Pubblicazione marzo 2015

Transcript

Pubblicazione marzo 2015
Numero 3
AGORÀ
Marzo 2015
Carissimi lettori,
nel 70esimo anniversario dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz ricordare è uno strumento più che mai
importante per valicare i confini dell’ignoranza e del pregiudizio. Le teorie del complotto, l’angoscia e la paura di cui i media si fanno primi portatori non devono allontanare le nostre menti dal puro ricordo di avvenimenti terribili, affinché questi restino parte del passato. La strage degli Armeni, l’attentato alle Torri Gemelle, la strage di Bologna, i bombardamenti nucleari, la Shoah, le persecuzioni cristiane, gli attacchi
dell’ISIS, tutti gli abominevoli errori dell’uomo non diventino fonte di paura ma, specialmente per noi ragazzi, scintilla di cambiamento, di tolleranza, di apertura, e infine di speranza. Terrorismo è “l’uso di violenza
illegittima finalizzata a incutere terrore”. Non lasciamoci sopraffare dal terrore, che ci chiude e continua ad
alzare barriere. Costruiamo ponti, piuttosto, su questa paura. “Je suis Charlie” non resti un Hashtag, una
moda, un selfie di gruppo, diventi invece il motto di un pensiero puro, fondato non sulla condivisione di
un’idea, di una vignetta, di un giornale, ma sul diritto di esprimere, disegnare, scrivere e semplicemente pensare. Siate Charlie non in rete, ma nel quotidiano. Non nella foto, con la matita in mano e il sorriso in volto, ma nella continua condanna della violenza fisica, psicologica e verbale verso chi, come voi, ha il diritto di
dire la sua. Siate Charlie in ogni piccola cosa, nelle vostre scelte, con le vostre parole. Siate Charlie, con rispetto, sempre!
Francesco Palma e Silvia Della Penna
La redazione dell’agorà si è intrufolata negli uffici dei primi due cittadini di Anzio e Nettuno. Dopo i convenevoli i due sindaci hanno risposto
alle nostre domande con gentilezza
e cordialità. Cosa avranno riposto i
due sindaci alla nostra intervista
doppia?
Pagina 8-9
Chi ha detto che un cittadino non può arricchire un progetto di legge?
Il progetto in questione
è il “buona scuola”. Le
nostre due redattrici
hanno scoperto come
da semplici cittadini si
può passare a politici.
Il pomeriggio del 16 Gennaio 2015 il Chris Capell
College ha aperto le sue
porte per tutti i cittadini.
Prendendo parte a “la notte bianca de liceo classico”. L’agorà c’era, in queste pagine vi ha raccontato
tutto.
Pagina 7
Pagina 10
1
R E DA Z I O N E
AGORÀ
SOMMARIO:
COMITATO DI REDAZIONE
Silvia Della Penna (caporedattore)
Francesco Palma (caporedattore)
Sofia Caramaschi (impaginazione)
IV D
IV D
III D
REDATTORI-TUTOR
Samantha Musolino
Giorgio Cerroni
Lydia Kolaparambil
IV C
IV C
IV C
TUTOR
Prof.ssa Francesca Tornatore
IN REDAZIONE
Lucia Greco
Chiara Russo
Marco Garzia
Alessandro Lo Rillo
Giulia Roncari
Margherita Pucillo
Marco Macciocca
Sofia Caramaschi
Emanuele Amati
II C
II C
II C
II C
III C
III C
III D
III D
IM
2
Goalbusters
3
Il futuro nelle nostre mani
4
Taj Mahal
4
Premi del 2015
5
Charlie Hebdo
6
La buona scuola
7
Non dimentichiamo
7
Intervista ai sindaci
8-9
Foto sindaci
10
Paradiso sul mare
11
Più sicurezza
11
Notte bianca
12
Tutorato fra pari
12
Il muro del dolore
13-14
Still Alice
15
Il ragazzo invisibile
15
Per non dimenticare
16
“Goalbusters”: a caccia di gol fantasma
“Errare humanum est, perseverare autem diabolicum”,
disse Sant’Agostino, ma si dimenticò di aggiungere
“soprattutto nel calcio”. Nello sport più seguito dagli
italiani, infatti, sta aumentando sempre di più il numero di situazioni dubbie, che, anche a causa
dell’effetto devastante dei commenti senza fondamento della rete, spesso destano polemiche totalmente inutili. A partire dalla fase a gironi della UEFA
Europa League 2009-2010, alla terna arbitrale e al
quarto uomo è stata aggiunta una coppia di giudici di
porta, responsabile principalmente di controllare visivamente se il pallone oltrepassi totalmente la linea di
porta. Purtroppo, benché la quaterna arbitrale sia diventata una cinquina, spesso e volentieri gli arbitri
non riescono a far tombola nel giudicare alcuni interventi nella partita, anche a causa della mancata e
discordante comunicazione tra di loro. Ovviamente la soluzione più immediata sarebbe introdurre la
tecnologia in campo, la cosiddetta “moviola”, ma, a causa del suo alto costo (le tecnologie costano dai
150.000 ai 250.000 dollari per ogni stadio; la Goal Ref ha più o meno un costo fisso mentre l’Occhio di
falco dipende dalla struttura dello stadio per trovare i punti giusti dove inserire le telecamere) e il parere contrario da parte dei presidenti di UEFA, FIFA e FIGC (no, non razze aliene, in breve sono la federazione europea, quella internazionale e quella italiana), momentaneamente non può essere introdotta in
tutti i tornei.
Nel caso in cui la tecnologia in campo venisse approvata, ogni federazione potrà decidere se adottare
uno, entrambi o nessuno, tra il sistema del GoalRef e dell’Occhio di Falco (Hawk-Eye). Il primo, meno
noto, ma più invocato, si basa sui campi magnetici e sul pallone a strisce magnetiche (il famoso “chip”).
Quando il pallone varca la linea di porta, interrompe le onde e manda, attraverso un computer, un segnale all'arbitro in meno di un secondo. La parte più difficile resterebbe la realizzazione dei palloni e,
quindi, la riduzione dei costi. L’Hawk-Eye si basa su un sistema di fotocellule che permette di rilevare
con esattezza i movimenti del pallone. È già utilizzato in altri sport, per esempio nel tennis, dove ha totalizzato una media errore di 3,6 millimetri. Nel calcio l’Occhio di Falco prevedrebbe l’impiego per ogni
porta di sette fotocamere ad alta definizione e un computer destinato ad elaborare le informazioni (200
immagini al secondo). Il computer è in grado di comunicare all’arbitro, in tempo reale, il risultato della
misurazione. Con questo tipo di tecnologia, però, rimane il problema di eventuali giocatori che, durante
l’azione di gioco, potrebbero posizionarsi davanti alle telecamere, e a giochi d’ombra, impedendo le riprese.
