massimo bottura - Confindustria Modena

Transcript

massimo bottura - Confindustria Modena
ALDO
A
TOMASI
T
EMILIO SABATTINI
E GIORGIO PIGHI:
Facciamo ricerca
F
iinsieme alle imprese
Anche gli enti locali sono
in prima linea contro la crisi
OUTLOOK | Novembre-Dicembre 2009
MODENA
MONDO
Il Bimestrale di Confindustria Modena | Novembre-Dicembre 2009 | N.4
Poste Italiane S.p.A. – Spedizione in abbonamento postale – D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1, DCB Bologna - Periodico Bimestrale - Euro 5,00
4
Outlook
MASSIMO
BOTTURA
Il re
degli chef
italiani
Riconosciuto in Italia e nel mondo come una superstar
il fondatore dell’Osteria Francescana racconta le sue “poesie da gustare”
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IL GIORNALE ON LINE DI CONFINDUSTRIA MODENA
L’informazione veloce e interattiva
Confindustria Modena approda
pp
in Rete
con un giornale online, www.emmeweb.it,
che offre il meglio delle notizie economiche
della nostra realtà e dell’attività delle imprese.
Attraverso una comunicazione tempestiva,
EmmeWeb segue l’evoluzione dell’economia
modenese, raccoglie opinioni qualificate, riporta
llaa voce del mondo imprenditoriale, ma soprattutto
pparla
arla di imprese, mettendo in vetrina
i vertici produttivi e le attività più significative.
EmmeWeb è uno strumento di informazione
semplice e immediato, che consente
di seguire e verificare lo sviluppo
ddeii nostri
t i principali
i i li settori
tt i di attività.
tti ità
Nell’economia il valore dell’informazione dipende dalla rapidità con cui ci giunge.
Essere aggiornati in tempo reale segna il vero punto di vantaggio.
Con EmmeWeb l’impresa viaggia in rete e gioca d’anticipo.
www.emmeweb.it
Scrivi a [email protected]
Nell’home page, si trovano le notizie più rilevanti
del momento; economia, finanza, imprese, estero,
società, attualità sono le sezioni in cui è suddiviso
il giornale; la gallery propone per immagini
una panoramica delle iniziative
che Confindustria Modena ospita e promuove.
Una newsletter, a cui si può iscrivere
chiunque sia interessato alle notizie economiche
del nostro territorio, anticipa i contenuti
e le novità di EmmeWeb.
In questo numero
Mondo
Bimestrale di Confindustria Modena
www.confindustriamodena.it
[email protected]
Anno I - Numero 4 - Novembre-Dicembre 2009
DIRETTORE
Giovanni Messori
DIRETTORE RESPONSABILE
Marzia Barbieri
COMITATO EDITORIALE
Massimo Bruni, Vincenzo Cremonini,
Rita Greco, Mario Mairano, Antonio Panini,
Monica Pelliciari
ART DIRECTOR
Rosita Balestri
IMPAGINAZIONE
Studio RBP
REDAZIONE
Raffaella Mazzali, Generoso Verrusio
Telefono 059 448308 - Fax 059 448320
SEGRETERIA
Laura Ansaloni, Simona Carnevali
HANNO COLLABORATO A QUESTO NUMERO:
TESTI
Ugo Bertone, Felicia Buonomo, Arianna De Micheli,
Roberto Grimaldi, Cecilia Lazzeretti, Ida Meneghello,
Franco Mosconi, Massimiliano Panarari
IMMAGINI
Elisabetta Baracchi e Serena Campanini,
Bloomberg News, Contrasto, Elliot Erwitt, ImagineChina,
Carlo Pozzoni, Reuters. Paolo Terzi
La foto di copertina è di Elisabetta Baracchi
La Cina
non aspetta
Pechino vuole
contare di più sullo
scenario mondiale
e cerca alleanze tra le
economie emergenti,
dimostrando che una
parte del mondo può
crescere senza l’aiuto
dei Grandi.
Copertina | Eccellenze modenesi
Non semplici ricette ma poesie da gustare
Massimo Bottura è stato consacrato come uno degli chef più bravi del
mondo, dalle più importanti guide al 50 World’s Best Restaurants.
Il fondatore dell'Osteria Francescana racconta come nasce e fiorisce
la sua cucina, dall’amore per la tradizione al gusto per l’ innovazione.
Eventi
Scuole e imprese
per formare i giovani tecnici
A Como il seminario «L'eccellenza dell'istruzione tecnica» organizzato dal Club dei 15, il
network delle associazioni di Confindustria
delle province più manifatturiere, ha visto
imprese e insegnanti uniti per cercare nuove
strategie per promuovere la cultura tecnica.
EDITORE
Uimservizi S.r.l
Via Bellinzona, 27/A - 41124 Modena
PUBBLICITÀ
PUBBLÌ Concessionaria editoriale S.r.l.
Corso Vittorio Emanuele, 113
41100 Modena
Telefono 059 212194 - Fax 059/226627
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Confindustria Modena:
Claudia Martelli
Telefono 059 448311 - Fax 059 448336
Cell. 380 7565462
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STAMPA
Arbe Industrie Grafiche - Modena
Autorizzazione del Tribunale
n. 1909 del 9 marzo 2009
Approfondimento
Export
una crisi
che sa d’antico
Industria
Intervista
Wam, coclee
alla conquista
del mondo
Il rettore: partner
delle imprese
per la ricerca
L’epopea di Vainer
Marchesini parte
da un'officina in un
garage per arrivare
a una holding
che ha ramificazioni
nei cinque
continenti.
Il fondatore del
gruppo Wam
di Cavezzo racconta
quattro decenni
indimenticabili.
