Il follow-up mediano è stato di 23 mesi (5-181); 8/127 (6.3%) pazienti deceduti per malattia ad un follow-up mediano di 21 mesi (5-76 mesi). Discussione Lo pSCC ≤pT1, nonostante sia possibile il trattamento conservativo dell’organo, è in grado sviluppare metastasi e portare ad exitus del paziente. Un adeguato follow up è necessario e mantenuto con frequenza 3-4 volte anno nei primi 2 anni, considerando che la maggior parte del rischio si sviluppa nei primi 24 mesi (85%); anche se sono possibili ricadute tardive. Conclusioni Un attento follow-up dei pazienti affetti da SCC del pene trattato conservativamente è necessario, avendo sempre cura di valutare i linfonodi, che possono manifestare metastasi anche in assenza di una recidiva locale sul pene. 22 23 P24 86° Congresso Nazionale SIU P25 86° Congresso Nazionale SIU CISPLATINO E 5-FLUOROURACILE NEL CARCINOMA DEL PENE A CELLULE SQUAMOSE INOPERABILE, STADIO IV. NEOPLASIA A CELLULE GERMINALI INTRATUBULARE E MULTIFOCALITA’ NEI TUMORI TESTICOLARI E CELLULE GERMINALI N. Longo, G. Di Lorenzo, M. Barbieri, R. Bianco, P. Verze, A. Palmieri, F. Mangiapia, S. De Placido, V. Mirone (Napoli) V. Favilla, G. Russo, D. Urzì, F. Spitaleri, G. Garau, S. Cimino, T. Castelli, M. Madonia, C. Corbu, F. Pirozzi Farina, G. Morgia (Catania) Scopo del lavoro Obiettivo dello studio è quello di valutare l’attività e la tossicità del 5-fluorouracile (5-FU) come trattamento di prima linea nel carcinoma a cellule squamose del pene(SCCP). Scopo del lavoro Il trattamento gold standard dei tumori testicolari è rappresentato dall’orchifuniculectomia. In pazienti altamente selezionati, al fine di preservare la fertilità e la funzione gonadica, è possibile proporre un approccio chirurgico conservativo (testis sparing surgery). Tuttavia, la radicalità oncologica di tale opzione terapeutica è molto dibattuta. Obiettivo del nostro studio è stato quello di determinare, nei tumori testicolari, la prevalenza istologica della neoplasia a cellule germinali intratubulare (Tis) e della multifocalità delle lesioni. Materiali e metodi Sono state esaminate le cartelle cliniche di 78 pazienti con SCCP trattati tra il gennaio 2000 e il giugno 2011. Sono stati consultati i dati riguardanti i pazienti trattati con 5-FU come prima linea di trattamento. Sono stati inclusi nello tutti i pazienti i cui referti radiologici erano disponibili per la determinazione della risposta e della sopravvivenza libera da progressione (PFS) in base ai criteri di valutazione della risposta nei tumori solidi (RECIST) 1.1. Risultati Tra il gennaio 2000 e il giugno 2011, 25 pazienti sono stati trattati con cisplatino endovena il primo giorno, seguito dalla infusione continua con 5-FU per 24 ore per 4 giorni ogni 3 settimane fino alla progressione della malattia o alla comparsa di tossicità inaccettabile. Risposte parziali e malattia stabile sono state osservate rispettivamente in 8 (32%) e 10 (40%) pazienti, con un tasso di controllo della malattia del 72%. Il più importante effetto collaterale è stato la neutropenia grave di grado 3-4 osservato, verificatosi nel 20% dei pazienti. La sopravvivenza media libera da progressione (range interquartile [IQR]) è stata di 20 (11-20) settimane e la sopravvivenza globale (OS) media (IQR) di 8 (7-12) mesi. Discussione Il carcinoma a cellule squamose del pene (SCCP), metastatico o localmente avanzato, è generalmente incurabile, ma un approccio palliativo è rappresentato dalla chemioterapia sistemica. Due studi retrospettivi, coinvolgenti meno di 10 pazienti ciascuno, hanno dimostrato che il cisplatino associato alla infusione continua di 5-fluorouracile (5-FU) può essere efficace e ben tollerato. Il Cisplatino, il metotrexato e la bleomicina, il cisplatino associato ad irinotecano e taxani possono svolgere un ruolo importante per i pazienti con SCCP localmente avanzato/metastatico. Infine, anche la terapia anti-EGFR può essere efficace nello SCCP avanzato. Sebbene il trattamento con cisplatino associato alla infusione continua di 5-FU è ampiamente utilizzato nella pratica clinica per la palliazione dello SCCP, i dati riguardanti la tossicità e l’efficacia di questo piano terapeutico comprendono un totale di 14 pazienti con SCCP, trattati più di due decenni fa. Conclusioni Il 5-FU è associato ad un moderato tasso di risposta ed è ben tollerato in pazienti con SCCP metastatico 24 Materiali e metodi Sono stati inclusi nello studio 126 campioni di testicoli prelevati tra il 2003 ed il 2013 per noplasia testicolare a cellule germinali (TCG). La multifocalità delle lesioni è stata definita come la presenza di due o più foci neoplastici distinti dalla massa tumorale principale. Il Tis è stato definito come la presenza di tumore microinvasivo, caratterizzato da un singolo o piccoli gruppi di cellule germinali maligne intratubulari, disseminate nel contesto di un parenchima testicolare normale. Risultati L’analisi istologica ha documentato: 76 (60.3%) seminomin puri, 29 (19%) TCG non seminomatosi e 26 (20.6%) TCG di tipo misto includenti una componente seminomatosa. Il diametro tumorale medio è risultato di 3.94 cm. Un diametro tumorale superiore a 4 cm è stato riscontrato in 41 casi (38%). L’invasione linfo-vascolare e della rete-testis è stata documentata in 48 (38%) e 34 (27%)casi rispettivamente. La multifocalità è stata identificata in 19 (15%), 5 (3.9%) e 9 (7.1%) casi di seminoma, TCG non seminomatosi e TCG di tipo misto rispettivamente. Il Tis è stato descritto in 26 (20.6%), 10 (7.9%) e 9 (7.1%) casi di seminoma, TCG non seminomatosi e TCG di tipo misto rispettivamente. In relazione al diametro della lesione tumorale principale, rispettivamente ≤1 cm, 1.1-2 cm, 2.1-3 cm, 3.1-4 cm e >4 cm, la multifocalità è stata identificata in 2 (1.6%), 9 (7.1%), 9 (7.1%), 4 (3.1%) e 9 (7.1%) ed il Tis in (0%),10 (7.9%), 6 (4.7%), 9 (7.1%) e 21 (16.6%) rispettivamente di seminomi, TCG non seminomatosi e TCG di tipo misto. Discussione La multifocalità delle lesioni ed il TIs risultano più frequentemente associati ai TCG con istotipo seminomatosi. La loro prevalenza, tuttavia, risulta bassa nelle lesioni ≤1 cm. Conclusioni Questi risultati dovrebbero essere valutati, al fine di garantire la radicalità oncologica nella chirurgia testis sparing. 25 P26 86° Congresso Nazionale SIU INGUINAL LYMPH NODES CHARACTERISTICS PREDICT PELVIC LYMPH NODES INVOLVEMENT IN PENILE CANCER: A SINGLE-INSTITUTIONAL EXPERIENCE M. Catanzaro, G. Lughezzani, A. Guttilla, T. Torelli, S. Stagni, D. Biasoni, N. NIcolai, M. Maffezzini, L. Piva, A. Necchi, P. Giannatempo, D. Raggi, R. Salvioni (Milano) Aim of the study The aim of our study is to determine the predictors of pelvic Lymph-nodes metastasis (LNM) in a singleinstitutional population of patients with pathologically determined inguinal LNM. Materials and methods A total of 261 node-positive groins were retrieved from our institutional database. A concomitant pelvic lymphadenectomy (LND) was performed in case of clinically evident positive nodes. In case of low-volume inguinal disease, the decision to perform a deferred pelvic LND was detemined based on pathological inguinal nodes characteristics. Logistic regression models (LRMs) were fitted to test the predictors of pelvic lymph nodes involvement. The Mazumdar-Glassman method was used to determine the most significant cut-off values for each predictor. Results Overall, pelvic LNM were observed in 48 (18.3%) cases. The mean number of positive inguinal and pelvic lymph nodes was 1.9 (range:1-8) and 1.2 (range: 0-12), respectively. Mean inguinal LNM volume was 3.3 cm (range: 1-10 cm). At univariable LRMs, both the number of inguinal LNM (OR: 1.51: 95% CI: 1.20-1.90; p Discussion Although the need for a concomitant pelvic LND in patients with penile cancer with inguinal LNM is still a matter of debate, it should be carefully evaluated in patients with penile cancer and inguinal LNM. Conclusions The number and volume of inguinal LNM should be taken into account when determining the need for a concomitant pelvic LND. P27 86° Congresso Nazionale SIU LAPAROSCOPIC POST-CHEMOTHERAPY RETROPERITONEAL LYMPH-NODE DISSECTION (L-PCRPLND) IN RESIDUAL MASS FROM NON-SEMINOMATOUS GERM-CELL TUMOURS OF THE TESTIS (NSGCTT): EVALUATION AND COMPARISON WITH THE OPEN STANDARD SURGERY N. Nicolai, S. Stagni, D. Biasoni, M. Catanzaro, G. Lughezzani, A. Guttilla, T. Torelli, L. Piva, M. Maffezzini, A. Necchi, P. Giannatempo, D. Raggi, M. Colecchia, R. Salvioni (Milano) Aim of the study Patients with NSGCTT who had residual retroperitoneal masses following chemotherapy need PC-RPLND. We report early observation of L-PC-RPLND compared with Open (O-) PC-RPLND in patients with comparable disease at our Institution. Materials and methods Eighteeen consecutive L-RPLNDs performed following first line chemotherapy (3 to 4 PEB) between Feb 2011 and Feb 2012 for residual mass from NSGCTT, were compared with 10 open post-chemotherapy RPLNDs having comparable features performed between Jun 2009 and Apr 2012 at our Institution. All patients had unilateral disease (from one side of the aorta) since the beginning, and none had undergone previous retroperitoneal surgery. Initial stage was II A to II C in both groups except a stage III in laparoscopic group. Prognostic allocation according to IGCCCG was of good prognosis in all cases except one intermediate in open group and one poor in laparoscopic group. All patients had normal markers prior to surgery. Size of residual masses was comprehended between 10 and 70 mm (p=.18 at Mann-Withney test). Patients were evaluated for: complications, hospital stay, histology, postoperative pain control (resting and dynamic VAS), recurrence rate. Results Median operation time was 150 min (range 101 to 189) in O-PC-RPLND and 210 (range 131 to 278) in L-PC-RPLND (p 0.0046 at Mann Withney test). Intra-operative bleeding was negligible in all cases, but 1 L-PC-RPLND (100 cc) and 1 O-PC-RPLND (150 cc). Histology according to procedure (O Vs L) was one of mature teratoma in 6 Vs 10 patients, immature teratoma in 1 Vs 6 and fibro-necrotic tissue in 3 Vs 2 patient. One L-PC-RPLND patient underwent postoperative blood transfusion (2 units). Postoperative lymphatic leakage lasting more than 5 days, which spontaneously resolved, occurred in 2 patients following O-PCRPLN and in 1 following L-PC-RPLND. Dynamic VAS was inferior in L-PC-RPLND both in 1st and in 2nd postoperative days (1st day: L-PC-RPLND: 2 to 8; O-PC-RPLND: 4 to 8. 2nd day: L-PC-RPLND: 0 to 7; O-PC-RPLND 5 to 7). Median postoperative hospital stay was 8 days (6 to14) in O-PC-RPLND Vs 3 days (2 to 6) in L-PC-RPLND (p < 0.0001 at Mann-Withney test). Following a median follow up of 15,5 months (1- 37), all the patients but one are currently alive and disease free, with one patient in L-PC-RPLND group suffering a recurrence of iliac teratoma ( Discussion L-PC-RPLND needs usual longer operative times, it does not differ for complication rate and it was better tolerated and permits an earlier discharge. No difference in oncologic outcome was observed up to now. Conclusions L-PC-RPLND is an alternative to O-PC-RPLND in selected patients with NSGCTT. 26 27 P28 86° Congresso Nazionale SIU P29 86° Congresso Nazionale SIU PREDICTORS OF LOCAL FAILURE AFTER PARTIAL PENECTOMY FOR LOCALLY-INVASIVE PENILE CANCER: A SINGLE-INSTITUTIONAL CASE SERIES TOTAL NUMBER OF POSITIVE NODES AND POSITIVE NODE RATIO MAY PREDICT RECURRENCE IN EARLY STAGE NON-SEMINOMATOUS GERM-CELL TUMOURS (NSGCT) UNDERGOING PRIMARY RETROPERITONEAL LYMPH-NODE DISSECTION (RPLND) M. Catanzaro, G. Lughezzani, A. Guttilla, T. Torelli, S. Stagni, D. Biasoni, N. Nicolai, M. Maffezzini, L. Piva, A. Necchi, P. Giannatempo, D. Raggi, R. Salvioni (Milano) N. Nicolai, G. Lughezzani, M. Catanzaro, A. Guttilla, T. Torelli, D. Biasoni, S. Stagni, L. Piva, M. Maffezzini, A. Necchi, P. Giannatempo, D. Raggi, R. Salvioni (Milano) Aim of the study In the current study, we investigated the predictors of local failure in a sinlge-institutional population of patients treated with partial penectomy (PP). Aim of the study Presence of nodal metastases at primary RPLND frequently triggers adjuvant chemotherapy in NSGCT, although most of these patients will not relapse. We reviewed our valuable patients undergoing primary RPLND who did not receive adjuvant chemotherapy in order to identify simple predictors of recurrence according to nodal disease associated parameters. Materials and methods Data from 210 patients treated with PP for penile cancer between January 1980 and June 2012 were retrieved from our institutional database. Local failure was defined as the presence of residual disease (positive surgical margin; R1) or local disease recurrence requiring further surgical intervention. Cox regression models were fitted to test the predictors of local failure. Results Mean patient age was 59.2 years (range 21-92). Positive surgical margins were detected in 13 (6.1%) patients. Seven (25%) out of 21 patients with pT3 disease had positive surgical margins, as compared to 6 (5.3%) out of 108 patients with pT2 disease and 0 (0%) out of 81 patients with pT1 disease. All of these patients were subjected to TP. Overall, 18 (8.6%) patients developed local recurrence at a median follow-up time of 24.8 months (range: 4-47) and required further surgical intervention. At univariable Cox regression analyses, pathological T stage and grade emerged as significant predictors of local failure (all p≤0.001). Specifically, patients with pT2 and pT3 disease had respectively a 14.17- (95% CI:1.88-106.66) and a 42.2-fold (95% CI 5.32-334.8) higher probability of developing local recurrence relative to patients with pT1 disease. Similarly, patients with G2 and G3 disease had respectively a 2.40 (95% CI:0.93-6.94) and a 6.65 (95% CI 2.28-19.45) -fold higher probability of developing local recurrence relative to patients with low grade disease .At multivariable Cox regression analysis, only pT stage emerged as an independent predictor of local failure (p=0.005). Conversely, tumor grade did not achieve the independent predictor status (p=0.150). Discussion PP is an organ-sparing alternative to total penectomy in the treatment of locally-invasive penile cancer. Although PP is a feasible and safety technique for the treatment of pT1-2 penile cancer, pT3 patients are at high risk of local failure after PP. Conclusions Partial penectomy represents an oncologically safe option for the treatment of patients with pT1-2 penile cancer. Materials and methods We identified 84 patients (median age 26, IQR: 21-30) with complete data who underwent primary RPLND between 3/1991 and 3/2011, had nodal metastases and did not receive adjuvant chemotherapy. Extension of RPLND was unilateral in 41 (48.8%) and bilateral in 43 (52.2%) cases. Medians were as follows: number of positive nodes (NPN): 2 (IQR 1-3); number of removed nodes (NRN): 22 (IQR 15-30); number of negative nodes (NNN): 20 (IQR 13-27); positive nodes ratio (PNR: no of positive nodes/total removed nodes): 8.7 (IQR 5.3-14.3). The Mazumdar-Glassman method was used to determine the most significant cut-off values for each variable, which were considered both as continuously-coded and as categorically-coded. The Kaplan-Mayer method was used to determine recurrence-free rate (RFR). A uni-variable Cox regression model was fitted to test the predictors of 2-yrs recurrence-free survival (RFS). Results Following a median follow-up of 38 months (IQR 5-65), 16 (19%) patients relapsed. The 2-yrs RFS is 82.1%. NPN and PNR significantly associated with recurrences at uni-variable Cox regression model both as continuous variables (NPN: HR 1.37; CI 1.09-1.72; p= .005. PNR: HR 1.07; CI 1.03-1,11; p < .0001) and as categorical variables (NPN: HR 3.84, CI 1.42-10.39; p= .008. PNR: HR 5.93, CI 1.69-20.85; p= .005). The most significant cut-offs are 9% for PNR and a total of 3 NPN. The 2-yrs RFR is 97.2% when PNR > 9% Vs 64.8% if PNR ≤ 9 (Log rank p = .002), and 90% if NPN ≥ 3 Vs 63% if NPN is < 3 (Log rank p = .004). On the other hand, NRN, NNN and RPLND extension did not significantly associated with recurrence at uni-variable Cox regression model. Discussion The vast majority of patients with nodal metastases at RPLND who did not undergo adjuvant chemotherapy do not relapse. Small tumour burden (NPN < 3) and a very low nodal density (PNR ≤ 9%) associate with a very favourable condition, as > 90% of patients without one of these factors remain disease-free at 2 yrs. On the other hand, patients with “unfavourable” features have a probability of recurrence which is not lower than 63%. Conclusions These findings need to be confirmed and specially indicate that a proportion of patients with nodal metastases bear a very low risk of recurrence, and adjuvant treatment in these patients shoul not be advised. 28 29 P30 86° Congresso Nazionale SIU INVESTIGATING THE RELATIONSHIP BETWEEN TYPE OF SURGERY AND SURVIVAL IN PATIENTS WITH LOCALLY-INVASIVE SQUAMOUS CELL CARCINOMA OF THE PENIS A. Guttilla, G. Lughezzani, M. Catanzaro, T. Torelli, S. Stagni, D. Biasoni, M. Maffezzini, L. PIva, A. Necchi, P. Giannatempo, D. Raggi, R. Salvioni (Padova) Aim of the study We evaluated whether type of surgery has an impact on the survival outcomes in a population of patients with penile squamous cell carcinoma surgically treated at our Institution between 1980 and 2012. Materials and methods The study population consisted of 275 patients treated with partial penectomy (PP), total penectomy (TP) or emasculation for locally-invasive penile cancer. We determined the pathological characteristics of the disease and the oncological outcomes of these individuals. The Kaplan-Meier method was used to depict cancer-specific survival (CSS) rates. Univariable and multivariable Cox regression models were fitted to test the predictors of CSS. Results Overall, 202 (73.5%), 53 (19.3%) and 20 (7.3%) patients were treated with PP, TP and emasculation, respectively. Tumor stage (p Discussion Different surgical approaches may be adopted for the treatment of locally invasive penile cancer. Conclusions The most appropriate approach should be chosen after careful evaluation of the disease characteristics and expectations of the single patient. P31 86° Congresso Nazionale SIU L’INSULINO RESISTENZA E LA FUNZIONE ORGASMICA SONO INVERSAMENTE ASSOCIATI ALLA SINTOMATOLOGIA DI SVUOTAMENTO IN PAZIENTI CON LUTS MODERATI-SEVERI. S. Cimino, G. Russo, V. Favilla, T. Castelli, E. Fragalà, S. Privitera, S. Trovato, M. Madonia, G. Morgia (Catania) Scopo del lavoro Diversi studi hanno recentemente messo in relazione la presenza dei Sintomi della Basse Vie Urinarie (LUTS) con la comparsa di Deficit Erettile (DE), dovuto all’interazione di diversi meccanismi, come la riduzione del NO, l’aumento del tono simpatico o l’aumento del sistema delle Rho-K. Oltretutto, più recenti osservazioni hanno dimostrato come l’insulino-resistenza (IR) possa giocare un ruolo importante. L’iperinsulinemia è infatti associata ad un incremento dell’attività del sistema nervoso simpatico e questa può contribuire all’aumentato tono muscolare della prostata, determinando LUTS più severi indipendentemente dall’allargamento prostatico, ma anche determinare un danno endoteliale. Scopo di questo lavoro è valutare l’associazione tra LUTS, IR ed alterazioni delle funzione sessuale, valutata come IIEF-15. Materiali e metodi Da Gennaio 2013 a Marzo 2013 38 pazienti consecutivi affetti da LUTS di grado moderato-severo secondo l’International Prostate Symptom Score (IPSS≥8) sono stati inclusi in questo studio. A tutti i pazienti è stato effettuato un dosaggio di PSAtot, glicemia e insulinemia. Criteri di esclusione erano la diagnosi di tumore prostatico, diabete mellito scompensato, terapia con PDE-5 e trattamento con 5-ARI. L’IR è stato valutato utilizzando il QUICKI, calcolato secondo la seguente formula: QUICKI = 1 / [log insulin basale (μIU/ml) + log glicemia basale (mg/100 ml)]. L’IR è stata definita in presenza di un valore di QUICKI Risultati Le medie dei parametric valutati erano le seguenti: IPSS (19,68 ± 5,21), IPSS-Storage (8,39 ± 2,61), IPSSVoiding (11,37 ± 4,42), IIEF-EF (15,84 ± 8,45), IIEF-Orgasmic (6,84 ± 3,39), IIEF-Sexual Desire (7,05 ± 2,43), IIEF-Intercourse Satisfaction (7,24 ± 4,31), IIEF-Overall Satisfaction (5,5 ± 2,33), Insulinemia (8,21 ± 6,09), Quicki (0,36 ± 0,06). Utilizzando il cut-off del Quicki di 0,36, 21 (55,26%) pazienti presentavano IR, mentre 34 pazienti (89,47%) presentavano DE (IIEF-EF < 26). Tuttavia non si è riscontratata nessuna differenza significativa nei i diversi parametri tra i pazienti con o senza IR e con o senza DE. Infine alla regressione lineare, è stata riscontrata un’associazione significativa tra Quicki e IPSS-Voiding (r=-0,33; p Discussione Nel nostro studio è stato dimostrato come al ridursi del Quicki, espressione di IR, si associ un aumento della sintomatologia di svuotamento in pazienti con LUTS moderato-severi. Infine, la presenza di una buona funzione orgasmica è espressione di una bassa sintomatologia di svuotamento. Conclusioni In pazienti con LUTS di grado moderato-severo dovrebbe essere presa in considerazione la correzione dell’IR al fine di ridurre la sintomatologia. Il miglioramento della funzione orgasmica potrebbe essere considerato come un parametro di miglioramento dell’IPSS-Voiding. 30 31 P32 86° Congresso Nazionale SIU P33 86° Congresso Nazionale SIU ADERENZA ALLE LINEE GUIDA NAZIONALI NELLA DIAGNOSTICA E NELLA TERAPIA DELL’IPB SU DI UN CAMPIONE DELLA POPOLAZIONE MASCHILE DELLA CAMPANIA: ANALISI DEI DATABASE DEL CONSORZIO NAZIONALE DELLE COOPERATIVE MEDICHE (CNCM) E DEL CONSORZIO MEGA ELLAS VALUTAZIONE DELLA RISPOSTA TERAPEUTICA ALLA ANTIBIOTICOTERAPIA DEI PAZIENTI CON PROSTATITE CRONICA BATTERICA IN BASE ALL’EPOCA DI INSORGENZA DEI SINTOMI P. Verze, G. Arpino, D. Arcaniolo, M. Franco, R. La Rocca, G. Piccinocchi, B. Viscusi, V. Mirone (Napoli) Scopo del lavoro In base ai criteri del National Instititute of Diabetes and Digestive and Kidney (NIDDK) la diagnosi di prostatite cronica batterica, si basa su parametri clinici e laboratoristici. Quando sospettata e senza riscontro colturale, si somministra terapia antibiotica, supponendo una colonizzazione batterica. I pazienti riferiscono un iniziale miglioramento dei sintomi, con recrudescenza nei mesi successivi. Un reale miglioramento dovrebbe permanere almeno 6 mesi. Come nel dolore pelvico cronico, una ritardata diagnosi giustificherebbe l’insuccesso terapeutico. Nostro scopo è valutare se il ritardo diagnostico influenza l’efficienza terapeutica della terapia antibiotica Scopo del lavoro È stato valutato il livello di corrispondenza tra le Linee Guida Nazionali SIU e le scelte diagnostiche e terapeutiche nella gestione della Iperplasia Prostatica Benigna (IPB) adottate dai Medici di Medicina Generale afferenti all’ “Osservatorio Regionale per il monitoraggio e la valutazione dell’appropriatezza delle prestazioni sanitarie nell’Area dell’Assistenza Primaria” costituito dal Consorzio Mega Ellas e dal Consorzio Nazionale delle Cooperative Mediche (CNCM) Materiali e metodi E’stato utilizzato il database dell’Osservatorio, alimentato dalle Cartelle Cliniche di 591 MMG afferenti ai due Consorzi. Sono stati considerati i dati relativi agli assistiti di sesso maschile tra i 15 e 90 anni. L’analisi, ha riguardato la fascia 40-90 anni poiché considerata a rischio di IPB. Sono state analizzate l’incidenza e la prevalenza di IPB nel campione, stratificandolo per fasce d’età e per singolo anno del triennio 2009-2011; i dati ottenuti sono stati poi messi in relazione con indicatori del processo diagnostico e di quello terapeutico (visita urologica, uroflussometria, ecografia trans-rettale, opzioni terapeutiche ecc). Risultati Sono stati considerati 205.540 uomini a rischio(pz 40-90 anni). La prevalenza di IPB sul campione analizzato è risultata del 25,3% (52.078 casi). L’analisi degli indicatori del processo diagnostico ha mostrato che: - la saturazione di PSA prescritto negli ultimi tre anni sull’intero campione è stata del 76 %; - Solo il 41% dei pazienti diagnosticati con IPB , tuttavia, ha effettuato almeno un test di PSA totale, libero e frazionato nell’ultimo anno; - l’8,7% ha effettuato una visita urologica in precedenza; - il 7,8% ha effettuato un’ecografia sovra pubica ed il 4,1% un’ecografia trans-rettale; - il 2,1% ha eseguito una uroflussometria. In ambito terapeutico, è emerso che 17.528 pazienti (31%) con diagnosi di IPB stanno attualmente eseguendo una terapia: - 15667 (89,3%) pazienti assumono alfa-litici, di cui 11160 (63,6%) in monoterapia e 4507 (25,7%) in associazione con 5ARI. - 6162 (35,1%) pazienti assumono 5ARI di cui 1655 (9,4%) in monoterapia e 4507 (25,7%) in associazione con alfa-litici. - 206 pazienti assumono un trattamento differente da quelli descritti. Discussione I dati evidenziano uno scarso livello di aderenza da parte degli MMG alle linee guida nazionali, in tema di diagnosi e terapia dell’IPB. La prevalenza di pazienti con IPB registrata è inferiore a quella attesa, evidenziando una sottodiagnosi della patologia.Vanno sottolienate la bassa percentuale di pazienti che effettua un inquadramento adeguato della patologia ed, in ambito terapeutico, il fatto che solo il 31% dei soggetti con IPB riceve un trattamento specifico Conclusioni Il basso livello di aderenza da parte dei MMG all’iter diagnostico-terapeutico dell’IPB suggerito dalle linee guida nazionali suggerisce la necessità di effettuare programmi formativi destinati ai MMG, al fine di incrementare il loro livello di competenza clinica nella gestione del paziente con IPB 32 G. Galeone, E. Chiarulli, A. Venneri-Becci, F. Chiaradia, V. Pagliarulo, A. Pagliarulo, G. de Rienzo (Bari) Materiali e metodi Trattasi di studio osservazionale retrospettivo condotto dal gennaio 2010 a luglio 2012 su pazienti ambulatoriali consecutivi. Criteri di inclusione: test di Meares-Stamey positivo all’esordio della sintomatologia e negativizzatosi dopo ciclo di 28 giorni di terapia antibiotica mirata sull’antibiogramma; disponibilità di questionario di autovalutazione dei sintomi (NIH-CPSI) eseguito alla diagnosi e 6 mesi dopo la terapia; conoscenza della data di insorgenza dei sintomi; follow-up completo di 1 anno dopo la terapia. Sono stati considerati il tempo trascorso fra insorgenza dei disturbi e diagnosi e la risposta al questionario sottoposto 6 mesi dopo terapia. Per valutare il nesso di correlazione causa-effetto fra intervallo di tempo trascorso dall’insorgenza dei sintomi prima della diagnosi ed entità del miglioramento sintomatologico abbiamo condotto una analisi multivariata utilizzando il test di regressione lineare per variabili continue con software SPSS (analisi di regressione) Risultati Nel rispetto dei criteri di inclusione sono stati analizzati 59 uomini, età media 45 anni (19-75). Abbiamo osservato una correlazione statisticamente significativa tra i mesi trascorsi alla diagnosi e la ratio di riduzione dei sintomi (F-test= 4,62; p= 0,035; coefficiente di correlazione pari a 0,08(C.I.±0,038). E’ una relazione inversa, poichè aumentando l’intervallo tra insorgenza dei sintomi e diagnosi si riduce l’efficacia della terapia antibiotica Discussione In base ai nostri risultati, ritardare la diagnosi riduce la risposta antibiotica. Questo dato correla con il riscontro in letteratura che il dolore prostatico cronico è di tipo neuropatico: una prolungata permanenza della flogosi trasformerebbe il dolore della prostata in dolore neuropatico cronico, permanente nonostante l’eradicazione dell’infezione Conclusioni Un riconoscimento precoce della prostatite cronica batterica, porta a una migliore risposta alla chemioterapia antibiotica, riducendo il numero di casi di sindrome del dolore prostatico cronico 33 P34 86° Congresso Nazionale SIU P35 86° Congresso Nazionale SIU MESH GRAFT TWO STAGE URETHROPLASTY FOR RECURRENT OR SEVERE URETHRAL STENOSIS: DESCRIPTION OF SURGICAL TECHNIQUE AND EARLY RESULTS. TISSUE-ENGINEERED BUCCAL MUCOSA URETHROPLASTY: PRELIMINARY REPORT OF OUR FIRST CASES. M. Aragona, M. Reichert, J. Ekrutt, C. Bischoff, K. Sayedahmed, M. Salman, R. Seibel, J. Riepenhusen, R. Olianas (Lüneburg, Germania) M. Aragona, J. Ekrutt, M. Reichert, K. Sayedahmed, K. Urban, C. Bischoff, J. Riepenhusen, T. Jacherzt, R. Olianas, G. Ram-Liebig (Lüneburg, Germania) Scopo del lavoro Mesh Graft two stage urethroplasty (MGUP) is indicated in the treatment of complex or recurrent urethral strictures, after trauma or multiple surgical procedures. In recurrent posterior urethral stenosis it may also be the last alternative to urinary diversion. We describe the MGUP and report the early results. Aim of the study The buccal mucosa (BM) urethroplasty (UP) is one of the preferred treatments for long urethral stenosis. In case of the long urethral stricture this treatment is limited from the length of the graft that is possible to harvest. In the aim to increase the graft length not only BM of the cheeks but also from the lower lip or the tongue can be taken. However the morbidity increase with the extension of the harvesting. To overcome these limitations a tissue engineered BM graft has been developed (Mukocell®). We report on the outcome of our first 6 cases. Materiali e metodi I Stage: appropriate preoperative staging of the urethral disease is essential to plan a correct surgical strategy. Bowel preparation is administered preoperative. The patient is positioned in lithotomy position including the upper leg in the sterile field. With a perineal approach at the level of the urethral stenosis the urethra is carefully mobilized removing all the scar tissue resulting from previous surgeries. After measuring the stricture´s length a skin graft is taken from the medial upper leg with a microdermatome (depth of 0,2 mm). The Graft is then meshed and implanted with continues sutures and tissue glue. After completing the perineostomy, a compressive dressing with fat gauze is then applied. This medication is crucial for the correct engrafting Post-operative management contemplates bed rest and parenteral nutrition for 1 week. Opium and Loperamide are given to inhibit peristaltic. In the first week is important to avoid mechanical stress on the graft that may cause a graft displacement that may delay the angiogenesis and the prompt engrafting. After 7 days the 1st dressing change is performed in lithotomy position; this allow a correct assessment of the engrafting. Afterwards the dressing is changed every 2 days until a good healing of the graft is obtained. The II Stage is performed after at least 3 months from the 1st surgery. After assessing the good engraftment and excluding possible stenosis relapse, the neourethra is closed on a 20 ch catheter. Between the X and XIV postoperative day a cistourethrography is performed; if no leakage is shown urethral catheter is removed. Materials and methods From February 2012 to March 2013 7 patients underwent harvesting of BM for tissue engineered BM UP. Only patients with no previous UP as well as stricture less then 4 cm were selected. Lichen schlerosus was also an exclusion criterion. All patient were preoperative evaluated with uroflowmetry, retrograde urethrography and questionnaire (IIEF, IPSS, incontinence questionnaire). The harvesting of the graft was performed in an ambulant setting; a small BM biopsy of about 1cm2 was taken from the right cheek. All patients went home about 1 hour after the procedure. 3 to 4 weeks after the harvesting the tissueengineered graft was implanted. In one case we could not proceed to implant because of bacterial contamination of the harvest so that a classical BM was harvested and implanted. 2 patients underwent an inlay UP, 2 patients an UP in onlay fashion and 2 patients had a combination of inlay and onlay. Transurethral catheter was usually removed after 3 weeks and urethrography was performed after 6 weeks. The patient performed a voiding diary and after assessing no significant residual the suprapubic catheter was removed. A final uroflowmetry was also performed. Follow up was achieved with periodical telephonic interviews and in office visits with uroflowmetry and post voidal residual ultrasound. Risultati From September 2006 to April 2012, 38 MGUP of those 26 patients underwent both stage of the procedure while 12 underwent just the 1st stage. Stricture´s length varied from 4 cm up to 15 cm. Average follow up was 21,6 months for the 1 Stage group and 24,8 months for the 2 Stage group. During the follow up we observed 7 case (18,4 %) of relapse (Stricture 57%, Fistula 28,6%, Diverticula 14,3%). Results All 6 patients reported no problem on the donor site. Median Age was 55 Jears (32-72). Stricture etiology was in 4 cases idiopathic and 2 cases iatrogenic. Average stricture length was 3,58 cm (3-6cm). All the strictures were localized at the bulbar urethra. In one case shortly after catheter removal the patient complained about strangury and a decreased flow; a cystoscopy was performed and a small twist of the matrix was found. After distending it the caliber of the urethra widened and patient urinate without problem. At time of follow up all Patients refer no problem and a good uroflowmetry. No episode of urinary tract infection or urinary retention was reported. All patient were very satisfied and would recommend this procedure based on their experience. Discussione The MGUP is a strength and challenging procedure for the surgeon as well as for the patient. Conclusioni However, in skilled hands this technique may be a valid treatment for complex or recurrent urethral strictures and in some cases it may be the only alternative to urinary diversion. Discussion However in our experience the follow up is limited and no definitive conclusion or comparison can be made with the original BM UP the using of engineered BM graft seems feasible and safe. Conclusions In our opinion it is important to continue investigating this procedure for its potential advantages (no limitation of graft size, lower donor site morbidity). 34 35 P36 86° Congresso Nazionale SIU L’IMPATTO DELLE URETROPLASTICHE BULBARI CON MUCOSA BUCCALE SULLA VITA SESSUALE. E. Palminteri, C. De Nunzio, E. Berdondini, L. Larocca, L. Timossi (Arezzo) Scopo del lavoro Abbiamo determinato l’effetto della riparazione delle stenosi bulbari con innesto ventrale di mucosa buccale (MB) sulla funzione eiaculatoria, sulla funzione erettile e sulla vita sessuale. Materiali e metodi Tra il 2009 ed il 2010, 52 pazienti sottoposti a Uretroplastica Bulbare con innesto ventrale di MB sono stati valutati tramite questionari mirati alla valutazione dei disturbi sessuali prima e dopo la chirurgia. Tutti i pazienti hanno completato pre e post-operatoriamente il questionario validato MSHQ e postoperatoriamente un questionario non validato ma adattato allo studio della funzione sessuale dopo uretroplastica. Risultati Prima dell’uretroplastica, la maggior parte dei pazienti riferivano disturbi eiaculatori influenzanti la qualità della vita; molti (34.6%) pazienti temevano un peggioramento post-operatorio della vita sessuale. Dopo l’uretroplastica, nessuno ha riportato un peggioramento dell’erezione, mentre la maggior parte ha riferito un miglioramento dell’eiaculazione con riguardo alla forza, volume e piacere dell’eiaculazione; 42% dei pazienti hanno riferito disturbi della sensibilità scroto-perineale e 15% hanno riferito cambiamenti estetici dei genitali ma senza impatto sulla vita sessuale. C’è stato un significativo miglioramento nell’attività e desiderio sessuale, relazione con il partner e qualità della vita sessuale. Tutti hanno riportato un miglioramento della qualità della vita e sono soddisfatti del risultato finale dell’uretroplastica. Discussione La stenosi uretrale può determinare disturbi eiaculatori che influenzano la qualità della vita. I pazienti dichiarano una marcata ansietà per gli effetti dell’Uretroplastica, con particolare riguardo alle ipotetiche complicanze sessuali. Il nostro studio ha dimostrato che l’Uretroplastica bulbare di ampliamento ventrale con MB non solo non causa complicanze sessuali, ma anzi determina un miglioramento della funzione sessuale e della qualità della vita sessuale in generale. Conclusioni L’uretroplastica bulbare con innesto ventrale di MB è un intervento minimalmente aggressivo che ha dimostrato di migliorare la qualità della vita di relazione e della vita sessuale con particolare riguardo alla funzione eiaculatoria. 36 P37 86° Congresso Nazionale SIU SONDAGGIO NAZIONALE SULLA GESTIONE DELLE STENOSI URETRALI MASCHILI IN ITALIA. E. Palminteri, S. Maruccia, E. Berdondini, D. Giovanni, O. Sedigh, F. Rocco (Arezzo) Scopo del lavoro Sebbene la letteratura suggerisca che l’uretroplastica ha una percentuale di successo superiore alle procedure meno invasive, non esiste consenso sul trattamento delle stenosi uretrali. Il numero ed i tipi di procedure effettuate nelle varie nazioni non sono accertati. Noi abbiamo effettuato un sondaggio nazionale tra gli urologi sulla gestione delle stenosi uretrali maschili in Italia. Materiali e metodi Abbiamo condotto una indagine tramite questionario su 523 urologi Italiani distribuiti tra Nord, Centro e Sud dell’Italia. Risultati L’Uretrotomia Interna (UI) (81.8%) e le Dilatazioni (62.5%), sono risultate le procedure più usate, anche se la maggior parte degli urologi (71.5%) considera la UI appropriata solo per stenosi < 1.5 cm; il 12 % degli urologi ha dichiarato di usare gli Stent. Il 60.8% degli urologi non effettua uretroplastiche, il 30.8% effettua annualmente da 1 a 5 uretroplastiche e solo l’8.5% effettua più di 5 uretroplastiche per anno. Il tipo di uretroplastica più frequentemente effettuata è risultata l’uretroplastica in tempo unico con innesto a toppa di ampliamento (21.2%), impiegando soprattutto la mucosa buccale (16.8%), prelevata dalla guancia (13.8%) e posizionata ventralmente (11.3%). L’Anastomosi termino-terminale è effettuata dall’8.6% degli urologi. I metodi diagnostici e di follow-up usati variano notevolemente. Discussione Similmente agli altri paesi occidentali, in Italia le procedure minimalmente invasive rappresentano il tipo di trattamento per le stenosi uretrali più comunemente utilizzato. Solo una minima parte di Urologi effettua l’Uretroplastica. L’uso della tradizionale tecnica di Anastomosi termino-terminale è stato superato dall’impiego delle Uretroplastiche di ampliamento con mucosa buccale. Non esiste uniformità nella metodologia diagnostica e nel follow-up dei pazienti trattati per stenosi uretrale. Conclusioni Solo una minima parte degli urologi italiani effettua l’uretroplastica. Il numero di uretroplastiche effettuate per anno è basso e non garantisce l’aquisizione di un adeguata esperienza chirurgica. 37 P38 86° Congresso Nazionale SIU P39 86° Congresso Nazionale SIU NUOVA METODICA DI ISOLAMENTO DI CELLULE EPITELIALI UROTELIALI EPCAM+ PER RIGENERAZIONE TISSUTALE IN VITRO. SAFETY OF COLD KNIFE URETHROTOMY FOR URETHRAL STRICTURE IN PATIENTS TAKING ANTIAGGREGANT THERAPY FOR CARDIOVASCULAR DISEASES M. Rutigliano, A. Vavallo, V. Galleggiante, G. Lucarelli, F. Giangrande, M. Matera, M. Campagna, D. Di Clemente, F. Palumbo, P. Ditonno, M. Battaglia, C. Bettocchi (Bari) S. Picozzi, A. Macchi, C. Marenghi, S. Maruccia, S. Casellato, G. Bozzini, L. Carmignani (San Donato Milanese) Scopo del lavoro generaazione di un pluristrato uroteliale in vitro partendo da cellule primarie epiteliali derivanti da tessuto uretrale ed ureterale. Aim of the study There are no data in the literature regarding the possibility of performing cold knife urethrotomy in patients on oral anti-aggregant therapy. The aim of this study was to evaluate the clinical course in patients receiving single and double anti-thrombotic therapy who underwent cold knife urethrotomy for urethral stenosis. Materiali e metodi è stato utilizzato tessuto uroteliale non patologico proveniente da 6 pazienti sottoposti a riassegnazione chirurgica di sesso andro-ginoide e da 6 soggetti sottoposti a nefrectomia a scopo di donazione per trapianto da vivente. Il tessuto prelevato è stato frammentato e posto su una piastra con idoneo terreno di coltura. Dopo 1 settimana, intorno a ciascun frammento era visibile una proliferazione cellulare. L’isolamento delle cellule epiteliali uroteliali è stato effettuato con metodica MACS, utilizzando l’anticorpo EpCam MicroBeads. Dopo aver confermato con la citofluorimetria la presenza del marcatore epiteliale EpCam, è stata allestita una coltura cellulare in monostrato. La caratterizzazione cellulare è stata effettuata mediante immunocitochimica con gli anticorpi CK7, Pancytokeratin, CK20, p63, Ki67 e Smooth muscle α-actin (ASMA). Quindi, le cellule sono state seminate su scaffolds di polyethylene terephtalate (PET) “Millicell membrane”, con terreno di coltura 3D Epidermal medium. A 7 giorni, la formazione del monostrato cellulare è stata evidenziata mediante una colorazione ematossilina-eosina. Un mese dopo, il pluristrato uroteliale è stato osservato in microscopia ottica e incluso in paraffina per verificare la crescita ed effettuare la caratterizzazione immunoistochimica con gli stessi anticorpi precedentemente utilizzati. Risultati all’analisi citofluorimetrica, le cellule epiteliali isolate da tessuto uroteliale con metodica MACS sono risultate per il 98% positive al marcatore epiteliale EpCAM confermando la presenza di una popolazione omogenea. Il monostrato cellulare ottenuto da queste cellule è risultato 100% positivo ai marcatori epiteliali CK7 e Pancytokeratin, parzialmente positivo ai marcatori coinvolti nella proliferazione e nel ciclo cellulare p63 e Ki67, negativo per marcatore mesenchimale ASMA e per il marcatore di citodifferenziazione CK20. Le sezioni in paraffina del pluristrato uroteliale, colorate con ematossilina eosina, hanno mostrato una effettiva stratificazione cellulare. L’immunoistochimica ha confermato la positività per CK7 e Pancytokeratin, la presenza nello strato basale di p63 e Ki67 e l’assenza di ASMA e CK20. Materials and methods One hundred thirty-seven male patients were treated between January 2008 and December 2011. Mean age was 68 years (range 51-86 years). Patients were divided into three groups based on the assumption of mono, double or absence of anti-aggregant therapy. Bleeding complications were divided into urethrorragy and haematuria. Results No a statistical differences in terms of moderate and major haematuria between were observed between patients who were assuming mono anti-platelet therapy (p = 0,3341). There were no statistical differences in terms of moderate and major urethrorragy between patients who were not taking assuming mono antiplatelet therapy (p = 0,3286). Patients on double anti-aggregant therapy did not present an increased incidence of urethrorragy and haematuria. There was no statistical difference in terms of hospital stay related to the onset of bleeding complications. No post-operatory major bleeding complications occurred after patient discharge. Discussion In this article we report the feasibility of cold knife urethrotomy in patients assuming oral antiplatelets. The aim of this article is to help in drafting in future general and specific guidelines for the urological procedure which are at this moment in time inconsistent. Conclusions The surgical procedure can be performed without an increased risk of moderate and major bleeding. Discussione l’uso di un pluristrato uroteliale autologo rigenerato rappresenta una valida opzione terapeutica in pazienti sottoposti a chirurgia uretrale. L’attuale ricorso a materiale autologo, con i limiti del maggior tempo operatorio e estensione del tessuto, può trovare una sua giusta alternativa nell’impiego di questi nuovi patch di biomateriali. Conclusioni I risultati preliminari ottenuti in questo studio hanno evidenziato la possibilità di poter ottenere un pluristrato uroteliale costituito esclusivamente da cellule epiteliali mediante una nuova metodica che seleziona e caratterizza cellule EpCAM+. 38 39 P40 86° Congresso Nazionale SIU P41 86° Congresso Nazionale SIU EMBOLIZZAZIONE ARTERIOSA PROSTATICA (P.A.E.) NELL’IPERTROFIA PROSTATICA BENIGNA: RISULTATI PRELIMINARI IN CINQUE PAZIENTI. THULEP ED ATV PER IL TRATTAMENTO DI VOLUMINOSI ADENOMI PROSTATICI: DUE METODICHE A CONFRONTO. 5 ANNI DI ESPERIENZA. O. Maugeri, C. Ambruosi, A. Balderi, F. Sommatino, E. Galletto, F. Venzano, G. Chiappello, M. Mediago, C. Dadone, M. Grosso, G. Arena (cuneo) G. Di Lauro, L. Romis, S. Mordente, G. Romeo, A. Ruffo, D. Prezioso, E. Illiano, F. Iacono (pozzuoli) Scopo del lavoro Nella gestione dell’ipertrofia prostatica vi è sempre più la necessità di tecnologie innovative mininvasive. L’embolizzazione arteriosa prostatica (P.A.E.) è stata recentemente proposta e valutata presso il nostro Centro come alternativa al trattamento chirurgico nei pazienti affetti da IPB con gravi patologie associate. Riportiamo i risultati preliminari di questa metodica in un campione di 5 pazienti. Materiali e metodi Sono stati trattati cinque pazienti (età media 83) affetti da ipertrofia prostatica benigna condizionante ritenzione urinaria non rispondenti alla terapia alpha litica e non candidabili a trattamento chirurgico per gravi patologie concomitanti. Tutti i pazienti gestiti inizialmente con terapia medica ormonale e cateterismo uretrale e valutati preoperatoriamente con ecografia prostatica T. R. ed angio-TC. Dopo premedicazione con 60 mg di Ketorolac e.v., tramite accesso percutaneo arterioso femorale comune previa angiografia degli assi iliaci si è proceduto a cateterismo selettivo dell’arteria ipogastrica sinistra per angiografia ipogastrica. Individuata l’arteria prostatica con tecnica telescopica e microcatetere angiografico si è cateterizzata prima l’arteria prostatica sinistra e verificando l’assenza di vasi collaterali afferenti agli altri organi si è proceduto all’embolizzazione arteriosa iniettando Embosphere da 300-500 micron. Successivamente si è provveduto ad eseguire la medesima procedura controlateralmente. Il Successo tecnico è stato definito dal completamento dell’embolizzazione prostatica arteriosa selettiva in almeno un lato. Tutti i pazienti sono stati valutati nel postoperatorio utilizzando l’International Prostate Symptom Score (IPSS), questionari sulla qualità di vita (QoL), PSA sierico e valutazione volumetria prostatica con ecografia T. R. Risultati I risultati sono riassunti nella tabella 1.P.A.E. è stata completata bilateralmente in 3 pazienti (60%) mentre in 2 pazienti (40%) è stata eseguita unilateralmente (in 1 caso a causa di occlusione iliaca omolaterale, in un altro caso per l’impossibilità di cateterizzare l’arteria prostatica). Il tempo di esposizione radioscopica è stato in media di 65,62 min (range 41,9 -110 min), mentre il tempo medio della procedura è stato di 158,81 mi (range 120-240 min) In tutti I pazienti il catetere vescicale è stato rimosso dopo 2 settimane con ripresa delle minzioni spontanee, netto miglioramento dei parametri di QoL e netta riduzione del volume prostatico eseguendo valutazione di follow up a 6 mesi. Non sono state registrate complicanze maggiori Scopo del lavoro Obiettivo del nostro studio è confrontare l’efficacia terapeutica e la sicurezza clinica della ThuLEP(Thulium laser enucelation of prostate)rispetto all’adenomectomia prostatica trans vescicale(ATV) per il trattamento dell’IPB (Iperplasia Prostatica Benigna) Materiali e metodi Abbiamo reclutato 296 pazienti dal 2007 al 2012 con età media di 66,3 anni ±8,8SD con IPB e LUTS.I criteri di inclusione sono stati:volume prostatico>75ml,flusso urinario(Qmax)<=15 ml/sec e IPSS>7.Sono stati esclusi pazienti con carcinoma prostatico,vescica neurogena e pregressa chirurgia pelvica.I pazienti sono stati suddivisi in due gruppi:trattati con ThuLEP(gruppo A)e trattati con ATV(gruppo B)e valutati al tempo 0 e a 12 mesi per volume prostatico,residuo post-minzionale,International Symptoms Score(IPSS),valore del PSA ed uroflussometria.Sono stati valutati la riduzione dei valori di emoglobina,il tempo di cateterizzazione,il tempo di ospedalizzazione ed eventuali complicanze. Le caratteristiche pre-operatorie del Gruppo A erano:PSA medio di 9,53ng/ml(±8,32SD);Volume Prostatico medio di 108,08ml(±24,73SD);IPSS medio di 21,1(±7,12SD);Qmax medio di 8,23ml/sec(±3,65SD);RPM medio di 146,12ml(±132,32SD). Le caratteristiche pre-operatorie del Gruppo B erano:PSA medio di 8,57ng/m(±8,01 SD);volume prostatico medio di 110,03ml(±20,32SD);I-PSS medio di 20,3(±7,03SD);Qmax medio di 9,52ml/sec(± 5,43SD);RPM medio di 131,45 ml(±143,04SD) Risultati Significatività statistica(p75gr con significativa riduzione del tasso di complicanze e con risultati sovrapponibili a lungo termine per efficacia terapeutica Discussione L’embolizzazione arteriosa prostatica risulta una procedura mininvasiva che non è associata a complicanze significative e, seppur nella brevità del follow up, sembra determinare un netto miglioramento dei sintomi ostruttivi e della qualità di vita. Conclusioni P.A.E. potrebbe costituire, in mani esperte ed in pazienti selezionati, affetti da gravi patologie concomitanti, una metodica da utilizzare al fallimento della terapia medica. 40 41 P42 86° Congresso Nazionale SIU ROBOTIC-ASSISTED SIMPLE ENUCLEATION FOR THE TREATMENT OF CLINICAL T1 RENAL MASSES: SINGLE-CENTER EXPERIENCE A. Tuccio, A. Minervini, L. Masieri, G. Vittori, M. Gacci, A. Lapini, G. Siena, G. Vignolini, A. Mari, M. Carini, S. Serni (Firenze) Scopo del lavoro The simple enucleation is a technique of nephron sparing surgery that excides the tumor surrounded by no visible rim of healthy parenchyma. The aim of the study was to report the feasibility and perioperative outcomes of endoscopic robotic-assisted simple enucleation (ERASE) performed at our institution. Materiali e metodi Between January 2010 and January 2013, 130 consecutive patients had ERASE for suspicious solid renal lesions. Clinicopathologic variables, nephrometry scores, perioperative parameters, and renal functional outcomes were prospectively recorded and analyzed. Risultati Mean (± SD) tumor size was 3.2 cm (± 1.5). Median PADUA score was 8; 42 (32,3%) tumors had PADUA ≥ 8, and 10 (7,7%) had PADUA ≥ 10. Overall, 101 (77.7%) tumors were clinically T1a, 29 (22.3%) T1b. 30 (23.1%) cases were performed without clamping the hilum or renal artery, while a super selective arterial branches clamping was done in 14 (10,8%) cases. In 66.1% of cases the main renal artery/renal pedicle was clamped and mean warm ischemia time (WIT) was 18 minutes (±6). A WIT ≥ 25 minutes was necessary in 21 cases (16.2%). The median operative time was 157 min (±54). The median blood loss was 119 mL. Postoperative surgical complications were reported in 11 (8.6%) patients and of those, 6 (4.7 %) were major complications according to the Calvien-Dindo classification. No urinary fistulas occurred in this series. The mean ΔHb was 2.2g/dL and the mean Δ serum creatinine was 0.06 mg/dL. Histopathologic analysis revealed 107 (82.3%) renal cell carcinomas and 23 (17.7%) benign tumors. Positive surgical margins were observed in 3 cases (2.3%). Pathological T stage was pT1a in 70 (65,4%) cases, pT1b in 25 (23,4%), pT2a in 1 (0,9%), pT3a in 11 (10,3%). Discussione The robotic surgical system may enable faster and greater technical proficiency, facilitating a minimally invasive approach to more difficult lesions while reducing ischemia time. Conclusioni Robotic approach enhances the phase of enucleation and keeps the field less bloody. The vision magnification allows a more accurate identification of small vessels, that can be readily coagulated during enucleation. This makes ERASE a feasible and safe technique associated with a low incidence of surgical complications, low risk of urinary fistulas and lower positive surgical margin rate. 42 P43 86° Congresso Nazionale SIU SIMPLE ENUCLEATION VERSUS STANDARD PARTIAL NEPHRECTOMY FOR CLINICAL T1 RENAL MASSES: PERIOPERATIVE OUTCOMES BASED ON A MATCHED-PAIR COMPARISON OF 396 PATIENTS (RECORD PROJECT) A. Minervini, N. Longo, A. Antonelli, G. Bianchi, A. Bocciardi, A. Tuccio, C. Fiori, S. Giancane, A. Mari, G. Martorana, V. Mirone, G. Morgia, G. Novara, F. Porpiglia, M. Raspollini, B. Rocco, B. Rovereto, R. Schiavina, S. Serni, C. Simeone, P. Verze, A. Volpe, V. Ficarra, M. Carini (Firenze) Scopo del lavoro To compare simple enucleation (SE) and standard partial nephrectomy (SPN) in terms of surgical results in a multicenter dataset (RECORd Project). Materiali e metodi patients treated with nephron sparing surgery (NSS) for clinical T1 renal tumors between January 2009 and January 2011 were evaluated. Overall, 198 patients who underwent SE were retrospectively matched with 198 patients who underwent SPN. The SPN and SE groups were compared regarding intraoperative, early pot-operative and pathologic outcome variables. Multivariate analysis was applied to analyse predictors of positive surgical margin (PSM) status. Risultati SE was associated with similar WIT (18 vs 17.8 min), lower intraoperative blood loss (177 vs 221 cc, p=0.02) and shorter operative time (121 vs 147 min; p20 minutes. The incidence of PSM was significantly lower in patients treated with SE (1.4% vs 6.9%; p=0.02). At multivariate analysis, PSM was related to the surgical technique, with a 4.7-fold increased risk of PSM for SPN compared to SE. The incidence of overall, medical and surgical complications was similar in both groups. Discussione The RECORd Project is a 4-Year prospective observational multicenter study promoted by the Italian Society of Urology. To our knowledge this is the first multicenter study based on a matched-pair comparison of patients treated by standard partial nephrectomy and simple enucleation. Conclusioni Type of NSS technique (SE vs SPN) adopted has a negligible impact on WIT and postoperative morbidity but SE seems protective against PSM occurrence. 43 P44 86° Congresso Nazionale SIU PERIOPERATIVE OUTCOMES OF ROBOTIC VERSUS OPEN SIMPLE ENUCLEATION FOR THE TREATMENT OF T1A-T1B RENAL CELL CARCINOMA. A SINGLE CENTER MATCHED-PAIR COMPARISON. S. Serni, G. Vittori, A. Mari, L. Masieri, M. Gacci, A. Lapini, G. Siena, A. Tuccio, G. Vignolini, M. Carini, A. Minervini (Firenze) Scopo del lavoro The Simple Enucleation (SE), is a technique of nephron sparing surgery who excides the tumor surrounded by no visible rim of healthy parenchyma, developing by blunt dissection the natural plane between tumor pseudocapsule and healthy parenchyma. No previous study evaluated surgical, pathological, and short-term functional perioperative outcomes of robotic approach to SE. Aim of this study is to compare surgical results, morbidity and pathological data, including positive surgical margin (PSM) rate, of endoscopic roboticassisted simple enucleation (ERASE) with those of open simple enucleation (OSE). Materiali e metodi We undertook matched-pair analysis (age, tumor size and nephrometry) of 392 patients treated with OSE or ERASE for T1a-T1b renal tumors in our department, including 160 patients in OSE group and 80 in ERASE. Surgical, pathological, short-term functional data and complications of ERASE and OSE were compared with univariate analysis. Perioperative variables independently associated with warm ischemia time (WIT)>25 min, complications, and postoperative acute kidney dysfunction (AKD) were assessed with multivariate analysis, separately. Risultati The matched groups were comparable in age, tumor size, nephrometry BMI, comorbidity index, and preoperative renal function. No significant difference resulted in ERASE vs. OSE group regarding WIT (18.5 vs. 16.4 min; p=0.5), intraoperative complications, postoperative complications, transfusion rate, reoperation rate for Clavien grade≥3 complication, and PSM rate (2.9% vs. 2.1%; p=0.63). In patients with elective indication to nephron sparing surgery, no significant difference resulted in variation of estimated glomerular filtration rate from baseline (8.5 vs. 13.9 ml/min; p=0.17) and in the incidence of acute renal failure. In ERASE comparing with OSE group, the clamping of renal pedicle was used with a significantly lower frequency (60% vs. 93.8% of patients; P25 min, nor with postoperative acute renal failure. Discussione The robotic approach to simple enucleation is feasible, and not inferior to open regarding surgical, pathological, short-term functional outcomes and morbidity. The loss of tactile sensation did not increase the technical difficulty of procedure, nor the positive surgical margin rate, in our analysis. P45 86° Congresso Nazionale SIU CLAMPLESS LAPAROENDOSCOPIC SINGLE-SITE PARTIAL NEPHRECTOMY FOR RENAL CANCER WITH LOW PADUA SCORE: TECHNIQUE AND SURGICAL OUTCOMES. D. Veneziano, G. Pini , V. Altieri, A. Inferrera, L. Ascalone, P. Fornara, F. Greco (Reggio Calabria) Scopo del lavoro To describe the technique and report the surgical outcomes of clampless laparoendoscopic single-site (LESS) partial nephrectomy (PN) in the treatment of renal cell carcinoma (RCC) with low PADUA score, by reducing the blood pressure and increasing the intra-abdominal pressure of the pneumoperitoneum to 20 mmHg, timed to precisely coincide with excision of the tumour. Materiali e metodi Clampless LESS PN was performed in 14 patients with cT1a renal tumours. Indications to perform a clampless LESS PN were low-risk, laterally based renal tumours, located away from the renal hilum, with a PADUA score ≤7. Demographic data and peri-operative and postoperative variables were recorded and analysed. Kidney function was evaluated by measuring serum creatinine concentration and estimated glomerular filtration rate (eGFR) pre- and postoperatively and at 6-month follow-up. Risultati The median operating time was 120 min and warm ischaemia time was zero in all cases. Only one early complication (Clavien grade 1) was recorded: one patient developed a flank haematoma which it was possible to treat by conservative therapy. Serum creatinine and modification of diet renal disease eGFR were not found to be significantly different pre- and postoperatively and at 6-month follow-up. Definitive pathological results showed 12 pT1a RCCs and two pT1a-chromophobe RCCs. All tumours were removed with negative surgical margins. All patients were satisfied with the cosmetic results. At a median (range) follow-up period of 12 (8-15) months, all patients were alive without evidence of tumour recurrence or portsite metastasis. Discussione Clampless LESS PN remains a demanding surgical procedure, requiring much previous experience with conventional laparoscopy. Its combination of bent and conventional instruments reduces instrument collision and reproduces, albeit in a limited way, their triangulation as occurs in conventional laparoscopy. Conclusioni Clampless LESS PN is a safe and feasible surgical procedure in the treatment of low-risk T1a RCC, with excellent cosmetic results. Conclusioni the ERASE showed comparable perioperative outcomes to OSE, with the added benefits of lower recourse to pedicle clamping, a one day shorter hospitalization, along with the clear advantages of mini-invasivity. 44 45 P46 86° Congresso Nazionale SIU OPEN VERSUS LAPAROSCOPIC PARTIAL NEPHRECTOMY FOR CLINICAL T1A RENAL TUMORS: SURGICAL, FUNCTIONAL AND TRIFECTA OUTCOMES BASED ON A MATCHED-PAIR COMPARISON OF 280 PATIENTS (RECORD PROJECT) A. Minervini, G. Siena, A. Antonelli, G. Bianchi, A. Bocciardi, S. Cosciani Cunico, V. Ficarra, C. Fiori, F. Fusco, A. Mari, G. Martorana, M. Medica, G. Morgia, F. Porpiglia, F. Rocco, B. Rovereto, R. Schiavina, C. Simeone, C. Terrone, A. Volpe, M. Carini, S. Serni (Firenze) Scopo del lavoro To report a match-pair comparative analysis between open (OPN) and laparoscopic partial nephrectomy (LPN) for clinical (c) T1a renal masses from a large prospective multicenter dataset. Materiali e metodi The RECORd Project is a 4-Year prospective observational multicenter study promoted by the Italian Society of Urology. The study includes all patients who underwent OPN and LPN for kidney cancer between January 2009 and January 2011 at 19 Italian centers. Open and Laparoscopic groups were compared regarding clinical, surgical, pathologic, functional results and TRIFECTA outcome (WIT 25 minutes, Surgical Complications (SC) and the achievement of the TRIFECTA outcome. Risultati Overall, 301 patients had OPN and 149 LPN. Groups were matched 1:1 (140 matched pairs) for Clinical Diameter, Tumor Side and Type of Indication. The achievement of the TRIFECTA outcome was comparable between the OPN vs LPN group (78.6% vs 74.3%, p: ns). Overall, 46 Total Complications after OPN vs LPN (17.9% vs 15%; p:ns) occurred. At multivariate analysis the surgical approach (Laparoscopic vs Open) was not a predictor of a negative TRIFECTA and SC. Whereas, the Laparoscopic approach was associated with a significantly mean longer WIT (19.9 vs 15.1 min; p25 minutes (RR: 6.29, 95%CI: 2.47-16.07; p Discussione Trifecta should be a routine goal during partial nephrectomy. Conclusioni No significant difference in achieving the TRIFECTA outcome (WIT P47 86° Congresso Nazionale SIU LAPAROENDOSCOPIC SINGLE-SITE VERSUS CONVENTIONAL LAPAROSCOPIC RADICAL NEPHRECTOMY FOR RENAL CELL CANCER IN PATIENTS WITH INCREASED COMORBIDITIES AND PREVIOUS ABDOMINAL SURGERY: PRELIMINARY RESULTS OF A SINGLE-CENTRE RETROSPECTIVE STUDY. A. Inferrera, G. Pini , V. Altieri, L. Ascalone, P. Fornara, F. Greco (Messina) Aim of the study Laparoendoscopic single-site surgery (LESS) represents an evolution of laparoscopy for the treatment for urologic diseases. The aim of this study is to investigate the feasibility of LESS in patients with increased comorbidities and previous abdominal surgery undergoing radical nephrectomy (LESS-RN) for renal cell carcinoma. Materials and methods A total of 25 patients with increased comorbidities and previous abdominal surgery who underwent LESSRN were compared to 31 patients with the same characteristics after conventional laparoscopic radical nephrectomy (LRN). LRN was performed between January 2009 and May 2010, and LESS-RNs were performed between June 2010 and November 2011. Demographic data and perioperative and postoperative variables were recorded and analysed. Results The mean ASA score in the LESS-RN and LRN groups was 3.2 ± 0.4, and the mean BMI was 32.7 ± 2.1 and 34.2 ± 0.8 kg/m(2), respectively. The mean operative time in the LESS-RN and LRN groups was 143.7 ± 24.3 and 130.6 ± 26.5 min, (p = 0.11), and the mean hospital stay was 3.8 ± 0.8 versus 4.2 ± 1.4 days in the two groups (p = 0.06), respectively. Three and four complications were recorded in the LESS-RN and in the LRN groups, for a mean complication rate of 12 and 12.9 % (p = 0.12), respectively All tumours were organ-confined with negative surgical margins, and the mean R.E.N.A.L nephrometry score for LESS-RN and LRN was 9.78 ± 1.7 and 9.82 ± 1.3 (p = 0.14), respectively. Discussion In our experience, there was no problem to perform LESS in obese patients too. Generally, muscle relaxation is essential in these patients, and this requires a continuous collaboration between surgical and anaesthesiologic team. At 14-month follow-up, no tumour recurrences nor progressions nor port-site metastasis was recorded. Conclusions LESS-RN in patients with increased comorbidities and previous abdominal surgery is equally effective as LRN without compromising on surgical, oncologic short-term and postoperative outcomes. 46 47 P48 86° Congresso Nazionale SIU P49 86° Congresso Nazionale SIU PARTIAL NEPHRECTOMY REDUCES MORTALITY NOT RELATED TO RENAL CANCER? MATCHED PAIR ANALYSIS COMPARISON WITH RADICAL NEPHRECTOMY. NEFRECTOMIA PARZIALE LAPAROSCOPICA (NPL) PER CARCINOMA RENALE IN STADIO T1 ESEGUITA MEDIANTE TECNICA “CLAMPLESS”: ANALISI DELLA SICUREZZA E DELL’EFFICACIA A. Antonelli, M. Sodano, S. Legramanti, G. Galvagni, A. Cozzoli, T. Zanotelli, C. Simeone (Brescia) C. Fiori, R. Bertolo, D. Amparore, A. Di Stasio, N. Serra, F. Mele, F. Porpiglia (Orbassano) Aim of the study To evaluate survival not related to renal cell carcinoma in patients undergoing partial nephrectomy (PN), compared to those who underwent radical nephrectomy (RN). Scopo del lavoro Scopo di questo studio prospettico è la valutazione della sicurezza ed efficacia della nefrectomia parziale laparoscopica (NPL) per carcinoma renale in stadio T1 eseguita mediante tecnica “clampless” (senza clampaggio dell’arteria renale). Materials and methods Retrospective evaluation of an institutional database that stores the data of more than 2200 patients undergone surgery for kidney cancer. For the present study, the records of patients metastatic at diagnosis or with follow up judged as insufficient ( Results 2 groups were generated, each of 389 patients who underwent PN and RN, homogeneous with the desired characteristics (see table pts: patients). There were 37 (9.5%) and 39 (10.0%) deaths due to causes not related to renal cell carcinoma in patients receiving respectively PN and RN (p = 0.904), with a latency of 6.2 vs 6.8 years after surgery (p = 0.585). Survival free of death from causes unrelated to renal carcinoma at 5 years was comparable (94.7% RN vs 94.2% PN, p = 0.414), as well as that related to renal cell carcinoma (98.0% PN vs 96.1% RN, p = 0.075 ). The factors that showed a significant correlation with mortality from causes unrelated to renal carcinoma were male sex (HR 2.100 [95% CI 1184-3723], p = 0.011), age (continuous variable, HR 1.056 [1031-1082 ], p = 2 (HR 2.637 [1633-4259], p Discussion The evidence that PN may exert a protective effect on mortality not-related to renal cell carcinoma arises from USA population studies, which suffer from some well known biases related to lacking of data in cancer registries, or from studies on surgical series, which often compare groups very heterogeneous due to the selection biases relted to the selection of the cases to be submitted to PN rather than RN. The present study, aims at balancing several factors associated with noncancer-related mortality, but also others associated with cancer-related mortality to reduce the influence that these factors may exert on the analysis. The data in the present study cannot confirm a survival advantage in patients receiving PN. Conclusions The non-cancer-related mortality in patients with renal cell carcinoma seems to be influenced more by gender, age and comorbidities of the patient, than from the kind of operation. 48 Materiali e metodi Da settembre 2011 a settembre 2012, tutti i pazienti con diagnosi di massa renale candidabile a chirurgia conservativa sono stati sottoposti a NPL clampless ed inclusi in questo studio prospettico. Tutti i dati relativi ai pazienti sono stati registrati in un database dedicato. Sono stati considerati i seguenti parametri: (1) demografici, inclusi il body mass index (BMI) e le comorbilità classificate mediante l’indice di Charlson; (2) preoperatori, inclusi lato e sede della lesion classificati secondo il PADUA score; (3) perioperatori, incluse le perdite ematiche e le complicanze intraoperatorie; (4) patologici, incluso il tasso di margini chirurgici positive e lo spessore medio di parenchima peri-lesionale sano asportato; e (5) le complicanze postoperatorie classificate mediante il sistema di Clavien. E’ stata inoltre valutata la funzionalità renale preoperatoria ed a 3 mesi dopo l’intervento mediante la creatininemia, il GFR e la scintigrafia renale sequenziale. I test statistici utilizzati sono stati il t-test e il chi-quadro (significatività statistica per p Risultati Quarantadue pazienti sono stati inclusi: i risultati completi sono riportati in tabella. Lo studio della funzionalità renale non ha evidenziato differenze tra pre-operatorio e postoperatorio: creatininemia: 0.95+0.19 vs 0.96+0.20, p=0.340; GFR: 89.0+17.5 vs 88.4+17.3, p=0.699; funzione renale splittata (rene malato): 49.8+5.3 vs 48.6+5.3, p=0.245. Discussione I risultati della tecnica clampless eseguita nel Nostro Centro si sono rivelati soddisfacenti e sovrapponibili ai dati pubblicati in letteratura per l’approccio conservativo laparoscopico convenzionale. L’unica differenza osservabile consiste nelle maggiori perdite ematiche da cui è gravata tale tecnica rispetto alla NPL con clampaggio dell’arteria renale. Questo fatto non ha però inficiato la resezione della lesione dal momento che non abbiamo osservato un aumento del tasso di trasfusioni. Conclusioni Nella nostra esperienza, la laparoscopia conservativa nel management di tumori renali eseguita mediante tecnica clampless si è dimostrata una tecnica con sicurezza sovrapponibile all’approccio convenzionale, seppur con perdite ematiche maggiori non compensate da un aumentato tasso di trasfusioni. Dal punto di vista dell’efficacia, la NPL clampless sembra presentare outcomes oncologici ottimi. Inoltre, la tecnica sembra essere indolente per il rene operato, dal momento che non sono state osservate alcune modificazioni funzionali tra preoperatorio e postoperatorio. 49 P50 86° Congresso Nazionale SIU P51 86° Congresso Nazionale SIU LAPAROENDOSCOPIC SINGLE-SITE PARTIAL NEPHRECTOMY: A MULTI-INSTITUTIONAL OUTCOME ANALYSIS APPLICATIONS OF NEAR-INFRARED FLUORESCENCE IMAGING WITH INDOCYANINE GREEN IN ROBOT-ASSISTED PARTIAL NEPHRECTOMY F. Greco, R. Autorino, K. Rha, I. Derweesh, L. Cindolo, L. Richstone, T. Herrmann, E. Liatsikos, Y. Sun, C. Fanizza, U. Nagele, J. Stolzenburg, L. Schips, V. Altieri, P. Fornara, J. Kaouk (Halle Saale, Germania) M. Gan, A. Volpe, V. Ficarra, D. Amparore, G. De Naeyer, A. Mottrie (Aalst, Belgium) Aim of the study To report a large multi-institutional series of LESS-PN and to analyze the predictors of outcomes after LESSPN. Materials and methods Consecutive cases of LESS-PN done between November 2007 and March 2012 at 11 participating institutions were included in this retrospective analysis. Each group performed LESS-PN according to its own protocols, entry criteria, and techniques. Demographic data, main perioperative outcome parameters, and perioperative complications were gathered and analyzed. A multivariable analysis was used to assess the factors predicting a short (< 20 min) warm ischemia time (WIT), the occurrence of postoperative complication of any grade, and a “favorable outcome”, arbitrarily defined as a combination of the following events: short WIT + no perioperative complications + negative surgical margins + no conversion to open/ laparoscopy. Results A total of 190 cases were included in this analysis. Mean renal tumor size was 2.6, and PADUA score 7.2. Median operative time was 170 min with a median EBL of 150 ml. A clampless technique was adopted in 70 cases (36.8%) and the median WIT was 16.5 min. PADUA score independently predicted length of WIT (low vs high score: OR 5.11, CI 1.50-17.41, p=0.009; intermediate vs high score: OR 5.13, CI 1.5616.88, p=0.007). The overall postoperative complication rate was 14.7%. The adoption of a robotic LESS technique vs a conventional LESS one (OR 20.92, CI 2.66-164.64, p=0.003) and the occurrence of lower (≤ 250 ml) EBL (OR 3.60, CI 1.35-9.56, p=0.010) were found to be independent predictors of no postoperative complications of any grade. A “favorable outcome” was obtained in 83 cases (43.68%) and, on multivariate analysis, the only predictive factor of a “favorable outcome” resulted to be the PADUA score (low vs high score: OR 4.99, CI 1.98-12.59 p Discussion The present study represents the first large multi-institutional analysis specifically evaluating risk factors for outcomes of LESS-PN.In our study, the multivariable analysis demonstrated PADUA score to be the only factor significantly predicting a short WIT. According to our results, robotic surgery resulted to be more effective than conventional LESS for reducing the risk for surgical complications.One must note that the use of one additional trocar was applied in 61.6% of cases in the present series. Nevertheless, according to the current terminology, the use of an extra 3mm-trocar is still considered LESS. Aim of the study Modern technologies such as near infrared (NIR) indocyanine green (ICG) fluorescence imaging represent potentially useful tools to facilitate intraoperative assessment of vascularization and tissue perfusion during robot-assisted partial nephrectomy (RAPN). Aim of the study was to analyse our series of robot-assisted partial nephrectomies (RAPNs) performed with use of NIR ICG fluorescence, in order to assess the impact of this tool on surgical decisions. Materials and methods A retrospective review of medical records of 16 patients who underwent RAPN with use of NIR ICG fluorescence for renal parenchymal tumors from June 2011 to June 2012 was performed. RAPN with use of NIR ICG fluorescence was carried out with a standardized technique using the “Da Vinci surgical system” with the integrated Firefly™ Fluorescence imaging mode. A test of selective clamping of the tumor-feeding artery/ies was always attempted after injection of 10 mg of ICG to asses the adequacy of tumor ischemia. The perfusion of renal parenchyma was also checked with ICG fluorescence after completion of the renorraphy. The impact of the use of NIR ICG fluorescence on surgical decisions was evaluated. Results The test of selective clamping with use of NIR ICG fluorescence showed adequate tumor ischemia in 9 cases. Clamping of the main renal artery was carried out in 7 cases due to incomplete tumor ischemia at the test. No significant subjective differences in fluorescence intensity between tumoral tissue and normal renal parenchyma was detected. Hypoperfusion of the renal healthy tissue after renorraphy was observed in one case and resolved with partial release of the sutures. No significant worsening of serum creatinine and estimated glomerular filtration rate was observed in the postoperative period. No side effects of ICG injection occurred. Discussion Conclusions Intraoperative NIR ICG fluorescence imaging represents a useful tool to support surgical decisions during RAPN. ICG fluorescence helps the surgeon to select the best suited candidates for a safe and effective selective clamping and to make sure of the good perfusion of the healthy renal parenchyma after conclusion of the renorraphy. Conclusions LESS-PN can be safely and effectively performed in experienced hands, but given a high likelihood of a single additional port. Overall, anatomical tumor characteristics as determined by the PADUA score are independent predictors of a favourable surgical outcome. Thus, patients presenting with low PADUA score tumors represent the best candidates for LESS-PN. The application of a robotic platform is likely to reduce the overall risk of postoperative complications. 50 51 P52 86° Congresso Nazionale SIU PREDICTIVE ACCURACY OF NEPHROMETRIC SCORES CAN BE IMPROVED BY ADDING CLINICAL PATIENT CHARACTERISTICS: AN ALGORITHM COMBINING ANATOMIC TUMOUR COMPLEXITY, BMI AND CHARLSON INDEX TO DEPICT PERIOPERATIVE COMPLICATIONS AFTER NEPHRON SPARING SURGERY M. Roscigno, F. Ceresoli, R. Naspro, U. Capitanio, R. Matloob, F. Dehò, G. Deiana, E. Di Trapani, C. Carenzi, F. Montorsi, R. Bertini, L. Da Pozzo (Bergamo) Aim of the study Even though tumor complexity represents the most important predictor of genitourinary complications, the overall rate of surgical complications may be influenced also by other patient characteristics. We developed a user-friendly algorithm, that combined anatomical features, BMI and Charlson Co-morbidity Index (CCI), to predict perioperative complications in patients undergoing nephron-sparing surgery (NSS). Materials and methods From 2010 to 2012, we prospectively collected 320 consecutive patients treated with open NSS. Patients underwent open trans-peritoneal NSS via a median xifo-umbilical approach or an extraperitoneal NSS through a flank incision. Complications within 40 perioperative days were collected and graded according to the modified Clavien-Dindo Classification System (CCS), and stratified into minor (CCS 1-2) and major complications (CCS 3-5). Multivariable logistic regression analyses using backward selection tested the predictive value of age, gender, BMI (≤25 vs >25), CCI (0 vs 1-2 vs >2), PADUA score (6-7 vs 8-9 vs ≥10) or R.E.N.A.L. nephrometry score (4-6 vs 7-9 vs 10-12), and surgical approach on overall complication rate. Finally, the most parsimonious risk model in predicting the outcome of interest was developed. The ability of the score of this risk model to predict overall complications was tested in multivariate analysis. Results One-hundred sixty three patients underwent open extraperitoneal NSS through a flank incision, while 157 patients underwent a transperitoneal approach. Mean patient age was 63±12 years. The mean tumor diameter was 3.3±1.5 cm. The median PADUA score was 9 (range 6-13). The median R.E.N.A.L. score was 7. Mean ischemia time was 20±9 min (median 19 min). A novel algorithm integrating anatomical features and patient characteristics was generated (Risk of Surgical Complication Score – RoSCo Score). Specifically the score included 3 independent variables: anatomical tumour features (PADUA score 6-9 = 1 point; PADUA score ≥10 = 3 points or R.E.N.A.L. score 4-9 = 1 point; R.E.N.A.L. score ≥10 = 5 point); 1,2 and 3 points for CCI 0, 1-2 and >2, respectively; 1 point for BMI ≤25 and 2 points for BMI >25. Patients were categorized according to our score algorithm as 3-8 when using PADUA score. Patients with score 3-4, 5-6 and 7-8 had 14%, 27% and 52% overall complication rate. Our score algorithm was 3-10 when using R.E.N.A.L. score. Patients with score 3-4, 5-6 and 7-10 had 18%, 33% and 51% overall complication rate. the predictive accuracy of RoSCo score for surgical complications was 68%, with a gain of 4% relatively to the use of PADUA only (64%) and of 6% relatively to the use of R.E.N.A.L. score only. P53 86° Congresso Nazionale SIU COMPARISON OF CONTRAST-ENHANCED ULTRASOUND SCAN (CEUS) AND MRI IN THE FOLLOWUP OF CRYOABLATION FOR SMALL RENAL TUMORS. G. zeccolini, D. Del Biondo, C. Cicero, A. Casarin, A. Guarise, A. Celia (bassano del grappa) Aim of the study To evaluate the ability of contrast enhanced ultrasound scan (CEUS) in monitoring the results of cryoablation of small renal tumors, in comparison with contrast enhanced magnetic resonance imaging (MRI) Materials and methods our Department, percutaneous or laparoscopic assisted cryoablation is offered in the treatment of renal tumors Results The mean age of the 25 pts was 67.7 years (range 56-79); 5 pts were females and 20 were males. The mean tumor size was 2.8 cm (range 1.5-3.5). No patient required conversion to open procedure. 19 tumors were located at the lower pole, 4 were interpolar and 2 tumor was located at the upper pole. There were no intraoperative complications. The mean hospital stay was 4 days (range 1-7). Two pts required a blood transfusion; there was no statistically significant difference between preoperative and postoperative serum creatinine levels. The biopsy showed RCC in all cases. The follow-up consisted in CEUS/MRI every 3 months during the first year after cryoablation and every 6 months thereafter. Discussion In 24/25 patients both CEUS and MRI showed no enhancement. In 1/25 pts, during the follow-up, CEUS and MRI showed a well visible recurrence at the perfusion study. It was histologically confirmed. The final results of CEUS and MRI were concordant in all pts Conclusions CEUS is effective during the follow-up of renal tumor cryoablation. It could be an alternative technique to standard CT and MRI, with some advantages: low cost, short time consuming procedure, no radiation exposure, reduced amount of contrast agent (1-2 ml) and rare adverse reactions. Discussion The RoSCo score not only accounted for anatomic tumor complexity but also for additional clinical characteristics that may affect non genito-urinary complications. Conclusions This novel tool could help clinicians better stratify patients candidates to undergo NSS into subgroups with different risks of perioperative complications. 