Una volta approvate entrambe, rimane un altro problema: dove si potrebbe mettere la moviola? La risposta più plausibile sarebbe a bordo campo, però, forse, per questo non sembriamo ancora pronti:
pensate a cosa succederebbe durante un instant replay a bordo campo: tutti i giocatori delle due squadre attorno all’arbitro, per non parlare di cosa “pioverebbe” dagli spalti (magari se la “chiamata” è stata
contraria alla squadra di casa). Spostare tutto in una cabina di regia esterna allo stadio risolverebbe
questo problema, ma lascerebbe la decisione in mano ad altri. La via di mezzo, proverbialmente, è quella più giusta: una stanza in prossimità del campo ma isolata, dove magari proprio un ex arbitro (che può
avere una sensibilità diversa da un tecnico) visiona le immagini che arrivano in diretta dalle telecamere
che tengono monitorato il terreno di gioco, in maniera da poter anche ovviare al problema dei tempi:
spesso il replay risolutivo arriva dopo parecchi minuti. È chiaro che, con la moviola, bisognerebbe sicuramente rivedere il ruolo degli arbitri addizionali: loro, più del quarto uomo, perderebbero parte dei motivi per essere vicino alla porta.
Morale della favola? Per ora i gol fantasma rimarranno tali, o meglio, sotto il controllo “umano” degli
arbitri, aspettando il giorno in cui approveranno a titolo definitivo la moviola (e chissà, anche e soprattutto per rivedere le azioni belle: chi ha detto che bisogna rivedere alla nausea solo quelle dubbie?), e
ricordando sempre che “errare humanum est, perseverare autem diabolicum”, ma ammettere umilmente i propri errori è il più grande e vero atto di umanità che potremmo mai fare.
Margherita Pucillo III C
3
Il futuro è nelle nostre mani
Il futuro è nelle nostre mani ma nel vero senso della parola.
Nell’ultima edizione del TEDGlobal ha partecipato anche il
team del chimico inglese Lee Cronin che sta lavorando su
una stampante 3D che, invece di oggetti, è in grado di stampare molecole. Una potenziale applicazione a lungo termine
emozionante: la stampa del proprio farmaco con inchiostri
chimici. Lo stesso Cronin è stato molto chiaro dicendo: “Se
possiamo incorporare delle reti chimiche e biologiche in un
motore di ricerca, se avete bisogno di curare una cellula malata o se volete uccidere un batterio, se si dispone di un tale dispositivo e allo stesso tempo impostate la
chimica, potreste creare medicinali in un modo nuovo.” Certo, per realizzare tutto questo servono software, hardware e inchiostri chimici, ma la cosa veramente eccezionale è di possedere una vasta gamma di inchiostri chimici da inserire nella stampante, dopodichè basterà scaricare dalla rete il prototipo di
quella molecola e crearla sul vostro dispositivo”. Poi riprende ancora spiegando come in sostanza
nell’immediato futuro sarà molto semplice poter “stampare” le nostre medicine, anche se il progetto non
è ancora stato sviluppato completamente poiché tutti i medicinali, per essere inseriti nel software, vanno
studiati e osservati nel momento della fabbricazione; se il team riesce a fabbricarli dopo averli scoperti
allora possono essere distribuiti ovunque senza più prendere la macchina e arrivare in farmacia. Lee
Cronin conclude con queste parole il suo disocrso: “Forse, per me, la parte più importante per il futuro è
l’idea che potrete creare le vostre cellule staminali, con i vostri geni e nel vostro ambiente, e stampare le
vostre medicine personali. E se ciò non vi sembra abbastanza fantasioso, dove pensate che potremmo
arrivare ? Beh magari al generatore personale di materia o al teletrasporto...” Termina così il discorso
del dottor L. Cronin che ha spiegato come il futuro può veramente cambiare le nostre abitudini in tutti i
suoi ambiti.
Marco Macciocca IIID
Taj Mahal
“Una lacrima di marmo poggiata sulla guancia del tempo” Rabindranath Tagore
Il Taj Mahal è un palazzo monumentale considerato una delle
meraviglie del mondo. Letteralmente significa “palazzo della
corona”, situato sulle rive del fiume Yumana ad Agra, in India,
ha una storia veramente particolare ed affascinante. La leggenda racconta che l’imperatore Shah Jahan amasse sua moglie
Mumtaz Mahal alla follia ma, sfortunatamente, dando alla luce
il loro quattordicesimo figlio, la bellissima donna morì. La sposa, in precedenza, avendo paura di morire prima del marito, gli
fece fare quattro promesse: gli chiese di sposare un’altra donna, in modo che i figli avrebbero potuto vivere con una madre
che si occupasse di loro; di essere sempre buono e comprensivo con tutti i loro figli; di costruire un palazzo in suo onore e infine di visitare quest’ultimo ogni anno nel giorno della sua morte. L’imperatore rispettò la promessa e dopo due anni di lutto fece finalmente erigere la meravigliosa struttura con marmi, pietre e metalli preziosi
(ben ventotto varietà differenti) provenienti da tutto il mondo, la struttura venne completata dopo ventidue anni. Si dice, inoltre, che lo stupendo palazzo rispecchi i diversi stati d’animo della donna: le sue
mura cambiano colore a seconda della luce del sole e della luna da cui viene illuminato, passando dal
bianco a sfumature rosate e dorate. Lo stupefacente palazzo, però, dietro la sua storia che rappresenta
l’amore eterno, nasconde qualcosa di sconvolgente e spaventoso, si dice, infatti, che l’imperatore fece
tagliare le mani a tutti coloro che lavorarono alla sua costruzione e la testa al suo progettista, affinché la
perfezione dell’opera non fosse mai eguagliata.
Sofia Caramaschi III D
4
Fra i Golden e i People, premi del 2015
Anche quest’anno, come ogni anno, si sono svolti i
Golden Globes, 72° edizione, andata in onda durante
la notte a Beverly Hills, ed è stata presentata dalle due
attrici comiche Tina Fey e Amy Poehler. Le premiazioni
sono il risultato di un’attenta valutazione di
un’associazione di giornalisti statunitensi che si occupano di cinema e televisione, per la precisione di 90
giurati!
Numerose le lamentele, ma soprattutto le acclamazioni per queste premiazioni all’insegna del queer, premiata sia per la serie che per l’attore protagonista,
Trasparent! Incentrata sulla storia di una famiglia il cui papà confessa ai figli già grandi di essere transgender. Sbaragliando tutti gli avversari e lasciando molti a bocca aperta. L’autrice di Trasparent, Jill
Soloway, ha dedicato il premio a Leelah Alcorn “e alle persone transgender che sono morte troppo giovani… Forse riusciremo ad insegnare al mondo qualcosa sull’autenticità e sull’amore” ha aggiunto emozionata l’attrice. Rimanendo in tema, il premio per il “Miglior Film Drammatico” è stato vinto da Boyhood, premiato anche il regista Richard Linklater e Patricia Arquette come “Miglior Attrice Non Protagonista”.