Aldo Tomasi, alla
guida dell’Università
di Modena e Reggio
Emilia, scommette
sulle potenzialità
della ricerca
applicata
anche per aiutare
le aziende
ad affrontare la crisi.
Il Monitor dei distretti del Servizio studi di
Intesa Sanpaolo evidenza una débacle delle
esportazioni italiane (-20 per cento) nel primo
trimestre del 2009. È il «peggior risultato
della storia recente» ma non una novità:
il trend di malessere e di criticità colpisce
i distretti industriali almeno da fine 2007.
OUTLOOK 5
Sommario
9
EDITORIALE
Per un Paese sbloccato
di Franco Mosconi
11
ZOOM ECONOMIA
20
MONDO
La Cina non aspetta
di Ugo Bertone
28
L'APPROFONDIMENTO
Export, una crisi
che sa d’antico
di Massimiliano Panarari
40
ITALIA
Un’economia
che sta ripartendo
di Paolo Bricco
46
ECONOMIA
I sindaci: «In prima linea
contro la crisi»
di Roberto Grimaldi
58
L'INTERVISTA
Il rettore: «Siamo i partner
giusti per le imprese»
di Felicia Buonomo
70
EVENTI
Scuola e imprese per formare
i giovani tecnici
di Generoso Verrusio
74
SETTORI
Aspettando la Motor valley
di Arianna De Micheli
86
RITRATTI D'IMPRESA
Wam: coclee alla conquista
del mondo
di Arianna De Micheli
96
ECCELLENZE
Non semplici ricette
ma poesie da gustare
di Ida Meneghello
106
CULTURA
Capolavori dagli Stati Uniti
alla Romagna
di Cecilia Lazzeretti
113
LETTURE
di Massimiliano Panarari
Editoriale | Franco Mosconi
Per un Paese sbloccato
Mentre gli studi economici parlano di una ripresa del Pil nazionale e internazionale,
il presidente della Repubblica punta l’attenzione sulle ripercussioni della crisi
sul mercato del lavoro. Che in Italia deve riuscire ad affrancarsi dalle logiche
di lobby e nepotismo che tolgono spazio alla meritocrazia e alla mobilità sociale
onostante il calendario, siamo entrati in una
Restano sul tappeto le due grandi questioni, fra
stagione che, fra la sorpresa generale, ha
loro collegate, della competitività (di tutto il nostro
iniziato a manifestare alcuni segnali «prisistema economico) e del lavoro (o, se si preferisce, del
maverili» più che «autunnali»: con ciò vogliamo
«capitale umano»).
richiamare alla mente i numerosi rapporti di previIntervenendo in videoconferenza al Workshop Amsione e le tante indagini congiunturali che abbiamo
brosetti di Cernobbio, il presidente della Repubblica
potuto leggere proprio intorno alla metà del mese di
Giorgio Napolitano ha saggiamente osservato: «La crisettembre. In rapida successione sono stati pubblicasi non è finita ed è destinata a provocare serie conseti, a livello internazionale, il nuovo World Economic
guenze sul mercato del lavoro nei prossimi mesi». Di
Outlook del Fondo monetario internazionale, il super700.000 posti di lavoro persi in due anni ha poi parlaindice dell'Ocse e le previsioni intermedie della Comto Confindustria, presentando il già ricordato rappormissione europea nonché, in Italia, il rapporto del
to del suo Centro studi in cui prevede sì una ripresa,
Centro studi Confindustria e gli indici della produzioma «lunga e insidiosa».
ne industriale sia dell'Isae sia dell'Istat.
Ora, gli ammortizzatori sociali estesi anche ad
Fatte salve le differenze metodologiche, tutti conalcune categorie di lavoratori che ne erano storicamenPremiare
vergono su un punto: la fase peggiore della crisi può dirsi
te sprovviste, rappresentano una misura di politica econoil merito
superata e il 2010 sarà l'anno dello svolta, con il Pil che,
mica sacrosanta. E su questa strada occorre continuare.
è l’unico modo
dopo i tracolli di quest'anno, tornerà ad avere, un po' dapper il nostro Paese Ma ammesso e non concesso che anche in Italia si arrivi al
pertutto, il segno «più». Per gli Usa la previsione di conpunto di tutte le grandi democrazie europee, che hanno
di riconquistare
senso è intorno a un +2 per cento (-2,6 per cento in questo
un sistema «universale» di sostegno al reddito, resta l'alcompetitività
2009), che invece si ferma al +0,6 per cento per l'area deltra faccia della medaglia: come dare una vera chance ai
l'euro (dopo un -4,4 per cento). Tutt'altra storia è quella che ci viene nostri talenti? Se la famiglia di origine e/o la lobby che offre proteziodai grandi Paesi emergenti (Cina e India, in primis) che metteranno ne continuano a rappresentare le cause del successo pressoché esclua segno l'ennesima performance ampiamente positiva (il Pil 2010 sive nella ricerca del posto di lavoro (e, poi, nella progressione di caraumenterà, rispettivamente, dell'8,5 e del 6,3 per cento).
riera), la meritocrazia e la mobilità sociale saranno sempre un miragTutto bene, dunque, quel che finisce bene? Magari le cose fossero gio nell'Italia di questo nostro tempo.
così semplici: in economia e, più in generale, nella realtà non lo sono
Al contrario, il nostro Paese inizierà davvero a risalire le graduatoquasi mai. E questo vale a maggior ragione per il nostro Paese, che rie della «competitività globale» (oggi, siamo intorno alla 50° posizione
viene da quindici anni di bassa crescita e da una transizione politico- stando al World Economic Forum) quando in tutti gli ambiti ci si sforzeistituzionale che sembra non aver mai fine. Il segno positivo davanti rà di premiare il merito: nella scuola e nell'università, nella pubblica
al Pil che tutti gli osservatori prevedono per il 2010 (dopo il -5 per amministrazione, nelle imprese e nella finanza, nelle libere professioni,
cento atteso per la fine del 2009, per l'anno prossimo si va dal +0,2 per e così via. Quel giorno il nostro «capitale umano» sarà un autentico fatcento del Fondo monetario al +0,8 per cento del Centro studi Con- tore di crescita economica: cosa che non può compiutamente avvenire
findustria) va considerato davvero il minimo da cui (ri)partire.
oggi, in un Paese bloccato. Come bloccate sono le sue «cento città».