52 53 P54 86° Congresso Nazionale SIU P55 86° Congresso Nazionale SIU CORRELATIONS BETWEEN NEPHROMETRIC SCORES (P.A.D.U.A AND R.E.N.A.L SCORE) AND WARM ISCHEMIA TIME IN PATIENTS WHO UNDERWENT ELECTIVE OPEN OR MINIMALLY INVASIVE NEPHRON SPARING SURGERY FOR RENAL CELL CARCINOMA ROLE OF NEPHROMETRIC SCORES (P.A.D.U.A AND R.E.N.A.L SCORE) IN THE PREDICTION OF POSTOPERATIVE COMPLICATIONS IN PATIENTS WHO UNDERWENT ELECTIVE OPEN OR MINIMALLY INVASIVE NEPHRON SPARING SURGERY FOR RENAL CELL CARCINOMA M. Borghesi, L. Della Mora, R. Schiavina, G. Rocca, C. Pultrone, F. Chessa, G. Saraceni, E. Brunocilla, G. Martorana (Bologna) M. Borghesi, L. Della Mora, R. Schiavina, G. Rocca, C. Pultrone, F. Chessa, G. Saraceni, E. Brunocilla, G. Martorana (Bologna) Aim of the study Nephron sparing surgery (NSS) is the standard of care for cT1a renal masses, and offer equivalent oncologic outcomes but lower renal function impairment when compared to radical nephrectomy. Recently, several standardized anatomical classifications scoring systems (P.A.D.U.A. and R.E.N.A.L. score) have been described, allowing urologists to predict the potential perioperative outcomes and complications. Aim of this study was to evaluate the correlations between nephrometric scores and warm ischemia time (WIT) in patients treated with NSS for renal cell carcinoma (RCC). Aim of the study Nephron sparing surgery (NSS) is the standard of care for renal masses ≤ 4 cm, and offer equivalent oncologic outcomes but lower renal function impairment when compared to radical nephrectomy. Recently, several standardized anatomical classifications scoring systems (P.A.D.U.A. and R.E.N.A.L. score) have been described, allowing urologists to predict the potential perioperative outcomes and complications. Aim of this study was to evaluate the correlations between nephrometric scores and postoperative complications in patients treated with NSS for renal cell carcinoma (RCC). Materials and methods We retrospectively evaluated a cohort of 96 consecutive patients who underwent open or laparoscopic NSS for RCC between 2006 and 2012 at our Institution. Exclusion criteria were: a) benign renal masses; b) multiple renal tumors; c) incomplete clinical and pathological data. The Kruskall-Wallis test was used to compare more than two non-parametric continuous variables; the Pearson χ2 test was used to compare categorical variables. Two-tailed p Materials and methods A cohort of 96 consecutive patients who underwent open or laparoscopic NSS for RCC between 2006 and 2012 at our Institution was retrospectively evaluated. Exclusion criteria were: a) benign renal masses; b) multiple renal tumors; c) incomplete clinical and pathological data. Postoperative complications were classified according to the modified Clavien-Dindo system. Nephrometry risk groups categories and ClavienDindo grades of postoperative complications were used to stratify patients. The Pearson χ2 test was used to compare categorical variables. Two-tailed p Results Clinical and pathological characteristics are summarized in Table 1. The median WIT was 14 (IQR: 8-20) minutes, and was found to be > 20 minutes in 21 (21.8%) cases. The median WIT was significantly longer in laparoscopic (21 min.) than open procedures (12.1 min.), p 20 minutes (p<0.001). Discussion . Conclusions The classification of patients into risk group categories allow urologists to predict the surgical outcomes after NSS for RCC. More complex cases, included into high risk groups, reflect a more challenging procedure, with a longer expected WIT. In our cohort of patients, P.A.D.U.A. and R.E.N.A.L. scores demonstrated to be equivalent predictors of WIT > 20 minutes. Results The mean P.A.D.U.A. and R.E.N.A.L. scores were 7.6±1.31 and 7.02±1.58, respectively. Forty-nine (51%), 36 (37.5%) and 11 (11.5%) patients were classified into low, intermediate and high risk categories according to the P.A.D.U.A. classification, respectively; conversely, 29(30.2%), 62 (64.6%) and 5 (5.2%) patients were classified at low, intermediate and high risk according to the R.E.N.A.L. score, respectively. Postoperative complications are listed in Table 1. Specifically, 35/96 patients (36.4%) experienced postoperative complications; in the vast majority of them (82.9%) we observed low grade (grade 1-2) complications. P.A.D.U.A. and R.E.N.A.L. risk group categories were found to be equivalent and significant predictors of the grade of complications (p Discussion . Conclusions The classification of patients into risk group categories allow urologists to predict the surgical outcomes after NSS for RCC. In our cohort of patients, P.A.D.U.A. and R.E.N.A.L. scores demonstrated to be equivalent predictors of postoperative complications. 54 55 P56 86° Congresso Nazionale SIU THE EXTENT OF LYMPHADENECTOMY AT NEPHRECTOMY DOES AFFECT CANCER SPECIFIC SURVIVAL AND METASTATIC PROGRESSION IN SPECIFIC SUBGROUPS OF PATIENTS WITH RENAL CELL CARCINOMA U. capitanio, R. Matloob, E. Di Trapani, F. Abdollah, N. Suardi, M. Moschini, P. Dell’Oglio, A. Briganti, A. Gallina, A. Salonia, M. Roscigno, L. Da Pozzo, F. Montorsi, R. Bertini (Milano) Aim of the study Although prospective results failed to demonstrate a survival benefit of lymph node dissection (LND) during nephrectomy, some retrospective reports suggested that LND might be beneficial in presence of unfavourable conditions. To test whether the number of lymph nodes removed affects cancer specific survival (CSS) or metastatic progression free survival (MPFS) in different clinical scenarios. Materials and methods Clinical, surgical, pathological and survival records of 1983 RCC patients were prospectively retrieved. Cox regression analyses targeted the effect of the number of lymph nodes removed on CSS and MPFS. To adjust for potential clinical and surgical selection bias, analyses were further adjusted for the number of positive nodes, age, T stage, performance status, tumor size, Fuhrman grade, presence of metastases, necrosis or sarcomatoid features. Results Mean follow-up period was 83.3 months. At multivariable analyses, the number of nodes removed showed an independent, protective effect on CSS in patients with pT2a-pT2b tumors (hazard ratio [HR] 0.91, p=0.008), locally advanced disease with extension to vena cava wall or above the diaphragm or invading beyond Gerota fascia (pT3c-pT4, HR 0.89, p10 cm, HR 0.97, p=0.03) or when sarcomatoid features were found (HR 0.81, p=0.006). The removal of each additional lymph node resulted associated with a 3 to 19% increase in CSS. When considering MPFS as endpoint, the number of nodes removed showed an independent, protective effect in the same subgroups of patients. Discussion Our findings provide additional support to the concept that LND at the time of nephrectomy may affect survival in patients with intermediate-high risk RCC. Conclusions When clinically indicated, LND extent does show an independent protective effect on CSS and MPFS in specific subgroups of patients. Specifically, the number of lymph nodes removed seems to affect cancer control in those cancers that show predilection for lymph node invasion. P57 86° Congresso Nazionale SIU FIRST EXTERNAL VALIDATION OF A PRE-OPERATIVE NOMOGRAM BASED ON R.E.N.A.L. SCORE A. Antonelli, A. Minervini, M. Furlan, S. Crivellaro, A. Porreca, P. Parma, L. Cindolo, S. Zaramella, A. Celia, M. Falsaperla, B. Rocco, V. Pagliarulo, R. Nuciotti, C. Ceruti, A. Morlacco, G. Vittori, D. Dente, F. Berardinelli, L. Schips, C. Terrone, M. Carini, C. Simeone (Brescia) Aim of the study To perform the first external validation of a pre-operative nomogram [Kutikov et al. Eur Urol 2011, 60: 241-8] which integrates sex, gender and the single elements of RENAL score to predict malignancy or aggressiveness of renal masses. Materials and methods Retrospective evaluation of a perspectively-maintained database that collects the data on partial nephrectomy (PN) from 7 centers. For each case, the RENAL score has been assigned by an urologist not directly involved in the operation and blinded of the final pathology. By an automatic calculator (available online at www.cancernomograms.com) the probability of malignancy and aggressiveness has been predicted for each case. A statistical comparison between the estimated probabilities and final histology has been performed with t-test and area under the curve of ROC curve. Results 607 cases have been evaluated (387 M, 220 F, mean age 62.6 years), submitted to PN via open (421 cases), laparoscopic (89 cases) or robotic (97 cases)access, for renal masses with a mean diameter of 3.2+/-1.6 cm and a median RENAL score of 6 (interquartile range 5-7). At final histology 120 cases were benign (19.8%), 487 malignant (83.9%); among malignant cases, 345 were not aggressive (83.9%), 66 aggressive (16.1%). The probability of malignancy estimated by the nomogram for masses found to be benign vs malignant at final histology was 55.3+/-26.2% vs 53.8+/-27.5% (p=0.584). The AUC was 0.526 (p=0.375). The probability of aggressiveness estimated by the nomogram for masses found not aggressive vs aggressive at final histology was 56.6+/-28.1% vs 61.5+/-27.2% (p=0.190). The AUC was 0.548 (p=0.222). Discussion The possibility to predict histology should be of paramount importance in the assessment of renal masses, especially for the small ones that are more frequently benign or at least not aggressive. In the cohort evaluated in the present study, including only patients submitted to PN for small renal masses, the predictive ability of the nomogram is poor. Conversely, it showed excellent performances (>70%) in the cohort in which it was generated. However, in that setting also larger, locally advanced or metastatic tumors were included, and it’s reasonable that due to this fact the predictive ability of the system has been overestimated. Conclusions The only one pre-operative nomogram actually available that includes a nephrometric score, failed to confirm in an external setting an adequate predictive ability. 56 57 P58 86° Congresso Nazionale SIU WHEN TO PERFORM LYMPH NODE DISSECTION IN RENAL CELL CARCINOMA PATIENTS: A NOVEL APPROACH TO PREOPERATIVELY ASSESS THE RISK OF LYMPH NODE INVASION AT SURGERY AND NODAL PROGRESSION DURING FOLLOW UP U. capitanio, F. Abdollah, R. Matloob, N. Suardi, F. Castiglione, E. Di Trapani, P. Capogrosso, A. Gallina, P. Dell’Oglio, A. Briganti, A. Salonia, M. Roscigno, L. Da Pozzo, F. Montorsi, R. Bertini (milano) Scopo del lavoro Whether to perform lymph node dissection (LND) in renal cell carcinoma (RCC) is still debated. We aimed to preoperatively identify patients who might benefit from LND. Materiali e metodi In 1983 RCC patients treated with either partial or radical nephrectomy, we considered as a mutual endpoint the presence of lymph node invasion (LNI) at final pathology or lymph node (LN) progression during the follow-up period. Nodal progression was defined as the onset of a new clinically detected lymphadenopathy (>10 mm) in the retroperitoneal lymphatic area. Logistic regression analyses were used to assess the effect of each potential clinical predictor (age, body mass index, tumor side, symptoms, performance status, clinical tumor size, clinical TNM stage, albumin, calcium, creatinine, haemoglobin, and platelets levels) on the outcome of interest. The most parsimonious multivariable predictive model was developed. Discrimination, calibration and net benefit were calculated. Risultati The prevalence of nodal invasion was 6.1% (n=120/1983). During the follow-up period, 82 patients (4.1%) experienced nodal progression. At multivariable analyses, the most informative independent predictors resulted T stage [cT3-4 vs. cT1-2, odds ratio (OR) 1.52, p=0.05], clinical nodal status [cN1 vs. cN0, OR 7.09, p Discussione We demonstrated that LN progression is not a negligible entity and it may occur when surgery planning is inaccurate (the avoid of LND in high risk patients, e.g. pNx cases) or when limited LND is performed, increasing the risk of false negative cases (e.g. a lymph node status underestimation for inadequate LND). The model can be considered the first attempt to identify before surgery, exclusively relying on clinical parameters, those cases in which the tumor shows a lymph node predilection during their natural history and that might benefit from a LND at the time of surgery. Conclusioni By relying on a unique approach combining the risk of harbouring LNI and/or LN progression during followup period, we provided the first clinical pre-surgery model predicting the need for LND. 58 P59 86° Congresso Nazionale SIU PATHOLOGICAL CHARACTERISTICS AND PROGNOSTIC IMPACT OF PERITUMORAL CAPSULE PENETRATION IN RENAL CELL CARCINOMA AFTER TUMOR ENUCLEATION A. Tuccio, A. Minervini, M. Raspollini, C. Di Cristofano, G. Siena, M. Salvi, G. Vittori, L. Masieri, A. Lapini, S. Serni, M. Carini (Firenze) Scopo del lavoro To evaluate the pathological characteristics of peritumoral capsule and the prognostic impact of capsule penetration on tumor recurrence in patients treated by tumor enucleation (TE) for RCC. Materiali e metodi Between January 2005 and June 2011, 304 consecutive patients with single sporadic intracapsular RCC had TE. Peritumoral capsule status was carefully analyzed by two dedicated uropathologists. The degree and the side of capsule penetration if present were evaluated. Risultati According to the peritumoral capsule status, of the 304 RCCs, in 155 (51%) the peritumoral capsule was intact and free from neoplastic penetration (PC-) while in 149 (49%) there were signs of penetration within its layers. Overall, 34.9% had capsular penetration on the parenchymal side and of those 75 (24.7%) had penetration only (PCK+) and 31 (10.2%) had capsular penetration and invasion beyond it (PCK++). Whereas, 14.1% had peritumoral capsule invasion on the perirenal fat tissue side and of those 18 (5.9%) had capsular penetration (PCF+) and 25 (8.2%) had penetration and invasion beyond it (PCF++). None of the patients had positive surgical margins detected at the pathologic examination. Mean (median, range) follow up was 49 months (46, 25-69). During the study period, 13 (4.3%) patients had progressive disease. The 5-year progression-free survival rate for RCC according to PC status was: PC- 97.5%, PCK+ 98.2%; PCK++, 92.8%; PCF+, 82.6%; PCF++, 74% (p Discussione The presence of a capsular involvement could represent the first pathological evidence of the capacity achieved by tumor cells to infiltrate and invade normal parenchyma and perirenal tissue, and might potentially increase the risk of local and systemic recurrence and could eventually be used as a prognostic factor in patients with clinically intracapsular RCC amenable for conservative surgery. Conclusioni TE is an oncologically safe NSS technique. PCF is a significant and independent predictor of tumor recurrence in patients with clinically intracapsular RCCs scheduled for NSS and appear to be a stronger predictor than TNM stage. PCK does not predict the risk of recurrence. 59 P60 86° Congresso Nazionale SIU P61 86° Congresso Nazionale SIU INVASION OF RENAL TUMOR PSEUDOCAPSULE: CORRELATION WITH OTHER HISTOLOGICAL FEATURES AND PROGNOSTIC VALUE FULL-CORE BIOPSIES ARE SUPERIOR TO STANDARD BIOPSIES FOR THE HISTOLOGICAL CHARACTERIZATION OF RENAL TUMORS A. Di Domenico, A. Volpe, E. Bollito, C. Bozzola, R. Bertolo, L. Zegna, P. De Angelis, D. Amparore, F. Porpiglia, C. Terrone (Novara) A. Volpe, F. Varvello, L. Zegna, A. Di Domenico, M. Zacchero, P. De Angelis, E. De Lorenzis, G. Ceratti, C. Terrone (Novara) Aim of the study A prognostic role of pseudocapsule invasion (PI) has been suggested for localized renal cell carcinomas (RCCs). Aim of this study was to better define PI and assess its prognostic value and association with other histopathological RCC features. Aim of the study Percutaneous renal tumor biopsies (RTBs) have been increasingly used in the last few years for histologic characterization of renal tumors. Most RTBs are today performed with the use of 18G standard automatic needles. However, full-core needles are available and can potentially increase the quantity and quality of tumoral tissue retrieved. Aim of this study was to compare the adequacy and diagnostic yield of RTBs performed with 18 G full-core and standard needles. Materials and methods The slides of 190 patients who underwent radical nephrectomy for pT1-T2 RCC between January 2000 and December 2008 were reviewed by two expert pathologists. Median tumor size was 4.9 cm (IQR 3.57). In all cases the tumor pseudocapsule was carefully evaluated. New criteria were defined to assess PI. The correlation between PI and the classical histopathological variables was assessed. A survival analysis according to the presence of PI was also performed. Results 148 (77.9%) tumors were pT1 and 42 (22.1%) pT2 RCCs. 156 (82.1%) RCCs had clear cell histotype and 155 (81.6%) were low grade (Fuhrman I-II). At univariate analysis, PI was found to significantly correlate with high Fuhrman grade (p=0.035) and clear cell histotype (p=0.031). No significant association with tumor stage, size and necrosis was found. Mean follow-up was 72 months (IQR 39-72). 11 RCC-specific deaths occurred. A correlation trend between PI and cancer-specific survival was observed. Discussion A clear definition of PI of RCCs is lacking. Using our criteria PI is frequent and correlates significantly with Fuhrman grade and clear cell histotype. Our results suggest a possible prognostic impact of PI on survival for localized RCC. Conclusions PI in localized RCCs correlates with a higher Fuhrman grade and clear cell histotype. Its prognostic role needs to be confirmed in larger multicentre series. Materials and methods RTBs were performed on surgical specimens in 74 patients who underwent radical or partial nephrectomy for a renal tumor. Median tumor size was 48 mm (IQR 30-73). In all cases one central and one peripheral RTB were obtained with a standard 18G Tru-cut automatic needle. One central and one peripheral RTB were also obtained with a 18G full-core automatic needle (BioPince®, AngioTech) in 42 cases. All cores and surgical specimens were blindly analyzed by 4 expert pathologists. Adequacy of the specimen was assessed and classified in 3 categories: adequate for diagnosis with good quality (AG), adequate for diagnosis with poor quality (AP) and inadequate for diagnosis (NA). Tumor histotype and Fuhrman grade were also assessed. Adequacy and diagnostic yield of standard and full-core RTBs were compared. Results Central RTBs were considered AG, AP and NA in 54-68%, 8-20% and 16-27% with standard needles vs. 69-79%, 10-17% and 7-19% with full-core needles. Peripheral RTBs were considered AG, AP and NA in 5369%, 11-23% and 15-24% with standard needles vs. 79-84%, 5-7% and 10-14% with full-core needles. The diagnosis of histotype was possible on central cores in 73-84% of cases with standard needles vs. 80-93% with full-core needles, on peripheral cores in 76-85% of cases with standard needles vs. 86-90% with fullcore needles. For RCCs, Fuhrman grading was possible on central cores in 70-89% of cases with standard needles vs. 80-97% with full-core needles, on peripheral cores in 74-93% with standard needles vs. 77-94% with full-core needles. Discussion RTBs obtained on the bench with full-core needles are more frequently adequate and have a higher diagnostic yield for tumor histotype and Fuhrman grade than RTBs obtained with standard needles. No significant difference in adequacy and diagnostic yield for tumor histotype and Fuhrman grade was observed for central and peripheral RTBs with the use of either standard and full-core needles. Conclusions Central and peripheral RTBs with full-core needles should be obtained for histological characterization of renal tumors. Full-core needles should be preferred to standard Tru-cut needles since they can obtain more adequate cores and allow a higher diagnostic yield for tumor histotype and Fuhrman grade. 60 61 P62 86° Congresso Nazionale SIU DIFFERENTIAL EXPRESSED PROTEINS IN URINE SAMPLES FROM VON HIPPEL-LINDAU DISEASE AND RENAL CELL CARCINOMA PATIENTS VERSUS HEALTHY PEOPLE P. Destefanis, M. Allasia, A. Battaglia, F. Travaglini, A. Gonella, B. Lucatello, A. Notarpietro, G. Mandili, A. Khadjavi, A. Bosio, B. Lillaz, G. Giribaldi, M. Maccario, B. Frea (Torino) Scopo del lavoro Von Hippel-Lindau (VHL) disease is an autosomal dominant, inherited syndrome occurring in 1 out of 35 000 births. VHL is characterized by the development of retinal and CNS haemangioblastomas, phaeochromocytomas, pancreatic neuroendocrine tumours, clear-cell renal cancers (RCC). RCC occurs in about 40% of patients affected by VHL disease and is often bilateral and multifocal. Actually the only method to identify abdominal lesion is the yearly radiological imaging. There are no reliable methods and markers to classify the VHL patients base on the risk of developing RCC. In order to identify differentially expressed proteins, that could be useful as predictors of the VHL related RCC, we performed 2DE analysis on urine samples from healthy subjects, patients with sporadic RCC and VHL patients. The latter were collected during the annual follow-up in our clinical care VHL-centre Materiali e metodi Urine samples were collected from 9 healthy subjects, 10 patients affected by VHL syndrome and 9 patients with RCC. Proteins were obtained through the Acetone Precipitation approach and solubilised in Lysis Buffer (9M Urea, 4% CHAPS, 1mM Na3VO4, 80 mM DTT, protease inhibitors). Following protein quantification, 200 µg of each sample were loaded on IPG strip gels (7 cm IPG strips, pH 3-10 NL) after dialysis. For second dimension 10% Poly-Acrylamide gels were run. Colloidal Comassie-stained gels were analysed by PD Quest 2D analysis software and statistical analysis was performed (T test). The study has been approved by the internal institution ethical committee Risultati From January 2012 to January 2013 we collected urine samples (100 ml) from 10 VHL patients, 9 sporadic RCC and 9 healthy people and we compared the protein expression profile among them. Mean age of the VHL group was 34.33 years (range 24-58), 6 male and 3 female, 3 patients have positive history of renal cancer. Mean age of sporadic RCC patients was 65 years (range 43-78), 4 male and 5 female, all with histological diagnosis of clear cell RCC. The healthy urine samples were collected from 9 blood donors, with mean age of 42 years (range 25-58) 4 male and 5 female. Image analysis of the 2DE maps showed 35 statistically significant (p Discussione Through PD Quest 2D analysis software of the 2DE urine maps we demonstrate the presence of 35 statistically significant (p Conclusioni Patients affected by VHL mutation are an excellent study group to understand the biology of kidney cancer and to identify new RCC markers. We expected to find into the 35 differential expressed proteins a potential biomarker, a RCC predictor, or a biological therapy target for sporadic and hereditary RCC 62 P63 86° Congresso Nazionale SIU IDENTIFICAZIONE E CARATTERIZZAZIONE DELLE CELLULE STAMINALI TUMORALI NEL CARCINOMA RENALE A CELLULE CHIARE: CTR2 COME MARCATORE PUTATATIVO DI CELLULE STAMINALI TUMORALI V. Galleggiante, M. Rutigliano, G. Lucarelli, P. Ditonno, C. Bettocchi, A. Vavallo, M. Campagna, F. Selvaggi, M. Battaglia (Bari) Scopo del lavoro Isolamento e caratterizzazione delle cellule staminali tumorali (RCSCs) ottenute da carcinoma renale a cellule chiare. Studio del profilo di espressione genica ed identificazione del marcatore di membrana in grado di discriminare le RCSCs rispetto alla controparte staminale sana (ARPCs). Materiali e metodi Sono stati arruolati 40 pazienti sottoposti ad intervento di nefrectomia con diagnosi di RCC a cellule chiare. Sono state prelevate una frazione corticale di tessuto sano e neoplastico. Le cellule ottenute da entrambe le frazioni sono state purificate per il marcatore staminale CD133+ e per il marcatore di residenza renale CD24+. Le cellule sono state caratterizzate con un kit di fenotipizzazione mesenchimale. Dall’estratto proteico delle cellule CD133+/CD24+ è stato effettuato un Array di 15 proteine di staminalità (Oct3/4, Nanog, SOX2, E-Cadherin, α-Fetoprotein, GATA4, HNF-3β/Fox A2, PDX-1/IPF1, SOX17, Otx2, TP63/ TP73L, Gosecoid, Snail, VEGF R2/KDR/Flk1, HCG). Le cellule CD133+/24+ tumorali sono state clonate con la tecnica delle limiting diluition e differenziate in adipociti, osteociti e cellule epiteliali. È stata valulata la proprietà tumorigenica delle RCSCs attraverso la tecnica Soft Agar Assay in vitro. L’RNA estratto da 6 linee ARPCs e 6 linee RCSCs è stato ibridato su un chip ILLUMINA contenete i geni dell’intero genoma umano. I dati sono stati validati in real time PCR. Risultati Sono state isolate cellule staminali renali CD133+/24+ sia da tessuto neoplastico che da tessuto sano.L’analisi citofluorimetrica ha confermato la positività sia delle RCSCs che ARPCs per i marcatori CD133, CD24. La fenotipizzazione mesenchimale ha confermato l’origine renale delle cellule staminali normali e tumorali. Con l’analisi quantitativa delle proteine, ottenuta dagli Array proteici abbiamo dimostrato che le RCSCs sono più indifferenziate rispetto alla controparte staminale sana. Le RCSCs sono clonigeniche ed hanno la capacità di differenziarsi in adipociti, osteociti e cellule epiteliali. Abbiamo dimostrato che le RCSCs sono tumorigeniche in quanto capaci di rigenerare tumore in vitro. Per la prima volta abbiamo studiato il profilo di espressione genica delle RCSCs che ha portato all’identificazione del marcatore di membrana CTR2 che risulta essere up-regolato solo nelle RCSCs. Inoltre tale dato è stato confermato attraverso l’analisi citofluorimetrica e la microscopia confocale per CTR2 eseguite su 5 linee RCSCs e 5 ARPCs. Discussione Le cellule staminali sono presenti nel tumore e sembrano essere più indifferenziate rispetto alla controparte sana in quanto esprimono marcatori tipici dell’embriogenesi.Il CTR2 è un marcatore coinvolto nella chemio resistenza ed è up-regolato solo nelle RCSCs. Conclusioni L’individuazione di cellule staminali nel carcinoma renale e la ricerca dei relativi marcatori può essere utile per l’ottimizzazione delle strategie terapeutiche e per le informazioni predittive e prognostiche nei pazienti affetti da carcinoma renale. 63 P64 86° Congresso Nazionale SIU IL TUMORE RENALE ANGIOMIOADENOMATOSO (RAT): DEFINIZIONE DELLE CARATTERISTICHE CLINICHE, RADIOLOGICHE E PROGNOSTICHE DI NUOVA ENTITà TRA LE NEOPLASIE RENALI PARENCHIMALI. G. Galvagni, A. Antonelli, R. Tardanico, F. Franco, C. Simeone (Brescia) Scopo del lavoro Riesaminare una serie di 12 pazienti operati in un unico centro e affetti da tumore renale angiomioadenomatoso (RAT) focalizzandosi sugli aspetti clinici, radiologici e prognostici Materiali e metodi Un esperto uro-patologo ha esaminato i campioni istologici di più di 1000 pazienti sottoposti presso la nostra divisione a chirurgia per neoplasia renale tra il 2002 e il 2012 e ha formulato una diagnosi di RAT sulla base di criteri morfologici (noduli ben capsulati con una mescolanza di componenti epiteliali, muscolari lisce e vascolari) ed immunoistochimici (componente stromale desmina +; componente epiteliale CK7+, 34betaE12+, focale CD 10+, racemasi -). I dati clinici, chirurgici e di follow-up sono stati poi inseriti in un database dedicato. Un esperto uro-radiologo, già a conoscenza della diagnosi, ha riesaminato la documentazione radiologica disponibile. Risultati Sono stati ritrovati 12 casi con caratteristiche morfologiche ed immunoistochimiche compatibili con la diagnosi di RAT (6 F, 6 M, età media 63,1 anni, range 42,5-76,8) tutti in precedenza diagnosticati come tumori renali inclassificabili. In 11/12 pazienti il riscontro di neoplasia renale è avvenuto in modo incidentale. Era disponibile una documentazione radiologica in 8/12 pazienti : in tutti questi l’ecografia evidenziava una lesione nodulare solida iperecogena localizzata in sede corticale; la TAC mostrava nelle scansioni basali una lesione nodulare a densità sovraliquida, riccamente vascolarizzata in fase arteriosa e con un wash out non omogeneo in fase parenchimale, conferendo alla lesione un aspetto a “mosaico”. 10/12 pazienti sono stati sottoposti a chirurgia conservativa, 2/12 a nefrectomia. Il diametro medio delle lesioni era di 2,4 cm (1,5-4 cm). Ad un follow-up medio di 6 anni (range 1-10 anni) non vi sono stati segni di recidiva o progressione di malattia Discussione Il tumore renale angiomioadenomatoso (RAT) è un raro sottotipo di tumore renale con solo 7 casi descritti in letteratura. Le sue caratteristiche anatomo-patologiche ed immunoistochimiche non si adattano ad alcun istotipo tra quelli compresi nella classificazione WHO delle neoplasie renali. Oltre ad una completa definizione anatomo-patologica di questa entità, pochissime informazioni sono disponibili riguardo alle sue caratteristiche cliniche, radiologiche e ai suoi aspetti prognostici. Il presente studio raccoglie la casistica di maggiori dimensioni ad oggi riportata, riconoscendone aspetti radiologici tipici (piccoli noduli iperecogeni e ben capsulati all’ecografia e con un pattern di enhancement a “mosaico” alla TC) e dimostrandone il comportamento biologico di tipo benigno. Conclusioni Il RAT rappresenta un entità ben definita all’interno delle neoplasie renali parenchimali, sia dal punto di vista radiologico che per quanto riguarda il suo comportamento biologico. Di fronte a neoformazioni renali con queste caratteristiche radiologiche deve sempre essere considerato un atteggiamento di tipo conservativo. 64 P65 86° Congresso Nazionale SIU EFFETTO DELL’INIBIZIONE DI VIE METABOLICHE SPECIFICHE SULLA VITALITà IN VITRO DELLE CELLULE DI CCRCC C. Bianchi, V. Di Stefano, E. Cattaneo, B. Torsello, S. Bombelli, C. Meregalli, G. Bovo, P. Viganò, G. Strada, R. Perego (Monza) Scopo del lavoro Il carcinoma renale a cellule chiare (ccRCC), il sottotipo più frequente di tumore renale, presenta nell’85% delle forme sporadiche l’inattivazione bi-allelica del gene von Hippel –Lindau (VHL) con attivazione costitutiva dei fattori inducibili dall’ipossia 1a e 2a (HIF-1a e HIF-2a). HIF-1a e HIF-2a, regolando l’espressione di differenti e specifici target genici, hanno un ruolo chiave nello sviluppo del fenotipo pseudo-ipossico dell’ccRCC. La glicolisi aerobia con produzione di lattato (effetto Warburg), l’alterazione del metabolismo ossidativo mitocondriale e l’utilizzo della glutammina per alimentare il ciclo di Krebs e la lipogenesi sono alcuni degli aspetti della riprogrammazione metabolica nella cellula del ccRCC su cui possono convergere potenziali interventi terapeutici. Scopo del nostro lavoro è stato quello di valutare l’effetto dell’inibizione di vie metaboliche specifiche sulla vitalità in vitro delle cellule ottenute da ccRCC, in relazione alle loro caratteristiche fenotipiche e molecolari. Materiali e metodi Colture primarie allestite a partire da campioni tessutali di ccRCC e cortex renale normale, estesamente caratterizzate dal punto di vista fenotipico (FACS, immunofluorescenza, colorazioni istologiche) e molecolare (western blot, real-time PCR) sono state coltivate per 72 ore in terreni addizionati con inibitori specifici delle diverse vie metaboliche cellulari (rotenone, etomoxir, 2DG) e in terreni totalmente o parzialmente depleti di glucosio o di glutammina. Al termine del trattamento la vitalità cellulare delle colture è stata valutata con saggio MTT. Risultati A differenza delle colture corticali normali che risultavano sensibili ai trattamenti che interferiscono con il metabolismo glicidico (2-DG e deplezione di glucosio), le colture tumorali mostravano variabile resistenza a questi trattamenti in rapporto alle corrispondenti caratteristiche fenotipiche e molecolari (stadiazione e grading del tumore, presenza o assenza di HIF1a e HIF2a). Le colture tumorali erano in generale resistenti agli inibitori del metabolismo lipidico mitocondriale (etomoxir), come quelle normali corticali, ma sensibili alla deplezione di glutammina. Discussione I dati ottenuti, seppure preliminari, confermano il ruolo di HIF nella riprogrammazione del metabolismo della cellula tumorale renale ed evidenziano il ruolo diverso che il metabolismo glicidico (glicolitico o mitocondriale) e quello lipidico possono avere sulla crescita cellulare del ccRCC in relazione alle caratteristiche molecolari e di stadiazione del tumore d’origine. Inoltre il nostro modello in vitro si è dimostrato utile per valutare l’eventuale effetto tossico dei diversi inibitori metabolici sulle cellule renali normali. Conclusioni I risultati dei nostri studi metabolici sulle colture renali normali e tumorali potrebbero dare indicazioni interessanti per lo sviluppo di strategie terapeutiche mirate ad interferire con le vie metaboliche che risultano particolarmente importanti per la sopravvivenza e la crescita del ccRCC. 65 P66 86° Congresso Nazionale SIU P67 86° Congresso Nazionale SIU RISULTATI ONCOLOGICI DELLA NEFRECTOMIA PARZIALE NEL CARCINOMA RENALE DI DIMENSIONI SUPERIORI A 4 CM: MATCHED-PAIR ANALYSIS DI CONFRONTO CON LA NEFRECTOMIA RADICALE. NEFRECTOMIA E ASPORTAZIONE DI TROMBOSI CAVALE ESTESA CON ARRESTO DI CIRCOLO E PRESERVAZIONE DELLA PERFUSIONE CEREBRALE: RISULTATI NEI PRIMI 14 PAZIENTI E CONFRONTO CON LA TECNICA STANDARD. M. Sodano, A. Antonelli, S. Legramanti, G. Galvagni, T. Zanotelli, A. Cozzoli, C. Simeone (Brescia) I. Mittino, A. Antonelli, G. Bisleri, C. Muneretto, A. Moggi, S. Cosciani Cunico, C. Simeone (Brescia) Scopo del lavoro Confrontare i risultati oncologici della nefrectomia parziale (PN) rispetto alla nefrectomia radicale (RN) per il carcinoma renale di diametro maggiore di 4 cm, attraverso una matched-pair analysis che bilanci i possibili fattori confondenti. Scopo del lavoro Valutare i risultati perioperatori ottenuti nell’asportazione della trombosi cavale estesa da carcinoma renale impiegando una tecnica modificata di by-pass cardiopolmonare (CPB) che mantiene la perfusione cerebrale anterograda Materiali e metodi Analisi retrospettiva di un database prospetticamente mantenuto che raccoglie i dati clinici, chirurgici, patologici e del follow up di 2200 pazienti sottoposti ad intervento per una neoplasia renale parenchimale presso la nostra istituzione. Sono stati rivalutati i dati dei casi con carcinoma renale di diametro superiore a 4 cm, trattati con RN o PN. Sono stati esclusi i casi con neoplasia di diametro pari o inferiore a 4 cm, quelli con istologia benigna, quelli con neoplasie renali bilaterali, quelli con follow up giudicato inadeguato (< di 6 mesi). In questo modo sono stati selezionati 702 casi, di cui 70 sottoposti a PN e 632 a RN. E’ stato quindi generato un propensity score verso l’intervento di PN o RN, integrando i seguenti parametri: sesso, età, diametro tumorale, stadiazione clinica, sintomatologia alla diagnosi, istotipo tumorale, stadiazione patologica, grading. E’ stato poi compiuto un matching 1:2 tra i 70 casi sottoposti a PN e i 140 casi sottoposti a RN con propensity score più simile (tabella). E’ stata quindi analizzata la sopravvivenza cancrospecifica dei due gruppi. Materiali e metodi Valutazione retrospettiva di un database dedicato ai pazienti sottoposti a nefrectomia ed asportazione di trombosi da carcinoma renale in CPB, compilato a partire dal 1998. L’indicazione all’impiego del CPB è stata posta in tutti i casi in cui il livello della trombosi giungeva al piano dell’ingresso delle vene sovraepatiche nella vena cava inferiore o oltre. Nel primo periodo dello studio (1998-2007), è stato condotto un CPB con tecnica di standard (gruppo sCPB). Nel secondo (2007-oggi), è stata variata la tecnica per mantenere una perfusione cerebrale anterograda durante l’arresto circolatorio (gruppo CPB+BP). Una serie di fattori intra- e perioperatori sono stati confrontati tra i due gruppi (v. tabella, pts - pazienti) Risultati Si è verificata una progressione di malattia in 5/70 pazienti sottoposti a PN (7.1%, 3 metastasi a distanza, 2 recidiva nel rene operato) e in 10/140 sottoposti a RN (7.1%, 9 metastasi a distanza, 1 recidiva locale) (p=1.000). La sopravvivenza cancro-specifica stimata nel gruppo PN vs RN a 5 e 10 anni è stata pari a 97.6% vs 95.8% e 92.9% vs 92.3% (p=0.716). L’unico fattore che ha mostrato una correlazione con la sopravvivenza cancro-specifica è stato lo stadio patologico (p=0.031; stadio 1 referent, stadio 2 p=0.998, stadio 3 p=0.008, RR 5.818, 95% CI 1.569-21.577), non la tipologia di intervento (p=1.000, RR=1). Discussione La maggioranza degli studi che confrontano i risultati oncologici di PN e RN pur dimostrandone l’equivalenza, è altamente limitata dalle significative differenze esistenti tra le caratteristiche dei due gruppi dovute alla selezione dei casi. Applicando una metodologia che ha bilanciato gli indicatori clinici pre-operatori e quelli patologici postoperatori correlati alla prognosi, nel presente studio i risultati oncologici di PN e RN per il carcinoma renale di diametro maggiore di 4 cm sono stati sovrapponibili. Risultati Complessivamente, 23 pazienti sono stati sottoposti ad intervento con CPB nel periodo dello studio, 9 sCPB, 14 CPB+BP. Non sono emerse differenze nelle caratteristiche dei pazienti (sesso, età e comorbidità), e delle neoplasie (estensione della trombosi e stadiazione). Solo 1 (11.1%) e 3 (23.0%) pazienti, rispettivamente nel gruppo sCPB e CPB+BP, non hanno avuto complicanze post-operatorie; 15 eventi di complicanza (5 di grado Clavien >=3, 33% degli eventi) sono occorse nel gruppo sCPB (media 1.66 eventi/ paziente); 29 eventi (10 di grado >=3, 30.3% degli eventi) nel gruppo CPB+BP, (media 2.1 eventi/paziente). Nella tabella è riassunto il confronto dei risultati delle due tecniche Discussione Il CPB+BP, già impiegato nella chirurgia dell’arco aortico, permette di proteggere il tessuto cerebrale per tempi di arresto di circolo maggiori con un’ipotermia più moderata. Così si riducono i rischi di disfuzione coagulativa legati all’ipotermia e i tempi operatori di raffreddamento/ riscaldamento del paziente, senza rinunciare al campo esangue garantito dall’arresto del circolo. Il presente studio raccoglie la più ampia casistica di pazienti sottoposti a trombectomia con CPB+BP. A parità di caratteristiche dei pazienti e delle neoplasie, è stato possibile raggiungere un’ipotermia più moderata, mantenuta per un tempo di arresto di circolo superiore, ma con tempi di CPB complessivi inferiori, grazie alla riduzione dei tempi di raffreddamento/riscaldamento. L’impiego di un CPB+BP non ha comportato differenze nella morbidità e nella mortalità. In particolare, il rischio di insufficienza renale ed epatica è risultato sovrapponibile, dimostrando che questi parenchimi possono tollerare un’ipotermia più moderata, almeno per i tempi di arresto di circolo che questo tipo di chirurgia richiede Conclusioni Un CPB+BP limita la necessità dell’ipotermia, senza determinare un maggior numero di complicanze rispetto ad un CPB con ipotermia più profonda Conclusioni Si conferma che la PN può offrire risultati oncologici sovrapponibili alla RN, a parità di caratteristiche dei casi trattati. 66 67 P68 86° Congresso Nazionale SIU COMPLICANZE POSTOPERATORIE SECONDO LA CLASSIFICAZIONE DI CLAVIEN-DINDO DELLA CHIRURGIA RENALE CONSERVATIVA LAPAROSCOPICA CLAMPLESS: ESPERIENZA DI UN SINGOLO CENTRO CON 100 CASI CONSECUTIVI D. TAGLIALATELA, P. FEDELINI, A. OLIVA, M. FEDELINI, C. MECCARIELLO, N. LONGO, P. VERZE, V. MIRONE (NAPOLI) Scopo del lavoro Obiettivo dello studio: analisi delle complicanze postoperatorie delle tumorectomie laparoscopiche per il trattamento di neoplasie renali (NR) con tecnica di zero ischemia effettuate un singolo centro. Materiali e metodi 100 pazienti consecutivi son stati sottoposti a nefrectomia parziale laparoscopica (NPL) per via transperitoneale tra il 2009 e il 2012. Tutte le procedure chirurgiche son state effettuate senza clampaggio del peduncolo vascolare. Le complicanze postoperatorie son state incluse in un database e riportate secondo la classificazione di Clavien-Dindo. Risultati L’indicazione alla NPL è stata una NR primitiva nel 99% dei casi, recidiva nell’1%. Nel 65% si trattava di pazienti di sesso maschile. Nel 44% dei casi il lato interessato era il destro e nel 94% aveva avuto un esordio clinicamente asintomatico. La localizzazione delle NR era polare superiore, inferiore, mesorenale ed ilare rispettivamente nel 32, 16, 38 e 10% dei casi. Il diametro medio delle NR è stato di 3.2 cm (range 2.14.7). Tempo operatorio e perdite ematiche sono state in media 90 min (range 60-240) e 100 ml (range 20800). Complicanze postoperatorie si sono verificate nel 12% dei pazienti: 2 casi di ematuria (Clavien-1), 2 casi di infezioni delle vie urinarie ed uno di anemizzazione (Clavien-2), 2 casi di ematoma renale, un caso di erniazione di epiploon dal sito chirurgico ed una perforazione di ulcera gastrica (Clavien-3), nessun caso di insufficienza d’organo o morte (Clavien-4 e 5). La recidiva neoplastica (Clavien-3) è stata complicanza tardiva (oltre 30 giorni) presente in 3 pazienti. Complicanze postoperatorie, e il loro management, son state riportate nella figura 1. Discussione Il tasso di complicanze postoperatorie riportato nella nostra casistica è il 12% dei pazienti sottoposti a NPL. L’ematoma renale ha rappresentato la complicanza postoperatoria più severa. Questa complicanza è stata gestita in entrambi i casi con trasfusione di emoderivati ed embolizzazione (uno in quinta, l’altro in sesta giornata postoperatoria) in corso di arteriografia selettiva a seguito di un angio-TC che evidenziava un rifornimento attivo della raccolta ematica. I casi di ematuria si sono risolti spontaneamente, infezioni delle vie urinarie ed anemizzazione son stati trattati in modo conservativo rispettivamente con antibioticoterapia e trasfusione di emoderivati. L’erniazione di epiploon dal miniaccesso open e l’ulcera gastrica perforata sono stati trattati chirurgicamente. Non sono stati riportati casi di fistola urinaria. I 3 casi di NR recidivante sono stati sottoposti a: NPL (un caso di necessità) o nefrectomia (2 casi). P69 86° Congresso Nazionale SIU L’INDICAZIONE IMPERATIVA GIOCA UN RUOLO NEI RISULTATI ONCOLOGICI DELLA NEFRECTOMIA PARZIALE? G. Galvagni, A. Antonelli, M. Sodano, S. Legramanti, A. Cozzoli, T. Zanotelli, C. Simeone (Brescia) Scopo del lavoro Valutare i risultati oncologici dei pazienti sottoposti a nefrectomia parziale (PN) con indicazione imperativa vs indicazione elettiva Materiali e metodi Analisi retrospettiva di un database che raccoglie i dati di 2200 pazienti operati per una neoplasia renale parenchimale. Sono stati rivalutati i pazienti sottoposti a PN, escludendo quelli con istologia benigna, neoplasie bilaterali, metastasi alla diagnosi, follow up giudicato insufficiente (< 12 mesi) Sono stati arruolati 461 pazienti sottoposti a PN, 366 con indicazione elettiva, 95 con indicazione di necessità (35 pazienti con rene unico - chirurgico 10, funzionale 18, congenito 7; 60 con insufficienza renale in atto o patologie direttamente predisponenti ad essa) E’ stato quindi generato un propensity score attraverso un modello di regressione logistica binaria nei confronti della variabile “indicazione” (imperativa vs elettiva) che ha bilanciato i seguenti fattori: sesso, età, sintomi alla diagnosi, dimensioni della neoplasia, stadio TNM patologico, istotipo, grading, margini chirurgici. Sono stati selezionati 95 casi con indicazione imperativa e i 95 con indicazione elettiva aventi il propensity score più simile. E’ stata confrontata la sopravvivenza cancro-specifica di questi due gruppi ed è stata compiuta un’analisi dei fattori correlati con essa Risultati Le caratteristiche dei gruppi sono mostrate in tabella 1. Nei pazienti con indicazione elettiva e imperativa, è stata diagnosticata una ripresa di malattia in 5 (5.3%) vs 13 pazienti (13.7%, p=0.081), ad una latenza media di 5.5 vs 6.4 anni dall’intervento (p=0.233); in particolare sono state diagnosticate nei 2 gruppi 3 vs 5 metastasi a distanza, 1 vs 2 recidive nella loggia renale, 3 vs 6 recidive nel rene operato. All’ultimo follow up erano deceduti per carcinoma renale 5 (5.3%) e 7 pazienti (7.3%, p=0.322), ad una latenza media di 4.1 vs 5.1 anni (p=0.605). La sopravvivenza libera da malattia a 5 anni nei casi con indicazione di elezione o di necessità è stata pari al 93.3% vs 87.6% (p=0.054) Discussione Pochi studi hanno indagato i risultati oncologici della PN in presenza di un’indicazione imperativa, rilevando una prognosi peggiore. 2 limitazioni possono mettere in discussione tale conclusione: le caratteristiche differenti dei casi operati in elezione messi a confronto e l’inclusione di casi con neoplasie bilaterali. Questo studio, confrontando 2 gruppi omogenei ed escludendo i casi con neoplasie bilaterali, rileva per l’indicazione imperativa una maggior quota di eventi di progressione ed una minore sopravvivenza libera da malattia, benchè in assenza di una significatività statistica. E’ possibile che tali pazienti abbiano dei fattori avversi non espressi dagli indicatori disponibili Conclusioni La nostra analisi conferma che la NPL clampless è una procedura sicura, efficace e rispettosa degli outcomes oncologici e funzionali. La complicanza postoperatoria più grave è legata al sanguinamento del sito chirurgico, evento che oggi può essere precocemente diagnosticato e trattato in modo conservativo grazie ai notevoli progressi compiuti dalle tecniche di radiologia interventistica vascolare. Conclusioni Nei casi sottoposti a PN per indicazione imperativa è opportuno un follow up più intensivo. l’indicazione imperativa dovrebbe essere inclusa come variabile a sè stante negli studi che valutano i risultati oncologici del trattamento chirurgico della neoplasia renale 68 69 P70 86° Congresso Nazionale SIU TRATTAMENTO PERCUTANEO CRIOTERAPICO TC GUIDATO IN ANESTESIA LOCALE DELLE PICCOLE MASSE RENALI L. Cristinelli, N. Pesenti, M. Finamanti, A. Moroni, L. Grazioli, F. Franco, C. Simeone (Brescia) Scopo del lavoro la crioterapia si sta proponendo come una valida opzione terapeutica nel trattamento di tumori renali di piccole dimensioni (generalmente inferiori a 4 cm) in pazienti con comorbidità importanti determinanti un elevato rischio operatorio o in pazienti con aspettativa di vita limitata. Riportiamo la nostra esperienza triennale. Materiali e metodi dal mese di Agosto 2010 al mese di Gennaio 2013 sono stati eseguiti 21 trattamenti crioterapici su 19 pazienti. Il gruppo era costituito da 16 maschi e 2 femmine con un’età media di 69.4 anni (51-84). Il diametro medio delle lesioni era 24.2 mm (11-52) e 5 pazienti erano stati sottoposti in precedenza a chirurgia renale (omolaterale o controlaterale) per patologia neoplastica. L’approccio utilizzato è stato di tipo percutaneo TC guidato con un doppio ciclo di congelamento-riscaldamento preceduto da biopsia renale eco guidata in 9 casi. Il trattamento è stato eseguito in anestesia locale in respiro spontaneo con sedazione gestita dall’ anestesista. Tutti i pazienti sono stati mantenuti in osservazione per almeno 24 ore con controlli ematochimici seriati. Il follow up è stato condotto con una TC addome con MDC, Rx torace e dosaggio della creatininemia a cadenza quadrimestrale durante il primo anno e semestrale durante il secondo anno. Risultati ad un follow up medio di 23.8 mesi (7-35) 18 su 19 pts risultano liberi da malattia nella sede trattata, 1 pz è deceduto dopo 4 mesi dal trattamento per comparsa di malattia nel rene conbtrolaterale e metastasi multi organo. 2 pazienti hanno effettuato 2 trattamenti: 1 per persistenza inaspettata di malattia riscontrata al terzo mese (attualmente libero da malattia dopo ritrattamento); 1 pz per noto trattamento incompleto a causa della posizione della lesione (libero da malattia dopo il 2° trattamento). Si sono verificati 2 casi di sanguinamento peri trattamento: 1 caso embolizzato ed uno autolimitatosi; nessun paziente è stato trasfuso nel periodo postoperatorio. Nessun paziente ha riportato un peggioramento significativo della creatinine mia (incremento medio perioperatorio 0.8 mg/dl; a 4 mesi 0.12 erispetto al preoperatorio); la degenza media postoperatoria è stata 2.4 gg (1-5). Discussione la nostra esperienza ha confermato che la crioterapia percutanea Tc guidata è una procedura efficace, sicura e ben tollerata dai pazienti. La fattibilità in anestesia locale, la breve ospedalizzazione, lo scarso sacrificio di massa nefronica ne sono i principali pregi. P71 86° Congresso Nazionale SIU TUMORECTOMIA RENALE ROBOTICA: TECNICA DI MINIMIZZAZIONE DEL TEMPO DI ISCHEMIA. D. Dente, A. Salvaggio, A. Cafarelli, E. Cappa, A. Porreca (Abano Terme) Scopo del lavoro Lo scopo del lavoro è quello di riportare la nostra esperienza nell’esecuzione della nefrectomia parziale robot assistita con clampaggio tardivo e declampaggio precoce del peduncolo vascolare renale Materiali e metodi Le procedure condotte sia per vie retro che trans-peritoneale, prevedono sempre l’isolamento del peduncolo vascolare, isolamento del rene e identificazione della massa senza rimozione del grasso ad essa circostante. I tempi chirurgici necessari al minimizzare i tempi di ischemia sono: 1) Posizionamento di vessel-loop che circonda due volte l’arteria lasciato in sede “tension-free” 2) Inizio della enucleoresezione della neoformazione a livello della corticale in ipotensione controllata associata ad eventuale aumento delle pressioni intraddominali 3) Clampaggio dell’arteria renale con trazione delicata da parte dell’aiuto del vesselloop precedentemente posizionato (se necessario) 4)Termine dell’enucleoresezione 5)Sutura continua con Vycril 3/0 della midollare; 6) Declampaggio dell’arteria 6) Sutura della corticale con punti staccati Vycril 2/0; Risultati Tra il 2011 e il 2013 sono state effettuate 46 procedure, 42 con accesso retroperitoneale e 4 con accesso trans peritoneale. In 15/46 casi la procedura è stata effettuata con clampaggio tardivo dell’arteria renale e declampaggio precoce. La grandezza media delle masse enucleate è stata di 3.17 cm. In tutti i casi la procedura è stata portata a termine senza complicanze intraoperatorie o conversione chirurgica. In un pz si è verificato uno stravaso di urine con formazione di urinoma, per cui è stato posizionato uno stent ureterale. Il tempo chirurgico medio è stato di 171’ (min 112 - max 211). Il tempo medio di ischemia è stato di 5’ (min 3 – max 7). La perdita ematica media è stata 285 cc (min 60 cc – max 310cc). In tutti i casi i margini chirurgici sono risultati negativi all’esame istologico definitivo. La degenza media è stata 2.8 gg (min 2 – max 4 gg). Discussione La gestione delle pressioni intraddominali , combinata alla riduzione della pressione arteriosa e la rapidità di clampaggio e declampaggio del vessel loop permettono di minimizzare i tempi di ischemia. Conclusioni Alla luce della nostra esperienza riteniamo che questa tecnica rappresenti un buon compromesso tra il clamapggio routinario dell’ilo e le tecniche di zero ischemia permettendo di gestire quasiasi caso adattando il tempo di ischemia alla difiicoltaà della resezione chirugica della neoplasia Conclusioni La chirurgia conservativa rimane il gold standard nel trattamento delle neoplasie renali di piccole dimensioni. I dati in letteratura riguardanti i risultati oncologici anche a lungo termine sono ormai promettenti. In un’epoca in cui la medicina tende alla minore invasività possibile il ruolo di questa tecnica potrà essere sempre più importante. 70 71 P72 86° Congresso Nazionale SIU NEFRECTOMIA PARZIALE LAPAROSCOPICA “CLAMPLESS” VS “CLAMPED”: ANALISI SCINTIGRAFICA DEI RISULTATI FUNZIONALI F. Porpiglia, I. Morra, R. Bertolo, F. Ragni, D. Amparore, G. Cattaneo, D. Garrou, M. Manfredi, F. Mele, N. Serra, S. Grande, A. Di Stasio, C. Fiori (Orbassano) Scopo del lavoro La nefrectomia parziale laparoscopica (NPL) con tecnica “clampless” è stata introdotta al fine di eliminare l’ischemia renale in corso di intervento, potenzialmente responsabile della perdita di funzione renale. L’obiettivo dello studio è valutare, attraverso dati scintigrafici, le differenze in termini di variazione di funzionalità renale post-operatoria tra NP “clampless” e “convenzionale”. Materiali e metodi Dal settembre 2008 al settembre 2013, 125 pazienti con diagnosi di massa renale candidabili a NPL sono stati prospetticamente arruolati. I pazienti sono stati suddivisi in tre gruppi in base alla durata del tempo di ischemia (warm ischemia time [WIT]): gruppo A, NPL-clampless (WIT=0min); gruppo B e C, NPLconvenzionale, rispettivamente con WIT < 25 min e > 25 min. Dal settembre 2011 tutte le procedure sono state eseguite con tecnica clampless. Tutte le variabili demografiche e perioperatorie sono state raccolte e analizzate. I risultati funzionali sono stati valutati mediante markers biochimici e scintigrafia renale, eseguiti pre-operatoriamente e al 3° mese post-operatorio. L’analisi statistica è stata eseguita mediante test-ANOVA e l’analisi di regressione lineare, considerando statisticamente significativo un p-value inferiore a 0.05. Risultati In termini di dati demografici, tipo di lesione e variabili perioperatorie i tre gruppi sono risultati comparabili, fatta eccezione per il WIT (ovviamente inferiore nel gruppo A) e per le perdite ematiche (significativamente superiori ai gruppi B e C). La percentuale di perdita scintigrafica di funzione renale è risultata differente tra i gruppi in esame: rispettivamente -5,-6,-23% per la funzione renale splittata e -12,-17,-24% per il flusso plasmatico renale (p Discussione L’analisi multivariata eseguita senza il peso statistico di WIT (gruppo A) dimostra come nei pazienti sottoposti a NPL-clampless il fattore indipendente di peggioramento della funzionalità renale è rappresentato dal valore basale della variabile scintigrafica stessa. In caso di buona funzione basale una NPL con WIT Conclusioni Nella nostra esperienza la NPL-clampless rappresenta la miglior opzione terapeutica solo nei pazienti con una funzione renale basale compromessa. 72 P73 86° Congresso Nazionale SIU NEFRECTOMIA PARZIALE LAPAROSCOPICA “CLAMPLESS” E DANNO RENALE: è POSSIBILE DETERMINARE PRECOCEMENTE IL DANNO POSTOPERATORIO ACUTO? RUOLO DI NGAL URINARIO C. Fiori, D. Amparore, R. Bertolo, D. Garrou, E. Aroasio, G. Cattaneo, R. Aimar, E. Checcucci, R. Scarpa, F. Porpiglia (Orbassano) Scopo del lavoro Valutare il ruolo dei livelli urinari di NGAL (Neutrophil gelatinase-associated lipocain - proteina overespressa precocemente nel plasma e nelle urine in caso di danno renale acuto) come marcatore per identificare e quantificare il danno renale in pazienti sottoposti a nefrectomia parziale laparoscopica “clampless”(c-LPN). Materiali e metodi Sono stati inclusi in questo studio prospettico 24 pazienti consecutivi, sottoposti a c-LPN tra Marzo e Luglio 2012. Sono stati registrati e analizzati i dati demografici, peri-operatori e patologici. I valori di NGAL urinario sono stati dosati e analizzati con metodica ELISA in tutti i pazienti, su campioni di urina raccolti prima dell’intervento, 24 ore, 5 giorni e 3 mesi dopo l’intervento. I livelli sierici di Creatinina (SCr) e il GFR (MDRD formula) sono stati valutati agli stessi time-points. I dati sono stati analizzati mediante Friedman ANOVA and Kendall’s Concordance test (p Risultati Età e BMI medi sono risultati 65.6 anni e 25.54 rispettivamente. Charlson index, il diametro TC e il PADUA score medi sono stati 3.25, 4.51 cm e 8.08, rispettivamente. Le medie di tempo operatorio e perdite ematiche stimate sono state 115.2 min e 341.6 ml. Il tasso di complicanze e la durata dell’ospedalizzazione medi sono stati 8.3%(2/24) e 5.4 giorni rispettivamente. La media di parenchima sano escisso con le lesioni è risultata 0.7 mm. Non sono stati registrati margini positivi. Le medie dei valori di SCr e GFR sono risultate praticamente stabili ad ogni time point. I valori di NGAL medi sono stati 21.3+21.7 ng/ml, 37.0+37.8 ng/ml, 56.5+42.7 ng/ml, 23.7+37.1 ng/ml, tutti testati rispettivamente prima dell’intervento, 24 ore, 5 giorni e 3 mesi dopo l’intervento (p=0.042). Non sono state riscontrate differenze dal confronto specifico dei livelli di NGAL basali rispetto a quelli valutati a 3 mesi (p=0.721). Discussione Nonostante la casistica limitata di questo studio, abbiamo osservato un significativo aumento dei valori di NGAL urinario dal basale a quello valutato al 5° giorno postoperatorio; un ritorno a livelli basali è stato registrato al 3° mese. Al contrario i valori di SCr e di GFR sono rimasti stabili in tutte le misurazioni. Conclusioni I nostri dati suggeriscono che NGAL potrebbe essere un marcatore molecolare utile per riscontrare l’insorgenza precoce di danno renale, indipendentemente dall’ischemia. Ulteriori studi sono necessari per comprendere meglio il ruolo di NGAL nel danno postoperatorio acuto dopo c-LPN. 73 P74 86° Congresso Nazionale SIU P75 86° Congresso Nazionale SIU IPOTENSIONE CONTROLLATA DURANTE CHIRURGIA CONSERVATIVA ROBOT-ASSISTITA DELLE NEOPLASIE RENALI: IMPLICAZIONI INTRA E POSTOPERATORIE CHEMIOTERAPIA ENDOVESCICALE CON GEMCITABINA COME SECONDA LINEA NEI PAZIENTI BCG FAILURES: RISULTATI A LUNGO TERMINE DI UNO STUDIO CLINICO DI FASE II. N. Tosi, F. Lanzi, F. Gentile, G. Pizzirusso, F. Cecconi, G. De Rubertis, G. Barbanti (Siena) E. Ambrosini, C. Fiorito, M. Di Marco, S. Giona, B. Frea, P. Gontero (Torino) Scopo del lavoro Scopo del lavoro è valutare la fattibilità e sicurezza della chirurgia nephron-sparing robot-assistita (RTE) con ipotensione controllata al fine di evitare il clampaggio del peduncolo renale ed eliminare il rischio di danno parenchimale legato all’ischemia Scopo del lavoro Valutare l’outocome a lungo termine di un gruppo di pazienti BCG failures trattati con gemcitabina endovescicale dopo recidiva a rischio intermedio. Sono stati seguiti con regolare follow up endoscopico. Materiali e metodi Da Aprile 2011 a Gennaio 2013 35 pazienti consecutivi sono stati sottoposti ad RTE per carcinoma renale clinicamente localizzato. Complessivamente 31/35 pazienti non presentavano controindicazioni maggiori all’anestesia con ipotensione controllata; età media (range): 68 (45-77) anni. Le neoplasie sono state approcciate con tecnica di enucleazione tumorale attraverso un approccio transperitoneale senza isolamento dell’ilo renale. Gli esami ematochimici vengono eseguiti di routine in I e III giornata postoperatoria mentre esami di approfondimento diagnostico vengono richiesti solo in casi selezionati Risultati La pressione arteriosa media durante l’ipotensione controllata è stata di 68 mmHg (range 65-95 mmHg) con una durata media di 12.4 (range 9.3-19.5) minuti. Il tempo operatorio medio (range) è stato di 115.8 (75-170) minuti con perdite ematiche medie di 150 ml (range 55-480 ml). Nessun caso ha richiesto emotrasfusioni intraoperatorie. Le dimensioni tumorali medie (range) sono risultate 27 (10-54) mm e la degenza postoperatoria media è stata di 3.4 (range 2-10) giorni. Complessivamente 3 pazienti hanno sviluppato complicanze postoperatorie: 2 anemizzazioni trattate con trasfusione di 600cc di emocomponenti ed 1 ritardata ripresa della peristalsi trattata mediante posizionamento di sondino nasogastrico. Nessun paziente ha sviluppato complicanze mediche maggiori (sincope, infarto miocardico, stroke). In 2 casi è stata riscontrata astenia di grado lieve-moderato regredita spontaneamente in III giornata postoperatoria. La creatininemia media pre e postoperatoria (range) è risultata 1.0 (0.7-2.3) e 1.2 (0.7-2.7) mg/dl rispettivamente (p=0.487); i valori medi pre e postoperatori di filtrato glomerulare sono stati stimati in 85.9 e 75.2 ml/minute/1.73m2. Alla valutazione istopatologica non sono stati evidenziati margini chirurgici positivi; in un solo caso è stata riscontrata l’incisione della pseudocapsula peritumorale Discussione In letteratura è ampiamente dimostrata la necessità di minimizzare l’ischemia durante la chirurgia nephron sparing delle neoplasie renali. L’ipotensione controllata può rappresentare un’alternativa all’ischemia calda durante il clampaggio dell’ilo o al clampaggio superselettivo dei rami dell’arteria renale. Nella nostra casistica, il mancato clampaggio del peduncolo renale non ha comportato un aumento dei tassi di complicanze ed ha consentito un eccellente outcome funzionale. Il limite dello studio è rappresentato dall’esiguità di dati sul follow-up funzionale a lungo termine Conclusioni L’enucleazione tumorale robot-assistita con tecnica “zero ischemia” rappresenta una tecnica fattibile e sicura nel trattamento delle neoplasie renali indipendentemente dalle dimensioni tumorali 74 Materiali e metodi 33 pazienti BCG failures con recidiva superficiale a rischio intermedio (pTa-1, G1-2) vennero trattati con instillazioni di gemcitabina 2 g nell’ambito di un trial clinico di fase II tra il 2005 ed il 2007. Risultati Attualmente 29 pazienti sono valutabili, 3 sono stati persi al follow up, 1 decedette durante la terapia per pancitopenia. Il follow up medio è di 61.6 mesi (range 30-87). 19 pazienti (65%) hanno presentato recidiva . Il tempo medio alla recidiva è stato di 12.2 mesi (range 3-72). 9 pazienti (31%) sono andati incontro a progressione (pT2 n=8, pT1G3+CIS n=1). Il tempo medio alla progressione è stato di 28.4 mesi (range 3-84). Di questi, 8 sono stati sottoposti a cistectomia, mentre per 1 paziente non si è proceduto a chirurgia per riscontro di metastasi diffuse alla TC preoperatoria. All’istologico dopo chirurgia, 6 pazienti presentavano uno stadio pT2, 1 Tis, 1 T3 e 3 coinvolgimento linfonodale (pN+). In totale 12 pazienti (41%) sono deceduti, 5 per malattia. 8 pazienti (27%) sono andati incontro a plurime recidive superficiali (numero medio di recidive 3.3, range 2-5) che hanno richiesto, in 4 pazienti, ulteriori terapie (BCG n=2, termochemioterapia n=2). 9 pazienti (31%) non hanno presentato recidiva né progressione. 5 Questi 9 avevano, all’ingresso in studio, recidive monofocali di basso grado < 2 cm Discussione Le linee guida raccomandano la cistectomia per i pazienti BCG failures. Per coloro che presentano recidive superficiali a rischio intermedio, la chirurgia può rappresentare un overtreatment. Questo sottogruppo di pazienti rappresenta una sfida terapeutica e la scoperta di terapie di seconda linea efficaci una chimera per l’uro-oncologo. I risultati del nostro follow up a lungo termine su pazienti sottoposti ad una seconda linea dopo fallimento del BCG ci mostra che il successo di un approccio organ-sparing in questi pazienti è sub-ottimale. Dei pazienti sottoposti a cistectomia, 3 presentavano metastasi linfonodali. Per uno dei nostri pazienti la chance chirurgica è stata persa per comparsa di metastasi. 5 pazienti sono deceduti per malattia. 8 sono andati incontro a plurime recidive, rendendo necessarie ulteriori terapie di seconda linea, con un impatto significativo sul qualità di vita e costi. Nella nostra serie solo il 31% dei pazienti non ha presentato recidive né progressioni. Questi pazienti avevano piccole recidive monofocali di basso grado Conclusioni Le terapie organ sparing di seconda linea possono rappresentare un approccio percorribile in questo gruppo di pazienti, in particolare per coloro che presentano piccole recidive di basso grado. E’ necessario tuttavia tenere ben presente il rischio di progressione a cui questa proposta terapeutica può potenzialmente esporre il paziente, sia al momento della scelta terapeutica che durante il follow up. 75 P76 86° Congresso Nazionale SIU STABILITà DELLA RESINIFERATOSSINA IN SOLUZIONE E DIFFUSIONE DEL FARMACO IN SEZIONI DI VESCICA DI MAIALE DOPO DIFFUSIONE PASSIVA E SOMMINISTRAZIONE ELETTROSTIMOLA S. Di Stasi, R. Massoud, P. Navarra, C. Verri, E. Liberati, A. Giannantoni (Roma) Scopo del lavoro Studi sperimentali hanno mostrato che la somministrazione intravescicale di vanilloidi, già utilizzata per il trattamento della iperattività detrusoriale, potrebbe avere un ruolo nel trattamento dei tumori uroteliali. In questo studio sono stati valutati (a) la stabilità della Resiniferatossina (RTX) in soluzione in differenti condizioni sperimentali e (b) le concentrazioni di RTX in sezioni di vescica di maiale dopo diffusione passiva (DP) e electromotive drug administration (EMDA) Materiali e metodi Per gli studi di stabilità, 1 mg di RTX è stato sciolto in 1 ml di etanolo assoluto e diluito in una soluzione di 10 ml etanolo/acqua (50/50). Aliquote da 250 ml sono state conservate in contenitori di vetro o polipropilene a differenti temperature (temperatura ambiente, 4 ° C e -20 ° C) e condizioni di luce/buio per intervalli di tempo compresi tra 0-144 ore. I risultati sono stati normalizzati considerando al 100% il valore di concentrazione al tempo 0. Per gli studi comparativi di diffusione tissutale, durante ogni sessione di esperimenti due sezioni a tutto spessore di vescica di maiale sono state collocate tra i compartimenti di 2 celle di diffusione, con l’urotelio esposto nei compartimenti donor, contenenti RTX 100 nM in 100 ml di soluzione salina, e la sierosa esposta nei compartimenti receptor contenenti 100 ml di soluzione salina. Un anodo e un catodo sono stati collocati rispettivamente nei compartimenti donor e receptor delle celle di diffusione sottoposte ad EMDA. Sono state effettuate 10 sessioni di esperimenti appaiati della durata di 30 minuti: corrente pulsata 23 mA (EMDA)/no corrente (DP). La concentrazione tissutale di RTX è stata determinata mediante HPLC. Risultati Temperatura ambiente e esposizione alla luce influenzano la stabilità della RTX e l’effetto combinato di questi fattori è additivo. La degradazione della RTX raggiunge il nadir a 48 ore. A basse temperature (4 ° C o -20 ° C) e in assenza di luce, la conservazione in contenitori di plastica permette una maggiore stabilità della RTX rispetto al vetro. Le concentrazioni tissutali medie di RTX sono state di 0,894±0,22 mg/ml nei campioni esposti EMDA e di 0,212±0,05 mg/ml nei campioni esposti a DP (p = 0,0076). Dopo EMDA le sezioni di vescica sono risultate vitali e istologicamente indenni e non sono state osservate alterazioni strutturali della RTX. Discussione Le soluzioni di RTX devono essere conservate a 4 ° C e in assenza di luce. Il materiale che compone i contenitori per la conservazione della RTX sembra essere di importanza secondaria. L’EMDA aumenta la somministrazione tissutale di RTX rispetto alla DP. P77 86° Congresso Nazionale SIU L’INSTILLAZIONE ENDOVESCICALE PRECOCE DI CHEMIOTERAPICO DOPO TUR RADICALE DI UNA NEOPLASIA VESCICALE NON MUSCOLO INVASIVA TA T1: VALUTAZIONE DELL’EFFICACIA BASATA SUI GRUPPI DI RISCHIO INDIVIDUATI DALL’EAU A. Moroni, L. Cristinelli, N. Bastiani, C. Simeone (Brescia) Scopo del lavoro l’instillazione precoce intravescicale di chemioterapico post-operatoria dopo TUR radicale è raccomandata dalle linee guida EAU (Livello di evidenza: 1a). Lo scopo dello studio è quello di valutare l’efficacia di questo trattamento (Early Treatment) in base alla classe di rischio di recidiva (EORTC score) Materiali e metodi abbiamo valutato i dati retrospettivi di 252 pazienti (198 M, 54 F) trattati con instillazione precoce di chemioterapico tra gennaio 2000 e dicembre 2012. I dati raccolti sono: sesso, età alla prima diagnosi, stadio e grado (classificazione WHO grading 1974 e 2004), lo stadio e il grado delle recidive, il diametro e il numero di lesioni, gruppo di rischio EORTC (Recurrence Group EORTC), il tempo alla recidiva. Tutti i dati sono stati analizzati con il metodo Cox Proportional Hazard Regression e con le curve di sopravvivenza Kaplan Meier basate sul tempo alla progressione che è stato confrontato tra i diversi gruppi. Risultati I dati principali sono riassunti nella tabella 1. Discussione non vi è alcuna differenza tra le curve di Kaplan Meier dei pazienti in classe di rischio rischio basso e medio-alto quando vengono trattati con ET (ET in High Risk vs ET a basso rischio, HR 1,02, IC 0,63-1,67; valore di P=0,92); ET è più efficace se praticato in tumore primitivo, rispetto a un trattamento effettuato per una recidiva indipendentemente dal gruppo di rischio (tumore primitivo ET vs ET in recidiva: HR 0,48, IC 0,33-0,7; P-value 0,00017), considerando i gruppi di rischio di recidiva dell’EORTC, l’ET è molto più efficace in tumori primitivi a basso rischio che in recidiva a basso rischio, mentre non vi è alcuna differenza nella categoria di rischio medio-elevato durante una recidiva rispetto ad un trattamento effettuato per una neoplasia primitiva (recidiva vs ET a basso rischio primitivo: HR 0,43, IC 0,29-0,66, P-Value 9,9 x10^-5; ET in rischio elevato di recidiva vs rischio primario: HR 0,76, IC 0,31-1,87, P-Value 0,56) Conclusioni ET ha la stessa efficacia nel proteggere dalla malattia in pazienti ascrivibili alla categoria basso rischio e in pazienti con rischio medio-alto di recidiva, inoltre in tumori di primo riscontro a basso rischio risulta una metodica molto più efficace che in malattie recidive. Conclusioni I risultati di questo studio possono consentire un uso ottimale della RTX e modalità di trattamento più appropriate. 76 77 P78 86° Congresso Nazionale SIU L’INTERAZIONE DEL CELECOXIB CON LE POMPE DI EFFLUSSO MDR AUMENTA L’ATTIVITÀ DELLA MITOMICINA C IN UNA LINEA CELLULARE DI CARCINOMA UROTELIALE DELLA VESCICA P79 86° Congresso Nazionale SIU RUOLO PROGNOSTICO DEL GRADO NELLA NEOPLASIA VESCICALE T1: CONFRONTO TRA LE CLASSIFICAZIONI ISTOLOGICHE WHO 1973 E WHO 2004. P. ancona, A. Pagliarulo, V. Pagliarulo (Bari) Scopo del lavoro E’ stato sviluppato un modello in vitro per capire se il celecoxib (CLX) può lavorare sinergicamente con la Mitomicina C (MMC), usata per la prevenzione di recidiva del carcinoma vescicale superficiale, ed eventualemente chiarire il meccanismo di interazione che coinvolge CLX e MMC con le pompe di efflusso (MDR). Materiali e metodi Linee cellulari UMUC-3, TCCsup, 5637 e J82 di carcinoma vescicale superficiale, le prime due non esprimenti la COX2 e le ultime due iperesprimenti la COX2. UMUC-3 e 5637 sono state sottoposte a trasfezione, la prima con plasmide per indurre la sintesi di COX2, la seconda con siRNA COX2, per inibirne la produzione. Su tali linee cellulari sono state valutate l’espressione della COX2 e delle pompe di efflusso Pgp, BCRP, MRP1 mediante western blot, la produzione di PGE2 con saggio EIA, l’effetto citotossico del CLX e della MMC da soli e in cosomministrazione mediante MTT, tre saggi per studiare l’interazione del CLX con le pompe MDR, ed infine la capacità del CLX di fare accumulare MMC in cellula. Risultati La proteina COX2 risulta espressa nelle cellule 5637, J82 e UMUC-3-CX e non in 5637 siCX, TCCsup e UMUC-3 (fig 1). Lo stesso dato è stato confermato dal saggio EIA sulle prostaglandine che risultano elevate in 5637, J82 e UMUC-3-CX senza trattamento con CLX diminuendo, poi, in maniera dose dipendente, con trattamento con CLX. Nelle linee 5637 si-CX, TCCsup e UMUC-3 il valore delle prostaglandine rimane pressochè costante dopo trattamento con CLX (fig.2). CLX, quando somministrato da solo, ha mostrato un effetto citotossico pressoché identico e minore rispetto a quello indotto dalla MMC da sola. Quando cosomministrato alla MMC a 1 μM, 5 μM, and 10 μM nella UMUC-3 CX, unica linea overesprimente la pompa BCRP, il CLX ha migliorato l’ effetto della MMC di circa 2-3 rispetto alla linea UMUC-3(fig 3). I saggi di interazione con le pompe MDR hanno portato a classificare il CLX come substrato ambiguo delle pompe Pgp, BCRP e MRP1. Discussione Dai diversi esperimenti risulta che la linea UMUC-3-CX trasfettata ha acquisito un fenotipo più aggressivo con una minore risposta alla MMC rispetto alla UMUC-3 di partenza. La cosomministrazione del CLX e MMC comporta un miglioramento dell’attività antiproliferativa. Sebbene l’interazione con la COX2 non può essere esclusa, questi dati potrebbero essere il risultato di una diretta interazione tra CLX e i trasportatori MDR. Conclusioni Questi risultati portano a pensare che l’approccio terapeutico di combinare la chemioterapia convenzionale con gli inibitori selettivi della COX-2 sembra promettente e garantisce la valutazione clinico prospettico in pazienti con NMIBC in cui la COX-2 è iperespresso. Obiettivo: valutare la sopravvivenza libera da recidiva (RFS) e la sopravvivenza libera da progressione (PFS) in una serie di pazienti affetti da neoplasia vescicale T1 alto grado, e confrontare l’accuratezza prognostica delle due classificazioni istologiche WHO 1973 e WHO 2004. Metodi: abbiamo valutato retrospettivamente i dati di 266 pazienti consecutivi con una prima presentazione di neoplasia vescicale stadio T1 alto grado, diagnostica mediante resezione transuretrale (TUR) tra il 2004 ed il 2011. Tutti i pazienti con CIS associato sono stati esclusi dalla analisi (n=20). Tutti i casi sono stati valutati al momento dalle diagnosi da un singolo uropatologo e classificati simultaneamente come alto grado e G2 o G3 secondo le classificazioni WHO 1973 e WHO 2004. Tutti i pazienti inclusi nello studio sono stati sottoposti a Re-TUR e hanno ricevuto un ciclo di instillazioni adiuvanti con BCG (1 instillazione alla settimana per 6 settimane). Tutti i pazienti con follow-up negativo hanno ricevuto successive instillazioni di mantenimento secondo schema SWOG per almeno 12 mesi. Il follow-up è stato eseguito mediante esame citologico delle urine e cistoscopia a 3 mesi dalla resezione e quindi ogni 6 mesi per 5 anni. E’ stata definita recidiva ogni nuova presentazione di neoplasia vescicale istologicamente rilevata in corso di followup dopo biopsia o nuova TUR, mentre è stata definita progressione il riscontro istologico di una nuova presentazione muscolo-infiltrante. Sono quindi state eseguite analisi uni e multivariata per la valutazione della sopravvivenza libera da recidiva (RFS) e della sopravvivenza libera da progressione (PFS), mediante metodo di Kaplan-Meier con long-rank test . Risultati: età media (median: 68; range: 35-82). In totale, 29 (11%) pazienti erano femmine e 227 (89%) erano maschi. La distribuzione del grado è stata alto secondo WHO 2004 in tutti i casi, G2 in 124 (46.6%) e G3 in 142 (53.4%) pazienti, secondo WHO 1973. Il follow-up medio è stato di 31,1 mesi (median 19; range 1–93). Abbiamo riscontrato 62 (50%) e 96 (67,6%) casi di recidiva rispettivamente nei G2 e nei G3; 11 pazienti (8.9%) hanno avuto una progressione nel gruppo G2, 39 (27.5%) nel gruppo G3. La RFS è stata 39,1% fin tutta la popolazione alto grado. La RFS è stata 49,1% per i G2 e 31,8% per i G3. La PFS è stata 89% e73% per i G2 ed i G3 rispettivamente e 82% per tutta la popolazione alto grado. Sia la RFS rate a 5 anni (p<0.02) che la PFS rate a 5 anni (p<0.001) sono state riconosciute differenti in modo statisticamente significativo comparando i gruppi di pazienti G2 e G3. Alla analisi multivariata entrambe la RFS (all p >0.7) e la PFS (all p < 0.05) non sono state influenzate dalla focalità (HR 0.8) e dalla dimensione delle lesioni (HR 1.06). Da un punto di vista statistico il grado assegnato mediante la classificazione WHO 1973 si è rilevato significativamente correlato con la RFS (HR 1.62 ; p= 0.003) e la PFS (HR 3,51 ; p <0.001). Discussione: secondo l’esperienza di un singolo centro ad alto volume con un singolo esperto uropatologo dedicato, la classificazione WHO 1973 si è dimostrata più affidabile nella valutazione prognostica dei pazieti affetti da neoplasia vescicale T1. Conclusioni: questi risultati dovrebbero essere considerati per una adeguata scelta tra trattamento conservativo o radicale. 78 79 P80 86° Congresso Nazionale SIU P81 86° Congresso Nazionale SIU OPTICAL BIOPSY WITH CONFOCAL LASER ENDOMICROSCOPY (CLE) : A NEW TECHNOLOGY FOR DIAGNOSIS OF BLADDER CANCER. PRELIMINARY RESULTS OF A PILOT STUDY Sospensione del fumo alla prima diagnosi di carcinoma non muscolo invasivo della vescica (NMIBC) e rischio di recidiva M. Brausi, M. Gavioli, G. Peracchia, F. Swartz (Carpi) (1)D›Amato F, (2)F Torretta, (1)Scalici Gesolfo C, (1)Napoli E, (1)Romeo S, (1)Solazzo A, (1)Di Gregorio L, (1)Serretta V Aim of the study Confocal laser endomicroscopy is a new endoscopic imaging technology that could complement white light cystoscopy by providing in vivo bladder histopathology. We evaluated confocal laser endomicroscopy by imaging normal, malignant appearing and suspicious bladder mucosa areas in a pilot study. Materials and methods Patients scheduled to undergo transurethral resection of bladder tumors were recruited during a 2 month period. After standard cystoscopy fluorescin was administer intravesically and/or intravenously as a contrast dye. A 2.6 mm probe based confocal laser endomicroscope was passed through a 17.5 F flexible scope and/or a 24 F rigid cystoscope to image normal or abnormal appearing areas before and after TUR. The images were collected with 488 nm excitation at 8 to 12 frames per second. The endomicroscopic images were compared with standard hematoxylin and eosin analysis of TUR and biopsies of bladder tumor specimen and suspicious areas. Results Nine patients were recruited at our center in the last 2 months and trated in 3 OR sessions. 6 patients had low grade tumors, 1 high grade, 2 patients had dysplasia (mild and severe) + inflammation. Endomicroscopic images demonstrated clear differences between normal mucosa and low and high grade tumors. In normal urothelium larger umbrella cells are seen most superficially followed by smaller intermediate cells and the less cellular lamina propria. Low grade papillary tumors demonstrate densely arranged but normal-shaped small cells in multiple layers (>6). High grade tumors show markedly irregular architecture and cellular pleomorphism. Some artifact were often present which were delete during slide preparation. Discussion We report one of the first experience in vivo done in europe of confocal laser endomicroscopy in the urinary tract. Differences among normal urothelium , low grade and high grade tumors was observed. Larger experience is needed in order to correctly interpret CLE images. Conclusions Further studies are needed to confirm and improve these data. 1Section di Urologia. Dipartimento di Scienze Chirurgiche ed Oncologiche, Università di Palermo 2Dipartimento Scienze Economiche Aziendali e Statistiche (DSEAS) dell›Università di Palermo Introduzione e obiettivi La correlazione tra fumo di sigaretta e cancro della vescica è stata ben documentata. Pochi studi tuttavia hanno investigato la correlazione tra l’abitudine al fumo prima della diagnosi di NMI-BC e rischio di recidiva. Verosimilmente, la sospensione nel periodo antecedente la diagnosi riduce il rischio pur rimanendo controversi l’entità della riduzione ed il tempo necessario perché ciò avvenga. Non è ad oggi per altro noto l’impatto sul tasso di recidiva della sospensione al momento della diagnosi rispetto a coloro che continuano a fumare. Scopo del presente studio è valutare se smettere di fumare al momento della diagnosi modifica l›outcome dei pazienti. Materiali e metodi Abbiamo analizzato la sopravvivenza libera da recidiva (RFS) in pazienti affetti da NMI-BC primitivo, in relazione all’esposizione al fumo di sigaretta. Abbiamo considerato come fumatori i pazienti che ancora fumavano al momento della diagnosi, ex fumatori i pazienti che hanno smesso prima della diagnosi e non fumatori tutti gli altri. Tra i fumatori abbiamo considerato pazienti che hanno continuato a fumare dopo la diagnosi e pazienti che hanno invece smesso. I pazienti che hanno ridotto l›intensità dell›esposizione al fumo di sigaretta o hanno ricominciato a fumare prima della recidiva sono stati considerati fumatori. L’analisi statistica univariata e multivariata ha considerato lo status di fumatore, la durata di esposizione, il numero di sigarette al giorno e le caratteristiche clinico-patologiche della neoplasia. Risultati Su 371 pazienti, con età media di 66 anni, 186 (50,1%) erano fumatori, 101 (27,2%) gli ex fumatori e 84 (22,7%) non fumatori. Dei 186 fumatori, 65 (34,9%) hanno smesso di fumare al momento della diagnosi, mentre 121 (61%) hanno continuato a fumare o hanno ricominciato durante il follow-up. Nessuna differenza è stata rilevata nella distribuzione delle caratteristiche cliniche tra i vari gruppi. Ad un intervallo di 3 anni, 188 pazienti (53,6%) hanno recidivato. Il RFS ad 1 anno e 3 anni è stato rispettivamente 58,4% e 62,6%, 64% e 44,1%, e 49,4% e 53,8% nei fumatori, ex fumatori e non fumatori (p = 0,39). Nei 186 fumatori, il RFS a 3 anni è stato rispettivamente 49,4% in coloro che smettevano di fumare alla diagnosi e 41,1% nei pazienti che continuavano a fumare (p = 0.43). Discussione Il dato che oltre il 60% dei pazienti non sospende il fumo dopo la diagnosi implica la necessità di un ruolo più attivo da parte dell’urologo e delle strutture sanitarie. Nella nostra esperienza non emerge alcuna differenza statisticamente significativa in termini di RFS in relazione allo status di fumatore durante il followup. Tuttavia, un trend per un beneficio in termini di RFS nei pazienti che smettono di fumare è evidente a 3 anni, con una riduzione assoluta pari a 8,3%. Un più lungo follow-up è necessario per dimostrare il beneficio della sospensione del fumo al momento della diagnosi. Conclusioni Il beneficio della sospensione del fumo alla diagnosi in termini di recidiva non è ancora evidente dopo 3 anni. 80 81 P82 86° Congresso Nazionale SIU P83 86° Congresso Nazionale SIU NEOPLASIE UROTELIALI PAPILLARI NON-INVASIVE IN ETA’ PEDIATRICA. ESPERIENZA DI TRE CENTRI. STUDIO DEL PROFILO GENOMICO DI CARCINOMI A CELLULE DI TRANSIZIONE (TCC) DELLA VESCICA: EVIDENZE DI ETEROGENEITA’ E/O “IDENTITA’ NASCOSTE”? A. Berrettini, M. Castagnetti, A. Salerno, D. Minoli, E. Zhapa, S. Gerocarni Nappo, G. Manzoni, W. Rigamonti, P. Caione (Milano) G. Strada, P. Viganò, D. Conconi, E. Panzeri, S. Redaelli, G. Bovo, L. Dalprà, A. Bentivegna (CINISELLO BALSAMO ) Scopo del lavoro Le Neoplasie Uroteliali Papillari non-invasive sono tipiche dell’età adulta e raramente si verificano nella pediatrica con una incidenza di solo 0,1%-0,4% nelle prime due decadi di vita. Spesso il management di questa patologia è dettato dall’esperienza sui pazienti adulti. Riportiamo l’esperienza di tre centri di Urologia Pediatrica. Scopo del lavoro Circa il 90% dei tumori vescicali in Europa e negli Stati Uniti è di origine epiteliale, si tratta di carcinomi a cellule di transizione (TCC). Il fenotipo è decisamente eterogeneo passando da lesioni piccole e benigne che non recidivano mai, a tumori maligni aggressivi associati ad un alto rischio di mortalità, e possono essere sia superficiali che infiltranti. Circa il 75% dei pazienti con carcinomi uroteliali non infiltranti sviluppano recidive entro 5 anni dalla rimozione chirurgica, la maggior parte delle quali rimane non infiltrante. Il 25%, invece, recidiva in una forma istologica meno differenziata e/o invade la lamina propria o la tonaca muscolare, con la possibilità di sviluppare metastasi. L’obiettivo di questo lavoro è stato quello di delineare il profilo genomico-molecolare in 20 campioni di TCC per identificare alterazioni del numero di copie (CNA, Copy Number Alterations) comuni, mettendo a confronto le diverse biopsie, e ricercando associazioni plausibili tra alterazioni comuni e uno specifico comportamento clinico-patologico. Materiali e metodi Abbiamo analizzato retrospettivamente le cartelle di pazienti con diagnosi di neoplasia uroteliale per valutarne sesso, età di esordio della malattia, presentazione, esami diagnostici, dimensioni e sede intravescicale della lesione, trattamento chirurgico, diagnosi istologica (basata su 2004 WHO/International Society of Urologic Pathology grading classification), e follow-up eseguiti nei tre centri. Risultati Sono stati identificati 15 pazienti, 7 femmine e 8 maschi, età media 11 anni (range 7-16). Tutti i pazienti hanno esordito con macroematuria e tutti sono stati sottoposti ad ecografia delle vie urinarie come prima indagine che ha sempre evidenziato una lesione vescicale solitaria: il diametro medio è risultato di 13 mm (range 5-50). Tutti i pazienti sono stati sottoposti a resezione endoscopica con resettoscopio ad ansa. All’endoscopia, la lesione è stata localizzata in corrispondenza della parete laterale della vescica in 3, della posteriore in 5 e in vicinanza degli osti ureterali in 7 pazienti. In tutti i casi, la resezione è apparsa completa. L’esame istologico ha rivelato 5 papillomi, 9 neoplasie uroteliali papillari di basso potenziale di malignità (PUNLMP), 1 carcinoma ad alto grado. In tutti i casi non vi era presenza di invasione dei tessuti sottostanti. Un paziente è stato sottoposto ad un’unica instillazione endovescicale di Mitomicina. Tre pazienti (tutti nello stesso centro) sono stati sottoposti a TAC risultata negativa per lesioni sincrone delle alte vie. Dopo la resezione endoscopica, i pazienti sono stati sottoposti a controlli ecografici ogni 3 mesi nel primo anno, ogni 6 mesi nel secondo e ogni 12 mesi successivamente in tutti i centri. Il monitoraggio ecografico è stato l’unico follow-up eseguito in un centro, mentre negli altri due è stato associato a monitoraggio delle citologie urinarie e controlli endoscopici anche se con cadenze differenti. In nessun caso, è stata riscontrata una recidiva o progressione della malattia dopo un follow-up medio di 3,5 anni (range 1-13). Discussione Le Neoplasie Uroteliali Papillari non-invasive rappresentano la neoplasia vescicale predominante nei pazienti pediatrici e il sottotipo istologico PUNLMP rappresenta il più frequente. Presentano un andamento clinico favorevole e la resezione endoscopica risulta curativa. Conclusioni Non esiste attualmente un protocollo standardizzato per il loro follow-up 82 Materiali e metodi Il cariotipo molecolare è stato ottenuto tramite array-CGH su DNA estratto da 20 campioni TCC: 10 non infiltranti a basso grado (NILG) e 10 infiltranti ad alto grado (INHG). I pazienti erano 3 femmine e 17 maschi di età compresa tra i 58 e i 93 anni. Risultati Dallo studio sono emerse molte differenze ma anche uguaglianze/similitudini. Complessivamente sono state identificate 92 CNA nei tumori NILG e 403 CNA nei tumori INHG. Nel gruppo NILG prevalgono le perdite di sequenze rispetto all’aumento di numero (perdite totali 55 e guadagni totali 25, di cui 12 amplificazioni geniche); il contrario si osserva nei INHG (perdite totali 120 e guadagni totali 283, di cui 42 amplificazioni geniche). In particolare si evidenzia la perdita del cromosoma 9, intera o parziale, omogenea o a mosaico, in 5/10 tumori NILG e in 6/10 tumori INHG. Inoltre è stato riscontrato un aumento del numero di copie per i cromosomi 19 (1/10 tumori NILG e 7/10 tumori INHG) e 20 (2/10 tumori NILG e 7/10 tumori INHG): entrambi i cromosomi non presentano in nessuno dei 20 tumori perdite di regioni genomiche. I cromosomi 1, 2 e 6 mostrano sia perdite che guadagni di diverse regioni genomiche nello stesso cromosoma e in 8, 9, 8 INHG tumori rispettivamente. Gli stessi cromosomi nei NILG mostrano analoghe variazioni ma in un numero più ridotto di tumori (4, 6, 2 tumori rispettivamente). In alcuni cromosomi le variazioni sono numericamente così elevate da far supporre l’azione del meccanismo “chromotripsis” (“cromosoma in crisi”). Discussione Il confronto tra biopsie tumorali con diverso istotipo ha sottolineato l’elevata eterogeneità di questo tipo di tumore ma ha permesso anche di identificare regioni comuni che potrebbero essere il punto di partenza per la ricerca di nuovi marcatori e target terapeutici. Conclusioni Emerge l’importanza dell’utilizzo di tecniche genome-wide per ottenere un profilo genomico-molecolare completo di questi tumori così eterogenei. 