Matt Bomer si è guadagnato il premio come “miglior-attore non protagonista in una serie tv, film tv o
miniserie” per il ruolo in “The Normal Heart”, serie incentrata sull’AIDS. Nel suo discorso ha ricordato
“la generazione che abbiamo perso, e le persone che continuiamo a perdere per colpa di
questa malattia. Vi vogliamo bene. Vi ricordiamo. Grazie”.
Ma quest’anno sul Red Carpet sono state molte le donne con voci forti pronte per essere ascoltate,
come Amy Adams, vincitrice come “miglior attrice in un film o musical di genere comedy” per il film Big
Eyes, di Tim Burton, con il suo discorso sull’importanza di alleati per le donne, e la dichiarazione di
Maggie Gyllenhaal, “miglior attrice in una serie tv o miniserie”, per il ruolo in The Honorable Woman, sul
diritto di ruoli femminili significativi e sfaccettati. Patricia Arquette ha evidenziato le difficoltà spesso
ignorate delle madri single; Gina Rodriquez, miglior attrice in una serie tv di genere comedy, per Jane
the Virgin, ha dichiarato di accettare soltanto ruoli di donne latine positivi e multidimensionali; una bella vittoria per questa giovane attrice e per questo gruppo di spettatori che raramente può essere orgoglioso di come è rappresentato sullo schermo; Joanne Frogatt, in Downton Abbey “miglior attrice non
protagonista in una serie tv, film tv o miniserie” ha puntato un riflettore sulle vittime di stupro.
Meno innovativi ma pur sempre interessanti sono invece stati i People’s Choice Awards 2015, notte del
7 gennaio, diretta dalle star di Mom Anna Faris e Allison Kanney, sul palco del Nokia Theater di Los Angeles. A differenza dei Golden Globe, in questa premiazione è il pubblico a decidere chi merita di vincere. Sia The Vampire Diaries che Grey’s Anatomy si sono meritati sei nomination, seguiti da Once Upon a
Time, Supernatural, Castle e Bones con cinque nomination ciascuno.
Per la categoria Cinema, Shalilene Woodley ha ottenuto ben quattro nomination, infatti è stata candidata come “Miglior attrice in un film drammatico”, “Miglior
attrice in un film d’azione” e nella categoria “Miglior coppia” sia con Gus Ansel Elgort, per “The Fault in Our Stars”
che con Theo James, per il suo
ruolo in “Divergent”.
L’attore con più nomination è stato però Channing Tatum,
che compare nelle categorie “miglior attore”, “miglior attore
in un film commedia” e “miglior coppia” con Jonah Hill per
“22 jump street”. Per la categoria musica menzione d’onore
va a Sam Smith per le sue quattro nomination.
Maleficent, Robert Downey Jr., Jennifer Lawrence, The Big Bang Theory , Ed. Sheeran e Taylor Swift si
sono portati a casa più di un premio. L’unico punto interrogativo rimane per la Favorite Network SciFi/Fantasy TV Show con la vittoria di Beauty and the Beast, forse uno dei telefilm meno chiacchierati,
eppure…
Insomma gli Awards a Los Angeles non mancano, speriamo non smettano mai di stupirci.
5
Giorgio Cerroni IV C
KALASHNIKOV VS MATITE: E TU DA CHE PARTE STAI?
"Noi non uccidiamo donne e bambini, non siamo come voi in Iraq" :con queste
parole contenute nel video dopo la sua uccisione uno dei tre terroristi della strage
di Parigi giustifica ciò che fa fatto. Tutto è iniziato nella mattinata del 7 gennaio
quando, in Rue Nicolas Appert n.10, armati di kalashnikov, i due fratelli Kouachi,
estremisti jihadisti, francesi di seconda generazione, hanno assalito la sede del
giornale satirico Charlie Hebdo a Parigi, già precedentemente attaccato nel 2011,
uccidendo dodici persone (tra cui il direttore, otto giornalisti e due guardie):
"Hanno offeso e raffigurato Maometto" questa la giustificazione dei due. Due
giorni dopo i fratelli, in fuga, assalgono una tipografia nella provincia di Dammartin
e, in contemporanea, un altro terrorista, Amedy Coulibaly, assale un Hyper Cacher
nella zona di Port De Vincennes chiedendo, a sua volta, libertà per i fratelli Kouachi, conosciuti durante l'
addestramento nello Yemen. Dopo ore di angoscia, e numerose notizie false, i tre terroristi vengono uccisi
durante le sparatorie contro le forze dell' ordine francesi nelle quali rimangono uccisi anche cinque ostaggi
dell' Hyper Cacher. Il bilancio quindi è di diciassette morti in soli tre giorni. Così da giornale sconosciuto
Charlie Hebdo diventa simbolo della libertà di espressione in tutto il mondo. Se prima Parigi era il simbolo dell'
amore ora è diventato simbolo della paura. Ma una matita può davvero spaventare un kalashnikov? La
Francia ha risposto a tutto ciò con una marcia tenutasi l' 11 gennaio alla quale hanno preso parte, oltre alle
due milioni di persone, anche il Presidente Francese Hollande e numerosi presidenti di stati europei e non,
compreso il nostro Presidente del Consiglio. Charlie Hebdo è ritornato la settimana successiva nelle edicole di
tutto il mondo, non solo quelle francesi, e proprio come ha tenuto a precisare Luz, uno dei vignettisti superstiti
che ha disegnato l'attuale copertina, tutti siamo Charlie, il che significa che non importa se si è musulmani,
cattolici, ebrei o atei, l'importante è che ci sia libertà, stessa libertà che il mondo occidentale ha impiegato
anni per stabilire e che ora si ritrova a difendere. Alla fine qual è la colpa di Charlie Hebdo se non raccontare
la realtà in chiave ironica? D'altronde avremmo dovuto già capirlo dalla copertina stessa dove Charlie si
autodefinisce "Un Journal Irresponsable".
Silvia Della Penna III D
Emanuele Amati I M
6
La buona scuola
“Questa è la mia scuola, questo è il mio futuro”
La scuola di oggi viene identificata in maniera spesso molto negativa e la sua importanza viene
costantemente messa in ombra. Questa istituzione va vissuta a fondo e
soprattutto è indispensabile conoscere i diritti e i doveri legati ad essa.