N
L’autore insegna Economia industriale all’Università di Parma e European Industrial Policy al Collegio Europeo di Parma, dove siede nel comitato scientifico.
OUTLOOK 9
ARCHITETTURA
Restaurato il Salone d’Onore
del Palazzo Ducale in partnership
con gli industriali modenesi
er Confindustria Modena,
quella con l’Accademia è una
collaborazione che non si è mai
interrotta. Ma da questa esperienza,
oltre che una grande soddisfazione,
traggo un importante spunto di
riflessione: dove il valore dei beni
artistico-culturali è tenuto in gran
considerazione si aprono prospettive
importanti anche per i soggetti economici che in quel territorio operano»: commenta così Pietro Ferrari,
presidente di Confindustria
Modena, il lavoro di restauro delle
superfici pittoriche della controfacciata del Salone d’Onore di Palazzo
Ducale, finanziato dall'associazione
degli industriali modenesi. Tra
Accademia e Confindustria Modena
esiste da tempo un rapporto speciale
di collaborazione: già a fine anni
Novanta, quella che ancora si chiamava Associazione degli Industriali
di Modena aveva finanziato il risa-
«P
Zoom
economia
namento della volta affrescata della
Sala dello Stringa (la prima delle tre
anticamere che porta alla Sala del
Trono ed è attigua al Salone
d’Onore).
E il riconoscimento ufficiale da parte
dell'Accademia militare viene dal
comandante generale di Corpo
d’Armata Roberto Bernardini che lo
ha ribadito anche nella conferenza
stampa con cui è stata presentato
l’intervento di recupero del salone
simbolo del Palazzo Ducale: «È stato
riportato allo splendore originario il
cuore del Palazzo Ducale. Se oggi
possiamo riappropriarci di questo
luogo e riprendere le nostre attività,
è grazie al sostegno di un’eccellenza
del mondo economico-produttivo
modenese come Confindustria
Modena».
«Nel nostro Paese i giacimenti petroliferi ci sono e stanno sopra di noi,
non sotto», ha affermato la soprintendente ai Beni architettonici di
Bologna, Modena e Reggio Emilia
Paola Grifoni. «Sono da ringraziare
le persone dell’impresa Clessidra che
hanno lavorato con passione e sacrificio per ripristinare quel gioiello di
architettura e arte che è il Salone
d’Onore, ma si estende anche a
Confindustria Modena e
all’Accademia militare».
La Soprintendenza regionale ha già
lavorato con l'Accademia attraverso
la formula del finanziamento privato. La qualità e la velocità di esecuzione dei lavori sono state eccellenti.
«La bonifica delle infiltrazioni», racconta il direttore tecnico di Clessidra
Fabio Iemmi, «il consolidamento
delle superfici murarie e le integrazioni pittoriche sono state completate in un mese e mezzo».
Ma il Palazzo, un tempo appartenuto
alla casata Estense, è alle prese con
problemi strutturali che meriterebbero un forte e diretto interessamento da parte dello Stato. «Il privato, in
questi ultimi tempi, è riuscito a fare
grandi cose sul fronte del mantenimento del patrimonio artistico-culturale», ricorda la Polidori, «Il caso del
Palazzo Ducale di Modena, da questo
punto di vista, è emblematico. Credo
però che debba essere lo Stato, prima
di ogni altro, a doversi fare carico
della conservazione e del mantenimento dei nostri beni culturali».
In alto, il presidente
di Confindustria
Modena Pietro Ferrari
e il comandante
dell'Accademia militare
Roberto Bernardini.
Da sinistra: il Salone
d'Onore di Palazzo
Ducale;
la volta affrescata
del salone;
la mappatura dei lavori
di restauro eseguiti
dall'impresa Clessidra
OUTLOOK 11
CONFINDUSTRIA MODENA
Progetto
«reti di imprese»
Giuseppe Morandini:
«Puntare sulle
aggregazioni»
PREMI
Nastro d’Oro
a Cavicchioli
e sfide che gli imprenditori possono
cogliere sono molteplici, ma ce n'è una
assolutamente centrale in un'ottica di riposizionamento produttivo, in particolare per
effetto della crisi: le aggregazioni fra imprese. Se ne sta occupando Confindustria
Modena, con un progetto specifico che il presidente di Confindustria Modena Pietro
Ferrari intende sviluppare nel prossimo
biennio, con l'aiuto di Giuseppe Molinari,
componente del consiglio direttivo di
Confindustria Modena.
«Le "reti di imprese" costituiscono tout court
un modello innovativo della cultura d'impresa che dal distretto trae linfa e ispirazione», spiega Molinari. «Questi network, che
non sono le classiche fusioni per incorporazione, mettono due o più aziende sullo stesso
piano, ne preservano identità e specialità, e
puntano alla comunione della filiera produttiva».