83 P84 86° Congresso Nazionale SIU P85 86° Congresso Nazionale SIU CAN WE AMELIORATE THE COMPLIANCE TO INTRAVESICAL BCG MAINTENANCE? ANALYSIS OF THE CAUSES OF TREATMENT INTERRUPTION IN 160 CONSECUTIVE PATIENTS. PROGNOSTIC FACTORS AND RISK GROUPS IN T1G3 PATIENTS INITIALLY TREATED WITH BCG: RESULTS OF A MULTICENTER RETROSPECTIVE SERIES IN 2530 PATIENTS V. Alonge, F. Sommatino, C. Scalici Gesolfo, S. Scurria, F. D’Amato, F. Torretta, M. Vella, V. Serretta (Palermo) F. Pisano, P. Gontero, R. Sylvester, G. Tasso, S. Joniau, K. Vander Eeckt , V. Serretta, S. Larrè, S. Di Stasi, B. Van Rhijn , A. Witjes , A. Grotenhuis, R. Colombo, A. Briganti, M. Babjuk, V. Soukup, P. Malmstrom, J. Irani, N. Malats, J. Baniel, R. Mano, T. Cai, E. Cha, P. Ardelt, J. Varkarakis, R. Bartoletti, M. Spahn, G. Dalbagni, S. Shariat, J. Karnes, J. Palou (Torino) Aim of the study BCG maintenance for at least one year is advocated by Urological Guidelines as the best intravesical regimen in high risk non muscle invasive bladder cancer (NMI-BC), conservatively treated. Noteworthy, a relevant number of patients does not complete the planned treatment,although a small percentage of them suffers of moderate to severe toxicity. The causes of BCG interruption remain unclear. The aim of our study was to identify the reasons for treatment interruption to ameliorate patients’ compliance. Materials and methods A homogenous population of patients affected by T1G3 NMIBC undergoing BCG maintenance for one year according to the SWOG schedule were considered. BCG (Connaught 81mg/50ml) was administered intravesically, 14-30 days after TUR, and maintained for 2 hours. If toxicity occurred treatment was postponed up to 2 weeks. No dose reduction was proposed. In case of recurrence maintenance regimen was continued after TUR. The causes of treatment interruption were registered. Results Out of 160 patients, 148 (92,5%) completed the induction cycle. Fifteen (9,4%) patients refused the maintenance. In 10 (6,3%) more patients an early recurrence was detected. In 123 patients (76,8%) maintenance for one year was planned. Eight patients never started and only 67 (54,4%) completed one year. Adherence to treatment decreased from 84,5% at 3 months to 57,7% at 12 months, 56 (45,6%) patients not completing one year. Only 9 patients (7,3%) interrupted the maintenance regimen due to recurrence. Toxicity requiring treatment interruption was recorded in 6 (4,8%) patients only. Analyzing the causes of patients’ discomfort and treatment interruption, grade-I local toxicity, not requiring therapy interruption on urologists’ opinion, was lamented by 91 out of 123 (74%) patients. In the last 2 years in our experience the introduction of programmed patients’ counseling reduced the drop-out rates due to “low compliance” from 36,7% to 16.6% Discussion In EORTC protocol 30911 and 30962, only 25% and 62% of the patients completed 3-year and 1-year maintenance, respectively. Neither reducing the dose nor shortening the duration from 3 to 1 year decreased the percentage of patients who discontinued the treatment. Noteworthy, toxicity was reported in only 7.8% of cases while 26% and 17% of patients interrupted the treatment due to recurrence or other reasons, respectively. In our experience only 67 patients only (54%) completed one-year maintenance even if toxicity requiring treatment interruption was evident in 6 patients. An adequate patients’ information is essential to increase adherence to protocol scheme, and drop-out rate was reduced by 20% introducing periodic patients counselling. Conclusions In our experience, moderate to severe toxicity caused the interruption of BCG maintenance in only 5% of cases. A timely recognition and therapy of the symptoms and a planned counseling with the patients undergoing BCG maintenance, significantly ameliorates the adherence to BCG regimen for one year. 84 Aim of the study The impact of prognostic factors in T1G3 patients (pts) is critical for proper treatment decision making, however most available data are from small series of pts. The aim of the current study is to assess prognostic factors in a large group of pts who received BCG as initial treatment of T1G3 tumours and identify a subgroup of high risk pts who should be considered for early cystectomy. Materials and methods Individual pt data were collected for 2530 pts from 23 centers who received induction or maintenance BCG between 1990 and 2008. Using Cox regression analysis, the prognostic importance of the following variables were assessed for time to recurrence, progression to muscle invasive disease and overall survival: age (< 70 vs > 70 yrs), gender, primary T1G3 vs recurrent T1G3 after previous non T1G3 tumour, tumour size (< 3 vs > 3 cm), multiplicity (single vs multiple), concomitant CIS (no/yes), and maintenance BCG (no/ yes). Results Median age was 68 yrs, 82% were male, 89% were primary T1G3, 58% had multifocal disease, 67% had tumours less than 3 cm, 25% had concomitant CIS, 42% had a restaging TUR, 37% received some sort of maintenance BCG. With a follow up out to 15 years, 1300 pts (51%) recurred, 480 (19%) progressed, 523 underwent cystectomy (21%) and 623 (25%) died, 230 (9%) due to bladder cancer. In multivariate analyses, the most important prognostic factors (p < 0.01) for recurrence were: tumour size and multiplicity; for progression: age, size and concomitant CIS; for overall survival: age and size. Maintenance BCG had a positive impact on recurrence (p < 0.001), progression (p = 0.007) and survival (p = .002). Patients were divided into 4 risk groups according to the number of bad factors for progression among age > 70, size > 3 cm and presence of CIS. Progression free rates at 10 yrs were 82%, 73%, 67% and 42% for patients with 0, 1, 2 and 3 bad factors while the corresponding overall survival rates were 78%, 53%, 46% and 16%, respectively. Discussion BCG therapy prevents, or at least delays, the risk of tumors progression. Even if most of the data available demonstrate the importance of a maintenance schedule BCG to improve outcomes, as compared to induction alone, fit pts over 70 yrs of age with tumours greater than 3 cm and concomitant CIS should be considered for an early cystectomy. Conclusions T1G3 patients treated with BCG have a heterogeneous prognosis, with overall survival at 10 yrs ranging from 78% to 16%. 85 P86 86° Congresso Nazionale SIU P87 86° Congresso Nazionale SIU SIDE EFFECTS OF BCG IN THE TREATMENT OF INTERMEDIATE AND HIGH RISK TA T1 PAPILLARY CARCINOMA OF THE BLADDER: RESULTS FROM EORTC GU CANCERS GROUP RANDOMIZED STUDY 30962 COMPARING 1/3 DOSE VS FULL DOSE DURING 1 OR 3 YEARS CURRENT CLINICAL PRACTICE GAPS IN THE TREATMENT OF INTERMEDIATE AND HIGH RISK NON-MUSCLE-INVASIVE BLDDER CANCER (NMIBC) WITH EMPHASIS ON THE USE OF BCG: RESULTS OF AN INTERNATIONAL INDIVIDUAL PATIENT DATA SURVEY M. Brausi, J. Oddens, R. Sylvester, S. Collette, P. Gontero, A. Bono, L. Turkery (Carpi) M. Brausi, J. Witjes, J. Palou, M. Soloway, D. Lamm, A. Kmat, R. Persad, R. Buckley, M. Colombel, A. Bohle (Carpi) Scopo del lavoro Although BCG has been proven to be highly effective in Ta-T1 transitional cell carcinoma of the bladder and CIS, it can produce severe local and systemic side effects (SE) and many patients (pts) will not finish their instillation schedule. One possible way of decreasing BCG SE is to reduce the dose. The objectives of this study were to compare the efficacy and toxicity of 1/3 dose (D) vs full dose (FD) BCG given for 1 year (yr) vs 3 yrs and to determine if 1/3D is associated with less SE. Aim of the study To examine the management of intermediate and high-risk NMIBC particularly with regard to the use of BCG therapy in North America and Europe and to compare NMIBC management practices to European Association of Urology (EAU) and American Urological Association (AUA) guidelines recommendations for the management of intermediate and high-risk NMIBC Materiali e metodi After TUR, pts with intermediate and high risk Ta-T1 papillary TCC of the bladder without CIS were randomized to either 1/3D or FD BCG and 1 or 3 yrs of maintenance (MAINT). Pts receiving 1 yr MAINT received 15 instillations of BCG while pts on 3 yrs MAINT received 27 instillations according to the SWOG protocol. SE were recorded according to a standardized format before and after each instillation and classified as either local or systemic. Local SE included bacterial and chemical cystitis, frequency, and macroscopic hematuria while systemic SE included fever, general malaise, lung infection, liver toxicity, and sepsis. Skin rash, arthralgia and arthritis were classified as allergic reactions. Materials and methods 102 urologists from Europe and North America participated in this retrospective on-line chart review, which was conducted between 1 april 2011 and 30 april 2012. Participants selected the charts of the first 10 intermediate (defined as multiple, recurrenct low-grade tumors) or high-risk (defined as any T1 and/or highgrade/G3 tumors and/or Cis) patients who underwnt TURBT in 2009. Physicians retrospectively reviewed the charts and completed an on-line survey consisting of questions related to diagnosis, planned treatment, treatment status and follow-up. In all, 971 patients (197 intermediate-risk; 774 high-risk) were included in the analysis; frequency counts and associated percentages were used to analyse treatment variables. Risultati 1355 patients were randomized, 39 (3%) of whom did not receive any treatment. The remaining 1316 pts who started BCG were evaluated for toxicity. 650 pts (49%) started but did not complete their treatment. 154 pts (11.7%) received the induction course only. 420 pts (61.8%) randomized to 1 yr MAINT finished their treatment as compared to 246 pts (36.4%) on 3 yrs MAINT. The main reason for stopping treatment was inefficacy or recurrence in 338 (26%) pts. 103 pts (7.8%) stopped BCG for local and/or systemic SE, 50 (7.6%) on 1/3D and 53 (8.0%) on FD. 47 pts (7.1%) stopped for SE on 1 yr MAINT. In the 3 yr MAINT group, 56 pts (8.6%) stopped for SE, 35 (5.4%) during the first yr and 21 (3.2%) in yr 2 or 3. The most frequent local SE were bacterial and/or chemical cystitis (56%), hematuria (46%) and frequency (45%) whereas the most frequent systemic SE were general malaise (15%) and fever (8%). There were no significant differences in SE between the treatment groups. Results 47% of intermediate-risk patients received EAU or AUA guideline-recommended intravesical therapy: intravesical chemotherapy, BCG induction therapy or BCG induction plus maintenance. 50% of highrisk patients received maintenance BCG as recommended by EAU and AUA while 12.5% received chemotherapy even if not recommended by EAU and AUA. 93% of patients prescribed to receive BCG maitenance were scheduled to received the drug for at least 1 year. Only 15% discontinued BCG maintenance and of these 65% were due to reasons urelated to BCG-associated adverse events. Discussione No significant differences in side effects were detected according to dose or duration of BCG maintenance in the 4 arms. Conclusioni Neither reducing the dose nor shortening the duration of maintenance decreased the percent of pts who stopped treatment due to SE. In particular, one third dose was not associated with less side effects. 86 Discussion There is a significant NON-adherence to EAU and AUA guideline recommendations for BCG use in intermediate and high risk NMIBC. However the majority of patients prescribed BCG maintenance were scheduled for at least 1 year, as recommednded by current guidelines. BCG maintenance discountinuation rate was low. Conclusions Urologists still nowadays do not follow properly national, european and international guidelines. The reason for this should be part of a different study. 87 P88 86° Congresso Nazionale SIU P89 86° Congresso Nazionale SIU FIBRONECTIN (FN), EPIDERMAL GROWTH FACTOR-RECEPTOR (EGF-R) AND HEPARIN-BINDING EPIDERMAL GROWTH FACTOR-LIKE GROWTH FACTOR (HB-EGF) EXPRESSIONS IN RELATION TO TOXICITY OF ADJUVANT INTRAVESICAL THERAPY FOR NON MUSCLE INVASIVE BLADDER CANCER. CIRCULATING TUMOR CELLS IN NON-MUSCLE INVASIVE BLADDER CANCER AND THEIR PROGNOSTIC VALUE: A CELLSEARCH ANALYSIS G. CARUANA, V. SERRETTA, G. CHIAPPARRONE, V. ALONGE, C. SCALICI GESOLFO, G. MASTROCINQUE, S. CARUSO, A. RUSSO, F. TORRETTA (PALERMO) Aim of the study Although most cases of bladder cancer patients present with a disease that is confined to mucosa (Ta) or submucosa (T1), recurrence rate in this cohort of patients is greater than 50%. Furthermore, some non-muscle-invasive bladder cancer (NMIBC), more frequently T1G3, present with biological features of invasiveness, leading to cancer death after bladder-sparing treatment within 5 years in about 16–23% of cases. Circulating tumor cells (CTCs) play a crucial role for distant failure in different types of solid tumors. Their enumeration through Cell Search system (Veridex) is widely used for prognostic information in patients with metastatic breast, colon and prostate cancer. Aim of the study Long-term maintenance is recommended to ameliorate the efficacy of intravesical adjuvant therapy, BCG particularly. Many patients do not complete the treatment due to low compliance, often caused by persistent, though not severe, local toxicity. We investigated the expression of potential biomarkers in urine and/or in bladder washing fluid during intravesical adjuvant therapy and their correlation with local toxicity. Materials and methods Patients receiving adjuvant intravesical prophylaxis with mitomycin (40mg/40 ml), epirubicin (80mg/50 ml) or BCG Connaught (81mg/50ml) were entered. All patients had to be asymptomatic. Urine and bladder washings before, during and after intravesical therapy in 55 patients and in 10 controls (total of 200 samples) were collected. Cellular RNA was isolated using miRNeasy Mini Kit (Qiagen®). FN and EGF-R gene expression were analyzed by RT-PCR. The expression of HB-EGF was measured in urine samples by ELISA (Abcam®). Local toxicity was classified in 3 grades: absent/light (no therapy), moderate (therapy/ postponement), severe (postponement over 14 days). Results FN gene expression increased a median of 4.7 fold and the EGF-R decreased of 0.9 fold, compared to controls. Before intravesical therapy and in absence of local toxicity, gene expression increased 1.9 fold for FN and 1.1 fold for EGF-R. In contrast, in presence of bladder symptoms, the FN gene expression increased 5.82 fold. EGF-R remained unchanged. The administration of hyaluronic acid and chondroitin sulphate solution decreased the mean FN gene expression from 3 to 0.6 fold, with symptomatic relief. HB-EGF urine levels were 25.7 pg/ml in 13 patients before intravesical therapy and 18.9 pg/ml in 5 healthy controls. During therapy HB-EGF varied only negligibly, from 21.6 pg/ml in absence of toxicity to 25.7 pg/ml in case of severe toxicity to 18.5 pg/ml after hyaluronic acid and chondroitin sulphate solution. Discussion Only a few studies correlate the expression of FN, HB-EGF and EGF-R and local toxicity of intravesical therapy. Some experiences on urinary HB-EGF in interstitial cystitis and on FN role in BCG activity were published. As an exploratory step, the variations of Fibronectin (FN), Epidermal Growth Factor-Receptor (EGF-R) and Heparin-binding Epidermal Growth Factor-like Growth Factor (HB-EGF) during intravesical therapy and were investigated. Preliminarily, only FN gene expressions resulted related to the symptoms induced by intravesical therapy and reduced by the administration of hyaluronic acid plus chondroitin sulphate solution. In contrast, HB-EGF, increasing no more than 1.2 fold, and EGF-R do not appear markers of urothelial damage Conclusions FN gene is overexpressed in presence of local toxicity by intravesical therapy and is reduced by intravesical hyaluronic acid and chondroitin sulphate solution. EGF-R gene and HB-EGF do not seem related to local toxicity due to intravesical therapy. 88 G. Busetto, P. Gazzaniga, R. Giovannone, H. Shahabadi, V. Gentile, E. De Berardinis (Roma) Materials and methods Primary endpoint of the present study was to investigate the prognostic significance of CTCs in NMIBC patients; to this purpose the presence of CTCs has been used to predict time to first recurrence (TFR) and time to progression (TTP) in a follow up of 24 months. Secondary endpoints were the association between CTC and known prognostic variables such as T, G and presence of CIS. In a prospective study, 65 patients were enrolled all with histopathological diagnosis of NMIBC. According to T, 26/65 (40%) were Ta and 39/65 (60%) were T1. 11/65 (17%) were G1, 15/65 (23%) were G2 and 39/65 (60%) were G3. Concomitant presence of CIS was found in 13/65 (20%) patients. A population of 30 healthy donors was included as negative control when needed. Blood drawings were carried out in all patients at the first diagnosis, 1h before TURB. Patients were then included in a follow-up programme which consisted of cystoscopy and urinary cytology every 3 months and a URO-CT every 12 months. CellSearch system (Veridex) was used for CTCs enumeration. Results CTC were detectable in 11/65 patients (17%), and in 0/30 healthy volunteers. CTC were found in 11/39 (28%) patients with T1 tumors, and in 0/26 patients with Ta (p>0.02). CTC presence was also found associated to concomitant presence of CIS; in the group of patients with CIS, CTC were found in 8/13 (61.5%) compared to 3/52 (5.7%) found in the group without CIS (p>= 0.01). For what concerns TTP, of the 11 CTC+ patients, 9 experienced the event within the end of follow-up, with a median TTP of 12 months. No events were observed in the 54 CTC- patients (p Discussion Evaluation of circulating tumor cells from blood could provide a non-invasive source of representative tumor material; although the prognostic significance of CTC has been more extensively validated in metastatic setting, a growing body of evidence is now demonstrating their role in early staged tumors. Conclusions We suggest that NMIBC patients with similar stage and detectable CTCs may be considered at higher risk for recurrence and progression, and therefore be candidates for more accurate surveillance and more aggressive treatment options. 89 P90 86° Congresso Nazionale SIU NON-MUSCLE INVASIVE BLADDER CANCER AND SURVIVIN EXPRESSING CIRCULATING TUMOR CELLS (CTC): IDENTIFICATION AND THEIR CHARACTERIZAZION WITH CELLECTION™ DYNABEADS ANALYSIS. E. De Berardinis, P. Gazzaniga, G. Antonini, R. Giovannone, A. Di Silverio, V. Gentile, G. Busetto (Roma) Scopo del lavoro Survivin, a small protein belonging to ‘inhibitor of apoptosis’ family, is frequently overexpressed in bladder tumours but not detected in normal differentiated transitional epithelium. Thus, the presence of survivin transcripts in bladder tumours is considered a marker of bladder cancer progression. The evasion of apoptosis through the overexpression of survivin also represents one of the mechanisms by which tumour cells acquire the ability to enter and survive in the blood flow; consistent with this hypothesis, it was shown that survivin is often expressed by circulating tumour cells (CTCs), a subset of cancer cells that escape from the primary tumour into the bloodstream and travel through the circulation to distant sites, where are thought to possibly develop into secondary tumours. Main objective was to evaluate the presence of circulating tumor cells (CTCs) in T1G3 tumors and to characterize them by the expression of survivin. Materiali e metodi 141 patients with T1G3 non muscle invasive bladder cancer (NMIBC) were enrolled. Additional inclusion criteria were: tumor size P91 86° Congresso Nazionale SIU PYTEST: DIAGNOSTIC VALIDATION OF URINARY TYR-PHOSPHORYLATED PROTEINS AS NEW BLADDER CANCER MARKER A. Battaglia, M. Allasia, S. Chiesa, A. Gonella, E. Alessandria, A. Khadjavi, A. Notarpietro, F. Mannu, G. Giribaldi, F. Turrini, D. Fontana, P. Destefanis, B. Frea (Torino) Aim of the study Different urinary markers of transitional cell carcinoma (TCC) have been proposed in the years. None of them, however, is approved by the international guidelines or used with scientific safety by urologists in their clinical practises. Cystoscopy continues to represent the gold standard method of diagnosis, and is highly accurate, sensitive and specific. The urine cytology is instead non-invasive but has a high rate of false negative, especially in low-grade TCC. We try to give a significant answer of these open questions using a proteomic approach, that is widely used in molecular oncology. Using proteomic approaches, we previously demonstrated that the levels of Tyr-phosphorylated proteins (TPPs) are highly increased in bladder cancer tissues and that soluble TPPs can be also detected in patient urine samples. Now, we have evaluated their diagnostic performances measuring urinary TPP levels in 230 urine samples from bladder cancer patients and healthy subjects. Risultati Survivin was found in 50% of tumors. Survivin - patients showed a longer DFS than Survivin + (χ2: 4.572; p =0.029). CTCs were found in 48/141 patients (34%); 92% of CTC were Survivin expressing. The difference in DFS between CTC - and CTC + patients was statistically significant (χ2: 28.098; p <0.001). Materials and methods Patients with suspected bladder cancer were enrolled in this study before undergoing transurethral resection of the bladder or radical cystectomy. Urines for the control group were collected from healthy blood donors, after an interview, to exclude urological problems. Only volunteers more than 50 years old were enrolled. The urinary levels of TPPs were analyzed using an experimental diagnostic test (pYtest, provided by Nurex srl). The area under the ROC curve (AUC), sensitivity, specificity, positive and negative predictive values (PPV and PNV) were calculated using Bayes’ theorem (MedCalc 11.3.3) Discussione The prognosis of high risk non-muscle invasive bladder cancer is highly variable and unpredictable on the basis of clinical and pathological variables, e.g. depth of invasion, tumour size, multifocality, presence of carcinoma in situ (CIS). Understanding the molecular profile of the individual patient could improve the prediction of the natural history of the disease and provide a more personalized and tailored treatment. Results Urinary TPP levels from 87 bladder cancer patients and from 143 healthy subjects were measured. The AUC was 0.875 with a 95% confidence interval of 0.826-0.915. For the best cut-off value (261.26 standard units), a sensitivity of 80.46% and a specificity of 79.72 % were obtained. PPV and PNV were 70.1% and 87.7%, respectively. Conclusioni CTC presence is an independent prognostic factor in high risk NMIBC patients. Discussion The proteomic approach is finding its excellent status in uro-oncology too, not only to understand the molecular pathways of carcinogenesis, but also to detect possible markers in the urine samples. Preliminary evaluation confirmes the excellent diagnostic performances of TPPs as bladder cancer marker. Conclusions We need to increase the enrolled patients with a multicenter study to confirm and validate the proteomic approach through the individualisation of TPPs with the pYtest. Next aim is to recruit more patients to confirm the statistic results obtained and validate definitely the pYtest like a bladder cancer marker 90 91 P92 86° Congresso Nazionale SIU ENDOVESICAL ADJUVANT THERAPY FAILURE IN HIGH-RISK NON MUSCLE INVASIVE BLADDER CANCER (NMIBC): CHEMOSENSITIVITY TESTING AND TAYLOR THERAPY. P93 86° Congresso Nazionale SIU LONG-TERM ERECTILE FUNCTION OUTCOMES AFTER HOLMIUM LASER ENUCLEATION OF THE PROSTATE (HoLEP) G. Busetto, G. Antonini, R. Giovannone, A. Di Silverio, P. Gazzaniga, V. Gentile, E. De Berardinis (Roma) Scopo del lavoro Adjuvant endovesical treatment of choice for high risk NMIBC is still debated and still open questions are: which drug? Which dosage? Which therapy planning? Although intravesical treatment is the gold standard after TURB the percentage of recurrence and progression is still high. Materiali e metodi It has been reported that some chemotherapy drugs used in intravesical regimens may induce a phenomenon known as chemotherapy-inducedresistance (CIR), through the up-regulation of ATP-binding cassette proteins. Furthermore, inefficient apoptotic machinery might also lead to chemotherapy resistance, through the selection of more aggressive clones. We started a clinical trial with the aim to characterize, in each patient, an individual chemosensitivity profile, based on the expression of a panel of markers that are involved in the resistance to standard chemotherapy drugs. Specifically, we chose multidrug resistance protein 1 and 2 (MRP1, MRP2), belonging to the superfamily of ATP-binding cassette transporters, which are both involved in the resistance to epirubicin, doxorubicin and mytomicin-C; human equilibrative nucleotide transporter 1 (hENT1) and deoxycytidine kinase (dCK), involved in the resistance to gemcitabine and α5β1 integrin, which represents the fibronectin receptor, and is involved in the internalization of BCG. As The present analysis was also extended to apoptosis regulating genes, such as the bcl-2/bax ratio and surviving expression. 128 patients with high risk NMIBC have been enrolled, all candidates for TUR-B followed by intravesical treatment. One mg of tumoral tissue from each patient was kept for molecular assay subjected to RNA extraction and RTPCR amplifications with primers specific for these components. We considered high, intermediate and low sensitivity to mitomycin c, epirubicin, and doxorubicin a ratio MRP/GAPDH 1 respectively. For gemcitabine resistance, we considered sensitivity, intermediate sensitivity and resistance a ratio hENT-dCK/GAPDH >1, =1 and 1; =1 ; Risultati This chemosensitivity test was able to predict response to treatment in 93% of patients. The assay is easy to perform with low costs and rapid time of execution. Discussione Our results are encouraging in the view of an individualised therapeutic approach, to provide a higher treatment success rate while sparing patients unnecessary toxicity from drugs that are not suited for their tumors. Paolo Capogrosso1, Matteo Ferrari1, Umberto Capitanio1, Maria Chiara Clementi1, Giulia Castagna1, Michele Colicchia1, Eugenio Ventimiglia1, Fabio Castiglione1, Giuseppe Zanni1, Alberto Briganti1, Rocco Damiano2, Francesco Montorsi1, Andrea Salonia1,2 1 Dept. of Urology, University Vita-Salute San Raffaele, Milan, Italy 2 Research Doctorate Program in Urology, Magna Graecia University Catanzaro, Italy OBJECTIVES. To assess the rate of erectile function (EF) improvement at long-term follow-up (FU) in patients who underwent HoLEP for symptomatic obstructive benign prostatic hyperplasia (BPH). METHODS. Complete sociodemographic, clinical and psychometric data from 135 patients submitted to HoLEP were analysed. All patients completed a remembered (=targeting sexual function regarding a period preceding HoLEP) International Index of Erectile Function-erectile function (IIEF-EF) domain; likewise, a real-time (=targeting the 4 weeks prior to surgery) IIEF (all domains) was filled. EF was stratified according to Cappelleri criteria. Both a remembered and a real-time International Prostate Symptom Score (IPSS) were also completed. Descriptive statistics and logistic regression models tested the association among potential clinical and surgical predictors and the eventual improvement of total IIEF-EF [also considering Minimal Clinically Important Differences (MCIDs) criteria]. RESULTS. Mean (median) age at surgery was 63 (63.6) years (range: 49-82). Post-HoLEP FU was 152.1 (163.9) months (range: 12-324). At long-term FU, mean (SD) IPSS score significantly improved [15.9 (8.7) vs 5.4 (5.6); p<0.0001]. At long-term FU, IIEF domain scores were as follows: IIEF-EF: 19.2 (23); IIEF-SD: 6.3 (7); IIEF-OF: 4 (5); IIEF-IS: 8.0 (9); IIEF-OS: 6.6 (8). IIEF-EF significantly changed [mean delta -3.9 (-1)] as compared with the preoperative assessment with 23 (17%) patients reporting an improved IIEF-EF. Preoperative EF was normal EF, mild ED, mild-to-moderate ED, moderate ED, and severe ED in 83 (61.5%), 12 (9.0%), 16 (12%), 8 (6%), and 16 (12%) patients, respectively. Conversely, postoperative ED severity was normal EF, mild ED, mild-to-moderate ED, moderate ED, and severe ED in 42.2%, 15.6%, 10.4%, 5.2%, and 26.7% patients, respectively. Of all, 37% patients worsened of at least one IIEF-EF category; conversely, 55.6% and 7.4% patients maintained and eventually improved their IIEF-EF domain category, respectively. Nine (6.7%) patients showed a significant improvement according to MCIDs criteria. At MVA, both preoperative IPSS (OR: 1.12; p=0.002) and IIEF-EF (OR: 0.92; p=0.005) scores were significantly associated with postoperative improvement of IIEF-EF. CONCLUSIONS. Long-term FU data showed that HoLEP significantly improved urinary symptoms in patients with symptomatic obstructive BPH, with a concomitant clinically significant EF improvement in roughly 7% of the individuals. Conclusioni There is really need to introduce the concept of personalized medicine in bladder cancer management and in particular with molecular and genetic testing we should be able to predict which patients are at high risk for cancer progression and which patients will response to treatment. 92 93 P94 86° Congresso Nazionale SIU PREVALENCE AND CLINICAL MEANING OF METABOLIC SYNDROME IN EUROPEAN CAUCASIAN MEN PRESENTING FOR PRIMARY COUPLE’S INFERTILITY Andrea Salonia1,2, Paolo Capogrosso1, Eugenio Ventimiglia1, Maria Chiara Clementi1, Marco Bianchi1, Giulia Castagna1, Michele Colicchia1, Luca Boeri1, Cesare Regina1, Alessandro Serino1, Emanuele Zaffuto1, Rayan Matloob1, Rocco Damiano2, Francesco Montorsi1 1 Dept. of Urology, University Vita-Salute San Raffaele, Milan, Italy 2 Research Doctorate Program in Urology, Magna Graecia University Catanzaro, Italy 3 Academic Division of Urology, IRCCS Policlinico San Donato, University of Milan, Milan, Italy. OBJECTIVES. Assess prevalence of and clinical impact of metabolic syndrome (MetS) in European Caucasian men presenting for primary couple’s infertility. METHODS. Complete demographic, clinical and laboratory data from 1169 consecutive infertile men were analysed. Health-significant comorbidities were scored with the Charlson Comorbidity Index (CCI; categorized 0 vs 1 vs ≥2); NCEP-ATPIII criteria were used to define MetS. Testicular volume was assessed with a Prader orchidometer. Semen analysis values were assessed based on 2010 World Health Organization (WHO) reference criteria. Descriptive statistics and logistic regression models tested the association between semen parameters and clinical characteristics and MetS. RESULTS. Of all, male factor infertility and mixed infertility were found in 890 (76.1%) and 279 (23.9%) men, respectively. MetS was found in 101 (8.6%) of 1169 men. Patients with MetS were older (p<0.001), had a higher BMI (p<0.001), a greater rate of CCI≥1 (χ2:44.205; p<0.001), and lower testicular volumes (all p<0.03), as compared with those without MetS. Moreover, MetS patients had a lower serum total testosterone (tT) (p=0.002), a higher level of luteinizing hormone (LH) (p=0.001), and were hypogonadal in a higher rate (χ2:6.958; p=0.008) than patients without MetS. Conversely, no differences were found between groups in terms of follicle-stimulating hormone (FSH), inhibin B, 17b estradiol (E2) levels, and tT/E2 ratio values. Likewise, the two groups did not significantly differ in terms of semen parameters and rate of either obstructive or non-obstructive azoospermia. At multivariate logistic regression analysis serum FSH (OR: 1.36; p<0.001) and testicular volume (OR: 0.59; p<0.001) achieved independent predictor status for WHO normal semen concentration; conversely, age, CCI scores, MetS, and inhibin B values did not. P95 86° Congresso Nazionale SIU CORRECTION OF COMPLEX CONGENITAL PENILE CURVATURE USING SUPERFICIAL TUNICA ALBUGINEA EXCISIONS WITH GEOMETRICAL PRINCIPLES L. mavilla, L. Albanesi, F. Attisani, B. Gentile, D. Granata, G. Mirabile, F. Pisanti, M. Schettini, G. Vincenti, R. Giulianelli, F. Kuehhas, P. Egydio (Roma, italila) Aim of the study Congenital penile curvature can present with both uniplanar and biplanar defects, the latter of which entails more technically demanding surgery. To demonstrate the efficacy and safety of our novel technique of multiple, small, superficial tunica albuginea excisions based on geometrical principles, for correcting biplanar congenital penile curvature. Materials and methods Between June 2006 and March 2012, 145 patients with disabling congenital biplanar ventro-lateral (n = 131; 90.3%) or dorso-lateral (n = 14; 9.7%) curvature of the penis underwent stepwise superficial tunica albuginea excisions. The mean follow-up period was 21 months (range, 6–62 months). The procedure is based on the geometrical principles of the Egydio technique for any kind of penile curvature correction and objectified the curvature. Multiple 3-mm excisions of the superficial tunica albuginea were performed without compromising the inner layer of the tunica albuginea, thus resulting in a stepwise correction of the curvature and improved distribution of the bending force of the curvature. Results We evaluated the rate of successful penile straightening, the complication rate, and patient satisfaction. Mean age at surgery was 23.8 years (range, 15–47 years). Mean degree of curvature was 65° (range, 45–90°). There was no recurrent curvature. No intra- or post-operative complications were encountered. Complete correction of the penile axis was obtained in 98.6% (n = 143). Discussion We recommend this novel technique as the optimal surgical intervention for correcting both uniplanar and biplanar congenital deviations. Conclusions The excellent functional outcomes resulted in a high level of patient satisfaction, including improved selfesteem, libido, sexual intercourse, and psychosexual relief. Two patients had a residual curvature of up to 30° requiring a re-operation. Testicular volume alone predicted normal sperm total progressive motility (OR: 0.91; p=0.005). No parameters predicted normal sperm morphology. CONCLUSIONS. MetS accounts for roughly 9% in men presenting for primary couple’s infertility. Overall, while MetS patients have a lower general male health status, semen analysis values seem independent of the presence of MetS. 94 95 P96 86° Congresso Nazionale SIU PRACTICE PATTERNS IN ERECTILE FUNCTION REHABILITATION FOLLOWING PELVIC SURGERY: RESULTS FROM A EUROPEAN MULTI-INSTITUTIONAL SURVEY P. Verze, G. Bozzini , E. Garcia-Cruz , C. Gratzke , J. Martinez-Salamanca, M. Mergreiter, J. Otero , A. Mueller (Napoli) Aim of the study Despite a growing body of evidence supporting erectile function (EF) rehabilitation after pelvic surgery, there are no guidelines on this subject. We wanto to explore EF rehabilitation practice patterns of major european urological centres. Materials and methods A 12-question instrument was constructed assessing centre demographics and EF rehabilitation practices after pelvic surgery, and was e-mailed to staff members of major european urological centres. Data were acquired and analyzed by the investigators. P97 86° Congresso Nazionale SIU INTRATUNICAL INJECTION OF HUMAN ADIPOSE TISSUE-DERIVED STEM CELLS PREVENTS FIBROSIS AND IS ASSOCIATED WITH IMPROVED ERECTILE FUNCTION IN A RAT MODEL OF PEYRONIE’S DISEASE. F. Castiglione , A. Salonia , L. Villa, G. La Croce , M. Moschini , M. Tutolo, F. Montorsi, P. Hedlund (Milano ) Aim of the study To test the effects of a local injection of adipose tissue-derived stem cells (ADSC) in the active phase of a rat model of PD on the subsequent development of fibrosis and elastosis of the TA and underlying erectile tissue. Results : A total of 26 centres distributed all over Europe responded. All centres perform surgery, with indications to nerve sparing procedures at least in 30% of cases (mean 45% of cases). 19 out of 26 (73%) centres start the rehabilitation immediately after complete surgical recovery. PDE5-inhibitors (PDE5-i) are always included in rehabilitation strategy, and in 16 out of 26 (62%) cases a daily administration is suggested. 19 out of 26 (82%) centres prefers Tadalafil because of the long-acting characteristics. In 8 out of 26 (30%) intracavernous injections (ICI) are prescribed concomitantly with PDE5-i. Other strategies including MUSE, VCD and SKAT are prescribed in 6 out of 26 cases (24%). Materials and methods A total of 27 male 12-wk-old Sprague-Dawley rats were divided in three equal groups and underwent injection of vehicle (sham), 0.5-μg transforming growth factor (TGF)-β1 in a 50-μl vehicle in either a PD or a PD plus ADSC group in the dorsal aspect of the TA. The sham and PD groups were treated 1 d after TGF-β1 injection with intralesional treatment of vehicle, and the PD plus ADSC group received 1 million human-labeled ADSCs in the 50-μl vehicle. Five weeks after treatment, six rats per group underwent erectile function measurement. Following euthanasia, penises were harvested for histology and Western blot. OUTCOME MEASUREMENTS AND STATISTICAL ANALYSIS: The ratio of intracavernous pressure to mean arterial pressure (ICP/MAP) upon cavernous nerve stimulation (CNS), elastin, and collagen III protein expression and histomorphometric analysis of the penis. Statistical analysis was performed by analysis of variance followed by the Tukey-Kramer test for post hoc comparisons or the Mann-Whitney test when applicable. Discussion Fifty four percent of centres (14/26) perform the rehabilitation until spontaneous erection is achieved. All centres (26/26, 100%) perform rehabilitation at least for 3 months. Fifty percent (13/26) of the centres prescribe erectile function rehabilitation also in patients in whom a not nerve sparing procedure was performed. Results Erectile function significantly improved after ADSC treatment (ICP/MAP 0.37 in PD vs 0.59 in PD plus ADSC at 5-V stimulation; p=0.03). PD animals developed areas of fibrosis and elastosis with a significant upregulation of collagen III and elastin protein expression. These fibrotic changes were prevented by ADSC treatment. Conclusions Among the respondents, penile rehabilitation is a common practice, despite of the nerve-sparing status. The most commonly employed strategy is daily PDE5i use, with Tadalafil being the most used one because of its long-acting profile. All centres perform rehabilitation for at least 3 months, and in 54% of the cases until spontaneous erection is achieved. Discussion Peyronie’s disease (PD) is a connective tissue disorder of the tunica albuginea (TA). Currently, no gold standard has been developed for the treatment of the disease in its active phase. This study is the first to test stem cell therapy in an animal model of PD. 96 Conclusions This study is the first to test stem cell therapy in an animal model of PD. Injection of ADSCs into the TA during the active phase of PD prevents the formation of fibrosis and elastosis in the TA and corpus cavernosum 97 P98 86° Congresso Nazionale SIU COMBINED DAPOXETINE AND BEHAVIOURAL TREATMENT PROVIDES BETTER RESULTS THAN DAPOXETINE ALONE IN THE MANAGEMENT OF PATIENTS WITH PREMATURE EJACULATION P. Massenio, L. Cormio, G. Di Fino, O. Selvaggio, F. Turri, G. Carrieri (Foggia) Aim of the study Several studies have demonstrated the efficacy and safety of dapoxetine in prolonging the intravaginal ejaculatory latency time (IELT) but, to our knowledge, there is no previous study testing whether the efficacy of dapoxetine can be increased by its association with behavioural therapy (BTx), such as the “squeeze” and the “stop and start” techniques. The present study therefore aimed to determine whether the association of BTx improved the efficacy of dapoxetine in patients with PE. Materials and methods Twenty-two patients, 4 with lifelong (primary) and 18 with acquired (secondary) PE, were randomized to receive dapoxetine 30 mg on-demand (Group A) or dapoxetine 30 mg on demand + BTx (Group B). All patients had never been treated before for PE, had no erectile dysfunction, and those with acquired PE suffered from this condition by at least 6 months. The premature ejaculation diagnostic tool (PEDT), the intravaginal ejaculatory latency time (IELT) and the number (#) of tablets taken per week were recorded at 1, 3 and 6 months. Results Mean patients’ age was 39 years (range 19 – 66). In both groups, PE was primary in 2 cases and secondary in the remaining 9. Mean IELT before treatment was 1.18 and 1.27 min in Group A and B, respectively; at 1, 3 and 6 months of treatment it increased to 1.45, 2.18 and 2.59 min in Group A and to 2.22, 3.68 and 6.14 in Group B, respectively, with a significant (p Discussion The association of BTx to dapoxetine significantly increased the IELT while significantly reducing the PEDT score and the # of tablets/week in both patients with primary and acquired PE. Conclusions This pilot study therefore provides grounds for further systematic evaluation of such combined treatment for PE. 98 P99 86° Congresso Nazionale SIU UROTENSIN II AS A POSSIBLE SERUM MARKER OF ERECTILE DYSFUNCTION M. Franco, F. Fusco, R. D’Emanuele di Villa Bianca, R. Sorrentino, D. Arcaniolo, E. Mitidieri, C. Imbimbo, G. Cirino, V. Mirone (Napoli) Aim of the study The purpose of this study is to measure the plasma level of U-II in men with ED compared to healthy controls and to correlate the values obtained with the IIEF score and other clinical variables and comobidities Materials and methods 70 healthy volunteers and 80 ED patients have been enrolled. Each patient was interviewed, exploring the presence of risk factors and co-morbidities related to ED or to other diseases. Furthermore all patients were asked to complete the IIEF. The physical examination included BMI. Blood samples were obtained in the same day: a routine serum profile was performed, comprehensive of plasma level of U-II. The results obtained from the present clinical study are reported as mean ± SD for continuous variables and as median and interquartile ranges for categorical variables. The data were analyzed with a Pearson product-moment correlation coefficient (PPMCC) evaluating the association between UII plasma levels in ED patients and IIEF score, the association between UII plasma levels and BMI, blood total cholesterol and glycemia. Results Mean values of UII plasma levels measured both in controls and ED patients resulted of 1662,06 pg/ml and 3513,21pg/ml, respectively (ratio 2,11). A a strong, statistically significant, negative correlation between the IIEF score and the UII plasma levels was found (PPMCC of -0,82; p value< 0.001) were found. Discussion U-II was identified as the natural ligand of a G-protein coupled receptor, namely UT receptor. U-II and UT receptor are expressed in a variety of peripheral organs and especially in cardiovascular tissue and their expression is up-regulated in human cardiovascular disease, including congestive heart failure, hypertension, type II diabetes and diabetic nephropathy. Recent evidence indicates that the U-II/UT pathway has a vasodilator effect on human corpus cavernosum tissue, and this effect is mediated by eNOS. Based on these evidences we proposed UII as a biomarker of Erectile Function. Conclusions UII plasma levels are doubled in ED patients compared to healthy controls and are significantly inversely correlated to IIEF score suggesting a possible role of this peptide as a biomarker for Erectile Dysfunction. A moderate but statistically significant positive correlation was found between UII plasma levels and BMI. The small PPMCC between UII plasma levels and blood total cholesterol and the no statistically significant correlation with glycemia excluded these variables as possible indirect markers of ED risk. Further studies are warranted to evaluate a possible role of Urotensin II as serum marker of ED. 99 P100 86° Congresso Nazionale SIU GENDER REASSIGNMENT SURGERY: A 20 YEARS REVIEW OF SURGICAL OUTCOMES D. Arcaniolo, P. Verze, A. Palmieri, N. Longo, F. Mangiapia, M. Barbieri, V. Viscusi, C. Imbimbo, V. Mirone (Naples) Aim of the study To provide a retrospective comparison among two different SRS techniques (penoscrotal flap – PSF - and penile skin inversion – PSI - ) in terms of surgical (intra-peri-postoperative data) and functional outcomes and patient’s satisfaction. Materials and methods We retrospectively review our data on 219 male-to-female transsexuals who underwent sexual reassignment surgery in our Institution between January 1992 and November 2011. Patients were contacted by telephone 12 to 18 months after their surgery and requested to attend our clinic for a follow-up visit. At that time they were requested to complete a Patient’s Satisfaction Questionnaire devised by our gender physician team. 147 patients (67%) underwent vaginoplasty with penoscrotal flap (PSF), 66 patients underwent vaginoplasty with simple penile skin inversion (PSI) (30%) and 6 patients (3%) underwent colovaginoplasty. These 6 patients have not been included in our analysis. We provide a comparison among the two different SRS techniques (PSF – group 1 and PSI - group 2) in terms of surgical and functional outcomes and patient’s satisfaction. Results 94% of patients were satisfied with their new sexual status and had no regrets, with no statistically significant differences between two groups. When questioned about sex life, 164 patients (75%) reported enjoying a more satisfactory sex life after their SRS. No significant differences were found between two groups in term of sexual satisfaction. Patients who underwent PSI were more satisfied with the aesthetic appearance of their neovaginas compared to PSF group (p Discussion The relatively high satisfaction level with the functional and aesthetic qualities of the newly acquired genitalia reported by the patients is due to a combination of competent surgical skills, a well-conducted pre-operative preparation program and adequate post-operative counseling which, based upon our experience, are indispensable for a successful SRS outcome. Conclusions We can conclude that both penile skin inversion and peno-scrotal flap techniques provide good aesthetic and functional results and could be performed safely in male-to-female transsexuals. P101 86° Congresso Nazionale SIU COMPLIANCE TO THERAPY WITH DAPOXETINE IN COMPARISON TO A CONVENTIONAL SELECTIVE SEROTONIN REUPTAKE INHIBITOR (CITALOPRAM) IN 118 PATIENTS WITH PREMATURE EJACULATION C. Pavone, D. Abbadessa, G. Scaduto, G. Caruana, G. Gambino, V. Serretta, C. Scalici Gesolfo (palermo) Aim of the study Premature ejaculation (PE) is a sexual dysfunction that would concern 20-30% of the male population. Dapoxetine is a new re-uptake inhibitor (SSRI), the only commercial formulation for the specific treatment of PE. Primary aim of the study is the assessment of compliance and the effectiveness of treatment with dapoxetine compared to treatment with citalopram, an SSRI classic in a group of selected patients with PE. Materials and methods We selected a sample of 334 male patients aged between 18 and 64 years who reported EP from the male population transited at the Clinic of Urology ‘of Policlinico in Palermo. Intravaginal latency time (IELT) was less than 2 minutes in 233 patients (70%). Of the 233 patients, 134 patients (57%) were pharmacologically treatable and among them 118 (88%) agreed to entry on our study, through informed consent, thus constituting the Treatment Sample. This sample was divided into 2 groups: 82 (70%) patients received dapoxetine while 36 (30%) of Citalopram prescription. Results Of the 82 patients treated with Dapoxetine compliance to treatment was good in 20 (24%), poor in 26 (32%), and absent in 36 (44%) patients respectively. In the 36 patients treated with Citalopram, treatment compliance was good in 12 patients (33%), it was poor in 10 (28%) and it was absent in 14 (39%). The dropout stood at 23.6% (50 patients) without any statistical correlation between type of medication and quality of compliance. The relationship between patients who had-or-less follow the correct therapy has remained almost constant. Due the report of the 68 patients was evaluated the effectiveness of treatment: Dapoxetine was effective in 86% of cases versus 75% of Citalopram. The occurrence of side effects was observed in 32% of cases: in 17% of patients treated with Dapoxetine and in 15% of patients treated with Citalopram. However, side effects were generally mild and self-limiting, and occurred just at the first intake in about 90% of treated with Dapoxetine. Discussion PE may have considerable effects on the sexual life of the affected individuals and their partners. Despite dapoxetine is effective in the treatment of PE with a reduction of the IELT and good patient satisfaction, EP is still conditioned by a strong psychological component of the subject. Indeed, it seems that it plays a key role also in compliance with therapy. From results of our study, it seems that patients with a stable couple relationship follow the therapy continuously. Conclusions In our experience, dapoxetine in the treatment of PE was effective and well tolerated. The levels of compliance to treatment have not appeared particularly high. It is hypothesized that this depends mostly by patient factors. In fact, it is right to emphasize that the assessment of treatment compliance on-demand EP suffers from a limit can not be corrected by the doctor: affective status. A greater involvement of patients with more difficulty following therapy should be the goal in andrological counseling in the patient with PE. 100 101 P102 86° Congresso Nazionale SIU INHIBITION OF THE FATTY ACID AMIDE HYDROLASE (FAAH) REDUCES IN VIVO SPONTANEOUS SEMINAL VESICLE CONTRACTIONS AND INCREASES LATENCY TO APOMORPHINE-INDUCED EJACULATION G. La Croce, A. Bettiga, R. Buono, G. Colciago, F. Benigni, F. Castiglione, M. Albersen, F. Montorsi , P. Hedlund (Milano) Scopo del lavoro The endocannabinoid system modulates afferent signals under certain conditions and is expressed in regions of the urogenital tract. It is not known if the endocannabinoid-regulatory enzyme fatty acid amide hydrolase (FAAH) is located in the ejaculatory system or if FAAH may be a drug target in ejaculatory disorders. We aimed to examine the expression of FAAH in the seminal vesicle and vas deferens and effects of inhibition of FAAH on seminal vesicle function and ejaculation. Materiali e metodi After ethical approval, male Sprague Dawley rats (250gram) were anesthetized and received a polyethylene (PE)-50 catheter in (I) the seminal vesicle for recordings of intraluminal pressure, or (II) in the corpus spongiousum for pressure registration during apomorphine-induced (s.c., 150μg/kg) ejaculatory responses. Effects by intraperitoneal (0.1, 1, or 10 mg/kg) oleoyl ethyl amide (OEtA; a FAAH inhibitor) or vehicle were studied. Expression of FAAH was examined by PCR, Western Blot and immunohistochemistry in rat and human seminal vesicle and vas deferens. Effect by OEtA (0.1-100 μM) on isolated seminal vesicle was studied in organ baths. T-test was used for comparisons. Risultati Messenger RNA and protein for FAAH was demonstrated in rat and human seminal vesicle and vas deferens. FAAH was located in epithelial cells of both tissues. In human samples, the FAAH-2 isoform was similarly expressed. In isolated tissues, maximum inhibitory effects by OEtA (100 μM) on nerve-induced contractions were 35±5% (human;n=4) and 22±9% (rat;n=7). In vivo, the frequencies of spontaneous seminal vesicle pressure waves (contractions) per minute were 1.08±0.32 (baseline) and 0.58±0.13 (OEtA;p Discussione The FAAH is expressed in the rat and human vas deferens and seminal vesicle. Inhibition of FAAH seems to depress the excitability of the seminal vesicle and prolongs latency for apomorphine-induced ejaculation in rats. Conclusioni Pharmacological targeting of FAAH may be an interesting principle to further develop in premature ejaculation. 102 P103 86° Congresso Nazionale SIU CHLAMYDIA TRACHOMATIS INFECTION IS RELATED TO PRECOX EJACULATION IN YOUNG PROSTATITIS PATIENTS D. Tiscione, T. Cai, N. Mondaini, C. D’Elia, F. Meacci, G. Malossini, S. Mazzoli, V. Magri, G. Perletti, R. Bartoletti (Trento) Aim of the study The chronic prostatitis are an important test for both the urologist in terms of treatment and for the microbiologist in terms of diagnosis. These diseases also, as already well described in the literature, have a considerable impact on quality of life of the young male, meaning the quality of sex life. The purpose of this study was to evaluate the epidemiological prevalence of premature ejaculation (PE) in a group of patients with chronic bacterial prostatitis by atypical bacteria, such as Chlamydia trachomatis (CT). Materials and methods From May 2006 to May 2008, 454 patients referred to the same MST Center, were enrolled in this study. The diagnosis of infection by CT was performed through analysis of secretory IgA anti-CT (analysis in Westernblot) and CT-DNA (PCR amplification). The analysis was carried out on urine (test Meares) and on sperm. All patients were subjected to regular clinical evaluation, to the questionnaire NIH-CPSI and the evaluation of the presence of PE. The data obtained from the group of patients suffering from chronic prostatitis from CT (Group 1) were compared with the data obtained from a control group of 707 patients suffering from chronic prostatitis from common germs (Group 2). Results All patients in Group 1 were positive for at least one marker of infection for CT, whereas no patients in Group 2 showed positivity to the markers. The group of patients suffering from chronic prostatitis from CT (Group 1) did not differ statistically significantly from the control group (Group 2) in terms of: NIH-CPSI score 13.73 (11-26) vs. 13.37 (11-26), IPSS 8.99 (2-24) vs 8.70 (2-24) and time of onset of symptoms 2.7 years (1-6) vs 2.2 years (1-6). The two groups, however, differed statistically significantly in terms of prevalence of PE: 125/454 (27.5%) Group 1 and 89/707 (12.5%) Group 2. Discussion The pathophysiology that underlies the increased prevalence of PE in the group infected with CT is not still clearly demonstrated or clarified. Conclusions However, the present study demonstrates how the EP is an important symptom able to contribute to the deterioration of the quality of life in patients suffering from chronic prostatitis, in particular, when supported by CT. 103 P104 86° Congresso Nazionale SIU COSTRUZIONE DI UN QUESTIONARIO SPECIFICO PER I PAZIENTI CON NEOVESCICA ILEALE ORTOTOPICA (IONB-PRO): CREAZIONE DI ITEM QUALITATIVI E PRESENTAZIONE DELLA VERSIONE ITALIANA S. Siracusano1, C. Lonardi2, L.Toffoli1, G. Benedetto3, P. Curti4, M.A. Cerruto4, F. Dal Moro5, V. Ficarra5,D. Signorello6, C. Simeone7, M. Brausi8, S. Ciciliato1, F. Visalli1, M. Niero2 1) Dipartimento di Urologia – Università di Trieste, 2) Dipartimento di Scienze dell’ educazione – Università di Verona, 3) Dipartimento di Urologia – Ospedale di Vicenza, 4) Dipartimento di Urologia – Università di Verona, 5) Dipartimento di Urologia – Università di Padova, 6) Dipartimento di Urologia –Ospedale di Bolzano, 7) Dipartimento di Urologia – Università di Brescia, 8) Dipartimento di Urologia – Ospedale di Carpi (Modena) Scopo dello studio È noto che la neovescica ortotopica può causare un impatto negativo sulla qualità di vita dei pazienti portatori di questa derivazione urinaria. L’espressione PRO (patient reported outcome) si riferisce a questionari utilizzati nella pratica clinica per chiedere ai pazienti la percezione clinica dei sintomi, l’impatto delle attività della vita quotidiana e altri aspetti della qualità della vita ai pazienti che nel caso specifico sono stati sottoposti a cistectomia radicale con la realizzazione di una neovescica ileale ortotopica. Al momento non esistono questionari validati per la valutazione dei pazienti sottoposti a questa tipologia di intervento mentre sono invece disponibili per altri tipi di derivazione urinaria quale ad esempio l’ureteroileocutaneostomia. L’obiettivo di questo studio è pertanto quello di illustrare i requisiti che hanno consentito la costruzione del questionario in oggetto. Materiali e metodi Il questionario è stato progettato in 7 fasi: a) generazione delle domande; b) analisi dei contenuti e produzione di una versione preliminare di IONB-PRO; c) applicazione iniziale ad un numero limitato di pazienti; d) validazione internazionale del questionario; e) test psicometrici; f) perfezionamento informatizzato del questionario. Finora sono state completate solo le fasi a) e b). Riassunto della fase a): in 7 centri italiani sono stati intervistati 35 pazienti con IONB (età media 63.3; 28 maschi e 7 donne) di questi pazienti 21 sono continenti, 10 incontinenti solo durante la notte, 2 totalmente incontinenti e 2 ipercontinenti. Nella fase b) i contenuti raccolti sono stati elaborati mediante il sistema ATLAS-TI. La procedura di codifica ha fatto si che le frasi venissero raggruppate in 18 concetti ulteriormente raggruppati in 8 macro gruppi. La valutazione clinica dei sintomi ha permesso di ricavare 43 item distribuiti a loro volta in 6 gruppi: I) sintomi; II) autogestione della neovescica; III) attività della vita quotidiana; IV) aspetti emotivi; V) aspetti sociali; VI) sonno e affaticamento. 86° Congresso Nazionale SIU Tab. 1 SYMPTOMS (5) Incontinence day time Incontinence night time Urinating regularly Feverish sensations Difficulty urinating ACTIVITIES OF DAILY LIVING (7) Difficulties in carrying light physical activities Fear of not being close to a toilet when out of home Limits in drinking liquids Organizing daily time table Problems in using public means of transport (buses, plains, etc.) Level of performance in activity (paid or unpaid worl or chores) Having to limited activities NEOBLADDER SELF MANAGEMENT (3) Neobladder compression/ decompression exercises Emptying neobladder Waking-up at night SOCIAL (11) Support from family members Difficulty to get on with people Giving up leisure activities Avoiding going out Fear the others feel smell of urine Being embarrassad in small places (elevators, etc.) Feeling different Fear in meeting new people Fear of being refused Avoiding physical contacts with family members Avoiding sexual relations SLEEP AND FATIGUE (7) Sleeping well Being tired during the day Waking-up refreshed Need to rest during the day Run out of energy easily in doing things Problems of thinking clearly in doing things Having to interrupt activity because of tiredness EMOTIONAL (10) Feeling dependent Adaptation to living with neobladder Feeling angry because of the condition Panicking Feeling irritable Hopelessness Fear that cancer enhanced Worry for the future Feeling handicapped Loss of self-esteem Tab. 2 SLEEP AND TIREDNESS Risultati During the last 7 days… Il questionario è diviso in due parti. La prima parte include tutte le sezioni e gli elementi di cui sopra e presentato in modo sintetico sulla tabella 1. Il questionario è stato modificato secondo i risultati della ricerca cognitiva e sulla progettazione visiva di questionari: un esemplare è in tabella 2, che mostra anche il tempo di riferimento (la scorsa settimana) e quattro sistema di risposta (sempre, a volte, raramente, mai). In questo progetto gli elementi sono formulati come domande. La seconda parte del questionario appartiene invece al cosiddetto approccio individualizzato in cui il paziente è libero di esprimere i suoi punti di vista previo una scala numerica di priorità . (version A questions) Alla visita successiva il paziente viene quindi invitato ad indicare in quale percentuale siano stati raggiunti gli obiettivi, se siano rimasti immutati o siano cambiati nel corso del follow-up. Discussione Always Often Sometimes Never I slept badly at night.......................................................................... I have been tired during the day ……............................................... I woke-up refreshed in the morning ………....................................... Have you slept badly at night?........................................................... Have you been tired during the day?................................................. Did you wake-up refreshed in the morning?...................................... (version B statements) Il nostro studio è il primo a trattare questa tematica. Al momento non esiste un questionario validato per i pazienti con IONB. Tale studio ha permesso di individuare i domini in cui la QoL è più compromessa e di redarre un questionario da validare in lingua italiana. Conclusioni La prima fase di analisi ci ha permesso di produrre gli elementi utili alla valutazione della QoL nei pazienti con IONB. 104 105 P105 86° Congresso Nazionale SIU P106 86° Congresso Nazionale SIU MASSIMIZZARE IL RISPARMIO DI URETRA FUNZIONALE DURANTE CISTECTOMIA RADICALE CON CONFEZIONAMENTO DI NEOVESCICA ORTOTOPICA ILEALE IDENTIFICANDO IL VERUMONTANUM CISTECTOMIA RADICALE LAPAROSCOPICA CON CONFEZIONEAMENTO EXTRACORPOREO DI CONDOTTO ILEALE O URETEROCUTANEOSTOMIA NELL’ANZIANO G. Pizzirusso, F. Lanzi, F. Gentile, N. Tosi, F. Cecconi, G. De Rubertis, G. Barbanti (Siena) S. alba, F. Chiaradia, G. Giocoli-Nacci, A. Pagliarulo, A. Venneri-Becci, A. Mastrorosa, V. Pagliarulo (bari) Scopo del lavoro Scopo del lavoro è indagare funzionalmente ed oncologicamente il ruolo del verumontanum come riferimento per il completo risparmio dello sfintere striato in pazienti sottoposti a cistectomia radicale e sostituzione ortotopica ileale Scopo del lavoro La cistectomia radicale con linfoadenectomia estesa pelvica (ePLND) è il gold standard nel trattamento del carcinoma uroteliale muscolo invasivo della vescica. La complessità della procedura dovuta al tempo demolitivo ed al tempo ricostruttivo rappresenta un limite nel paziente anziano, spesso affetto da elevata comorbidità. Scopo del lavoro è dimostare fattibilità e sicurezza della Cistectomia radicale laparoscopica (CRL) con confezionamento extracorporeo di condotto ileale (CI) o ureterocutaneostomia bilaterale (UCS) anche in tale categoria di pazienti. Materiali e metodi Da Gennaio 2008 a Dicembre 2011 42 pazienti consecutivi sono stati sottoposti a cistectomia radicale e confezionamento di neovescica ileale ortotopica per carcinoma vescicale clinicamente localizzato. Sono stati confrontati i dati ottenuti dal riscontro intraoperatorio di mantenimento del verumontanum e le valutazioni eseguite in corso di follow-up. I dati clinici, chirurgici e di follow-up sono risultati completi per 37/42 pazienti. L’uretra è stata funzionalmente valutata con studio urodinamico in clino-ortostatismo ad un follow-up minimo di 12 mesi; una successiva uretrocistoscopia è stata eseguita per confermare le osservazioni intraoperatorie con l’effettivo mantenimento del verumontanum. La continenza è stata valutata con questionario ICIQ-SF ai mesi 1, 3, 6 e 12 Risultati Il follow-up medio (range) è stato di 21.5 (12-41) mesi. In 4/37 (10.8%) casi è stata identificata la presenza di neoplasia a sede trigonale ed in un caso è stato scoperto un carcinoma prostatico pT2b Gleason 3+3. Complessivamente, 30/37 (81.1%) pazienti soddisfano i nostri criteri di continenza (≤1 pad/die ed ICIQSF≤2/2/2) nelle ore diurne e 24/37 (64.8%) nelle ore notturne ad un follow-up minimo di 12 mesi. Nei 15/37 (40.5%) pazienti con conservazione del verumontanum (Gruppo A) la continenza è stata raggiunta entro il primo mese in 2/15 (13.3%) casi Vs 0/22 dei pazienti senza risparmio del verumontanum (Gruppo B), 5/15 (33.3%) Vs 5/22 (22.7%) entro il terzo mese, 0/15 (66.7%) Vs 13/22 (59%) entro il sesto mese ed in 13/15 (86.7%) Vs 16/22 (72.7%) a 12 mesi di follow-up nei gruppi A e B rispettivamente. Il risparmio del verumontanum è risultato significativo sulla continenza complessiva (p=0.0067) e determinante sul suo precoce recupero (p Discussione Il recupero della continenza in pazienti con neovescica ortotopica rappresenta un outcome funzionale cruciale. Seppur limitato dal ridotto campione e dall’esiguità degli eventi questo studio ha evidenziato come il risparmio del verumontanum durante cistectomia radicale e sostituzione ortotopica ileale abbia determinato elevati tassi di continenza ed un suo rapido recupero Conclusioni Il verumontanum può essere considerato un importante repere chirurgico per la salvaguardia della massima lunghezza dell’uretra funzionale in pazienti sottoposti a cistectomia con sostituzione ortotopica 106 Materiali e metodi Criteri di inclusione: età > 70 aa, diagnosi istologica di carcinoma vescicale, ECOG performance status 0-3. Criteri di esclusione: carcinoma sincrono dell’alta via urinaria, pregressa irradiazione pelvica, cistectomia radicale a scopo palliativo. La CRL con ePLND bilaterale è stata eseguita mediante accesso transperitoneale attraverso 5 trocar. Il pezzo operatorio, dopo introduzione in endo bag, è stato estratto attraverso un’incisione longitudinale mediana periombelicale di 8 cm, quindi utilizzata, ove indicato, per il confezionamento del CI, ovvero se controindicato, è stata eseguita UCS. Sono stati valutati parametri operatori, perioperatori (clinici e patologici), postoperatori a breve termine. Risultati Da ottobre 2012 ad aprile 2013, 10 pazienti maschi di età media 75anni (range 71-79) sono stati sottoposti a CRL. In 7 pazienti è stato eseguito un CI, in 3 pazienti UCS bilaterale. In 8 pazienti è stata eseguita una ePLND bilaterale. Tempo operatorio medio 225 min (range 170 – 260). Perdite stimate medie 170 ml (150550). Il numero medio di linfonodi rimossi: 17 (8- 26). Sette pazienti all’esame istologico definitivo avevano un pT2 G3, tre pT3, un solo N+. Nessuno margine chirurgico positivo è stato osservato. Il tempo medio alla canalizzazione intestinale è stato 2,1 giorni e alla mobilizzazione attiva 2,3 giorni. Sei pazienti sono stati dimessi in VI giornata P.O., tre in VII P.O., uno in X P.O. Abbiamo osservato tre infezioni di ferita (Grado I sec. Clavien),una trombosi venosa profonda (Grado II sec. Clavien ) ed un paziente è stato trasfuso (Grado II sec. Clavien). Discussione La cistectomia radicale laparoscopica è una tecnica fattibile e sicura anche nell’anziano nel quale è auspicabile una chirurgia veloce e mininvasiva. In questi pazienti il condotto ileale confezionato per via extracorporea non compromette i vantaggi dell’approccio laparoscopico e rappresenta la migliore soluzione in termini di tipo di derivazione urinaria, tempo operatorio e complicanze a breve termine. Conclusioni La cistectomia radicale laparoscopica è una opzione terapeutica alternativa e valida nell’anziano anche con alta comorbidità. 107 P107 86° Congresso Nazionale SIU P108 86° Congresso Nazionale SIU APPLICAZIONE DEL PROTOCOLLO ERAS (ENHANCED RECOVERY AFTER SURGERY) NEI PAZIENTI SOTTOPOSTI A CISTECTOMIA RADICALE: NOSTRA ESPERIENZA CISTECTOMIA RADICALE CON SERBATOIO VESCICALE ILEALE ORTOTOPICO DOPO PROSTATECTOMIA RADICALE RETROPUBICA M. Poggio, E. Calza, G. Cattaneo, C. Fiori, I. Morra, M. Cossu, S. Galotti, F. Gamna, P. Avagnina, A. Tempia, F. Porpiglia (Orbassano, Itlia) C. Selli, G. Giannarini, M. De Maria, D. Pistolesi, G. Thalmann (Pisa) Scopo del lavoro Il protocollo ERAS [Enhanced Recovery After Surgery -anche conosciuto come “Fast Track”] è una modalità di approccio al paziente sottoposto ad intervento chirurgico che coinvolge numerose figure specialistiche atte a garantire una diminuzione delle complicanze da stress chirurgico. Sinteticamente, le differenze rispetto al protocollo standard consistono in: assenza di preparazione intestinale per os, anestesia combinata (generale + epidurale senza oppioidi), rimozione del sondino nasogastrico al termine dell’intervento chirurgico, precoce mobilizzazione (2° GPO) e alimentazione (1° GPO). Lo scopo di questo studio è confrontare gli outcomes post-operatori dei pazienti sottoposti a cistectomia radicale con derivazione urinaria gestiti secondo protocollo ERAS e quelli dei pazienti trattati secondo il protocollo standard. Materiali e metodi Abbiamo rivisto retrospettivamente i dati del nostro database istituzionale mantenuto prospetticamente. Sono stati considerati i dati relativi a 100 pazienti sottoposti a cistectomia radicale con derivazione urinaria sec. Bricker (Br) o neovescica (NV), (12 donne, 88 uomini) suddividendoli in due gruppi: Gruppo A (n=50) - pazienti sottoposti ad intervento chirurgico con protocollo standard, nel periodo compreso tra Marzo 2006 e Dicembre 2010 (37 Br, 13 NV); Gruppo B (n=50) - pazienti gestiti nel postoperatorio con protocollo ERAS nel periodo compreso tra Gennaio 2011 e Marzo 2013 (29 Br, 21 NV). In entrambe i gruppi sono state valutate le variabili demografiche, durata dell’intervento, tempo necessario alla canalizzazione a gas e feci, alla mobilizzazione e alla deambulazione, degenza post operatoria. Le complicanze postoperatorie sono state valutate utilizzando la classificazione di Clavien. Risultati . I due gruppi sono risultati comparabili in termini di caratteristiche demografiche. Sono emerse differenze statisticamente significative tra i due gruppi (A vs B rispettivamente) relativamente a: canalizzazione ai gas 4,01 vs 2,44 giorni (p< 0,001), canalizzazione alle feci 6 vs 4,94 giorni (p= 0,003), mobilizzazione 3,47 vs 1,55 giorni (p< 0,001), deambulazione 5,35 vs 2,88 giorni (p< 0,001) e giorno di dimissione 20,6 vs 14,02 giorni (p= 0,048). Non sono state registrate differenze in termini di complicanze postoperatorie. Discussione Nella nostra esperienza, il protocollo è facilmente applicabile nella gestione dei pazienti sottoposti a cistectomia radicale, pur in assenza di dati di letteratura consolidati. Conclusioni I dati che emergono dalla nostra casistica suggeriscono come il protocollo ERAS consenta un miglioramento degli outcomes postoperatori, in assenza di un evidente incremento delle complicanze postoperatorie rispetto al protocollo standard. 108 Scopo del lavoro . La diffusione ed i buoni risultati oncologici e funzionali dell’intervento di prostatectomia radicale pongono alcuni pazienti a rischio di sviluppare neoplasie vescicali che necessitano di un trattamento chirurgico radicale. La scelta della derivazione urinaria in questi casi rimane controversa. Riportiamo i risultati oncologici e funzionali in 4 pazienti sottoposti a cistectomia radicale con serbatoio vescicale ileale ortotopico dopo prostatectomia radicale retropubica. Materiali e metodi Quattro pazienti di età compresa tra 62 e 72 anni, che avevano subito una prostatectomia radicale retropubica per adenocarcinoma pT2bN0 Gleason score 6 (n=1), pT2cN0 Gleason score 5 e 6 (n=2) e pT3bN0 Gleason score 7 (n=1) da 2 a 8 anni prima, sono stati sottoposti (n=2 a Pisa, n=2 a Berna) a cistectomia radicale con confezionamento di serbatoio vescicale ileale ortotopico per carcinoma uroteliale vescicale non muscolo-invasivo di alto grado (n=3) e muscolo-invasivo (n=1). Le comorbidità consistevano in diabete mellito (n=3) e cardiopatia ischemica (n=1). Dopo la prostatectomia tre pazienti erano completamente continenti e uno presentava incontinenza da sforzo grado I. Inoltre tre conservavano attività sessuale con iniezioni intracavernose di alprostadil e uno non aveva attività sessuale. Risultati Con un follow-up da 2.2 a 4 anni dalla cistectomia un paziente è deceduto per progressione del carcinoma vescicale, gli altri tre sono vivi senza evidenza di malattia. I risultati funzionali sono stati valutati a 2 anni dalla cistectomia. La continenza urinaria diurna era totale in un paziente, due usavano 1 pad per piccole perdite, uno presentava incontinenza media. Di notte un paziente aveva solo piccole perdite senza pad, due usavano 1 pad e uno era incontinente. Quest’ultimo aveva sviluppato una stenosi dell’anastomosi ileo-uretrale che aveva richiesto un’incisione endoscopica dopo 10 mesi dalla cistectomia, e un successivo impianto di Advance Male Sling dopo 23 mesi aveva prodotto solo un modesto miglioramento. Discussione Nella letteratura mondiale vi è una limitata esperienza con la derivazione continente ortotopica in soggetti precedentemente sottoposti a prostatectomia radicale retropubica (solo 29 casi). I risultati funzionali sono discordanti, con un tasso di continenza urinaria diurna intorno al 50% ed un’alta (67%) incidenza di stenosi dell’anastomosi ileo-uretrale in alcuni centri. L’indicazione ad una derivazione continente ortotopica va riservata a pazienti motivati che presentino neoplasie vescicali a rischio relativamente basso di progressione. La dissezione chirurgica della giunzione vescico-uretrale dopo prostatectomia radicale rappresenta l’aspetto più impegnativo dell’intervento, e solo dopo accurata preparazione dell’uretra si può decidere se procedere ulteriormente con ragionevole sicurezza al confezionamento di un serbatoio vescicale ileale ortotopico. Conclusioni La neovescica ortotopica può essere propostata a pazienti motivati e continenti dopo prostatectomia radicale. 109 P109 86° Congresso Nazionale SIU LE COMPLICANZE DELLA CISTECTOMIA TOTALE (RC) NEI PAZIENTI ANZIANI (>80 ANNI) CON CARCINOMA DELLA VESCICA: COME RIDURLE. ESPERIENZA A LUNGO TERMINE DI UN SINGOLO CENTRO G. de luca, M. Gavioli, G. Peracchia, M. Viola, G. Verrini, G. Simonini, A. Romano, M. Foresio, M. Brausi (CARPI) Scopo del lavoro La RC è il trattamento di scelta per i carcinomi infiltranti della vescica e/o per tumori NMI refrattari al BCG. La percentuale di complicanze anche in centri di eccellenza raggiunge il 50 % e nei pazienti anziani > 80 anni può superare il 70%.Obiettivo dello studio è stato valutare se modificando 4 punti: preparazione del paziente (fast track, team multidisciplinare), intervento chirurgico (standard vs intervento minivasivo, extraperitoneale), Terapia Intensiva (TI) Post-op (sempre vs al bisogno), follow-up (standard ambulatoriale vs dedicato-ravvicinato) la mortalità e le complicanze potevano essere ridotte Materiali e metodi Dal 2000 al 2007 105 pazienti di > 80 anni hanno ricevuto RC con derivazione urinaria per ca vescicale presso il nostro centro. Età media: 83.2, Sesso: 73M/32F. ASA score: ASA 2 = 21/105 (20%), ASA III = 55/105 (52.4%), ASA IV = 29/105 (27.6%) Dal 2000 al 2005 la RC è stata eseguita con preparazione standard e senza valutazione pre-op multidiscliplinare, intervento e follow-up standard., TI al bisogno in 57 pazienti (Gruppo 1) .Dal 2005 al 2012 48 pazienti sono stati preparati all’intervento da un team multidisciplinare, hanno seguito “fast track” , l’intervento è stato mininvasivo, extraperitoneale, TI sempre (1 o > 1 gg), follow-up ravvicinato (1 mese Post-op) e dedicato(Gruppo 2).I parametri di valutazione sono stati: Mortalità (primi 30 gg) e percentuale di complicazioni, mediche e chirurgiche, degenza media, perdite ematiche.Stadio patologico: T1s + T1 11/105 (10.4%), T2b 15/105 (14.3%), T3a 24/105 (22.8%), T3b 37/105(35.2%) T4 18/105(17.1%). 23/105 pazienti (22%) erano N+ (pT3-T4). Lo stadio di malattia era bilanciato nei due gruppi, così come l’ASA. Risultati Follow-up medio:46.5 mesi (24-96).Mortalità:Gruppo1=4.7% vs 3.8% nel Gruppo 2. Mortalità a seconda dell’utilizzo della TI: 1,7% sempre vs 12% al bisogno.Degenza media:14.5 gg in Gruppo 1 vs 12.5 gg in Gruppo 2. Complicazioni: Gruppo 1 = 54.5% ( mediche 34.5%, chirurgiche 20%. re-interventi = 8.3%) Gruppo 2 = 36.8% ( mediche 22.4%, chirurgiche 14.4%. Re-interventi = 3.5%). Complicazioni secondo ASA: ASA II 11.8%, ASA III 50%, ASA IV = 38%. Complicazioni chirurgiche secondo la derivazione: Ureterocutaneostomia = 2.3% vs Bricker = 8.3% .Perdite ematiche medie durante RC: Gruppo 1 = 780cc Gruppo 2 = 350cc Discussione Nei pazienti anziani >80 anni con carcinoma della vescica l’intervento di RC è indicato. La sopravvivenza globale a 3 anni è del 40% mentre la sopravvivenza malattia specifica è del 50%. La qualità di vita di questi pazienti (testata con questionarioEORTC Q30) migliora significativamente. Conclusioni La preparazione del paziente all’intervento di RC con approccio multidisciplinare, l’intervento di RC minivasivo- extraperitoneale, l’utilizzo routinario della TI post-op e lo stretto Follow-up sono condizioni importanti per ridurre la mortalità, e le complicazioni nei pazienti di > 80 anni che ricevono la RC per carcinoma della vescica. 110 P110 86° Congresso Nazionale SIU IMPATTO DELLA DERIVAZIONE URINARIA SULLA SOPRAVVIVENZA CANCRO-SPECIFICA NEI PAZIENTI AFFETTI DA NEOPLASIA VESCICALE CON RISCONTRO PATOLOGICO DI LINFONODI POSITIVI Obiettivo: valutare l’impatto della derivazione urinaria sulla sopravvivenza cancro-specifica (CSS) nei pazienti affetti da neoplasia vescicale muscolo-invasiva sottoposti a cistectomia radicale (RC) con riscontro patologico di linfonodi positivi (N+). Methods: sono stati valutati retrospettivamente 210 pazienti consecutivi sottoposti a RC per neoplasia vescicale-muscolo infiltrante nel nostro Istituto tra il 1999 ed il 2011, nei quali è stata riscontrata all’esame istologico definitivo positività linfonodale. Tutti i pazienti sono stati sottoposti a derivazione urinaria con ureteroileocutaneostomia o neovescica ileale ortotopica. I dati clinici e patologici completi (incluso la stadio il grado, l’età, il sesso, il tipo di derivazione) ed il follow-up erano disponibili per 133 patients (63%). La CSS è stata valutata mediante metodo di Kaplan-Meier. Le analisi uni e multivariate (Cox regression) sono state utilizzate per verificare l’impatto della derivazione sulla CSS. Risultati: l’età media 68.2 yr (median: 68; range: 48-87). Di 133 patients, 24 (18%) erano femmine e 109 (82%) erano maschi. Tutti i pazienti presentavano malattia transizionale ad alto grado. Lo stadio patologico era pT2, pT3 and pT4 in 21 (15.7%), 69 (52%) e 43 (32.3%) pazienti rispettivamente. Lo stadio patologico dei linfonodi (in accordo con la Sixth Edition of TNM classification) era pN1 in 43 (32.4%), e pN2 in 90 (67.6%). Una ureteroileocutaneostomia è stata eseguita in 72 (54.2%) pazienti, una neovescica ileale ortotopica in 61 (45.8%). Il follow-up medio è stato di 71 months (median: 51; range 1-125). La 5-year CSS è stata pari a 55.7%. Stratificando le analisi sulla base della derivazione urinaria la 5-year CSS è stata pari a 56.3%, 54.7% per la ureteroileocutaneostomia e la neovescica ileale ortotopica, rispettivamente. Alla analisi multivariata sia l’età (HR 1.03, p=0.01) che il numero di linfonodi positivi (HR 1.04, p=0.02) erano associati ad una peggiore CSS. Dopo correzione per i possibili fattori di confondimento, le due derivazioni presentavano una simile CSS (p=0.9). Nessuna differenza statisticamente significativa è stata osservata nelle rimanenti varibili in esame (all p>0.2). Discussione: nei pazienti affetti da neoplasia vescicale muscolo-infiltrante con linfonodi positivi il tipo di derivazione urinaria con sembra avere un significativo impatto sulla sopravvivenza cancro-specifica. Conclusioni: questi risultati dovrebbero essere considerati al momento della scelta della derivazione urinaria nei pazienti con linfondi positivi. 