Nonostante la scuola possa essere affrontata a volte in modo passivo, bisogna
cercare di convogliare tutti i buoni motivi e le finalità per cui risulta bello ed
essenziale partecipare invece in maniera attiva ai cambiamenti che la
riguardano e la trasformano. Vivere la scuola è un nostro diritto e una nostra
priorità. Anche lo stato si è mobilitato e l’alba del 2015 si apre con due semplici
parole cariche di aspettative: Buona Scuola. Si tratta infatti di una riforma che il
premier e il ministro Giannini stanno avanzando. Sarà infatti presentato un
decreto legge per intervenire sul piano scolastico, al fine di rinnovare e
cambiare verso alla scuola italiana. Il premier Renzi sostiene che la riforma della
scuola è la riforma fondamentale per ridare all’Italia dignità, emozione, bellezza
e speranza. Il nostro paese deve cercare di stabilire dei parametri più stabili e deve riuscire a garantire una
scuola più frontale, che sappia dare una visione della didattica al passo con i tempi. Vanno organizzate
altre diverse proposte ma per attuare questa riforma è necessario molto coraggio e tanta determinazione, a
partire da noi ragazzi. Stiamo parlando del nostro futuro e non c’è niente di più importante per cui valga la
pena lottare.
Lucia Greco e Chiara Russo IIC
Non dimentichiamo
Lo scorso 31 Gennaio si è tenuto presso l’ aula magna
della nostra scuola un corso intitolato “Per non dimenticare”. Iniziato intorno alle 17:45 e conclusosi poco dopo le
19:00, il corso aveva come tema, oltre il ricordare le vittime della shoah, la resistenza spirituale ebrea. Dopo un
breve discorso della reggente, la professoressa D’ Orso
(che sostituisce momentaneamente la preside), il professore Ardito, molto brevemente, ha introdotto il tema con
chiarezza e semplicità. Ha parlato della deumanizzazione
e dei campi di sterminio che nacquero a seguito dell’ operazione Barbarossa. Il professore ha continuato parlando
dei due tipi di resistenza, ovvero quella armata e quella spirituale che serviva a non “spezzare la propria
anima”. Terminata la breve introduzione sono state mostrate ai presenti delle scene tratte dal film “Il giardino dei Finzi Contini” ispirato all’ omonimo romanzo di Giorgio Bassani. La resistenza spirituale era fatta anche di musica, una “musica divergente” che manteneva in vita uomini e
donne e dava loro un briciolo di speranza in un contesto in cui
sperare era l’ unico frammento di vita a cui potevano aggrapparsi. Dopodiché si è passati alle esibizioni dei ragazzi del
Musicale. Il primo brano è stato un canto corale, “Wiegala”.
Gli alunni, poi, si sono susseguiti in esibizioni da soli o in coro,
facendo emozionare i presenti. Il concerto si è concluso in un
mare di applausi e con il discorso della professoressa D’ Orso
e suoi auguri per la pronta guarigione della prof.ssa Fignon.
“Il male più profondo è non riconoscere l’ altro e il diverso da sé come uguale a sé” -Chiara Volpato.
Samantha Musolino IV C
7
L’ Agorà nell’ufficio dei primi cittadini
Due sindaci, un’intervista, stesse domande (o quasi). Come saranno le risposte?
Qual è il luogo di Anzio/Nettuno a cui è più legato e perché?
Luciano Bruschini (Anzio): “Onestamente non esiste un solo luogo per me, chi è nato qui è certamente legato a più di
un posto. In particolare, mi è caro quello che era un tempo il “Bar Turcotto”, e la piazza; poi ovviamente la riviera di
Ponente: le Grotte di Nerone e l’Arco Muto, dove da ragazzi sono nate le nostre amicizie. Infine la banchina, la parte
più antica del porto, che è un luogo sacro: infatti, nel progetto del nuovo porto ho fatto in modo che restasse dov’è.”
Alessio Chiavetta (Nettuno): “Be’ ci sono diversi luoghi, dato che sono cresciuto qui. Un posto di sicuro è il lungomare,
e il porto, che rappresentano la parte più bella della mia adolescenza e dei miei ricordi, il “giro” classico di allora era
questo.”
Qual è invece il luogo più bello, una cartolina di Anzio/Nettuno?
Bruschini: “Tra l’altro sono un collezionista di cartoline storiche di Anzio, dal ‘900 agli anni ’60; Anzio è bella dappertutto, sia dall’alto che dal mare, non a caso Nerone ci costruì la sua città. I luoghi che meglio la rappresentano sono
quelli che ho elencato prima.”
Chiavetta: “Torre Astura e il Poligono che visti dall’alto e da mare sono favolosi e anche la parte del Forte e del Borgo.”
Qual è il personaggio, storico o familiare, a cui s’ispira di più e perché?
Bruschini: “Come personaggio storico, sicuramente l’imperatore Nerone, gli ho dedicato pure la statua! [ride] Nel periodo recente ci sono più figure, potrei dire Papa Innocenzo XII, di cui quest’anno ricorre il 400° anniversario dalla nascita.”
Chiavetta: “Secondo me, per chi vuole fare carriera politica, per onestà intellettuale il suo punto di riferimento deve
essere Machiavelli, che ha dettato una serie di regole in questo campo che bisogna tenere presenti e tutt’oggi sono
molto attuali e “universali”.”
Avete già un mandato alle spalle: nota differenze tra i due periodi? Che cosa è cambiato?
Bruschini: “È cambiato molto, perché oggigiorno i poteri del sindaco si sono ridotti, e non si riesce più ad avere il controllo su tutto: sia hanno responsabilità maggiori, ma minori possibilità e poteri.”
Chiavetta: “Le differenze maggiori sono, dal punto di vista politico, che le cose più difficili da quando sono entrato sono state risolte, anche se erano “noiose”. Dal punto di vista personale, ora c’è una stanchezza, soprattutto mentale,
che non c’era prima, a prescindere dall’età anagrafica.”
Qual è la cosa di cui è stato più fiero?
Bruschini: “Difficile anche qui scegliere, di cose ne ho fatte tante. Sono fiero di tutto quello che ho fatto e che ho potuto fare per la mia città, forse si poteva ottenere di più. Posso dire che la Piazza l’ho pensata io, poi piazza 1° maggio,
sono state fatte cinque nuove scuole, poi Villa Adele, il museo, la biblioteca, Villa Sarsina, il depuratore, le fognature e
tante altre cose.”
Chiavetta: “Dal punto di vista politico sono fiero per l’elezione dell’ANCI Lazio, che è stato l’ultimo tassello di un percorso che si sta facendo da tanti anni. Dal punto di vista personale, la mia prima elezione a sindaco, anche perché
mio nonno ne sarebbe stato estremamente fiero. Poi è stata un’emozione enorme partecipare alla prima processione
appena eletto, e il giro al cimitero del 2 novembre per gli ex-sindaci scomparsi, dato che sono passato vicino a mio
nonno.”
E quella che, se potesse tornare indietro, vorrebbe cambiare?