Il progetto di Confindustria Modena si muoverà lungo due direttrici: da una parte con
l'opera di informazione e formazione degli
associati affidata alla scuola di alta formazione dell'associazione di via Bellinzona,
Nuova Didactica, che se ne occuperà attraverso seminari e corsi formativi per lo sviluppo delle competenze manageriali necessarie; dall'altra ricercando le partnership
più significative per diventare operativi:
«Come ogni progetto», spiega il presidente di
Confindustria Modena Pietro Ferrari, «bisogna dotarlo di risorse finanziarie. Stiamo
lavorando con i più importanti istituti di credito per creare possibili forme di collaborazione che permettano di finanziare iniziative di aggregazione».
e aggregazioni sono la polizza vita
delle piccole e medie imprese del
manifatturiero»: questa l'efficace battuta
di Giuseppe Morandini, presidente di
Piccola Industria di Confindustria, intervenuto a Modena al convegno nazionale
«Aggregazioni tra imprese per accelerare
lo sviluppo», che si è tenuto presso l'auditorium di via Bellinzona. Per l'imprenditore,
che per Confindustria segue in particolare
le tematiche legate alle aggregazioni e
fusioni, la crisi economica ha portato le
pmi di fronte a un bivio. La scelta di una o
dell'altra strada dipende dalle condizioni
di ogni singola azienda: «Dove ci sono le
possibilità finanziarie si ricapitalizza, ma
dove mancano le risorse non si può fare a
meno di intraprendere il processo di aggregazione».
ll’ottava edizione del Concorso
enologico nazionale
«Spumanti&bollicine
d’Italia 2009»
l’Azienda agricola
Castelfaglia, che
appartiene al
Gruppo Cavicchioli
di Sorbara ed è specializzata in spumanti e vini docg di
Franciacorta, ha
ottenuto il primo
premio, il Nastro
d'oro, e il premio
speciale «Metodo
classico» 2009.
«Siamo orgogliosi di
questo premio»,
commenta
Cavicchioli, enologo
e responsabile tecnico del gruppo omonimo, «che corona
una stagione di
eccellenti risultati».
Infatti, a questi si
aggiungono anche i
riconoscimenti ottenuti, sia nelle guide
dei vini sia nei concorsi, da “Vigna del
Cristo Cavicchioli” e
dal metodo classico
“Rosè del Cristo
Cavicchioli”, nonché
dai vini di
“Francesco Bellei”,
altra azienda del
gruppo.
L
Giuseppe Molinari,
responsabile
per Confindustria
Modena
del progetto
«Reti di imprese»
12 OUTLOOK
«L
A
Giuseppe Morandini,
presidente
di Piccola Industria
di Confindustria
FINANZA
Rapporto banca-impresa, un anno di lavoro
onfindustria
Modena, a un anno
dallo scoppio della crisi
finanziaria che ha portato alla recessione mondiale, ha fatto il punto
sulle iniziative messe in
campo a sostegno degli
associati. «L'azione di
monitoraggio sul rapporto bancaimpresa è iniziata tempestivamente», ha spiegato il vicepresidente dell'associazione degli
industriali modenesi con delega a
credito e finanza Filippo Borghi,
«e con diversi istituti di credito
abbiamo siglato convenzioni per
favorire temi strategici quali ricapitalizzazione aziendale, investimenti innovativi, internazionalizzazione ed efficienza energetica». In collaborazione con
l'Università di Modena e Reggio
Emilia è stato realizzato un ciclo
di incontri formativi, e in quell'occasione quattro banche sono
intervenute per illustrare alle
aziende associate i modelli di
Prodotto semplice,
servizio articolato.
C
Filippo Borghi, vicepresidente
di Confindustria Modena
con delega al credito e finanza,
e Alessandro Rossi, responsabile
Area fisco e finanza dell’associazione
rating applicati.
«Di particolare rilievo», ha ricordato il responsabile Area fisco e
finanza di Confindustria
Modena Alessandro Rossi,
«l'azione di stimolo verso il
Cofim per aumentare le garanzie prestate alle imprese, che
sono passate dal 10 al 50-60 per
cento e si sono prolungate per
tutta la durata del prestito».
Sandro Cavicchioli
ritira il premio
Una vasta gamma di soluzioni di imballaggio
CBM srl
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Gruppo
F I N A N Z A P E R L’ I M P R E S A
GRUPPO GIOVANI
IMPRESE
Visita alla Fiat Mirafiori
System Logistics conquista il mercato Usa
ystem Logistics, la divisione del Gruppo
System che si occupa di
automazione industriale
(con un organico di 200
persone e un fatturato
2008 di 90 milioni di euro),
ha assunto il controllo
della statunitense
Diamond Phoenix, da oltre
sessant'anni leader nella
progettazione, costruzione
e installazione di sistemi
di picking stoccaggio e smistamento. Con l'acquisizione del marchio statunitense e del suo portafoglio
clienti, System Logistics,
pur mantenendo il cuore
produttivo in Italia, troverà un importante vantaggio commerciale in Usa e
Canada e, contemporaneamente, potrà portare sul
mercato europeo l'esperienza e il know-how della
società acquisita.
L'acquisizione interessa
oltre 100 dipendenti suddivisi in diverse sedi dagli
Usa all'Australia, a cominciare da Lewiston, dove si
trova il quartier generale.
Le nuove sedi commerciali
Usa, che manterranno il
marchio americano,
andranno ad affiancare le
strutture di System
Logistics già presenti in
America Latina, Francia,
S
eri la Topolino, oggi la nuova
Cinquecento e l'Alfa Romeo Mito: la
Fiat, il più grande complesso industriale
italiano, nonostante i venti di crisi e i vari
riassetti, quest'anno ha toccato i settant'anni di attività. Gli stabilimenti Fiat
Mirafiori di Torino sono stati visitati da un
nutrito numero di associati al Gruppo
Giovani di Confindustria Modena. Dopo la
prima parte della visita, incentrata sull'organizzazione della gamma prodotti e sul
modello Fiat di «produzione snella», i partecipanti hanno potuto esaminare lo stabilimento Mirafiori Carrozzeria, dove viene
prodotta l'Alfa Romeo Mito, ultima nata
del prestigioso marchio italiano.