111 P111 86° Congresso Nazionale SIU ANALISI DELLE VARIANTI RARE DEL CARCINOMA A CELLULE UROTELIALI DELLA VESCICA NEI PAZIENTI SOTTOPOSTI A CISTECTOMIA RADICALE: IMPATTO SULLA PROGNOSI Tommaso Cai1, Daniele Tiscione1, Giorgio Pomara2, Paolo Verze3, Marco Racioppi4, Gabriella Nesi5, Maurizio Brausi6, Mauro Gacci7, Paolo Gontero8, Francesco Francesca2, Fabio Campodonico9, Alchiede Simonato10, Savino Di Stasi11, Renzo Colombo12, Vincenzo Serretta13, Giorgio Carmignani10, Gianni Malossini1, Massimo Maffezzini9, Vincenzo Altieri14, Marco Carini7, Carlo Terrone15, Cesare Selli16, PierFrancesco Bassi4, Vincenzo Mirone3 and Riccardo Bartoletti17 Affiliation 1 - Department of Urology, Santa Chiara Regional Hospital, Trento, Italy. 2 - Urology Unit, Department of Endocrinology, S. Chiara Hospital, Pisa, Italy. 3 - Department of Urology, University Federico II, Naples, Italy. 4 - Department of Urology, University of Sacro Cuore, Policlinico Gemelli, Rome, Italy. 5 - Department of Pathology and Oncology, University of Florence, Italy. 6 - Department of Urology, New S. Agostino and Estense Hospital, Modena, Italy. 7 - Department of Urology, Careggi Hospital, University of Florence, Florence, Italy. 8 - Department of Urology, University of Turin, Turin, Italy. 9 - Urology Unit, Department of Specialty Surgery, EO Ospedali Galliera, Genoa, Italy. 10 - Department of Urology ‘L. Giuliani’, University of Genoa, Genoa, Italy. 11 - Department of Surgery/Urology, Tor Vergata University, Rome, Italy. 12 - Department of Urology, University Vita-Salute, Milan, Italy. 13 - Section of Urology, Maternal-Infant, Andrology and Urology Department, University of Palermo, Italy. 14 - Department of Urology, University of Salerno, Salerno, Italy. 15 - Division of Urology, ASO Maggiore della Carità University Hospital, University of Eastern Piedmont. 16 - Department of Urology, University of Pisa, Pisa, Italy. 17 - Department of Urology, Santa Maria Annunziata Hospital, University of Florence, Florence, Italy. Introduzione ed obiettivi Il carcinoma uroteliale muscolo-invasivo della vescica ha una costituzionale propensione alla differenziazione verso altre varianti istologiche più rare. Negli ultimi anni abbiamo assistito, inoltre, ad un aumento della prevalenza di queste varianti istologiche a causa di un più diffuso utilizzo di tecniche di immunoistochimica. Alcuni autori hanno anche ipotizzato che queste varianti rare, seppur con casistiche esigue, hanno una prognosi peggiore quando confrontate con il carcinoma uroteliale puro. Scopo di questo studio è la valutazione dell›impatto delle diverse varianti istopatologiche del carcinoma uroteliale della vescica sulla sopravvivenza dei pazienti sottoposti a cistectomia radicale, attraverso uno studio osservazionale multicentrico. Materiali e Metodi Tutti i campioni patologici di cistectomia radicale, raccolti dal Gennaio 2000 al Dicembre 2009, sono stati revisionati da patologi dedicati al fine di trovare le varianti istologiche rare del carcinoma uroteliale della vescica. Sono stati raccolti, retrospettivamente, tutti i dati clinici, patologici e strumentali al momento della cistectomia radicale ed al follow-up (Marzo 2013). Il major outcome measure era lo status al termine del followup. Abbiamo eseguito un’analisi multivariata al fine di valutare l’impatto di ogni fattore sulla prognosi ed è stata, inoltre, utilizzata l’analisi della sopravvivenza attraverso le curve di Kaplan Meier. Risultati e Limiti Nel periodo dello studio, da 17 Centri Italiani, sono state raccolte 368 varianti rare del carcinoma uroteliale della vescica da 3.392 cistectomie radicali. La prevalenza è stata del 10,8%. Analisi patologica ha mostrato: 104 carcinomi a cellule squamose, 35 carcinomi micropapillari, 35 carcinomi a cellule chiare, 32 adenocarcinomi, 26 carcinomi a piccole cellule, 69 carcinomi con differenziazione sarcomatoide, 6 nested type, 17 linfoepiteliomi, 21 carcinomi a cellule giganti e 23 indifferenziati. Inoltre, abbiamo trovato 11 pT1, 46 pT2, 76 pT3a, 40 pT3b, 195 pT4 e 36 N1, N2 41, 28 N3. 16 hanno, inoltre, mostrato un Cis associato. 46 pazienti su 368 erano stati sottoposti a chemioterapia adiuvante. Ad un follow-up medio di 116,3 mesi (da 19 a 121), 73 erano vivi e liberi da malattia, 59 vivi ma con progressione di malattia e 236 morti per la malattia (sopravvivenza media tempo di 11,5 mesi). La differenziazione squamosa è risultata la variante più comune ed è stata correlata con il più alto grado e stadio (r = 0.79, r = 0.81, rispettivamente, p <0.003). Inoltre, la variante con differenziazione sarcomatoide ha mostrato la prognosi peggiore. Discussione Il presente studio mette in evidenza che le varianti patologiche rare del carcinoma uroteliale della vescica sono specifiche entità cliniche e patologiche da tenere assolutamente in considerazione, poiché sono caratterizzate da una storia naturale specifica. Inoltre, abbiamo evidenziato che il carcinoma della vescica con differenziazione sarcomatoide mostra la prognosi peggiore. Conclusione Il presente studio raccoglie il maggior numero di casi di varianti patologiche rare del carcinoma uroteliale della vescica e mette in evidenza che queste entità patologiche hanno una specifica storia naturale molto diversa P112 86° Congresso Nazionale SIU IL TIPO DI DERIVAZIONE URINARIA ( CONDOTTO ILEALE vs NEOVESCICA) HA UN’INFLUENZA SULLA MORBILITA’ DOPO CISTECTOMIA RADICALE? ANALISI COMPARATA SU 134 PAZIENTI. Obiettivo Confrontare la morbidità di un condotto ileale (IC) con quella della neovescica (NB) eseguite dopo cistectomia radicale (RC). Materiali e metodi Nel nostro istituto sono stati raccolti i dati di più di 400 pazienti sottoposti a cistectomia radicale tra il 2001 e il 2011, creando quindi un database retrospettivo. L’indicazione all’esecuzione della cistectomia radicale ha seguito le linee guida; in tutti i casi si è proceduto con la tecnica standard attraverso un accesso laparotomico. L’IC è la derivazione urinaria standard, preferendo confezionare una NB (vescica ileale padovana, VIP), nei pazienti con tumori <= cT2/T3a senza il coinvolgimento dell’uretra prostatica e nei pazienti giovani e in buona salute. Per questo studio sono stati analizzati 223 pazienti sottoposti a RC con successiva IC e 115 pazienti con NB. Tenendo in considerazioni i seguenti parametri (età,sesso, fumo, Charlson Comorbidity Score, uso di antiaggreganti o di terapia anticoagulante orale, ASA score, la presenza di idroureteronefrosi, stadio T e l’esecuzione di una linfoadenectomia), attraverso un modello di regressione logistico, è stato generato un Propensity score, che ha reso possibile eseguire un confronto diretto fra i due gruppi di pazienti aventi caratteristiche pressoché uguali. E’ stata quindi comparata la morbilità intra e post-operatoria tra i due gruppi. Risultati Sono stati selezionati 134 pazienti, 67 sottoposti a NB, 67 a IC e confrontati fra loro in accordo ai parametri sopra citati. La tabella riassume il confronto tra i fattori presi in considerazione (pts-pazienti). Discussione Generalmente, la NB non viene proposta ai pazienti con molteplici comorbidità, per paura delle complicanze, e neppure in pazienti con malattia in stadio avanzato, data la possibilità di dover necessitare in un secondo momento di una radioterapia del distretto pelvico. Quindi, l’indicazione alla derivazione urinaria versus neovescica è strettamente correlata alle caratteristiche del paziente e della malattia; come indirettamente ha mostrato la selezione, su 223 pazienti con IC e 115 con NB, è stato possibile fare un confronto solo su 134 pazienti. Nello studio presentato, usando una match pair analysis, abbiamo potuto generare 2 gruppi di pazienti con caratteristiche pre-operatorie ed estensione della malattia pressoché uguali, che differiscono esclusivamente per il tipo di derivazione urinaria eseguita (IC vs NB) . Il confronto dell’outcome postoperatorio dimostra che, sotto le stesse condizioni, la morbidità dell’IC e della NB si sovrappongono, ad eccezione della durata del ricovero. Tale dato risulta maggiore per la NB, probabilmente in ragione della nostra scelta di dimettere I pazienti solo dopo la rimozione del catetere vescicale, che viene mantenuto in sede per almeno 2 settimane. Conclusioni La morbilità per RC non sembra essere dipendente dalla scelta di eseguire IC vs NB. dalla variante uroteliale pura, con risvolti importanti sulla prognosi dei pazienti. 112 113 86° Congresso Nazionale SIU IC male gender 86.6% (58/67) P113 NB 85.1% (57/67) p 1.000 age 63.9+/-8.8 yrs 63.5+/-6.7 yrs 0.767 ex 23.9% (16/67) 22.4% (15/67) 0.976 smoking no 43.3% (29/67) 44.8% (30/67) yes 32.8% (22/67) 32.8% (22/67) ASA class 0.750 1 1.5% (1/67) 0 2 55.2% (37/67) 52.2% (35/67) 3 40.3% (27/67) 44.8% (30/67) 4 3.0% (2/67) 3.0% (2/67) preoperative hydronephrosis 19.4% (13/67) 22.4% (15/67) 0.832 anticoagulant/ antiaggregant therapy 20.9% (14/67) 20.9% (14/67) 1.000 0 37.3% (25/67) 37.3% (25/67) 1 23.9% (16/67) 19.4% (13/67) >1 38.8% (26/67) 43.2% (29/67) Charlson index pT3-4 LAD 0.718 38.8% (26/67) 98.5% (66/67) 40.3% (27/67) 98.5% (66/67) 1.000 1.000 86° Congresso Nazionale SIU SIGNIFICATO CLINICO DELLE CELLULE TUMORALI CIRCOLANTI NEI PAZIENTI SOTTOPOSTI A CISTECTOMIA RADICALE PER CARCINOMA DELLA VESCICA: RISULTATI A LUNGO TERMINE A. salerno, P. Ancona, R. Spadavecchia, G. De Rienzo, A. Pagliarulo, V. Pagliarulo (bari) Scopo del lavoro Ad oggi non esistono biomarcatori cinicamente validi per definire il rischio di progressione del tumore di vescica.Sappiamo che la cistectomia radicale è il trattamento di elezione dei carcinomi uroteliali localmente avanzati,ma che circa il 50% dei pz con stadio pT2-4 sviluppa metastasi a distanza entro 2 anni dalla chirurgia.Nella nostra esperienza l’espressione di cellule tumorali circolanti (CTC) nel sangue periferico dei pazienti ad alto rischio di progressione si è già rivelata utile nell’individuare i pazienti a più alto rischio di malattia sistemica.Riportiamo i risultati dopo un follow-up a lungo termine. Materiali e metodi La popolazione oggetto di studio è rappresentata da 59 pazienti sottoposti a cistectomia radicale per neoplasia vescicale di vari stadi patologici,prospetticamente monitorati.Dal sangue periferico di questi pazienti,prelevato previo consenso informato,prima della chirurgia e crioconservato a -80°C,è stato estratto RNA con soluzione TRIZOL secondo specifico protocollo.Su tale RNA è stata successivamente eseguita RT-PCR utilizzando primers specifici per citokeratina 7 (CK7) e uroplakina II (UPII).I pazienti positivi a tali reazioni sono stati definiti CTC+.Abbiamo correlato la percentuale di CTC+ deceduti per cancro rispetto a quelli deceduti per altre cause.Il test statistico utilizzato è stato chi-quadro non parametrico. Risultati Ad un follow-up medio di 90 mesi,dei 59 pazienti in esame,35(59.32%)sono deceduti e di questi 27(45.76%) per tumore vescicale e 8 per altre cause.Dei CTC+(21/59),solo un paziente è risultato vivo senza malattia. Infatti,17/27 pazienti deceduti per tumore erano anche CTC+(62.96% CI 0.62+/-0.07),mentre 3/8 pz deceduti per altre cause presentavano CTC nel sangue periferico(37.50% CI 0.37+/-0.12).Tale differenza è risultata statisticamente significatica (p Discussione Nella nostra esperienza, dopo un follow-up a lungo termine, la presenza di CTC nel sangue periferico di pazienti affetti da neoplasia localmente invasiva ma non ancora sistemica, correla molto bene con lo stadio della malattia e con l’outcome clinico. Conclusioni L’utilizzo delle CTC nella pratica clinica potrebbe essere d’aiuto ad individuare quei pazienti che possono beneficiare di un trattamento sistemico precoce. 114 115 P114 86° Congresso Nazionale SIU Risultati cosmetici e sessuali nella cistectomia radicale laparoscopica con assistenza transvaginaleNOTES Giovannalberto Pini, Stefano Alba, Vincenzo Maria Altieri, Ascalone Luigi, Paolo Fornara and Francesco Greco Reparto di urologia e centro trapianti renale, Università Martin-Lutero Halle/Wittenberg, Halle/Saale, Germania OBBIETTIVO: Valutare in risultati cosmetici e la soddisfazione sessuale postoperatoria in seguito a cistectomia radicale laparoscopica (LRC) con assistenza transvaginale (Tv) in pazienti affette da carcinoma uroteliale della vescica. MATERIALI E METODI: Da Dicembre 2011 e Giugno 2013, 7 pazienti affette da carcinoma della vescica muscolo invasivo non metastatico (MITCC) o ad alto rischio (pT1G3+CIS) sono state sottoposte a TV-LRC. Il gruppo è stato accoppiato per età, body mass index, numero di parti, ASA Score, indice di coomorbidità Charlson, stadiazione patologica e grading con due gruppi controllo di pazienti sottoposti a cistectomia radicale open (ORC: 10 pazienti) e laparoscopica (LRC: 10 pazienti). Sono state ricavate le varibilie demografiche e perioperatorie e la soddisfazione cosmetica e sessuale (Femaul Sexual Function Index – FSFI) postoperatoria. RESULTATI: Il tempo operatorio medio, il giorno di mobilizzazione e di dimissione ed il numero di linfonodi rimossi sono risultati comparabili. Le perdite ematiche sono state minori in Tv-LRC e LRC rispetto a ORC (p.02). La Tv-LRC non ha presentato infezioni o fistole vaginali e le complicanze sono state comparabili con gli altri gruppi. Alla dimissione il dolore postoperatorio medio (VAS-Visual analogue score) (Tv-LRC: 2,0±0,8) è stato comparabile in tutti i gruppi (p.54). La soddisfazione cosmetica nel Tv-LRC (Tv-LRC: 3,4±0,5) è risultata superiore alla ORC (1,8±0,8; p.012) e alla LRC (2,6±0,5; p0.32). Con un follow up differente (TvLRC: 10,3±1,7; ORC: 38.2±15,1; LRC:21,4±7,1; p.02) tutte le pazienti sono vive senza segni di recidiva e assenza di metastasi vaginali e in sede di porte d’accesso. Le pazienti sessualmente attive sono state 5,7e 7 in Tv-LRC, ORC e LRC con una riduzione significativa (p.03) dell’indice-FSFI di 5,1±1,5, 6,7±1,3 e 5,5±0,9. In particolare si è mostrata una riduzione spiccata della capacità orgasmica e lubrificatoria, mentre la capacità eccitatoria è stata conservata e non si è assenza di dispareunia. P115 86° Congresso Nazionale SIU LAPAROSCOPIC AND ROBOT-ASSISTED RADICAL CYSTECTOMY AND URINARY DIVERSION: G. zeccolini, D. Del Biondo, S. Ricciardulli, A. Celia (Bassano del Grappa) Aim of the study Laparoscopic radical cystectomy with intra or extracorporeal urinary diversion is still technically challenging for urologists, even with a long experience in laparoscopy. This technique was proved to be feasible and now it is approaching standardization. We describe our experience with this procedure in 45 patients, focusing on the results and complications, according to Clavien classification system revised by Dindo. Materials and methods From March 2006 to January 2013, 50 Patients (38 men and 12 women) underwent laparoscopic radical cystectomy (LRC) with extracorporeal urinary diversion (UD) for transitional cell carcinoma of the bladder. The last 15 ones had robot-assisted laparoscopic radical cystectomy (RRC). 20 patients received ortotopic neobladders (10 VIP, 8 Y, 1 Camey II and 1 Reddy), 25 ileal conduit (Bricker and Wallace) and 5 ureterostomy. Here we report our experience with this technique with special concern to the technical points that may make the procedure more feasible and reproducible and focusing on the results and the complications. Results The mean total operative time was 370 minutes for the LRC including extended pelvic lymphadenectomy and 440 minutes for the RRC, including pelvic lymphadenectomy. The mean operative time for laparoscopic cystectomy was 142 minutes, the mean blood loss was 407 ml. ASA score was third grade in the most patients. About half of the patients had complications of type I by Clavien, such as fever and pain. The transfusion rate was 28.9% (Clavien II). 23/50 Patients (46%) had complications of Clavien IIIa (wound dehiscence 12%, abdominal pain 12%, dyspnea 8%, pain in the leg 8%, pelvic lymphocele 4%, hematemesis 2%). One patients (2%) had urinary leakage due to accidental removal of a ureteral stent, managed surgically; 8 (16%) underwent laparotomy: five because of leakage from the intestinal anastomosis and three because of retroperitoneal hematoma (Clavien IIIb). 2 Patients (4%) had respiratory failure (Clavien IVa). 2 patients (4%) had multi-organ dysfunction (Clavien IVb) and 1 Patient (2%) died in the postoperative period due to fecal fistula and septicemia (Clavien V). In only one case the procedure for cystectomy needed conversion from laparosocopy to laparotomy. The patients were dismitted after 12 average days (range 7-25) The histopathological analysis revealed no residual malignancy after TURB in 20% of patients, organ confined transitional cell carcinoma in 57.6% and locally advanced disease in 22.1%. All patients had negative surgical margins. Extended lymphadenectomy (18 lymphonode average) detected lymph node metastasis in seven patients. Discussion Laparoscopic-assisted radical cystectomy is feasible and reproducible procedure with oncological results and complication rate equivalent to open procedure, but with the advantages of minimally invasive surgery. Conclusions It is still technically challenging and must be confined to centers with long experience in laparoscopy. CONCLUSIONE L’approccio transvaginale è una opzione miniinvasiva potenzialmente eseguibile in caso di LRC e donne giovani multipare. Sembra migliorare il risultato estetico, non è relazionato a complicazioni vaginali o aumentato rischio di “seeding” metastatico e non influenza direttamente la funzionalità sessuale, pittosto peggiorata dalla cistectomia di per se. Una selezione accurata delle pazienti è fondamentale. 116 117 P116 86° Congresso Nazionale SIU 86° Congresso Nazionale SIU CISTECTOMIA RADICALE LAPAROSCOPICA ROBOT-ASSISTITA NEL TRATTAMENTO DEL CARCINOMA VESCICALE INVASIVO: LA NOSTRA ESPERIENZA. F. Gaboardi, S. Ranzoni, V. Varca, A. Granata, F. Scieri, F. Pietrantuono, A. Gregori, G. Incarbone, A. Romanò (Milano) Scopo del lavoro La cistectomia radicale open rappresenta il trattamento chirurgico standard per il carcinoma vescicale infiltrante e in casi selezionati di carcinoma non invasivo refrattario alle terapia intravescicali. La tecnica laparoscopica robot-assistita è un’opzione terapeutica sempre più impiegata. Riportiamo i risultati della nostra esperienza. Materiali e metodi Dal 6/2011 al 4/2013 21 pazienti (16 maschi e 5 donne) sono stati sottoposti a cistectomia radicale laparoscopica robot-assistita per carcinoma vescicale (pregressa diagnosi di T1G3 in 6 casi,di T2 in 14 e in uno, precedentemente sottoposto a prostatectomia radicale, sospetta infiltrazione vescicale da neoplasia prostatica). L’età media dei pazienti era 62,5 anni (range 50-83). Le comorbilità presenti erano: cardiopatia ischemica (n:1), vasculopatia (2), ipertensione arteriosa (9), diabete mellito (2), BPCO (2), obesità (1); pregressa chirurgia addominale (4). Nella tabella 1 sono elencate le procedure e le derivazioni effettuate; tutti i pazienti sono stati sottoposti a linfoadenectomia pelvica estesa. Risultati I tempi operatori totali medi sono stati di 342 minuti (range 210-478) e le perdite ematiche medie sono state di 350 ml (range 50-1000).Non si sono verificate complicanze intraoperatorie. La degenza è stata di 17.1 giorni (range 9-37). I giorni in Terapia Sub- Intensiva sono stati 0.9 (range0-3). La ripresa dell’alimentazione è avvenuta in media in 8° giornata. Il n. medio di trasfusioni di emazie è stato 0.4 (range 0-4). L’esame istologico ha diagnosticato un ca. uroteliale in 20 pazienti (v.tab. 2); un caso è risultato positivo per carcinoma scarsamente differenziato con immunoistochimica positiva per adenoca. prostatico. Il n. medio di linfonodi asportati è stato 19.4 (range 12-36) e in 3 casi positivi per metastasi.E’ stato riscontrato un margine chirurgico positivo a livello della sezione uretrale solo in una paziente che successivamente è stata sottoposta a uretrectomia . Il follow up medio è di 10 mesi (range 2-22). 4 pazienti sono stati sottoposti a chirurgia entro 30 giorni per deiscenza della ferita chirurgica (n: 3) e per occlusione intestinale (n:1); in un caso è stata applicata una nefrostomia per riscontro di stenosi dell’anastomosi uretero-ileale. Discussione La cistectomia radicale laparoscopica robot-assistita combina la mini-invasività della laparoscopia con i vantaggi tecnici legati all’impiego del robot. I nostri risultati iniziali sono stati incoraggianti, con una bassa percentuale di complicanze peri-operatorie e di margini chirurgici positivi. Il follow up è a breve termine e sono necessari ulteriori dati per confermare la validità dei risultati oncologici iniziali. Conclusioni La cistectomia radicale laparoscopica robot-assistita rappresenta un’opzione chirurgica fattibile e promettente per il trattamento del carcinoma vescicale; sono necessari risultati a lungo termine e una più ampia casistica per confermarne i vantaggi e l’efficacia oncologica e funzionale. 118 119 P117 86° Congresso Nazionale SIU P118 86° Congresso Nazionale SIU MINIMALLY INVASIVE INTRACORPOREAL URINARY DIVERSION AFTER ROBOTIC RADICAL CYSTECTOMY IN PATIENTS WITH TRANSITIONAL CELL CARCINOMA OF THE BLADDER ANGIOPLASTICA PERCUTANEA TRANSLUMINALE (PTA) E STENTING NELLE STENOSI DELL’ARTERIA RENALE POST TRAPIANTO (TRAS): ESPERIENZA MONOCENTRICA R. Nucciotti, F. Costantini, F. Mengoni, F. Viggiani, A. Bragaglia, M. Gnech, G. Passavanti, R. Ponchietti, C. Brunettini, V. Pizzuti (Grosseto) E. DATTOLO, V. Li Marzi, M. Marzocco, C. Paoletti, N. Stomaci, G. Santoro, D. Villari, G. Nicita (FIRENZE) Scopo del lavoro Robot-assisted radical cystectomy (RARC) and laparoscopic radical cystectomy (LRC)are becoming increasingly widespread for the treatment of bladder tumor. We present our technique of intracorporeal urinary diversion and present oncological and functional outcomes focusing specifically on the oncological parameters and comorbidity of the procedures. Materiali e metodi Single hospital case series from 2009 to 2012 including 46 selected patients with high grade and/or muscle invasive urothelial cancer of the bladder without clinical evidence of limph-node involvement and an American Society of Anesthesiologists (ASA) score < 4. Group A (N=31) underwent robotic intracorporeal neobladder after robotic radical cystectomy, whereas group B (N=15) anderwent laparoscopic ileal conduit after laparoscopic cystectomy. The two group were demographically comparable. We evaluated the mean age, clinical stage, operative time, blodd loss, intracorporeal complication and trasfusion, type of diversion, time of catheterization, analgesic consumption, start of oral nutrition, rate of postoperatorive complication, lenght of hospital stay, pathologic diagnosis of the specimen, number of lymph nodes removed, and the oncologic outcome. Risultati The mean operative time was 320 minutes (range: 280-380 minutes) for group A and 280 minutes (range: 260-310minutes) for group B. The mean blood loss was 640 mL (range: 370-810 mL) in group A and 410 mL (range: 300-650 mL) in group B. The mean of lymph nodes removed was 18 (range: 16-21) for group A and 13 (range: 11-16) for group B. Five patients were diagnosed with positive lymph nodes. Surgical margins were clear in all but one patient. Early complications occurred in 8 patients. Median postoperative stay was 14 d (range: 12-18). Scopo del lavoro Le TRAS incidono dall’1,8 al 25%. Possono causare ipertensione arteriosa e riduzione della funzionalità renale. Scopo dello studio è la valutazione retrospettiva della nostra esperienza. Materiali e metodi L’esame ecocolordoppler a 269±636 giorni dall’intervento ha evidenziato TRAS in 74(8,9%) su 828 trapianti. In 56 casi si è eseguita angiografia selettiva, in 51 PTA e STENTING e in 1 PTA. In 4 casi non sono state necessarie manovre endoluminali. Nel 60% dei casi la TRAS era situata nel tratto prossimale dell’arteria renale. I valori della pressione arteriosa, creatininemia, GFR e i parametri Vmax e IR dell’ecocolordoppler sono stati valutati prima e dopo il trattamento. Il follow up medio è stato 1997±1765 giorni. Risultati In 1(1.9%) caso su 51 un’importante complicanza emorragica durante la procedura ha richiesto l’espianto immediato del rene. Una re-stenosi si è verificata in 8(17%) casi; 4 ritrattati con PTA, 2 PTA e STENTING e 2 con terapia medica. L’ecocolordoppler di controllo ha mostrato riduzione della Vmax da 336,5±80,9 a 159,65±59,1 cm/sec(P Discussione L’ecocolordoppler è l’esame di scelta per la diagnosi di TRAS. L’angiografia conferma la diagnosi e consente, con bassa incidenza di gravi complicanze, l’efficace trattamento con PTA ed eventuale stenting. Conclusioni Nel nostro centro la PTA con stenting è la terapia di elezione delle TRAS critiche. Discussione The numbers of robotic series are still limited. However, various technical procedures have been described concerning both the radical cystectomy (radical cystoprostatectomy, nerve sparing and prostate sparing cystectomy and anterior exentration) and the type of urinary diversion (ileal conduit, continent pouch and neobladder). Benefits include decreased blood loss and decreased pain which would finally translate in early recovery and faster return to normal activities especially in patients with peri-operative morbidity including the obese and elderly. Conclusioni Laparoscopy/robotic assisted radical cystectomy and minimally invasive intracorporeal urinary diversion is a safe procedure, like open surgery, but it offers the advantage of minimal invasiveness, represented by reduced analgesic consumption and early recovery of peristalsis with rapid oral nutrition. 120 121 P119 86° Congresso Nazionale SIU P120 86° Congresso Nazionale SIU THE MANAGEMENT OF URETERO-PELVIC JUNCTION (UPJ) SYNDROME IN KIDNEY TRANSPLANTATION: A RETROSPECTIVE TRIAL. LE CARATTERISTICHE CLINO-PROGNOSTICHE DEL CARCINOMA A CELLULE RENALI INSORTO NEI RENI NATIVI DEI PAZIENTI TRAPIANTATI DI RENE: UNO STUDIO CASO-CONTROLLO A. Bosio, E. Dalmasso, F. Lasaponara, E. Alessandria, G. Pasquale, O. Sedigh, B. Frea (Torino) M. Sodano, L. Cristinelli, N. Arrighi, S. Sandrini, C. Simeone, S. Cosciani Cunico, A. Alessandro (Brescia) Aim of the study A post-operative uretero-pelvic junction (UPJ) syndrome occurs in about 1% of renal transplants. When a diagnosis is done before kidney transplantation a corrective bench surgery should be considered. The aim of our study is to identify the optimal management of UPJ syndrome when it is clinically diagnosed after kidney transplantation. Scopo del lavoro I pazienti trapiantati di rene hanno un elevato rischio di sviluppare neoplasie, ad oggi la seconda causa di morte nei trapiantati, ed in particolare è stata dimostrata un’elevata incidenza di neoplasie renali dei reni nativi. Tra le cause identificate le più importanti sono la terapia immunosoppressiva, il periodo trascorso in dialisi prima del trapianto e la degenerazione cistica dei reni nativi (ACKD). Lo scopo di questo lavoro è quello di analizzare le caratteristiche clinico-prognostiche del tumore a cellule renali che insorge nei pazienti trapiantati, confrontandolo con la neoplasia renale che insorge nei pazienti non trapiantati. Materials and methods We have retrospectively analyzed the data of the 1412 renal units transplanted from 1999 to 2010 in the Kidney Transplantation Center of Turin. Lich-Gregoir uretero-vesical anastomosis technique and a 4.8 Fr antirefluxive ureteral stent are routinely used. We have observed 13 cases of UPJ syndrome diagnosed after renal transplantation. Results Uretero-pelvic junction syndrome occurred in 0.9% of renal transplanted units. Diagnosis was made in media 7,7 months (from 1 to 24 months) after kidney transplantation. In 54% of cases UPJ syndrome was diagnosed at removal of ureteral stent placed during renal transplantation. Serum creatinine was 2.68 mg/ dL ± 0,6 at diagnosis and increasing in all cases. Placement of a nephrostomy tube allowed to recover graft function and to obtain a contrast study of the urinary tract in all patients. Anterograde pyelography showed 9 severe and 4 moderate obstructions. A primary percutaneous approach was chosen in 8 patients: a ureteral stent was placed in 6 cases and a balloon dilation was performed in 2. A surgical treatment was chosen at first in 5 patients and in 6 more patients after failure of percutaneous treatment. Y-V UPJ plasty was performed in 5 cases and reconstruction with upper native urinary tract in 6: 4 pyelo-ureteral, 1 pyelo-pielic and 1 calico-ureteral anastomoses. Long-term overall success rate of percutaneous approach was 25%: 50% in case of balloon dilation and 17% in case of simple ureteral stent placement. Surgery was successful in 92% of cases. A pyelo-ureteral anastomosy with native urinary tract was successfully performed after failure of a Y-V UPJ plasty in one patient. A persisting obstruction after pyelo-pyelic anastomosis was treated by indwelling ureteral stent in one case. Y-V UPJ plasty was successful in 80%, reconstruction with native upper urinary tract in 86%, pyelo-ureteral anastomosis in 100%. Overall success rate of UPJ syndrome treatment with our approach was 92%. 85% of successfully treated patients underwent surgery. There was no graft or patient loss. An indwelling ureteral stent allows maintenance of normal graft function in the only patient who failed surgery. Discussion Surgery obtained better results in the treatment of UPJ syndrome compared to percutaneous approach according to our data. Pyelo-ureteral anastomosis seemed especially effective and demonstrated the best success rate, followed by Y-V UPJ plasty. Materiali e metodi Analisi retrospettiva di un database che raccoglie i dati di oltre 1250 pazienti trapiantati di rene in un lasso di 30 anni. Tra questi sono stati identificati tutti i pazienti che hanno sviluppato una neoplasia renale parenchimale dei reni nativi (20), confrontandoli con i dati di 1104 pazienti che sono stati sottoposti a nefrectomia radicale per neoplasia renale presso la divisione di Urologia dello stesso centro (escludendo i casi con metastasi alla diagnosi o con neoplasia renale bilaterale). Nel nostro studio caso-controllo a ogni caso di neoplasia renale nei pazienti trapiantati è stato messo in relazione con 2 casi di neoplasia renale insorta nei non-trapiantati, con lo stesso stadio (TNM), grado e istotipo. La valutazione statistica delle variabili continue è stata effettuata con t-test o u-test rispettivamente. Il paragone tra i singoli parametri è stato fatto utilizzando il χ2 test; La cancer specific survival è stata valutata utilizzando il log-rank test. Risultati I risultati sono mostrati in tabella 1. I risultati dello studio caso-controllo sono invece in tabella 2. A causa dello scarso numero di pazienti in alcuni gruppi non per tutte le variabili si è potuto ottenere un perfetto match statistico, ma la significatività statistica è stata comunque garantita. Discussione Il carcinoma a cellule renali nei reni native dei pazienti sottoposti a trapianto di rene è più frequente nei pazienti maschi che non nella popolazione generale, e questo rischio aumenta con l’età. C’è una prevalenza delle varianti papillari e cromofobe (spesso miste e multifocali). Nessuna differenza è stata trovata nella prognosi e dei due gruppi (per neoplasie dello stesso stadio, grado e istotipo). Conclusioni La neoplasia renale non sembra presentare una prognosi peggiore nei pazienti trapiantati di rene, nonostante la terapia immunosoppressiva. Questo probabilmente grazie ai frequenti controlli cui questi pazienti sono sottoposti che permettono una diagnosi, ed un trattamento, precoce. Conclusions Surgery (Y-V UPJ plasty and pyelo-ureteral anastomosis) should be considered the treatment of choice in severe UPJ obstruction after renal transplantation. A percutaneous approach should be attempted in case of moderate obstruction. 122 123 P121 86° Congresso Nazionale SIU P122 86° Congresso Nazionale SIU PCR- BASED DETECTION FOR MICROCHIMERISM AND GRAFT OUTCOME IN KIDNEY TRANSPLANT RECIPIENTS ANASTOMOSI URETERO-URETERALE LAPAROSCOPICA: DECRIZIONE DELLA NOSTRA TECNICA E RISULTATI CHIRURGICI E FUNZIONALI T. Chini, D. Villari, M. Zanazzi, S. Caroassai Grisanti, P. Pinzani, F. Salvianti, E. Buti, C. Cini, M. Paoletti, A. Delle Rose, G. Nicita (Firenze) C. MECCARIELLO, D. TAGLIALATELA, M. FEDELINI, A. OLIVA, L. PUCCI, C. IMBIMBO, P. VERZE, V. MIRONE, P. FEDELINI (NAPOLI) Aim of the study Microchimerism (MC) is the presence of a small amount of foreign cells or DNA within a person’s circulation or tissues. In transplant recipients it seems to be critical for the development and maintenance of immunological tolerance. Nevertheless, natural and/or iatrogenic MC can also be acquired prior to transplantation, deriving from pregnancy or blood transfusion. Aim of this study was to analyse the possible influence of donor MC after kidney transplantation for possible tolerance mechanism purposes. Scopo del lavoro Obiettivo dello studio: analisi retrospettiva delle anastomosi laparoscopiche uretero-ureterali (LUUA) praticate in un singolo centro per il trattamento delle stenosi ureterali (SU). Materials and methods We studied 12 female (mean age 47 ±8.5 years) recipients of a first renal transplant (RTR) from a male donor. All the patients received cyclosporine, steroids, Mycophenolate mofetil and basiliximab as induction. They were prospectively studied by a quantitative real time PCR method (qPCR) for male MC detection in plasma DNA based on the detection of the DYS14 gene sequence on the Y-chromosome. Y-related DNA sequence can be considered as a cell-death marker released from necrotic or apoptotic cells in the transplanted organ or donor-derived haemopoietic cells in the recipient’s blood or other tissues. Persistence of donor DNA in recipient plasma was assessed at day 15 and months 12 after transplantation. A pretransplant blood sample was collected from each patient and used as negative control. Results • Mean serum creatinine was 1.36±0.35 mg/dl and mean GFR 74±15.5 ml/min 1 year after transplantation. • No acute rejection episode was documented. • The median of HLA mismatches was 3 (range 2-5) • No Y-related DNA was detected in pre-transplant samples. • Mean DNA quantity after 15 days resulted 0.80±0.69 ng/ml plasma corresponding to 121.8±104,8 genome equivalents/ml plasma. • A 5-fold decrease was recorded in mean plasma Y-related DNA at month 12, resulting 0.15±0.26 ng/ml plasma (23.1±40.0 genome equivalents/ml plasma) . It is worth to note that most of the patients (80%) had levels of donor DNA below 10 genome equivalents/ml plasma at month 12. Discussion . Conclusions Donor-specific DNA sequences are present in the plasma of all patients 15 days after transplant. A marked decrease in plasma DNA donor concentration was recorded after 1 year. We observed no acute rejection. The absence of acute rejection episodes in these patients prevents a complete clinico-immunological correlation. Materiali e metodi 12 pazienti son stati sottoposti a LUUA per via transperitoneale tra il 2008 ed il 2011. Da quest’analisi son stati esclusi i pazienti precedentemente sottoposti a pieloplastica o reimpianto ureterale laparoscopico. Tutte le procedure chirurgiche sono state praticate col paziente in decubito laterale previa ureterografia retrograda e posizionamento di un sondino a ridosso della stenosi. Identificato, l’uretere viene isolato, sezionato nel suo tratto stenotico e spatulato su entrambi i versanti. Infine, praticata l’anastomosi (su catetere ureterale) con tecnica tension-free, l’uretere viene ricoperto dal peritoneo parietale a protezione da fenomeni flogistici peritissutali che potrebbero causare recidive. Al termine dell’intervento è stato posizionato uno stent pieloureterale doppioJ. Risultati L’indicazione alla LUUA è stata la SU iatrogena, congenita, endometriosica e da litiasi ureterale inveterata rispettivamente nel 17, 17, 8 e 58% dei casi. Nel 67% si trattava di pazienti di sesso femminile, nel 58% il lato interessato era il destro e nel 92% la SU aveva avuto un esordio clinicamente sintomatico. La SU è stata sempre diagnosticata e documenta con uro-TC. Tempo operatorio e perdite ematiche sono state in media rispettivamente 110 min (range 90-210 min) e 30 ml (range 0-100 ml). Follow-up e ospedalizzazione media sono stati rispettivamente di 32 mesi (range 13-60 mesi) e 5 giorni (range 3-8 giorni). Lo stent pieloureterale è stato rimosso in media dopo 5 settimane (range 4-8 settimane). I risultati sono stati eccellenti in 10 (83%) casi: in un paziente si è sviluppata una pielonefrite da reflusso vescicoureterale, in un altro paziente si è presentata una recidiva della stenosi ureterale. Gli outcomes intra e postoperatori sono stati racccolti in un database e riportati nella tabella 1. Discussione La ricostruzione ureterale è una delle procedure più impegnative in urologia poiché la patologia di base, la localizzazione e la lunghezza della stenosi ureterale rendono l’approccio chirurgico sempre unico ed individuale. La possibilità di trattare per via laparoscopica le SU permette una soluzione mini-invasiva anche per casi molto complessi. L’uro-TC con ricostruzione tridimensionale rimane l’indagine più accurata ma l’ureterografia retrograda preoperatoria è tutt’ora molto utile per precisare la localizzazione della stenosi. Al fine di meglio localizzare e delimitare la stenosi ureterale, la fase diagnostica è arricchita dall’ureterografia anterograda transnefrostomica e/o dall’ureteroscopia flessibile intraoperatoria con indicatore luminoso. Conclusioni L’uretero-uretero anastomosi laparoscopica è un’opzione sicura ed efficace nel trattamento delle SU specie nei pazienti sottoposti ad un precedente trattamento infruttuoso endourologico (endoureterotomia, dilatazione con palloncino, laser). 124 125 P123 86° Congresso Nazionale SIU USO ENDOSCOPICO DELLA COLLA DI FIBRINA NEL TRATTAMENTO DELLA CISTITE EMORRAGICA SEVERA SUCCESSIVA A TRAPIANTO ALLOGENICO DI CELLULE STAMINALI EMATOPOIETICHE. P. Bove, M. Tirindelli, G. Flammia, F. Sergi, R. Cerretti, L. Cudillo, A. Picardi, G. De Angelis, F. Celestino, V. Iacovelli, W. Arcese, G. Vespasiani (Roma) Scopo del lavoro I pazienti sottoposti a trapianto di cellule staminali ematopoietiche sono particolarmente esposti al rischio di sviluppare una cistite emorragica con caratteristiche cliniche variabili dalla franca ematuria all’insufficienza renale. La cistite emorragica può ridurre notevolmente la qualità della vita divenendo, in taluni casi, intrattabile e letale per il paziente. Il trattamento della cistite emorragica non è stato ancora chiarito in maniera univoca. In questo studio prospettico, abbiamo usato colla di fibrina, un agente emostatico derivato dal plasma umano, per trattare 34 pazienti con cistite emorragica post-trapianto refrattaria alle terapie standard. Materiali e metodi Da Gennaio 2006 a Ottobre 2012, 1116 pazienti (249 bambini e 867 adulti) sono stati sottoposti a trapianto di cellule staminali ematopoietiche presso il centro trapianti di Roma. Tra gli adulti, 554 hanno ricevuto un trapianto autologo senza sviluppare cistite emorragica. Dei 313 pazienti sottoposti a trapianto allogenico, 45 (14%) hanno sviluppato una cistite emorragica; in 34 casi di grado II o superiore (grado: II n=10, III n= 21, IV n=3). Tutti questi pazienti refrattari alla terapia convenzionale per cistite emorragica sono stati trattati con colla di fibrina. Attraverso un cistoscopio e un insufflatore di anidride carbonica si è ottenuta una pneumocistoscopia con pressione endovescicale costante di 12 mmHg. La colla di fibrina è stata diffusamente applicata sulle superfici ulcerate e sanguinanti della mucosa vescicale attraverso un applicatore endoscopico. La risposta è stata valutata a 10, 30 e 60 giorni dalla prima applicazione di colla di fibrina. Risultati Il numero di applicazioni di colla di fibrina è stato di 1 in 21pazienti, 2 in 10 e 3 in 3 con un volume medio di 10.8 ml (range, 6.3-16). Il dolore pelvico è scomparso nelle prime 24 ore dalla applicazione della colla di fibrina in tutti i pazienti e la remissione completa, definita come la scomparsa di tutti i sintomi e di ematuria, valutata a 10, 30 e 60 giorni è stata ottenuta nel 18%, 61% e 83% dei pazienti rispettivamente. La risposta è stata indipendente dal recupero delle piastrine e dal trattamento della viruria da BK virus. Discussione Il trattamento delle cistiti emorragiche in pazienti sottoposti a trapianto allogenico di cellule staminali emopoietiche può risultare difficoltoso. L’applicazione endoscopica della colla di fibrina offre buoni risultati a breve, medio e lungo termine. P124 86° Congresso Nazionale SIU SURRENECTOMIA MINI-LAPAROSCOPICA NELL’ADULTO: NOSTRA ESPERIENZA C. Fiori, M. Cossu, S. Grande, M. Poggio, F. Ragni, I. Morra, A. Di Stasio, M. Manfredi, R. Bertolo, F. Mele, N. Serra, D. Garrou, G. Cattaneo, R. Scarpa, F. Porpiglia (Orbassano) Scopo del lavoro Negli ultimi anni, sono state proposte numerose tecniche per ridurre ulteriormente l’invasività della laparoscopia tradizionale. Fra queste, la mini laparoscopia sembra essere assai promettente nelle procedure ricostruttive come la pieloplastica anche se è stata utilmente impiegata anche nelle procedure demolitive. Lo scopo di questo studio è presentare la nostra esperienza con la surrenectomia mini laparoscopica (mL-A). Materiali e metodi Dal marzo 2009 al febbraio 2013, tutti i pazienti con neoplasia surrenalica 18 anni, BMI Risultati Sono stati trattati mediante mL-A 38 pazienti (17 F e 21 M). In 17 casi (44.8%) dei casi è stata asportata la ghiandola destra, in 20/38 (52.6%) la sinistra e in 1 caso (2.6%) entrambe le ghiandole. Nel 10.5% dei casi l’approccio è stato transperitoneale, nell’89.5% retroperitoneale. Il tempo operatorio medio è stato di 97.4 min, le perdite ematiche 77.8 cc. Non sono state registrate complicanze intraoperatorie ed in 3/38 (7.89%) casi è stata necessaria la sostituzione di una porta 3.9mm con porta 5 mm standard. Sono state registrate 4/38 complicanze post operatorie (1 complicanza grado I, 3 grado II secondo Clavien). La degenza postoperatoria è risultata pari a 2.95 giorni. L’esame patologico ha dimostrato la presenza di adenoma/iperplasia in 26 casi, feocromocitoma in 3 casi, adenocarcinoma corticosurrenalico (ACC) in 2, secondarietà in 4 altro in 3 casi. I pazienti sottoposti a mL-A per ACC sono liberi da malattia dopo un follow up medio di 43 mesi. A tre mesi dall’intervento, tutti i pazienti sono stati molto soddisfatti (90 %) o soddisfatti (10 %) dell’intervento. Discussione I risultati del nostro studio suggeriscono che la mL-A, se proposta a pazienti selezionati, è una tecnica fattibile sicura ed efficace nel trattamento delle neoplasie surrenaliche. Ulteriori studi sono necessari per comparare i risultati della mL-A e della surrenectomia standard. Conclusioni A nostro avviso la mL rappresenta un passo verso una chirurgia (virtualmente) scarless. Conclusioni La terapia endoscopica con colla di fibrina rappresenta una procedura efficace, possibile e riproducibile per il trattamento delle cistiti emorragiche di grado II o superiore refrattarie alle terapie convenzionali. 126 127 P125 86° Congresso Nazionale SIU P126 86° Congresso Nazionale SIU PIELOPLASTICA MINI-LAPAROSCOPICA VERSUS ROBOTIC LESS: RISULTATI PERIOPERATORI ED ESTETICI INCIDENZA E DISTRIBUZIONE DEI LINFOMI DELL’APPARATO UROGENITALE IN UN’AREA URBANA DEL NORD ITALIA NELL’ULTIMO DECENNIO I. Morra, C. Fiori, M. Manfredi, R. Bertolo, F. Mele, D. Garrou, D. Amparore, G. Cattaneo, R. Scarpa, F. Porpiglia (Orbassano) F. Vedovo, N. Pavan, G. Liguori, R. Bussani, G. Mazzon, B. de Concilio, C. Trombetta (Trieste) Scopo del lavoro La pieloplastica laparoscopica (LP) si è imposta come gold standard nel trattamento della patologia del giunto pielo-ureterale (GPU). Per ridurre ulteriomente l’invasività della procedura, sono state proposte tecniche di laparoscopia ”avanzata” come la mini-LPS e la Laparoendoscopic Single Site Surgery (LESS). Lo studio confronta la pieloplastica mini laparoscopica (mL-P) e LESS robot assistita (rLESS-P) in termini di risultati perioperatori ed estetici. Materiali e metodi Da aprile 2009 a giugno 2010, 12 pazienti (11F,1M) con anomalia del GPU primitiva, età >18 anni,BMI Risultati I 2 gruppi di pazienti erano comparabili per età, BMI, ASA score. Il tempo operatorio medio è stato di 134’nel gruppo mL-P e 192’ nel gruppo rLESS-P (p Discussione I risultati suggeriscono che la mL-P e la rLESS-P sono paragonabili per outcomes perioperatori e risultati estetici. L’approccio LESS robot assistito sembra gravato da maggiori tempi operatori. Conclusioni A nostro avviso la mL-P e la rLESS-P rappresentano un importante passo verso una chirurgia (virtualmente) scarless. Scopo del lavoro Obiettivo di questa studio è effettuare una revisione della casistica dei linfomi del tratto urinario in pazienti (pz) afferenti alla nostra clinica tra il 2001 ed il 2012, per valutare distribuzione e incidenza di tali neoplasie. Materiali e metodi Sono stati riscontrati 25 pz affetti da linfomi del tratto urinario; 8 in sede renale (4/8 M, 4/8 F), 7 testicolari, 7 prostatici e 3 vescicali (2/3 M, 1/3 F). E’ stato valutato sesso,età d’insorgenza del linfoma,sede e primitività della neoplasia, esami clinico diagnostici, eventuale terapia medica e/o chirurgica con cui sono stati trattati, fattori di comorbidità e mortalità correlata. Risultati I pz avevano un’età compresa tra 13 ed 87 anni con età media di insorgenza del linfoma di 61,7 aa. Su 25 casi di linfoma, 15 erano neoplasie primitive. Il 32% erano LNH diffusi a grandi cell B, il 24% era affetto da leucemia linfatica cronica, il 20% erano LNH a piccole cell, l’8% erano MALTomi, il 4% linfomi di Burkitt, il 4% linfomi follicolari, il 4% LNH diffusi a grandi cell B Alk+ ed il 4% si è sviluppato in quadro di leucemia linfoblastica. Valutando le neoplasie concomitanti: 11 pz avevano sviluppato una seconda neoplasia solida e/o alterazione ematologica. Per quanto riguarda l’iter diagnostico; 9 pz sono stati sottoposti ad esame esame bioptico; 15/25 hanno eseguito un esame TC pre-trattamento; 17/25 hanno eseguito un esame ecografico pre-trattamento. Il 40% dei pz è stato sottoposto a resezione chirurgica associata a trattamento chemioterapico, il 36% unicamente a trattamento chirurgico, il 12% è stato trattato con chirurgia associata a chemioterapia e radioterapia di consolidamento, l’8% ha eseguito radioterapia ed il 4% chemioterapia. 11 pz hanno avuto una morte linfoma correlata. Discussione In accordo con la letteratura, è emerso come i linfomi del tratto genitourinario siano prevalentemente LNH diffusi a grandi cell B. La sede più frequente è quella renale e, dopo i 50 anni, quella testicolare. L’incidenza dei linfomi prostatici risulta in aumento, non tanto per un incremento della linfomagenesi, quanto più per una maggior frequenza delle biopsie prostatiche. I pz affetti da linfoma hanno un rischio maggiore di sviluppare una seconda neoplasia, soprattutto a 10 anni dalla diagnosi, pertanto, è fondamentale effettuare una sorveglianza clinica a lungo termine. L’imaging spesso risulta complicato e l’esame TC è il gold standard per la diagnosi e per il monitoraggio della risposta alla terapia. Nei casi in cui l’imaging risulti dubbio, la biopsia renale, per quanto ancora molto dibattuta, potrebbe indirizzare verso un approccio terapeutico non chirurgico. La somministrazione della sola chemioterapia, l’associazione di questa con la radioterapia oppure esclusivamente l’intervento chirurgico non hanno rilevanza sulla sopravvivenza. Conclusioni Pur con i limiti di un’analisi di tipo retrospettivo, questo studio pone in evidenza l’importanza di considerare i linfomi nella DD delle neoplasie del tratto genitourinario. 128 129 P127 86° Congresso Nazionale SIU 86° Congresso Nazionale SIU NUOVI APPROCCI PER LA RIDUZIONE DEI COSTI IN CHIRURGIA UROLOGICA ROBOT-ASSISTITA: ANALISI COSTO-EFFICACIA F. Lanzi, N. Tosi, F. Gentile, G. Pizzirusso, F. Cecconi, G. De Rubertis, G. Barbanti (Siena) Scopo del lavoro Scopo del lavoro è valutare le implicazioni economiche della prostatectomia radicale robot-assistita (RRP) e della chirurgia nephron-sparing robotica delle neoplasie renali (RTE) condotte secondo tecniche standardizzate o con procedure finalizzate al contenimento dei costi e di compararne i risultati funzionali ed oncologici Materiali e metodi Da Aprile 2011 a Gennaio 2013 87 pazienti sono stati sottoposti a chirurgia robot-assistita per neoplasia prostatica (52) o renale (35 pazienti). Abbiamo identificato il primo set di pazienti trattati dopo la necessaria curva di apprendimento (Gruppo A) e gli ultimi casi trattati (Gruppo B) di ognuna delle due procedure. Per le prime 8 RRP e 5 RTE sono state adottate lo strumentario e le procedure standard. Sono quindi state ridefinite le procedure operatorie escludendo dai kit alcuni strumenti ritenuti non indispensabili al completamento dell’intervento. Sono stati quindi comparati i costi e l’outcome chirurgico dei primi set di pazienti con gli ultimi. Le caratteristiche tecniche della chirurgia prostatica e renale sono riassunte in tabella 1 e 2 rispettivamente Risultati I costi di entrambe le procedure, prostatectomia radicale ed enucleazione tumorale, sono risultati significativamente inferiori negli ultimi 20 interventi: 2577€ Vs 4961€ per la RRP e 2457€ Vs 4836€ per l’RTE, con un risparmio del 48% e 49.2% rispettivamente (Tab 1-2). Il tempo operatorio medio (range) per l’RRP del Gruppo A è stato di 226.2(165-270) minuti Vs 172.5 (150-180) del Gruppo B (p=0.0041). Entrambi i gruppi delle prostatectomie sono risultati comparabili per perdite ematiche intraoperatorie (p=0.482), margini chirurgici positivi (p=0.089) ed ospedalizzazione (p=0.195). Per le enucleazioni tumorali il tempo operatorio medio (range) del Gruppo A è stato di 115.8 (75-170) minuti Vs 104.1 (85-150) del Gruppo B (p=0.5151). Le perdite ematiche intraoperatorie e le degenze sono risultate sovrapponibili (p=0.487 e p=0.379 rispettivamente). In entrambi i gruppi non sono stati riscontrati margini chirurgici positivi, mentre in un caso del Gruppo B è stata identificata un’incisione della pseudocapsula peritumorale Discussione In letteratura sono ampiamente dimostrati i buoni risultati funzionali ed oncologici con ridotti tassi di complicanze e degenza ottenibili con la chirurgia robot-assistita; di contro si registrano costi più elevati delle rispettive procedure open o laparoscopiche. Nella nostra esperienza la riduzione degli strumenti laparoscopici e robotici ed il relativo adeguamento delle procedure operative ha comportato difficoltà tecniche limitate ai primi casi, a fronte di un importante riduzione della spesa Conclusioni Nel confronto con gli interventi robotici convenzionali di prostatectomia radicale ed enucleazione tumorale gli accorgimenti tecnici impiegati nella nostra esperienza hanno determinato un risparmio fino al 49.2% per ogni singola procedura con tempi, complicanze intra e postoperatorie, ospedalizzazione ed outcome oncologico sovrapponibili alle procedure standard 130 131 P128 86° Congresso Nazionale SIU TRATTAMENTO LAPAROSCOPICO E ROBOTICO DELLE STENOSI URETERALI (S.U.), RISULTATI DI UNO STUDIO RETROSPETTIVO MULTICENTRICO S. Zaramella, A. Minervini, A. Cocci, R. Fantechi, D. Dente, P. Parma, A. Antonelli, M. Falsaperla, A. Celia, B. Rocco, L. Cindolo, A. Porreca (Novara) Scopo del lavoro La chirurgia laparoscopica e robotica presentano indubbi vantaggi in termini di mini invasività, in ambito urologico sono diventate il trattamento di scelta di molte patologie neoplastiche, funzionali e malformative; scopo dello studio è valutare la morbilità e l’efficacia di queste tecniche nella correzione delle stenosi ureterali (S.U.) di varia eziologia Materiali e metodi sono stati raccolti retrospettivamente i dati di pazienti affetti da S.U. trattate per via laparoscopica o robotassistita in 8 centri urologici italiani. Le variabili analizzate sono state: età dei pazienti, sede ed eziologia delle stenosi, tempo operatorio e di permanenza dello stent, le complicanze secondo classificazione di Clavien, e l’efficacia nel trattamento Risultati Tra Gennaio 2008 e Marzo 2013 42 pazienti sono stati operati [(età media 46,2 anni (range 17-74)], tipo e sede della S.U. sono state riportate in tabella 1, la lunghezza media delle stenosi era di 1,8 cm (range 0,54). In 20 pazienti è stata eseguita una resezione ureterale segmentaria con anastomosi termino-terminale, in 16 un’ureterocistoneostomia ed in 5 un’ureterolisi. Tutti gli interventi sono stati eseguiti con approccio trans-peritoneale (29 per via laparoscopica, 13 per via laparoscopica Robot-assistita), 10 pazienti avevano calcolosi associata, ed e’ stata eseguita una litotripsia intraoperatoria. Non sono state registrate conversioni a chirurgia open, il tempo operatorio medio è stato di 229 minuti (range 55-720), in tutti i pazienti è stato posizionato uno stent ureterale doppio J. Il tasso di trasfusione è stato del 4,7% [(2/42 pazienti) Clavien gr. 2], in un caso si è verificata una lesione della vena cava (Clavien gr. 2), un solo caso di fistola ureterale è stata trattata con nefrostomia percutanea (Clavien gr. 3a). La degenza media è stata di 6,6 gg (range 4-16), il tempo medio di permanenza dello stent 34,3 gg (range 3-90). 38 dei 42 pazienti sono valutabili ad un follow up medio di 20 mesi: 36 pazienti (94,8%) sono liberi da stenosi mentre in 2 pazienti (5,2%) si è verificata una recidiva. In un caso la recidiva è stata trattata con dilatazione endoscopica con palloncino, nel secondo caso con nefroureterectomia Discussione La chirurgia laparoscopica e robotica delle S.U. rappresenta spesso un intervento complesso di chirurgia ricostruttiva, in mani esperte presenta basso rischio di conversione, le complicanze nella nostra serie sono state accettabili, il tasso di re-intervento e di recidiva è basso. I tempi chirurgici relativamente lunghi risentono dell’esiguo numero di casi trattati per singolo centro, ed alla necessità di eseguire una litotripsia contestuale Conclusioni Anche con i limiti di uno studio retrospettivo, e con un follow-up ancora non significativo, i nostri dati dimostrano che la laparoscopica e la robotica sono un trattamento promettente delle S.U., in termini di complicanze ed efficacia. Idealmente sarebbe auspicabile un prolungamento del follow-up e il disegno di uno studio prospettico di confronto tra le metodiche 132 P129 86° Congresso Nazionale SIU COMPLICANZE INTRA E POSTOPERATORIE DELLA PIELOPLASTICA LAPAROSCOPICA SECONDO LE CLASSIFICAZIONI DI SATAVA E CLAVIEN-DINDO: ESPERIENZA DI UN SINGOLO CENTRO CON 236 CASI CONSECUTIVI P. FEDELINI, P. VERZE, D. TAGLIALATELA, M. FEDELINI, A. OLIVA, C. MECCARIELLO, D. MATTACE RASO, V. MIRONE (NAPOLI) Scopo del lavoro Obiettivo dello studio: analisi delle complicanze intra- e postoperatorie della pieloplastica laparoscopica (PL) con tecnica di Anderson-Hynes per il trattamento della stenosi del giunto pieloureterale (MGPU), effettuata presso un singolo centro. Materiali e metodi 236 pazienti sono stati sottoposti a PL secondo Anderson-Hynes per via transperitoneale tra il 2004 e il 2012. Le complicanze intra e postoperatorie sono state incluse in un database e riportate secondo la classificazione di Satava e Clavien-Dindo, rispettivamente. Risultati L’indicazione alla PL è stata la MGPU primitiva nel 96% dei casi, recidiva nel 4%. Nel 53% dei casi si trattava di pazienti di sesso femminile, nel 54% il lato interessato era il destro e nell’89% la MGUP aveva avuto un esordio clinicamente sintomatico. Si associavano litiasi e nefroptosi rispettivamente nel 9 e nel 3% dei casi. Nel 40% dei casi è stata riscontrata la presenza di un vaso anomalo. Lo stent pieloureterale (SPU) è stato posizionato in tutti i casi: per via retrograda nelle femmine, al termine della PL e con controllo fluoro-endoscopico nei maschi. La procedura di PL è stata risolutiva nel 97% dei casi. Complicanze intra- e postoperatorie si son verificate rispettivamente in 9 (4%) e 32 (14%) casi e son state riportate nella tabella 1. Discussione In analogia ad altre casistiche precedentemente pubblicate, abbiamo riportato complicanze intra e postoperatorie rispettivamente nel 4% e nel 14% dei pazienti sottoposti a PL. La complicanza intraoperatoria più frequente è stata la delocalizzazione dell’SPU (2%) verificatosi in pazienti femmine (ove il posizionamento dell’SPU è intraoperatorio) necessitando sempre di un “riparo” endoscopico. La complicanza intraoperatoria più grave è stato il coinvolgimento dell’SPU nella sutura pieloureterale con suo conseguente malfunzionamento, idronefrosi, apertura della sutura del giunto ed uroperitoneo risoltosi con un reintervento chirurgico. Senza conseguenza sono state le 2 infrazioni della capsula renale. La complicanza postoperatoria più frequente (3%) è stata la fuoriuscita di urine dalla sutura pieloureterale per ostruzione dell’SPU, con necessità di posizionare una nefrostomia percutanea e sostituire l’SPU. Tuttavia nel caso in cui l’SPU era ancorato alla sutura è stato necessario un reintervento chirurgico per riposizionare l’SPU e drenare la raccolta infetta. Questa è stata la complicanza postoperatoria più severa. Enfisema sottocutaneo o ematuria, verificatesi in meno del 4% dei casi non hanno necessitato di terapia. Infezioni, febbre ed ileo paralitico, verificatesi in meno di 4% dei casi, si sono risolti spontaneamente. I casi di UPJO recidivante (3%) son stati sottoposti con successo a re-PL. Conclusioni La nostra analisi conferma che la PL è una procedura sicura ed efficace. Le complicanze più frequenti e più gravi intra e postoperatorie sono legate al posizionamento e soprattutto al funzionamento dell’SPU la cui gestione rappresenta uno dei momenti più delicati ed importanti del periodo postoperatorio. 133 86° Congresso Nazionale SIU P130 86° Congresso Nazionale SIU CONTEMPORARY UROLOGIC MINI-LAPAROSCOPY: INDICATIONS, TECHNIQUES AND SURGICAL OUTCOMES IN A MULTI-INSTITUTIONAL EUROPEAN COHORT R. Autorino, F. Porpiglia, V. Pagliarulo, A. Volpe, M. Falsaperla, A. Celia, A. Breda, F. Greco, M. De Sio, A. Cicione, A. Saita, A. Venneri Becci, M. Zacchero, R. Bertolo, P. Fornara, C. Fiori, C. Terrone, E. Lima, J. Rassweiler (Napoli) Aim of the study Mini-laparoscopy has been re-discovered over the last 3 years in urologic surgery, based on the rationale of a scarless surgery and thanks to the recent availability of a more reliable instrumentation. Aim of this study is to report a the first large series of contemporary mini-laparoscopy in urology Materials and methods Cases of urologic mini-laparoscopy performed between 2009 and 2013 at 9 european institutions were retrospectively gathered. Each group performed a variety of procedures according to its own protocols, entry criteria, and techniques. Main demographic data, and surgical outcomes were analyzed. Postoperative complications were recorded using a standardized reporting system. Results Overall, 190 patients (mean age 44.5; mean BMI 24.8; mean ASA 1.8; history of previous abdominal surgery: 16%) were included in the analysis. The most common procedure was pyeloplasty (n=103; 54%), but a variety of other extirpative procedures were performed, including adrenalectomies (37; 19.4%), radical prostatectomies (21; 11%), nephrectomies (13; 7%). The most common approach was transperitoneal (68%). A 10 mm scope was most commonly used, placed at level of the umbilicus. Most of the ports were 3 mm (67% of total). No intraoperative complications were recorded, and no conversions to open surgery. Overall, mean OR time was 132 min and mean EBL was 60 ml. Postoperative complications were recorded in 30% of cases, but only 1.5% being major (grade 3) ones. Discussion This study provides a view of the recent evolution of urologic mini-laparoscopy in multiple European centers. A broad range of procedures can be safely and effectively performed with this newly re-discovered technique, given the current availability of purpose-built instrumentation. Conclusions By duplicating the principles of standard laparoscopy, but potentially offering less surgical scar and trauma, mini-laparoscopy can be regarded a low-cost approach in the evolving field of minimally invasive urologic surgery. 134 135 P131 86° Congresso Nazionale SIU IMPATTO DELLA CURVA DI APPRENDIMENTO DI UN SINGOLO CHIRURGO IN TERMINI DI COMPLICANZE, DANNI TISSUTALI DA POSIZIONAMENTO CHIRURGICO E FUNZIONALITà RENALE IN PAZIENTI SOTTOPOSTI A PROSTATECTOMIA RADICALE ROBOTICA E LINFADENECTOMIA PELVICA ESTESA. G. Di Pierro, J. Wirth, M. Ferrari, H. Danuser, A. Mattei (Roma) Scopo del lavoro Analizzare la curva di apprendimento di un singolo chirurgo e valutarne l’impatto in termini di complicanze, danni tissutali da posizionamento e funzionalità renale in pazienti sottoposti a prostatectomia radicale robotica (RARP) e linfadenectomia pelvica estesa (ePLND) per adenocarcinoma prostatico clinicamente localizzato con rischio intermedio-elevato Materiali e metodi Sono stati raccolti in modo prospettico i dati relativi a 233 pazienti consecutivi sottoposti a RARP e ePLND fra Novembre 2008 ed Ottobre 2012. Per valutare l’impatto della curva di apprendimento per la ePLND, i pazienti sono stati divisi in 4 gruppi (1: 1-59; 2: 60-117; 3: 118-175; 4: 176-233) ed i risultati messi a confronto. La RARP è stata eseguita per via transperitoneale da un unico chirurgo. Un dosaggio della creatinchinasi (CK) sierica quale marker di danno tissutale è stato eseguito prima e durante la procedura e nel corso dei 5 giorni dopo la RARP. La funzionalità renale è stata monitorata fino alla dimissione. Le complicanze sono state valutate sulla base del Modified Clavien System, con attenzione alle complicanze correlate al posizionamento chirurgico. Il follow-up minimo è stato di 3 mesi Risultati Nel complesso, il tempo operatorio medio è stato di 264 minuti (range: 165-460) mostrando un progressivo decremento (dal Gruppo 1 al Gruppo 4, p=0.001). In totale, 114 complicanze sono state riportate in 98/233 pazienti (42%) con incidenza minore nel Gruppo 4 (p=0.087). Le complicanze minori (85/114 complicanze, 75%) hanno mostrato una riduzione significativa nel Gruppo 4 (p Discussione Vari autori riportano i risultati relativi alla RARP con ePLND. Tuttavia, pochi studi analizzano l’esperienza di un singolo chirurgo, impiegano criteri di valutazione standardizzati nonché un adeguato follow-up. Pertanto, riguardo la curva di apprendimento per la RARP e ePLND ed il relativo impatto sui risultati i dati attualmente disponibili non sono da considerarsi conclusivi. In aggiunta, in corso di RARP i pazienti sono posti in posizione di Trendelemburg estremo, in grado di determinare danni tissutali clinicamente rilevanti Conclusioni Il nostro studio suggerisce come per un chirurgo con precedente esperienza in chirurgia open e laparoscopica classica la riduzione nel tasso di complicanze globali e da posizionamento chirurgico mostri un plateau dopo 175 procedure durante la curva di apprendimento per la RARP con ePLND. La funzionalità renale, invece, risulta essere costantemente inalterata 136 P132 86° Congresso Nazionale SIU OLTRE LA LEARNING CURVE DI UN APPROCCIO RETZIUS-SPARING ALLA PROSTATECTOMIA RADICALE ROBOTICA: RISULTATI ONCOLOGICI E FUNZIONALI DEI PRIMI 200 PAZIENTI CON ALMENO 1 ANNO DI FOLLOW-UP A. Galfano, F. Sozzi, D. Di Trapani, G. Petralia, E. Strada, A. Bocciardi (Milano) Scopo del lavoro La prostatectomia radicale laparoscopica robot-assistita (RARP) è diventata l’opzione chirurgica di scelta per il carcinoma della prostata clinicamente localizzato. Nel 2010 abbiamo sviluppato un nuovo approccio, passando esclusivamente dallo spazio di Douglas ed evitando tutte le strutture coinvolte nella preservazione di continenza e potenza. L’obiettivo del nostro lavoro è di riportare i risultati oncologici e funzionali dei primi 200 pazienti operati con questo approccio e con un anno di follow-up minimo, con particolare attenzione alla variazione dei risultati con il maturare dell’esperienza. Materiali e metodi I primi 200 pazienti consecutivi sottoposti a RARP con approccio Retzius-sparing trans-Douglas sono stati inclusi nello studio. La serie è stata divisa in 2 gruppi (casi 1-100 e casi 101-200) per valutare l’effetto della learning curve. Tutti i dati perioperatori, oncologici e funzionali sono stati registrati prospetticamente in un database elettronico. I risultati oncologici sono stati riportati in termini di margini chirurgici positivi (PSM) e sopravvivenza libera da ripresa biochimica di malattia ad 1 anno (1y-bDFS). La recidiva biochimica di malattia è stata definita in presenza di un PSA > 0,2ng/ml. La potenza è stata definita in presenza di un IIEF5>17; la continenza come l’utilizzo di 1 salvaslip di sicurezza o di nessun ausilio. Le complicanze sono state classificate secondo il sistema di Clavien-Dindo. Risultati L’età mediana era di 65 anni. Il tempo mediano di consolle è diminuito significativamente da 120 a 97,5 minuti (p Discussione I risultati oncologici sono migliorati dopo una learning curve di 100 pazienti, mentre i risultati funzionali sono rimasti stabili. Conclusioni Dopo una adeguata learning curve, l’approccio alla RARP trans-Douglas Retzius-sparing garantisce il mantenimento dei risultati oncologici con eccellenti risultati funzionali, in particolare riguardo alla continenza immediata. 137 P133 86° Congresso Nazionale SIU “SIDE DOCKING” DEL SISTEMA ROBOTICO DAVINCI IN CORSO DI PROSTATECTOMIA RADICALE: VANTAGGI RISPETTO AL TRADIZIONALE DOCKING A. Cestari, M. Zanoni, F. Fabbri, M. Sangalli, M. Ghezzi, P. Rigatti (Milano) Scopo del lavoro Scopo del lavoro è di valutare i vantaggi clinici del “side docking” (SD) del sistema robotico daVinci in corso di prostatectomia radicale (RALP) rispetto al tradizionale “docking” (TD), che richiede l’ingresso delle braccia robotica in mezzo alle gambe del paziente. Materiali e metodi Trenta pazienti candidati ad intervento di RALP presso il nostro Istituto sono stati randomizzati in due gruppi relativamente al posizionamento delle braccia del sistema robotico a) SD con posizione supina del paziente sul tavolo operatorio e b) TD con paziente in posizione litotomica bassa a gambe divaricate su gambali di Allen. Sono stati valutati a) i tempi necessari dal termine induzione anestesia al docking del robot al paziente, b) eventuali contrasti intraoperatori delle braccia e strumentario robotici, c) eventuali problematiche neurologiche relative al posizionamento del paziente Risultati Nella tabella vengono riportati i risultati dei parametri valutati (mediana e range) SD TD Tempo di docking (OK anestesia – docking robot al paziente) (mediana – range) 14 (12-20) min 23 (15-34) min Contrasti tra le braccia robotiche 0 0 Disturbi neurologici arti inferiori n° (%) 0 3 (20%) Discussione Il SD in corso di RALP ha permesso di ridurre i tempi chirurgici necessari al docking del sistema robotico in corso di RALP, grazie alla semplificazione della posizione del paziente sul tavolo operatorio. Tale semploficazione di posizione, inoltre, ha ridotto il numero di problematiche neurologiche (difficoltà di adduzione) degli arti inferiori, possibile problematica con il TD che richiede una posizione litotomica bassa con le gambe divaricate.In nessun caso si sono avuti contrasti durante gli interventi delle braccia robotiche o dello strumentario. Inoltre l’assistente al tavolo può beneficiare di un miglior campo di lavoro. Conclusioni In corso di RALP il SD si è rivelato efficace, senza contrasti intraoperatori delle braccia robotiche o dello strumentario. Il SD è inoltre risultato più veloce rispetto al TD e grazie alla posizione supina del paziente ha ridotto il rischio di disturbi neurologici agli arti inferiori dopo RALP P134 86° Congresso Nazionale SIU ANALISI STANDARDIZZATA DELLA CURVA DI APPRENDIMENTO DI UN SINGOLO CHIRURGO RELATIVAMENTE ALLA LINFADENECTOMIA PELVICA ESTESA IN CORSO DI PROSTATECTOMIA RADICALE ROBOTICA: RISULTATI PERIOPERATORI E COMPLICANZE. G. Di Pierro, J. Wirth, M. Ferrari, H. Danuser, A. Mattei (Roma) Scopo del lavoro Analizzare la curva di apprendimento di un singolo chirurgo relativamente alla linfadenectomia pelvica estesa (ePLND) e valutarne l’impatto in termini di risultati perioperatori e complicanze in pazienti sottoposti a prostatectomia radicale robotica (RARP) per adenocarcinoma prostatico clinicamente localizzato con rischio intermedio-elevato. Materiali e metodi Sono stati raccolti in modo prospettico i dati relativi a 233 pazienti consecutivi sottoposti a ePLND e RARP fra Novembre 2008 ed Ottobre 2012. Per valutare l’impatto clinico e patologico della curva di apprendimento per la ePLND, i pazienti sono stati divisi in 4 gruppi (1: 1-59; 2: 60-117; 3: 118-175; 4: 176233) ed i relativi risultati messi a confronto. La RARP con ePLND è stata eseguita da un unico chirurgo per via transperitoneale. Le complicanze sono state valutate sulla base del Modified Clavien System, con particolare riguardo alle complicanze direttamente correlabili alla ePLND (lesione del nervo otturatorio, sanguinamento, trombosi venosa, linfocele). Il follow-up minimo è stato di 3 mesi. Risultati Il tempo operatorio medio è stato di 264 minuti (range: 165-460) mostrando un progressivo decremento (dal Gruppo 1 al Gruppo 4, p=0.001). Nel Gruppo 4, 2 pazienti hanno riportato un sanguinamento postoperatorio correlabile alla ePLND trattato con revisione open. Il numero di linfonodi asportati ha mostrato un plateau dopo 60 procedure [media (range): 13 (6-32), 15 (7-34), 17 (8-41), 16.5 (8-42) nei Gruppi 1, 2, 3 e 4, rispettivamente (p=0.001)]. All’esame patologico, la percentuale di coinvolgimento neoplastico linfonodale è stata del 12% nei Gruppi 1 e 2, e del 7% e 8% nei Gruppi 3 and 4 (p=0.071). In totale, 114 complicanze sono state riportate in 98/233 pazienti (42%) con un’incidenza minore nel Gruppo 4 (p=0.087). Complicanze correlabili alla ePLND sono state osservate nel 3%, 8%, 5% e 2% dei pazienti nei Gruppi 1, 2, 3 e 4 (Gruppi 2 vs 1, 3 e 4, p Discussione Vari autori riportano i risultati relativi alla ePLND in corso di RARP. Tuttavia, pochi studi analizzano l’esperienza di un singolo chirurgo, impiegano criteri di valutazione standardizzati ed un adeguato follow-up. Pertanto, riguardo la curva di apprendimento per la ePLND ed il suo impatto sui risultati i dati disponibili non sono da considerarsi conclusivi Conclusioni Il nostro studio suggerisce come per un chirurgo con precedente esperienza in chirurgia open e laparoscopica la curva di apprendimento per la ePLND sia caratterizzata da un tasso di complicanze correlate alla procedura stabilmente basso nel tempo. Il numero di linfonodi asportati raggiunge un massimo dopo 60 casi, mentre l’incidenza globale di complicanze mostra un plateau dopo 175 procedure 138 139 P135 86° Congresso Nazionale SIU 86° Congresso Nazionale SIU PROSTATECTOMIA RADICALE ROBOTICA: INFLUENZA DELLA CURVA DI APPRENDIMENTO SUL RECUPERO PRECOCE DELLA CONTINENZA L. Gatti, A. Antonelli, A. Peroni, A. Moroni, M. Finamanti, A. Gritti, C. Simeone (Brescia) Scopo del lavoro La prostatectomia laparoscopica robot-assistita (RALP) con il sistema DaVinci® si sta rapidamente affermando in tutto il mondo. La possibilità di diffusione di una tecnica chirurgica dipende anche dal grado di morbidità che comporta e in particolare l’incontinenza urinaria è la sequela più temuta di questo intervento, colpendo sino al 40% dei pazienti operati. Il presente lavoro si propone di valutare quali fattori influiscano sul recupero precoce della continenza dopo prostatectomia robotica o open. Materiali e metodi Il sistema robotico DaVinci® è installato presso il nostro centro dal marzo 2010; la RALP viene condotta per via anterograda transperitoneale da 3 operatori (1 esperto in chirurgia open, 2 in chirurgia laparoscopica), tutti in fase di apprendimento. La prostatectomia radicale retropubica (RRP) viene condotta da più di 20 anni per via retrograda (sec.Walsh), da operatori ormai esperti. L’indicazione all’intervento open o robotico è stata inizialmente dettata dalle preferenze dell’operatore e/o del paziente, ma dopo i primi 75 interventi robotici, è avvenuto uno shift quasi completo dell’indicazione a favore della RALP. Tutti i dati dei pazienti sottoposti a prostatectomia dal Marzo 2010 sono archiviati in un database, mantenuto prospetticamente. Per il presente studio sono stati valutati alcuni fattori clinici, patologici e chirurgici, per giudicarne la correlazione con il rischio di manifestare a 1 mese dall’intervento un’incontinenza, intesa come impiego di più di 1 PAD/ dì. In particolare, è stato giudicato l’esito dei casi sottoposti a RRP, RALP nei primi 75 interventi (RALP-1), RALP nei successivi interventi (RALP-2). L’analisi è stata condotta applicando un modello di regressione logistica binaria, uni e multivariato. Risultati La tabella riassume i risultati del confronto. Si può notare che all’analisi univariata le variabili con una distribuzione significativamente differente tra chi è continente a 30 giorni e chi non lo è, sono: età, tecnica chirurgica e intervento nerve sparing. Discussione All’analisi multivariata la differenza statisticamente significativa è rappresentata dalla tecnica chirurgica. Ad un mese dall’intervento i tassi di continenza nel gruppo RALP-2 sono statisticamente superiori alla RRP. Nella nostra esperienza preliminare, età, tecnica chirurgica e intervento nerve sparing risultano essere fattori prognostici che influenzano i tassi di continenza post-operatoria Conclusioni La RALP nella curva di apprendimento offre risultati sovrapponibili alla RRP. Fuori dalla curva di apprendimento offre risultati significativamente superiori, esponendo il paziente ad un rischio relativo di incontinenza pari a 1/3 della RRP. 140 141 86° Congresso Nazionale SIU P136 P137 Confronto tra l’incidenza di margini positivi nella prostatectomia laparoscopica rispetto alla prostatectomia robotica: studio multicentrico 86° Congresso Nazionale SIU Match case-control tra sistema tridimensionale ad alta definizione (3D-HD) e bidimensionale (2D-HD) nella prostatectomia radicale laparoscopica. Scopo del lavoro I margini chirurgici positivi (PSM) sono un potenziale fattore di rischio per la recidiva dopo l’intervento chirurgico per il tumore alla prostata (RP). Laparoscopia (LRP) e Robotica (RARP) non hanno dimostrato differenze significative in termini di PSM, in particolare nei centri di riferimento. Tuttavia, in centri che hanno un volume chirurgico intermedio l’impatto della curva di apprendimento può portare a risultati diversi. Lo scopo del nostro studio è quello di valutare lo stato dei PSM confrontando la loro incidenza tra LPR e RARP in centri con volumi chirurgici intermedi (50-150 casi / anno). Abbiamo anche analizzato le correlazioni tra tecnica chirurgica, approccio nerve-sparing (NS) e l’incidenza di PSM, stratificando i nostri risultati in base allo stadio patologico. Materiali e Metodi Da dicembre 2009 a febbraio 2013, 1.622 pazienti sono stati sottoposti a RP in 10 centri urologici, di questi pazienti 1.308 erano idonei ad essere inclusi in questo studio. 391 (29,9%) pazienti sono stati trattati con LRP e 917 (70,1%) sono stati sottoposti a RALP. Abbiamo valutato l’incidenza di PSM, poi abbiamo comparato l’incidenza di PSM correlata allo stadio patologico, per entrambe le tecniche. Pini Giovannalberto, Altieri Vincenzo Maria, Ascalone Luigi, Fornara Paolo and Greco Francesco. Reparto di urologia e centro trapianti renale, Università Martin-Lutero Halle/Wittenberg, Halle/Saale, Germania Introduzione Recentemente, laparoscopi con visione tridimensionale di nuova generazione forniti di alta definizione (3DHD) hanno preso diffusione in laparoscopia offrendo una superiore ergonomia e maggiore qualità visiva. Scopo dello studio è comparare questi sitemi 3D-HD con il classico laparoscopio a visione bidimensionale (2D-HD) durante la prostatectomia radicale laparoscopica (LRP) misurando i dati peri- e postoperatori e risultati funzionali. Risultati Materiali e metodi Nel complesso sono stati diagnosticati margini positivi in 330 pazienti (25,2%). L’incidenza di PSM stratificati per stadio pT e procedura sono riportati nella tabella 1. Vi era una differenza significativa nell’intento di eseguire un intervento chirurgico NS tra i 2 gruppi: una procedura NS è stata eseguita in 84 casi (40,0%) del gruppo LRP e in 595 casi (79,3%) del gruppo RARP (p <0,0001). Tra i pazienti pT2, il tasso di PSM è stato del 17% (16,2% -17,5%) nel gruppo LRP e del 17,6% (10,1% -28,2%) nel gruppo RARP. La percentuale di PSM per gli stadi pT3-4 è stato del 47,4% (41,6% -57,1%) nei pazienti LRP e 49,4% nel gruppo di RARP (38,8% -54,6%). Gli stadi patologici erano equamente distribuiti tra LRP e RARP. Abbiamo osservato un tasso di PSM del 25% nel gruppo LPR NS e del 22% nel gruppo RARP NS. All’ analisi stratificata del rischio di PSM abbiamo trovato un effetto protettivo della tecnica NS sui PSM, anche quando questa associazione è corretta per procedura e stadio pT [OR (95% CI) = 0,66 (0,45-0,97)]; questo effetto protettivo è più evidente negli stadi pT3-4. Da Febbraio ad Aprile 2013 abbiamo raccolto in modo prospettivo i dati di 10 pazienti affetti da carcinoma prostatico clinicamente localizzato e sottoposti con intento curative e da un esparto chirugo a LRP eseguita con sistema 3D-HD (laparoscopio a doppio canale, telecamera stereoscopica, controllo di camera con uscita doppia distinta e un monitor stereoscopico: 3D TIPCAM®; Karl Storz; Tubingen, GER). Il gruppo è stato accoppiato per età, ASA Score, BMI, caratteristiche patologiche cliniche (stadio e Gleason-score) con 10 procedure eseguite mediante sistema 2D-HD da Gennaio 2012 ad Aprile 2013. Sono stati raccolti dati demografici, peri- e postoperatori (tempo operatorio totale, tempo di anastomosi e linfadenectomia, perdite ematiche intraoperatorie, complicazioni, tempo di degenza). Discussione Nella nostra coorte, abbiamo osservato un tasso complessivo elevato di PSM senza differenze tra LPR e RARP, ma una significativa variabilità tra i diversi Centri. Questo può essere messo in relazione all’impatto delle curve di apprendimento, incluso nell’analisi; inoltre l’incidenza di malattia extracapsulare nei pazienti pT3 potrebbe essere più estesa nella nostra serie rispetto ai centri di Paesi con un maggior tasso di screening del PSA. Abbiamo scoperto che l’esecuzione di NS durante RP potrebbe svolgere un ruolo protettivo in termini di minori PSM, in particolare nei casi pT3. Una possibile spiegazione è la selezione dei pazienti candidabili a NS sulla base dello stadio clinico e sulla percentuale dei prelievi positivi alla biopsia. Conclusioni Nel nostro studio retrospettivo, non abbiamo trovato alcuna differenza in termini di PSM in RARP contro LPR. I nostri PSM non sono stati trascurabili, in particolare negli stadi pT3, rispetto ai centri ad alto volume; l’ esperienza chirurgica e la selezione dei pazienti potrebbero esserne una possibile spiegazione. Tabella 1 Distribuzione di 1308 pazienti a seconda dei margini in base a determinate variabili * Variabile Tipo di procedura LRP RARP Stadio pT pT2 pT3-‐pT4 Nerve Sparing No Sì Margini chirurgici positivi (%) 90(23.0) 240(26.2) 172(17.5) 159(49.4) 81(33.5) 127(22.3) Margini chirurgici negativi (%) 301(77.0) 677(73.8) 810(82.5) 163(50.6) 161(66.5) 443(77.7) *I dati mancanti sono stati esclusi da ciascuna analisi 142 p-‐value 0.229 <0.0001 0.0008 Sono stati inoltre ricavate le impressioni del chirugo e degli assistenti durante le procedure 3D sul comfort/ ergonomia della camera, qualità dell’immagine e impressioni generali. Risultati Il tempo operatorio totale, di anastomosi e di linfadenectomia medi sono risultati inferiori nella 3D (3D:78.1±18.4min vs 2D:98.3±19.5min, p.035; 3D:13.3±5.4min vs 2D:18.3±10.5 min, p.012; 3D:25.1±4.4min vs 2D:31.3±5.5 min, p.45). Le perdite ematiche intraoperatorie sono state ridotte nel 3D ma non statisticamente significative (3D:250.6±102 vs 2D:279.6± ml; p = 0.6); le trasfusioni postoperatorie sono state 1% e 2% (p.07). Il tempo di rimozione del catetere, tasso di temporanea insufficienza anastomotica, tempo di ricovero, tasso di continenza precoce alla rimozione del catetere, margini positive sono stati comparabili nei 2 gruppi. Le impressioni del chirugo e degli assistenti sono state sempre positive ad fatta eccezione per un iniziale discomfort dato dagli occhiali-3D e da un lieve senso di nausea. Inoltre, in caso di sanguinamento diffuso nel campo operatorio, una ridotta intensità di contrasto e di definizione dei colori può essere incontrata. Conclusione I nuovi sistemi laparoscopici stereoscopici incrementano la capacità e la precisione in termine di velocità e sicurezza operatoria in un chirugo esperto. Un discomfort in termini di visione può richiedere un’iniziale adattamento agli occhiali-3D. 143 P138 86° Congresso Nazionale SIU PERCENTUALI DI RECIDIVA BIOCHIMICA NELLA PROSTATECTOMIA RADICALE ROBOTICA ED A CIELO APERTO: C’E’ QUALCHE DIFFERENZA? RISULTATI DA UNO STUDIO PROSPETTICO NON RANDOMIZZATO CON FOLLOW UP MEDIANO DI 5 ANNI V. Fulcoli, G. Costa, D. Massari, L. Laurini (Camposampiero) Scopo del lavoro Confrontare le curve di sopravvivenza libera da progressione biochimica (BCRFS) dei pazienti sottoposti a prostatectomia radicale robot assistita extraperitoneale (e-RALP) con quelle dei pazienti operati a cielo aperto (ORP), nel medio periodo di osservazione. Materiali e metodi Abbiamo analizzato i dati, raccolti in data base aggiornati prospetticamente, di 455 pazienti consecutivi sottoposti a prostatectomia radicale per neoplasia prostatica, dal dicembre 2004 al marzo 2009. In 191 è stata eseguita una e-RALP, in 264 una ORP. Nove sono stati i chirurghi coinvolti, di cui 3 esecutori di entrambe le procedure. Mediante l’analisi di Kaplan-Meier, abbiamo calcolato, nelle due coorti di pazienti, le percentuali di BCRFS relative alle variabili patologiche considerate e con il log rank test le differenze tra le curve, con p Risultati Il follow up mediano è stato di circa 5 anni nei due gruppi. La coorte di pazienti sottoposti a e-RALP presentava caratteristiche demografiche e clinico-patologiche della neoplasia migliori rispetto a quella dei pazienti sottoposti ad ORP. Non vi sono state differenze nell’incidenza di margini chirurgici positivi e nel ricorso a terapie oncologiche adiuvanti nel post-operatorio tra i due gruppi. L’overall BCRFS è stata pari all’89,9% vs 85% (p=0,12) a 3 anni e 87,3% vs 78,3% (p=0,01) a 5 anni, rispettivamente. Relativamente allo stadio patologico, la BCRFS nei pT2 è stata pari al 90,4% vs 89,2% (p=0,71) a 3 anni e 88,4% vs 82,3% (p=0,12) a 5 anni, rispettivamente; nei pT3 pari a 84,8% vs 69,6% (p=0,11) a 3 anni e 81,8% vs 64,9% (p=0,09) a 5 anni, rispettivamente. Discussione Il principale pregio di questo studio è rappresentato dal follow up relativamente lungo che ha consentito di evidenziare, per la prima volta in letteratura, un impatto favorevole della tecnologia robotica sulle percentuali complessive di BCRFS , risultate migliori rispetto alla chirurgia cielo aperto nelle proiezioni a 5 anni. E’ stato osservato un trend favorevole a migliori curve di BCRFS anche nella stratificazione dei pazienti per stadio patologico. Tuttavia, la mancata sovrapponibilità delle caratteristiche cliniche delle due coorti di pazienti fa soffrire lo studio di bias di selezione che, ovviamente, non consentono di affermare in maniera conclusiva il vantaggio oncologico della prostatectomia radicale robotica sul tradizionale intervento a cielo aperto. Conclusioni L’e-RALP potrebbe dimostrasi più efficace dell’ORP nel controllo oncologico del tumore prostatico nel follow up a medio-lungo termine. Studi prospettici randomizzati dovranno doverosamente chiarire questo importantissimo aspetto. 