Bruschini: “No, non cambierei niente: non è che non si facciano degli sbagli, ma non cambierei comunque nulla in
particolare.”
Chiavetta: “Non si può vivere di rimpianti, è importante assumersi le proprie responsabilità se qualcosa va male, ammettere i propri errori e poi fare in modo di cambiare quello che non va. Per quanto riguarda il lato politico ancora non
si riesce a risolvere la questione del Poligono, anche se non dipende totalmente da noi.”
In una delle ultime processioni, vi ho visto molto amichevoli e sorridenti. Al di là del ruolo politico, che rapporto c’è tra
di voi?
Bruschini: “Abbiamo un buon rapporto, d’altronde al di là dello schieramento politico l’interesse comune è portare
avanti i problemi dei cittadini e risolverli.”
Chiavetta: “Non abbiamo un rapporto strettamente personale perché c’è una differenza di età, però c’è un rapporto
molto cordiale di amicizia, al di là della rivalità “partitica”. Quando si vive in una situazione simile come la nostra, o si
fa squadra, a prescindere dal colore politico o non si va molto lontani, questa cosa deve essere chiara. Sul discorso di
difendere il territorio e dare un respiro alla città dobbiamo necessariamente fare squadra e noi facciamo squadra
tranquillamente, anzi da questo punto di vista abbiamo ottimo rapporto.”
(Bruschini) “Da un grande potere derivano grandi responsabilità”: il sindaco di Nettuno è stato appena eletto presidente regionale dell’ANCI Lazio. È soddisfatto che un incarico di questo rilievo sia stato affidato a un sindaco del nostro territorio?
Bruschini: “Sono contentissimo, spero che faccia qualcosa di importante!”
(Chiavetta) “Da un grande potere derivano grandi responsabilità”: è stato appena eletto presidente regionale dell’ANCI
8
Lazio. Che cosa cambia adesso nel suo ruolo? Quali sono i suoi più immediati obiettivi?
Chiavetta: “ [ride cogliendo la mia citazione di Spiderman] Purtroppo non ho la ragnatela, anche perché potrebbe essere utile negli spostamenti. Credo che il senso di responsabilità più grande sia che quando si rappresentano tutti i comuni del Lazio, la seconda regione dal punto di vista economico e la prima dal punto di vista istituzionale perché c’è Roma,
necessariamente rappresenti un qualcosa di forte, anche se in questi ultimi anni ha avuto una sorta di decadenza e
quindi non ha avuto grande considerazione a livello nazionale dell’ANCI Lazio. Oggi c’è questo compito di recuperare in
credibilità e in forza politica dal punto di vista delle trattative, e questo significa ragionare per trovare delle soluzioni ai
problemi […]”
Le nostre città hanno sfornato campioni praticamente in tutti gli sport, ma qual è il suo personale rapporto con lo sport?
Bruschini: “Il rapporto con lo sport è legato anche ai tempi e all’età. Quando ero ragazzo ero legato alla squadra di calcio dell’Anzio e al pugilato perché c’erano Giulio Rinaldi e mio fratello Massimo, che è stato campione italiano e ha fatto
l’Olimpiade. All’epoca non ho mai seguito gli altri sport, e ancora oggi sono questi: il calcio e la boxe, anche se ora ne
guardo anche altri in tv.”
Chiavetta: “Il mio sport preferito è la pallavolo, io facevo anche parte della squadra della scuola, ho fatto i tornei del
Corriere dello Sport, ma sono più di dieci anni che non ci gioco, che tristezza [ride]. Il mio campionissimo in assoluto è
Bruno Conti, sono l’unico della mia famiglia della Roma [ride] anche perché è rimasto legato alla sua città.”
In questo periodo di crisi c’è un grave disinteressamento alla cultura: vi preoccupa?
Bruschini: “Sì, questo mi dispiace, perché la cultura unisce, ci aiuta ad avvicinarci, è essenziale, è la base principale
dello sviluppo e della crescita della comunità. Se non s’investe nella cultura, la città muore. Senza cultura non c’è futuro, si deve investire di più.”
Chiavetta: “Sì, questo mi preoccupa tanto. C’è un disinteressamento alla cultura e una sorta di controcultura, che è ben
peggiore, e questo è un limite dei social network e dell’informazione tecnologica, la cosiddetta “information technology”.
La cultura si forma su basi solide, quindi tu devi avere conoscenze reali sull’argomento su cui stai discutendo, mentre
quello che si dice in giro, “il sentito dire”, diventa il “vangelo”, e questa purtroppo è la controcultura. Questo avviene per
vari motivi, uno su tutti un abbassamento dei livelli di cultura generali, c’è un’aggressione alla mente dei ragazzi; strumenti come Wikipedia devono essere dei mezzi per arrivare alla cultura, ma poi devi avere un approfondimento, altrimenti parli per sentito dire e basta.”
Qual è l’ultimo libro o film che ha letto/visto?
Bruschini: “Ho letto tanto, l’ultimo è stata l’autobiografia “Ricordati di vivere” di Claudio Martelli. Mi piace leggere, in
particolare i libri di storia, anche di quella della Chiesa.”
Chiavetta: “Sto leggendo l’autobiografia di Dario Argento, sono un suo grande appassionato, di film ne vedo tantissimi,
sono un cinefilo, l’ultimo è stato “Benvenuti al Nord”, che mi era rimasto come arretrato.”
Risposta secca: sbarco di Anzio o sbarco di Nettuno?
Bruschini: “La stessa domanda me l’ha posta, dove stai seduta te, una giornalista americana, ma lo sbarco non l’ho
deciso io, ma loro (gli americani N.d.A.) [ride] perché dopo lo sbarco hanno fatto due film: “Lo sbarco di Anzio” e “La
battaglia di Anzio”, e anche un incrociatore, che hanno chiamato “Anzio”.”
Chiavetta: “Anzio-Nettuno [ride].”
(Chiavetta) È diventato Confratello della Madonna delle Grazie: durante le processioni si sente più “incollatore”, nettunese o sindaco?
Chiavetta: “Be’, sei tutti e tre, il nettunese prevale perché racchiude tutto. Nettunese. DOC. [ride]”
(Bruschini) Ci sono varie manifestazioni legate alla nostra storia: è importante guardare al passato per riscoprire le nostre radici. Come si può andare ancora oltre?
Bruschini: “Stiamo pensando di riscoprire dal punto di vista storico le radici della città dato che, come ho detto prima,
ricorre il 400° anniversario della nascita di papa Innocenzo XII, con vari progetti.”
Un messaggio per tutti gli studenti del Chris Cappell?
Bruschini: “Gli studenti si devono applicare nello studio, che è estremamente importante: questo è un mondo in cui rimani indietro. Non devono pensare che gli altri facciano le cose per loro lasciandosi trascinare, e devono avere sempre
una speranza, non devono rassegnarsi mai, un’opportunità arriverà sempre, MAI arrendersi.”