A lezione d’impresa
da Crown Aerosols Italia
FEDERAZIONE BANCHE DI CREDITO COOPERATIVO
CREDITO EMILIANO
CASSA DI RISPARMIO IN BOLOGNA
CARIPARMA
BANCA CR FIRENZE
CASSA DI RISPARMIO DI FERRARA
CASSA DI RISPARMIO DI CENTO
SANFELICE 1893 BANCA POPOLARE
BANCA MODENESE
BANCA EMILVENETA
BANCA CRV CASSA DI RISPARMIO DI VIGNOLA
UNICREDIT BANCA D’IMPRESA
UNICREDIT BANCA
BPV - S. GEMINIANO E S. PROSPERO
BANCA POPOLARE DELL’EMILIA ROMAGNA
I
'eccellenza di prodotto si raggiunge con
un miglioramento graduale ma continuo dell'organizzazione interna all'azienda: dalla qualità alla manutenzione, dalla
gestione dei costi alla logistica. Un modo
per raggiungere questo risultato è applicare la «lean production», o produzione snella: la Crown Aerosols Italia di Spilamberto
ha presentato la propria esperienza a una
delegazione del Gruppo Giovani di
Confindustria Modena, guidata dal presidente Davide Malagoli.
«La produzione snella, anche se comporta
qualche costo, quantomeno in termini di
formazione del personale», spiega l'amministratore delegato di Crown Aerosols
Italia Marco Padovani, «è un'importante
occasione di business. Questa metodologia
innovativa di organizzare i processi aziendali punta all'eccellenza dell'intero ciclo
L
credito alle PMI
41100 Modena
Via Ganaceto, 134
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IL CONFIDI PER LE PMI MODENESI
logistico-produttivo e porta risparmio economico e flessibilità all'azienda. Di fatto,
una leva strategica per competere sui mercati del futuro».
Crown Aerosols Italia, che ha sede a
Spilamberto e occupa 200 dipendenti, è
specializzata nella produzione di packaging metallico per i più disparati usi ed
esporta per il 50 per cento sui mercati di
Belgio, Olanda, Francia e Austria. Nel
2008 ha realizzato un fatturato di 52 milioni di euro.
SETTORI
L’agroalimentare
diventa tecnologico
romosso dalla Provincia di Modena e
finanziato dall'Unione europea, il progetto Tech Food (un network internazionale di organismi di ricerca, istituzioni e
imprese dell’Europa dell’Est) intende creare una rete di «centri per il trasferimento
tecnologico» per il settore agroalimentare.
L'obiettivo è fornire agli operatori del comparto nuovi strumenti di competitività, e
alle istituzioni un monitoraggio costante
dell'andamento del settore.
In concreto, il progetto Tech Food, che ha
durata triennale e un budget di 2,5 milioni
di euro, prevede la realizzazione di eventi,
seminari formativi, e la creazione di un
database di casi eccellenti tra le realtà
imprenditoriali del settore tecnologicamente all'avanguardia. Dodici, in totale, i partner del progetto Tech Food, che coinvolgerà almeno 20 mila persone, 2.300 piccole e
medie e imprese e 2.500 operatori privati.
Per l'Italia, saranno coinvolti la Provincia
di Modena e Aster Emilia-Romagna.
P
Sopra, la sede
di Fiorano
Modenese
del Gruppo
System.
A sinistra,
un particolare
del sistema
Modula
Spagna e Polonia.
«Esperienza e innovazione
sono gli ingredienti distintivi della partnership», commenta il direttore generale
di System Logistics Mauro
Pelliciari. «La combinazione
di queste due realtà costituisce un'ottima premessa
per affrontare con determi-
nazione il sempre più esigente e ricettivo mercato
della logistica mondiale.
In particolare, vogliamo
rafforzare la nostra presenza nel mercato nordamericano che rappresenta
un'opportunità di grande
valore per tutto il gruppo
System».
Il gruppo Infracom si rafforza in Emilia-Romagna
nfracom Consulting, nata nel 2007 dall'unione di Area Partners (Infracom), Info
Area (Ima) e Prototipo (Sacmi) e controllata
per il 75 per cento da Infracom Italia, è tornata a far parte al 100 per cento del Gruppo
Infracom, importante realtà nazionale nel
settore Ict, che ha acquisito le quote di Ima e
Sacmi.
«La sfida lanciata due anni fa da Infracom
Consulting intendeva rafforzare la nostra
presenza in Emilia-Romagna grazie al coin-
I
Roberto Reboni,
presidente
e amministratore
delegato
del Gruppo Infracom
OUTLOOK 15
volgimento di partner industriali rappresentativi del territorio, obiettivo pienamente
raggiunto», dichiara Roberto Reboni, presidente e amministratore delegato del Gruppo
Infracom. «Nonostante l'evidente recessione
del mercato, il gruppo ha dimostrato di
saper raggiungere in breve tempo risultati
di grande innovazione tecnologica in EmiliaRomagna, dove intende continuare a operare e a svilupparsi, parallelamente a una crescita a livello nazionale».
Apex si consolida in Cina
a Cina chiama? Apex risponde. Il successo del progetto Sap presso la
Ognibene Hydraulics Components di
Suzhou, stabilimento estero dell'azienda
reggiana Ognibene Spa specializzato nella
produzione e nell'assemblaggio di cilindri
oleodinamici, ha determinato un ulteriore
passo avanti di Apex nel mercato cinese.
« Le aree di intervento», spiega Ilario
Benetti, legale rappresentante della società modenese che opera nel settore Ict,
«hanno interessato la produzione, le vendite, gli acquisti e il magazzino. Apex ha
L
Commessa in Bolivia
per Ancora Group
razie a una doppia commessa dalla
Ceramica Faboce in Bolivia ad Ancora
Group, leader nella progettazione e produzione di macchine e impianti per la lavorazione di fine linea, cresce e si consolida la
presenza del gruppo sassolese sul mercato
sudamericano.