144 P139 86° Congresso Nazionale SIU IL TRATTAMENTO DEL CARCINOMA PROSTATICO NEI TRAPIANTATI RENALI; ESPERIENZA DI UN SINGOLO CENTRO S. caroassai grisanti, D. Villari, M. Zanazzi, M. Paoletti, A. Delle Rose, V. Li Marzi, E. Dattolo, G. Nesi, M. Marzocco, G. Nicita (Firenze) Scopo del lavoro E’ noto che i pazienti sottoposti a trapianto renale presentano un rischio maggiore di sviluppare neoplasie rispetto alla popolazione generale. Abbiamo esaminato retrospettivamente l’incidenza del carcinoma prostatico(PCa) nei riceventi di sesso maschile sottoposti a trapianto di rene presso il centro trapianti di Firenze nel periodo 1991 -2013, valutando l’iter diagnostico e terapeutico; analizzando l’outcome oncologico e funzionale del graft. Materiali e metodi Numero totale di trapianti effettuati su ricevente maschio:535.Variabili prese in esame: tempo dialitico,età al momento del trapianto,terapia immunosoppressiva , tempo intercorso tra trapianto e insorgenza del PCa,neoplasie metacrone o sincrone, caratteristiche clinico patologiche della neoplasia,iter terapeutico, outcome oncologico e outcome funzionale del graft. L’analisi della sopravvivenza è stato effettuata secondo il metodo di Kaplan Meier. Risultati Nella coorte di 535 pazienti abbiamo riscontato 15 PCa(2,8%).In 14 casi la diagnosi è stata eseguita mediante agobiopsia mentre in 1 caso nel tessuto di resezione post TURP. Al momento della diagnosi tutti i graft risultavano funzionanti. 11 pazienti (pts) sono stati sottoposti a Prostatectomia Radicale(PR), 1 a wait and watching (WW) 3 a radioterapia con ormonoterapia (RT-OT).Il follow up medio è stato di 51,6 mesi (range 4-170).Solo 1 paziente è deceduto in seguito alla progressione del PCa (tasso di decesso cancro specifico pari al 6,6%).Tre pazienti sono deceduti per cause non correlate al PCa. Nel 40% dei casi abbiamo riscontrato altre neoplasie.L’overall survival a 170 mesi dalla diagnosi di PCa è risultata pari al 35%.Solo 1 paziente è rientrato in dialisi per nefropatia da rigetto cronico.Per la descrizione dei risultati oncologici e terapeutici si rimanda alle tabelle allegate. Discussione In letteratura è dibattuto l’aumento dell’incidenza del PCa nei pts trapiantati renali.Le peculiarità immunitarie di questi pts impongono attenzione nell’attuare scelte terapeutiche che consentano la radicalità oncologica e la preservazione del graft.L’efficacia e la sicurezza delle singole modalità terapeutiche sono in fase di dibattito.Le difficoltà chirurgiche legate alla presenza del graft sono tali da richiedere esperienza oltre che nella chirurgia urologica anche in quella dei trapianti. Conclusioni Nella casistica da noi esaminata il Pca ha dimostrato incidenza del 2,8% simile a quella riportata nella popolazione generale.Il PCa è risultato spesso associato ad altre neoplasie (nel 40% dei casi) ed in particolare a quelle cutanee. I nostri dati evidenziano come sia la PR che e la RT pelvica si sono dimostrate sicure,efficaci e fattibili anche nei pazienti trapiantati, garantendo un tasso di decesso PCa specifico pari al 6,6% e, nello stesso tempo, consentendo il mantenimento funzionale dell’organo trapiantato. Per limitare le possibili complicanze legate alla chirurgia è auspicabile che questa venga eseguita da una equipe di urologi con esperienza trapiantologia. 145 P140 86° Congresso Nazionale SIU NOMOGRAM FOR PROSTATE CANCER RISK IN MEN WITH A PREVIOUS DIAGNOSIS OF PROSTATIC INTRAEPITHELIAL NEOPLASIA (PIN) L. Benecchi, M. Potenzoni, F. Bocchi, L. Perucchini, F. Russo, M. Quarta, M. Tonghini, C. Destro Pastizzaro, C. Del Boca (Cremona) Aim of the study Prostatic intraepithelial neoplasia (PIN) as an isolated diagnostic finding in needle biopsy tissue has previously been associated with subsequent detection of carcinoma in a large number of cases. In most of previous studies, the detection rate was greater than 33%, and in about one half of the series, the proportion of men detected with carcinoma on repeat biopsy was greater than 43%. In contrast, the detection rate after a diagnosis of benign prostatic tissue is around 20%. The aim of this study is to develop a nomogram that would be useful for counseling patients in the decision to repeat prostate biopsy after a previous diagnosis of prostatic intraepithelial neoplasia (PIN) Materials and methods Our prospective institutional review board-approved database of twelve core prostate biopsies performed at our institution from January 2002 to January 2012 was searched for men who repeated prostate biopsy after a previous diagnosis of PIN. A total of 189 men were included in this study. Median age was 69 years (range 51 to 90). Median PSA was 7.2 ng/ml (range 0.7 to 47.6). Logistic regression model to predict the presence of prostate cancer at biopsy was fitted using age, prostate cancer family history, digital rectal examination findings (DRE), PSA, prostate volume and foci of atypical small acinar proliferation (ASAP). Results A nomogram for a positive biopsy was developed from the final logistic regression model findings. For internal validation and to decrease overfit bias models were subjected to 200 bootstrap resamples. Calibration in the large was assessed by comparing the average of observed vs predicted indolent cancers. A calibration slope was calculated with a logistic regression model with the (logit of) the predicted probability as the only covariable. Discussion It is likely that, despite extensive sampling of the prostate, a number of patients with high grade prostatic intraepithelial neoplasia will have cancer missed at baseline due to limitations in our biopsy ability. It is intuitive that small undetectable cancers would be detected at a delayed interval as they continue to grow. Some authorities argue that a PSA increase is an appropriate indicator of a missed cancer, while others recommend serial biopsy in all cases of high grade prostatic intraepithelial neoplasia. In addition to those cancers missed at baseline, if one believes that prostatic intraepithelial neoplasia is a premalignant lesion, some men with no cancer at baseline are likely to have prostate cancer during followup Our model can reasonably predict prostate cancer in patient with a previous diagnosis of PIN. We recognize that a single pathological outcome may not define the presence of a tumor. Nevertheless, our model provides valuable information to a patient who is considering to repat or not a prostate biopsy. P141 86° Congresso Nazionale SIU MRI TRUS/FUSION BIOPSIES: IS MRI ACCURATE IN PREDICTING HIGH GRADE PROSTATE CANCER ? R. Lombardo, A. Cantiani, C. De Nunzio, C. Kastner (Roma) Aim of the study The aim of our study was to determine accuracy of MRI in detecting significant cancer in MRI/TRUS fusion prostate biopsies in patients with previous negative biopsies at increase risk of prostate cancer. Materials and methods A consecutive series of patients underwent transperinal targeted prostate biopsies using MRI/TRUS Fusion technology after previous negative biopsies . Each patient underwent pelvic 3 T MRI (T1, T2, DWI and ADC map) before biopsy and lesions on the MRI were characterized as non suspicious, suspicious or very suspicious. If lesions were present on MRI, they were contoured and fused to a live transrectal ultrasound image in order to target the suspected lesions. In addition to these targeted biopsies additional sector biopsies were taken. If no lesions were identified standard sector biopsies were taken. Age, PSA, DRE, prostate volume, number of cores and Gleason score on histological analysis were recorded. The prostate was divided in 12 sectors and each sector was analyzed to see correlation between MRI and Histology. Low grade disease was defined as gleason 7 (3+4) or lower and high grade was defined as gleason 7 (4+3) or higher. Results 108 patients were analyzed retrospectively. At the time of biopsy, median age was 64 (IQR=58/68) years, median PSA was 9.6 (IQR=6.6/13.2)ng/ml, median prostate volume was 55 (IQR=39/82)ml and the median number of cores for each biopsy was 30 (IQR=27/33). Overall 5/108 (5%) complications were recorded, out of them 4 were acute urinary retentions and 1 bleeding that didn’t require intervention. A total of 1082 sectors were analyzed and out of them 172/1082(15%) were positive on MRI. Positive sectors were: 30/172 (17%) score 3, 53/172 (31%) score 4 and 89/172 (52%) score 5 while no score 2 was given. Out of all 161/1082 (15%) had cancer and 99/161 (61%) had low grade disease while 62/161(39%) had high grade disease. In the analysis per sector MRI reached a negative predictive value of 89%, a positive predictive value of 36% and an accuracy of 79%. On univariate analysis age(p=0.000), PSA(p=0.000) and score (p=0.000) correlated with the presence of cancer. Moreover on univariate analysis Age (p=0.000), PSA (p=0.000) and score (0.0020) correlated with high grade disease. On multivariate analysis Age was found to increase by 6.1% per unit the risk of having cancer, PSA increased it by 3.1 % and score on MRI by 6.2%. Risk of high grade disease is increased by 8.6% per unit of age and by 7.5% per unit of PSA. Discussion The high negative predictive value could avoid unnecessary biopsies or decrease number of biopsies with lower morbidity rates. Moreover MRI score could be included in normograms in order to improve detection of significant cancer. However improving and standardization in prostate MRI reading is still necessary. Conclusions The use of MRI/TRUS fusion biopsy is a very good option for patients with previous negative biopsies and ongoing suspicion of cancer. Conclusions We successfully developed a model that would be useful for counseling patients in the decision to repeat prostate biopsy after a previous diagnosis of prostatic intraepithelial neoplasia. 146 147 P142 86° Congresso Nazionale SIU EVALUATION OF PROSTATE-SPECIFIC ANTIGEN ISOFORM P2PSA AND ITS DERIVATES, %P2PSA, PROSTATE HEALTH INDEX PHI AND P2PSA DENSITY IN THE DETECTION OF PROSTATE CANCER AT FIRST BIOPSY: AN EXPLORATORY, PROSPECTIVE STUDY L. Mearini, C. Ferri, M. Lazzeri, V. Bini, E. Nunzi, D. Fiorini, G. Manasse, M. Porena (Perugia) Aim of the study Aim of current study is to confirm the accuracy of serum proPSA (p2PSA) and its derivatives, %p2PSAto-freePSA (%p2PSA), Prostate Health Index (PHI) and to test the value of p2PSA density p2PSAD in discriminating between patients with and without PCa. Materials and methods This is a prospective cohort study of patients with a total PSA (tPSA) range of 2–10ng/ml who underwent initial prostate biopsy. The primary end point was to evaluate the diagnostic accuracy of index tests in determining the presence of PCa at biopsy in comparison to tPSA, %fPSA-to-tPSA (%fPSA), PSA density (PSAD); the secondary endpoint was to evaluate the predictive value of p2PSA-volume-adjusted expressed as p2PSA density. Multivariable logistic regression models were complemented by predictive accuracy analysis and decision curve analysis. Results PCa was diagnosed in 31.2% of cases. Median tPSA did not differ between groups, while PSAD, %fPSA, p2PSA, %p2PSA, PHI and p2PSAD (all p Discussion Current study analyzed and confirmed, in a prospective cohort subjects, the superior diagnostic accuracy of %p2PSA and PHI in the detection of prostate cancer. The p2PSA density, expressed by the ratio p2PSA/ prostate volume, was statistically different between patients with PCa vs patients without PCa (p Conclusions Considering patients suited for initial prostate biopsy by a tPSA range of 2–10ng/ml, %p2PSA and PHI confirmed as strong predictors of PCa. The p2PSA density has been shown to differentiate between patients with or without PCa, with an AUC of 0.71, offering a 5% gain in accuracy respect to tPSA, %fPSA and PSAD. P143 86° Congresso Nazionale SIU MRI TRANSPERINEAL PROSTATE BIOPSIES- ARE THERE ANY BENEFITS IN MRI/TRUS FUSION TARGETING OVER COGNITIVE DETECTION? R. Lombardo, A. Cantiani, C. De Nunzio, C. Kastner (Roma) Aim of the study Recently the improvements in diagnostics for prostate cancer have accelerated due to a significant development in MRI technology. We compare targeting accuracy and detection rate of MRI/TRUS fusion technique over cognitive direction during transperineal prostate biopsies in patients with persistent suspicion of cancer after initial negative standard biopsy from three European centres. Materials and methods Records of patients from three centres with persistent suspicion of carrying prostate cancer after previous negative biopsy were reviewed. 407 patients having undergone MRI/TRUS fusion transperineal prostate biopsies (MTTP) or cognitive MRI directed transperineal prostate (cognTP) biopsies were selected forming two cohorts of patients. 263 patients underwent MTTP and 144 underwent cognTP. All patients had multiparametric MRI prior to biopsy. The MRI was reported and lesions were highlighted on the images. For MTTP biopsies the image was fused to a live transrectal ultrasound image for guidance of lesion biopsies. During the cognTP biopsies the surgeon had MRI images available on a separate screen in theatre. In addition sector biopsies were taken preferentially from the peripheral zone dividing the prostate into six sectors for guidance. If MRI was negative normal TP biopsies were taken in both groups. Age, PSA, Prostate Volume, number of previous biopsies and number of cores were recorded. Low grade disease was defined as Gleason 7 (3+4) or lower and high grade disease was defined as Gleason score 7 (4+3) or higher. Statistical analysis was made using SPSS 16 software with chi-square correlation test for categorical variables and Mann-Whitney for continuous variables. Results Mean age for the MTTP group was 64 ± 7 years and for cognTP 64 ± 7 years, respectively mean PSA was 10,9 ± 7.5 ng/ml and 9.7±6.5; mean prostate volume was 56±27 ml and 60 ± 31 ml; mean number of previous biopsies was 1,7±1 and 1,1 ±0,7 and mean number of cores was 26 ± 5 and 28 ± 13 cores. No differences beside for the number of cores (p=0.000) was found in these terms. Detection rate of cancer in the MTTP group was 122/263 (46%) and in the cognitive group 67/144(46%) (p=1.000). High risk disease was found in 46/122 (38%) and 19/67 (28%) patients (p=0.203) respectively. In the MTTP group 192/263 (73%) had a lesion on MRI and 137/144 (95%) in the cognTP. Correlation of MRI lesion and positive biopsy core location was found to be 92/192(48%) in the MTTP group and 40/137 (29%) in the cognTP group with a statistically significant difference(p=0.001). Discussion Our data shows how MRI/TRUS fusion technology compared to cognitive MRI direction offers the advantage of a more precise sampling of lesions found on MRI during transperineal biopsies in patients with previous negative biopsies still at risk of prostate cancer. However, accuracy in terms of MRI reading still needs improvement. Conclusions MRI/TRUS fusion is a very good option for patients undergoing second prostate biopsies. 148 149 P144 86° Congresso Nazionale SIU TRANSPERINEAL LIMITED SECTOR SATURATION BIOPSY (TLSSB) IS AS ACCURATE AS TRANSPERINEAL EXTENDED SATURATION BIOPSY (TESB) IN PROSTATE CANCER DETECTION: LESS CORES SAME RESULTS C. Fiorito, L. Carmona Echevarria, P. Gontero, C. Filippini, C. Negro, D. Nurse, R. Popert, G. Muir (Torino) Aim of the study To compare 2 techniques of saturation prostate biopsy (SPB), differentiated by number of cores and scheme of sampling. Materials and methods 118 patients undewent SPB, 59 underwent transperineal extended saturation biopsy (TESB), 59 transperineal limited sector saturation biopsy (TLSSB). Indications for SPB were: persistently raised PSA, suspicious digital rectal examination (DRE) after negative biopsy, mHGPIN/ASAP on prior biopsy and restaging for active surveillance (AS). For both techniques the setup was the one used for brachytherapy, with a grid to address the sampling. In TESB the number of cores was linear function of the prostate volume: 1 up to 5 cores, depending on the volume, were taken from each of the 24 areas shown in Figure 1a. As shown in Figure 1b, in TLSSB the prostate was divided into sectors. 4 cores were taken in each sector, from medial to lateral aspect. Right and left base were sampled only for prostates > 50 cc. Overall, 24 cores were taken for prostates ≤ 50 cc, 32 for prostates > 50 cc. Results No differences were detected between 2 groups neither on continuous variables (age, PSA, prostate volume), nor on categoric variables (indications to perform SPB, DRE). On univariate analysis none of 2 techniques appeared to be superior in detection rate (TESB 54.2% TLSSB 40.6% p=0.02). On logistic regression analysis TLSSB showed overall a worse performance in terms of detection rate compared to TESB (OR 0.4 CI 95% 0.185-0.973). Interestingly, when considering only patients with clinical indication to SPB (excluding AS patients) no differences appeared to be present in detection rate (TLSSB vs TESB OR 0.386 CI 95% 0.123-1.210). Among AS patients, overall 65% had an upgrade, 75% in TESB, 50% in TLSSB group. Discussion Despite SPB is a widespread technique, it is not clear neither the ideal timing, nor the optimal number of cores. Our study compares 2 techniques of SPB, different for scheme and number of cores. Our detection rate is in line with the literature. We observed a weak difference only on multivariate analysis in favor of TESB when considering all patients. Such difference disappeared when considering only non-AS patients. Increasing the number of cores over 10-12 does not lead to an increase of detection rate at first biopsy. Our results confirm the same trend in SPB, suggesting that anatomic distribution is more relevant than high number of cores. We observed more upgrades in AS group with TESB. This is related to the risk of sampling the same small lesion more times, giving a false impression of high volume cancer and consequent overstaging. Conclusions TLSSB showed a detection rate comparable to TESB and other published series. In AS patients, high number of cores may lead to oversampling, with consequent overstaging and risk of overtreatment. This must be taken in account when SPB is used to re-stage AS patients. The scheme we propose suggests that a wiser distribution of cores results in optimal sampling, avoiding overstaging, keeping adequate the detection rate. 150 P145 86° Congresso Nazionale SIU MRI/TRUS FUSION AGAINTS MD ANDERSON PROTOCOL AGAINTS TRANSPERINEAL SECTOR PROSTATE BIOPSIES: A COMPARATIVE STUDY A. Cantiani, R. Lombardo, C. Pellegrino, C. De Nunzio, C. Kastner (Roma) Aim of the study Biopsy detection of prostate cancer remains imperfect, limited by over detection of indolent tumors and under detection of clinically relevant cancers.compare differences in terms of detection rate and efficacy between TP biopsies, MDA biopsies and TRUS/FUSION biopsies in patients with previous biopsies still at risk of prostate cancer. Materials and methods A consecutive series of patients with previous negative biopsies were analysed. Patients needed rebiopsy either because of rising PSA, suspicious changes in the previous biopsy, abnormal DRE or combination of theese. Patients underwent either transperineal sector biopsies , MD Anderson prostate biopsies or MRI/ TRUS fusion biopsies. The MD Anderson (MDA) protocol biopsy which involves transrectal sampling of both peripheral and transitional zones, zonal transperineal template (TPT) biopsy which offers the advantage of more comprehensive access to the prostate. Patients that underwent TRUS/fusion transperineal targeted biopsies underwent a 3T MRI prior to the biopsy, lesions on the MRI were contoured and the image was fused to a live transrectal ultrasound image in order to biopsy the lesions, in addition to those standard sector biopsies were taken. Low grade disease was defined as Gleason 7 (3+4) or lower and high grade disease was defined as gleason score 7 (4+3) or higher. Statistical analysis was made using SPSS 16 software with chi-square correlation test for univariate analysis and binary logistic regression for multivariate analysis. Results 738 patients were recorded retrospectively in 2 centers. 188 patients underwent transperineal(TPT) sector biopsies, 349 underwent MDA protocol biopsies and 201 underwent MRI/TRUS fusion biopsies. Mean age was 65±7 years, mean PSA was 12.21±10.6 and mean volume was 58±29. No differences between groups were found in these terms. Detection rate of cancer in the TPT group was 79/188 (42%), in the MDA group was 106/243 (30%) and in the TRUS/FUSION group was 107/201 (53%) (p=0.000). Detection rate of high grade disease was found to be respectively 20/79 (25%) in the MDA group, 22/106 (21%) and 40/107 (37%) in the TRUS/FUSION group (p=0.031). Discussion MRI/TRUS fusion as second biopsies show very good results in terms of detection rate of cancer and high grade disease. Diagnosis of high grade cancer and avoidance of unnecessary treatment are one of the main problems for urologist nowadays. MRI/TRUS fusion biopsies could enhance accuracy of prostate diagnosis in a safe way giving the fact that transperineal biopsies do not carry the risk of sepsis. Conclusions From our experience MRI/TRUS fusion should be preferred to MDA or TPT in order to improve not only detection rate of tumours but also of high grade disease. Cost/effectiveness studies are required to validate other aspects of MRI/TRUS fusion biopsies. 151 P146 86° Congresso Nazionale SIU P147 86° Congresso Nazionale SIU EVALUATION OF CONCORDANCE BETWEEN BIOPSY AND RADICAL PROSTATECTOMY GLEASON SCORE IN INTERNAL AND EXTERNAL PATHOLOGICAL ANATOMY FACILITIES CORRELATION BETWEEN LEPTIN PLASMATIC LEVELS IN NON-OBESE PATIENTS AND DETECTION RATE AT PROSTATE BIOPSY A. Grasso, C. Palumbo, G. Randi, G. Cozzi, E. De Lorenzis, A. Conti, M. Talso, A. Tafa, M. Serrago, G. Albo, B. Rocco, F. Rocco (Milano) V. Serretta, S. Scurria, G. Caruana, C. Pavone, S. Caruso, G. Cicero, G. Rinaldi, A. Russo, F. Torretta (Palermo) Aim of the study Biopsy Gleason score (bGS) is an important tool for staging and decision making in patients with prostate cancer. Therefore, the data from biopsy should be both reproducible across different pathologists and predictive of the true underlying tumour. We evaluated the agreement between bGS with prostatectomy Gleason score (pGS) comparing patients who underwent prostate biopsy at our hospital with those who did it at an outside facility. We also evaluated the correlation between agreement of GS and proportion of positive biopsy cores (median value of 30%). Aim of the study Prostate tumors diagnosed in patients with elevated Body Mass Index (BMI) show higher Gleason score and more aggressive biological behavior than those diagnosed in normal population. To reduce the number of negative prostate biopsies and to detect clinical significant prostate tumors in patients with elevated serum PSA represents a major challenge in urological oncology. Elevated plasmatic levels of leptin, and other adipose tissue derived factors (adipokines), are evident in obese men. Many studies have investigated the role of leptin as a putative molecular mediator between obesity and prostate cancer with contradictory results. Also in normal or overweight (BMI < 30) men, leptin might represent a marker of tumor aggressiveness and an useful tool in selecting patients undergoing prostate biopsy. Materials and methods We retrospectively analyzed patients who underwent robot-assisted radical prostatectomy at our hospital in 2011 and 2012. Patients were divided depending on the site of prostate biopsy. Group 1: biopsy taken in our facility; group 2 biopsy taken outside. GS were grouped as /=8. We calculated a weighted κ statistic (that assigns different weights to subjects for whom the raters differ by categories) to evaluate the concordance from bGS and pGS in the two groups and to evaluate the GS concordance comparing the proportion of positive cores at biopsy. Results A total of 125 patients with completed data were identified (69 patients performed biopsy at our institution and 56 at an outside facility). The weighted κ score for GS agreement was 0.40 for our institution and 0.27 for other facilities (table 1). The weighted κ score stratified by biopsy hospital for patients with at least 30% of positive cores was 0,46 for our hospital and 0,42 for other facilities (table 2). Discussion Several studies have investigated the correlation between the bGS and pGS, demonstrating discrepancy, especially upgrading from biopsy to prostatectomy specimens. The agreement values (weighted ĸ) range from 0.41 to 0.64 for core needle biopsies, and this seems in line with literature. Differences in the two groups might be possibly explained by differential expertise of pathologists, considering that some outside facilities are less likely to have dedicated genitourinary pathologists. It also must be noted that in our hospital the same team of pathologists read both the prostate biopsy and the final surgical specimen, possibly contributing to increase concordance. The increment of the proportion of positive cores increases the concordance between the two groups. One explanation might be that with the increase of tumour volume, the cancer characteristics are better identified by the pathologist. Major limitations of the study are its sample size and retrospective nature. Conclusions Internal prostate biopsy predicted pGS better than outside facility biopsy reports. When the percentage of biopsy positive cores increases, the agreement between bGS and pGS is similar between the two groups. For certain cases in which an outside laboratory biopsy results in equivocal clinical decision, biopsy re-evaluation by internal pathologists can help revealing the true underlying tumour architecture and extension. 152 Materials and methods Only patients undergoing prostate biopsy for PSA level above 4 ng/ml and/or suspicious palpable prostate nodule, were entered in our preliminary study. The plasmatic level of Leptin was measured by BioPlex immunoassay in 50 patients, 15 (30%) of them with a previous negative biopsy. A 12-core transrectal biopsy was planned. The serum leptin levels were related with the results of the biopsy and the PSA levels. ROC curve analysis was exploited to test the diagnostic accuracy of leptin by AUC calculation. A potential cut-off level was computed. Results The median PSA was 6.8 ng/ml. A prostate nodule was palpable in 18 (36%) patients. The median prostate volume was 45cc. Prostate cancer was detected in 25 (50%) and ASAP and PIN in 2 more patients respectively. At a cut-off value of 2.16 ng/ml, leptin demonstrates a sensitivity of 74% and a specificity of 75%. Sixteen patients (32%) had negative leptin and negative prostate biopsy in spite of elevated PSA and/ or palpable nodule. Discussion Meta-analyses of observational studies have found body mass index to be positively associated with risk of advanced and fatal prostate cancer and treatment failure. Adipokines, like leptin, may mediate this association. We examined the association of leptin with cancer detection rate at biopsy within an exploratory study design. The high sensitivity and specificity values, although promising, are obtained in selected patients at high risk for prostate cancer. Nevertheless, our results are encouraging, suggesting that leptin might represent an useful marker. Conclusions Leptin in our preliminary study shows promising diagnostic accuracy for the selection of patients candidate to prostate biopsy. Further and larger studies are needed to confirm our results. Adiponectin should be also considered in further research. 153 P148 86° Congresso Nazionale SIU P149 86° Congresso Nazionale SIU NATURAL HISTORY OF HIGH-GRADE PROSTATIC INTRAEPITHELIAL NEOPLASIA (HGPIN) AND ATYPICAL SMALL ACINAR PROLIFERATION (ASAP): WHAT HAPPENS IN THE LONG TERM? PRELIMINARY RESULTS OF A MULTI-INTISTUTIONAL LONG-TERM SERIES EFFETTO DELLA SERENOA REPENS (PERMIXON) SULL’ESPRESSIONE DEI GENI CORRELATI ALL’INFIAMMAZIONE E SULL’ ATTIVAZIONE DELL’NFKB IN COLTURE PRIMARIE DI CARCINOMA PROSTATICO S. Giona, F. Pisano, M. Barale, S. Joniau, B. Frea, P. Gontero (Torino) S. Cattarino, I. Silvestri, A. Aglianò, S. Scarpa, S. Salciccia, M. Innocenzi, F. Minisola, L. Frati, V. Gentile, A. Sciarra (Roma) Aim of the study High-grade prostatic intraepithelial neoplasia (HGPIN) and atypical small acinar proliferation (ASAP) are histologic findings on prostate biopsy, considered to be predictors of subsequent prostate cancer (PCa). The long-term natural history of HGPIN and ASAP, however, remains poorly understood. Up-to-date, no large series have addressed this issue and the ideal follow-up strategy is yet to be defined. Aim of the current study is to shed light on the natural history of HGPIN and ASAP evaluating a large, multicentric series of patients who have undergone extended prostate biopsies. Materials and methods This is a multicenter study which involved the Department of Urology of Molinette Hospital of Turin and the Department of Urology of University Hospitals of Leuven Individual patients’ data were retrospectively collected for 502 Patients who had a bioptic diagnosys of HGPIN or ASAP between 2001 and 2009. Patients were contacted by phone for updating follow up on prostate cancer status and offered a clinical appointment. We considered as primary end points the long term probability of being free from a diagnosis of prostate cancer. Continuus variables were expressed as mean and standard deviation or median and interquartile range when non-normal. The analysis of survival was performed with Kaplan Mayer method. Results Mean age at first biopsy was 64.8 years (SD 7.1), median PSA at first biopsy was 6 ng/ml (IQR 4,8-8,7). At enrollment 205 (40.8%) cases were ASAP, 95 (18,9%) monofocal and 202 (40,2%) widespread HGPIN. Median PSA values were not statistically different among these groups (p=0,02). 52 (10,36%) patients had a re-biopsy within 3 months, 119(23,7%) between 3 and 6 months, 179 (35,66%) between 6 and 12 months, 159 (31,67%) between 1 and 3 and 71(14,4%) after 3 years. At a median follow up of 4,6 years (IQR 3,5-6,0) , 113 (22.5%) subjects were diagnosed a prostate cancer, 51 (45.1%) of whom underwent a prostatectomy. 27 (7.7%) patient died, 2 (2,2%) of these due to a prostate cancer. The probability not to be diagnosed with prostate cancer at 4.6 years was 63.6% ( IC 95% 56.9-69.5) which was statistically different (log rank p=0.001) between monofocal HGPIN (83.9, IC 95% 66.3-92.8), widespread HGPIN (68.1%, IC 95% 56.4-77.4) and ASAP cases (53.5, IC 95% 43.9-62.3). Median time to cancer diagnosis was 1.6 years (IQR 0.7-3.6). In the univariate survival model, ASAP and widespread HGPIN respectively conferred an HR= 3.3 (IC 95% 1.6-7.0) and of 2.2 (IC 95% 1.2-4.8) of developing a prostate cancer. Scopo del lavoro Lo scopo del nostro studio è stato analizzare l’espressione di citochine e chemochine infiammatorie e l’attivazione dell’NFKB in linee cellulari PC3 e LNCaP e per la prima volta in colture cellulari primarie di carcinoma prostatico. Inoltre abbiamo valutato l’effetto della Serenoa Repens (Permixon) su tali fattori determinando l’effetto del farmaco sul processo proliferativo-apoptotico, correlandolo con l’espressione infiammatoria e l’attivazione dell’NFKB. Materiali e metodi E’ stata valutata l’espressione dei seguenti geni: IL-6, CCL-5, CCL-2, COX-1, COX-2 e iNOS in vitro (linee cellulari LNCaP e PC3) ed in vivo in campioni di tessuto prelevati da 40 pazienti affetti da adenocarcinoma prostatico e sottoposti a prostatectomia radicale. Tutte le colture cellulari sono state trattate con Serenoa Repens (Permixon) a dosi di 44 e 88 microg/ml a differenti tempi di incubazione (16,24,48 e 72 ore). Sono stati analizzati: l’espressione dei geni correlati all’infiammazione, la crescita cellulare intesa come risultato dei processi proliferativi-apoptotici e l’attivazione dell’NFKB in cellule trattate e non trattate mediante le seguenti metodiche: analisi semi-quantitativa, conta cellulare mediante XTT (Cell Proliferation kit SigmaAldrich) e immunofluorescenza, rispettivamente. Risultati E’ stato osservato una riduzione significativa (p Discussione L’effetto inibitorio della Serenoa Repens (Permixon) sulla crescita cellulare può essere correlato in parte alla riduzione dell’attività infiammatoria ed in parte all’attivazione dell’NFKB. Ulteriori studi sono necessari per capire il ruolo dell’NFKB nei processi infiammatori proliferativi apoptotici correlati alla carcinogenesi prostatica. Conclusioni I risultati della somministrazione della Sereonoa repens dimostrano una riduzione dei fattori dell’infiammazione sia in line cellulari sia in colture cellulari primarie. Discussion A ASAP increases significantly the risk of PCa detection compared to HGPIN monofocal. It is not known whether continuous long term repeat biopsy may have increased the probability of prostate cancer diagnosis. Conclusions 63.6% of patients with an initial biopsy of ASAP or HGPIN remain free from a clinical diagnosis of prostate cancer up to 9 years of follow up. 154 155 P150 86° Congresso Nazionale SIU L’ANALISI MOLECOLARE DI SEQUENZE DI DNA DI POLIOMAVIRUS UMANO DIMOSTRA UN’ELEVATA INCIDENZA DI JVC IN PZ AFFETTI DA CARCINOMA PROSTATICO: RISULTATI PRELIMINARI S. Cattarino, E. Anzivino, A. Bellizzi, V. Pietropaolo, M. Innocenzi, F. Minisola, V. Gentile, A. Sciarra (Roma) Scopo del lavoro L’infiammazione prostatica, causata da numerosi fattori tra cui le infezioni sessualmente trasmesse, sembra essere coinvolta nella eziopatogenesi e nella progressione del tumore della prostata (CP) e dell’ipertrofia prostatica benigna (IPB). Anche alcuni agenti responsabili di infezioni non sessualmente trasmesse, come il BKV umano (hPy), sembrano essere coinvolti nel processo di carcinogenesi. Attualmente solo due studi hanno dimostrato che il JVC è correlato al carcinoma prostatico. Sulla base di queste considerazioni, in questo studio abbiamo cercato le sequenze di DNA di JVC. Materiali e metodi Abbiamo sequenziato, attraverso un analisi qualitativa, le regioni trascrizionali TCR e le regioni VP1 nelle urine, plasma, cellule mononucleate del sangue periferico (PBMC) e in tessuto prostatico maligno e benigno ottenuto da 15 pazienti sottoposti a prostatectomia radicale. I campioni di urina e plasma sono stati anche analizzati mediante metodica quantitativa per stabilire il livello di reazione virale al momento dell’intervento chirurgico. Risultati Il JVC è stato trovato in 14 su 15 (93%) pazienti analizzati -in 9 su 15 campioni di CP e IPB, in 2 su 14 campioni di plasma, in 10 su 14 campioni di PBMC e in 8 su 14 campioni di urine- e il BKV è stato trovato 4 su 14 (7%) pazienti analizzati -in 3 su 14 campioni di plasma e 2 su 14 campioni di urine. In 4 pazienti sono stati trovati entrambe i virus. L’analisi delle sequenze TCR ha dimostrato per entrambe i virus la presenza di una struttura archetipica con alcune sostituzioni di singoli nucleotidi. Queste sostituzioni di nucleotidi trovate nelle sequenze TCR di BKV sono rappresentative del sottotipo II identificato nell’analisi delle sequenze VP1 mentre quelle identificate nelle sequenze TCR di JCV corrispondono a sequenze polimorfiche conosciute. Discussione Nonostante il ristretto numero di pz analizzati, il nostro studio ha dimostrato la presenza di sequenze di DNA di JCV in 60% di CP e IPB, confermando i risultati dei precedenti studi nei quali il JCV è stato definito un comune germe della prostata aprendo un futuro dibattito sul suo potenziale ruolo nella carcinogenesi prostatica. Conclusioni L’analisi della regione del gene VP1 del JCV mostra una predominanza del tipo 1B (71%). Attraverso un’analisi quantitativa abbiamo dimostrato che i pz JCV + presentano un elevato livello di viruria e viremia se paragonati ai pz BKV +. Questa differenza è principalmente evidente nei campioni di urine e plasma di 3 su 4 pazienti risultati co-infetti. 156 P151 86° Congresso Nazionale SIU HEAD-TO-HEAD COMPARISON OF LYMPH NODE DENSITY AND NUMBER OF POSITIVE LYMPH NODES IN STRATIFYING THE OUTCOME OF PATIENTS WITH LYMPH NODE POSITIVE PROSTATE CANCER SUBMITTED TO RADICAL PROSTATECTOMY AND EXTENDED PELVIC LYMPH NODE DISSECTION N. Passoni, M. Bianchi , F. Abdollah, A. Gallina, N. Suardi , M. Tutolo, N. Fossati, R. Damiano, F. Cantiello, R. Colombo, C. Cozzarini, A. Salonia, P. Rigatti, . Guazzoni, F. Montorsi, A. Briganti (Milano, Italia ) Scopo del lavoro The aim of this study was to compare the ability of lymph node density (LND) and of the number of positive lymph nodes in predicting cancer-specific survival (CSS)in patients with prostate cancer (PCa) and lymph node invasion (LNI) at radical prostatectomy (RP). Materiali e metodi We included 568 patients with LNI treated with RP and extended pelvic lymph node dissection (ePLND) between January 1990 and July 2011 at a single tertiary referral center. ePLND consisted of removal of external iliac, hypogastric, obturator +/- pre-sacral and common iliac lymph nodes. Kaplan Meier method and multivariable Cox regression models tested the association between number of positive lymph nodes or LND and CSS. The predictive accuracy of a baseline model including only pathological stage was assessed using the Harrel′s concordance index and then compared with that of a model including either the number of positive nodes or LND. Risultati The median number of positive lymph nodes was 2, while the median LND was 11.1%. At 5, 8 and 10 years, CSS rates were 92.5%, 83.9% and 82.8%, respectively. At multivariable analyses, the number of positive lymph nodes and LND, considered as continuous variables, were both independent predictors of CSS (all p ≤.01). A 30% LND cut off was found to be the most informative cut-off value for CSS (p=0.004). Similarly, two positive nodes cut-off was found to be a strong predictor of CSS (p=0.02). CSS rates at 5 and 10 years were 94.6 and 87.0% for patients with 1 and 2 positive lymph nodes, and 87.6 and 73.0% for patients with >2 positive nodes (p = 0.003). Similarly, CSS rates at 5 and 10 years were 94.1 and 85.2%, respectively, for men with LND ≤30%, and 83.8% and 71.0%, respectively, for men with LND > 30% (p 30% and ≤2 vs. >2 for LND and number of positive nodes, respectively ; all p≤0.02). Discussione The number of positive lymph nodes and LND showed comparable discriminative power for long term CSS predictions. Conclusioni A cut-off of 2 positive lymph nodes or 30% LND might be suggested for the selection of candidates for adjuvant systemic therapy, provided that men are treated with an anatomically defined ePLND. 157 P152 86° Congresso Nazionale SIU DISCORDANT FINDINGS BETWEEN CHOLINE-PET/CT AND BONE SCAN IN DETECTING BONE METASTASES OF PROSTATE CANCER: A BICENTRIC EXPERIENCE AND A META-ANALYSIS OF THE LITERATURE. F. Zattoni, G. Andrea, L. Evangelista (Padova) Scopo del lavoro Radiolabelled choline-PET/CT and bone scan are both used for detecting bone metastases of prostate cancer. To date, there is an open debate between the experts whether choline-PET/CT could substitute bone scan to this regard. The aim of our study was to evaluate the pooled prevalence of discordant findings between these methods in this setting presenting the results of a bicentric experience associated to a metaanalysis of the literature, in order to establish whether one of these methods could be really omitted. Materiali e metodi Choline-PET/CT and bone scans both performed in patients with prostate cancer for staging or restaging at the Oncology Institute of Southern Switzerland and Oncology Venetian Institute were retrospectively reviewed. Scintigraphic findings were considered positive or negative based on histology or clinical/ imaging follow-up. The prevalence of discordant findings on a per patient-based analysis was calculated. Furthermore a systematic review of the literature was carried out including articles in which both methods were performed in prostate cancer patients without selection bias. Data about discordant findings were retrieved by these articles. Finally, the overall pooled prevalence of discordant findings (including 95% confidence intervals) was calculated using the statistical software StatsDirect. Risultati One hundred fifty-two patients (mean age: 70.1±6.9) who performed both methods were included in our centers. Concordant findings were found in 126 cases (82.9%), discordant in 26 (17.1%). In 11 cases (7.2%) choline-PET/CT was positive and bone scan was negative/inconclusive for metastases, whereas in 15 cases (9.9%) bone scan was positive and choline-PET/CT was negative. Pooling these data with those obtained from 14 articles in the literature including other 782 patients, the overall prevalence of discordant findings was 8.2% (95%CI: 5-12%). Choline-PET/CT was positive and bone scan negative/inconclusive in 5.8% (95%CI: 3.4-8.7%) of cases, whereas bone scan was positive and choline-PET/CT negative in 2.4% (95%CI: 0.8-4.9%), without a statistically significant difference about the prevalence of these two groups. Discussione Discordance rate between choline-PET/CT and bone scan in prostate cancer patients is not negligible. There is not a statistically significant difference between the prevalence of patients with choline-PET/ CT positive and bone scan negative/inconclusive and those with bone scan positive and choline-PET/CT negative. P153 86° Congresso Nazionale SIU HIGH RISK AND VERY HIGH RISK PROSTATE CANCER AND THE ROLE OF CHOLINE PET/CT AT INITIAL STAGING A. Guttilla, F. Zattoni, L. Evangelista, A. Cervino, M. Gregianin, G. Saladini, F. Zattoni (Padova) Scopo del lavoro To prospectively evaluate the role of 18F-fluorocholine (FCH) positron emission tomography (PET)/ computed tomography (CT) in the preoperative staging of patients with prostate cancer at high and very high risk of recurrence, according to National Comphrensive Cancer Network (NCCN) classification (version 2.2013). Materiali e metodi 30 patients with prostate cancer (median age: 67 years; range: 57-85 yrs) and very or very high risk of recurrence (cT3-T4 or Gleason score ≥ 8 or PSA value≥ 20 ng/mL) were prospectively enrolled between July 2010 and December 2012. Five patients were subsequently excluded. All patients underwent FCH PET/ CT before surgical or other treatments, although seven subjects were already on hormonal therapy (HT) with LH-RH analogues. Imaging was performed with an integrated PET/CT system after injection of 3 MBq FCH per kilogram of body weight with acquisition of whole-body images. In 11 patients, radical prostatectomy with extended pelvic lymph node dissection was performed, two were treated by the association of external radiation therapy and HT, 10 started HT and two continued on going HT. Statistical analysis was performed on a per-patient basis. Risultati out of 25 patients, 11 (44%) had a positive PET/CT finding in prostate gland, seven (28%) in prostate and loco-regional lymph nodes, three (12%) in prostate, lymph nodes and bone and in four (16%) cases only in prostate and bone. The median SUVmax in prostate gland was 7.82 (range 3.01-17.91), and the lowest value was found in a patient undergoing HT. The SUVmax of lymph nodes ranged between 1.51-15.89 and the value was correlated with the size of lesions (r=0.93; p Discussione FCH PET/CT seems useful in the evaluation of patients with prostate cancer who are at high and very-high risk for distant metastases. Conclusioni FCH PET/CT could be used preoperatively for excluding distant metastases and for tailoring the best treatment approach. Conclusioni To date, a clear superiority of one method on the other in detecting bone metastases of prostate cancer is not evident. Large prospective studies are needed to assess the factors which could guide the choice of the best scintigraphic method in this setting. 158 159 P154 86° Congresso Nazionale SIU ARE THE EFFORTS TOWARDS PROSTATE CANCER EARLY DETECTION ASSOCIATED WITH A SIGNIFICANT REDUCTION IN TUMOR VOLUME? AN ANALYSIS STRATIFIED ACCORDING TO RISK CATEGORIES G. La Croce, S. Nazareno, A. Gallina, U. Capitanio, N. Fossati, R. Matloob, A. Salonia, R. Bertini, M. Moschini, R. Damiano, F. Cantiello, M. Freschi , C. Doglioni , G. Guazzoni , F. Montorsi, A. Briganti (Milano) Scopo del lavoro The introduction of early detection policies in prostate cancer (PCa) has resulted in a significant increase in the number of diagnoses. However, whether the impact of such policies have affected tumor volume in radical prostatectomy (RP) specimens is unknown. We thus tested the variation in tumor volume over time in a large population of patients treated with RP stratified according to PCa characteristics Materiali e metodi We analyzed prospectively collected data of 2308 patients affected by PCa and treated with RP between 2006 and 2012 in a single tertiary care referral center. Patients treated with neo-adjuvant hormonal therapy were excluded from the study. Tumor volumes were calculated by visual inspection. Patients were stratified in three risk groups: low (PSA < 10 ng/ml, clinical stage T1c and Gleason score 6 or less), high (PSA >20 ng/ml, clinical stage T3 or Gleason score 8-10) and intermediate (all the remaining). The analyses targeted the variation of tumor volume over time within each risk group. Linear regression analyses were used to investigate the relation between date of surgery and tumor volume in each risk group. Risultati Mean and median age at diagnosis was 63.9 and Mean and median tumor volume at RP was 4.8 and 2.85 ml, respectively (range: 0.12-68.6). Overall, 40.2, 43.7 and 16.2% of patients were affected by low, intermediate and high risk PCa, respectively. Mean tumor volume was 2.82, 4.66 and 10.08 ml in low, intermediate and low risk patients, respectively (p Discussione The efforts towards early stage PCa detection has resulted in a significant reduction of tumor volume in patients diagnosed with low and intermediate PCa. However, a non negligible proportion of these patients might not even need active treatment. Conversely, such reduction was not valid for patients affected by high risk PCa where local tumor burden remained stable over time Conclusioni Efforts should be made to decrease tumor burden specifically in those patients where active treatment has the highest impact in order to increase patient outcomes. 160 P155 86° Congresso Nazionale SIU CHANGING AND UNCHANGING FACE OF HIGH RISK PROSTATE CANCER. RESULTS FROM A 15YEAR, SINGLE INSTITUTION SERIES. V. Cucchiara, U. Capitanio, N. Suardi, A. Gallina, N. Fossati, M. Bianchi, V. Scattoni, R. Damiano, F. Cantiello, R. Colombo, P. Dell’Oglio, F. Castiglione , V. Mirone, G. Guazzoni, . Montorsi , A. Briganti (Milano) Scopo del lavoro Several studies have shown that the outcome of high risk prostate cancer (PCa) is not invariably poor. However, such favorable outcomes might be due to a change into Clinical presentation of high risk PCa towards less aggressive variants over time. The aim of this study was to describe changes in clinical and pathological characteristics of high risk PCa patients treated with radical prostatectomy (RP) over a 15-year period. Materiali e metodi The study included 1154 patients with pre-operative high risk PCa (defined according to the NCCN criteria as the presence of at least one of the following adverse characteristics: PSA>20 ng/ml and/or cT3 and/ or biopsy Gleason 8-10) treated with RP and extended pelvic lymph node dissection (ePLND) at a single tertiary referral center between 1997 and 2012. Preoperative data as well as post-operative pathological information (pathological stage, nodal status and Gleason sum) were available for all patients. Patients were stratified into tertiles according to the year of surgery (1997-2004 vs. 2004-2008 vs. 2008-2012). Anova and chi-square trend tests were used to report the clinical and pathological characteristics of the cohort over time. Risultati When considering clinical characteristics, patient age (66.8 vs. 66.0 vs. 66.3 years, p=0.3) and clinical T3 cases (47.1 vs. 54.9 vs. 53.6%, p=0.2) resulted steady over the three tertiles. Mean PSA decreased (33.1 vs. 32.5 vs. 19.7 ng/ml, p=0.02) and the prevalence of biopsy Gleason sum 8-10 increased (35.1 vs. 46.4 vs. 52.3%, p20 ng/ml or cT3 or biopsy Gleason 8-10) was 72.0 vs. 71.1 vs. 73.3% in the three tertiles, respectively (p=0.2). Similarly, the prevalence of patients defined as high risk for the simultaneous presence of two or three criteria remained stable (all p>0.2). Discussione Despite the trend towards early diagnosis, Pathological characteristics and presence of more aggressive PCa variants remained virtually identical over the last 15 years. Increase of higher Gleason grade might be due to improved pathological PCa staging Conclusioni Characteristics of high risk PCa patients did not change over time. 161 P156 86° Congresso Nazionale SIU EXTERNAL VALIDATION OF THE EAU GUIDELINES FOR PELVIC LYMPH NODE DISSECTION AMONG PATIENTS TREATED WITH ROBOTIC ASSISTED RADICAL PROSTATECTOMY A. Gallina, N. Suardi, E. Di Trapani, N. Fossati, D. Di Trapani, G. Gandaglia, R. Damiano, F. Cantiello, V. Scattoni, N. Buffi, V. Mirone, A. Cestari, G. Guazzoni, F. Montorsi, A. Briganti (Milano) Aim of the study The European Urological Association (EAU) guidelines recommend to perform extended pelvic lymph node dissection (PLND) in all patients with a risk of lymph node invasion (LNI) higher than 5% estimated by the updated Briganti nomogram. However, this model has been developed in patients treated with open radical prostatectomy only. No study has specifically assessed the accuracy of this model among men treated with robotic assisted radical prostatectomy (RARP). We hypothesized that EAU indications for PLND are accurate also among patients treated with RARP. Materials and methods The study included consecutive 615 patients treated with RARP and PLND between January 2008 and December 2011 at a single tertiary referral center. All cases were performed by three different surgeons. The anatomical extent of PLND was not standardized among surgeons. All patients had complete clinical and pathological data. The predictive accuracy of the nomogram was quantified using the receiver operating characteristics derived area under the curve (AUC) and the calibration plot method. Results The mean number of lymph nodes removed and examined was 10.2 (median: 9; interquartile range: 6-13). LNI was found in 31 patients (5%). Overall, 337 (54.8%), 160 (26%), 118 (19.2%) had 15 lymph nodes removed, respectively. Preoperative clinical and biopsy characteristics differed significantly between men with and without LNI (all p Discussion We report the first validation of the EAU guidelines recommendation for PLND among patients treated with RARP. Use of 5% cut-off in men treated with more limited PLND would have led to a 20% LNI missing rate. Conversely, the accuracy of such recommendations increased significantly in men with more extensive PLND. Conclusions The use of EAU recommendations in men treated with RARP are only valid in presence of more extensive PLND. 162 P157 86° Congresso Nazionale SIU THE NUMBER OF POSITIVE NODES IS THE STRONGEST PREDICTOR OF CANCER SPECIFIC SURVIVAL IN PATIENTS TREATED WITH RADICAL PROSTATECTOMY FOR PATHOLOGICAL T3 PROSTATE CANCER P. Dell’Oglio, M. Bianchi, A. Gallina, N. Suardi, F. Abdollah, A. Nini, E. Di Trapani, M. Tutolo, F. Castiglione, U. Capitanio, V. Mirone, F. Montorsi, A. Briganti (Milano) Aim of the study Previous studies demonstrated that patients (pts) with one or two positive lymph nodes have a significantly better cancer specific survival (CSS) compared to pts with three or more nodes involved at radical prostatectomy (RP). However the impact of the number of positive nodes on CSS have never been tested in pts with locally advanced prostate cancer (aPCa). The aim of the study was to examine CSS according to the number of positive nodes in pts harboring pT3 PCa at RP. Materials and methods We identified 1562 pT3 pts treated with RP and extended pelvic lymph node dissection between 1988 and 2012 at our institution. Pts were stratified according to the absence of seminal vesicle invasion (SVI) vs presence of SVI and according to the number of positive nodes: 0 (N0), 1-2 (N1a) and ≥3 (N1b). KaplanMeier analyses assessed CSS. Multivariable (MVA) Cox regression analyses was used to test the impact of number of positive nodes on CSS. Covariates included patient age, surgical margin (SM) status, pathological Gleason score (GS), and adjuvant therapy. Results Overall, SVI was reported in 756 (48.4%) pts and 990 (63.4%), 366 (23.4%), and 206 (13.2%) pts were N0, N1a, and N1b, respectively. Mean follow-up time was 71 months (median 60 months). The mean number of nodes removed was 17 (median: 16, range: 1-66). The 5 and 10 year CSS after RP was 94.5% and 86.5%. After stratification according to the number of positive nodes, 5 and 10 year CSS was 96% and 86% for N0, 93% and 78% for N1a, 78% and 61% for N1b (all p Discussion Locally aPCa pts do not share the same prognosis. This is the first study assessing the impact of the number of positive nodes on CSS in locally aPCa pts, according to the absence vs presence of SVI. Conclusions In conclusion in pT3 pts, the presence of a high nodal burden is associated with poor prognosis. However, a limited (2 or less) number of nodes involved does not compromise cancer control in pts with locally advanced disease. Our results reinforce the need for stratification of node positive prostate cancer pts according to the number of positive nodes, specifically for locally advanced disease. 163 P158 86° Congresso Nazionale SIU P159 86° Congresso Nazionale SIU A COMPETING-RISKS ANALYSIS OF SURVIVAL AFTER ALTERNATIVE TREATMENT MODALITIES FOR LOCALLY ADVANCED PROSTATE CANCER PATIENTS: A POPULATION-BASED STUDY. PATIENTS WITH DISSEMINATED HGPIN AND METABOLIC SYNDROME HAVE AN ELEVATED RISK OF PROSTATE CANCER AT REPEAT BIOPSY: RESULT OF A MULTICENTRE STUDY. A. Nini, F. Abdollah, M. Bianchi, N. Passoni, P. Dell’Oglio, S. Corti, R. Colombo, C. Cozzarini, G. Guazzoni, F. Cantiello, R. Damiano, M. Sun, F. Montorsi, A. Briganti (Milano) A. Cicione, F. Cantiello, I. Bava, C. De Nunzio, A. Tubaro, E. Carvalho-Dias , C. Oliveira, P. Da Mota, E. Lima, R. Damiano (Germaneto) Aim of the study Despite the evidence on the impact of active treatment for patients with locally advanced prostate cancer, the optimal management of this patient group is still under debate. In order to address this issue, the impact of initial treatment type (radical prostatectomy [RP], radiotherapy [RT], hormonal therapy [HT] and observation) on cancerspecific (CSM) and other-cause mortality (OCM) has been tested in men with locally advanced disease Aim of the study To test in multicentre setting if patients with metabolic syndrome (MetS) and initial disseminated high grade prostatic intraepithelial neoplasia (HGPIN) diagnosis are at higher risk of prostate cancer (PCa) at repeat biopsy. Materials and methods The study included 3,910 patients with clinically T3-T4 PCa, within the Surveillance, Epidemiology, and End Results-Medicare linked database. Patients were stratified according to treatment type, and either Gleason score or age categories. Competing-risks survival plots and Cox regression analyses were used to estimate the impact of treatment type on CSM and OCM rates Results At 10 years, CSM and OCM rates were 14 and 28% in RP patients vs. 20 and 38%in RT patients vs. 36 and 47% in HT patients vs. 26 and 49%, respectively in the observation cohort (all p≤0.001). The same trend observed in favor of RP was confirmed when patients were stratified according to Gleason score or age groups. At multivariable competing-risks analyses, the adjusted hazard ratios recorded for RP, radiotherapy, and HT were 0.51 (95% confidence interval [CI]: 0.36-0.72), 0.80 (95% CI: 0.65-0.99), and 1.28 (95% CI: 1.05-1.56), respectively relative to observation (all p≤0.04) Discussion Our results indicate that patients with locally advanced PCa should be considered for treatment options with curative intent (RP or radiotherapy), whenever feasible, regardless of tumor characteristics or patients age. Conclusions With respect to treatment type, RP appears to provide the most favorable CSM rates. Materials and methods Multicentre retrospective study. Patients with an initial diagnosis of HGPIN underwent a repeat biopsy six months later regardless PSA level and DRE findings. A 12 core prostate biopsy template was used in both biopsies. MetS was defined according to the National Cholesterol Education Program’s Adult Treatment Panel III criteria. Disseminated HGPIN was defined when more than 4 biopsy cores and the two prostate lobes were involved. Results Overall 283 patients were enrolled in three European academic Hospitals. Median age was 67 years (IQR 62-72). MetS was diagnosed in 116/283 (41%) patients and PCa was detected in 84/283 (29.7%) patients. In particular, PCa was more frequently diagnosed in patients affected of disseminate HGPIN and MetS (45/86, 52.3%) than in patients with disseminate HGPIN and normal metabolic profile (28/95, 29.5%), p=0.002. Moreover binary logistic regression confirmed that disseminated HGPIN and MetS are independent risk factors for following PCa diagnosis, respectively OR 3.9 (95% CI 2.4-8.3, p=0.001), OR 3.6 (95% CI 2.3-6.4, p=0.001) while PSA and DRE are not able to predict PCa at repeat biopsy OR 1.01 (95% CI 0.98-1.3 p=0.400) and OR 0.97 (95% CI 0.55-1.72, p=0.928). Discussion HGPIN is still considered as pre neoplastic lesion. However not general consensus exists on when and whether a repeat prostate biopsy has to be performed after HGPIN diagnosis so new high risk predictive markers of PCa are pleasing in order to decrease unnecessary prostate biopsies number. MetS was recently hypothesized as etiological cause of PCa though a pro inflammatory status, whereby it is reasonable presuming that it may work at time of pre neoplastic lesion too. Our findings maintain this hypothesis in a multicentre setting too. However retrospective nature of the study and absence of previous more data about MetS and HGPIN link are the limits study. Conclusions Our experience confirms that the lesion spread is the actual existing variable predictive of PCa for patients with initial diagnosis of HGPIN. Furthermore, the increase of prostate cancer risk in presence of MetS suggests to assess metabolic profile and to repeat prostate biopsy. 164 165 P160 86° Congresso Nazionale SIU NUMBER OF POSITIVE SPOTS AT [11C]CHOLINE PET-CT SCAN PREDICTS CANCER SPECIFIC AND OVERALL SURVIVAL IN PATIENTS TREATED WITH SALVAGE LYMPH NODE DISSECTION FOR NODAL RECURRENCE AFTER RADICAL PROSTATECTOMY: IMPORTANCE OF PATIENT SELECTION M. Tutolo, N. Suardi, N. Fossati, F. Abdollah, U. Capitanio, M. Picchio, L. Gianolli, G. Giovacchini, C. Messa, R. Damiano, F. Cantiello, P. Rigatti, G. Guazzoni, F. Montorsi, A. Briganti (Milan) Aim of the study Salvage lymph node dissection (SLND) may be considered in patients with prostate cancer (PCa) and nodal recurrence at [11C]Choline PET-CT scan (PET/CT) after radical prostatectomy (RP).The aim ofour study was to identify clinical and pathological predictors of cancer specific (CSS) and overall survival (OS) in men treated with SLND for patients with nodal recurrence at PET/CT after RP. Materials and methods We identified 94 patients treated with SLND (pelvic and/or retroperitoneal) between January 2002 and July 2011 at a single tertiary care centre for PCa nodal recurrence after RP. Clinical nodal recurrence was defined as at least one positive spot at [11]Choline PET/CT. All patients underwent pelvic and/or retroperitoneal SLND. The Kaplan-Meier methodology was used to assess the 5-year CSS and OS rates after SLND. Univariable (UVA) and multivariable (MVA) Cox-regression analyses were used to predict CSS and OS. Covariates consisted of age and PSA at SLND, adjuvant or salvage treatment administration between RP and nodal recurrence, time from RP to BCR and number of positive spots at PET/CT (stratified according to the most informative cut-off). Results Overall, 23 (24.5%) patients underwent pelvic SLND and 71 (65.5%) patients received both pelvic and retroperitoneal SLND. Mean PSA at SLND was 6.46 ng/ml (median 2.36 ng/ml). Most individuals had a single positive spot at PETCT (77; 81.4%). Overall, 8 (8.6%), and 12 (12.9%) patients experienced CSS and OS after SLND at a mean follow-up of 54 months. At 5 years, the overall CSS and OS rates were 87.8 and 86.1%, respectively. After stratification according to number of positive spots, the 5 year CSS and OS were 95.1 and 29.6 %, 88.1 and 29.6% for patients with ≤2 and 3 or more positive spots at PET/CT, respectively (all p Discussion The number of positive spots at PET/CT represents the only independent predictor of CSS and OS in patients treated with SLND for lymph node recurrence after RP for PCa. P161 86° Congresso Nazionale SIU LONG TERM DIABETES MELLITUS INCREASES THE RISK OF POORLY DIFFERENTIATED TUMOR IN PROSTATE CANCER PATIENTS. A. Russo, F. Abdollah, A. Nini, M. Bianchi, N. Passoni, P. Karakiewicz, A. Salonia, A. Gallina, F. Castiglione, N. Fossati, G. La Croce, G. Guazzoni, M. Sun, F. Montorsi, A. Briganti (Milano) Aim of the study The aim of our study was to test the hypothesis that diabetic patients with prostate cancer (PCa) are at a higher risk of harboring more aggressive disease characteristics Materials and methods The study included 104,822 patients diagnosed with PCa between 1992 and 2005 and undergoing different treatment modalities in the Surveillance, Epidemiology and End Results-Medicare linked database. Univariable and multivariable logistic regression analyses were used to test the relationship between diabetes mellitus (DM) status and two endpoints: 1)poorly differentiated tumors (Gleason score 8-10); 2) locally-advanced PCa (T3-T4 disease). Results The overall rate of DM was 14%. In diabetic patients, the mean DM duration was 41.6 months (median: 35.0). The rates of DM without complication, DM with complication, and DM with organ failure were 42, 21, and 37%, respectively. After adjusting for all covariates, diabetic men with PCa were 5% more likely to harbor poorly-differentiated disease. Patients with long term DM (>35 months) or with DM with organ-failure were 15 and 21% more likely to harbor poorly-differentiated PCa, respectively relative to their non-diabetic counterparts (all p Discussion Prostate cancer patients with long-term DM, and/or DM with organ failure are at a higher risk of harboring a poorly differentiated tumor. Conclusions When counseling diabetic patients about PCa screening and PCa management, those individuals should be properly informed about the risk of developing poorly differentiated tumor due to diabetes. Conclusions Our study is of importance as it offers new criteria for the selection of the ideal candidate for salvage surgery. 166 167 P162 86° Congresso Nazionale SIU P163 86° Congresso Nazionale SIU PATHOLOGICAL OUTCOMES IN PATIENTS CANDIDABLE FOR ACTIVE SURVEILLANCE TREATED WITH RADICAL PROSTATECTOMY. ARE THEY REALLY LOW RISK PATIENTS? SIURO-PRIAS-ITA PROJECT: UPDATE OF THE ITALIAN EXPERIENCE IN THE PRIAS INTERNATIONAL STUDY A. Minervini, E. De Lorenzis, A. Grasso, A. Conti, M. Falsaperla, A. Porreca, L. Cindolo, A. Celia, A. Antonelli, P. Parma, S. Crivellaro, S. Zaramella, A. Di Domenico, D. Del Biondo , P. Bove, M. Gacci, M. Lanciotti, S. Serni, B. Rocco (Firenze) M. Alvisi, T. Magnani, T. Rancati, G. Conti, R. Papalia, M. Gallucci, D. Diazzi, G. Martorana, R. Sanseverino, G. Napodano, P. Graziotti, G. Taverna, S. Proietti, M. Tanello, E. Fregio, A. Turci, G. Cicchetti, E. Bollito, M. Colecchia, M. Fiorentino, R. Montironi, C. Patriarca, S. Sentinelli, R. Valdagni (Milano) Aim of the study Over-diagnosis and over-treatment are potential side effects of PSA screening policies for prostate cancer (PCa). Active surveillance (AS) has evolved as an alternative to active treatment in case of lowrisk PCa, to minimize side effects. Several protocols of AS has been proposed, based on standardized clinical parameters such as Prostate Cancer Research International Active Survelliance (PRIAS) criteria. Nevertheless in patients in AS the real pathological stage remains unknown. The aim of our study is to retrospectively make out the pathological stage in a multicenter cohort of patients who had undergone radical prostatectomy (RP) meeting the preoperative PRIAS criteria. Aim of the study Active Surveillance (AS) is being confirmed worldwide as an alternative to radical treatment (Prostatectomy/ Radiotherapy/Brachytherapy) for low risk prostate cancer (PCa). The aims of AS are to deal with the issue of overdiagnosis resulting from PSA based opportunistic screening, to limit overtreating of potentially indolent PCa and to avoid/delay therapy-induced side effects. Based these assumptions, in December 2009 the SIUrO-PRIAS-ITA project started including PCa patients in PRIAS (Prostate cancer Research International: Active Surveillance), the international study coordinated by the Erasmus University Medical Center in Rotterdam. We here report on the SIUrO-PRIAS-ITA experience. Materials and methods Out of 923 patients recruited for minimally invasive RP between December 2009 and February 2013 in 5 Italian urological centers, 144 (15.6%) would have met the PRIAS criteria modified (clinical stage T1c/T2, PSA < or =6). The pathological features of these low risk patients have been investigated. Materials and methods Eligibility criteria are iPSA≤10ng/ml, Gleason Score≤6 or Gleason 3+4 in>69 years old with60 ml), pathologic review of diagnostic biopsy. Follow-up is based on PSA every 3 months, clinical evaluation every 6 months, evaluation of PSA doubling time (PSA DT), re-biopsy at 12, 48 and 84 months and possible extra biopsy (if PSA DT is between 3 and 10 years). Exit criteria are PSA DT≤3 year, upgrading or upsizing at the rebiopsies. Active Treatment Free Survival (ATFS) was assessed using Kaplan-Meier survival analysis. Results The preoperative patients’ characteristics are shown in table 1. Out of 144 patients included, 89 (61.8%) underwent laparoscopic RP and 55 (38.2%) robot-assisted RP. At pathological evaluation, Gleason score upgrade was reported in 40.9% of patients; 47 (32.6%), 11 (7.6%), 1 (0.7%) patients showed RP Gleason sum 7, 8 and 9, respectively. 15 (10.4%) and 4 (2.7%) patients had T3a and T3b pathological stage respectively. One patient showed lymph node invasion. 31 patients (20.9%) had positive surgical margins, of these 11 (35.5%) were multifocal. The positive surgical margin rate for pT2 and pT3 disease was 16.8% and 52.6%, respectively. Discussion AS is a well established standard approach for low risk localized prostate cancer. However, probably due to the poor reproducibility of the clinical tools, significant diseases can be under-diagnosed or missed. Analysing the pathological features on definitive specimens, some of these low risk patients demonstrated a migration in to intermediate or high risk groups according to D’Amico classification. Despite the preoperative estimated low risk of these patients, the rate of positive surgical margins was not negligible, particularly in pT3 stage. Conclusions Notwithstanding some preoperative criteria can define patients affected by PCa as low risk patients, at the pathological evaluation some of these revealed intermediate-high risk disease. So, based on our data, patients candidated to AS should be carefully counseled on possible disease understaging. 168 Results From December 2009 to April 2013, 378 patients from 8 Italian centres entered SIUrO-PRIAS-ITA. Figure 1a shows enrolment grouped by centre. Mean age at diagnosis was 67 years (SD=7 yrs), mean PSA was 5.4 ng/ml (SD=1.9 ng/ml) and mean volume was 53 cc. The mean number of total cores sampled in the diagnostic biopsy was 15 (min 8– max 40), 95% of patients had clinical stage equal to T1c and 73% reported one positive core at diagnostic biopsy. 283/378 patients are still on AS protocol with a median follow up of 18 months (min 2 months – max 40 months). 95 patients discontinued AS based on protocol or personal decision; reasons for discontinuation are reported in Figure 1b. ATFS at two years follow up is 67% (Fig 1c). Discussion AS is proving an acceptable alternative to radical therapies for patients with low risk PCa, who might harbor an indolent PCa thus avoiding overtreatment and treatment induced toxicities. Unfortunately, the definition of indolent cancer is still cloudy and it is still not possible to distinguish between aggressive PCa, which needs immediate treatment, and non aggressive PCa. For this reason AS should be carried on within protocols with well defined criteria for inclusion, follow up management and discontinuation. Conclusions The follow up phase should be organized according to a precise scheme to guarantee high standard of care and switch to therapy, should any modification in the clinical situation occur. Every effort should be made to systematically check adherence to the protocol criteria and limit the number of patients lost at follow up. 169 P164 86° Congresso Nazionale SIU P165 86° Congresso Nazionale SIU CORRELATION BETWEEN BASAL PCA3 LEVEL AND BIOPSY-DRIVEN DISEASE RECLASSIFICATION IN ACTIVE SURVEILLANCE THE HEALTH STATUS OF MEN ON ACTIVE SURVEILLANCE: A COMPARISON WITH GENERAL MALE POPULATION C. Marenghi, T. Rancati, F. Ravagnani, C. Lombardo, F. Taverna, T. Magnani, M. Alvisi, M. Colecchia, N. Nicolai, N. Bedini, R. Salvioni, R. Valdagni (Milano) L. Bellardita, M. Alvisi, T. Rancati, D. Biasoni, M. Catanzaro, T. Magnani, C. Marenghi, N. Nicolai, S. Stagni, S. Villa, S. Villa, R. Salvioni, R. Valdagni (Milano) Aim of the study One of the open issues in Active Surveillance (AS) for prostate cancer (PCa) is lack of consensus on the optimal selection criteria and on triggers for drop out and radical intervention. The current methodologies for PCa staging are sub-optimal in distinguishing patients (pts) with indolent cancer from pts harboring aggressive disease. Ongoing research is focused on the study of new biomarkers that could more clearly discriminate PCa aggressiveness. Among them PCA3, which is a prostate specific noncoding mRNA that is over-expressed in PCa tissue compared to non-neoplastic prostatic cells. Urinary PCA3 levels has been significantly associated with Gleason Score (GPS) and PCa volume in prostatectomy series, suggesting that this marker may be useful in the selection of pts for AS. The goal of the present study was to evaluate the relationship between PCA3 and biopsy-driven disease reclassification in an AS cohort. Preliminary results are here presented. Aim of the study Active Surveillance (AS) is increasingly becoming a viable alternative to radical treatments for low risk Prostate Cancer (PCa) patients. Studies conducted in Northern Europe highlighted that QoL was not impaired in patients on AS protocols, both compared to patients undergoing radiotherapy [1] and to respondents with no disease [2]. The aim of the present research was to compare the health status (HS) of Italian patients who entered an AS protocol with normative data for general Italian male population. Materials and methods Starting in 2005, we are proposing AS in very low-risk PCa within an institutional protocol (SAINT). In November 2007 we activated the international PRIAS protocol. Until February 2013 a total of 454 pts were enrolled in AS (287 PRIAS + 167 SAINT). Entry criteria are: iPSA≤10ng/ml, T≤T2a, GPS≤3+3, maximum 2 positive cores (PRIAS) and positive biopsy-cores≤20% (SAINT), max core length containing cancer≤50% (SAINT), PSA density Results Seventy-eight pts had PCA3 measured at AS enrollment (75/78 had at least one re-biopsy). Twenty-one and 3 pts had a second and a third evaluation, respectively. There was no significant difference in age, PSA and PSA density between the subpopulation with PCA3 measurement and the whole AS population. A PCA3 score>80 was correlated with increased disease reclassification rate due to UPG+UPS (log-rank test p=0.005, Hazard Ratio=3.7) and to UPG (log-rank test p=0.04, Hazard Ratio=4.4). Kaplan-Meier curves are presented in figure 1. Discussion In this preliminary analysis, in a cohort of pts with very-low risk PCa who were selected for AS, a PCA3 score>80 was significantly associated with disease re-classification at re-biopsy. Specifically, it was correlated to enhanced rates of upgrading. Conclusions Further analysis is necessary to assess the usefulness of PCA3 in AS management. 170 Materials and methods Between Nov 2007 and Apr 2013, patients included in AS protocol completed self-report questionnaires assessing QoL; in 2011 SF-36 Health Survey (Italian validated form) was included, assessing Physical Functioning, Role Physical, Role Emotional, Vitality, Mental Health, Social Functioning, Bodily Pain and General Health. For each scale, a score ranging from 0-100 was calculated (higher score, better health status). T-test was used to compare SF-36 mean scores of AS cohort to normative data for Italian general male population by age [3]. Results At entrance in the AS protocol, 131 patients completed SF-36 (Mean age= 65 years, SD=7). Figure 1 shows the SF-36 normalized mean scores for AS patients grouped by age and compared to normative data for Italian male population. T-test showed significant differences between AS cohort and normative data for patients under 65 years of age (all p-values < 0.05) with higher scores for AS patients in each SF36 dimension. Physical Functioning, Bodily Pain, Vitality and Mental Health were statistically higher in AS patients than in normative data for patients above 65. Discussion Patients on AS protocol reported equal or better HS than the general male population. Despite patients had been facing the challenge of PCa diagnosis and of the decision of AS versus active treatment, their physical, emotional and social functioning did not seem to be worse than in a disease-free male population. Results are particularly interesting given that SF-36 does not merely evaluate the presence of dysfunctions, but also patients’ own perception by requiring the respondents to compare their general health now with their health a year ago, their anticipated health in the future, and the health of other people they know. A limitation of this study is the relatively small data set for AS patients. The study is ongoing and prospective data will be collected to reach up to 5-years follow-up, which will allow to compare the health status of AS patients to normative population over time and on a larger dataset. Conclusions AS did not negatively impact the patients’ QoL. Our results were similar to those reported in studies conducted in Northern Europe. We can argue that the belief of AS being impracticable for men in the Mediterranean area due to cultural reasons should be considered a prejudice. Acknowledgments to Foundations I. Monzino and ProADAMO Onlus. [1] Thong et al., BJUI 2012. [2] Vasarainen et al., BJUI 2012 [3] Apolone et al., 1997 171 P166 86° Congresso Nazionale SIU P167 86° Congresso Nazionale SIU THE NUMBER OF BIOPSY CORES TAKEN IS A MAJOR PREDICTOR OF UNFAVORABLE PROSTATE CANCER AT FINAL PATHOLOGY IN PATIENTS CANDIDATE FOR ACTIVE SURVEILLANCE: CLINICAL IMPLICATIONS. ASSOCIATION BETWEEN THE NUMBER OF CORES TAKEN AT INITIAL PROSTATE BIOPSY AND INSIGNIFICANT PROSTATE CANCER AT RADICAL PROSTATECTOMY IN PATIENTS SUITABLE FOR ACTIVE SURVEILLANCE.NEED FORACCURATE BIOPSY SAMPLING. A. Russo, N. Suardi, U. Capitanio, A. Gallina, F. Abdollah, G. Gandaglia, P. Capogrosso, N. Fossati, P. Dell’Oglio, R. Damiano, F. Cantiello, R. Colombo, C. Doglioni, G. Guazzoni, F. Montorsi, A. Briganti (Milano) L. Villa, N. Suardi, U. Capitanio, R. Damiano, F. Cantiello, M. Bianchi, A. Nini, M. Moschini, P. Dell’Oglio, V. Di Girolamo, V. Scattoni, G. Guazzoni, F. Montorsi, A. Briganti (Milano) Aim of the study Accurate staging is a key pre-requisite for all patients with low risk prostate cancer considered for active surveillance (AS). Despite this, the most commonly used criteria for AS do not include the number of cores taken as a parameter to be considered. We investigated whether the number of cores taken at biopsy affects the rate of unfavorable disease in patients candidates to AS. Aim of the study The role of the number of cores taken at prostate biopsy in patients suitable foractive surveillance (AS) is controversial. We tested the role of the number of cores in confirming the presence of pathologicallyconfirmedinsignificant prostate cancer (pIPCa) in patients eligible for AS. Materials and methods Data were analyzed from 449 patients who fulfilled the PRIAS criteria for AS (PSA 10, PSAD ≤20, biopsy Gleason score 6 or lower, clinical T stage 1-2, and 1 or 2 positive cores), subsequently treated with RP at a single tertiary referral center. Chi-square test and cubic spline analyses were used to depict the relationship between the number of cores taken and the probability of finding unfavorable disease(defined as either non organ-confined disease or RP Gleason score 7 or higher) at final pathology. Univariable and multivariable logistic regression analyses were used to identify clinical predictors of unfavorable disease at final pathology. Results Overall, 123 patients (27.4%) showed unfavorable disease at RP. Mean PSA was 5.4 (median 5.5, range 0.5-9.9). The mean number of cores taken was 14 (median 13, range 6-32). At univariable analyses, an increasing number of cores taken was significantly associated with a lower risk of harboring unfavorable disease at RP (OR 0.94: p=0.002). The rate of unfavorable disease was 61.8, 20.8 and 17.4% in men submitted to ≤12, 13-18 and >18 cores at biopsy, respectively (p Discussion Among candidates to AS, the number of biopsy cores taken represents a major independent predictor of unfavorable disease at RP. Conclusions When AS is considered as a possible approach, an appropriate number of cores taken at diagnosis is mandatory 172 Materials and methods Of 3349 patients diagnosed with PCa at prostate biopsy and subsequently treated with RP at our institutionbetween 2002 and 2012, we selected 272 patients who were eligible for AS according to PRIAS criteria (PSA ≤ 10 ng/mL, PSAD < 2, T1c-T2 clinical stage). Patients were divided according to the number of cores taken atbiopsy ( ≤12 vs. 13-18 vs. ≥19 cores). At pathology, pIPCa was defined according to Epstein’s criteria (Gleason score ≤6, tumorvolume ≤0.5 ml and organ-confined disease). We relied on Chisquare test to depict the rate of pIPCa according to the number ofcores. The effect of PSA, PSA density, number of positive cores, number of cores, prostate volume and clinical stage in predictingthe presence of pIPCa was addressed using univariable and multivariable logistic regression analyses. Results At pathology, 49 (18%) patients had pIPCa. The rate of pIPCa in patients submitted to ≤12 cores, 13-18 coresand ≥19 cores were 11.7% (13 of 111 pts), 25% (20 of 80 pts) and 20.6 % (16 of 81 pts), respectively (p=0.05). Discussion At unviariable logistic regression analyses, prostate volume and number of cores were the only significant predictors of pIPCa (OR=1.01, p=0.05and OR=2.5, p=0.02). After adjusting for the effect of other available features, the number of cores taken remained the onlyparameter significantly associated with the presence of pIPCa. Indeed at multivariable analyses, although the probability of havingpIPCa in patients with ≥19 cores is not significantly higher than patients with ≤12 cores, patients submitted to 13-18 cores had 2.4-fold higher probability of having pIPCa compared with patients submitted to ≤12 cores (p=0.03). Conclusions The number of cores taken is a major predictor of pIPCa in patients suitable for AS. In this patientgroup, 1318 cores seems to be an adequate sampling to safely rely on favorable pre-operative features in addressing patients toconservative treatment. Although there are no recommendation about the sampling bioptic extent when identifying patients for AS,the number of cores taken at prostate biopsy should be carefully considered in decision making. 