Chiavetta: “I giovani devono investire e credere in se stessi, anche se le difficoltà senza dubbio sono tante, bisogna
sempre affrontarle senza mai tirarsi indietro, nonostante sia apparentemente più semplice scappare, anche dalle proprie responsabilità. Bisogna sempre combattere, anche se uno non ci riesce, però non bisogna mai rinunciare. Se non si
crede in se stessi, si prende lo stesso il diploma, la laurea, ma non serve a nulla, rimane un pezzo di carta e basta.”
Un ringraziamento particolare ai sindaci e ai loro uffici stampa per la disponibilità e cordialità dimostrata.
Margherita Pucillo III C
9
Incontro con i sindaci
La nostra redattrice durante l’intervista al sindaco Bruschini
Le nostre due redattrici con il sindaco Chiavetta
10
Paradiso sul mare
Una sconvolgente notizia è arrivata, proprio nei primi giorni di
Gennaio, dopo le vacanze natalizie, dalla preside dell’istituto
alberghiero “Marco Gavio Apicio”: alcuni ragazzi, entrando
nella scuola, avrebbero trovato a terra parti di soffitto.
L’edificio di cui si sta parlando è proprio uno dei più importanti per la città di Anzio: si tratta del “Paradiso sul mare” e in
particolare della “sala degli specchi”. Questo edificio è entrato a far parte della storia della città. I lavori per la sua costruzione iniziarono nel 1919, finanziati dal sindaco di Anzio in
carica all’epoca Giuseppe Polli e realizzati dall’architetto Cesare Bazzano. La costruzione dell’edificio venne completata
dopo pochi anni, nel 1924. L’idea del sindaco era quella di
farlo divenire un Casinò, ma i permessi per renderlo tale non
furono mai firmati, così si decise di utilizzarlo come un luogo per attività di moda. Il palazzo è in stile Liberty,
all’interno vi sono diverse sale con affreschi; inoltre gode di una balconata sulla quale sono presenti diverse
statue con fattezze femminili e maschili, raffiguranti vari temi (estate, primavera, autunno, inverno). Oggi è
utilizzato come sede succursale dell’istituto alberghiero, a volte, soprattutto d’estate, per convegni e consigli
comunali. Il Paradiso di Anzio è stato, inoltre, la location di importanti film come “Amarcord” di Federico Fellini e “Polvere di stelle”. Dopo il grande impegno di Polli e Bazzano per la sua costruzione, veder crollare parti
di una struttura di rilevanza storica, simbolo della città, è veramente un brutto colpo per tutti i cittadini di
Anzio. Il paradiso sul mare ha bisogno di essere riportato alla sua originaria bellezza.
Sofia Caramaschi III D
Più sicurezza
Anzio, meta del turismo perlopiù romano, piccolo paesino
sul mare, un posto perfetto per guardare il sole e cullarsi
nell’acqua, ma quando cala la sera è tutt’altra storia.
Le strade, alcune addirittura in uno stato disastroso, come
in Via del Cavallo Morto ad Anzio, che già il nome dovrebbe
far presagire qualcosa, è una strada piena di buche, ridossi
e crepe, per via di tutte le radici che sono presenti. Come se
non bastasse, queste radici, sono fuori controllo e così aumenta il rischio di ritrovarsi il parabrezza spaccato da una
pigna.
Mentre in tratti più pericolosi, come via Ardeatina, troviamo
una segnaletica stradale scarsa, l’ illuminazione versione
discoteca e in alcuni tratti del tutto mancante, con rifiuti che otturano i fossi di scolo dell’acqua piovana
rendendo il tutto ancor più pericoloso, soprattutto nei giorni di brutto tempo.
A Lavinio invece un povero diciottenne ha investito un’anziana signora di 84 anni. La signora, mentre scendeva dalla macchina, è stata investita dal ragazzo, che si è anche fermato a soccorrerla ed è risultato negativo al test alcolico. La donna è stata trasportata all’ospedale Riuniti di Anzio e Nettuno e non ne è uscita
viva. In Via Paisiello, località Sacida, un’auto pirata ha tamponato uno scooter guidato da un venticinquenne, morto sul colpo nonostante portasse il casco, e da un altro ragazzo uscito incolume dall’incidente.
L’amico ha chiamato inutilmente i soccorsi, mentre la macchina si era già dileguata.
All’ospedale Grassi di Ostia il centauro venticinquenne che perdendo il controllo della moto, per due volte è
andato a sbattere contro il guard rail su via dell’Aeroporto a Fiumicino, è morto dopo essere stato ricoverato. Al Quadraro un trentasettenne ha rubato una fiat punto e poi si è schiantato ed è morto.
Sull’incrocio tra Via Celeno e Via Caligola, ad Anzio Colonia, si sono scontrati un furgoncino con un’auto vettura, nessuno dei due automobilisti ha riportato feriti gravi.
Tutto questo solo nel mese di gennaio.
Giorgio Cerroni IV C
11
Notte Bianca: L’Agorà c’era
L’associazione culturale italiana indice una notte bianca tutta dedicata al liceo classico, può il Chris Cappell non aderire dimostrando
ancora una volta quanta passione ed energia la nostra scuola metta
in ciò che trasmette ai suoi allievi? Ecco la ricetta della notte, anzi,
forse sarebbe meglio chiamarla sera dato che è durata dalle 17 alle
21, del 16 gennaio nel nostro liceo, che ha visto le esibizioni di alcuni studenti in tutti i campi che la nostra scuola abbraccia: teatro,
letteratura greca e latina, letteratura italiana, musica, ed anche un
pizzico di umorismo. Come si può immaginare il successo e gli applausi non sono tardati ad arrivare, dalla Medea delle ragazze di
quinto alla splendida interpretazione di “Quando” del grande Pino
Daniele, i ragazzi del Chris Cappell hanno fatto tremare il pubblico sotto l’onda di entusiasmo che c’è,
che c’è stata e che ci deve essere sempre quando si parla di un liceo classico. Il nostro indirizzo è in
grande crisi, inutile negarlo, questa notte bianca è un altro speranzoso tentativo di mostrare che il classico non ha nulla da invidiare alle altre scuole, che i luoghi comuni che ormai la fanno da padroni nelle
coscienze comuni riguardo questa scuola sono privi di fondamento, che quello che impariamo qui non
solo serve, ma è indispensabile, perché fra queste mura si rivivono le emozioni, gli eventi, le idee che
hanno cambiato il mondo rendendoci quello che siamo oggi. Perché fra queste mura non si formano
solo le nostre menti e le nostre conoscenze, ma anche le nostre anime, perché è la passione a scorrere
molto prima dell’inchiostro fra le grida infuriate di Medea ed il pianto di Andromaca, perché se un giorno
avremo la capacità di vivere senza mai chinare il capo alle ingiustizie, alle crudeltà e alle falsità lo dobbiamo ai grandi uomini e le grandi donne il cui spirito rivive fra questi mattoni e questi pesanti dizionari.