Questa fornitura dà un ulteriore impulso
all'area latina e conferma la validità della
scelta di aprire una nuova filiale in Brasile,
operativa dalla scorsa primavera, per offrire
un servizio post-vendita efficiente e rapido
in tutto il Sudamerica. «Una scelta», precisa
Fabio Corradini, amministratore delegato
del gruppo, «che sta avvantaggiando decisamente la nostra attività commerciale».
L'impianto entrerà in funzione nella primavera del 2010 per produrre gres porcellanato
tecnico e smaltato.
G
anche gestito in autonomia le interazioni
fra le funzionalità logistiche e gli aspetti
civilistico-normativi cinesi: per il controllo
del materiale importato ed esportato, ad
esempio, è stato messo a punto un efficace
"custom book". La presenza di tecnici della
nostra azienda in Cina si è limitata a due
sole settimane».
Presente sul mercato cinese dal 2006,
Apex rappresenta il partner ideale per le
pmi che abbiano delocalizzato attività
commerciali o produttive, in particolare
nella zona di Shanghai. Di particolare
interesse sono le competenze che Apex ha
maturato nel rapporto con fornitori cinesi
di macchine industriali, realizzando ex
novo o reingegnerizzando software in
grado di pilotare apparati installati negli
stabilimenti cinesi.
CULTURA
Confindustria Modena sponsor
di Mimmo Paladino al festival Filosofia
'edizione 2009 del festival Filosofia è stata da
record: tra Carpi, Modena e
Sassuolo (le tre sedi che
ospitano la manifestazione)
si sono contate oltre 150
mila presenze: giovani, studenti, stranieri e cittadini di
ogni età. Molto apprezzata,
tra le diverse iniziative culturali, la mostra dal titolo
L
«Testimoni» di Mimmo
Paladino, che Confindustria
Modena ha sponsorizzato, e
che ha tenuto aperti i battenti ben oltre la durata della
kermesse modenese,
fino alla prima settimana di
ottobre.
Mimmo Paladino è ormai un
nome molto conosciuto a
Modena: il rivestimento
Due borse di studio
per il centenario
di Confindustria
della Ghirlandina è forse
l'intervento più noto in città.
L’artista beneventano è uno
dei rappresentati più significativi della Transavanguardia, ha partecipato più volte
alla Biennale di Venezia e
nel 1994 è stato il primo
artista contemporaneo italiano a tenere una mostra in
Cina.
Alvaro Colombo, vicesindaco
di Modena, Michelina Borsari
direttore scientifico del festival
Filosofia, Pietro Ferrari,
presidente di Confindustria
Modena, e Franco Tazzioli,
presidente del consiglio direttivo
del Consorzio per il festival
Filosofia
n secolo di vita: nel 2010 Confindustria celebrerà il centenario della sua
fondazione. Fra le diverse iniziative in programma su tutto il territorio, l'associazione di viale dell'Astronomia ha ritenuto
fondamentale dedicare una particolare
attenzione anche ai giovani bandendo, in
collaborazione con l'Università Luiss
Guido Carli e l'Università Carlo Cattaneo,
un concorso per il conferimento di due
borse di studio, dell'importo di 10.000 euro
ciascuna, per lo svolgimento di un progetto
di ricerca su tematiche relative alla storia
economica e d'impresa italiana o della storia del pensiero economico d'impresa.
Possono presentare domanda gli studenti
che hanno conseguito, da non oltre tre
anni dalla data di scadenza del bando (15
novembre 2009), un titolo di laurea magistrale (o del vecchio ordinamento) conseguito presso un'università italiana.
U
Mondo | Le prospettive del colosso asiatico
Pechino vuole contare di più sullo scenario mondiale
e cerca alleanze tra le economie in crescita
CINA
La
non aspetta
Dal taglio dell'export di minerali rari
indispensabili al settore elettronico
ai rapporti privilegiati con realtà economiche
ricche di materie prime come il Brasile
e i Paesi africani, il Drago Rosso sta dimostrando
all'Occidente che un'intera parte del mondo
può crescere senza l'aiuto dei Grandi.
E a confermarlo sono i risultati economici
di Ugo Bertone
ll'inizio di settembre la signora Wang Caifung, direttore generale del dipartimento cinese che si occupa del commercio dei materiali rari, ha annunciato che la Cina ha intenzione di tagliare in maniera significativa, da 66 a 35 mila tonnellate l'anno, l'export di
17 minerali rari di cui Pechino detiene, in pratica, il quasi
monopolio. In realtà ben pochi, al di fuori della cerchia
degli addetti ai lavori, hanno un'idea di cosa siano e a che
servano il disprosio, il terbio o il tulio, per citare solo tre
delle sostanze in questione. Ma questi materiali, che riescono a conservare le proprietà magnetiche anche ad altissime temperature, sono quasi insostituibili per i cellulari, i monitor a cristalli liquidi, le turbine per l'energia
eolica o per le vetture ad alimentazione ibrida.
Lo stop di Pechino, insomma, cade come una vera e
propria minaccia per alcuni settori, tra l'altro tra i pochi
ad avere prospettive di crescita solide in tempi di reces-
A
Calo degli investimenti occidentali in Cina
-20,5% nei primi otto mesi del 2009
20 OUTLOOK
OUTLOOK 21
Mondo | Le prospettive del colosso asiatico
L'Italia
deve riuscire
a sfruttare meglio
ogni occasione
utile,
anche le riprese
economiche
temporanee
di singoli settori
produttivi,
per rafforzare
i presidi
commerciali
in Cina
e favorire
il riposizionamento
competitivo
del nostro Paese
rispetto
al colosso cinese
sione. Di qui la paura che dietro alle motivazioni ambientali addotte dalla signora Wang spunti l'ombra del protezionismo o, quantomeno, del nazionalismo economico («la
soluzione», ha suggerito la funzionaria cinese, «potrebbe
consistere nel trasferire da noi parte delle lavorazioni, azzerando i rischi legati al trasporto»).