173 P168 86° Congresso Nazionale SIU P169 86° Congresso Nazionale SIU SPATIAL DISTRIBUTION OF POSITIVE CORES DECREASES MISCLASSIFICATION RATES OF PATIENTS WITH LOW RISK PROSTATE CANCER CANDIDATE FOR ACTIVE SURVEILLANCE CONFRONTO FRA UNA GESTIONE MULTIDISCIPLINARE ED UNA MONODISCIPLINARE UROLOGICA DEI PAZIENTI CON CARCINOMA PROSTATICO E. Di Trapani, F. Abdollah , N. Passoni, U. Capitanio, A. Gallina, M. Tutolo, M. Bianchi, G. Gandaglia, N. Suardi, R. Damiano, F. Cantiello, A. Salonia, G. Guazzoni, F. Montorsi, A. Briganti (Milano) S. Salciccia, A. Sciarra, A. Gentilucci, S. Cattarino, M. Innocenzi, G. D’Eramo, V. Gentile, V. Panebianco (Roma) Scopo del lavoro A non negligible proportion of prostate cancer (PCa) patients who fulfill the current active surveillance (AS) criteria harbor unfavorable tumor characteristics at radical prostatectomy (RP). Although several criteria proposed for AS have included detailed biopsy parameters, none of them has considered the pattern of intra-prostatic distribution of positive cores taken at initial biopsy. We tested the hypothesis that positive cores spatial distribution at biopsy is a predictor of unfavorable PCa characteristics at RP in AS candidates Scopo del lavoro Valutare i risultati di una gestione multidisciplinare (MDT) tipo Prostate Unit (PU)confrontandoli con quelli di una gestione monodisciplinare urologica, nei pazienti con carcinoma prostatico (CaP) Materiali e metodi We examined the data of 524 patients treated with RP, between 2000 and 2012. All men fulfilled at least one of four commonly used AS criteria (namely, JH, PRIAS, MSKCC, UCSF). Univariable and multivariable (MVA)regression models tested the relationship between positive cores spatial distribution, defined as either the number of positive zones at biopsy (PBxZ; namely, right apex, right margin, right base, left base, left margin, left apex) or tumor laterality at biopsy and two endpoints: 1) unfavorable PCa at RP (Gleason score ≥4+3, and/or pT3 disease), and 2) clinically significant PCa (tumor volume ≥2.5 cc, as recently suggested). Risultati Overall, unfavorable and clinically significant PCa rates were 8.4% and 25%, respectively. In patients with 1 PBxZ (n=393;75%), the rates of pathologically unfavorable and clinically significant tumor was 6.9 (27/393) and 23.1% (91/393), respectively vs. 13% (17/131) and 30.5% (40/131) respectively in men with more than 1 PBxZ (all p ≤0.04). Similarly, the rates of unfavorable and clinically significant tumors in men with bilateral tumor at biopsy were 17.7 (14/62) and 33.9% (21/62) vs. 7.1 (33/462) and 23.8% (110/462) in men with unilateral tumor at biopsy. (all p ≤0.04). These results were confirmed at multivariable analyses, where patients with >1 PBxZ or bilateral tumor at biopsy had a 3.2-fold and 1.7-2.3 fold higher risk of harboring pathologically unfavorable and clinically significant tumor, respectively, after accounting for age, PSA, prostate volume, clinical stage, number of positive cores, and number of total cores (all p ≤0.04). Materiali e metodi Dal gennaio 2011 all’aprile 2012, 292 casi (Gruppo A) di eta’ media 62.6 ±11.0 anni ( range 43-76) sono stati inclusi e valutati dalla nostra PU con gestione MDT. I casi inclusi erano o soggetti idonei per un programma di diagnosi precoce ( eta’ 40-70 anni e PSA totale > 2.5 ng/ml) o gia’ con diagnosi di CaP. Questo gruppo e’ stato confrontato con 124 casi (65.4±6.8 51-72) valutati e trattati nello stesso periodo e nella stessa istituzione ma con una gestione urologica monodisciplinare (2 urologi)(Gruppo B). Il team della PU comprendeva Risultati Il tempo medio per concludere tutto il programma iniziale fino alla diagnosi istologica alla biopsia prostatica e’ stato di 22.3 ± 5.4 giorni nel Gruppo A (32.7 ± 8.6 giorni nel Gruppo B su 124 casi) (p Discussione La collaborazione multidisciplinare offerta da una PU, riunendo l’esperienza di specialisti di diversi settori particolarmente dedicati al CaP, puo’ produrre rilevanti vantaggi per il paziente in tutte le fasi della gestione della neoplasia prostatica. Discussione The addition of spatial core distribution might help in the identification of patients at a higher risk of progression, thus reducing the rate of inappropriate surveillance of more aggressive tumors. Conclusioni Positive cores spatial distribution at biopsy should be considered in the clinical decision making process for the selection of patients candidate to AS. 174 175 P170 86° Congresso Nazionale SIU PERCENTAGE OF CANCER INVOLVEMENT IN POSITIVE CORES CAN PREDICT UNFAVOURABLE DISEASE IN MEN WITH LOW-RISK PROSTATE CANCER BUT ELIGIBLE FOR THE PROSTATE CANCER INTERNATIONAL: ACTIVE SURVEILLANCE CRITERIA Objectives: The spread of screening for prostate cancer with PSA serum led to the reduction in mortality from this cancer. To this regard, the active surveillance, has reached an important popularity with the intention to avoid or postpone surgery in patients with prostate cancer at low risk. Unfortunately, some doubts persist about the ability of the different criteria to predict an organ-confined prostate cancer. To identify predictive factors of unfavourable disease and of biochemical failure in patients treated with radical prostatectomy (RP) but eligible for AS according to PRIAS criteria. We aimed to introduce and validate the percentage of cancer involvement in positive cores (CIPC) as potential worse predictive factor. Methods: From January 2002 to December 2007, 750 consecutive subjects underwent RP at a single institution. We identified 147 (19.05%) patients who were eligible for AS based on PRIAS criteria: clinical stage T1c or T2 disease, PSA level of ≤10 ng/ml, Gleason score ≤6, PSA-D of <0.2 ng/ml2 and fewer than three positive biopsy cores. CIPC was included in the analysis. Results: Of the 147 patients, 95 (66.43%) patients had favourable while 48 (33.57%) had unfavourable disease. In multivariate logistic regression, maximum cancer length (OR 12.52, p<0.01) and CIPC (OR 1.70, p<0.01) represented independent predictors of unfavourable PCa. The AUC analysis revealed significantly higher performance after including CIPC to the PRIAS criteria (0.61 vs. 0.94, p<0.01). A cutoff of 0.4 mm of CIPC was set to predict unfavourable disease with 93% specificity, 76% sensibility and 87% accuracy based on the ROC curve analysis. Finally, the 3- and 5-years BFS were significantly lower in subjects with CIPC ≥0.4 mm, 88.4 % and 81.0% vs. 97.8% and 95.7% respectively (p<0.01). Discussion: It has recently been demonstrated that 27% of patients included in the PRIAS protocol have been reclassified (Gleason score> 6 and / or more than 2 cores positive) at re-biopsy during follow-up. In our study, we showed that including the relationship CIPC to the pathological parameters of prostate biopsy is possible to estimate the presence of organ-confined disease in 93% of cases. Conclusions: Our findings suggest that the inclusion of CIPC to the prostate biopsy features could be helpful to avoid misclassification in patients eligible for AS according to the PRIAS criteria. P171 86° Congresso Nazionale SIU ROBOTIC RADICAL PROSTATECTOMY PATHOLOGY OUTCOMES IN PATIENTS WHO DISCONTINUED ACTIVE SURVEILLANCE G. D’Elia, P. Emiliozzi, A. Iannello, A. Cardi, P. Tariciotti (Roma) Scopo del lavoro Little is known about the outcome of robotic radical prostatectomy (RRP) specimens of patients initially followed using active surveillance (AS). We evaluated pathology findings of 19 patients undergoing RRP after an initial period of AS. Materiali e metodi From January 2008 to August 2012, n = 49 patients with low-risk prostate cancer entered our AS protocol. Eligibility criteria for AS were: clinical stage T1c, Gleason score 6 (no pattern 4/5), two or fewer positive cores and < 50 % single-core involvement, PSA < 10 ng/ml. AS protocol consisted of PSA measurements every 6 months and an annual 10 core biopsy. Progression leading to active treatment recommendation was defined as: PSA > 10 ng/ml or any Gleason pattern grade 4/5 or > 50% cancer in any core or cancer in more than two cores. Risultati A total of 19 patients discontinued AS (38 % of the cohort) and underwent RRP (mean age 69 years, range 65-73). Median time to RRP was 13 months (6-22 months). Eleven patients (58 %) switched to RRP because of anxiety and 8 patients (42 %) underwent deferred RRP due to protocol-based recommendations. The pathologic stage was T2a in 10 % of the cases (2 pts), T2b in 5 % (1 pt), T2c in 53 % (10 pts), T3a in 27 % (5 pts) and T3b in 5 % (1 pt). The Gleason score of the prostate specimen was upgraded in 58 % of cases. A Gleason 6 pattern was evident in 42 % of cases, Gleason 3+4 in 21 %, Gleason 4+3 in 27 % and Gleason 8 in 10 %. Unfavourable pathologic RRP results (pT3–4 and/or Gleason score ≥ 4 + 3) were found in 37 % of cases (7 pts). All the patients who discontinued AS because of anxiety had pT2 disease. None of the patients with organ confined disease had positive margins whereas 1 patient with extracapsular disease had a monofocal positive margin. Overall positive surgical margin rate was 5.2 %. Complete continence (pad free) at 1, 3, 6, and 12 months was 57%, 88%, 94% and 98%, respectively. At 1, 3, 6 and 12 months return of potency (IIEF-5 > 21) with or without the use of oral medications was achieved in 6%, 22%, 51% and 68%, respectively. Discussione In our series, there was a high rate of AS discontinuation and most of these patients switched to deferred RRP because of anxiety. This might be related to profound popularity of RRP among patients in the belief of opting for a safe and efficacious intervention. This is confirmed by our high rates of early return to continence and preservation of erectile function despite the old age of the cohort. Conclusioni Pathology results in men who were initially followed with AS show potentially unfavourable outcomes in 37% of the cases. This finding emphasises the need for better prediction tools to achieve safe AS protocols. 176 177 P172 86° Congresso Nazionale SIU P173 86° Congresso Nazionale SIU IS ROBOTIC ASSISTED RADICAL PROSTATECTOMY THE REAL ALTERNATIVE TO ACTIVE SURVEILLANCE? RESULTS OF PERI-OPERATIVE AND FUNCTIONAL OUTCOME ANALYSES PRELIMINARY RESULTS FROM ITALIAN REGISTRY OF A NEW QUADRATIC MALE SLING (VIRTUE) IN THE TREATMENT OF MALE STRESS URINARY INCONTINENCE A. Gallina, N. Suardi, N. Passoni, A. Nini, P. Dell’Oglio, M. Tutolo, V. Mirone, R. Colombo, R. Damiano, F. Cantiello, V. Scattoni, G. Guazzoni, F. Montorsi, A. Briganti (Milano) S. Crivellaro, D. Bottero, S. Melegari, F. Gadda (Udine) Scopo del lavoro Active surveillance (AS) is a viable option for selected patients with low-risk prostate cancer (PCa). Such approach would avoid potential treatment-related complications in those patients in whom treatment might not be needed. However, concerns about possible complications in this patient group might be reduced after the introduction of minimally invasive approaches. We compared pathological, peri-operative and functional outcomes of robotic-assisted (RARP) and retropubic radical prostatectomy (RRP) in patients eligible for AS Materiali e metodi We considered data on 4831 men treated with RP at a single tertiary referral center. Of these, 449(9.3%) were eligible for AS according to the PRIAS criteria (PSA≤10.0 ng/ml, PSA-density Risultati At pathological evaluation, 24 (5.3%), 11 (2.4%), 7 (1.6%), and 138 (30.7%) patients showed ECE, SVI, LNI and RP Gleason sum ≥7. The cumulative rate of unfavourable PCa was 38.3%. Mean and median length of hospital stay was 6.7 and 11.2 days for RARP and RRP patients respectively (p Discussione The introduction of RARP has minimized treatment related complications. However, even in these patients intra- and peri-operative morbidity is not negligible and functional results, although very good, are not perfect. Conclusioni The decision to perform a RARP vs. active AS should be carefully discussed balancing excellent cancer control with potential, although limited, functional impairments after surgery Aim of the study Stress urinary incontinence following radical prostatectomy remains a significant problem for both patients and urologists, with an incidence of 5-20%. A recent surgical treatment option includes Virtue quadratic transobturator an prepubic male sling. Aim of this registry is evaluation of safety and efficacy of this new treatment. Materials and methods Between June 2012 and March 2013 a total of 25 patients (range 59-82 years old) underwent Virtue implant. After positioning the patient in lithotomy position, an incision was made in the perineal region. Dissection was conducted to the bulbocavernosus muscle which was left intact. The Quadratic sling Virtue was implanted through transobturator and prepubic arms using fluoro to guide the tunneler insertion. RLPP was measured to reach at least 60 cmH20 after tensioning. All patients enrolled in our study underwent a urodynamic exam to confirm the presence of intrinsic sphincteric insufficiency in the absence of detrusor overactivity. Efficacy of the treatment has been evaluated with 24 hours pad test, daily pads count and with questionnaire (ICIq). Moreover, patients’ impression has been evaluated using overall impression of improvement from 1 (very improved) to 8 (very worsened). Surgical details and complications have been reported for each patient at follow up visits at 1 and 3 months. Results Mean surgery time was 45 minutes. Mean follow-up time was 4 months (range 1-9). 24 hours pad test decreased from a mean of 247 gr to a mean of 47 gr . Daily pads count highlighted that after surgery a total of 6 patients (24%) were completely dry and 10 pts (40%) were improved. ICIq score decreased from an average of 16.5 before Virtue implant to 7.9 at last follow-up. Average overall impression score was 3. No perineal pain nor complications that required devices removal have been reported. Discussion Virtue a new sling for male stress urinary incontinence born with the rational of compressing distal urethra on a wider area in order to obtain continence avoiding complications such as erosion or retention. Conclusions The preliminary results of Virtue for male stress urinary incontinence shows good efficacy and reassuring safety. 178 179 P174 86° Congresso Nazionale SIU ARGUS-T DEVICE IN MALE INCONTINENCE: SHORT-TERM RESULTS F. Visalli, S. Siracusano, C. Tallarigo, M. Saccomanni, S. Ciciliato, A. Kugler (Trieste) Aim of the study Although surgical techniques for radical prostatectomy have been refined significantly during the last 20 years, a significant number of patients still suffer from persisting post-prostatectomy stress urinary incontinence (SUI). 5-48% of patients underwent radical prostatectomy is affected by SUI and the 6-9% of them looks for a specific treatment. In this way the artificial urinary sphincter (AUS) has become the gold standard for the treatment of this disorder but it is expensive and associated with mechanical failure and for this reason there is a renewed interest for male sling implantation. The aim of this study was to evaluate the short-term results of patients treated by Argus-T device Materials and methods From June 2008 until March 2013 97 patients affected by post-prostatectomy SUI and 20 patients affected by post-TURP SUI respectively underwent surgical procedure of positioning Argus-T device. We divided the study population according to the degree of the incontinence: mild (1-2 pads daily), moderate (3-5 pads daily) and severe (more than 5 pads daily). We considered as satisfactory results the patients cured and improved. Each patient was evaluated on QoL by specific questionnaires (VAS score incontinence/QoL score) and daily pads number before and after the surgery Results All patients had a mean age of 71.5 years (range 52-86 years) and the mean follow-up was 26.7 months (1-61 months). The patients were affected by mild incontinence in 7.7% (9/117 patients), moderate incontinence in 69.2% (81/117 patients) and severe incontinence in 23.1% (27/117 patients) respectively. 24.8% (29/117 patients) were previously treated by adjuvant radiotherapy. The overall cure improvement rate was 73.5% (86/117 patients). In patients previously treated by adjuvant radiotherapy the success rate was 48.3% (14/29 patients). In 29.9% (35/117 patients) it was necessary a single revision while in 17.9% (21/117 patients) were performed at least 2 revisions. Overall post-operative complication rate was of 7.7% (9/117 patients) requiring in some cases the removal of the device Discussion Sling procedures are quicker and less invasive than artificial urinary sphincter (AUS). In particular the use of a trans-obturator approach seems to be safer and easier than retropubic approach with a lower incidence of intraoperative complications. At present this study represents the first report about the results in the shortterm regarding ARGUS-T device Conclusions These initial outcomes by ARGUS-T seem to be promising even if results in the long-term are needed P175 86° Congresso Nazionale SIU DOES THE NEOBLADDER FILLING ACTIVATE H-REFLEX? A NEUROPHYSIOLOGICAL AND URODYNAMIC INVESTIGATION G. Palleschi, A. Pastore, G. Morgia, G. Salerno, A. Conte, A. Giannantoni, A. Berardelli, A. Carbone (Latina) Aim of the study Patients with neobladder urinate when they feel an increased pressure in the pelvis mi due to the loss of physiological micturition reflex. Previous studies showed that bladder filling induces changes in the excitability of somatic spinal motoneurons as tested with the soleus H reflex study and suggested that this modulation takes place at spinal level possibly through propriospinal pathways. Overall the above studies also suggested that spinal motoneurons inhibition arises from bladder afferent input during bladder filling. Whether spinal motoneurons modulation during bladder filling at least partly depends also on an increase of abdominal pressure is unknown. Aim of this study was to evaluate whether ileal neobladder distension also affects the excitability of spinal motoneurons. Materials and methods We performed soleus muscle H reflex study during ileal neobladder distension in 8 male patients (age range 64-72 years, mean 67,5) with ileal orthotopic neobladder. Patients underwent the H-reflex study during urodynamic assessment. Because evidence in humans suggests that hip angle and forearm positions are critical for soleus and flexor carpi radialis (FCR) H-reflex modulation, subjects laid supine in a gynaecological position with the forearm in pronation. EMG signals were recorded from the FCR muscle. The H-reflex was tested at empty neobladder and maximum neobladder capacity. Results Date from surgery ranged from 8 months to 7 years. Mean neobladder capacity resulted 235.5±18 mls and mean neobladder pressure 29±7 cmH2O. Median nerve stimulation elicited an FCR H reflex at empty bladder with a mean amplitude±SD 0.63±0.17mV. Tibial nerve stimulation elicited a soleus H reflex at empty bladder with a mean±SD amplitude 2.90±1.09mV. Paired sample T test showed that the amplitude of FCR H reflex and soleus H reflex did not statistically differ when tested at empty neobladder and at maximum neobladder capacity (FCR H reflex p=0.88; Soleus H reflex p=0.83). Discussion Our research firstly shows that neobladder filling left the H-reflex size unchanged suggesting that bladder filling-induced modulation on H reflex size, previously reported in Literature, was actually due to bladder afferents activity and did not depend on an aspecific increase in pelvic and abdominal pressure during micturition. Furthermore the results suggest that small intestine afferents do not modulate spinal motoneurones excitability. Whether small intestine afferent-induced modulation on spinal motoneurones is weaker than bladder filling-induced modulation making it undetectable with our techniques remains unknown. The lack of neobladder filling induced modulation on somatic spinal motoneurons might be partly responsible for the absence of a real desire to void in patients with neobladder. Conclusions The filling of ileal orthotopic neobladder does not determine any modification of H-reflex amplitude in humans, suggesting that ileal afferent pathways do not modulate spinal motoneurone’s activity. 180 181 P176 86° Congresso Nazionale SIU DESMOPRESSIN AND PARKINSON’S DISEASE: A “NEW” APPROACH TO TREAT NOCTURIA S. Proietti, M. Gubbiotti, J. de Vermandois, A. Giannantoni (Rozzano) Aim of the study The efficacy and safety of desmopressin in the treatment of adults with nocturia have been demonstrated in several randomized trials, but no consistent information exist on its use in patients affected by Parkinson’s disease (PD). We investigated the effects of desmopressin in the treatment of nocturia in PD patients, in a short term follow up. P177 86° Congresso Nazionale SIU MORPHOLOGICAL EVIDENCE OF DEG/ENAC FAMILY CHANNELS IN HUMAN UROTHELIUM OF PATIENTS WITH CHRONIC SPINAL CORD INJURIES SCI G. Del Popolo, M. Lazzeri, F. Nelli, C. Traini, S. Serni, V. Li Marzi, M. Vannucchi (Firenze) Aim of the study Morphological expression of Deg/ENaC family channels Epithelial Na+ Channel (γ−ENaC) and Acid-Sensing Ion Channel 1 (ASIC1) was investigated in patients with chronic spinal cord injury (SCI) and correlated their expression with the clinical conditions Materials and methods Thirty-three PD patients were included in this prospective open label study. After a baseline evaluation including a 7 day voiding diary, serum chemistry and the Nocturia Quality of Life questionnaire (N-QoL), patients underwent treatment with desmopressin 60 μg sublingually administered at bedtime for 7 day. Patients with 50% or greater reduction in nocturnal voids at day 7 continued to assume the same drug dosage for 12 weeks. Patients who did not report such a response to treatment, after the first week changed to desmopressin 120 μg for the whole observation time. Voiding diary, serum chemistry and N-QoL questionnaire were repeated after 1 week and 12 weeks of treatment. Primary end point was the proportion of patients with a 50% or greater reduction in the mean number of nocturnal voids after treatment compared with baseline. Secondary end points were changes in nocturnal urinary volume, duration of the sleep period until the first nocturnal void, change in QoL, safety of treatment with desmopressin. Materials and methods Specimens were obtained from normal urinary bladder (# 3 male) and from patients with SCI and urodynamic proved neurogenic detrusor overactivity (NDO) (3 F, mean age 42 ± 7 ys, and 8 M, mean age 39 ±11 ys). Samples were got by multiple cold cup biopsies (posterior wall, dome, trigone) of the bladder mucosa. The primary outcome of the study was to report the morphological expression of ENaC and ASIC receptors in the urothelium. The secondary end point was to correlate the morphological findings with the clinical status. Specimens were fixed, embedded and frozen, cut by using cryostatat and incubated in the presence antibodies: rabbit polyclonal anti-ASIC1 and goat polyclonal anti-gENAC (SantaCruzBiotechnology). The immunoreactions were revealed by using the Cy2 goat anti-rabbit and the Cy2 donkey anti-goat (JacksonImmunoResearch) secondary fluorescent antibodies, respectively. The fluorescent immunoreaction were observed under an epifluorescence Zeiss Axioskop microscope Results At week 1 a (>50%) reduction in the mean number of nocturnal voids, mean nocturnal urinary volume, mean duration of the sleep period until the first nocturnal void and a significant increase in mean N- QoL total score were observed in 15 patients (41.9%). All the 15 patients continued to assume desmopressin 60 μg for 12 weeks. Nine patients changed to desmopressin 120 μg for 12 weeks. Nine patients discontinued treatment due to adverse effects, mainly nausea and diarrhea, and lack of efficacy. Overall, at 12 weeks 24 patients (70.9%) reported significant effects in all the considered parameters and none of them presented with a serum sodium < 135 mmol/l. (Table 1). Results In control subjects, ASIC labelling is extremely faint, homogenously distributed in all the cell layers and made by few, small granules; no ENaC labelling is detectable. In SCI patients with NDO, ASIC labelling was uniformly distributed along the urothelium, located mainly in the more superficial layers, particularly in the club cells immediately underlining the dome-cells. The labelling is distributed along the cell profile as thin and continuous rings alternating and was consistent in responders to antimuscarinics and Botulinum Toxin A (BoNT/A) (Fig.1). ENaC labelling is located in the dome-shaped cells and it is uniformly distributed along the entire urothelium, but with lower intensity than the ASIC one. In 1 patient refractory to BoNT/A, ASIC labelling was distributed mainly along the more superficial layers, particularly in the dome-shaped and in the club cells immediately underlining. Along the urothelium there are areas intensely labelled alternating to faintly labelled. The urothelium in the posterior wall is richer in labelled cells than the trigone. ENAC labelling intensity was lower than the ASIC one Discussion Nocturia is the most common urinary symptom in PD, occurring in 60–80% of patients, strongly affecting QoL. Factors underlying nocturia may be different. Nocturnal polyuria contributes to nocturia in around 75% of patients. To our knowledge this is the first study investigating the efficacy and safety of sublingual desmopressin in the treatment of nocturia in patients with PD, showing good clinical results and improvement of QoL. Discussion Deg/ENaC family represents a new class of cation channels. Our findings demonstrated the presence of ENaCs and ASICSs on human urothelium of normal subjects and of SCI patients. are overexpressed in NDO patients , seem to correlate with the treatment outcome. Our findings are the first morphological evidence of urothelium expression of these cation channels in SCI and NDO. They could have implications in the pathophysiology of voiding reflex and in the drugs mechanism of action Conclusions Further functional studies remain mandatory to understand potential roles of urothelial degenerines Conclusions Different dosages of desmopressin sublingually administered are able to control nocturia in about 70% of patients in the short term follow up, without any serious adverse effect. 182 183 86° Congresso Nazionale SIU P178 86° Congresso Nazionale SIU LONG-TERM EFFICACY AFTER REPEAT ONABOTULINUMTOXINA DETRUSOR INJECTIONS IN PATIENTS WITH NEUROGENIC DETRUSOR OVERACTIVITY: AN INTERIM ANALYSIS AFTER 7 TREATMENT CYCLES G. Del Popolo, R. Dmochowski, J. Zhou, B. Jenkins, M. Kennelly (firenze) Aim of the study OnabotulinumtoxinA (onabotA) has been shown to be well tolerated and provide efficacy in patients with UI due to neurogenic detrusor overactivity (NDO). However, many previous long-term studies were retrospective and/orfrom single centers with few patients. Here we present an analysis of the large cohort of patients (with multiple sclerosis or spinal cord injury) treated in the long-term extension study of the two onabotA phase 3 pivotal studies Materials and methods Patients with UI due to NDO who completed the pivotal trials receive onabotA injections into the bladder wall via cystoscopy, avoiding the trigone,in this 3-year extension study (NCT00876447). Initially, this was the same onabotA dose allocated in the pivotal phase 3 studies (200U or 300U); however, on approval of the 200U dose for treatment of UI due to NDO, the protocol was amended so all patients receive 200U. Data were integrated across the pivotal and extension studies and analyzed by onabotA treatment cycle. Change from study baseline (BL) in UI episodes/day and volume/void at wk 6 after each treatment were assessed, as were time to request for retreatment, adverse events (AEs), and initiation of clean intermittent catheterization (CIC). Results A total of 387, 348, 283, 195, 108, 59, and 40 patients received 1, 2, 3, 4, 5, 6, and 7 onabotA treatments, respectively. Mean UI episodes/day at BL were 4.5 and 4.4 in the onabotA 200U and 300U groups; at week 6, mean changes from BL across treatment cycles 1-7 ranged from -3.1 to -4.4 for onabotA 200U and -3.0 to -3.7 for onabotA 300U (Fig. 1). Volume/void was ~150 mL at BL and doubled to ~300mL following onabotA treatment across all cycles. For patients who completed 3 onabotA 200U treatment cycles, the median time to request for retreatment was ~9.5 months. The most common AEs were urinary tract infections and urinary retention. Only 10 patients discontinued due to AEs. No new safety signals were observed over repeat treatment. De novo initiation of CIC was 30.2%, 3.6%, and 4.9% in the 200U group (cycles 1-3, respectively); 42.4%, 17.5% and 4.0% in the 300U group (cycles 1-3, respectively); and 0% in cycles 4-7 (both dose groups). Discussion Consistent and clinically relevant reductions in UI episodes/day from BL and improvements in the ability of the bladder to store urine, indicated by increased volume/void, were seen following repeat onabotA treatment across all cycles. A durable duration of effect was observed.AEs did not increase with repeat treatment, with no new safety signals. Risk of de novo CIC was highest after the first treatment and was reduced after subsequent treatments. Conclusions Consistent and persistent improvements in UI episodes and volume/ void were observed, with no new safety signals identified, after repeat onabotA treatment (up to 7 treatment cycles). This is the first large, multicentre, long-term extension trial to demonstrate tolerability and efficacy of repeat treatment with onabotA in NDO patients. 184 185 P179 86° Congresso Nazionale SIU P180 86° Congresso Nazionale SIU WHICH VARIABLES COULD PREDICT THE OUTCOME IN MID-URETHRAL SLING FOR FEMALE URINARY INCONTINENCE? A PRELIMINARY ANALYSIS SLING MODULABILE (ARGUS®) PER IL TRATTAMENTO DELL’INCONTINENZA URINARIA MASCHILE POST CHIRURGICA: ESPERIENZA SU 70 CASI E. Costantini, V. Li Marzi, M. Serati, D. Pistolesi, A. Carbone, E. Finazzi Agro, M. Soligo, V. Bini, G. Palleschi, A. Cocci, A. Turri, G. Del Popolo, G. M. U. S, S. I. UD (Perugia) M. FAVRO, A. DI DOMENICO, M. ZACCHERO, A. VOLPE, S. MUNEGATO, M. FUSANO, F. SOGNI, C. TERRONE (Novara) Aim of the study Aim of this study is to analyze predictive parameters linked to outcome in female patients who underwent Mid-Urethral Sling (MUS) for female stress urinary incontinence (SUI). This study reports preliminary results of a retrospective multicenter trial in which all data regarding patients treated with trans-obturator (TO) or retrobupic (RP) MUS were included in a database to perform a multivariate analysis Scopo del lavoro L’incontinenza urinaria da sforzo (IUS) rappresenta una condizione invalidante che può interessare una non trascurabile parte di pazienti sottoposti a prostatectomia radicale (PR). Negli ultimi anni sono stati proposti diversi trattamenti della IUS maschile post chirurgica. Scopo di questo studio è valutare la fattibilità e l’efficacia dell’impianto di sling sottouretrale modulabile Argus®. Materials and methods 6 Italian Centers were asked to search their databases, looking for female patients who underwent a transvaginal procedure of TO or RP MUS placement. Inclusion criteria were: female patients with SUI or mixed urinary incontinence with prevalence of stress symptoms and post-op minimum follow-up of 2 years. The following variables were evaluated: demographic data, Body Mass Index (BMI) , pre- and post-operative assessment including voiding and storage symptoms, incontinence outcome (subjective cure: patient reporting no urinary leakage during physical activity, coughing or sneezing and no pads use in any situation; objective cure: negative stress test at clinical evaluation; considered dry: subjective and objective cured pts), IIQ7 and UDI6 questionnaires, VAS scale (0-10) for satisfaction, pre-operatory urodynamic parameters (uroflowmetry, filling cystometry and pressure flow study, terms and definitions according to the ICS). The Chi square and Mann-Whitney tests were used to analyze categorical and non parametric continuous independent data, respectively; All data analyses were performed by using IBM SPSS rel. 21.0, 2012. Materiali e metodi Da Febbraio 2010 a Marzo 2013, 70 maschi affetti da IUS post-chirurgica sono stati sottoposti ad impianto di Argus®. La tecnica prevede un’incisione perineale, l’esposizione del muscolo bulbospongioso e l’applicazione del cuscinetto della sling su di esso, con passaggio trans-otturatorio (o sovrapubico) delle estremità della sling. Per modulare la tensione della sling, con cistoscopio, si misura la Retrograde Leak Point Pressure incrementandola di 10-15 cm H2O senza superare i 40 cmH2O. Per ciascun paziente sono stati registrati: variabili demografiche, urodinamiche, grado di incontinenza (pad test/24 ore), dati perioperatori. Il follow up è stato eseguito ogni 3 mesi con visita, controllo del ristagno post-minzionale, pad test/24 ore. Results Three hundred and six patients (mean age 59 ± 9.8 yrs) who had performed TO (230) or RP (76) MUS were included in a database. The results showed 263 patient dry (85.4%): 201/230 in the TO (87.4%) and 62/76 (81.6%) in the RP group. Overall post-operative incontinence outcome was related to higher BMI (p=0.047) and to age (p=0.020), patients with post-operative voiding symptoms have higher open vesical pressure at urodynamics (p=0.044) and were younger (p=0.025). Patients with pre-operative MUI have higher frequency of post-operative storage symptoms (p Discussion This is a preliminary evaluation of an ongoing study showing that some pre-operative parameters emerge as independent predictors of failure of MUS. Other studies reported controversial data on these parameters and prospective trial are ongoing, however retrospective study including high number of patients could help urogynaecologist in obtaining correct informations for patient counseling Conclusions In patients with SUI who underwent MUS, higher age and BMI and the presence of mixed urinary incontinence symptoms seem to be relevant predictors of subjective and objective failure of MUS. Moreover higher open vesical pressure at urodynamics correlate with post-operative voiding symptoms 186 Risultati Il dispositivo è stato applicato per via trans-otturatoria (88,5%) o retropubica (11,5%). La maggior parte dei pazienti (63/70) erano stati sottoposti a PR (31,7% con radioterapia adiuvante). 7 presentavano IUS dopo chirurgia prostatica disostruttiva per patologia benigna. Il tempo medio fra la chirurgia e l’impianto di Argus è stato 42 mesi (8-132). In 12 casi si trattava del secondo intervento per incontinenza. L’età media della popolazione era 67,7 anni (50-83). Il valore medio del pad test/24 ore pre-operatorio era 627 cc (1001000). Il tempo operatorio medio è stato di 70 min (40-120). Intraoperatoriamente sono state registrate 2 perforazioni del collo vescicale. Nel post-operatorio si sono verificate 17 ritenzioni urinarie (24,2%, risoltesi mantenendo il catetere qualche giorno) e 3 diastasi della ferita perineale. Il follow-up medio è stato di 16 mesi (1-38). Solo 66 pazienti hanno un follow-up minimo di 3 mesi; di questi l’86% usa al massimo 1 pad di sicurezza (pad test/24 ore < 50 cc) mentre il 5% è migliorato (pad test/24 ore medio 160 cc). 23 pazienti hanno necessitato un primo aggiustamento del dispositivo (32,8%), di cui 13 radiotrattati (3 sono stati sottoposti ad un secondo aggiustamento). 6 complicanze tardive (tutti pazienti radio trattati) hanno determinato una rimozione della sling, per rottura o infezione. Discussione La procedura dimostra un interessante profilo di efficacia, anche nei pazienti radiotrattati, seppure con risultati meno favorevoli. La tecnica chirurgica vede i suoi punti di forza nella riproducibilità e nella possibilità di una regolazione della tensione uretrale anche dopo l’impianto. Conclusioni Si può affermare la fattibilità e l’efficacia dell’impianto del dispositivo come tecnica alternativa per la correzione della IUS post-chirurgica. 187 P181 86° Congresso Nazionale SIU RISULTATI A MEDIO TERMINE DELL’IMPIANTO DI CONSTRITTORE PERIURETRALE PER INCONTINENZA URINARIA POST-PROSTATECTOMIA M. FAVRO, M. ZACCHERO, A. VOLPE, L. ZEGNA, M. FUSANO, F. REGIS, F. SOGNI, A. MAURIZI, S. MUNEGATO, C. TERRONE (Novara) Scopo del lavoro Lo scopo di questo studio è valutare fattibilità, sicurezza ed efficacia dell’impianto di un nuovo costrittore periuretrale modulabile (CP-Silimed) per la terapia dell’incontinenza urinaria in esiti di prostatectomia radicale (IUPR). Materiali e metodi Da agosto 2008 a Luglio 2011, 52 pazienti (età media 70,8 anni) sono stati sottoposti ad impianto di costrittore periuretrale Silimed. Un’incontinenza lieve (1-2 pads die), moderata (3-5 pads die) o grave (> 5 pads die) era presente, rispettivamente in 5, 24 e 23 pazienti. Il valore medio del pad test delle 24 ore era 711 gr (150-1600 gr). Una radioterapia (RT) adiuvante era stata impiegata in 16 pazienti (30,8%). Tutti i pazienti hanno eseguito un’indagine urodinamica e una cistoscopia preoperatoria per confermare IUPR e assenza di stenosi uretrali. Sono state raccolte le seguenti variabili: anagrafiche, demografiche, urodinamiche, pad count/pad test-24ore, tempo operatorio, degenza e complicanze. Il follow up è stato eseguito ogni 3 mesi con valutazione del residuo post-minzionale e pad test. A 12 mesi è stata eseguita indagine urodinamica. Gli endpoints dello studio sono stati: sicurezza ed efficacia della procedura a medio termine. Il grado di continenza dopo impianto di CP è stato stabilito in base alla variazione di pad count/padtest e i pazienti classificati come segue: asciutto (0 pads), migliorato (riduzione > 50% dei pads, pad-test < 50% PADS o pad test invariato). Risultati Il tempo operatorio medio è stato 52,6 minuti (30-90 minuti), la degenza media 3,5 giorni (3-8 giorni). La rimozione del dispositivo è stata necessaria in 17/52 pazienti (32,7%) per erosione uretrale, verificatasi in media dopo 25 mesi dall’applicazione del Silimed. 9 pazienti in cui si è verificata una erosione erano stati sottoposti a RT. In tutti i soggetti è stata eseguita una anastomosi uretrale termino-terminale. Al follow up medio di 41 mesi (20-55), di tutti i pazienti, 15 (28,8%) sono asciutti, 17 (32,7%) migliorati e i restanti falliti o hanno rimosso il dispositivo. Il pad test delle 24 ore medio è risultato 143 gr (0-500 gr). In 7 pazienti è stata effettuata una revisione chirurgica del port scrotale per malfunzionamento. Discussione L’impianto di sfintere artificiale rimane il gold standard per la terapia dell’IUPR. L’utilizzo del Silimed comporta un alto tasso di revisione chirurgica, con necessità di rimozione del dispositivo in un terzo dei casi per erosione uretrale. Ad un follow-up medio di 41 mesi, il 60% circa dei pazienti è asciutto o migliorato. Conclusioni L’impianto transcorporale di CP in pazienti con IUPR presenta un alto tasso di erosione uretrale con necessità di rimozione del dispositivo. Tale metodica pertanto non può essere considerata come una valida alternativa nella terapia dell’IUPR. 188 P182 86° Congresso Nazionale SIU MORFOLOGIA DEL SISTEMA PIELOCALICEALE E SUO IMPATTO SULLE SCELTE STRATEGICHE DURANTE ECIRS: ANATOMIA STATICA DA IMAGING PREOPERATORIO VERSUS ANATOMIA DINAMICA ENDOVISION INTRAOPERATORIA C. Cracco, F. Liberale, C. Scoffone (Torino) Scopo del lavoro La pianificazione della puntura renale percutanea e della successiva strategia durante una ECIRS (Endoscopic Combined IntraRenal Surgery) per urolitiasi non può prescindere dalla uroTC preoperatoria, indispensabile per definire caratteristiche della calcolosi, morfologia del sistema collettore, rapporti con i visceri circostanti. Scopo del presente lavoro è quello di dimostrare il ruolo predominante dell’anatomia dinamica del sistema pielocaliceale, rilevabile intraoperatoriamente con tecnica Endovision real-time, rispetto a una valutazione statica desunta dalla precedente uroTC, nella scelta del calice di accesso e del metodo di dilatazione del tramite. Materiali e metodi Da 01/2012 a 06/2012 sono stati selezionati 10 pazienti da sottoporre ad ECIRS per calcolosi a stampo pielocaliceale (44 mm + 19 S.D.), che hanno eseguito la uroTC preoperatoria presso la nostra Radiologia. Sono state misurate IL (lunghezza infundibolare) e IW (larghezza infundibolare) del calice prescelto per l’accesso al rene sulla TC. Gli stessi parametri sono stati poi rivalutati intraoperatoriamente, correlando il dato statico di partenza con le modificazioni dinamiche indotte da manovre intraoperatorie (irrigazione attraverso l’ago di Chiba e/o l’ureteroscopio flessibile applicato per via retrograda). I dati sono infine stati correlati con il calice punto e il tipo di dilatazione adoperata. Risultati Dei 10 pazienti valutati, 3 avevano una IW 4 mm sono stati punti senza alcun problema, poi dilatati con balloon (Amplatz 24 Ch in 4 casi, 30 Ch in 3 casi). Dei 3 pazienti con IW 4 mm; quindi è stato possibile pungere il calice e dilatare il tramite con balloon 24 Ch. Nel secondo paziente, punto il calice prescelto, la IW infundibolare è aumentata, ma non si è creato un “water path” tra calice e calcolo, quindi sono stato impiegati i dilatatori di Alken invece del balloon. Infine, per il terzo paziente, la IW Discussione Lo studio uroTC pre-ECIRS dell’anatomia pielocaliceale è fondamentale, ma tali dati vanno integrati con quelli acquisiti a inizio intervento, per adattare gli strumenti all’anatomia del paziente e non viceversa. Elasticità e modificabilità di un infundibulo caliceale sono caratteristiche non desumibili da alcuna diagnostica per immagini, per cui l’ureteroscopia flessibile retrograda preliminare prevista dalla ECIRS è essenziale nello studio anatomico pielocaliceale da trattare. Conclusioni Nella ECIRS l’ureteroscopia flessibile preliminare permette di integrare i dati di anatomia pielocaliceale statica da uroTC con dati di anatomia dinamica fondamentali nella gestione dell’intervento. 189 P183 86° Congresso Nazionale SIU NUOVA CLASSIFICAZIONE DELLA COMPLICANZE DELLA PCNL R. Peschechera, S. Proietti, G. Taverna, P. Graziotti, G. Giusti (Rozzano) Scopo del lavoro Secondo le linee guida Europee, la PCNL rappresenta l’approccio di prima linea per calcoli renali di dimensioni maggiori ai 2 cm. Essa E’ una procedura sicura ed efficace associata a relativamente poche ma specifiche complicanze. Recentemente, il CROES ha riclassificato le complicanze legate alla PCNL secondo la classificazione di Clavien-Dindo, per migliorare la attendibilità e la coerenza nel riportare gli eventi avversi connessi alla procedura stessa. Scopo di questo studio retrospettivo è riclassificare le complicanze della nostra serie storica di PCNL secondo tale nuova validazione della classificazione Clavien-Dindo. Materiali e metodi Da giugno 1999, sono state eseguite 619 PCNL, di cui 344 in posizione prona e da maggio 2006 275 in posizione supina. Di queste 251 tubeless. Le caratteristiche demografiche e della calcolosi sono riportate in Tabella 1. Risultati Le complicanze classificate secondo il sistema di Clavien-Dindo sono riportate nella Tabella 2. Discussione Le complicanze del nostro studio, classificate secondo Clavien-Dindo e la validazione del CROES, sono pressoché sovrapponibili a quelle riportate in letteratura e non differiscono in modo significativo tra le 2 posizioni. Questa classificazione permette un confronto dei risultati più affidabile e riproducibile sia all’interno dello stesso centro che tra le diverse istituzioni con innegabili vantaggi scientifici ed in ultima analisi per la comunità urologica. Inoltre, l’assegnazione alle complicanze della PCNL di uno score universale interurologico permette di migliorare l’affidabilità degli eventi avversi riportati. Conclusioni La PCNL effettuata secondo indicazioni adeguate con un’appropriata selezione dei pazienti è caratterizzata da un basso tasso di complicanze maggiori. La classificazione delle complicanze secondo Clavien-Dindo modificata ad hoc per la PCNL da sicuri vantaggi in termini di standardizzazione dei risultati in modo di permettere confronti scientifici più attendibili ed utili per ulteriori evoluzioni di questa “vecchia procedura” sempre in evoluzione. Referenza: -de la Rosette JJ, Opondo D, Daels FP, Giusti G, Serrano A, Kandasami SV, Wolf JS Jr, Grabe M, Gravas S; CROES PCNL Study Group. Categorisation of complications and validation of the Clavien score for percutaneous nephrolithotomy. Eur Urol. 2012 Aug;62(2):246-55 P184 86° Congresso Nazionale SIU ANALISI PROSPETTICA DEI SINTOMI DELLE BASSE VIE URINARIE E DEL DOLORE DOPO URETEROSCOPIA NON COMPLICATA CON UTILIZZO DI ENDOPROTESI URETERALE A DOPPIO J A. Bosio, P. Destefanis, E. Alessandria, E. Dalmasso, A. Buffardi, M. Lucci Chiarissi, A. Bisconti, B. Frea (Torino, TO) Scopo del lavoro L’utilizzo di un’endoprotesi ureterale a doppio J al termine di un’ureteroscopia è assai frequente nella pratica clinica, nonostante i disagi che essa può provocare ai pazienti. L’obiettivo del nostro studio è stato quello di valutare l’impatto dei doppi J dopo ureteroscopia sulla sintomatologia delle basse vie urinarie e sul dolore utilizzando un questionario specifico validato. Materiali e metodi Abbiamo organizzato uno studio osservazionale prospettico su tutti i pazienti sottoposti a ureteroscopia semirigida o flessibile con posizionamento di doppio J da gennaio 2010 a marzo 2012. Ai pazienti è stato chiesto di compilare la versione validata in lingua italiana dell’Ureteral Stent Symptoms Questionnaire (USSQ), che si compone di 6 sezioni ed esplora l’influenza dello stent su diversi aspetti della vita quotidiana. Prendiamo in considerazione in particolare in questo lavoro gli effetti del doppio J sulla sintomatologia delle basse vie urinarie e sul dolore raccolti nelle prima due sezioni del questionario. Risultati 128 pazienti, dei 155 cui è stato proposto di partecipare allo studio, hanno compilato e restituito il questionario. I sintomi urinari hanno rappresentato un problema per l’88% dei pazienti e vengono riassunti di seguito: frequenza minzionale diurna ≤ una volta all’ora nel 57% dei pazienti, una o più minzioni notturne nell’89%, urgenza nel 90%, incontinenza da urgenza nel 38% e non da urgenza nel 13%, incompleto svuotamento vescicale nell’81%, bruciore alla minzione nell’82%, episodi di macroematuria nel 70% (marcata e/o con coaguli nel 28%). L’84% dei pazienti sarebbe insoddisfatto (il 45% molto scontento) nell’ipotesi di dover trascorrere il resto della vita con tali sintomi urinari. Lo stent è stato causa di dolore o fastidio nell’80% dei pazienti. Le sedi più frequenti di dolore sono state il rene durante la minzione (70%) e la vescica (37%). Il valore medio nella Visual Analogue Scale (VAS) del dolore è risultato 5,72 ± 2,36 (range 0-10). L’88% dei pazienti lamentava dolore durante l’attività fisica. Il dolore è stato responsabile di interruzione del sonno nel 66%, è stato presente durante la minzione nel 93% e interferiva con la vita quotidiana nel 95%. Il 60% dei pazienti è ricorso all’utilizzo di antidolorifici. Discussione L’utilizzo di un questionario specifico validato ha evidenziato come gli stent ureterali dopo un’ureteroscopia non complicata abbiano un profondo impatto sulla sintomatologia delle basse vie urinarie e sul dolore dei pazienti. Se nella pratica clinica è esperienza comune che i pazienti lamentino significativi disagi legati alla presenza di un doppio J, l’entità, la frequenza e la molteplicità dei sintomi messi in risalto dall’analisi dei questionari è sorprendente ed impone un’attenta riflessione. Conclusioni E’ consigliabile limitare il più possibile l’utilizzo ed il tempo di permanenza dei doppi J dopo un’ureteroscopia non complicata. 190 191 P185 86° Congresso Nazionale SIU STRATEGIA MULTIMODALE PER LA PREVENZIONE DELLE COMPLICANZE INFETTIVE DEL TRATTAMENTO PERCUTANEO DELLA UROLITIASI C. Cracco, F. Liberale, C. Scoffone (Torino) Scopo del lavoro L’incidenza complessiva delle complicanze infettive della nefrolitotrissia percutanea arriva al 33%. L’urosepsi è rara ( Materiali e metodi Tutti i pazienti sottoposti a ECIRS (Endoscopic Combined IntraRenal Surgery) per calcolosi da 01/2011 a 04/2013 hanno rigorosamente seguito questo protocollo. 1) Preoperatorio: urocoltura negativa (ab initio o dopo terapia antibiotica mirata); correzione dei fattori di rischio per complicanze infettive (diabete mellito, sostituzione di dispositivi colonizzati,...). 2) Intraoperatorio: profilassi antibiotica endovenosa a largo spettro a inizio intervento (cefalosporina di seconda generazione e aminoglicoside, salvo allergie, dosaggio adeguato a peso e funzione renale), da proseguire per 24 ore; diuresi forzata; urocoltura da puntura renale; mantenimento di basse pressioni intrarenali utilizzando un nefroscopio di calibro inferiore di 4 Fr rispetto alla camicia di Amplatz; no irrigazione pressurizzata, uso limitato nel tempo di sacche da irrigazione ad altezza elevata; massimo due ore di intervento (una nel bambino). Stop procedura se alla puntura fuoriescono urine purulente (colturali, drenaggio, antibiotici mirati, riprogrammazione ECIRS). 3) Postoperatorio: monitoraggio parametri vitali e diuresi, emocromo con formula e coagulazione dopo una e sei ore, il mattino dopo anche funzionalità renale ed elettroliti. Se febbre: dosaggio di procalcitonina ed emocolture seriate; la profilassi antibiotica diventa terapia ad ampio spettro fino a normalizzazione di quadro clinico/ematochimici; abbondante idratazione, diuresi forzata. Risultati 113 pazienti, 57 maschi, 56 femmine, range età 19 mesi–83 anni; ASA score 1 40%, 2 55%, 3 5%; 25% obesi/obesi gravi. Nella nostra casistica non abbiamo mai riscontrato alcuna urosepsi (0%); 6 sono state le febbri transitorie (fino a 38°C) durante le prime 48 ore dopo l’intervento (5.3%), solo 3 (2.6%) con rialzo di procalcitonina, leucocitosi neutrofila, emocolture positive (stessa IVU della urocoltura da puntura renale), prontamente regredite con terapia medica. Discussione Nei primi 127 pazienti sottoposti a ECIRS (2004-2008) senza protocolli standardizzati l’urosepsi era stata 1.6%, la febbre postoperatoria 26%. Il rialzo termico transitorio può essere anche solo dovuto alla liberazione durante la litotrissia di batteri/endotossine dal calcolo (SIRS). Conclusioni Identificare e limitare i fattori di rischio preoperatori, minimizzare il riassorbimento pielorenale intraoperatorio, effettuare una valida profilassi antibiotica e riconoscere precocemente uno stato settico postoperatorio sono provvedimenti fondamentali per limitare al massimo l’insorgenza di complicanze infettive post-ECIRS. 192 P186 86° Congresso Nazionale SIU PCNL BILATERALE: AZZARDO O OPZIONE RAGIONEVOLE? R. Peschechera, S. Proietti, G. Taverna, P. Graziotti, G. Giusti (Rozzano) Scopo del lavoro Tradizionalmente i pazienti con voluminosa calcolosi bilaterale vengono sottoposti a PCNL bilaterale non simultaneamente. Negli ultimi anni sta emergendo la possibilità di effettuare la PCNL bilaterale in una singola seduta, ottenendo simili risultati clinici, riducendo però i costi legati ai tempi operatori, alla degenza e al ritorno alle attività lavorative. Riportiamo in tale studio la nostra casistica di PCNL bilaterali. Materiali e metodi Dal Gennaio 2006, 25 pazienti sottoposti a PCNL bilaterale in posizione supina sono stati analizzati retrospettivamente. Di questi, 17 pazienti erano uomini e 8 donne. L’ età media era 45,5±5,3. Il BMI medio 25,5±3,4. Lo stone burden/unità renale medio era 2,7±1 cm2. Il secondo lato è stato iniziato solo se il primo si era concluso senza complicanze maggiori. In tutti i pazienti, alla fine della procedura, sono stati posizionati cateteri ureterali DJ bilateralmente e catetere vescicale. 15 casi sono stati tubeless bilaterale, in 7 è stata posizionata una nefrostomia monolaterale e in 3 bilaterale. Sono stati valutati i seguenti parametri: la variazione di emoglobina nel post-operatorio, la variazione della creatinemia, complicanze peri e postoperatorie classificate secondo il sistema di Clavien modificato secondo Dindo, giorni di ospedalizzazione, lo stone-free rate e i giorni di ritorno alle attività lavorative. Risultati Il tempo medio operatorio è stato 110,5±37 min. La variazione di Hb pre e post-operatoria è stata 2,5±1,2 g/dl. La variazione di creatinemia è stata di 0.4±0,6 mg/dl. La degenza media ospedaliera è stata 3,9±1,9 giorni. Non si sono registrate complicanze intraoperatorie maggiori. Le complicanze post-operatorie sono state: grado I 5 casi (20%) (4 casi di iperpiressia e 1 di ematuria), grado II 2 casi (8%) (necessità di trasfusioni), grado IIIA 1 (4%) (idropneumotorace che ha richiesto il posizionamento di drenaggio pleurico). Il tasso di stone-free rate è stato di 92,5%. 4 pazienti (16%) pazienti hanno necessitato una seconda procedura di completamento per la bonifica della calcolosi (RIRS). Il ritorno alle attività lavorative è stato di 11±3,5 giorni. Discussione La PCNL bilaterale sincrona riduce i tempi operatori e di ospedalizzazione, permette un rapido ritorno alle attività lavorative, effettuando una singola anestesia, rispetto alla stessa procedura effettuata,invece, in 2 steps. Il tasso di stone-free e le complicanze peri e post-operatorie sono sovrapponibili. Unico svantaggio di cui ci vantiamo non esser stati condizionati è in termini di DRG in quanto non si prevede nessun incremento nell’ammontare del rimborso per procedure bilaterali Conclusioni La PCNL bilaterale simultanea è una sicura ed efficace opzione terapeutica, in casi ben selezionati, associata a bassa morbidità, in pazienti affetti da calcolosi renale bilaterale. 193 P187 86° Congresso Nazionale SIU P188 86° Congresso Nazionale SIU RETROGRADE INTRARENAL SURGERY (RIRS) NEL TRATTAMENTO DELLA CALCOLOSI RENALE IN PAZIENTI MONORENE ESPOSIZIONE RADIOGENA DEL PAZIENTE SOTTOPOSTO A URETEROSCOPIA PER CALCOLOSI URETERALE: IMPATTO DEI PRINCIPALI DETERMINANTI. S. Proietti, R. Peschechera, G. Taverna, P. Graziotti, G. Giusti (Rozzano) F. Nigro (Vicenza) Scopo del lavoro I recenti progressi nell’armamentario endourologico hanno esteso le indicazioni della RIRS alla maggior parte dei calcoli renali. Infatti ormai anche in caso di pazienti monorene, tale metodica non viene più considerata un azzardo ma viene impiegata sempre più diffusamente. In questo lavoro presentiamo la nostra casistica di 29 RIRS in pazienti monorene. Scopo del lavoro La storia naturale del paziente affetto da calcolosi ureterale si associa a una ripetuta esposizione a radiazioni ionizzanti. Abbiamo valutato l’esposizione radiogena relativa a un gruppo di pazienti affetti da calcolosi ureterale, dall’esordio sintomatologico alla risoluzione del caso, misurando il peso degli accertamenti radiologici pre- e post-operatori, nonché delle diverse fasi della manovra endourologica impiegata. Materiali e metodi Sono stati arruolati in tale studio prospettico 29 pazienti monorene affetti da calcolosi renale. 16 pazienti erano stati pre-stentati a causa di precedente IRA e/o urosepsi.L’ età media era 55,75±12,3.Il diametro medio della calcolosi era 1.3±0.4 cm (0.6-1.9).Alla fine della procedura è sempre stato posizionato uno stent a doppio J lasciando i cordini per autorimozione ove possibile ed il catetere vescicale per una notte. In caso di decorso regolare, i pazienti hanno trascorso una notte in ospedale e dimessi all’indomani. I pazienti sono stati sottoposti nel pre-operatorio e ad 1 mese dall’ intervento a TC addome smc. Gli end-points sono stati: valutazione dello stone-free-rate e della funzionalità renale ad 1 mese dalla procedura. Risultati I 15 pazienti con calcolosi inferiore al cm hanno richiesto una singola procedura, mentre un 2nd look si è reso necessario in 5 dei 14 pazienti con calcolosi superiore al cm. Il tempo operatorio medio è stato 75.2±12 min (includendo anche i 5 2nd look). Non abbiamo riscontrato significativo aumento della creatinina postoperatoria (0.2±0.03 mg/dL; range 0.1- 0.6) senza differenze statisticamente significative rispetto al preoperatorio (p=0.06).In 3 pazienti su 29 (10.3%) si è riscontrata febbre >38°C . La degenza media è stata 1.4±0.6 gg mentre il tempo di recupero delle normali attività lavorative è stato pari 10.8±1,4 gg. Lo stone free rate primario è stato 79.3% (23/29) raggiungendo un soddisfacente 93.1% (27/29) dopo un 2nd look in 5 pazienti. Va sottolineato come tutti i pazienti sono stati comunque resi asintomatici e liberi da dilatazione dell’asse escretore nonostante la presenza di frammenti residui senza peggioramento significativo della funzione renale. Discussione Sebbene la PCNL e l’ ESWL rimangano il gold standard nel trattamento della calcolosi renale in pazienti monorene, grazie ai progressi ottenuti nell’ armamentario endourologico e al perfezionamento delle capacità chirurgiche nell’ ultimo decennio, la RIRS viene sempre più considerata come una valida alternativa a tali metodiche anche nei pazienti monorene.Da quanto emerso dai nostri risultati quest’ ultima procedura endoscopica, in mani esperte, può rappresentare il giusto compromesso con un tasso di stone-free simile a quello della PCNL ma con una bassa percentuale di complicanze come garantito dall’ESWL.Degno di nota è il fatto che la funzionalità renale rimanga comunque sostanzialemnte stabile dopo una RIRS se eseguita nel rispetto di rigide regole della moderna endourologia Materiali e metodi Studio retrospettivo (2011-2012) che include i pazienti sottoposti presso il nostro reparto ad ureteroscopia (URS) per calcolosi ureterale. È stata misurata l’esposizione radiogena complessiva considerando tutti gli accertamenti con impiego di radiazioni ionizzanti eseguiti dall’esordio dei sintomi a 3 mesi di follow-up post operatorio, ivi inclusa la dose utilizzata durante il trattamento endourologico, considerando separatamente le manovre di bonifica della calcolosi ed il tempo relativo al posizionamento del catetere ureterale a fine procedura, quando necessario. Risultati Sono stati reclutati 167 pazienti affetti da calcolosi ureterale a sede giuntale in 37 (22%) casi (gruppo 1), lombare in 52 (31%) (gruppo 2), pelvica in 43 (26%) (gruppo 3), intramurale nei rimanenti 35 (21 %) (gruppo 4). Tutti i pazienti sono stati studiati in prima istanza con Rx diretta addome (RxAB) ed ecografia reno-pelvica (ECO); è stato necessario circostanziare la diagnosi con TAC addome in 127 pazienti (76%). Il tempo medio di fluoroscopia durante l’URS è risultato pari a 158 secondi (s) (gruppo1), 149 s (gruppo 2), 77 s (gruppo 3) e 75 s (gruppo 4), con una minor durata di esposizione radiogena (p Discussione L’esposizione radiogena media è risultata, complessivamente, pari a 18 mSv (1), 21 mSv (2), 16 mSv (3), 15 mSv (4). La dose di radiazione erogata alla popolazione esaminata è risultata sotto la soglia di 50 mSv, dose massima annua secondo la International Commission on Radiological Protection. Conclusioni L’esposizione radiogena relativa agli accertamenti radiologici cui il paziente affetto da urolitiasi viene sottoposto si somma a quella determinata dall’impiego della fluoroscopia durante le manovre endourologiche. Esami radiologici e posizionamento del DJ al termine dell’URS rappresentano i principali fattori determinanti È opportuno che l’endourologo sia sensibilizzato a tale problema. Conclusioni La RIRS rappresenta una ragionevole alternativa alla PCNL in caso di calcolosi SWL resistente di diametro inferiore ai 2 cm. 194 195 P189 86° Congresso Nazionale SIU ENDOSCOPIC COMBINED INTRA RENAL SURGERY (ECIRS) NEI PAZIENTI OBESI: NOSTRA ESPERIENZA M. Cossu, C. Fiori, M. Poggio, N. Serra, S. Grande, C. Scoffone, A. Di Stasio, F. Porpiglia (Orbassano) Scopo del lavoro La nefrolitotomia percutanea (PCNL) in posizione prona può essere problematica nei pazienti obesi. Idealmente la Endoscopic Combined Intra Renal Surgery (ECIRS) con il paziente in posizione supina supera queste limitazioni. Il lavoro valuta l’efficacia e la sicurezza dell’ECIRS nei pazienti obesi. Materiali e metodi Sono stati selezionati dal nostro database sulle procedure ECIRS,mantenuto prospetticamente,i dati relativi ai pazienti con BMI >30 trattati da gennaio 2004 a dicembre 2012. Tecnica operatoria: tutti gli interventi sono stati eseguiti in anestesia generale. I pazienti sono stati trattati in posizione di Valdivia mod.Galdakao. Quando possibile l’accesso alla via escretrice è stato condotto mediante tecnica endovision, la dilatazione del tramite mediante palloncino o dilatatori di Alken, la litotrissia è stata effettuata prevalentemente con strumento balistico/ultrasonico. Al termine della procedura è stato effettuato il controllo ureteroscopico retrogrado e/o nefroscopico flessibile anterogrado per la valutazione/asportazione dei frammenti residui. Sono stati valutate le caratteristiche demografiche dei pazienti, le caratteristiche dei calcoli, i dati perioperatori (comprese le complicanze anestesiologiche e chirurgiche intraoperatorie) e la percentuale di stone free definita come assenza di frammenti residui significativi (>3mm) ai controlli e a tre mesi dal trattamento. Le complicanze postoperatorie sono state classificate secondo il sistema di Clavien. Risultati Sono stati analizzati i dati di 49 pazienti. L’età media era pari a 54 anni, il BMI era pari a 32.95, l’ ASA score mediano pari a 2 (1-3),mentre l’8% dei pazienti era monorene. Il diametro medio dei calcoli trattati era pari a 22.18mm (8-50 mm); il 32%(16) dei pazienti presentava calcolosi multipla. I calcoli erano localizzati: nel 34%(17)a livello del calice superiore, nel 42%(21)nel calice medio, nell’81%(40) nel calice inferiore, nel 59% (29) pielici. Nel 34%(17)dei pazienti era presente calcolosi a stampo e nel 6%(3) era presente anche calcolosi ureterale. Il tempo operatorio medio è stato di 88.9 min e non sono state registrate significative complicanze intraoperatorie né chirurgiche né anestesiologiche. La durata media del ricovero è stata di 6.7 giorni. La percentuale di pazienti stone-free dopo il primo trattamento è risultata pari all’85%. Il tasso complessivo di complicanze di grado >III è stato del 2% (1 paziente). Discussione I dati derivati dalla nostra esperienza suggeriscono che la ECIRS con il paziente in posizione supina sia una tecnica sicura ed efficace nei pazienti obesi. Pur in assenza di un confronto formale con i dati relativi alla popolazione generale della nostra casistica, i risultati dei due gruppi in termini di stone free e complicanze non differiscono significativamente. Conclusioni Gli elementi descritti,in particolare il fatto che non è richiesta la variazione di decubito del paziente,suggeriscono che questa tecnica possa rappresentare la prima scelta nel trattamento dei pazienti obesi. 196 P190 86° Congresso Nazionale SIU VALUTAZIONE DEI FRAMMENTI RESIDUI POST-NEFROLITOTRISSIA PERCUTANEA: ENDOSCOPIA FLESSIBILE ASSOCIATA A CONTRASTOGRAFIA A FINE INTERVENTO VERSUS TC BASALE UN MESE DOPO C. Scoffone, F. Liberale, C. Cracco (Torino) Scopo del lavoro I dati in letteratura sull’incidenza dei frammenti residui post-nefrolitotrissia percutanea (CIRF, Clinically Insignificant Residual Fragments) sono molto variabili (8-80%) a seconda dei criteri per definirli (96% e specificità >99%. Siccome effettuare una MDCT un mese dopo l’intervento comporta una esposizione radiologica che si somma alla uroTC preoperatoria e alla fluoroscopia intraoperatoria, abbiamo cercato una valida alternativa diagnostica, specie per giovani e/o donne. Materiali e metodi Da 01/2012 a 06/2012 30 pazienti consecutivi sono stati sottoposti a ECIRS (Endoscopic Combined IntraRenal Surgery), tecnica che prevede, oltre all’uso integrato di nefroscopia ed ureteroscopia flessibile per un migliore tasso stone-free attraverso un unico accesso percutaneo, l’esplorazione finale sistematica di tutti i calici con flessibili associati a contrastografia. La valutazione finale dei CIRF (numero, dimensioni, sede)registrata per ciascun paziente è stata paragonata all’esito della MDCT effettuata un mese dopo. Per noi stone-free significa assenza completa di CIRF. Risultati Sono stati valutati 16 maschi, 14 femmine, età media 54 anni + 13, 18 operati a sinistra, 12 a destra, tempo operatorio medio 85 minuti + 30, calcolosi a stampo o complesse di 43 mm + 20 di diametro. Il tasso stonefree in base alla endoscopia flessibile finale associata a contrastografia è stato del 90% (27 pazienti), con CIRF in 3 pazienti (10%). Il responso della MDCT un mese dopo ha fornito risultati sovrapponibili al 100% riguardo a numero, dimensione e sede dei CIRF. Tuttavia, dei 3 pazienti con MDCT refertata per calcolosi residua, 2 non erano da trattare (dato endoscopico di calcificazione parenchimale in un caso, di calcolo in un calice escluso con infundibolo inaccessibile nell’altro). Discussione La Rx diretta renovescicale per valutare i CIRF ha sensibilità (46%) e specificità (82%) troppo basse rispetto alla MDCT. Anche la sola pielografia anterograda ha bassa sensibilità (35%), mentre è noto che la nefroscopia flessibile è seconda solo alla CT per sensibilità e specificità. Dati i progressi fatti nell’ultimo ventennio in termini di qualità delle immagini digitali e prestazioni tecniche degli endoscopi flessibili, pensiamo sia il momento di rivalutare il valore aggiunto di questo approccio contestuale all’intervento. Conclusioni L’esecuzione standardizzata dell’endoscopia flessibile a fine ECIRS con l’esplorazione sistematica di tutti i calici evidenziati dalla contrastografia è strumento con sensibilità e specificità sovrapponibili alla MDCT. Il valore aggiunto di questa metodica (essenziale durante tutta la ECIRS) consiste nella migliore caratterizzazione dei CIRF, in grado di guidare le successive decisioni terapeutiche. Questo non significa bandire l’esecuzione della MDCT postoperatoria, bensì limitarla a casi selezionati. 197 P191 86° Congresso Nazionale SIU P192 86° Congresso Nazionale SIU URETERORENOSCOPIA FLESSIBILE PER CALCOLI RENALI: I NOSTRI PRIMI 50 CASI MICRONEFROLITOTRISSIA PERCUTANEA (MICRO-PERC): LA PRIMA ESPERIENZA IN ITALIA F. Berardinelli, L. Cindolo, F. Pellegrini, F. Neri, F. Tamburro, L. Schips (Vasto) G. Bianchi, F. Fidanza, R. Galli, M. Rosa, A. Zordani, C. Di Pietro, S. Micali (Modena) Scopo del lavoro L’ureterorenoscopia flessibile (f-URS) sta guadagnando spazio come trattamento di prima linea per i calcoli renali fino a 2cm e anche per quelli più grandi con tassi di stone-free più elevati rispetto alla ESWL e con morbilità inferiore alla PCNL. Scopo del lavoro è analizzare gli outcomes e le complicanze della f-URS per calcoli renali. Scopo del lavoro Le metodiche mini-invasive per il trattamento della calcolosi reno-ureterale quali nefrolitotrissia percutanea (PCNL) e ureterorenoscopia flessibile sono sempre più utilizzate. Eventuali complicanze nella PCNL si possono riscontrare fin dalla puntura di accesso al rene; pertanto effettuare un accesso ottimale e atraumatico alle vie escretrici e il primo step per eseguire una PCNL con successo e per ridurre il rischio della più frequente complicanza legata a tale tecnica, cioè il sanguinamento del tramite di accesso Materiali e metodi Sono state raccolte prospetticamente informazioni demografiche, peri e post-operatorie dei pazienti consecutivamente sottoposti a f-URS per litiasi renali. Le complicanze sono state classificate secondo la classificazione di Clavien. Risultati Tra marzo 2012 ad marzo 2013 abbiamo eseguito 50 f-URS in 44 pazienti (25M; 19F): età media:54 anni (15-80), BMI medio 27,3kg/m2 (16-33). Dimensione media dei calcoli:16mm (5-30mm). I calcoli, radiopachi in 36 casi (81%), erano così localizzati: 21 pielici, 3 calice superiore, 3 calice medio, 7 calice inferiore,10 caliceali multipli. In 6 pazienti (13%) era stato posizionato un DJ prima dell’intervento mentre tutti presentavano urinocoltura preoperatoria negativa. Per tutti è stata utilizzata una guaina d’accesso ureterale (di preferenza Ch9.5) e somministrata una terapia antibiotica peri e post-operatoria. In 46 procedure (92%) è stato utilizzato l’ureteroscopio Flex-X2, in 4 (8%) quello digitale Flex-XC con fibra laser da 200 micron. Il tempo operatorio medio è stato di 86 minuti (40-120); un DJ è stato posizionato in 45 casi (90%). Non si sono verificate complicanze intraoperatorie. Tempo di ospedalizzazione medio:2 giorni. Nel post-operatorio 3 pazienti (6%) hanno avuto un episodio febbrile e 1(2%) ha presentato una severa lombosciatalgia (complicanze di grado Clavien I, trattate con terapia medica). Ad 1 mese dall’intervento sono stati eseguiti Rx ed ecografia renale: 32 pazienti (73%) erano stone-free, 7 (16%) presentavano frammenti 5mm. Per questi (tutti con calcolo iniziale >2cm) è stato eseguito un second-look endoscopico: per 4 risolutivo, per 1 è stato necessario eseguire una terza procedura. Al follow-up medio di 6 mesi (1-12 mesi) nessuno ha presentato ulteriori complicanze. Discussione Grazie ai progressi tecnologici, la f-URS ha ampliato il suo ruolo nella calcolosi renale. I nostri risultati avvalorano l’idea che la f-URS può rappresentare la procedura di prima scelta nella calcolosi renale fino a 2 cm e una scelta alternativa nei calcoli >2 cm. Tuttavia in questi casi non deve essere sottovalutata la necessità di una procedura aggiuntiva per rendere il paziente stone-free. Infatti tutti i pazienti in cui è stato necessario un ritrattamento presentavano calcoli >2cm. La classificazione delle complicanze secondo Clavien ha reso l’analisi dei risultati oggettiva, riproducibile da garantire il confronto dei risultati tra centri diversi. Conclusioni La f-URS per calcoli renali è una procedura valida e sicura con buoni outcomes e basse complicanze anche in un centro con esperienza iniziale nella ureterorenoscopia flessibile. 198 Materiali e metodi Dal Febbraio 2013 ad Aprile 2013 abbiamo eseguito 4 procedure di Micronefrolitotrissia percutanea (Micro-perc). L’accesso è stato effettuato con l’utilizzo di “3-part all-seeing needle”, costituito da un ago, un mandrino e una camicia da lavoro di 4.85 Fr (Polydiagnost) che permette l’inserimento di una micro-ottica con diametro di 0.9mm, l’ampiezza dell’ angolo di visione di 120° e una risoluzione superiore a 10.000 pixel (Polydiagnost) e la puntura del rene sotto visione, caratteristica di questa tecnica. Sono disponibili inoltre camicie da lavoro del diametro di 8 Fr e 10 Fr Risultati Nei 4 pazienti trattati la dimensione media dei calcoli è 15mm (range 5–27 mm). Il valore in unità Hounsfield alla tomografia è 1032 (range 931-1130). Anomalie anatomiche erano presenti in un paziente (Rene a ferro di cavallo). I calcoli erano localizzati in pelvi renale (3) e nel calice inferiore (1). La polverizzazione del calcolo è stata ottenuta utilizzando camicie da lavoro del diametro di 4.8Fr o 8Fr in 2 pazienti rispettivamente. Il tempo dell’intervento è stato registrato di 93.5 minuti (range 76–117 min). Il tempo medio di esposizione alla fluoroscopia è di 187 secondi (range 128–283 secondi). I pazienti sono stati dimessi in 3.5 giorni (range 1–9 giorni). Non si sono osservate perdite ematiche significative e non sono state necessarie trasfusioni ematiche in nessun paziente Discussione La micro-perc si è dimostrata una tecnica efficace, riproducibile e sicura che riduce il costo del trattamento della calcolosi in termini di minor impiego di materiale chirurgico, riduzione dei giorni di ospedalizzazione, riduzione trasfusioni e farmaci antidolorifici e antibiotici. La micro-perc può rivelarsi utile, inoltre, nel trattamento della calcolosi pediatrica e in pazienti monorene o con compromissione del parenchima renale per la diminuzione delle complicanze come l’emorragie Conclusioni La micro-perc rappresenta una valida alternativa alla PCNL per la calcolosi renale non complessa. Inoltre si è evidenziata una diminuzione delle complicanza come l’emorragie, traumatizzando meno il parenchima renale e le vie urinarie (calici e pelvi), Questo potrà essere utile nel trattamento della calcolosi renale in pazienti monorene o in pazienti con compromissione del parenchima renale e nel trattamento della calcolosi pediatrica. 199 P193 86° Congresso Nazionale SIU P194 86° Congresso Nazionale SIU ENDOSCOPIC COMBINED INTRA RENAL SURGERY: 9 ANNI DI ESPERIENZA IL TRATTAMENTO ENDOUROLOGICO RETROGRADO DELLA CALCOLOSI CISTINICA M. Cossu, C. Fiori, M. Poggio, N. Serra, S. Grande, C. Scoffone, F. Porpiglia (Orbassano) P. Beltrami, L. Bettin, A. Iannetti, M. Iafrate, L. Angelini, P. Bernich, C. Valotto, F. Zattoni (Padova) Scopo del lavoro La nefrolitotomia percutanea (PCNL), è il trattamento di scelta per la calcolosi renale voluminosa e/o complessa e la Endoscopic Combined Intra Renal Surgery (ECIRS) con il paziente in posizione supina rappresenta una valida alternativa alla PCNL standard con il paziente prono. Scopo del lavoro è presentare i risultati della ECIRS a 9 anni dalla sua introduzione nella nostra pratica clinica. Scopo del lavoro La calcolosi cistinica è sostenuta dalla cistinuria, malattia genetica rara caratterizzata da un alterato trasporto degli aminoacidi dibasici a livello dell’orletto a spazzola delle cellule del tubulo contorto prossimale. Tende a manifestarsi clinicamente in età precoce, nella maggior parte dei casi entro la seconda decade di vita ed è caratterizzata da un decorso di tipo recidivante. La terapia medica (alcalinizzazione delle urine e uso di farmaci quali la tiopronina) e comportamentale (iperidratazione e conseguente iperdiuresi) sono però gravose, tanto che la compliance del paziente stimata risulta inferiore al 15%. La frequente interruzione della terapia farmacologica fa sì che i soggetti sviluppino recidive, con formazione di calcoli a rapida crescita spesso di dimensioni elevate, con conseguente necessità di plurimi interventi di rimozione attiva dei calcoli nell’arco della vita. Riportiamo la nostra recente esperienza nel trattamento endourologico di tale forma di litiasi renoureterale. Materiali e metodi Sono stati estratti dal nostro database (mantenuto prospetticamente) i dati relativi ai pazienti sottoposti a ECIRS da gennaio 2004 a dicembre 2012. Tecnica operatoria. Tutti gli interventi sono stati eseguiti in anestesia generale ed i pazienti sono stati trattati in posizione di Valdivia modificata Galdakao. Quando possibile l’accesso alla via escretrice è stato condotto mediante tecnica endovision, la dilatazione del tramite è stata eseguita mediante palloncino o dilatatori di Alken, la litotrissia è stata effettuata prevalentemente con balistico/ultrasonico. Al termine della procedura è stato effettuato il controllo ureteroscopico retrogrado e/o e nefroscopico flessibile anterogrado per la valutazione/asportazione dei frammenti residui. Sono state valutate le caratteristiche demografiche dei pazienti, le caratteristiche dei calcoli, i dati perioperatori e la percentuale di stone-free definita come assenza di frammenti residui significativi (>3mm) ai controlli (eco e radiologici) a tre mesi dal trattamento. Le complicanze postoperatorie sono state classificate secondo il sistema di Clavien. Risultati Sono stati analizzati i dati di 219 pazienti trattati consecutivamente presso la nostra Divisione. L’età media era di 52 anni, il BMI era pari a 26.4; l’ASA score mediano pari a 2; 4 pazienti (1.8%) erano monorene. Il diametro medio dei calcoli trattati è risultato pari a 25.2 mm. In 120 casi (54%) i pazienti presentavano calcolosi multipla; la distribuzione dei calcoli era così rappresentata: 137 (62%) a livello del calice inferiore, 71(32%) nel calice medio, 59 (27%) nel calice superiore, 133 (60%) pielici. In 70 pazienti era presente calcolosi a stampo (32%). In 17 casi (7%) era presente calcolosi ureterale associata. Il tempo operatorio medio è stato di 87.7 minuti e non sono state registrate significative complicanze intraoperatorie né chirurgiche né anestesiologiche. La durata media del ricovero è stata di 6 giorni. Materiali e metodi Dal gennaio 2009 al settembre 2012 sono stati reclutati 19 pazienti (12 maschi e 7 femmine) di età mediana 24 anni (IR 22.75), trattati con metodiche endourologiche per la bonifica di calcolosi cistinica presso la nostra Clinica. Sono state eseguite 48 procedure, 34 litotrissie per via retrograda per calcoli ureterali (URS) e renali (RIRS) e 14 litotrissie percutanee per calcolosi renale (PCNL), a cui si aggiungono 9 litotrissie extracorporee, per un totale di 29 assi trattati (6 pazienti hanno presentato calcolosi bilaterale ed in 4 casi erano recidivi nello stesso lato). 3 pazienti sono ancora in corso di trattamento. Risultati Mentre con PCNL la bonifica è risultata completa nella maggior parte dei casi con una singola seduta, con la URS/RIRS, come prevedibile, l’esito del trattamento si correla in modo statisticamente significativo (p=0,0005) con le dimensioni dei calcoli. Considerando gli assi trattati esclusivamente con URS/RIRS, la bonifica completa è avvenuta nell’83% dei casi con un unico trattamento per calcoli iniziali di diametro inferiore ai 20 mm, nel 44% per calcoli di dimensioni superiori ai 20 mm. La durata operatoria e il tempo di degenza sono risultati minori per l’approccio retrogrado rispetto alla via percutanea (rispettivamente, p=0.034 e p Discussione La percentuale di pazienti stone-free dopo il singolo trattamento è risultata pari all’84%. Il tasso di complicanze di grado > III è risultato pari al 2.3%. Discussione L’URS/RIRS è una procedura efficace, sicura, mini-invasiva e ripetibile, motivo per cui risponde maggiormente ai bisogni dei pazienti affetti da calcolosi cistinica. Conclusioni I dati della nostra casistica suggeriscono che la ECIRS sia una tecnica sicura ed efficace, riteniamo inoltre che sia particolarmente utile nella risoluzione di patologie quali calcolosi multiple reno-ureterali voluminose e/o complicate. Conclusioni Essendo l’efficacia della RIRS inferiore per calcoli di dimensioni superiori a 20 mm, è fondamentale uno stretto follow-up per poter diagnosticare e trattare i calcoli con approccio retrogrado qualora siano ancora di dimensioni contenute. 200 201 P195 86° Congresso Nazionale SIU FATTORI PREDITTIVI DI SUCCESSO NELLA URETEROSCOPIA PER IL TRATTAMENTO DELLA CALCOLOSI RENO-URETERALE. NOSTRA ESPERIENZA. L. D’Arrigo, F. Savoca, A. Bonaccorsi, A. Costa, M. Pennisi, F. Aragona (Messina) Scopo del lavoro La chirurgia endoscopica intrarenale per via retrograda (RIRS) ha modificato l’atteggiamento terapeutico della calcolosi reno-ureterale con una significativa riduzione del numero di procedure per via percutanea (PCNL). Tuttavia il trattamento di prima scelta nelle calcolosi pieliche e caliciali superiori ad 1.5 cm resistenti a SW resta la PCNL. Scopo dello studio è di analizzare i parametri predittivi di successo (stone free) in pazienti affetti da calcolosi reno-ureterale sottoposti a chirurgia endoscopica per via retrograda per identificare quali pazienti possono avvalersi dei vantaggi della tecnica. Materiali e metodi Tra Maggio 2011 e Dicembre 2012 abbiamo sottoposto 192 pazienti a 211 trattamenti endoscopici per calcolosi reno-ureterale. Abbiamo valutato il diametro massimo, l’area, il volume e la densità mediante TC. Un’analisi statistica è stata condotta con software R per valutare la correlazione tra i parametri, il successo dell’intervento e l’influenza sui tempi operatori. La litotrissia è stata eseguita con energia balistica, laser o con entrambi. Risultati In 132 casi era presente una calcolosi ureterale di cui in 53 il calcolo era localizzato nell’uretere prossimale, in 28 nel medio e in 51 nell’uretere distale. La percentuale di successo dopo un primo trattamento è stata del 95%. Nei restanti 79 casi era presente una calcolosi renale trattata con RIRS. In questi ultimi la percentuale di stone free è stata del 78% dopo primo trattamento e dell’89,5% dopo “second-look”. La calcolosi in più sedi ha determinato una riduzione significativa della percentuale di successo. L’età media era di 54.1 anni, il diametro medio di 11.4, l’area media 96.9 mm², il volume medio di 372.9 mm³, la densità media di 1052.1, i tempi operatori medi 40.4 min. Discussione L’analisi univariata di tutti i pazienti ha mostrato come, il volume del calcolo (p=0.0176) ed il diametro (p=0.0036) correlino in modo significativo con lo la percentuale di stone free rate. Dall’analisi dei casi sottoposti a RIRS è emerso come lo stone burden (area) p=0.104, e la densità del calcolo p= 0.907, analizzati singolarmente, non siano significativi ai fini dell’esito del trattamento ma sono correlati al tempo operatorio (p=0.002 e p=0.01). Solo la presenza di una calcolosi caliceale (p= 0.007) è risultata significativa ai fini dell’esito del trattamento. Dall’analisi multivariata emerge invece che i tre parametri correlati tra di loro assumono rilevanza statistica anche al fine dell’esito del trattamento (diametro: p=0.01; calcolosi caliceale: p=0.0009; densità: p=0.05). Conclusioni La calcolosi multipla e/o caliceale determina una significativa riduzione delle percentuali di successo mentre nelle calcolosi localizzate in una singola sede la RIRS offre maggiore stone free rate. I parametri analizzati singolarmente sembrano utili nel predire il tempo operatorio ma non l’esito del trattamento. La valutazione combinata di questi parametri può predire la percentuale di stone free e dare informazioni sui tempi della litotrissia. 