No, il classico non deve morire, il classico non può morire, e tutto il Chris Cappell l’ha gridato
all’unisono, perché “chi non sa darsi conto di tremila anni, resta all’oscuro, ignaro, vive alla giornata.” –
Goethe.
Solidarietà fra studenti: tutorato fra pari
Si è concluso anche quest’anno il “Tutorato fra pari”, progetto nato qualche anno fa grazie al Prof. Migliori con lo scopo di aiutare ragazzi del biennio con qualche difficoltà a superare ostacoli nello studio o nella
comprensione durante le due settimane di pausa didattica successive alle vacanze di Natale. Focalizzato
quest’anno sul recupero o l’approfondimento di Latino e Greco, il progetto ha visto la partecipazione di
numerosissimi alunni del biennio e del triennio, tanto che a molti Tutor è capitato di dover seguire anche
due alunni (se non di più, in sostituzione di Tutor assenti). Sei incontri, un’ora e mezza ciascuno e sebbene non sia stato possibile allargare il numero di materie da ripassare, come molti speravano, inserendo
anche le materie scientifiche, il progetto è stato, anche quest’anno, assai apprezzato. Indubbiamente è
stata un’occasione di collaborazione e arricchimento, per noi Tutor di ripassare argomenti che non smettono mai di tornarci utili quando meno ce lo aspettiamo, e per gli alunni del biennio di confrontarsi con
ragazzi più grandi, con altre esperienze di apprendimento, con altri metodi e tecniche di studio, così da
non limitare l’utilità del progetto solo al ripasso e alla ripetizione di argomenti trattati o all’esercitazione
nella traduzione ma ad un’autentica condivisione di tecniche di svolgimento degli esercizi, di correzione
dei metodi di studio errati. Utilissimo è stato il “Decalogo del Tutor”, redatto dallo stesso prof. Migliori: un
vero e proprio “Manuale di istruzioni” di quello che, per essere uno strumento utile, deve essere usato
nel giusto modo. La prima regola è “mai esagerare”, in ogni cosa. Che si instauri subito un ottimo rapporto tra alunno e tutor è indispensabile perché si crei un ambiente di lavoro favorevole e sereno, ma il tutor
non deve mai andare a sostituire o screditare la figura dell’insegnante, ricordandosi di essere a sua volta
un alunno. Assolutamente sereno e piacevole è stato anche il rapporto con le professoresse che hanno
seguito noi ragazzi in questa esperienza, Porcelli, Lombardo e Moriconi, sempre disponibili ad aiutarci e
supportarci, facendo sentire a proprio agio chi ripeteva l’esperienza e anche chi, invece, era alle prime
armi. A loro e al professor Migliori va, quindi, un ringraziamento particolare, per aver ideato e promosso
un progetto così importante che, ne siamo certi, avrà aiutato e aiuterà ancora molti alunni a collaborare
e ritrovare la serenità nello studio.
Francesco Palma IV D
12
Il muro del dolore
Capitolo 2
“23 Ottobre del 1961, ritornai in Germania.
Non vedevo l'ora di rivedere la mia patria e
la mia casa, viaggiai fino Brema pensando
a Isa e al futuro che avremmo costruito insieme. A Brema, Rodolf, un mio commilitone mi informò dell'innalzamento di un muro
eretto al solo scopo di dividere la Germania
Ovest dalla Germania Est. Non capivo il
senso di un tale muro. Cominciavano a nascere dentro di me il terrore, la paura e l'inquietudine. Nella notte del 29 Ottobre arrivai a Berlino e vidi il muro stagliarsi davanti
ai miei occhi, lo paragonai ad un mostro
che desiderava divorare le mie speranze, la mia famiglia, i miei sogni e la mia felicità. Perché
non avevo la possibilità di essere felice? Perso in questi tristi pensieri non mi ero reso conto
che accanto a me c’erano moltissime persone che vivevano il mio stesso senso di smarrimento e di dolore e che fissavano con occhi spenti al gigante di cemento per cercare di vedere la
loro casa e la loro famiglia oltre il muro, con la forza dell' immaginazione. Quel muro non era
solo un muro di cemento, perché era costruito con dei mattoni fatti di prepotenza, egoismi,
avidità e ignoranza. L'unico scopo era quello di distruggere le famiglie, di avere l'egemonia su
tutti e su tutto... Vi erano delle Grenztruppen der DDR, che impedivano ai civili il passaggio.
Più di 10 persone vennero uccise davanti a me, che inerme e con gli occhi lucidi assistetti a
quella scena. Per la prima volta capii che cosa provassero le persone, compresi che cosa era
un soldato, che cosa ero io, al di fuori della divisa militare: un padre, un marito, un fratello, un
figlio e soprattutto un uomo. Credevo di aver commesso un grande sbaglio, non dovevo diventare un militare, né partire per la guerra, né lasciare la mia famiglia. Se non l'avessi fatto, non
sarei stato lì a maledire la mia vita, il mio destino e me stesso. Poi realizzai che dare la vita
per la propria patria e garantire la sicurezza, la serenità, e la pace ai miei concittadini e alle
famiglie fosse il gesto più sublime e coraggioso di qualunque altro. All'improvviso vidi una sagoma passare oltre il muro, la fissai e vidi che era una bambina, con i capelli accuratamente
legati a coda di cavallo, , dovrebbe avere intorno ai 7 anni ma, ahimè, era solo un'illusione.
Ripensai a Karl, a Isabel e al volto mai visto di
mia figlia, ero certo che fosse una femmina. Il
desiderio di rivederli e di riabbracciarli cresceva
in me sempre di più. Il mio cuore urlava, piangeva, rideva, taceva. Non sapevo più cosa fare. Per
la prima mi rassegnai al mio destino e alla mia
vita, non sapevo né che direzione prendere, né a
chi chiedere aiuto. Come un uomo mezzo morto
e mezzo vivo rimasi lì a fissare il muro.