Certo, la questione in sé è marginale. Ma è un buon esempio di una delle conseguenze che emergono, come tante
punte di iceberg, dalle acque agitate della crisi: il sistema
globale si va divaricando. Da una parte c'è la Cina, principale motore di una parte del mondo, per lo più asiatica,
dove la crisi ha voluto dire essenzialmente un rallentamento momentaneo della crescita, poi ripresa grazie a un
massiccio intervento da parte della finanza pubblica, in
genere in buone condizioni; dall'altra un sistema, in Occidente, che al di là dei rovesci delle economie e dei mercati finanziari, è entrato nel tunnel di una grave malattia,
che nella sua forma più acuta genera disoccupazione e
perdita di fiducia. Fiducia che rimane l'ingrediente principe di un sistema che per decenni ha campato soprattutto sui consumi da parte americana che finanziavano
Paesi (vedi Germania, Giappone ma anche Italia) fortemente esportatori.
È inevitabile che il fenomeno della divaricazione generi conseguenze profonde, anche sul piano psicologico: le
economie asiatiche, vittime della prima ondata di crisi alla fine del secolo scorso, hanno preso coscienza di poter far
da sole. Certo, è legittimo nutrire dubbi sulla solidità del
boom cinese, trainato da un eccesso di investimenti da parte statale che minaccia di tradursi (come è avvenuto in
Usa) in bolle speculative nella Borsa e nel mercato immobiliare. Ma, almeno per ora, l'operazione «decoupling» è
riuscita: i Bic (Brasile, India e Cina, perché all'appello è
mancata la Russia) non sono in grado di far da locomotiva all'economia globale, però possono emanciparsi dai problemi dell'Ovest. Sia a Pechino sia a San Paulo, piuttosto
che a Seoul, si fa strada la sensazione di poter fare a meno
del vincolo occidentale. O quantomeno, di avere il diritto
di contare di più nelle scelte del Fondo monetario inter-
nazionale, in attesa che l'Occidente trovi una cura per i
suoi malanni, che non sono solo finanziari.
È inevitabile, anche, che la nuova situazione generi tensioni. Per tornare alla questione dei metalli rari, passata
sotto silenzio in Italia, basti notare che il messaggio è stato lanciato pochi giorni prima dell'arrivo a Pechino della
missione di Kevin Rudd, primo ministro d'Australia, il Paese che sta più a cuore ai signori dello yuan. Nel corso del
2009 i flussi di investimento della Cina si sono progressivamente spostati dall'area Ocse verso tre direttrici: l'Africa, ormai terra di conquista per le ditte cinesi decise a prendere il posto degli occidentali per garantirsi il flusso di materie prime; il Sudamerica, Brasile in testa, partner vitale
per le esigenze alimentari del Drago (oltre che per il fabbisogno di ferro). E l'Australia, in particolare, dove si è concentrato più di un terzo degli investimenti, con un picco
ad agosto del contratto da 41,3 miliardi di dollari per il
controllo dei giacimenti di gas di Gorgon.
Proprio con l'Australia, però, si è verificato l'incidente
diplomatico e finanziario più grave: Rio Tinto, il colosso
anglo-australiano delle commodity, ha rifiutato in estate
Joerg Wuttke, presidente
della Camera di Commercio
europea a Pechino.
Sotto, da sinistra: un militare
osserva da dietro una tenda
una cerimonia ufficiale
presso la Grande Sala
del Popolo
nella capitale cinese;
uno scorcio della centrale
elettrica di Baotou,
nel nord della Cina,
al confine con la Mongolia
l'offerta di 19,5 miliardi da parte di Chinalo, già grande
azionista del gruppo che sembrava destinato, prima di un
provvidenziale intervento dei rivali di Bhp Billiton, a finire nell'orbita di Pechino. Facile immaginare che dietro all'operazione ci sia stato l'attivo intervento delle autorità
politiche d'Australia (e non solo). Lo sbarco in Rio Tinto
avrebbe consentito alla Cina di garantirsi il controllo di uno
dei principali fornitori di minerale di ferro, materia prima essenziale per l'industria dell'acciaio cinese, che da
mesi esige un forte sconto sui prezzi. Non stupisce, perciò,
la rabbia cinese per un buon affare sfumato. Ma pochi
avrebbero previsto una reazione così muscolare: l’arresto
di quattro dipendenti (tre cinesi, un australiano) di Rio
Tinto, detenuti nelle carceri del Drago Rosso con la grave
accusa di spionaggio per aver condotto indagini segrete
sul fabbisogno di ferro da parte dell'industria di Pechino.
In pratica, normali ricerche di mercato per individuare i
trend di domanda e offerta (almeno secondo gli standard
occidentali) ma che gli incerti confini del diritto nel Rosso
Impero hanno reso assai pericolose.
Una reazione del genere sarebbe stata impensabile
Fino a qualche
tempo fa
i cinesi
erano ansiosi
di attrarre
capitali,
tecnologie
e manager
dall'Occidente.
Oggi, forti
di un surplus
commerciale
e di una potenza
finanziaria
uniche al mondo,
cominciano
a manifestare
una certa
irritazione
xenofoba
L’Asia rappresenta per l’Italia
solo il %
dell’export nazionale
ma il dato è in crescita
7
22 OUTLOOK
OUTLOOK 23
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Mondo | Le prospettive del colosso asiatico
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La crisi
ha rilanciato
l’interesse
della Cina
per i Paesi ricchi
di materie prime:
il Sudamerica
dei giacimenti
di petrolio,
l'Africa
delle minierie,
l'Australia
delle risorse
naturali
e agricole
24 OUTLOOK
fino a poco tempo fa: allora i cinesi erano ansiosi di attrarre capitali, oltre che tecnologie e manager dall'Occidente.