202 P196 86° Congresso Nazionale SIU A SINGLE GROUP OF WORK EXPERIENCE WITH MICROPERC FOR RENAL STONES G. di lauro, S. mordente, L. romis, G. romeo, A. pane, A. ruffo, D. masala, F. iacono (pozzuoli) Aim of the study Our purpose is to describe our initial experience of using Micro-Perc technique for renal stones Materials and methods We enrolled 10 patients with symptomatic renal calculi(3 right;7 kidney)between March 2012 and January 2013.Patients mean age was 51,3yo±12,9SD(29 to 67yo). The mean stone size was 2,5 cm ±0,9 SD(0,8 to 4,5 cm),the mean Body Mass Index(BMI)was 24,83kg/m2 ±4,1SD(15,8 to 32 kg/m2).We evaluated perioperative parameters in terms of: Operation Duration, Duration of hospitalization, Hemoglobin Drop, Percentage of Success in terms of stone free rate(SFR),clinical insignificant residual fragment(CIRF) and residual stone(RS). We used the three part all-seeing needle of diameter of 1,6 mm (4.85Fr) that is a bit larger than diameter of standard Chiba needle 1,3 mm. The all-seeing needle is made with a three way connector on is tip to allow in one channel the passage of the micro-optics with 120 degree lens with an integrated light lead. In a second channel the passage of the irrigation pump for water outlet. A third channel allows a holmium laser fiber passage. The operative technique for Micro-perc procedure we used is the same described by Desai et al.As first step with patients in supine position we placed a transurethral 6 Fr ureteral catheter or 7 double J stent if the stone diameter was > 2,5cm. After the antegrade step we turned the patients in prone position and under fluoroscope and/or ultrasound guidance,we performed percutaneos selective access to renal calyx with the optical needle previously described. We removed urethral Foley catheter and ureteral catheter in postoperative day 1, double J stent was removed after 1 month.Every patients was evaluate in post-operative day 1 and after 1 month with X-ray (KUB) and ultrasound of kidneys, ureteres and bladder. We consider as clearance the absence of stones on KUB or ultrasound, as CIRF the presence of stones not bigger than 4 mm, as RS the presence of stone bigger than 4 mm after one month Results All patients treated referred as main symptom the presence the pain after surgery.The main operation duration in minutes and hospitalization duration in hours was 65,3 min±28,4SD(35 – 110 min) and 39,3hours±8,2 SD(36 – 72 hours).The main haemoglobin drop was 0,6 g/dl ±0,4 SD(0,2 – 1,6 g/dl).We did not report any sever bleeding or any other kind of complication.Totally stone free rate was achieved in 8 patients after one month. We observed CIRF in 2 patients, no residual stone bigger than 4 mm have been observed after one month from the treatment. Discussion Micro-Perc have been recently introduced as safe technique with less invasiveness then stantard PCNL, using a particular needle called: all-seeing needle. Micro-Perc provides in a single step percutaneous renal access under direct vision, stone disintegration and clearance of stones fragments. Conclusions Our results provide that microperc might take a part in the management of renal calculi. Routinary application is promising,but further studies comparing PCNL and MicroPerc are needed 203 P197 86° Congresso Nazionale SIU P198 86° Congresso Nazionale SIU XENX, A NEW DEVICE TO PREVENT STONE AND FRAGMENTS MIGRATION DURING THE ENDOSCOPIC LASER LITOTHRIPSY: EXPERIENCE IN A SINGLE CENTER. NEFROLITOTRISSIA PERCUTANEA IN ANESTESIA COMBINATA SPINALE-EPIDURALE: ESPERIENZA QUADRIENNALE DI UN SINGOLO CENTRO N. Macchione, F. Lonogo, G. Zanetti, A. Trinchieri, E. Montanari (Milano) M. Creta, S. Di Meo, R. Buonopane, L. Maio, G. Scibelli, V. Imperatore (Naples) Aim of the study A new anti-repulsion device for the endoscopic treatment of ureteral stones in terms of safety and efficacy has been evaluated. Scopo del lavoro Lo scopo del presente studio è valutare l’efficacia e la sicurezza della nefrolitotrissia percutanea (PCNL) in anestesia combinata spinale-epidurale(CSE) Materials and methods Xenx (Xenolith) is an anti-repulsion device working “closed” as a normal hydrophilic guide wire (0.038 floppy tip / 0.04 shaft) and “open” as a nitinol ureteral mesh (max. diam. 12 mm / 4 F). The mesh lays between two radiopaque markers, one on the top of the other in the closed device, and is springed pushing the internal wire handled at the distal part of the Xenx. We performed a semirigid ureterorenoscopy using a Wolf instrument (6.5-8.5 F) with double channel. The papilla was negotiated with Xenx, the radiopaque marker positioned over the stone under direct vision and the device opened under fluoroscopic control. The ureteroscope was retracted and reinserted beside Xenx. The stone was treated under continuous flow ( bag at 150 cm ) by holmium laser (400 micron Medilas fiber) until it was reduced to subtle sand. At the end of the procedure no basket was passed, Xenx was closed, an ureteral catheter coaxially placed and left 24-48 hours post-op. Over 3 months, 8 patients with ureteral stone positioned in the upper, in the middle and in the lower ureter in 5, 2, and 1 cases respectively and were 9 mm median diameter (7-12 mm) with a median CTHU 887 (600-1100). Success in device positioning, operative time, post-op. analgesy (NSAID vs. Opioid), post-op. complications (Clavien-Dindo scale) ultrasound (US) stone free rate (SFR) and hydronephrosis grade were recorded. At 4 weeks post-op. stone free rate was assessed by NCCT 1 mm slice. Materiali e metodi Dal Gennaio 2009 al Febbraio 2013 è stato condotto uno studio osservazionale prospettico su 210 pazienti sottoposti a PCNL in CSE. La CSE ha previsto l’iniezione sub aracnoidea di 5 mg di bupivacaina 0.5% associata a 25 μg di fentalyl attraverso lo spazio L1-L2 seguita dal posizionamento di un catetere epidurale connesso, a fine intervento, ad una pompa elastomerica con bolo a richiesta contenente ropivacaina 0.2%. Tutti gli interventi sono stati eseguiti dallo stesso operatore a paziente a decubito prono previo posizionamento di catetere ureterale mediante ausilio di cistoscopio flessibile. L’accesso percutaneo è stato eseguito mediante ago di Chiba 18-gauge e la dilatazione del tramite mediante dilatatori metallici telescopici di Alken. La frammentazione dei calcoli è stata effettuata mediante energia ultrasonica. Al termine della procedura è stata posizionata, in tutti i casi una nefrostomia Ch 18. Sono state registrate le caratteristiche demografiche e cliniche pre-operatorie, i parametri intra- e post-operatori precoci. L’intensità del dolore è stata valutata mediante Visual Analogue Sacale (VAS) (0-10). Le complicanze sono state classificate secondo lo schema di Clavien modificato. Results The median operative time was 22 min (17’-33’). In two cases we used a post-op. analgesy with Opiod (tramadol) associated to NSAID and only in one case we reported a presence of a small stone fragment in the kidney at ultrasound control performed at second post-op. day. No cases of hydronephrosis and post-op. complications were recorded. Discussion Xenx is a new and revolutionary device that works like a guide wire and like an antirepulsion decìvice at same time. Conclusions Xenx in our experience is safe and effective in terms of stone free rate, complications and operating time. Moreover, the use of Xenx allows to avoid using neither a basket nor a guide wire. These previous results support the need of the involvement of more patients and of a multicenter experience. 204 Risultati Le principali caratteristiche pre-operatorie ed i principali parametri intra e post-operatori sono riportati in Tabella 1. In nessun caso è stato necessario convertire l’anestesia in generale. Non sono state registrate complicanze chirurgiche intraoperatorie. L’evenienza di ipotensione intraoperatoria significativa è stata registrata in 4 casi (1.9%) ed è stata controllata mediante iniezione di efedrina. Sono state riscontrate 30 complicanze post-operatorie precoci (entro 30 giorni) in 19 pazienti (9.0%), di cui 25 di grado I (febbre (n=2), sanguinamento (n=7), leakage urinoso (n=4), dolore (n=12) e 5 di grado II (sanguinamento con necessità di trasfusione). Non sono state registrate complicanze infettive e neurologiche legate alla presenza del catetere epidurale Discussione La PCNL è comunemente effettuata in anestesia generale. Recenti evidenze hanno dimostrato l’efficacia e la sicurezza della PCNL eseguita in CSE. Tale tipo di anestesia consente al paziente di poter collaborare in corso di intervento e garantisce un miglior controllo antalgico in fase post operatoria. La presente costituisce la più ampia casistica pubblicata ad oggi sull’argomento. Conclusioni La nostra esperienza dimostra come la PCNL eseguita CSE rappresenta una metodica sicura ed efficace in grado di fornire un buon controllo analgesico intra e post operatorio. 205 86° Congresso Nazionale SIU P199 86° Congresso Nazionale SIU IMPIEGO DELLA MATRICE EMOSTATICA FLOSEAL® IN CASO DI SANGUINAMENTO SEVERO DALLA VIA ESCRETRICE IN CORSO DI UTETEROLITOTRISSIA ENDOSCOPICA: ESPERIENZA PRELIMINARE. M. Creta, S. Di Meo, R. Buonopane, V. Imperatore (Naples) Scopo del lavoro Descriviamo l’impiego della matrice emostatica Floseal® in caso di sanguinamento severo della pelvi renale in corso di uteterolitotrissia endoscopica (URSL). Materiali e metodi Da Gennaio 2011 a Gennaio 2013 è stata riscontrata l’evenienza di sanguinamento severo dalla pelvi renale in corso di URSL in 5/280 pazienti (1.7%). In tutti i casi e’ stata effettuata l’inizione endopielica trans-ureteroscopica di 5mL di Floseal. La matrice emostatica e’ stata lasciata in sede per 10 minuti. Si è’ proceduto successivamente al lavaggio della via escretrice con soluzione fisiologica e alla rivalutazione per la possibile prosecuzione della procedura. Sono stati riportati parametri intra- e post-operatorie dei pazienti trattati. Tutti i pazienti sono stati sottoposti ad ecografia renale e radiografia diretta dell’apparato urinario a distanza di 24 ore dall’intervento e successivamente dopo 3 mesi. Risultati In tutti e 5 i casi l’URSL è stata eseguita mediante strumento semirigido 6.7.5 Fr per calcolosi giuntale ed il sanguinamento, secondario a lesione della mucosa pielica, impediva la prosecuzione della procedura per la scarsa visibilità. L’età media di pazienti è stata di 56.4 anni (range: 40-67) e le dimensioni medie del calcolo 1.8 cm (range: 1.5-2). Il rapporto maschi:femmine è stato di 3:2. La durata media dell’intervento è stata di 45.3 minuti (range:30-50). In tutti i casi l’impiego della matrice emostatica Floseal® ha determinato un arresto del sanguinamento consentendo di portare a termine la procedura. Si è proceduto al posizionamento di uno stent ureterale doppio J Ch 7 in tutti i casi. Il decorso post operatorio e’ stato regolare: non è stata registrata l’evenienza di ematuria significativa post-operatoria, complicanze infettive o ostruzione delle vie urinarie. Tutti i pazienti sono stati resi stone free. Al controllo eseguito a distanza di 3 mesi non è stata evidenziata recidiva di calcolosi. Discussione L’evenienza di sanguinamento severo della via escretrice secondario a lesioni della mucosa ureterale e/o pelvica in corso di URSL è descritta in circa il 2.1% dei casi. Tale complicanza è potenzialmente in grado di ostacolare la visibilità endoscopica e la manovrabilità degli strumenti al punto da costringere a sospendere la procedura. Essa è inoltre responsabile di anemizzazione e formazione di coaguli che possono ostruire la via escretrice e causare dolore durante il decorso post-operatorio. L’impiego di agenti emostatici e’ descritto in chirurgia percutanea per il controllo dell’emostasi della pelvi renale. L’impiego di tali agenti in caso di sanguinamento in corso di URSL non è stato precedentemente descritto. L’esperienza preliminare del nostro studio suggerisce la necessità di condurre ulteriori studi prospettici su un campione più ampio di pazienti. Conclusioni L’impiego di Floseal® in caso di sanguinamento severo in corso di URSL costituisce una potenziale strategia per il controllo dell’emostasi. 206 207 P200 86° Congresso Nazionale SIU P201 86° Congresso Nazionale SIU DOPPLER EVALUATION BEFORE AND AFTER EXTRACORPOREAL SHOCK WAVE LITHTRIPSY: IS THERE A CHANGE IN RESISTIVE INDEX? INSUCCESSO DELLA ESWL NEL TRATTAMENTO DEI CALCOLI URETERALI: FATTORI CHE COMPORTANO UN SUCCESSIVO TRATTAMENTO CHIRURGICO M. Sighinolfi, A. Mofferdin, N. Nyek Ntep, E. Martorana, F. Fidanza, S. Micali, G. Bianchi (Modena) G. Mazzon, B. De Concilio, G. Ollandini, B. Stefano, C. Trombetta, M. Rizzo, N. Pavan, D. Marega (Trieste) Scopo del lavoro La litotrissia extracorporea (ESWL) rappresenta il trattamento mini-invasivo dell’urolitiasi: nonostante la sicurezza clinica del trattamento, gli effetti sulla funzionalità renale non sono stati del tutto definiti. L’ecocolor doppler consente di studiare l’apporto vascolare renale attraverso la valutazione del picco sistolico, della velocità tele-diastolica e delle resistenze vascolari (resistive index, RI). Lo scopo di questo lavoro è quello di registrare il RI prima e dopo trattamento ESWL, per definire eventuali modifiche del sistema vascolare e rapportare le variabili ottenute con caratteristiche sia del paziente che del trattamento. Scopo del lavoro La litotrissia extracorporea (ESWL) rappresenta il trattamento minimamente invasivo della urolitiasi. Le linee guida EAU non sono univoche sul trattamento dei calcoli ureterali, lasciando allo Specialista la possibilità di scegliere caso per caso quale sia la strategia terapeutica migliore. Scopo del nostro lavoro è verificare quali siano i fattori che portano al fallimento del trattamento extracorporeo e richiedano una successiva bonifica chirurgica del calcolo. Materiali e metodi Un totale di 50 pazienti consecutivi affetti da calcolosi renale sono stati sottoposti ad ESWL con Dornier Lithotripter S XXP. Per ogni soggetto sono state considerate le seguenti variabili: • Età, co-morbidità (diabete, ipertensione, cardiopatia ischemica, obesità, infezioni vie urinarie); • Pregresse ESWL o litotrissia percutanea a carico dello stesso rene, • Caratteristiche del calcolo (dimensioni e sede), • Caratteristiche del trattamento ESWL effettuato (numero onde d’urto, energia totale accumulata). L’esame Eco Color Doppler (BK-Medical, FlexFocus1202) è stato eseguito in tutti i pazienti immediatamente prima e dopo il trattamento ESWL (entro le 2 ore successive): la lettura è stata ottenuta a livello delle arterie interlobari o arciformi adiacenti il calcolo. Risultati Delle variabili ottenute (velocità di picco sistolico, velocità tele-diastolica, resistenze) abbiamo considerato la variazione pre e post-trattamento del RI. L’analisi statistica è stata eseguita mediante t-test per campioni appaiati e non, e test non parametrici. Non è stata documentata alcuna variazione significativa nella media di RI prima (0.7089, DS:0.077 ) e dopo trattamento ESWL (0.6959, DS: 0.090) (p = 0.441). Considerando separatamente 22/50 pazienti che presentavano un leggero peggioramento delle resistenze, tale variazione non è risultata correlata all’età, al numero di shock waves e all’energia totale accumulata, alle co-morbidità o a precedenti procedure urologiche. Discussione L’utilizzo dell’Eco Color Doppler per la valutazione della funzionalità renale post-ESWL è già stato descritto nelle scorse decadi; sebbene i report preliminari deponessero per un danno indotto da ESWL alla vascolarizzazione renale, l’utilizzo di litotritori di ultima generazione sembra non influire negativamente sulla funzionalità renale a breve termine. Conclusioni L’ulteriore valutazione della vascolarizzazione a medio e lungo follow-up è necessaria per confermare questi out-comes. 208 Materiali e metodi Studio prospettico su pazienti sottoposti a una o più ESWL per calcolosi ureterale tra il 2009 ed il 2012 presso il nostro Centro. I pazienti sono stati suddivisi in base alle dimensioni del calcolo, alla sede dell’ostruzione, al tempo trascorso tra il primo trattamento e l’insorgenza dell’ostruzione, al numero di colpi somministrati e alla potenza dei colpi erogata. In caso di persistenza del calcolo, persistenza delle coliche, iperpiressia o idronefrosi i pazienti sono stati successivamente sottoposti a intervento chirurgico. Risultati Sono stati arruolati 260 pazienti. L’età media al momento del trattamento era di 57 anni (DS: 6 anni). 44,8% dei pazienti trattati aveva un calcolo iuxtavescicale, il 22,4% aveva un calcolo sottogiuntale, il rimanente 32,8% un calcolo lombare. Le dimensioni medie del calcolo erano di 10,64 mm (DS: 3,57 mm). In media tra il primo trattamento e l’insorgenza dell’ostruzione sono trascorsi 67,01 giorni (DS: 108,53 giorni). Numero medio di colpi somministrati: 2887 (DS: 520), potenza erogata: 18 Kv (DS: 1,9). Ancora, 70 pazienti su 260 (26,92%) hanno avuto bisogno di una bonifica endoscopica per il fallimento della ESWL. Dall’analisi statistica dei nostri dati esiste una differenza significativa tra il gruppo di pazienti trattati efficacemente con l’ESWL e quelli che hanno richiesto un trattamento endoscopico in relazione al tempo trascorso tra il trattamento e l’insorgenza dell’ostruzione (54 giorni in media per il primo gruppo, 92 giorni in media per il secondo gruppo, p:0,047). Tutti gli altri parametri considerati non hanno evidenziato differenze statisticamente significative tra i gruppi. Discussione Nella nostra esperienza la litotrissia extracorporea risulta una procedura efficace in una alta percentuale dei pazienti, in accordo con le linee guida EAU. Dai nostri dati emerge come il tempo intercorso tra primo trattamento e insorgenza dell’ostruzione sia un fattore predittivo per il successo del trattamento stesso. Calcoli ureterali presenti dal almeno tre mesi poco giovano di un trattamento con onde d’urto, e potrebbero pertanto beneficiare direttamente di una procedura endoscopica. Conclusioni La litotrissia extracorporea per calcolosi ureterali risulta una metodica efficace, in caso di calcoli ureterali presentida lungo tempo si potrebbe optare direttamente per un trattamento endoscopico. 209 P202 86° Congresso Nazionale SIU ESWL AND RENAL DAMAGE: A PROSPECTIVE RANDOMISED TRIAL USING WOLF PIEZOLITH 3000 LITHOTRIPTER I. Oliva, M. Gelosa, G. Zanetti, D. Abed El Rahman, M. Talso, A. Tafa, M. Rastaldi, D. Croci, P. Messa, M. Ferruti, F. Rocco (Milano) Aim of the study Shock wave lithotripsy (SWL) was proven to be safe and effective for renal stone treatment. The shock wave rate used during the SWL procedure causes cavitation, which is the responsible phenomenon for stone fragmentation and may be responsible for tissue and vascular damages ascribed to lithotripsy. Neutrophil Gelatinase-Associated Lipocalin (NGAL) has been shown to be one of the earliest and most overexpressed markers in case of cellular damage in the kidney. Aim of the study is to evaluate the relation among renal damage, stone fragmentation rate and pain using a new generation piezoelectric lithotripter (Wolf Piezolith 3000) Materials and methods 127 patients affected by a single renal stone were included in our clinical trial and underwent SWL with Wolf PiezoLith 300 lithotripter. A urine sample was collected in all patients (38 belonging to Group A treated with a frequency of 60 Sw/min, 57 to Group B treated with a frequency of 120 Sw/min and 32 to Group C with a frequency of 180 Sw/min) before treatment, within 2 hours and 72 hours after SWL, for NGAL measurement. Results The stone fragmentation rate obtained in the 3 groups was practically the same 30 days after SWL, with an efficacy rate of 69% in Group A, of 61% in Group B and of 64% in the Group C. In the Groups A and B we didn’t see any increase of NGAL value within 2 hours and 72 hours from treatment compared within pretreatment NGAL value. In the Group C NGAL increased after treatment, but returned to the baseline value after 72 h. Furthermore, NGAL was always well below the threshold value of 350 ng/mL, indicative of acute renal failure. The group C showed a statistically significant higher degree of pain (measured through VAS scale) compared to groups A and B. Discussion Wolf Piezolith 3000 litotripter allows to achieve a valid stone fragmentation even with higher frequencies, thus reducing SWL treatment time and without significant renal damage Conclusions Our data show that it is possible to improve stone fragmentation rate by increasing the shock wave number without a significant renal damage. According to our data anyway higher frequencies are always associated with higher pain that can be easily treated by standard antipain drugs. 210 P203 86° Congresso Nazionale SIU ESWL IN ELDERLY PATIENTS: OUR EXPERIENCE I. Oliva, M. Gelosa, G. Zanetti, D. Abed El Rahman, A. Tafa, M. Talso, A. Nardin, M. Ferruti, F. Rocco (Milano) Aim of the study Aim of the study was to assess effectiveness and complications of extracorporeal shockwave lithotripsy (SWL) in a population over 70 years of age Materials and methods A retrospective study was carried out on 150 patients over 70 (mean age 73.6 years) who underwent SWL with a Storz Modulith SLX. A medium/long-term follow-up was also performed (mean length of follow-up was 59.2 months per patient).A control group was selected, comprised of 115 patients under 50 years of age (range: 21- 50; mean: 40.7 years), treated consecutively at our 595 (8.4%) using the same lithotripter. Results Mean shock wave (SW) number was 2,850 per patient (range 1,800-4,500) with average power setting of 18 KV (range 16-20). At short-term follow-up (1-3 months from treatment) we observed 72.1% (83/115) stone-free patients, 20% (23/115) with residual stones (4 mm, 4.3% (5/115) of patients showing no change. Comparing the study group with a control group results: a) no statistically significant difference between the two groups with respect to complications due to treatment; b) a statistically significant worsening in stonefree rate (SFR) in renal calculi in the elderly patients compared with the younger patients (SFR = 60% vs. 75.4%, p=0.053); c) a comparable SFR for ureteral calculi in elderly and younger patients (SFR = 86.7% vs. 87%; p= 0.967). A significant increase in post-treatment complications was observed in subjects who presented with calculi larger than one centimetre (28% vs. 18.5%). Discussion Lithotripsy appears to be an effective first-line treatment for urinary stones in elderly patients, showing good results and no significant increase in complications. However recent works in the literature seem to show that elderly patients who undergo SWL for stones located only in the kidneys have a lower stone fragmentation rate (FrR) and, consequently, a lower stone-free rate compared with younger subjects Conclusions Our data indicate that in elderly patients suffering from stones that are located only in the kidney, are larger than one centimetre, and are not causing kidney pain, extracorporeal lithotripsy is less effective than in younger subjects. In this type of patients, therefore, indication for extracorporeal lithotripsy must be assessed in relation to comorbidity, clinical conditions, and possible alternative therapies. 211 P204 86° Congresso Nazionale SIU P205 86° Congresso Nazionale SIU E’ UTILE ESEGUIRE IL TEST DI BRAND COME SCREENING NELL’ADULTO CON COLICA RENALE? INSUFFICIENZA RENALE ACUTA IN CORSO DI COLICA RENOURETERALE, IL RUOLO DEI FANS G. Patruno, D. Del Fabbro, V. Iacovelli, G. Gaziev, A. Asimakopoulos, E. Finazzi Agrò, S. Germani, G. Vespasiani, R. Miano (Roma) A. Crestani, F. Dal Moro, F. Zattoni (Padova) Scopo del lavoro La cistinuria è un disordine autosomico recessivo caratterizzato da un’alterazione dei meccanismi di trasporto (riassorbimento) della cistina a livello del tubulo renale prossimale e del tratto gastrointestinale. Un’elevata concentrazione di cistina nelle urine è responsabile della formazione di calcoli renali. I calcoli di cistina rappresentano circa l’1% di tutti calcoli renali, con un picco di incidenza tra la seconda e terza decade di vita. La reale prevalenza della cistinuria nella popolazione generale è sconosciuta con molti casi probabilmente misconosciuti. Il test di Brand per il rilievo di cistinuria è oggi consigliato nel paziente pedriatico con calcolosi ricorrente o nel paziente adulto solo dopo accertamento della presenza di cistina all’analisi del calcolo. Obiettivo del nostro studio è stato di testare l’incidenza di cistinuria nel paziente adulto affetto da colica renale. Materiali e metodi Previo consenso informato, abbiamo raccolto i dati di 300 pazienti adulti (>18aa) consecutivi che afferivano al nostro ambulatorio immediatamente dopo accesso al Pronto Soccorso per colica renale. A tutti i pazienti è stato richiesto un campione di urina spot che è stato conservato a -80° per poi essere analizzato, mediante il test di Brand, per il rilievo di cistinuria. Se l’esame dava esito dubbio, esso è stato ripetuto su un nuovo campione di urina spot. Sono stati esclusi dallo studio i pazienti che presentavano condizioni cliniche (catetere vescicale a permanenza, precedente diagnosi di Sindrome di Fanconi o aminoaciduria) o terapie (N-acetilcisteina, ampicillina o farmaci contenenti sulfamidici) che potessero generare falsi positivi al test di Brand. Risultati Dei 300 pz arruolati, 193 (64%) erano uomini e 107 (36%) donne. L’età media era di 42,5 aa (range 18–79 aa). Dividendo la popolazione per quartili di età: 18-32 aa=76 pz; 33-47 aa=122 pz; 48-62 aa=73 pz; 63-79 aa=29 pz. 154/300 (51,3%) presentavano storia di calcolosi renale ricorrente. Dividendo la popolazione per quartili d’età e storia di calcolosi renale ricorrente: 18-32 aa=36pz; 33-47 aa=64 pz; 48-62 aa=38 pz; 63-79 aa=16 pz. 3/300 (1%) pazienti sono risultati positivi al test di Brand [2/193 uomini (1.03%) e 1/107 donna (0.93%)]. Tutti i pazienti con test di Brand positivo presentavano una storia di calcolosi renale ricorrente. Il confronto tra l’incidenza di cistinuria nella sola popolazione giovane adulta (18-32 aa, 1° quartile) con storia di calcolosi renale ricorrente (2/36 casi) rispetto al resto della popolazione ha evidenziato una differenza statisticamente significativa (5.5% vs 0.4%; p=0,04 Fisher’s exact test). Scopo del lavoro Lo scopo del lavoro è stato quello di valutare gli effetti sulla funzione renale dei farmaci antiinfiammatori non steroidei (FANS) utilizzati a scopo analgesico in corso di colica renoureterale sostenuta da calcolosi. Materiali e metodi Abbiamo analizzato in modo retrospettivo il database del nostro Pronto Soccorso urologico dal maggio 2012 al gennaio 2013. Sono stati identificati 281 accessi per colica renoureterale. Sono stati esclusi dall’analisi i casi di colica renoureterale non sostenuta da calcolosi, i pazienti monorene, i pazienti con insufficienza renale cronica (IRC). Sono stati quindi selezionati 104 casi di colica renoureterale. I casi selezionati avevano assunto terapia con FANS prescritta ad una precedente valutazione ambulatoriale oppure prescritta autonomamente. La quantità di farmaco assunta è stata variabile. Risultati Nel 25% dei casi (26/104) i pazienti avevano sviluppato un quadro di insufficienza renale acuta di entità variabile. Discussione Nella nostra casistica il 25% dei pazienti che assumono FANS in corso di colica renoureterale sviluppano un quadro di insufficienza renale acuta. La ridotta perfusione renale causata dalla dall’inibizione della sintesi delle prostaglandine è una delle cause principali di insufficienza renale acuta causata dall’assunzione di FANS. Inoltre un quadro di ipovolemia causata dall’assunzione cronica di diuretici o dal ridotto introito di liquidi sono concause per la compromissione della funzione renale. In corso di colica renoureterale l’assunzione spesso non controllata di FANS e la riduzione dell’introito di liquidi che spesso avviene sono fattori che potrebbero favorire lo sviluppo di un quadro di insufficienza renale acuta anche in pazienti con normale funzione renale. Conclusioni Una notevole quota di pazienti, spesso sottostimata, sviluppano un quadro di insufficienza renale acuta in corso di colica renoureterale causata dall’assunzione di FANS. Ne deriva la necessità di un utilizzo ragionato dei FANS ed un attento counseling con il paziente al momento della prescrizione del farmaco. Discussione Conclusioni Seppure l’incidenza di cistinuria nella popolazione giovane adulta (18-32 aa) con storia di calcolosi renale ricorrente possa sembrare bassa (5.5%), la sua frequenza significativamente maggiore e il rilevante problema clinico suggeriscono l’esecuzione del test di Brand come screening in questo sottogruppo di pazienti dopo episodi di colica renale. 212 213 P206 86° Congresso Nazionale SIU P207 86° Congresso Nazionale SIU SICUREZZA ED EFFICACIA DEL TRATTAMENTO DELLA NEFROLITIASI MEDIANTE LITOTRITORE EDAP - TMS SONOLITH I-MOVE DOPO I PRIMI 100 CASI. CONFRONTO PROSPETTICO TRA TAMSULOSINA E RENALIT COMBI COLIC COME TRATTAMENTO ESPULSIVO DELLA CALCOLOSI RENO-URETERALE DOPO LITOTRISSIA EXTRACORPOREA C. Fiori, M. Manfredi, M. Cossu, D. Garrou, G. Cattaneo, D. Amparore, R. Aimar, E. Checcucci, F. Porpiglia (Orbassano) A. Zordani, G. Pirola, R. Galli, M. Sighinolfi, A. Mofferdin, S. Micali, G. Bianchi (Modena) Scopo del lavoro Grazie alla sua efficacia ed alla sua mini invasività, la litotrissia extracorporea (ESWL) rappresenta la terapia di scelta nelle calcolosi renali di diametro < 20 mm. Riportiamo i risultati relativi alla nostra casistica in termini di sicurezza ed efficacia a breve termine del trattamento della calcolosi renale con ESWL mediante litotritore di nuova generazione. Materiali e metodi Abbiamo rivisto retrospettivamente i dati contenuti nel database istituzionale (mantenuto prospetticamente) relativi ai pazienti sottoposti a ESWL per litiasi renale dal febbraio 2011 al marzo 2013 presso la nostra SCDU. Tutti i trattamenti sono stato eseguiti mediante EDAP TECHNOMED Sonolith I-Move, con generatore di tipo elettroconduttivo. La valutazione post-operatoria è stata effettuata mediante ecografia reno-vescicale ed Rx addome diretto a 1 e a 3 mesi dal trattamento. Sono stati registrati i dati relativi a caratteristiche demografiche, dimensione e sede dei calcoli, durata del trattamento, valutazione del dolore in corso di ESWL mediante VAS score e conseguente somministrazione di farmaci antidolorifici, tasso di “stone-free”, tasso di ricorso a terapie ancillari e di re-trattamento, complicanze. La condizione di “stonefree” è stata definita come assenza di frammenti significativi (>3mm) alla ETG e all’RX renovescicale a 3 mesi dal trattamento. Risultati La popolazione in studio comprendeva 100 pazienti con follow up mediano di 17 mesi (3-30). L’età media era 50(+4.6)anni mentre il BMI medio era 26.5 (+2.4)Kg/m2.Sono stati trattati 100 calcoli, di cui 44 con diametro < 10 mm e 68% per i calcoli di 10-20mm. In base alla sede, abbiamo registrato tassi di stone-free pari a 46% per i calici inferiori, 50% per i calici medi, 80% per i calici superiori e 70%, per quanto riguarda i calcoli del bacinetto. In due casi (2%) è stata registrata una complicanza (ematoma renale), risoltasi spontaneamente senza necessità di terapia. In due casi (2%) si è reso necessario il ricorso a terapie ancillari in regime di urgenza (ureteroscopia operativa). Il tasso di re-trattamento è stato pari al 26%. Discussione Secondo la nostra casistica, la ESWL continua a rappresentare la terapia di scelta soprattutto nei pazienti con calcoli < 10 mm localizzati in sede caliceale superiore. Conclusioni Nella nostra casistica, il trattamento della nefrolitiasi mediante ESWL con litotritore EDAP TMS Sonolith I-Move si è dimostrato sicuro, ben tollerato ed efficace. Scopo del lavoro In questo preliminare studio prospettico confrontiamo l’efficacia della terapia espulsiva con Tamsulosina 0.4mg rispetto ad un’associazione di Dimettosi-Diidrossi-Aporfina 250mcg, Arbutina 60mg ed Umbelliferone (Renalit-Combi Colic) dopo ESWL.L’Aporfina è da tempo nota per la sua azione alfa-litica, essendo un’antagonista diretta degli adrenorecettori di tipo 1a e 1b.Recentemente è stata combinata con l’arbutina ad azione infiammatoria per l’inibizione dell’enzima fosfolipasi A2, l’asparagina ad azione diuretica e l’herniaria con azione antiadesiva sulle cellule dell’urotelio Materiali e metodi Da Gennaio 2013 abbiamo considerato in maniera prospettica 51 pazienti candidati a trattamento ESWL per calcolosi reno-ureterale (età media: 54 +/-14,8 ; 35 uomini, 16 donne).L’ESWL è stata condotta mediante Dornier Lithotripter S XXP, utilizzando il puntamento sia ecografico che fluoroscopico.Al termine del trattamento i pazienti sono stati randomizzati a ricevere terapia espulsiva mediante: a)aporfina (Renalit Combi Colic) per 12/die; b)tamsulosina 0,4mg/die per 20/die (gruppo di controllo).Il follow up è stato condotto a circa 30/die dal trattamento ESWL mediante ecografia renale e, in casi selezionati, radiografia dell’addome.Le variabili considerate sono state: sede e dimensione dei calcoli;apparente frammentazione del calcolo in corso di trattamento;espulsione di frammenti o evidente riduzione di dimensioni del calcolo.Le variabili ottenute sono state inserite in un apposito data base ed analizzate mediante SPSS12 per Windows, mediante l’utilizzo di test parametrici e non parametrici(chi square) Risultati 24 pazienti sono stati sottoposti a terapia con aporfina(A) e 27 pazienti a terapia con tamsulosina(B) dopo ESWL.Le dimensioni medie dei calcoli nei due gruppi erano pari a 8,3mm e 9,5mm rispettivamente (p=0.058).La localizzazione era prevalentemente pielica ed ureterale in entrambi i gruppi (21/24 pazienti del gruppo A, 23/27 pazienti del gruppo B, p=0.8). 6 casi sono stati esclusi dall’analisi per assenza di significativa frammentazione in corso di trattamento. L’espulsione di frammenti o comunque un’evidente riduzione delle dimensioni del calcolo al follow up è avvenuta in 90,4% (19/21) pazienti in terapia con aporfina e in 91,6%(22/24) pazienti in terapia con tamsulosina (p=0.64).Nei restanti pazienti non è stata documentata alcuna evidenza di espulsione di frammenti.Non si sono registrati effetti collaterali (connessi ad ESWL o a terapia medica) in entrambi i bracci di trattamento Discussione L’utilizzo di Renalit Combi Colic in questa preliminare esperienza sembra mostrare un’efficacia sovrapponibile a quella della tradizionale tamsulosina in termini di espulsione dei frammenti.Questa formulazione consente inoltre di superare le difficoltà che spesso si incontrano nella prescrizione di un farmaco off label in alcune categorie di pazienti, come donne e bambini Conclusioni Ulteriori studi su campioni più ampi e selezionati potranno confermare l’efficacia dell’aporfina come terapia espulsiva dopo ESWL 214 215 P208 86° Congresso Nazionale SIU EARLY RECOVERY OF URINARY CONTINENCE IS STRONGLY CORRELATED TO SUBSEQUENT POST-OPERATIVE ERECTILE FUNCTION OUTCOMES IN MEN TREATED WITH RADICAL PROSTATECTOMY D. Vizziello, G. Gandaglia, N. Suardi, L. Villa, F. Castiglione, A. Salonia, N. Passoni, V. Mirone, R. Damiano, F. Cantiello, E. Di Trapani, M. Ferrari, V. Scattoni, A. Gallina, F. Montorsi, A. Briganti (Milano) Aim of the study No study has tested the value of early urinary continence (UC) recovery in predicting erectile function (EF) recovery over time. We hypothesized that early recovery of complete UC is a strong predictor of subsequent potency recovery. Materials and methods The study included 898 patients affected by PCa submitted to either retropubic radical prostatectomy (RRP; n=460; 58.6%) or to robot-assisted laparoscopic prostatectomy (RALP; n=325; 41.4%) between January 2003 and December 2011 at a single referral tertiary center. After surgery, all information regarding functional outcomes were recorded every three months during the first year and every 6 months thereafter. UC recovery was defined as use of no pad. The International Index of Erectile Function (IIEF) was used to evaluate EF after BNSRP. Postoperative EF recovery was defined as an IIEF-EF domain score ≥22. We excluded from the analyses patients who recovered EF during the first month after surgery (n=113). This resulted in 785 patients included in the study. We stratified patients in two groups: those who experienced UC recovery within the first month (n=178; 22.7%) and patients who did not recover continence after 1 month (n=607; 77.3%). Kaplan-Meier curves assessed the time to EF recovery. Multivariable Cox regression analyses addressed the predictors of EF recovery after surgery. Results At a mean follow up of 28.7 months (median 21), 113 patients (47.3%) recovered complete EF. Postoperative potency recovery rates at 1 and 2 years were 44% and 54.2%, respectively. The 6, 12 and 24 month EF recovery rates were significantly higher in patients who recovered UC within the first month after surgery as compared to those who did not recover continence during the first month (44.9, 58.9, 64.3% vs. 22.7, 39.5 and 51.2%, respectively; p Discussion Patients who experienced early UC recovery were at higher probability to recover postoperative EF compared to those not continent at 1 month after RP. These data should be considered for patient counseling and for adequate rehabilitation regimens after surgery. Conclusions The early recovery of urinary function is strongly associated with the subsequent recovery of erectile function in patients undergoing radical prostatectomy. 216 P209 86° Congresso Nazionale SIU PREOPERATIVE FUNCTIONAL STATUS PREDICTS URINARY CONTINENCE RECOVERY AFTER RADICAL PROSTATECTOMY D. Di Trapani, G. Gandaglia, P. Dell’Oglio, U. Capitanio, V. Scattoni, N. Suardi, N. Passoni, F. Abdollah, V. Mirone, R. Damiano, F. Cantiello, A. Gallina, G. Guazzoni, F. Montorsi, A. Briganti (Milano) Aim of the study The aim of our study was to correlate pre-operative functional status with postoperative urinary continence (UC) recovery after radical prostatectomy. Materials and methods The study included 1118 patients submitted to open retropubic radical prostatectomy (RRP; n=645, 57.7%) or robot assisted laparoscopic prostatectomy (RALP; n=473, 42.3%) between 2002 and 2011 at a single referral tertiary center. All patients had complete preoperative available data, including age at surgery, body mass index (BMI), and risk group according to D’Amico classification. Moreover, baseline erectile function was assessed using the Erectile Function (EF) domain of the IIEF and preoperative lower urinary tract symptoms (LUTS) were evaluated using the International Prostatic Symptom Score (IPSS). Severity of LUTS was categorized into : no or mild (0-7), moderate (8-19) and or severe (<=20). After surgery, data on functional outcomes were recorded every three months during the first year and every 6 months thereafter. UC recovery was defined as being completely pad-free over a 24-hour period. Kaplan-Meier curves assessed the time to UC recovery. Cox regression analyses addressed predictors of UC recovery after surgery. Results At a mean follow-up of 28.4 months, 924 patients (83.5%) recovered UC. Overall, UC recovery at 1 and 2 years were 84.3% and 88%, respectively. The 1 and 2-years UC recovery rates were significantly higher in patients with severe LUTS as compared to those with moderate and no or mild symptoms (85.8 vs. 74.9 vs. 62.4% and 89.3 vs. 78.7 vs. 74.6%, respectively; p=0.001). Similarly, patients without preoperative erectile dysfunction (ED) had higher 1 and 2-years UC recovery rates compared to those with ED (84.7 vs. 77.7% and 89.7 vs. 81.9%; p=0.01). At MVA analyses IPSS, IIEF-EF, age and surgical approach were significantly associated with UC recovery (all p≤0.04) after accounting for BMI and risk group. Interestingly, patients with no or mild prostatic symptoms had 1.4-fold higher probability to recover UC as compared to those with severe symptoms (p=0.04). Patients with no ED had 1.5-fold higher probability to recover UC as compared to those with severe ED (p=0.03). Discussion Age at surgery, preoperative erectile dysfunction and LUTS are associated with UC recovery after radical prostatectomy. All these parameters might be considered proxy of poor pelvic vascular status. Conclusions Patient expectations regarding postoperative functional outcomes should take into account both age at surgery and preoperative functional status. 217 P210 86° Congresso Nazionale SIU P211 86° Congresso Nazionale SIU PROSPECTIVE RANDOMIZED STUDY OF RADIOFREQUENCY VERSUS ULTRASOUND SCALPELS ON FUNCTIONAL OUTCOMES OF LAPAROSCOPIC RADICAL PROSTATECTOMY IMPACT OF INTRAOPERATIVE BLEEDING ON URINARY CONTINENCE RECOVERY AFTER BILATERAL NERVE SPARINGRADICAL PROSTATECTOMY A. Pastore, G. Palleschi, A. Leto, L. Silvestri, D. Autieri, A. Ripoli, A. Fuschi, K. Sacchi, C. Maggioni, A. Carbone (Latina) L. Villa, N. Fossati, N. Passoni, G. Gandaglia, D. Di Trapani, R. Bertini, R. Damiano, F. Cantiello, P. Dell’Oglio, V. Mirone, G. Zanni, A. Gallina, G. Guazzoni, F. Montorsi, A. Briganti (Milano) Aim of the study Surgical treatment of prostate cancer currently involves laparoscopic radical prostatectomy (LRP) or robotassisted LRP. Continence and nerve-sparing procedures in these techniques are supported by dissection and hemostatic surgical devices powered by different types of energy. The aim of this study was to assess recovery of continence and erectile function after laparoscopic extraperitoneal radical prostatectomy comparing 2 surgical devices for dissection and hemostasis, radiofrequency (RF) and ultrasound (US) scalpels. Aim of the study Although several pre- and intra-operative factors have been associated withfunctional recovery after nerve sparing radical prostatectomy (NSRP), conflicting results have been reported regarding the role ofintraoperative bleeding on postoperative UC recovery. Materials and methods A total of 132 men with localized prostate cancer were prospectively enrolled and scheduled for extraperitoneal LRP. Patients were randomly assigned to the RF group (LigaSure; n = 66) or the US group (UltraCision; n = 66). Outcomes were measured by the self-administered questionnaires (International Consultation on Incontinence Questionnaire–Urinary Incontinence [ICIQ-UI] and International Index of Erectile Function 5 [IIEF 5]) 15 days before surgery, 90 and 180 days after prostatectomy to assess recovery of urinary continence and erectile function. Results No significant difference was found between the 2 groups regarding operative time, intra- and perioperative complications, or time of hospital stay. At 180 days after surgery, patients in the RF treated group showed better recovery in terms of continence and erectile function compared to patients in the US group (ICIQ-UI: p = 0.0016; IIEF 5: p = 0.0352). Discussion Results of the present study showed that the RF and US scalpels were similar with respect to operative time, blood loss, catheterization time, and postoperative hospital stay. However, at the 180-day followup, a better functional outcome was demonstrated for patients in the RF group (LigaSure), as shown by significantly improved ICIQ-UI and IIEF 5 scores compared to the US group (UltraCision), while no significant difference was observed at an earlier time point (90 days). The main limit of this study could be represented by the sample size and by the mean range of follow-up; however, the prospective design, the execution of all surgical procedures by the same surgeon and the homogeneous characteristics of the patient groups may balance this study limitation. Additional larger prospective randomized studies with a longer follow-up are necessary to assess other scalpel devices and to encourage surgeons to select a particular device based on an objective demonstration of its superiority. Materials and methods The study included 665 patients affected by prostate cancer (PCa) submitted to retropubic NSRP between January 2005 and December 2011 at a single referral tertiary center. All patients had complete data, including PSA at diagnosis,age at surgery, body mass index (BMI) and pre-operative erectile function (EF) assessed by the International Index of Erectile Function (IIEF). Patients were classified according to intraoperative bleeding in two groups according to median value of blood loss: patients with blood loss Results At a mean follow up of 36.4 months (median 35), 452 patients (68%) recovered UC. Overall, postoperative UC recovery rate at 1 and 2 years were 66% and 70.4%, respectively. The mean intraoperative blood loss was 820 ml (median 700 ml). Discussion At 1- and 2-year analysis, UC recovery rates were significantly lower in patients with intraoperative bleeding ≥700 ml as compared to those with a blood loss <0.01). Conclusions Intraoperative bleeding significantly affects UC recovery after NSRP. Bleeding might lead to pelvicischemia and/or to a worse visualization of the operative field, which in turn might affect the quality of surgery. For these reasons,minimally invasive approaches associated with lower blood bloss might thus be beneficial in the context of functional outcomes Conclusions The use of the RF scalpel provided better functional outcomes compared to the US scalpel in patients undergoing extraperitoneal LRP. This might be attributed to the low contiguous damage of those tissues, which are not directly involved in dissection and hemostasis, achieved using the RF device. 218 219 P212 86° Congresso Nazionale SIU P213 86° Congresso Nazionale SIU RISULTATI ONCOLOGICI ED MORBIDITà IN PAZIENTI AFFETTI DA CARCINOMA PROSTATICO SOTTOPOSTI A TRATTAMENTO CON CRIOTERAPIA ASSESSMENT OF PREDICTIVE FACTORS OF PERIOPERATIVE COMPLICATIONS AFTER MINIMALLY INVASIVE RADICAL PROSTATECTOMY: A MULTICENTRE STUDY A. Di Benedetto, C. Lucan, G. Mucciardi, E. D’Amico, A. Barbos, I. Gheorghita, L. Macchione, C. Magno, M. Lucan (Messina) A. Porreca, E. De Lorenzis, G. Randi, M. Rosso, G. Cozzi, S. Zaramella, M. Zacchero, A. Antonelli, P. Parma, A. Celia, S. Ricciardulli, S. Crivellaro, M. Falsaperla, P. Bove, V. Iacovelli, L. Cindolo, D. Dente, E. Cappa, A. Minervini, L. Masieri, S. Serni, M. Carini, C. Simeone, B. Rocco (Abano Terme) Scopo del lavoro Valutare gli outcomes oncologici e la morbidità di pazienti affetti da carcinoma prostatico (CaP) sottoposti a trattamento focale con crioterapia Materiali e metodi Sono stati arruolati 556 pazienti con CaP ( età media di 65.9 ± 15) Secondo la classificazione di D’Amico 62(11.2%) pazienti erano ad alto rischio, 97 (17.4%) a rischio intermedio, 397 (71.4%) a basso rischio. 123 (22.1%) che presentavano ,con eco TR, un volume prostatico >50 gr, sono stati sottoposti a trattamento ormonale neoadiuvante con ciproterone acetato 150 mg/die per 6 mesi. Pre-operatoriamente ai pazienti sono stati somministrati i questionari IPSS e IIEF-5. La procedura è stata eseguita in anestesia generale e sotto controllo ecografico TR previa introduzione in uretra di un urethral warmer. La formazione delle ice balls è stata costantemente monitorata. Sono stati eseguiti due cicli di congelamento-scongelamento. Il follow-up medio è stato di 31.6 ± 4.7 (range da 12 a 54 mesi) e prevedeva: monitoraggio mensile del PSA a 6 mesi e successivamente ogni 3 ; biopsie prostatiche (12 prelievi) tra 6-12 mesi; somministrazione dei questionari IPSS ed IIEF-5 a 6 e 12 mesi; verifica delle complicanze. Risultati La procedura variava tra i 90 e 120 minuti; la degenza media registrata è stata di 4,5 giorni . Le complicanze post-operatorie evidenziate ad un mese sono state: incontinenza urinaria (2.9%), ematuria (5.6%), UTI (9.7%), LUTS (33.1%), sludging uretrale (7%), stenosi uretrale (3.4%), parestesia peniena (3.6%), dolore rettale e pelvico (9.2%), ecchimosi perineale (59.9%), ecchimosi scrotale (27.2%), edema testicolare (9.2%), fistola urinaria (0.2%). Il PSA nadir di 0.12 ng/ml è stato raggiunto a 3 mesi. La recidiva biochimica è stata evidenziata nel 16.2% dei pazienti, ed è risultata rispettivamente del 4.6% nel basso rischio, del 19.8% nel rischio intermedio, e del 31.1% nell’alto rischio. Alla prima biopsia di follow-up è stata evidenziata nel 10.2% dei pazienti malattia residua. ed è stata del 10.5% nel basso rischio, del 27.1% nel rischio intermedio e del 36.1% nell’alto rischio. Dei pazienti trattati pre-operatoriamente 101 (18.2%) presentavano una DE severa, 204 (36.7%) moderata, 192 (34.5%) lieve e 59 (10.6%) assente. A 6 mesi 360 pazienti (64.7%) riferivano DE severa, 116 (20.9%) moderata, 80 (14.4%) lieve. Gli IIEF-5 score a 12 mesi hanno evidenziato una DE severa in 263 pazienti (47.3%), moderata in 135 (24.3%), lieve in 147 (26.4%) ed assente in 11 (2%). Discussione la crioterapia è una metodica con un basso tasso di complicanze ad eccezione per la DE. Gli outcomes oncologici dimostrano risultati incoraggianti per i pazienti a basso ed intermedio rischio, mentre la sua applicabilità per i soggetti ad alto rischio va verosimilmente riservata in casi selezionati o di salvataggio. Conclusioni la crioterapia prostatica è una procedura mini-invasiva sicura. La sua efficacia in termini oncologici rimane una questione aperta che ulteriori studi e follow-up a lungo termine potranno chiarire. 220 Aim of the study Perioperative complications following minimally invasive radical prostatectomy (RP) have been reported in some recent series. Few studies, however, standardized surgical complications and defined potential predictive factors. Our aim was to analyze the incidence of perioperative complications in a large multincenter series of RP; we also assessed pre- and intraoperative variables to identify potential risk factors for surgical complications. Materials and methods Between December 2009 and February 2013, 1622 patients underwent laparoscopic (LPS) or robot-assisted RP in 10 urological centres. Of these, 760 were evaluable for the analysis on intraoperative complications (ICs) and 566 for the study about the postoperative complications (PCs). All PCs were stratified according to Clavien-Dindo classification. Univariable and multiviariable logistic regression analysis were performed to identify risk factors for ICs and PCs. We also performed a multinomial analysis grouping PCs grade I-II and grade III-IV. Results Overall, we observed 26 (3.4%) ICs in 760 patients and 88 (15.5%) PCs in 566 patients. Of these, 34 were grade I (38.6%), 25 grade II (28.4%), 12 grade IIIa (13.6%), 10 grade IIIb (11.4%) and 2 grade IVa (2.3%), 5 were not classified. Table 1 shows the multivariable analysis of the association between pre- and intraoperative parameters and ICs and PCs. Operative time (OT) and LPS approach are associated with an increased risk of ICs, whereas OT is associated also with PCs. At the subsequent multinomial analysis grouping grade I-II and III-IV complications OT showed a significant association with grade III-IV. Moreover, we observed a trend between pre-operative variables (age, BMI, % positive cores) and low grade PCs and between operative variables (pelvic lymph node dissection, LPS) and higher grade PCs. Discussion The rate of ICs and PCs in our cohort is similar to those reported in the literature. OT shows an association with ICs and PCs, particularly high grade PCs. The association with ICs might be explain by the time necessary to fix this ICs and possible sequelae in terms of PCs. Robotics seems to have a protective effect on ICs and we can speculate that this is related to its easier surgical interface. Trends toward minor (age, BMI, % positive cores) and major (lymph node dissection and laparoscopy) complications should be investigated prospectively in a larger cohort. Conclusions In our study OT and LPS are significantly associated with higher incidence of ICs; only OT was associated with PCs, particularly high grade. 221 86° Congresso Nazionale SIU P214 86° Congresso Nazionale SIU LAPAROSCOPIC VERSUS OPEN BILATERAL INTRAFASCIAL NERVE-SPARING RADICAL PROSTATECTOMY AFTER TUR-P FOR INCIDENTAL PROSTATE CANCER: SURGICAL OUTCOMES AND EFFECT ON POSTOPERATIVE URINARY CONTINENCE AND SEXUAL POTENCY. V. Altieri, G. Pini , L. Ascalone , P. Fornara , F. Greco (Halle, Saale, Germany) Aim of the study To evaluate the surgical and functional outcomes in nerve-sparing laparoscopic radical prostatectomy (nsLRPT) and nerve-sparing retropubic radical prostatectomy (nsRRPT) after TUR-P for incidental prostate cancer. Materials and methods Between January 2003 and August 2011, 125 nsLRPT and 128 nsRRPT for incidental prostate cancer diagnosed after TUR-P were performed at our clinic. Demographic data, peri- and postoperative measurements and functional outcomes were compared. Results The mean operative time was 153.1 ± 35.4 min for nsLRPT and 122.5 ± 67.5 min for nsRRPT (p = 0.03). The mean catheterization time was 8 ± 1 days in the laparoscopic group and 11 ± 2 days in the open group (p = 0.02). Also, the length of hospitalization presents statistical significant difference in the two groups. Positive margins were detected in 2.4 and 4.7 % of patients with pT2c tumours in the laparoscopic and open groups, respectively (p = 0.09). At a mean follow-up of 26.9 ± 9.3 months for the nsLRPT group and of 27.8 ± 9.7 months for the nsRRPT group, all patients were alive with no evidence of tumour recurrence. Twelve months postoperatively, complete continence was reported in 96.8 % of patients who underwent an nsLRPT and in 89.4 % of patients in the nsRRPT group (p = 0.02). At that time, 74.4 % of patients in the nsLRPT group and 53.1 % in the nsRRPT group reported the ability to engage in sexual intercourse (p = 0.0004). Discussion In our study, we observed an earlier return to continence in the patients who underwent an nsLRPT after TUR-P compared to the patients who underwent an nsRRPT after TUR-P. Significant differences were also reported for postoperative sexual potency. One year after bilateral nerve-sparing radical prostatectomy patients of the laparoscopic group showed improved percent return to potency sufficient for intercourse compared with patients of nsRRPT groups. Conclusions nsLRPT after TUR-P, performed by expert surgeons, results to be a safe procedure with excellent functional outcomes with regard to the urinary continence and sexual potency. 222 223 P215 86° Congresso Nazionale SIU PROSTATECTOMIA RADICALE ROBOT ASSISTITA IN PAZIENTI PRECEDENTEMENTE SOTTOPOSTI A TURP. ANALISI DELLE VARIBILI PERI-OPERETORIE E POST-OPERATORIE. G. Isgrò, S. Puliatti, F. Fidanza, C. De Carne, A. Zordani, S. Micali, G. Bianchi (Modena) Scopo del lavoro L’obbiettivo di questo studio è quello di valutare i risultati chirurgici, oncologici e funzionali di pazienti con pregressa resezione transureterale endoscopica di prostata (TURP), sottoposti a prostatectomia radicale laparoscopica robot assitita. Risulta, infatti, molto importante valutare la sicurezza e l’efficacia dell’intervento di prostatectomia robotica anche in casi complessi quali possono essere pazienti obesi, con prostate molto voluminose o, come nel caso di questo studio, pazienti che hanno eseguito una pregressa TURP. Materiali e metodi Considerando solo le variabili preoperatorie (età, BMI, PSA, Gleason Score) abbiamo individuato due gruppi di pazienti mediante il propensity score matching. Ciascuno dei due gruppi è costituito da 15 pazienti, l’unica differenza rilevante fra questi è la pregressa TURP (variabile dipendente). Tutti gli interventi sono stati eseguiti da un unico operatore con Robot “da vinci” standard a 4 braccia. La tecnica chirurgica prevede un accesso transperitoneale e una dissezione nerve sparing intrafasciale (inter- o endo-fasciale). I pazienti sono stati seguiti e i dati raccolti in maniera prospettica. I risultati funzionali sono stati raccolti mediante intervista verbale a 1, 3, 6 e 12 mesi e successivamente ogni anno. Risultati Risultati pre-operatori: relativamente al gruppo di pazienti senza pregressa TURP si sono registrate perdite ematiche in media di 250 cc, tempo operatorio medio di 245 min, peso della prostata 45,6 gr, la nerve sparing è stata endofasciale in 6 casi, interfasciale in 9 casi. Relativamente ai pazienti con pregressa TURP si sono registrate perdite ematiche in media di 340 cc, tempo operatorio medio di 263 min, peso della prostata 37,2 gr, la nerve sparing è stata endofasciale in 3 casi, interfasciale in 12 casi. In entrambi i gruppi non si sono verificate significate complicanze intra- o peri-operatorie sono . Risultati post-operatori: Nel gruppo di pazienti senza pregressa TURP si sono registrati margini positivi (considerando solo i pT3a) in 2 casi (13,3% ), incontinenza in 3 pazienti (20%), recupero della potenza sessuale in 7 pazienti. Nel gruppo di pazienti con pregressa TURP si sono registrati margini positivi (considerando solo i pT3a) in 5 casi (33,3%), incontinenza in 2 pazienti (13,3%), recupero della potenza sessuale in 6 pazienti. Discussione Nella nostra esperienza, nonostante sia gravata da numeri relativamente ridotti, la prostatectomia radicale robot assisitita in pazienti sottoposti in precedenza a TURP non ha evidenziato per quanto riguarda le problematiche peri-operatorie e gli outcome oncologici e funzionali differenze statisticamente significative. P216 86° Congresso Nazionale SIU L’IMPATTO DELLA OBESITÀ ADDOMINALE CENTRALE SULLE COMPLICANZE CHIRURGICHE E SUI RISULTATI FUNZIONALI POSTOPERATORI IN UOMINI SOTTOPOSTI A PROSTATECTOMIA RADICALE PER CARCINOMA PROSTATICO: RISULTATI DELLO STUDIO M.I.R.R.O.R. A. Sebastianelli, M. Gacci, M. Salvi, C. De Nunzio, R. Schiavina, A. Simonato, A. Tubaro, V. Mirone, M. Carini, G. Carmignani (Firenze) Scopo del lavoro Gli uomini obesi sottoposti a prostatectomia radicale (RP) per carcinoma prostatico (PCa) sono pazienti più difficili per il chirurgo e maggiormente suscettibili a difficoltà intraoperatorie ed a complicanze postoperatorie come la disfunzione erettile e l’incontinenza urinaria. Scopo dello studio è quantificare l’impatto dell’obesità addominale, definita come circonferenza addominale (WC), sulle caratteristiche preoperatorie, sulle complicanze intra e perioperatorie e sui risultati funzionali in uomini sottoposti a RP per PCa Materiali e metodi Sono stati valutati 470 pazienti consecutivi sottoposti a RP per PCa, dalla popolazione dello studio MIRROR. Abbiamo considerato i seguenti dati: parametri preoperatori e obesità addominale; caratteristiche preoperatorie del PCa; specifiche operatorie; complicanze e trasfusioni; risultati istopatologici e continenza ad 1 mese. Abbiamo calcolato le correlazioni tra tutti i parametri e la WC tramite il coefficiente di correlazione di Spearman; i risultati significativi sono stati inclusi in una analisi regressiva logistica multivariata utilizzando poi un modello logistico binario per valutare il rischio rispetto al parametro WC inteso come maggiore/uguale vs. minore di 102cm Risultati Sulla base del parametro WC, 131 (27.9%) pazienti sono risultati obesi. Abbiamo riscontrato una correlazione negativa (p Discussione L’obesità centrale è stata associata a numerosi disordini metabolici e ormonali presumibilmente implicati nello sviluppo del PCa,e ne può inoltre condizionare i risultati terapeutici Conclusioni L’obesità addominale centrale,un rilievo comune nella popolazione di uomini italiani sottoposti a RP per PCa,è associata ad un rischio incrementato di complicanze intra e postoperatorie ed a risultati funzionali perioperatori peggiori Conclusioni Vista la relativa scarsa numerosità dei campioni di pazienti, tale ricerca risulta essere in parte limitata, pertanto necessita di ulteriori studi prospettici multicentrici. 224 225 P217 86° Congresso Nazionale SIU P218 86° Congresso Nazionale SIU IMPACT OF STAGE MIGRATION ON NODE POSITIVE PROSTATE CANCER RATE AND FEATURES : A 20-YEAR, SINGLE INSTITUTION ANALYSIS IN MEN TREATED WITH EXTENDED PELVIC LYMPH NODE DISSECTION PREDICTORS OF LONG TERM SURVIVAL OF NODE POSITIVE PROSTATE CANCER PATIENTS AFTER RADICAL PROSTATECTOMY ACCORDING TO THE EXTENT OF NODAL INVASION. IMPLICATIONS FOR ADJUVANT THERAPIES. N. Fossati, F. Abdollah, A. Gallina, U. Capitanio, N. Suardi, V. Di Girolamo, V. Scattoni, A. Salonia, R. Damiano, F. Cantiello, G. Guazzoni, F. Montorsi, A. Briganti (Milan) F. Abdollah, J. Karnes, N. Passoni, P. Capogrosso, N. Fossati, U. Capitanio, C. Cozzarini, R. Lucianò, M. Freschi, C. Doglioni, F. Castiglione, A. Salonia, F. Montorsi, A. Briganti (Milan) Aim of the study Previous studies have shown a decrease in the prevalence of prostate cancer (PCa) lymph node metastases in the recent years. However, these data might be biased by decreased rates and extents of pelvic lymph node dissections (PLND). We therefore assessed the evolution of rates and tumor characteristics of men with node positive disease at radical prostatectomy (RP) and extended PLND (ePLND) at a single tertiary referral center over a two decades period. Aim of the study Previous studies reported significant differences in terms of cancer-specific mortality (CSM) among lymph node positive prostate cancer (PCa) patients according to the extent of lymph node involvement (LNI). However, patients with node positive disease represent an heterogeneous population whose survival might not be dictated by the extent of nodal invasion only, especially in those men with low volume LNI. Despite this, no study has tested the predictors of long term CSM in node positive men according to the extent of nodal disease. This is key for accurate multi-modality treatment administration. Materials and methods We evaluated data on 5,274 PCa patients treated with open RP and ePLND between 1990 and 2010 at a single tertiary referral center. Extended PLND consisted of removal of obturator, hypogastric, external iliac +/- pre-sacral and common iliac lymph nodes. Year-per-year trends of lymph node invasion (LNI) rates and clinical and pathological characteristics were examined. Univariable and multivariable logistic regression analyses addressed predictors of pN1, including year of surgery as predictor as well as tumor characteristics. Results Overall, 730 patients had LNI (13.8%). Mean and median number of lymph nodes (LNs) removed was 17,4 and 16, respectively (IQR: 12-22). Mean (median) number of lymph nodes removed remained high over the study period, being 20.2 (20) and 18.7 (17) in 1990 and 2010, respectively. Overall, LNI rate was 13.8%, and it decreased from 26.1% to 15.6% between 1990 and 2010 (p Discussion Stage migration in PCa patients was associated with a decrease in overall LNI rate. However, contemporary intermediate- and high-risk patients still harbor a significant LNI risk if treated with ePLND. Moreover, the volume of nodal invasion did not decrease over time. Conclusions In conclusion, stage migration does not justify omitting or limiting the extent of PLND in these individuals. 226 Materials and methods This study included 1173 LNI patients treated with RP and extended pelvic lymph node dissection (ePLND), between 1988 and 2011 at two tertiary referral centers. Univariable and multivariable Cox regression analyses (MVA) tested the relationship between CSM and tumor characteristics such as PSA value at surgery, pathological Gleason score, pathological tumor stage, surgical margins status (SM), total lymph nodes count, positive lymph nodes count (PosLNC) and adjuvant therapy status. The aforementioned analyses were repeated after stratifying patients according to PosLNC: ≤2 vs. >2 nodes. Results Mean patient age at surgery was 64.5 years (median: 65.0, IQR: 60.0-69.8). Mean and median followup time was 97 and 79 months, respectively. The 10, and 15-year CSM-free rate was 85% and 79%, respectively in the entire cohort, 88% and 83%, respectively in patients with PosLNC≤2 vs. 77% and 66% in patients with PosLNC>2 (p2, only PosLNC was an independent predictors of CSM (HR: 1.05, p=0.001). Discussion In lymph node positive PCa patients treated with RP and ePLND, local tumor characteristics are important predictors of CSM, when the PosLNC is low (≤2). Conversely, local tumor characteristics are not determinants of CSM, when the PosLNC is high (>2). Conclusions Maximal local control should be given to patients with low volume LNI, where the disease might not be necessarily systemic after surgery. 227 P219 86° Congresso Nazionale SIU P220 86° Congresso Nazionale SIU PREDICTION OF LONG-TERM CANCER RECURRENCE AFTER RADICAL PROSTATECTOMY IN PATIENTS WITH LYMPH NODE INVASION: RESULTS OF CONDITIONAL SURVIVAL ANALYSES. DEVOLEPMENT AND INTERNAL VALIDATION OF THE FIRST TOOL TO PREDICT LONG TERM SURVIVAL OF NODE POSITIVE PROSTATE CANCER PATIENTS TREATED IN THE PSA ERA. F. Abdollah, J. Karnes, F. Castiglione, N. Suardi, C. Cozzarini, N. Di Muzio, R. Lucianò, G. Gandaglia, A. Nini, G. Zanni, M. Freschi, F. Montorsi, A. Briganti (Milan) A. Nini, F. Abdollah, J. Karnes, M. Bianchi, A. Gallina, C. Cozzarini, M. Freschi, R. Lucianò, R. Colombo, A. Salonia, G. Guazzoni, F. Montorsi, A. Briganti (Milan) Aim of the study Lymph node invasion (LNI) at radical prostatectomy (RP) represents an adverse pathological finding, which is associated with less favorable biochemical recurrence (BCR) rates and cancer control outcomes. However, for men who are still BCR-free at a certain time point, the probability of subsequent BCR at longterm changes significantly according to the time between surgery and patient assessment. This effect, otherwise known as conditional survival, has not been assessed yet. We set to evaluate the long-term probability of BCR in LNI patients according to the time between surgery and patient evaluation. Aim of the study Prostate cancer (PCa) patients with lymph node invasion (LNI) are considered as a single risk category by the most recent TNM staging system. However, not all pN1 patients necessarily share the same cancer control outcomes. We developed and internally validate a novel risk-stratification tool to predict cancerspecific mortality (CSM) in pN1 patients. Materials and methods This study included 1173 LNI patients treated with RP and extended pelvic lymph node dissection between 1988 and 2012 at two tertiary referral centers. All patients had complete clinical and follow-up data. KaplanMeier curves assessed the time to BCR, defined as two subsequent prostate-specific antigen values of 0.2 ng/ml or higher. Cumulative survival estimates were used to generate conditional survival rates. Univariable and multivariable Cox regression analyses were performed to predict BCR, after stratification according to the post-operative period (namely, time without BCR), and after adjusting for potential confounders. Results Mean patient age was 64.5 years (median: 65.0, IQR: 60.0-69.8). BCR-free rates were 90, 71, 55 and 48% at 1-, 5-, 10- and 15-year, respectively. However, in patients who were still BCR-free at a certain time point after surgery, the probability of remaining BCR-free in the following 5 years significantly increased as the time from surgery increased, being 74, 77, 88 and 97% for patients still BCR-free at 1, 5, 10,and 15 years after surgery. This increment trend in the 5-year BCR-free rates was maintained, when patients were stratified according to tumor stage and grade. At multivariable analyses, the 5-year BCR risk became equal in patients with Gleason score ≥8 vs. Gleason score Discussion In LNI patients, the period elapsed from RP represents an important predictor of the subsequent BCRfree rate. Conclusions These findings can be used to build optimal follow-up schemes in these individuals. 228 Materials and methods This study included 1173 LNI patients treated with radical prostatectomy (RP) and extended pelvic lymph node dissection between 1988 and 2012, at two tertiary referral centers. A conditional inference tree (CIT), which accounts for censored data, was used to evaluate CSM rate. The area-under-curve (AUC) quantified the discrimination accuracy of the model. Moreover, 200-bootstrap resamples were used for internal validation and to reduce overfit bias. Covariates consisted of prostatespecific antigen (PSA) value at RP, pathological Gleason score (pGS), pathological tumor stage (namely, pT2 vs pT3a vs pT3b/pT4), surgical margins (SM) status, total lymph nodes count, positive lymph nodes count (PosNC) and adjuvant therapy status. Results Mean patient age was 64.5 years (median: 65.0, IQR: 60.0-69.8). Most patients had a pGS7, PosNC ≤3, negative SM), high-risk group (pGS>7, PosNC ≤3, positive SM), and very high-risk group (pGS>7, PosNC>3). The 15-year CSM-free rate in these groups was 90% vs. 85% vs. 73% vs. 59%, respectively (p Discussion Long-term CSM rates may highly vary among pN1 PCa patients according to their tumor characteristics. Therefore, patients with LNI do not share uniform prognosis and should be sub-classified according to their pathological characteristics. Conclusions We developed and internally validated the first simple risk-stratification tool that allows for an accurate assessment of CSM rates in these individuals. 229 P221 86° Congresso Nazionale SIU P222 86° Congresso Nazionale SIU PATHOLOGICAL NODAL STAGING SCORE FOR PROSTATE CANCER: A TOOL TO ADDRESS ADEQUATE NODAL DISSECTION IN MEN TREATED WITH RADICAL PROSTATECTOMY SALVAGE LYMPH NODE DISSECTION FOR PATIENTS TREATED WITH RADICAL PROSTATECTOMY WITH BIOCHEMICAL RECURRENCE AND IMAGING-DETECTED NODAL METASTASES M. Bianchi, A. Nonis, C. Brombin, U. Capitanio, A. Gallina, A. Nini, M. Freschi, C. Doglioni, P. Rigatti, L. Kluth, F. Chun, S. Shariat, G. Guazzoni, C. Di Serio, F. Montorsi, A. Briganti (Milano) M. Tutolo, N. Suardi, J. Karnes, S. Joniau, K. Touijer, D. Osmonov, M. Bianchi, H. Van Poppel, P. Rigatti, K. Junemann, F. Montorsi, A. Briganti (Milan) Aim of the study According to all guidelines, whenever pelvic lymph node dissection (PLND) is indicated in prostate cancer (PCa), it should be extended, since more limited nodal dissections are associated with high rates of false negative findings. In this context, quantifying the probability that a pathologically N0 patient has no potentially missing positive lymph nodes at PLND is key. We aimed at evaluating the probability that a pathologically node negative patient at PLND is a true pN0 according to the extent of nodal dissection. Aim of the study The aim of the study was to determine the outcome of patients with biochemical (BCR) and clinically recurrent nodal disease submitted to salvage lymph node dissection (sLND). Materials and methods The study included 5353 patients submitted to radical prostatectomy and extended PLND between January 1987 and May 2012 at a single tertiary referral center. Extended PLND consisted of removal of obturator, external iliac, hypogastric ± presacral and common iliac lymph nodes. All patients had complete pathological data, including 2002 pathological T stage (namely, pT2, pT3a, pT3b/pT4), lymph node status, number of lymph nodes removed and of positive lymph nodes. The sensitivity of pathologic nodal staging using a betabinomial model was estimated. A post-operative nodal staging score (pNSS) that represents the probability that a patient has been correctly staged as node negative as a function of the number of examined nodes was developed. Patients were stratified according to pathological stage. Results Overall, 799 patients had LNI (14.9%). The mean number of nodes removed was 17 (median 16; IQR 1121). When stratified according to pT stage, the mean and median number of lymph nodes removed was 16.1 and 15 , 17.3 and 16, 18.3 and 17 in pT2, pT3a, pT3b/pT4 patients, respectively. Overall, the probability of missing a positive node decreases with the increasing number of lymph nodes removed and examined (48% if 5 nodes are examined, 29% if 10 are examined, 15% if 20 are examined, 8% if 30 are examined). The proportion of positive lymph nodes increased proportionally with advancing pathologic T stage (for 2.2, 15.3, 56.7% for pT2, pT3a, pT3b/pT4 disease; p Discussion In contrast to other tumors, a high number of lymph nodes removed (n=20) is required to reach high staging accuracy even in low disease stages. Conclusions We developed a model estimating the probability of false negative results in pN0 patients. This should be taken into account when evaluating pathological reports of recurring patients. 230 Materials and methods The study included 162 patients from 5 tertiary referral centers affected by BCR after RP associated with nodal recurrence detected at either (11C) choline PET/TC scan or conventional imaging. All patients received extended pelvic +/- retroperitoneal sLND between 2002 and 2011. Pre-op variables were used to predict complete response to sLND (defined as a the first post-op PSA Results Mean and median PSA at sLND was 3.6 and 1.9 ng/ml, respectively. Mean time to BCR after RP was 29.2 months, respectively. Patients were submitted to sLND with a mean number of 24.6 nodes removed(median:20; range 3-87). The extent of LND was: pelvic only, retroperitoneal only and pelvic + retroperitoneal in 76 (46.9%), 2 (1.2%) and 84 (51.9%) patients. Positive nodes were found in 132 patients (81.4%). The mean number of positive nodes was 6.1 (median:2; range 0-66). Overall, 66 (40.7%) patients showed complete response at the first PSA test after surgery at a median follow-up of 40 months after sLND. Inthese patients, the 3- and 5-year BCR-free survival was 59 and 40%, respectively. This results in a number of 11 patients (out of 162) who are BCR-free without ADT at 5-year follow-up. At MVA Cox regression analyses, only time from RP to BCR was an independent predictor of complete PSA response (OR:1.01;p=0.04). In the overall population, the 5-year CR- and CSM-free survival were 47 and 86%, respectively. At MVA analyses, only the number of positive nodes (HR:1.05; p2 nodes at sLND had a 2-fold increased probability of CR at 5 years. Discussion sLND is associated with complete PSA response in 40% of highly selected patients with nodal recurrence after RP. Of these, only 40% are BCR-free at 5 years, therefore allowing for at least a delay in the use of further treatments. Conclusions Men with low volume disease and complete response to surgery seem to benefit the most from this surgical approach in terms of clinical progression. 231 P223 86° Congresso Nazionale SIU A COMPETING RISKS ANALYSIS OF LONG TERM SURVIVAL ON NODE POSITIVE PROSTATE CANCER PATIENTS TREATED WITH RADICAL PROSTATECTOMY G. Gandaglia, F. Abdollah, J. Karnes, M. Bianchi, A. Gallina, N. Passoni, C. Cozzarini, N. Di Muzio, R. Lucianò, M. Freschi, G. Guazzoni, F. Montorsi, A. Briganti (Milan) Aim of the study Lymph node invasion (LNI) in prostate cancer (PCa) patients is a detrimental factor, being associated with less favorable cancer-specific mortality (CSM) rates. However, little is known about the natural history of the tumor, and the importance of other-cause mortality (OCM) in these individuals. Impact of OCM on survival of these individuals might be indeed non negligible, especially in those with more favorable cancer characteristics. We set to test CSM and OCM rates in LNI patients based on competing-risks methodology. Materials and methods We relied on 1173 LNI patients treated with RP and extended pelvic lymph node dissection (PLND) between 1988 and 2012 at two tertiary referral centers. All patients had complete pathological and follow-up data. First, univariable and multivariable Cox regression analyses were used to identify independent predictors of CSM and OCM. Covariates included patient age, pathological Gleason score (GS), pathological stage, surgical margin status and number of positive lymph nodes (namely ≤2vs>2). Second, competing-risks survival analyses were used to estimate CSM and OCM rates, after stratifying patients according to CSM and OCM independent predictors. Results Mean patient age at surgery was 64.5 years (median: 65.0, IQR: 60.0-69.8). Most patients had a pathological GS 2 (HR: 1.7) were independent predictors of CSM, while age (HR:1.07) was the only independent predictor of OCM (all p≤0.005). The overall 10-year CSM and OCM rates were 13 and 13%, respectively. In patients aged 2. The corresponding 10-year OCM rates were 7% vs. 19%, 9% vs. 17%, 7% vs. 20%, and 6% vs. 13%, respectively. Discussion Cancer-specific mortality rates in elderly patients with node positive PCa are similar or higher than gradespecific CSM rates in their younger counterparts, even after accounting for OCM. Conclusions Older age should not be considered as a criterion to exclude more aggressive treatments, when feasible, in these individuals. P224 86° Congresso Nazionale SIU IS THERE A ROLE FOR SALVAGE EXTENDED LYMPH NODE DISSECTION FOR PATIENTS WITH NODAL RECURRENCE OF PROSTATE CANCER ON ANDROGEN DEPRIVATION THERAPY? RESULTS BASED ON A MULTI-INSTITUTIONAL ANALYSIS N. Suardi, D. Osmonov, J. Karnes, S. Joniau, K. Touijer, P. Rigatti, K. Junemann, H. Van Poppel, F. Montorsi, A. Briganti (Milano) Aim of the study The management of patients with systemic progression after radical prostatectomy (RP) and adjuvant or salvage therapy is challenging. These patients are considered for second-line hormonal therapy, chemotherapy or clinical trials testing novel agents. We tested the hypothesis that a surgical salvage approach might have an impact on cancer control in highly selected patients with rising PSA and nodal recurrence despite androgen deprivation therapy (ADT). Materials and methods We included 47 patients treated at 4 tertiary referral centers with salvage lymph node dissection (sLND) for (11C)choline PET/TC scan detected nodal recurrence and rising PSA after RP between 2002 and 2011. All patients were on ADT at the time of PSA rising. Kaplan-Meier analyses were used to assess cancer control outcomes in terms clinical recurrence (CR) and cancer-specific mortality (CSM). Univariable Cox regression models were fitted addressing both CR and CSM. Variables tested consisted of PSA at sLND, number of positive lymph node removed, number of positive spots at choline PET/TC scan and time to ADT failure Results Mean and median PSA at sLND was 4.4 and 2.3 ng/ml, respectively. Mean time to BCR after RP was 36.8 months. Mean time from BCR to sLND was 30.7 months. Twenty-five pts(51.1%) received salvage radiation therapy before sLND. At surgery, 48 (98%) and 38 (77.6%) pts. were subjected to pelvic and retroperitoneal sLND, respectively. Mean and median number of nodes removed was 27 and 25, respectively. Nodal metastases of PCa were found in 41 (83.3%) pts. Mean and median number of positive nodes was 9.3 and 4, respectively. A reduction of 50% at first post-operative PSA value was seen in 30 patients (63.8%), while complete immediate PSA response (PSA Discussion Salvage LND for selected patients with BCR and clinically recurrent nodal disease on ADT can achieve an immediate complete PSA response in roughly one third of these patients. Although further PSA progression was seen in the majority of these patients, half of them were CR-free at 5-years, provided a low volume of nodal recurrence. Conclusions Salvage LND for selected patients with BCR and clinically recurrent nodal disease on ADT can achieve an immediate complete PSA response and long-term CR-free survival. 