Avanzavo tra i primi verso il muro di protezione
antifascista (così la chiamavano durante la guerra fredda). Era il 9 novembre del 1989 e si era decretato l'apertura delle frontiere. Non sapevo
se Isabel e i miei figli fossero ancora vivi e se fossero ancora lì... C'era un clima festoso, allegro e la speranza era tornata ad albergare dentro ognuno di noi. Le donne, i bambini, gli uomini e gli anziani salirono sul muro e lo oltrepassarono, senza dover più temere le Grenztruppen
der DDR. Alcuni cominciarono a demolirlo con martelli, asce, pietre e mani. Scavalcai il muro e
13
cercai di scorgere gli occhi di Isa e di riconoscere Karl tra la folla. Cominciai a camminare, a
correre, senza meta e senza direzione in cerca
della mia famiglia. All'improvviso un giovane di
circa trenta-quarant’anni si presentò davanti a
me, scoppiò in lacrime, mi abbracciò, mi chiamò papà. Sentivo il mio cuore battere, gemere e
una strana felicità si diffuse dentro di me. Dopo
anni, che sembrarono secoli, rividi il mio piccolo, la carne della mia carne e il sangue del mio
sangue. Non sapevo cosa dirgli, come consolarlo e come reagire. Quella fede e quella speranza che mi avevano portato fino qui, quel Dio a
cui rivolsi migliaia di mie suppliche e preghiere,
permisero che io potessi ricominciare la mia
vita, con nuove speranze all'orizzonte. Insieme
raggiungemmo la mia vecchia casa, circondato dai fiori che a Isabel piacevano tanto. Entrai
di corsa e vidi una donna, molto graziosa e bella, una creatura angelica. Era Isabel, ma molto più giovane di come mi ricordavo. Le accarezzai le guance, le guardai come lo feci anni fa
quando tornai dalla grande guerra. Anche ora rimasi in silenzio a contemplare il suo volto,
mi sentivo più vecchio e lei, come sempre, mi trasmetteva tanta energia. Karl ruppe il silenzio dicendomi che quella giovane donna era Anna, mia figlia… E che il mio amore, la mia
vita era stata strappata via da me. La morte aveva preferito portare via lei prima di me lasciandomi su questa terra a perire e a soffrire.. Forse, il destino, era stato benigno con me,
perché mi aveva concesso una seconda possibilità, per stare con i miei figli. Come la barca
in balia della tempesta così il mio cuore era tormentato. Non avevo più lacrime negli occhi,
le avevo consumate tutte durante l'arco di questa mia vita. Isa, Isabel, riuscivi a sentirmi?
Brividi, singhiozzi, amarezza, rancore, senso di colpa, non potevo vivere senza di lei. Niente
ha più senso, se non c'è amore, se non esiste più quella ragione e quella forza a cui mi ero
aggrappato in tutti questi anni. Guardai di nuovo Anna, sì era proprio la mia Isa. In lei percepivo la presenza e lo spirito della mia Isabel. I suoi capelli erano sparsi al vento e una dolce
brezza accarezzava il suo viso. Come l'aquila custodisce sotto le proprie ali i suoi piccoli così abbracciai i miei figli.
La famiglia è l'unica certezza e l'unica felicità che mi rimane. Il sorriso innocente di Karl, il
volto rassicurante di Anna e la presenza eterna e i sussurri di Isa mi fanno capire quanto
sono fortunato e pur avendo vissuto tanti momenti difficili, sono l'uomo più felice del mondo. Perché il mio mondo è la mia famiglia. Non esistono muri che possono separarci, Isabel,
né parole che possono ferirci, perché il nostro amore è eterno. Nella mia mente riecheggiavano quei sublimi versi:
“Amore non è Amore
se muta quando scopre un mutamento
o tende a svanire quando l'altro s'allontana.
Oh no! Amore è un faro sempre fisso
che sovrasta la tempesta e non vacilla mai […]
Amore non muta in poche ore o settimane,
ma impavido resiste al giorno estremo del giudizio.”
Lydia Kolaparambil IV C
14
Still Alice
“L’amore non impara mai a dimenticare”.
Tutto può cambiare, le certezze crollano e la vita si trasforma. “Still Alice” è un film che è arrivato in Italia il 22 gennaio 2015, distribuito dalla Good Films. La pellicola è stata
proiettata l’8 settembre 2014 al Toronto International Film
Festival ed è stato presentato il 17 ottobre 2014 alla nona
edizione del festival internazionale del film di Roma. Il film è
la trasposizione cinematografica di Perdersi (Still Alice) uscito in Italia per conto della Edizioni Piemme. E’ la storia di
una donna, Alice Howland, affermata dottoressa e insegnante ad Harvard. Madre di una normale famiglia, viene
sconvolta dalla notizia di una terribile malattia che la affligge. La donna, malata di Alzheimer, diviene repentinamente debole e, proiettata in questa nuova realtà,
Alice lotterà per trattenere ciò che ha costruito durante la sua straordinaria vita. Questo è uno dei film
considerati curativi poiché, seppure non esista una cura per questi mali, aiuta comunque a raccontare
storie di coraggio e di forza interiore. “Still Alice” è un genere terapeutico che garantisce una profonda
descrizione emozionale di tale malattia. Il cast è composto da: Julianne Moore, che si immedesima nella
protagonista, Kristen Stewart, che interpreta Lydia, la figlia di Alice, che aiuta la madre curandola tramite la letteratura drammatica: Alec Baldwin, Kate Bosworth, Hunter Parrish, Shan McRae e Stephen Kunken. Questo film ci porta sicuramente a riflettere e a comprendere che la memoria del cuore sopravvive
a quella cognitiva.
Lucia G. Greco, Chiara Russo II C
Il ragazzo invisibile
Il ragazzo invisibile, per la regia di Gabriele Salvatores, è uscito nelle sale italiane lo scorso 18 dicembre.
Il protagonista è Michele, un ragazzo di tredici anni, non particolarmente bravo a scuola e senza
(apparentemente) alcuna dote speciale, con una cotta per una ragazza della sua classe di nome Stella,
la quale non sembra accorgersi affatto di lui. Ai suoi occhi anche la madre, Giovanna, sembra non capirlo. La monotonia quotidiana cambia quando, per una festa di Halloween, Michele indossa un costume
comprato in un negozio cinese. Di qui la sua vita prenderà una svolta inaspettata per il ragazzo timido e
introverso che si trasformerà in un eroe. Nel film, inoltre, non mancano riferimenti ad altri supereroi come Superman e Batman.
In questo film, a mio avviso, ci sono dei colpi di scena che, appunto, sono inaspettati. Trama tutt’ altro
che banale e che fa riflettere non solo su ciò che un ragazzo appena adolescente può provare, ma anche
sui limiti umani e su fino a che punto la scienza sarebbe disposta ad arrivare. La solitudine e la timidezza
di Michele si vengono a trovare di fronte ad
una realtà nuova. L’ invisibilità per i compagni di classe diventa un potere che lo rende
speciale. C’era tanta voglia di vedere come
sarebbe finito (bene, ovviamente) ma anche
di scoprire qualcosa di più sul passato del
ragazzo e delle sue origini. L’ ultima scena è
inaspettata, così come molti passaggi nella
vicenda che, tuttavia, pian piano si comprendono. È adatto ai giovani, ma anche ai genitori che forse potranno capire meglio il figlio
che hanno accanto.
Samantha Musolino IV C
15
Per non dimenticare
16