232 233 P225 86° Congresso Nazionale SIU P226 86° Congresso Nazionale SIU METABOLIC SYNDROME AND LOWER URINARY TRACT SYMPTOMS: A POSSIBLE LINK TO STORAGE SYMPTOMS PREDICTION OF BLADDER PROSTATIC OBSTRUCTION: DEVELOPMENT OF A CLINICAL NOMOGRAM C. De Nunzio, M. Gacci, R. Lombardo, M. Guidotti, M. Bonetto, M. Leo, L. Cindolo, L. Schips, D. Amore, C. Leonardo, A. Tubaro (Roma) C. De Nunzio, R. Autorino, A. Bachmann, A. Briganti, S. Carter, F. Chun, G. Novara, R. Sosnowski, N. Thiruchelvam, A. Tubaro, S. ahyai (Roma) Aim of the study Metabolic sindrome (Mets) is a cluster of several metabolic abnormalities such as obesity, insulin resistance, dislypidemia and hypertension. There is a growing interest in the possible relationship between MEts and lower urinary tract symptoms (LUTS) and Benign prostatic Hyperplasia (BPH). However few studies and mostly in American or Asia population have evaluated these associations. Aim of our study was to evaluate the association between Mets and LUTS in a group of Italian patients with BPH. Aim of the study Indication for surgical therapy in patients with lower urinary tract symptoms (LUTS) and benign prostatic enlargement (BPE) is ideally confirmed by pressure flow studies demonstrating significant prostatic obstruction. Unfortunately, urodynamic studies are invasive and time consuming. To address this void we developed a nomogram predicting benign prostatic obstruction (BPO). Materials and methods From 2009 onwards, a consecutive series of patients with LUTS related to BPH were prospectively enrolled. Patients were evaluated using the International prostatic symptom score (IPSS) and ultrasound prostate volume assessment. Body mass index (BMI) as well as waist circumferences were measured. Blood samples were collected and tested for: PSA levels, fasting glucose, triglycerides, HDLs and testosterone. Blood pressure was also recorded. We evaluated the association between metabolic syndrome defined according to Adult Treatment Panel III (ATPIII) and LUTS risk using logistic regression analyses. Results 431 patients were enrolled with a median age and PSA of 66.6 (IQR: 61/73) years and 6 ng/ml (IQR: 4/9) respectively. Median BMI was 27 k/m2 (IQR: 25/29); median waist circumference was 100 cm (IQR: 93/106); median testosterone level was 3.8 ng/ml (IQR: ¾.7); median IPSS was 8 (IQR: 4/14).According to the ATPIII criteria, 103 pts (23.8%). Patients with Mets presented a lower testosterone level (3.3 ng/ml, IQR: 2.7/4.4; vs 4.7ng/ml, IQR: 3/4.9, p= 0.001), a higher IPSS (10, IQR: 5/14; vs 8, IQR (4/14), p= 0.037). IPSS sub-score analysis showed a higher IPSS storage subscore in patients with MetS (4, IQR: 2/7; 3, IQR: 1/7; p= 0.036). Overall 269 pts (62%) presented an IPSS storage subscore ≥3. On multivariate analysis the presence of MetS was associated with an increased storage symptoms (IPSS storage subscores≥ 3) risk (OR: 2.15; 95%CI: 1.15-3.9; p= 0.014). Discussion These results should be confirmed in a larger epidemiologic study. Even though the molecular pathways are yet to be understood, it is assumable that abdominal obesity, hypertension, dyslipidaemia and impaired fasting glucose should be considered as possible factors involved in LUTS/BPH pathogenesis . Materials and methods Between 1996-2000, all patients with LUTS and BPE underwent standardized pressure flow studies (PFS) before considering transurethral surgery. Complete clinical and urodynamic data was available for 300 men. Variables assessed were IPSS, PSA, prostate size, maximal urinary flow rate (Qmax), post void residual urine (PVR) and bladderwall thickness (BWT). These were used to predict significant BPO (defined as a Schaefer grade ≥3 in PFS) in multivariate models. Results In the base model, consisting of IPSS, Qmax and PVR, only Qmax was a statistically significant predictor of BPO. The predictive accuracy (PA) of the base model was 82%. Interestingly, clinical parameters such as PSA and BWT were not statistically significant and did not increase PA. Only transitional volume (TV) was an additional statistically significant predictor for BPO. Qmax and TV, together in a multivariable model, demonstrated a PA of 83.2%. Accuracy and calibration of the two variable model was high and well calibrated (Fig. 1). Discussion According to our results our new non-invasive nomogram appears helpful in surgical treatment decision in patients with LUTS and BPE. Conclusions An external validation is warranted to confirm our findings and to confirm the possible role of our normogram in clinical practice. Conclusions In our single center study, Mets is associated with an increased risk of LUTS and specifically of storage symptoms in patients with BPH. 234 235 P227 86° Congresso Nazionale SIU METABOLIC SYNDROME CORRELATES WITH PERI-URETHRAL FIBROSIS SECONDARY TO CHRONIC PROSTATE INFLAMMATION: EVIDENCE OF A LINK IN A COHORT OF PATIENTS UNDERGOING RADICAL PROSTATECTOMY F. Cantiello, A. Cicione, A. Salonia, A. Briganti, R. Autorino, M. Bevacqua, S. Manno, R. Damiano (Catanzaro) Aim of the study To investigate the pathologic relationship between metabolic syndrome (MetS) and peri-urethral fibrosis status secondary to chronic prostate inflammation. Materials and methods Peri-urethral prostate tissue from 80 consecutive patients who underwent retropubic radical prostatectomy for prostate cancer was analyzed. Patients were divided in two groups according to whether they had or not a diagnosis of MetS ( defined according to the National Cholesterol Education Program’s Adult Treatment Panel III criteria) . We circumferentially performed 16 peri-urethral core bench biopsies on each radical prostatectomy specimen to evaluate the extent of peri-urethral inflammatory infiltrate and collagen and elastin amount. Spearman correlation analysis tested the association between variables. Furthermore, the data were used to define a bivariate logistic regression model in which the presence (>50% collagen amount for each patients) or absence (≤ 50% collagen amount) of peri-urethral fibrosis was analyzed after adjusting for clinical and pathological variables. Results A significant difference was found between the two groups in terms of International Prostatic Symptoms Score [ IPSS (p Discussion Chronic prostatic inflammation has been postulated as a potential etiological agent in the development of benign prostatic hyperplasia. However, lower urinary tract symptoms (LUTS) are not always associated with prostate enlargement in the elderly male population; likewise, patients without benign prostatic enlargement may actually complain of LUTS and ultimately experience urinary retention, especially those presenting with chronic prostate inflammation. Our study confirmed the hypothesis that MetS – interpreted as a lowgrade, chronic inflammation state - may have a role in promoting prostate inflammation and, consequently, fibrotic changes within the peri-urethral prostate tissue secondary to chronic inflammation. It can be arbitrarily speculated that the peri-urethral fibrosis may cause LUTS through a decreased urethral flexibility, compromising the ability of the prostatic urethra to enlarge itself and to adequately accommodate urinary flow during micturition. P228 86° Congresso Nazionale SIU PDE5 INHIBITORS CAN BLUNT PROSTATE INFLAMMATION IN MEN WITH BPH: A RANDOMIZED DOUBLE BLIND PROSPECTIVE STUDY M. Gacci, O. Saleh, A. Sebastianelli, M. Salvi, R. Santi, G. Nesi, L. Vignozzi, M. Maggi, S. Serni, M. Carini (Firenze) Aim of the study Metabolic syndrome (MetS) and benign prostate hyperplasia (BPH)/low urinary tract symptoms (LUTS) are often comorbid. One putative link is chronic inflammation. Phosphodiesterases type 5 inhibitors (PDE5i) are recognized as an effective treatment for BPH/LUTS. In this study we investigate whether PDE5i could blunt inflammation in the human prostate. Materials and methods Previously we demonstrated the safety and efficacy of combined therapy of tamsulosin (0.4mg/day) plus vardenafil (10mg/day) vs. tamsulosin alone (0.4mg/day) on LUTS secondary to BPH. Those who underwent to simple prostatectomy for persistent/recurrent severe urinary symptoms after the end of the study, refractory to medical treatment (n=44), were evaluated for inflammatory infiltrates in prostatic specimens. The histological features of prostatic specimens obtained at surgery were blindly analyzed for inflammatory scoring (IS), (calculated as the sum of the three different histological inflammatory parameters: anatomical location; grade; extent), and by a quantitative, computer-assisted, analysis of immunostaining with a specific antibody anti-pan leukocytes (CD45). Then stratified patients according to the presence/absence of MetS and according to their study treatment allocation. Results The anti-CD45 staining was positively correlated with IS (r=0.662, p=0.0001). In an age-adjusted model, both IS and anti-CD45 immunostaining (CD45 score) increased as a function of MetS components (Adj. r=0.533 and Adj.r=0.409, respectively, both p Discussion In a multi-center study (n=244), we previously demonstrated that the severity of BPH-related intraprostatic inflammation increased as a function of MetS factors (expecially low HDL and high triglyceride). The presents study confirms these results also by staining with a specific antibody (anti-CD45), which allows a quantitative computer-assisted analysis. Also patients who underwent prostatectomy in the MetS cohort showed significant lower CD45 scoring in the vardenafil arm. On the contrary, vardenafil did not affect CD45 score in patients without MetS. This observation, may stem for a peculiar sensitization of prostatic tissue to the action of PDE5 inhibitors in course of MetS. Conclusions Our experimental findings show that MetS represent a independent risk factor for prostate inflammation and fibrotic changes within the peri-urethral prostate tissues secondary to inflammation. Conclusions Our study demonstrates that PDE5i blunt inflammatory response induced by MetS, as well as inflammatory stimuli. The efficacy of PDE5i add new insights into the comprehension of the mechanism of action of PDE5 inhibitors in alleviating LUTS in MetS patients. 236 237 P229 86° Congresso Nazionale SIU THE EVOLUTION OF STORAGE SYMPTOMS IN PATIENTS WITH PROSTATIC INFLAMMATION AND BENIGN PROSTATIC OBSTRUCTION TREATED WITH TRANSURETHRAL PROSTATIC RESECTION (TURP): A SINGLE CENTRE COHORT ANALYSIS A. Tubaro, M. Gacci, C. Leonardo, F. Puccini, A. Brassetti, F. Cancrini, F. Presicce, M. Guidotti, M. Cerasini, C. De Nunzio (Roma) Aim of the study Aim of our study was to evaluate the association between prostatic inflammation, MetS and post-operative persistent LUTS in a group of patients treated with TURP Materials and methods From 2011 onwards, a consecutive series of patients treated with TURP for LUTS and benign prostatic obstruction were enrolled into a prospective database. Body mass index (BMI) and waist circumferences were measured before the TURP. Prostate volume was evaluated with a transrectal ultrasound. Blood samples were collected before TURP and tested for: total PSA, glycemia, HDL, trygliceridemia levels. Blood pressure was recorded. Metabolic syndrome (MetS) was defined according to the Adult Treatment panel III. International prostatic symptom score (IPSS) including the storage and voiding subscore, overactive bladder questionnaire (OAB) as well as an uroflowmetry evaluation were recorded preoperatively and one month post-operatively. All TURP specimens were examined for the presence of an inflammatory infiltrate, according to the standardized classification system of chronic prostatitis (CP-CPPS) of the National Institutes of Health (NIH). Results 81 patients were enrolled with a median age and PSA of 65 (IQR 60/72) years and 5.6 ng/ml (IQR 3.3/91) respectively. Median BMI was 25.3 kg/m2 (IQR: 22.7/27.3); median waist circumference was 102 cm (IQR: 94.5/115); median prostate volume 65 cc (IQR: 47/80); median preoperative IPSS was 15 (IQR: 11/18); median IPSS voiding score was 7 (IQR: 6/10); median storage IPSS subscore was 7 (IQR: 5/9.5). Median Qmax was 8 ml/sec (IQR: 6/10). On histology samples, inflammatory infiltrates was observed in 62/81 patients (76%) and out of them severe inflammation was recorded in 24/62 patients (38.7%). MetS was observed in 20 pts (27%). Patients with MetS presented an higher rate of inflammatory infiltrates (18/20 pts; 90%; p= 0,01) and of severe inflammation (11/18 patients; 66%; p= 0.02) when compared to patients without MeS. One month post-operative evaluation showed a significant lower IPSS total score (2; IQR: 0/5 vs 5 ; IQR: 2/9; p= 0.01); storage subscore (2; IQR: 1/3; vs 4; IQR: 2/9; p= 0.004) and OAB questionnaire score (38; IQR: 30/56 vs 54; IQR: 30/66; p= 0.03) in patients with inflammatory infiltrates when compared to patients without inflammation. These data were confirmed in patients with moderate/severe inflammation versus mild inflammation. Discussion Our study hypothesized a more significant prostatic sensory denervation effect of the TURP, which may reduce the abnormal sensory input of the voiding reflex, in patients with prostate inflammation. However these results should be confirmed by a large multicenter trial. Conclusions In our single center study, MetS was associated with prostate inflammation. Patients with inflammatory infiltrates mostly benefit from a TURP when compared to patients with no inflammation particularly regarding the storage symptoms. 238 P230 86° Congresso Nazionale SIU A RANDOMIZED COMPARATIVE EFFECTIVENESS TRIAL ON TRANSURETHRAL ENUCLEATION WITH OLYMPUS BUTTON ELECTRODE (B-TUEP)VERSUS “TRADITIONAL LOOP” GYRUS PK FOR THE TREATMENT OF CLINICAL OBSTRUCTING BENIGN PROSTATE HYPERPLASIA. RUA’S 2-YEARS EXPERIENCE F. Attisani, R. Giulianelli, L. Albanesi, B. Gentile, D. Granata, L. Mavilla, G. Mirabile, F. Pisanti, M. Schettini, G. Vincenti (Roma) Aim of the study Transurethral resection of the prostate (TURP) has been, for many decades, the reference standard in the surgical management of lower urinary tract syndrome (LUTS) due to bladder outlet obstruction. Transurethral resection of the prostate (TURP) is the current optimal therapy for the relief of bladder outflow obstruction, with subjective and objective success rate of 85 to 90% . Besides these excellent success rate, bleeding, urinary tract infection , retrograde ejaculation and incontinence are the complications associated with the procedure. Aim of the study was to compare the outcome of “traditional” bipolar TURP with Gyrus PK vs the new technique called B-TUEP (Trans-urethral in saline enucleation with Olimpus Button electrode). Materials and methods From February 2011 to February 2013 , 120 consecutive patients, with a mean age of 63,34 ± 7,1 years, who had LUTS of BPE were enrolled in this study. A total of 60 patients with a mean age of 62,5 ± 6,9 years were randomised to undergo bipolar “traditional loop” TURP (Traditional Gyrus group) and 60 with a mean age of 64,18 ± 7,2 years to Transurethral in saline enucleation ( B-TUEP group). All surgical procedures were performed by one surgeon who were fully trained in bipolar Gyrus TURP and in B-TUEP resection. Preoperative work-up was assessed by administering I.P.S.S., I.I.E.F.-5 and Qol. All patients were submitted to uroflowmetry, TRUS, measurament of post-voidal residual urine and PSA determination. In traditional TURP and B-TUEP groups, I.P.S.S., I.I.E.F.-5 and Qol , uroflowmetry, TRUS, measurament post-voidal residual urine (PVR) , PSA determination and number of reoperations were evaluated 3, 6, 9,12,15,18, 21 and months. Thus, in traditional TURP and B-TUEP groups were analized operative time, resected tissue weight and perioperative complications. Total postoperative catheter time, total post-operative hospital stay, haemoglobin loss were recorded in the 2 groups. Results Comparative data on IPSS symptom score, I.E.F.F.-5 and Qol, PSA, peak urinary flow rates and postvoid residual urine volume in the 2 groups are similar but showed a significative improvements regarding baselines value .The postoperative haemoglobin levels (13,6 ± 0,6 versus 11,4 ± 0,5, respectively), postoperative catheterization, hospital stay and 2-yrs overall surgical re-treatment-free rate (5% vs 11,65%, respectively) were better in the Bipolar TURP group. Discussion B-TUEP has a comparable outcome to Bipolar “traditional” TURP at short, medium and long term to subjective and objective outcome measures. Its impact on bladder outlet function is also similar to that of Bipolar “traditional” TURP. Conclusions Improvement in I.-P.S.S. , Qol index, I.E.E.F.-5, Qmax and post-void residual urine volume were comparable in both group denoting similar efficacy of the techniques. 239 P231 86° Congresso Nazionale SIU THE USE OF TADALAFIL TO TREAT LOWER URINARY TRACT SYMPTOMS AND ERECTILE DYSFUNCTION IN MEN WITH BENIGN PROSTATIC HYPERPLASIA: A SYSTEMATIC REVIEW M. Gacci, O. Saleh, A. Sebastianelli, M. Salvi, T. Chini, C. Cini, G. Corona, L. Vignozzi, M. Maggi, A. Minervini, S. Serni, M. Carini (Firenze) Aim of the study Several clinical trials have extensively investigated the efficacy and safety of chronic treatment with PDE5Inhibitors (PDE5-I), alone or in combination with alpha blockers, in ameliorating LUTS in men with or without erectile dysfunction (ED). In particular, tadalafil represents one of the most extensively investigated. The aim of present study is to perform a systematic review of the current literature concerning the use of tadalafil for the treatment of LUTS and ED in men with BPH. Materials and methods An wide Medline search was performed including the combination of following words: “LUTS”, “BPH”, “PDE5-Is”, “ED”, “tadalafil”. No temporary limits were adopted. IIEF-5 (International Index of Erectile Function), IPSS (International Prostate Symptom Score) and Maximum urinary flow rate (Qmax) were the validated efficacy outcomes. We also evaluated the most common adverse events (AEs) reported for tadalafil in selected studies. Results Out of 96 retrieved articles, 87 were excluded for missing or incomplete data (baseline data, standard deviation), deficiency in methodology (several biases not included), assessment of clinical outcomes without validated instruments. Data from 9 RCTs were included in the present review, for a total of 1936 treated patients with tadalafil daily administration for a mean duration of 12 weeks. Seven RCTs reported the efficacy of daily administration of tadalafil 5mg in relieving LUTS in terms of significant IPSS reduction from a minimum of -1.60 to a maximum -4.09 (p Discussion Many epidemiologic evidences emphasize the close association between LUTS and ED in men with BPH. Preclinical animal models have provided a great deal of information on potential common pathogenic mechanisms underlying these two clinical identities. Although the efficacy of the most commonly used treatments for LUTS/BPH is well defined, the negative impact of these treatments on erectile function has triggered the search for new treatment options. In this regard, a new role for phosphodiesterase type 5 inhibitors in the treatment of LUTS/BPH and ED has been claimed. Conclusions The remarkable improvement of both LUTS/BPH and ED, and the good safety profile with tadalafil 5 mg once daily suggests a leading role of tadalafil 5 mg for men with LUTS due to BPH with or without ED. 240 P232 86° Congresso Nazionale SIU A PROSPECTIVE EVALUATION OF 200 PATIENTS UNDERGOING THULEP AT OUR INSTITUTION L. Carmignani, S. Picozzi, A. Macchi, S. Casellato, C. Marenghi, E. Finkelberg, G. Bozzini (San Donato Milanese) Aim of the study Thulium Laser Enucleation of the Prostate (ThuLEP) has been introduced as a minimally invasive treatment for benign prostatic obstruction (BPO). The objectives of the study were the evaluation of immediate outcomes and the institutional learning curve of ThuLEP, and to report its complication rates. Materials and methods We performed a prospective evaluation of the first 200 patients undergoing ThuLEP from January 2012 until April 2013 at our Institution. Results The average age of the patients was 67.3 years with a BMI of 25.9. Median prostate size was 75,3 cc with 42,8 of adenoma and PSA of 3,5 mg/ml. Median operation time was 1,22 hours. Median catheterization time was 1,5 days (or 34 hours), median length of hospital stay was 2,4 days. Median resected tissue weight was 28,8 g. Incidental carcinoma of the prostate was detected in 5 patients (2,5 %). Median maximum urinary flow rate (9.3 vs 21.1 ml/s) and postvoid residual urine volume (160 vs 29,8 ml) changed significantly. Early reinterventions were necessary in 1 of the patients (0,5 %) to ensure haemostasis. 13 patients (6,5 %) had a postoperative acute urinary retention to the removal of the bladder catheter and only two patients (1%) required transfusions. The major limitations of the study are the mono-centric study design, the lack of a control group, and that only short-term data were documented on morbidity and efficacy of the ThuLEP procedure. Discussion Thulium laser is a new surgical laser, with tunable wavelength. It may have several advantages over the other lasers, including improved spatial beam quality, more precise tissue incision, and operation in continuous-wave/pulsed modes. Thulium laser has been proved capable of rapid vaporization and coagulation of prostate tissue. These two characteristics are at the basis of the endoscopical use to enucleate obstructing prostatic tissue in a relatively bloodless manner. Conclusions ThuLep is an effective procedures for removal of prostatic adenomas. ThuLep is safe and resulted in low perioperative morbidity and may become the endourological alternative to standard TURP and open prostatectomy. 241 P233 86° Congresso Nazionale SIU P234 86° Congresso Nazionale SIU TURIS PLASMA VAPORIZATION: SAFETY AND EFFICACY IN ANTICOAGULATED PATIENTS. THE RUA’S EXPERIENCE PROSTATE CALCIFICATIONS AND LUTS: THE POTENTIAL ROLE OF BACTERIAL BIOFILM AND PROSTATE INFLAMMATION F. Pisanti, R. Giulianelli, L. Albanesi, F. Attisani, B. Gentile, D. Granata, L. Mavilla, G. Mirabile, M. Schettini, G. Vincenti, F. Pisanti (Roma) T. Cai, D. Tiscione, I. Caola, F. Tessarolo, N. Mondaini, F. Meacci, G. Malossini, P. Lanzafame, S. Mazzoli, R. Bartoletti (Trento) Aim of the study Morbidity of transurethral resection of prostate necessitates continuous attempts of modifications of standard equipment and technique. Recently the TURis Plasma Vaporization (TURis-V) technique, which uses the Olympus Gyrus PK generator and ”Botton” vapo-resection electrode, was introduced in clinical practice. We evaluated our results with Botton TURis Gyrus PK for the treatment of bladder outlet obstruction (BOO) due to benign prostatic hyperplasia (BPH) in patients using anticoagulant drugs. Aim of the study Prostate calcifications have been recently found in patients with prostate inflammation, BPH and prostate carcinoma. In addition some Authors found that E. coli inoculation into the mice prostate causes chronic protatitis and subsequent prostatic atypia and PIN thus suggesting the potential linkage between inflammation and prostate cancer. The aim of this study was to determine morphological, microbiological and pathological characteristics of prostate calcifications in patients with lower urinary tract symptoms and evaluate the role of inflammation in the genesis of prostate calcifications. Materials and methods Between June 2011 to December 2012, the RUA’s urologists, performed 100 Plasma Transurethral Prostate Vaporization in saline using Olympus Gyrus PK for the treatment of BOO due to BPH. All patients continued anticoagulant therapies for the procedure: 30 of them showed significant cardiovascular co-morbidity (prior stroke or systemic embolism, coronary artery disease or peripheral vascular disease). The average age of the patients was 72,5 yrs (range 52-89 yrs) and medium follow-up 11,5 months (range 3-21 mo.). The preoperative investigation protocol included: digital rectal examination (DRE), Prostatic Specific Antigen (PSA), International Prostate symptom Score (IPSS), Quality of Life (QOL), urinalysis with urine culture, uroflowmetry with post-voiding residual urinary volume (PVR) and transrectal ultrasonography assessing prostate volume. Before surgery we performed Hbg dosage and we repeat it the day after. The patients were evaluated every 3 months after surgery using PSA, HB dosage, IPSS, QOL, urinalysis with urine culture, uroflowmetry with PVR . The patients were evaluated after 6, 12 and 18 months using TRUS (to evaluate residual prostate volume). Results Mean operating time was 47 minutes, median catheterization time was 36 hours, the mean hospital stay was 59 hours . Mean bleeding loss were 1,7 gr/dl. No death during peri or post-operative follow-up . Early Adverse Events (EAs) include : dysuria in 24% (24pts), urgency in 25% (25pts), haematuria in 13% (13pz) and AUR with re-catheterization for clots in 11% (11 pz). Discussion . Conclusions The endoscopic plasma vapo-resection of the prostate in saline (TURis- V) using Olympus Button Gyrus PK electrode for Bladder Outlet Obstruction (BOO) caused by Benign Prostate Hypertrophy (BPH) is a safe tecnique showing optimal outcomes, also in anticoagulated patients. 242 Materials and methods From November 2012 to March 2013, 38 patients referred to the same Urology Unit affected by with lower urinary tract symptoms with or without sonographic evidence for prostate calcifications, were enrolled in this prospective cohort study. At the enrollment time all patients will undergo clinical and microbiological evaluations in order to evaluate the presence of bacterial biofilm. Total ejaulate lymphocyte population will be also investigated by cytometric analysis. Prostate calcifications will be collected and ultratructurally analyzed from all patients who had undergone prostate biopsy. All patients have been divided into two groups: patients with prostate calcifications and those without. Two groups were analysed in order to evaluate the clinical, microbiological or instrumental parameters that are important in the genesis of prostate calcifications. Results 38 patients were enrolled (mean age 56.7). The mean IPSS was 16.5. 21 patients showed prostate calcifications (Group A) while 17 no (Group B). The mean prostate volume was 45.3 cc. In the Group A 13 out of 21 (61.9%) showed positive results at micorbiological analysis while in the Group B 6 out of 17 (35.2%) (p Discussion The role of biofilm producing bacteria seems relevant in the genesis of prostate calcifications and LUTS. Moreover, the role of associated inflammatory tissue have to be taken into account. Conclusions The present study, even if supported by preliminary results, highlight an association between bacterial biofilm and prostate calcifications and LUTS. Moreover, highlight that the relevant role of prostatic inflammation in genesis of prostate calcifications and LUTS. 243 P235 86° Congresso Nazionale SIU THE PHYSICAL THERAPY OF CHRONIC PROSTATITIS / CHRONIC PELVIC PAIN SYNDROME M. Capece, F. Fusco, E. Maisto, R. Bianco, F. Villani, A. Pischedda, A. Currelli, F. Pirozzi Farina, C. Imbimbo (Napoli) Scopo del lavoro Chronic prostatitis / chronic pelvic pain syndrome (CP / CPPS) (NIH-CPSI IIIb) is characterized by chronic pelvic pain and LUTS. The aetiology of CP/CPPS is poorly understood, and even though a lot of studies on pelvic floor muscle tone have been proposed, no clear cause-effect between pelvic floor muscle tone and CP/CPPS has been found. In this study we evaluate the effect of biofeedback(BFB) therapy on CP/CPPS symptoms, and correlate symptoms improvement with PFM tone. Materiali e metodi Between March 2008 and May 2011, we recruited 88 patients with CP / CPPS NIH IIIb. All patients were treated with a BFB cycle. Inclusion criteria: age greater than 18 years, pelvic pain and discomfort for at least 4 months, NIH-CPSI greater than 14. Exclusion criteria: UTI in the previous four months, malignancy, previous endoscopy, neurological diseases. The NIH-CPSI questionnaire and tone of the pelvic floor muscles evaluation were used for follow-up. Student’s t-test and Pearson’s correlation were used for statistical analysis. Risultati Differences between NIH-CPSI mean, pain, quality of life, micturition and EMG scores before and after the biofeedback treatment are significant (p<0.05). Discussione Traditionally, chronic prostatitis / chronic pelvic pain syndrome (CP / CPPS) has been often related to a prostate inflammation caused by a localized infection. However, many theories suggest that the prostate may be not the only responsible of the CP / CPPS symptoms . Indeed many studies, evaluating the muscle tone with various methods, have concentrated their attention on the role of PFM in the etiopathogenesis of CP/CPPS.On one hand we demonstrate that biofeedback therapy highly improve pain as well as voiding complaints and QoL of CP/CPPS type IIIB patients, as already stated by other authors. On the other hand we could not confirm a clear correlation between PFM tone and CP/CPPS symptoms. Conclusioni Biofeedback therapy highly improve pain as well as voiding complaints and QoL of CP/CPPS type IIIB patients. On the contrary no clear correlation between NIH-CPSI and PFM tone has been found. 244 P236 86° Congresso Nazionale SIU DUTASTERIDE CAN REDUCE INTRAOPERATIVE BLEEDING DURING TRANSURETHRAL RESECTION OF THE PROSTATE: EVALUATION OF VASCULAR ENDOTHELIAL GROWTH FACTOR (VEGF) AND CD34 R. Giovannone, G. Antonini, Y. Al Salhi, V. Gentile, E. De Berardinis, G. Busetto (Roma) Scopo del lavoro Dutasteride is an antiandrogen that inhibits 5-α-reductase, an enzyme that converts testosterone to dihydrotestosterone. Dutasteride significantly reduces intraoperative bleeding when 0.5 mg/d is administered for 60 days before transurethral resection of the prostate. Materiali e metodi Our double-blind, randomized, placebo-controlled study evaluated 300 patients with benign prostatic hyperplasia who underwent transurethral resection of the prostate. We compared a placebo group (n = 150) with a group (n = 150) administered 0.5 mg of dutasteride once a day for 8 weeks. We intended to demonstrate the mechanisms and effects of dutasteride compared with those of vascular endothelial growth factor, and to evaluate CD34, an immunohistochemical marker of blood vessel density in the prostate. Risultati In 8 weeks, 0.5 mg/d of dutasteride reduced serum DHT by 95%, with intraprostatic DHT about 27 times lower than in the placebo group. A difference in perioperative bleeding was observed between the dutasteride group (1.4– 1.6 g Hb resected) and the placebo group (2.1–2.5 g Hb resected). Average MVD of the hypertrophic prostate, calculated by CD34 evaluation, was lower in patients treated with dutasteride than placebo. The average VEGF index of the hypertrophic prostate was lower in patients treated with finasteride (1.87 ± 0.39) than placebo (4.05 ± 0.80). Discussione Our study used VEGF and CD34 antibodies, starting from preclinical study in rats, to determine microvessel density in patients with BPH. We intending to demonstrate a correlation between dutasteride action and the vascularization of hypertrophic prostate tissue. We clearly demonstrated that VEGF and CD34 values were firmly lower in patients pretreated with dutasteride than placebo; therefore, a correlation exists. Conclusioni Dutasteride reduces intraoperative TURP bleeding, as demonstrated by MVD reduction in hypertrophic prostatic tissue. 245 P237 86° Congresso Nazionale SIU COMBINED THERAPY WITH SERENOA REPENS PLUS PINUS MASSONIANA PLUS CROCUS SATIVUS EXTRACT (IDIPROST GOLD®) IN PATIENTS WITH LUTS AND ED C. Imbimbo, M. Capece, F. Forchia, E. Maisto, R. Bianco, M. Barbieri, M. Creta, P. Verze, V. Mirone (Napoli) Aim of the study Lower urinary tract symptoms (LUTSs) and erectile dysfunction (ED) are highly prevalent, frequently coassociated, and significantly contribute to the quality of life. They may share a common pathophysiology. The ability to treat both BPH and ED with one medication is noteworthy. The aim of the present study was to evaluate the efficacy of a combined therapy with serenoa repens plus pinus massoniana plus crocus sativus extract (IDIProst Gold®) in patients with LUTS and ED. Materials and methods We performed a randomized, placebo controlled trial. A total of 50 men complaining of both mild ED (International Index of Erectile Function - 5 (IIEF-5) score 17-21) and mild LUTS/BPH (International Prostatic Symptom Score (IPSS) 0-7) were included in the study. Concomitant therapies for ED and/or LUTS/BPH, hypogonadism, diabetes mellitus, antihypertensive therapy, previous pelvic surgery or radiotherapy, and severe cardiovascular diseases were exclusion criteria. Patients were assessed at baseline and were randomized (1:1) to either IDIProst Gold® (active treatment) once a day or placebo once a day for 90 days. All participants completed the IIEF-5 and the IPSS questionnaire at the end of the study. Results Mean patients’ age was 60 years (range 45-70). At baseline evaluation, mean IIEF-5 score were 18.96 (range: 17-21) and 19.08 (range: 17-21) in the active treatment and placebo groups, respectively (p: not significant). Mean IPSS scores were 4.44 (range 1-7) and 4.12 (range 1-7) in the active treatment and placebo groups, respectively (p: not significant). All patients completed the study protocol, tolerated the treatments well, and were available for follow-up assessments. At the end of the treatment mean IIEF-5 score improved in the active treatment group and also in the placebo group (20.8 vs 19.7 respectively), even though there has been shown a statistically significant difference between the groups (p< 0.05). Discussion There is a revival of interest in phytotherapeutic agents, especially as a consequence of patients’ dissatisfaction with the adverse effects of medical alternatives. Serenoa Repens is efficacious in patients with LUTS/BPH. Pre-clinical evidences have demonstrated that pinus massoniana extract is efficacious to protect against oxidative damage and that crocus sativus has aphrodisiac effects in animal and humans. We evaluated, for the first time, the efficacy of the association of these three compound in patients with ED and LUTS/BPH. Conclusions The association of serenoa repens plus pinus massoniana plus crocus sativus extracts is better than placebo in improving IIEF-5 and IPSS scores in patients complaining of both ED and LUTS/BPH. 246 P238 86° Congresso Nazionale SIU CONTROLLO DEL DOLORE IN CORSO DI BIOPSIA PROSTATICA TRANSRETTALE: CONFRONTO TRA BLOCCO PERIPROSTATICO ASSOCIATO A SOMMINISTRAZIONE TOPICA DI LIDOCAINA/ PRILOCAINA E BLOCCO PERIPROSTATICO ASSOCIATO A SOMMINISTRAZIONE TOPICA DI LIDOCAINA/NIFEDIPINA. V. Imperatore, S. Di Meo, R. Buonopane, M. Creta (Naples) Scopo del lavoro Lo scopo del presente studio è comparare l’efficacia del blocco periprostatico (PNB) combinato alla somministrazione topica endorettale e perianale della miscela anestetica di lidocaina/prilocaina con il PNB associato alla somministrazione topica dalla miscela di lidocaina/nifedipina in corso di biopsia prostatica trans rettale. Materiali e metodi Dal Marzo 2011 al Marzo 2013 abbiamo condotto uno studio prospettico randomizzato. Sono stati inclusi nello studio 200 pazienti con indicazione clinica alla biopsia prostatica. I pazienti arruolati sono stati randomizzati a ricevere PNB (iniezione di 5mL di lidocaina 1%) associato alla somministrazione topica di lidocaina /prilocaina (gruppo A, n=100) o PNB associato alla somministrazione topica di lidocaina/nifedipina (gruppo B, n=100). Tutte le biopsie sono state effettuate dallo stesso operatore utilizzando lo stesso strumentario. Ai pazienti è stato chiesto di compilare una scala analogo visiva (VAS) graduata da 0 a 10 al fine di quantizzare la sensazione dolorosa durante l’introduzione della sonda (VAS1), in corso di PNB (VAS2), in corso di biopsia prostatica (VAS3), 30 minuti dopo la biopsia (VAS4), la sera della biopsia (VAS5), e il giorno dopo la biopsia (VAS6). Risultati I due gruppi sono risultati omogenei in termini di età media, valore medio di antigene prostatico specifico , volume prostatico medio. La durata della procedura ed il numero medio di prelievi è risultato essere simile nei due gruppi. Il punteggio VAS medio relativo all’introduzione della sonda ed all’esecuzione del PNB è risultato essere significativamente inferiore nel gruppo A (VAS1=0.3 vs 1.2; P < 0.05, VAS2=0.8 vs 1.8; P < 0.05). I punteggi VAS medi relativi all’esecuzione della biopsia prostatica e quelli registrati nelle ore e nei giorni successivi sono risultati invece sovrapponibili nei due gruppi ( VAS3=1.1 vs 1.2, P = non significativo; VAS4= 0.6 vs 0.7, P: non significativo; VAS5 =0.5 vs 0.6, P : non significativo; VAS6= 0.21 vs 0.23, P: non significativo). L’incidenza di complicanze infettive ed emorragiche è risultata essere bassa e sovrapponibile in entrambi i gruppi. Non sono state registrate ulteriori complicanze. Discussione Il dolore in corso di biopsia prostatica ecoguidata trans rettale riconosce due origini: introduzione della sonda, perforazione della capsula prostatica. Il presente rappresenta il primo studio di confronto tra crema anestetica a base di lidocaina/prilocaina e crema anestetica a base di lidocaina/nifedipina quale supplemento antalgico al blocco periprostatico per il controllo del dolore in corso di biopsia prostatica. Conclusioni La somministrazione topica perianale ed endorettale della crema anestetica a base di lidocaina/prilocaina è più efficace rispetto alla crema a base di lidocaina/nifedipina per il controllo del dolore legato all’introduzione della sonda ecografica ed all’ esecuzione del PNB. 247 P239 86° Congresso Nazionale SIU P240 86° Congresso Nazionale SIU STUDIO CLINICO RANDOMIZZATO NELL’IMPIEGO DI MICROCLISMA VS SOLUZIONE A BASE DI POLIETILENGLICOLE NELLA PREPARAZIONE DELLA BIOPSIA PROSTATICA TRANS RETTALE: ANALISI DELLE COMPLICANZE SECONDO CLAVIEN. RUOLO DI PSA, PROPSA, PCA3 E RM PROSTATICA MULTIPARAMETRICA NELLA SELEZIONE DEI PAZIENTI CANDIDATI A SECONDO MAPPING BIOPTICO PROSTATICO NEL PERSISTENTE SOSPETTO DI CARCINOMA PROSTATICO M. Bonetto, C. De Nunzio, R. Lombardo, M. Leo, F. Cancrini, C. Avitabile, A. Tubaro (Roma) F. Porpiglia, C. Fiori, F. Mele, M. Manfredi, D. Garrou, F. Ragni, E. Bollito, M. Papotti, F. Russo, D. Regge (Orbassano) Scopo del lavoro Le biopsie prostatiche trans rettali (BPTR) si associano a un rischio di complicanze valutato tra 64% e 98%. Il tipo di preparazione intestinale, secondo alcuni autori può influenzare la morbidità associata alla biopsia. Scopo del nostro studio è valutare la morbidità associata alla BPTR impiegando due diversi tipi di preparazioni intestinali. Materiali e metodi Tra maggio 2012 e febbraio 2013 una serie consecutiva di pazienti in attesa di eseguire una BPTR per un PSA> 4ng/ml e/o un’esplorazione rettale sospetta sono stati randomizzati in due gruppi in base al tipo di preparazione: gruppo A (con clistere evacuativo eseguito la mattina dell’esame) e gruppo B con soluzione di 1gr di polietilenglicole in 4L di acqua assunta il giorno prima della procedura. I pazienti hanno ricevuto una antibioticoterapia basata su ciprofloxacina 500mg bid 5 giorni prima e 5giorni dopo la biopsia ed una somministrazione unica di gentaminicina 80mg endovena il giorno della BPTR. Le complicanze sono state categorizzate secondo la classificazione di Clavien. Risultati 153 pazienti sono stati valutati di cui 65/153 (42%) hanno effettuato il microclisma e 88/153 (58%) la soluzione a base di polietilenglicole. L’età media dei pazienti è stata 67.5±7.8 anni, il volume prostatico medio 62.5±28.3 cc, il BMI medio 27.4±4.5 kg/m2 e il PSA medio 10.0±10.2ng/ml. Non si sono riscontrate differenze statisticamente significative tra i due gruppi in base alle caratteristiche generali dei pazienti. Il numero totale di pazienti che hanno manifestato complicanze è stato di 98/153 (65%). La maggior parte di queste complicanze sono state di basso grado: 85/99 (85%) di grado I (ematuria persistente) e 7/99 (8%) di grado II (sostituzione dell’antibiotico terapia) . Le complicanze di alto grado (IIIa) sono state 7/99 (5%) di cui 5 ritenzioni acute di urina e 2 febbri uro settiche. In base al tipo di preparazione abbiamo riscontrato le seguenti complicanze: 45/99 (45%) nel gruppo A e 54/99 (55%) nel gruppo B (p=0.733), 39/85 (46%) Clavien I nel gruppo A e 46/85 (54%) nel gruppo B (p=0.742), 3/7 (42%) Clavien II nel gruppo A e 4/7 (58%) nel gruppo B (p=1.000) e Clavien III 3/6 (50%) nel gruppo A e 3/6 (50%) nel gruppo B (p=1.000). Discussione Nella nostra esperienza sia la preparazione intestinale con microclisma che con polietilenglicole si sono dimostrate efficaci nel ridurre il rischio di complicanze post BPTR. Conclusioni Sebbene un analisi di costo beneficio non era l’obiettivo primario del nostro studio, i costi elevati del polietilenglicole rispetto al microclisma (6 euro vs < 1euro) ci inducono a ritenere il microclisma il tipo di preparazione intestinale da preferire nei pazienti sottoposti a BPTR. 248 Scopo del lavoro Nei pazienti con PSA persistentemente elevato ed una precedente biopsia negativa, si presenta la necessità di ripetere tale procedura. Per ridurre il numero di re-biopsie (RB) sono stati sviluppati nuovi esami quali: pro-PSA, PCA3 e Risonanza Magnetica prostatica multiparametrica (mp-MRI). Scopo di questo studio è stato quello di valutare il ruolo di queste indagini complementari in un percorso diagnostico standardizzato in pazienti con sospetto clinico di CaP e/o PSA elevato con una precedente biopsia negativa. Materiali e metodi Abbiamo prospetticamente selezionato pazienti con un primo set bioptico negativo (12 prelievi) e livelli di PSA anomalo, sospetto clinico o patologico (c.d. ASAP e/o HGPIN). Ogni paziente è stato quindi sottoposto a misurazione del PSA e pro-PSA sierico, analisi delle urine dopo massaggio prostatico (PCA3) e risonanza magnetica con studio pesato in T1, T2, diffusione e successiva analisi dopo iniezione di mezzo di contrasto paramagnetico per via endovenosa (tutte le immagini sono state esaminate da un esperto uroradiologo). Tutti i pazienti sono quindi stati sottoposti a RB (transrettale a 18 prelievi). L’operatore non era a conoscenza dei risultati degli esami pre-procedura. Sono stati esclusi dallo studio tutti i pazienti che alla mp-MRI presentavano una lesione sospetta per CaP anteriore o della zona di transizione, i quali sono stati sottoposti ad una biopsia con approccio transperineale. Abbiamo valutato i valori di sensibilità, specificità, valore predittivo positivo (VPP), valore predittivo negativo (VPN) e accuratezza diagnostica dei test individualmente e combinandoli per predire la positività per CaP alla RB. Risultati Sono stati arruolati consecutivamente 149 pazienti nello studio. L’età media era di 65 (47-79) anni, il PSA medio all’arruolamento di 8,06 ng/ml. Alla RB sono risultate positive per tumore 47/149 (31,3%) delle biopsie. [Fig.1] Discussione Il limite principale dello studio è che lo standard di riferimento è dato da un mapping bioptico random. I nostri risultati mostrano come il test con la maggior accuratezza diagnostica sia la mp-MRI. Ciononostante, obiettivo del nostro studio è evitare il maggior numero di biopsie inutili senza perdere CaP, il miglior VPN si ottiene pertanto dalla combinazione di PCA3 + MRI che avrebbe potuto evitare 71 (47,6%) RB non evidenziando 2 CaP (peraltro entrambi microfocolai). Conclusioni Da questi dati preliminari, estremamente promettenti, abbiamo avuto conferma del razionale del nostro studio e possiamo affermare che, nei pazienti con una precedente biopsia prostatica negativa e persistente sospetto clinico di CaP, la negatività di PCA3 e mp-MRI ci permette di evitare un inutile RB, accettando un rischio inferiore al 3%. 249 P241 86° Congresso Nazionale SIU P242 86° Congresso Nazionale SIU IL RUOLO DELLA 11C-COLINA PET/CT IN PAZIENTI CON RECIDIVA BIOCHIMICA DOPO PROSTATECTOMIA RADICALE E CARCINOMA PROSTATICO ORMONO-RESISTENTE SOTTOPOSTI A TERAPIA DI DEPRIVAZIONE ANDROGENICA. INCIDENZA DI COMPLICANZE EMORRAGICHE DURANTE IL MAPPING BIOPTICO PROSTATICO TRANSRETTALE IN PAZIENTI CHE ASSUMONO ASPIRINA PER MALATTIE CARDIOVASCOLARI: ESPERIENZA MONOCENTRICA G. Martorana, M. Borghesi, L. Bianchi, M. cevenini, E. Molinaroli, F. Chessa, F. Ceci, P. Castellucci, S. Fanti, E. Brunocilla, R. Schiavina (Bologna) L. DELL’ ATTI, G. Ughi, C. Ippolito, S. Papa, G. Daniele, G. Russo (FERRARA) Scopo del lavoro Lo scopo di questo studio è quello di valutare l’ utilità della 11C-Colina TC/PET eseguita in corso di terapia di deprivazione androgenica (ADT) in pazienti con recidiva biochimica dopo prostatectomia radicale per carcinoma prostatico ormono-resistente. Materiali e metodi Abbiamo complessivamente valutato 157 pazienti sottoposti a prostatectomia radicale con progressione biochimica durante terapia di deprivazione androgenica. In tutti i casi abbiamo effettuato un restaging con 11C-Colina TC/PET. Al momento della ristadiazione, 61 pazienti erano in trattamento mono-terapico, mentre 96 erano trattati con blocco androgenico totale. I pazienti risultati positivi alla PET sono stati ulteriormente valutati con follow-up clinico e tecniche di imaging aggiuntive (biopsia prostatica ecoguidata, TC o risonanza magnetica, scintigrafia ossea, TC/PET con colinal o, in casi selezionati, linfoadenectomia pelvica/ retroperitoneale). I valori di PSA, il PSA doubling time (PSAdt), l’età, lo stadio TNM, il Gleason Score ed il tipo di ADT somministrata al momento della PET sono stati valutati con analisi univariate e multivariate con lo scopo di determinare il principale fattore predittivo di una TC/PET positiva. Risultati Il PSA medio (mediano) al momento della 11C-Colina TC/PET era 8,3 (4,5) ng/mL, il PSAdt medio (mediano) era 5,3 (3,0) mesi, la PSA velocity media (mediana) era 14,5 ( 7.2) ng/mL/anno. La 11C-Colina TC/PET è risultata positiva in 104/157 pazienti (66%). In particolare, la 11C-Colina TC/PET ha individuato lesioni singole in 40 pazienti (una recidiva locale in 7; un linfonodo (LN) positivo in 10; lesioni ossee (BL) in 23); due lesioni in 18 pazienti (LNs a 7; BLs in 7; LN e BL in 4), 3-4 lesioni in 7 pazienti (LNs a 4; BLs in 3) e multiple lesioni (> 4) nei restanti 39 pazienti (recidiva locale e LNs in 2; multipli LNs in 12 , BLs in 12; multipli LNs e BLs in 11; multiple BLs e lesioni viscerali in 2). Nei pazienti negativi alla 11C-Colina-TC/PET, il PSA medio ed il PSAdt erano 3,8 ng/mL e 7,0 mesi rispettivamente, mentre erano pari a 10,5 ng/mL e 4,4 mesi nei pazienti PET-positivi (p < 0.05). All’analisi multivariata, il PSA e il PSAdt al momento della 11C-Colina TC/PET si sono dimostrati fattori predittivi indipendenti ed hanno mostrato una correlazione statisticamente significativa con i risultati positivi alla PET. Discussione . Conclusioni La 11C-Colina TC/PET si è dimostrata uno strumento utile nella detection delle recidive di carcinoma prostatico ormono-resistente in caso di elevato PSAdt. L’interruzione della terapia ormono-soppressiva avrebbe tuttavia potuto consentire il riscontro di ulteriori lesioni secondarie, specialmente in caso di neoplasie con cloni ormono -sensibili. L’interruzione della terapia ormonale prima di eseguire una PET potrebbe non essere utile in caso di elevato PSAdt o qualora non venisse presa in considerazione una terapia di salvataggio (radioterapia della pelvi o linfadenectomia retroperitoneale). 250 Scopo del lavoro Lo scopo dello studio è quello di verificare se i pazienti(pz) che proseguono l’assunzione di aspirina a basso dosaggio per malattie cardiovascolari (MC) durante una biopsia prostatica transrettale ecoguidata (BPT) aumentano il numero complicanze emorragiche rispetto a pz che l’hanno interrotta e/o sostituita con eparina a basso peso molecolare (EPBM). Materiali e metodi E’ stato condotto uno studio prospettico comparativo tra due gruppi per un totale di 175pz. Il Guppo A(GA):79pz a cui non è stato interrotto il trattamento con antiaggregante prima della BPT; Il Gruppo B(GB):86pz a cui è stato sospeso l’antiaggregante (5 giorni prima e 10 giorni dopo la BPT) e/o sostituendolo con EPBM. I pz furono selezionati in base PSA elevato, incremento PSA velocity e/o DRE sospetta. Tutti i pz ricevettero una profilassi antibiotica orale con levofloxacina ed amoxicillina/ac.clavulanico prima BPT e per i 4 giorni seguenti. L’intento fu quello di applicare a ciascun pz una BPT standard a 16 prelievi con utilizzo di ago 18G. L’analisi statistica è stata condotta utilizzando il test esatto di Fisher ed un valore Risultati Nel GA:l’età media dei pz: 61anni(range 52-73), il PSA: 6,1ng/ml(range 2,9-14,4), il volume prostatico: 53ml(range 28-75), numero di biopsie: 12,1(range 5-16); mentre nel GB: 63,5 anni(range 54-77), 5,8ng/ ml(range 3,1-12,7), 52,5(range 32-73), 13,1(range 6-16) rispettivamente. L’incidenza di ematuria 31/79(39%) nel GA rispetto a 17/86(19%) nel GB(p=0,022), l’emospermia 22/79(28%) e 19/86(22%) nel GA e GB rispettivamente. In contrasto l’incidenza di rettorragia era pressoché simile nel GA(43/79pz,54%) e nel GB(45/86pz,52%). Lo sviluppo di febbre dopo BPT è stata riscontrata per l’8%(7/79) e il 9%(8/86) nel GA e GB rispettivamente. Solo 2pz del GA e 3 del GB hanno richiesto un’ospedalizzazione, 1pz (GB) ha sviluppato urosepsi. Tutte le altre complicanze riscontrate si sono autolimitate fatta eccezione di 2pz(GA) dove è stata necessaria la cateterizzazione per episodio di ritenzione d’urina con emissione di coaguli. Discussione Anche se in molti centri è comune l’abitudine a sospendere l’aspirina sostituendola con EPBM prima di una BPT per ridurre al minimo le complicanze trombotiche cardiovascolari, vi è evidenza in letteratura che esiste un rischio aumentato di eventi cardiovascolari associato all’arresto di queste terapie sino al 10,2%(Burger W et al.2005). Nel nostro studio vi è una differenza statistica in termini di ematuria, ma non di sanguinamento rettale o emospermia, quasi sempre autolimitatisi. Sicuramente un limite dello studio è stato quello di non classificare i pz sessualmente attivi dopo la procedura. Conclusioni E’possibile continuare in maniera sicura la terapia con aspirina durante una BPT ed eventuali complicanze emorragiche sono gestibili ed autolimitate rispetto all’insorgere di eventi cardiovascolari; riteniamo pertanto che possa esser sospesa in pz che la assumono come trattamento profilattico per la MC o cerebrale. 251 P243 86° Congresso Nazionale SIU P244 86° Congresso Nazionale SIU ANALISI DEI COSTI DELL’ INTRODUZIONE DI UN TEST GENETICO (KLK3) NELLA DIAGNOSTICA DEL CARCINOMA PROSTATICO SPONDIN 2 - UNA PROTEINA DELLA MATRICE EXTRACELLULARE- è UN NUOVO MARCATORE DEL CARCINOMA PROSTATICO. T. Prayer Galetti, C. Zambon, D. Basso, S. Secco, M. Pelloso, M. Pebani, F. Zattoni (Padova, Padova) G. Lucarelli, M. Rutigliano, V. Galleggiante, A. Vavallo, C. Bettocchi, S. Palazzo, M. Matera, G. Di Cosmo, O. Colamonico, M. Ancona, M. Campagna, F. Selvaggi, P. Ditonno, M. Battaglia (Bari) Scopo del lavoro Valutare l’ impatto economico della caratterizzazione genotipica KLK3 dei pazienti con PSA > 4.0 ng/ml candidati a biopsia prostatica. Materiali e metodi Valutazione prospettica di campioni di siero raccolti da 1058 uomini sottoposti consecutivamente a biopsia prostatica (Bx) per t-PSA > 4.0 ng/ml e sospetto clinico di carcinoma prostatico (CP). Nei campioni sono stati dosati t-PSA, f-PSA, PSA-ratio, polimorfismo di KLK3 (rs2569733 – re2739448 – rs925013 – rs2735839). In 401 casi la Bx ha documentato un CP; in 657 la Bx è risultata negativa. La valutazione statistica di t-PSA, f/t-PSA e KLK3 è stata effettuata con analisi multivariata di regressione lineare e ROC curve. L’ analisi dei costi è basata sul tariffario procedure del Sistema Sanitario della Regione di appartenenza. Sono stati calcolati i costi x100000 casi delle analisi di laboratorio, delle Bx ed il risparmio economico ottenibile con l’ utilizzo del KLK3 per selezionare i Pazienti candidabili a Bx Risultati L’ analisi di KLK3 si correla al t-PSA. Nei pazienti con KLK3 sono stati identificati due valori di cutoff per t/fPSA: 11% e 14.5%. Nei pazienti con f/tPSA tra 11 e 14.5% la probabilità di avere una Bx positiva varia dal 30% al 47.4%. Questo gruppo di Pazienti rappresenta il 14% del totale dei 1058 Pazienti valutati. Il costi unitari sono risultati essere 14.45 € per il t-PSA, 26.05€ per il f/tPSA, 598€ per KLK3 e 1215€ per la Bx. I costi globali (: analisi + Bx) x100000 casi sono risultati 88 925 000€ utilizzando il solo t-PSA, 45 858 000€ utilizzando PSA + f/t-PSA al cutoff < 11%, 62 990 500€ utilizzando t-PSA + f/t-PSA al cutoff < 14.5%, 56 601 900€ utilizzando KLK3 nei pazienti con t-PSA > 4.0ng/ml e f/t-PSA 11-14.5% Discussione L’ introduzione di nuove tecnologie in sanità comporta un incremento dei costi che necessita di una giustificazione. La nostra analisi dimostra che l’ introduzione dello studio del polimorfismo KLK3 può portare, se correttamente utilizzato, ad una riduzione dei costi per Paziente migliorando l’ efficacia diagnostica. Considerando un valore di t-PSA >4.0 ng/ml come indicazione ad una Bx il costo globale di t-PSA + biopsia x100000 casi risulta 87 480 000€. Questo valore si riduce del 48.3% se si utilizza la PSA-ratio con un cutoff 4.0 ng/ml e valori di f/tPSA tra 11% e 14.5% comporta una riduzione dei costi del 36.4%. In questo sottogruppo di pazienti l’ utilizzo del KLK3 consente una migliore selezione dei candidati alla Bx riducendo le biopsie negative dal 45.8% al 39.3% con una potenziale riduzione di 12200 Bx x 100000 casi. Conclusioni Nella nostra esperienza l’identificazione di un sottogruppo di pazienti idonei al dosaggio del KLK3 (14% del totale) consente l’ introduzione di un test genetico che, nonostante i costi unitari elevati, fornisce utili informazioni cliniche migliorando l’ efficacia di t-PSA e f/t-PSA riducendo i costi globali 252 Scopo del lavoro Spondin 2 appartiene alla famiglia delle F-Spondin, una classe di proteine della matrice extracellulare che risultano deregolate in alcuni tumori. In questo studio prospettico, abbiamo valutato il ruolo di Spondin 2 come marcatore diagnostico per il carcinoma prostatico (CaP), ed abbiamo studiato l’associazione tra i livelli sierici di questa proteina e le caratteristiche clinico-patologiche dei pazienti con CaP. Inoltre è stata eseguita un’analisi comparativa sulla differente performance diagnostica di Spondin 2 rispetto ad altri tre marcatori: PSA totale,PSA libero e sarcosina sierica. Materiali e metodi Spondin 2 è stata dosata mediante metodica “sandwich-ELISA” nel siero di 354 pazienti sottoposti a biopsia prostatica per sospetta neoplasia (n=286 pazienti con diagnosi di CaP; n=68 soggetti con biopsia negativa per tumore). Inoltre al fine di studiare l’espressione e la localizzazione tissutale di Spondin 2, è stata eseguita un’analisi immunoistochimica su campioni di tessuto sano e patologico con differente Gleason score. L’analisi statistica è stata condotta con l’utilizzo di test non parametrici e mediante la costruzione di curve ROC (receiver operating characteristics). Risultati I livelli mediani di Spondin 2 sono risultati significativamente più elevati nella popolazione affetta da CaP rispetto ai controlli sani (77.5 versus 23.6 ng/ml; p< 7) presentavano livelli più elevati di questo marcatore rispetto ai soggetti con tumore di alto grado. Tali risultati sono confermati dal test di Spearman che evidenziava una correlazione negativa tra i livelli di Spondin 2 e il Gleason score (rs=-0.29;p=0.0005) e dall’analisi immunoistochimica. Alla regressione logistica, considerando l’età, il PSA totale e libero, la sarcosina sierica, Spondin 2, il volume prostatico e l’esplorazione rettale sospetta come variabili indipendenti, le uniche variabili presenti nel modello finale sono risultate essere Spondin 2 (O.R.=1.15;95% CI:1.08-1.22;p=0.0001) e PSA libero (O.R.=0.86;95% CI:0.80-0.93;p=0.0001). Discussione In questo studio prospettico è stato valutato il ruolo diagnostico di Spondin 2 in una popolazione di pazienti a rischio per carcinoma prostatico e sottoposti a biopsia. I livelli sierici di Spondin 2 risultano essere significativamente più elevati nei pazienti affetti da CaP rispetto ai soggetti sani. Inoltre i livelli di questo marcatore non presentano alcuna correlazione con l’età o con il volume prostatico. Conclusioni Spondin 2 rappresenta un nuovo biomarker per il carcinoma prostatico. Inoltre presenta una maggiore performance diagnostica rispetto al PSA totale, PSA libero e alla sarcosina sierica e tale maggiore accuratezza è conservata anche in una sottopopolazione di pazienti con valori normali di PSA. 253 P245 86° Congresso Nazionale SIU P246 86° Congresso Nazionale SIU IL CARCINOMA DELLA PROSTATA CON DIFFERENZIAZIONE NEUROENDOCRINA: RISULTATI DI UNA CONSENSUS ITALIANA INDICATION AND EXTENSION OF PELVIC LYMPH NODE DISSECTION DURING ROBOT-ASSISTED RADICAL PROSTATECTOMY. AN ANALYSIS OF 5 INSTITUTIONS. A. SCIARRA, A. BERUTTI, C. TERRONE, M. PAPOTTI, V. VAVASSORI (Roma) S. Nazareno, A. Haese, V. Ficarra, A. Govorov, N. Buffi, A. Cestari, J. Walz, B. Rocco, T. Steuber, M. Borghesi, A. Mottrie, G. Guazzoni, D. Pushkar, H. Van Der Poel, F. Montorsi, A. Briganti (Milan) Scopo del lavoro Raccogliere le opinioni di oncologi (O), urologi (U) e radioterapisti (R) relativamente ad alcune caratteristiche del carcinoma prostatico resistente alla castrazione (CRPC) e alla sua differenziazione neuroendocrina. Materiali e metodi Gli autori hanno sviluppato, secondo metodo Delfi, 19 statement da sottoporre ad un panel di specialisti che hanno espresso opinione, anonimamente, secondo una scala da 1= massimo disaccordo a 5=massimo accordo. Consensus positiva è stata definita quando le opinioni 3+4+5 erano > 66%; consensus negativa è stata dichiarata quando le opinioni 1+ 2 > 66%. Risultati Gli specialisti sono concordi nel considerare il CRPC come un gruppo eterogeneo di neoplasie da diversificare secondo caratteristiche prognostiche come progressione sierologica e distinzione fra casi metastatici sintomatici e non. Tendenza concorde, senza agreement, sulla necessità di trattare questi pazienti con sequenza terapeutica (ormonoterapia, chemioterapia) in base alla prognosi. Pareri in parte concordanti relativamente all’uso della cromogranina A (CgA) sierica, come possibile marcatore di una differenziazione e progressione neuroendocrina del tumore. Gli specialisti sono concordi sulla non utilità della CgA sierica in prima diagnosi e in caso di prolungato utilizzo della terapia di deprivazione androgenica. Incertezza espressa riguardo al suo impiego a scopo prognostico. Agreement è stato espresso per un possibile ruolo della CgA sierica nella decisione di cambiamento della terapia. Parziale agreement nel riconoscere che elevati livelli di CgA sono indice di malattia aggressiva e resistente all’ormonoterapia e di sensibilità agli analoghi della somatostatina. Consenso positivo fra tutti gli specialisti nell’indicare gli analoghi della somatostatina come una possibile terapia per i pazienti con CRPC e CgA sierica elevata o octreoscan positivo. Meno definito, ma con tendenza positiva, è il consenso nell’uso degli analoghi della somatostatina in pazienti con carcinoma prostatico ancora androgeno sensibile ma con elevati livelli di CgA sierica. Discussione In generale gli specialisti sono risultati concordi, ma non sempre con un totale consenso, relativamente agli aspetti relativi alla CgA sierica e possibili strategie terapeutiche nel CRPC. La CgA non viene considerata come un marcatore utile in prima diagnosi o in corso di prolungate terapie di deprivazione androgenica, tuttavia può fornire indicazioni sulla necessità di modificare la terapia medica di questi pazienti. In particolare il marcatore non viene associato alla necessità di iniziare una chemioterapia ma alla possibilità di associare od utilizzare un analogo della somatostatina. Aim of the study Several reports have shown that patients (pts) submitted to robotic-assisted radical prostatectomy (RARP) have a lower chance to undergo lymph node dissection (LND), irrespective of the characteristics of the disease. We evaluated rate and extension of LND in pts submitted to RARP Materials and methods We collected data of pts submitted to RARP in 5 institutions with complete pre-operative and pathological information regarding the occurrence of LND and the number of lymph nodes. Pts were stratified according to pre-operative risk group: : low (PSA < 10 ng/ml, clinical stage T1c and Gleason score 6 or less), high (PSA >20 ng/ml, clinical stage T3 or Gleason score 8-10) and intermediate (all the remaining). ANOVA and Chi-square analyses evaluated the rate and the extent of LND acrossdifferent institutions for each risk group of pts. Logistic regression analyses targeted the multivariable association between number of nodes removed and presence on nodal metastases. Results Complete data were available for 2985 pts from 5 institutions. Mean and median PSA value at diagnosis was 9.18 and 7.0 ng/ml, respectively. Clinical stage was T1, T2 and T3 in 60.8, 35.1 and 4.0% of pts, respectively. Biopsy Gleason sum was 2-6, 7 and 8-10 in 58.4, 32.9 and 8.8% of pts, respectively. Risk groups: low: 31.6%, intermediate: 52.4%, high: 16.0%. Overall, a LND was performed in 1777 pts (59.7%; 34.5% of low-risk, 65.0% of intermediate risk and 91.2% of high risk pts). These rates were different across institutions: 5.0-41.4% in low-risk (p<0.001). Discussion The rate of LND in RARP pts varies among institutions in low and intermediate risk pts. Conclusions In high risk pts, the attention to LND in similar in all the considered institutions. An effort towards a more rigorous standardization of LND is advocated Conclusioni L’utilizzo degli analoghi della somatostatina è maggiormente sostenuto da U e R rispetto agli O che esprimono parere positivo per pazienti CRPC e CgA sierica od octreoscan positivo e parere negativo nei pazienti con tumore ancora androgeno sensibile ma con CgA sierica elevata. 254 255 P247 86° Congresso Nazionale SIU PROSTATECTOMIA RADICALE ASSOCIATA A RADIOTERAPIA INTRAOPERATORIA (IORT) PER IL TUMORE PROSTATICO (PCA) AD ALTO RISCHIO: RISULTATI DI UNA SERIE PROSPETTICA A 7 ANNI G. MARCHIORO, M. KRENGLI, A. MAURIZI, A. DI DOMENICO, P. DE ANGELIS, G. BONDONNO, F. REGIS, A. VOLPE, R. TARABUZZI, S. ZARAMELLA, D. BELDI’, G. APICELLA, B. FREA, C. TERRONE (Novara) Scopo del lavoro La IORT è una tecnica in grado di fornire alte dosi di radiazioni durante il trattamento chirurgico. Riportiamo i nostri risultati funzionali ed oncologici, la morbilità e la tossicità per il PCa ad alto rischio. Materiali e metodi Dal 2005, 85 pazienti (pz) con PCa sono stati sottoposti a prostatectomia radicale (RP) e IORT, di questi, 80 pz presentano un follow-up (FU) di almeno 12 mesi. Criteri di inclusione: età ≤ 75 anni, stadio clinico T3-T4, N0-1, M0, probabilità di malattia extracapsulare >25% (Kattan di nomogrammi), nessuna malattia infiammatoria intestinale. Durante l’intervento chirurgico la prostata viene esposta dopo dissezione di fascia endopelvica e dei legamenti pubo-prostatico. Si misura ecograficamente la distanza tra prostata e retto utilizzando un collimatore dell’acceleratore lineare (Mobetron, Intraop, California, USA) con diametro medio di 5,5 cm (range 4,5-7) e un angolo di 15-30 °. Si procede quindi alla fase di irradiazione con somministrazione di 10-12 Gy con 9-12 MeV, prescritta alla isodose del 90%. Il volume trattato comprende prostata, vescicole seminali e area periprostatica. Si completa quindi la RP con linfadenectomia estesa. La RT post operatoria è stata somministrata a 3 mesi per 65 pz con Box Tecnique (Foton X 6-15 MV) e dose di 50 Gy, 2 Gy / giorno. La terapia ormonale (HT) è stato prescritta nei pazienti N1 e con stadio patologico pT3 e pT4. L’analisi della sopravvivenza è stata condotta con il metodo di Kaplan-Meier. Risultati Follow-up medio: 48,3 mesi (12-88); età media: 67 anni (52-75); valore di PSA mediano 18,1 ng / ml (IQR 7.6-33.1, min-max 2.0-67.5). Il valore del Gleason Score bioptico è stato ≥ 8 nel 70% dei pz; lo stadio clinico ≥ T3 nel 76% dei pz. Il 12% dei pz ha ricevuto HT neoadiuvante. Stadio patologico: T2 31%; T3a 19%; T3b 46%; T4 5%. Linfonodi positivi sono stati riscontrati in 19 pz (27,1%) e margini chirurgici positivi (PSM) in 46 pz (57,5%). Abbiamo osservato complicanze chirurgiche in 15 pz (19%): 7 linfoceli (8%), 3 ematomi pelvici (3%), 3 stenosi dell’anastomosi (4%), 1 fistola urinosa (1,2%). La degenza media è stata di 5 giorni (4-8). Hanno concluso il trattamento con un FU di 12 mesi e con tossicità rettale e urinaria bassa (G0-G3) (tabella 1), 55 pz. All’ultimo FU 74 pz sono vivi, 6 pz deceduti, di cui 2 per causa non cancro-specifica. La sopravvivenza cancro specifica è del 90% a 10 anni. Discussione I principali limiti dello studio sono rappresentati dall’utilizzo di HT neoadiuvante e dal breve FU per valutare i risultati oncologici. Conclusioni La IORT in corso di RP, rappresenta una procedura sicura, con tempi operatori accettabili, bassa percentuale di complicanze e tossicità. Sono necessari casistica e FU maggiori per confermare i risultati oncologici e valutare la tossicità a lungo termine. 256 P248 86° Congresso Nazionale SIU ASSOCIATION BETWEEN TIME TO BIOCHEMICAL RECURRENCE AND CANCER SPECIFIC AND OTHER CAUSE MORTALITY IN MEN WITH HIGH RISK PROSTATE CANCER TREATED WITH RADICAL PROSTATECTOMY WITHOUT ADJUVANT TREATMENTS. A MULTI-INSTITUTIONAL ANALYSIS D. Di Trapani, M. Bianchi, J. Karnes, S. Joniau, M. Spahn, P. Gontero, F. Chun, J. Hansen, G. Marchioro, F. Abdollah, B. Tombal, U. Capitanio, P. Bastian, H. Van Der Poel, H. Van Poppel, R. Sanchez-Sala, F. Montorsi, A. Briganti (Milano) Aim of the study Time to biochemical recurrence (BCR) represents a significant predictor of mortality after radical prostatectomy (RP). However, the exact patterns of recurrences associated with higher risk of dying from either prostate cancer (PCa) or other causes are unknown Materials and methods We evaluated data of 5878 patients treated with RP at 13 tertiary care centers for high risk PCa defined according to the NCCN criteria (PSA>20 ng/ml or cT3 or higher or biopsy Gleason sum 8-10). Only patients who experienced BCR after RP and did not receive any adjuvant therapy were included. This resulted in a cohort of 1858 (31.6%) men. We estimated the CSM and OCM free survival probabilities using the KaplanMeier method. Relying on cumulative survival estimates, conditional CSM and OCM rates were derived according to time of BCR after RP. Finally, multivariable (MVA) Cox regression analyses were performed for prediction of cancer specific (CSM) and other cause mortality (OCM) after accouting for confounders including time to BCR Results Overall, 707 (54%), 160 (12.4%), 144 (11.2%), and 277 (21.5%) patients experienced BCR during the first 2 years, in the 3rd, 4th, and after the 4th year post-RP, respectively. Mean follow up time after BCR was 102 months (median 92 months). Overall, 179 (13.9%) and 246 (19.1%) patients succumbed to CSM and OCM, respectively. After patient stratification according to time of BCR, men who experienced early BCR (within the first 2 years) were more likely to succumb to CSM compared to patients who experienced delayed BCR (p≤0.001). Amongst individuals who experienced BCR within the first 2 years, during the 3rd year, and during the 4th year after RP, the probability to survive free from CSM for additional five years significantly increased, being 79.8%, 87.3%, and 89%, respectively. At MVA predicting CSM, patients who experienced BCR during or after the 4th year were less likely to succumb to CSM (HR 0.55 and 0.68; all p≤0.04). When OCM was the MVA endpoint, patients who experienced BCR after 4 years were significantly more likely to experience OCM Discussion The probability of CSM and OCM of high risk PCa patients experiencing BCR is highly variable according to the time to BCR. Conclusions While patients who develop BCR early after surgery are more likely to succumb to CSM, in men recurring during or after the fourth year after RP, OCM represents the predominant cause of death. This should be taken into account in patient selection for appropriate salvage therapy 257 P249 86° Congresso Nazionale SIU P250 86° Congresso Nazionale SIU CANCER SPECIFIC MORTALITY AFTER SYSTEMIC PROGRESSION IN HIGH RISK PROSTATE CANCER PATIENTS TREATED WITH RADICAL PROSTATECTOMY: NEED FOR PATIENT STRATIFICATION. SURVIVAL FOLLOWING BIOCHEMICAL RECURRENCE AFTER RADICAL PROSTATECTOMY AND ADJUVANT RADIOTHERAPY: THE IMPACT OF COMPETING RISKS OF MORTALITY AND PATIENT STRATIFICATION M. Bianchi, S. Joniau, M. Spahn, P. Gontero, F. Chun, J. Hansen, U. Capitanio, G. Marchioro, B. Tombal, F. Abdollah, P. Bastian, H. Van Der Poel, R. Sanchez-Salas, H. Van Poppel, J. Karnes, F. Montorsi, A. Briganti (Milano) G. Gandaglia, F. Abdollah, S. Boorjian, J. Karnes, A. Gallina, C. Cozzarini, N. Di Muzio, U. Capitanio, M. Bianchi, N. Suardi, G. Guazzoni, F. Montorsi, A. Briganti (Milan) Aim of the study Several studies have shown that radical prostatectomy (RP) can achieve excellent survival outcomes in men with high risk prostate cancer (PCa). However, a certain proportion of patients (pts) will recur after RP. Although previous studies addressed the pattern of biochemical recurrence in this patient group, few data exist on the association between systemic progression (SP) and death from PCa. To address this void, we evaluated survival in men with SP according to pts characteristics Materials and methods We evaluated 5878 pts who underwent RP at 13 tertiary care centers for high risk PCa defined as the presence of either PSA>20 ng/ml, cT3 or higher or biopsy Gleason score 8-10. Data on clinical progression was available for 4888 (83.1%) pts. Only pts who experienced SP were included (n=171). We estimated cancer specific survival (CSS) using the Kaplan-Meier method in the overall population and according to the time from RP to SP. Analyses were repeated for pts with early SP (within 36 months after RP) after stratification according to disease characteristics (nodal status [LNI], Gleason score [GS], and surgical margins [SM] at RP). Uni- (UVA) and multivariable (MVA) Cox regression analyses predicted CSS. Covariates consisted of age, pathological stage, SM status, and pathological GS Results Overall, 69 (40.4%) pts died from PCa. Mean time from SP to PCa death was 70 months (median 44). Overall, 112 (65.5%), 66(38.6%), and 97 (57.7%) had positive SM, LNI, and GS 8-10 at RP, respectively. The overall 3 and 5 years CSS rates were 55.0 and 36.8%. Roughly half of the pts (n=95; 55.6%) had SP within the first 36 months after RP. In pts who experienced SP during the 1st, 2nd, and 3rd year after RP, CSS rates at 5 years after SP were 19.0, 24.7, and 45.0%, respectively. Within pts with early SP, the 5 years CSS rates were 54.0 and 19.2% in pts with negative and positive nodes at RP, respectively (p=0.006). The 5 year CSS rates were 51.8 vs. 24.8% for pts with GS ≤7 and GS ≥8, and 61.5 vs 30.7% for pts with negative and positive SM, respectively (all p≥0.1). At MVA, LNI was the only significant predictor of CSS. Specifically, LNI pts had a shorter CSS than pts with node negative disease (HR: 2.2; p = 0.003) Discussion Although SP can be considered a proxy of CSS, patients with SP after RP for high risk PCa present an heterogenous patient group. Conclusions Early progression in men with LNI at RP is associated with worse survival rates (19% at 5 year after SP). These patients should be considered candidate for clinical trials 258 Aim of the study Data regarding the natural history of biochemical recurrence (BCR) after radical prostatectomy (RP) and adjuvant radiotherapy (aRT) are limited. Such information would be valuable for patient counseling, since not all men with BCR even after such a multimodal approach will ultimately die from prostate cancer (PCa). To address this void, we evaluated cancer-specific (CSM) and other-cause mortality (OCM) in PCa patients with BCR after RP and aRT. Materials and methods We identified 336 patients with BCR after RP plus aRT treated between 1990 and 2006 at two tertiary care centers. Univariable and multivariable Cox regression analyses tested the association between clinicopathologicvariables and CSM rates. Independent predictors of CSM were then used to develop a novel risk score based on the cumulative number of risk factors. Patients were stratified into groups according to risk score and age categories. Competing-risks survival analyses were used to estimate CSM and OCM in each group. Results Median age at RP was 65.0 years (mean: 64.2, range: 43.0-77.0), while the median follow-up after surgery and aRTwas 9.6 yearsTen-year CSM and OCM rates were 21.5 and 21.7%, respectively.On multivariable analyses, only time to BCR ≤3 years after aRT, pathological Gleason score ≥8, and positive lymph node count >2 at RP were independently associated with a higher CSM rate (all p ≤0.04). The cumulative number of these characteristics was used to develop a novel risk score, which was 0, 1, and ≥2 in 37%, 44%, and 19% of patients. The corresponding 10-year CSM rate in these groups was 3%, 17% and 55%,respectively, for patients aged ≤68 years, vs. 11%, 22% and 44% for patients aged >68 years. The corresponding 10year OCM rate was 20%, 15% and 6%, respectivelyfor patients aged ≤68 years vs. 32%, 29% and 22%, respectively for patients aged >68 years. Discussion Patients with BCR after RRP and ART have a heterogeneous natural history. We identified time to BCR ≤3 years, pathological Gleason score ≥8, and positive lymph node count >2 as risk factors for CSM in this cohort. Conclusions As such, these men may benefit from additional secondary therapies, ideally in a clinical trial setting, while patients with none of these features are more likely to experience OCM than death from PCa. 259 P251 86° Congresso Nazionale SIU PATTERNS OF BIOCHEMICAL RECURRENCE OF HIGH RISK PROSTATE CANCER TREATED BY RADICAL PROSTATECTOMY ALONE. RESULTS OF CONDITIONAL SURVIVAL ANALYSES N. Passoni, M. Bianchi, J. Karnes, S. Joniau, M. Spahn, P. Gontero, F. Chun, J. Hansen, G. Marchioro, U. Capitanio, F. Abdolah, B. Tombal, P. Bastian, H. Van Der Poel, R. Sanchez-Salas, H. Van Poppel, F. Montorsi, A. Briganti (Milano) Aim of the study In several malignancies, the risk of recurrence is often highest during the initial years of follow-up and it decreases proportionally with increasing years without recurrence. This effect, otherwise known as conditional survival (CS), has never been tested in the context of high risk prostate cancer (PCa). To address this void, we evaluated the patterns of long-term biochemical recurrence (BCR) of high risk PCa patients treated with radical prostatectomy (RP) according to the time from surgery without cancer recurrence. Materials and methods The study included 2706 patients treated at 8 tertiary referral centers for high risk PCa defined according to NCCN categories (PSA>20 ng/ml or cT3 or higher or biopsy Gleason score 8-10). BCR was defined as a post-operative PSA > 0.2 ng/ml and raising. No patient received any adjuvant therapy. We estimated BCR free survival using the Kaplan-Meier method. Cumulative survival estimates were used to generate conditional BCR rates assessed at a 5-year interval. The same analyses were repeated according to different PCa features. Finally, multivariable Cox regression analyses were performed for time specific prediction of BCR according to the number of risk factors (namely 1 vs 2-3). Covariates consisted of patient age and year of surgery. Results Overall, 1195 (44.2%) patients experienced BCR after RRP. The mean follow-up time was 111 months (median 63 months). Overall, 5,8 and 10 year BCR free survival rates were 51.4, 42.5 and 38.5%, respectively. Immediately following surgery, the 5-year BCR-free survival rate was 51.2%. Among individuals who survived without BCR ≥1, ≥2, ≥3, ≥4, and ≥5 years following RRP, the probability to survive additional five years without BCR was 58.7, 63.0, 67.3, 70.9, and 74.7%,respectively. Interestingly, conditional BCRfree rates continued to be lower in patients with more aggressive PCa. Specifically, patients with 1 risk factor who remained BCR-free after 5 and 10 years from RP had a subsequent 5 BCR-free rate of 79 and 92%, respectively vs. 73 and 82% in patients with 2-3 risk factors. These results were confirmed at multivariable analyses, where patients with 2-3 risk factors had a 1.7-, 1.4-, and 1.3-fold higher BCR rate as compared to patients with 1 risk factor, after 0, 5, and 10 postoperative BCR-free years (all p<0.001). Discussion These results should be taken into account when planning follow-up schedules of patients with high risk PCa. P252 86° Congresso Nazionale SIU PREDICTORS OF EARLY BIOCHEMICAL RECURRENCE AFTER RADICAL PROSTATECTOMY AND ADJUVANT RADIOTHERAPY IN MEN WITH PT3N0 PROSTATE CANCER. IMPLICATIONS FOR MULTIMODAL THERAPIES P. Dell’Oglio, M. Bianchi, T. Wiegel, S. Joniau, F. Abdollah, M. Tutolo, C. Cozzarini, B. Tombal, K. Haustermans, N. Di Muzio, H. Van Poppel, F. Montorsi, A. Briganti (Milano) Aim of the study Not all men with biochemical recurrence (BCR) after radical prostatectomy (RP) and adjuvant radiotherapy (aRT) will die from prostate cancer (PCa). Men who are more likely to experience clinical progression and death from PCa are those who recur early after local treatment. The We aimed at evaluating predictors of early BCR (eBCR) after RP and aRT. This analysis would help in identifying men in whom addition of systemic treatment might be useful. Materials and methods The study included 390 patients who received RP and aRT for pT3N0 PCa at six tertiary care centers between 1993 and 2006. Patients who were free of BCR but had a follow-up shorter than 2 years (n=14) were excluded. This resulted in 374 assessable patients. All men had undetectable PSA after surgery ( Results Overall, 100 patients (26.6%) experienced BCR after ART. Of these, 33 patients (33%) experienced BCR within 24 months after aRT. Mean radiotherapy dose was 65.0 Gy (median 66.6 Gy, range 59-74 Gy). Patients who experienced eBCR had higher pathological GS and tumor stage as compared to patients without eBCR (GS 8-10: 29.0% vs. 10.2%; pT3b: 48.4% vs. 30.3%; all p≤0.01). Conversely, non statistically significant differences were identified when surgical margins, pre-operative PSA values and radiotherapy dose were compared (all p ≥0.1). At UVA Cox regression analyses, pathological Gleason score and tumor stage were statistically significantly associated with eBCR after ART (all p ≤ 0.04). At MVA, only pathological GS remained an independent predictor of eBCR after ART (p=0.005). Specifically, patients with pathological Gleason score 8-10 had a 6.8-fold higher risk of experiencing eBCR as compared to patients with Gleason score 6, respectively (all p=0.005). Discussion Pathological Gleason score 8-10 should be considered the most important predictor of eBCR after RP and aRT in patients with pT3,N0 PCa. Conclusions In order to increase efficacy of combined treatments, use of adjuvant medical therapy might be indicated in patients pT3N0 prostate cancer with pathological Gleason score 8-10. Conclusions Patients with aggressive tumor characteristics continue to have less favorable BCR rates even after a long period without BCR post RP. 260 261 P253 86° Congresso Nazionale SIU DEVELOPMENT AND INTERNAL VALIDATION OF A NOMOGRAM PREDICTING BIOCHEMICAL RECURRENCE AFTER EARLY SALVAGE RADIOTHERAPY IN PROSTATE CANCER PATIENTS TREATED WITH RADICAL PROSTATECTOMY R. Matloob, M. Bianchi, S. Joniau, C. Cozzarini, B. Tombal, K. Haustermans, W. Hinkelbein, N. Di Muzio, N. Suardi, H. Van Poppel, T. Wiegel, F. Montorsi, A. Briganti (Milano) Aim of the study Previous studies have shown that the efficacy of salvage radiotherapy (SRT) in men with biochemical recurrence (BCR) after radical prostatectomy (RP) is strongly related to PSA value at SRT. Contemporary guidelines suggest that SRT,when indicated, should be given at a PSA≤0.5 ng/ml (early SRT - eSRT). Such approach might be comparable in terms of cancer control to adjuvant RT while significantly reducing the number of patients exposed to RT. However,there is no available model for the prediction of BCR after eSRT. We developed and internally validated a model predicting BCR in patients treated with eSRT after RP for PCa Materials and methods The study included 342 patients who received eSRT for BCR after RP at 6 European tertiary care centers between 1993 and 2006. Early SRT was defined as a salvage treatment given at a PSA≤0.5 ng/ml. All patients had pT3, pN0, +/- positive surgical margins (SM). BCR after RP and eSRT was defined as two consecutive PSA values≥ 0.2 ng/mL. No patient received adjuvant hormonal therapy. Radiotherapy consisted of a local radiation delivered to the prostate and seminal vesicle bed alone. Univariable (UVA) and multivariable (MVA) Cox regression models predicting BCR after eSRT were fitted. Predictors consisted of PSA at eSRT, time from RP to BCR, SM status, pT stage, radiotherapy dose and pathological Gleason score (6 vs. 7 vs. 8 or more). Regression-based coefficients were then used to develop a nomogram predicting BCR at 5 years after eSRT. The accuracy of the nomogram was quantified with the Harrel′s concordance index and the calibration plot method. Two hundred bootstrap resamples were used for internal validation. Results Mean follow-up was 81 months (median 68 months). Mean RT dose was 68 Gy (median 66.6 Gy,range:60-75.6 Gy). BCR-free survival rates at 2, 5 and 8 years after eSRT were 78.4,61.5 and 56.8%, respectively. At univariable Cox regression analyses, pathological Gleason sum, PSA at eSRT and SM status were indipendent predictors of BCR after eSRT (all p ≤ 0.005). The results were confirmed at MVA where all mentioned predictors, including PSA at eSRT, were significantly associated with BCR after eSRT (all p ≤ 0.004). The coefficient-based nomogram demonstrated a bootstrap-corrected predictive accuracy of 74.7%. Discussion More than half of patients treated with eSRT for BCR after surgery had undetectable PSA at 5 years. We report the first nomogram predicting BCR in these patients. Conclusions Our model might be used to assess the impact of eSRT according to each individual characteristics 262 P254 86° Congresso Nazionale SIU EFFICACY AND INDICATION OF HORMONAL TREATMENT FOR PATIENTS WITH PROSTATE CANCER: AN ITALIAN CONSENSUS BY DELPHI METHODOLOGY C. TERRONE, A. BERUTTI, M. PAPOTTI, A. SCIARRA, V. VAVASSORI (Novara) Aim of the study The androgen deprivation therapy (ADT) is a common treatment for prostate cancer (PC). However, some controversies still exist on this issue. We adopted the Delphi method in order to investigate this topic with a panel of Urologists, oncologists and radiation oncologists. Materials and methods The Advisory Board (the authors) developed 19 groups of statements that were presented to the panelists. The topics under investigations were the following: 1) ADT in patients (pts.) with PC, 2) castration-resistant PC (CRPC) definition and treatment variables, 3) CRPC management, 4) PC with neuroendocrine phenotype. The first topic is the object of this report. A high number of participants (244) was involved: 210 participants completed the 1st statements-list and 123 completed the 2nd statements-list. Respondents had to indicate the extent to which they agree or disagree with the items by marking one of the responses ranging from “1=strongly disagree” to “5=strongly agree”. The disagreement consensus was declared when >66% of answers were 1+2, whilst the agreement consensus was declared when >66% of answers were 3+4+5. If a consensus was not achieved, the question was deemed to have no agreement. Results All specialists agreed that a candidate for ADT is a pt. with M+PC or with locally advanced PC or with biochemical relapse after primary treatment or with risk factors for PSA recurrence after primary treatment. However an agreement consensus about the efficacy of ADT in high risk pts. was attained among the radiation oncologists only. In pts. with M+PC, the panel did not achieve a consensus on the curative effect of ADT but agreed that ADT is not only a palliative therapy since it is efficacious in delaying progression, preventing complications and prolonging survival. There was an agreement consensus on reduction of both the risk of progression and complications by immediate ADT. Urologists and Oncologists agreed that CAB has a limited advantage compared to androgen suppression. There was no consensus about the use of nonsteroidal antiandrogens monotherapy in pts. with M0PC. Following the current guidelines, Urologists and Oncologists agreed that is recommended to continue ADT in CRPC pts. although the whole panel concluded that is not clear the role of ADT in this setting. A consensus was achieved about the importance of monitoring serum testosterone during ADT. Urologists and Oncologists agreed that the best cutoff to define the castration level of testosterone is below 20 ng/dL. Discussion A consensus was achieved for 17 on 27 items (63%). Urologists generally agreed with oncologists and radiations oncologists except for 7 and 4 items, respectively. The opinions of the panel substantially adhered with the EAU guidelines on PC although several discordance existed. Conclusions The results of this study show that ADT for PC still have several controversial areas. All specialists involved are often in agreement with each other but their views are not always consistent with international guidelines. 263