Oggi, forti di un surplus commerciale e di una potenza finanziaria uniche al mondo, le autorità cinesi non nascondono una certa irritazione xenofoba: «Fino a pochi anni fa»,
confida al Financial Times Joerg Wuttke, presidente della European Union Chamber of Commerce ai piedi della
Città Proibita, «i leader delle multinazionali che sbarcavano in Cina venivano accolti con una cena di benvenuto
nella Great Hall del Popolo. Oggi, al contrario, le porte
restano chiuse». Pechino, insomma, fa sapere di non aver
più bisogno di capitali dall'estero o, comunque, di non
temere più di tanto il calo degli investimenti dall'Occidente (-20,5 per cento nei primi otto mesi del 2009).
Nessuno fa più ponti d'oro a europei e americani. La
crisi ha prodotto nuove alleanze e nuovi interessi nell'emisfero sud del pianeta: le commodity brasiliane di
Lula, le miniere d'Africa, le risorse d'Australia, perfino l'asse con la nuova dirigenza di Tokyo, meno legata a Washington di quella che l'ha preceduta. Dove si spingeranno questi nuovi equilibri? Molto dipenderà dalla capacità
di reazione del Vecchio Mondo. Ma, per chi ama i prece-
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In alto, ragazze in divisa posano
per una foto in Piazza Tiananmen,
uno dei simboli della capitale cinese
più conosciuti anche all’estero; sullo sfondo
l’ingresso alla Città proibita.
Sopra, un operaio davanti alla sede
della China Central Television
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Mondo | Le prospettive del colosso asiatico
Kevin Rudd,
primo ministro
australiano.
A destra,
un coltivatore
di canna
da zucchero
del Queensland
La Cina ha dimezzato
l’export di
minerali rari
di cui detiene il quasi
monopolio
17
Nel 2009
la Cina
ha spostato
i suoi investimenti
dall’area Ocse
verso Brasile,
Africa
e Australia.
Ma la difesa
del governo
australiano
di una società
mineraria
dal tentativo
di scalata
dei cinesi
ha prodotto
un grave incidente
diplomatico
26 OUTLOOK
denti storici, valga il ricordo di quel che accadde nel 1873
quando dallo scoppio della bolla immobiliare e bancaria
europea si innescò una crisi finanziaria che produsse una
generazione di vincenti: le compagnie industriali dei tycoon americani (Rockefeller, Carnegie, McCormick). Dopo quella crisi, che generò un'ondata di protezionismo (e
le prime ondate di xenofobia contro gli immigrati, in Europa e in Usa), il testimone della leadership economica
passò dall'Europa agli Stati Uniti.
Certo, la storia non si ripete mai allo stesso modo. Ma
non occorre scavare troppo per trovare tracce di un trend
già robusto. Basta ammirare i pozzi già attivi nelle acque
brasiliane, di fronte a Rio de Janeiro e Vitória. Qui, contro il parere degli esperti Usa, i tecnici brasiliani stanno
cercando di strappare al mare le ricchezze dei giacimenti pre-salini dell'Oceano. Un'impresa ciclopica e costosa,
perché si tratta di perforare una spessa crosta di sale per
liberare il greggio che, a quel punto, uscirà con una pressione fortissima. Un'impresa che il Brasile di Lula ha affidato, oltre che a Petrobras (azienda a maggioranza pubblica ma quotata in Borsa) a una nuova società di Stato,
la Petrosal, con l'evidente obiettivo di non dipendere dal-
le compagnie occidentali. Non solo. I finanziamenti iniziali sono stati garantiti da un prestito cinese per dieci miliardi di dollari, da ripagarsi nel tempo con barili di petrolio. In sostanza, in attesa che in Usa riparta la vendita di boxer e slip da uomo (un indicatore fedele della fiducia dei consumatori, assicura Alan Greenspan, economista e per 18 anni a capo della Federal Reserve statunitense) il mondo si attrezza a ripartire da un profilo più basso
e statalista.
Che prospettive si profilano per il Bel Paese? L'Italia
non è certo stata a guardare in quest'anno di crisi, ma
l'Asia rappresenta ancor oggi una parte modesta, il 7 per
cento circa, dell'export di casa nostra, comunque in crescita. Del resto, la diplomazia economica ha puntato su
due aree, la Russia e il Nord Africa, decisive per gli approvvigionamenti energetici, nell'attesa che Mosca torni
ad assorbire quote rilevanti delle esportazioni italiane.
Intanto, Fiat docet, chi ne aveva i mezzi ha cercato di
sfruttare la crisi per insediarsi o crescere nel mercato
Usa. Ma la frenata dell'economia globale ha colpito più
l'industria italiana che quella dei competitor, e non solo
per le delusioni patite in Russia. Purtroppo hanno pesato la spada di Damocle del credito e l'insufficiente dotazione di capitale delle imprese. Infine, l'handicap di una
finanza pubblica disastrata, combinata con gli effetti
della crisi, ha impedito di far conto sul mercato interno.
Ora non è il caso di farsi illusioni. Il prossimo futuro ci
riserverà numerose «false aurore», ovvero riprese temporanee di settori anche importanti, perché bisogna ricostruire le scorte. Sarà necessario sfruttare queste improvvise ma effimere schiarite per ridar ossigeno alle
casse aziendali. Per far questo nel modo migliore, oltre
ad aumentare la qualità dei prodotti compensando i
minori volumi, occorrerà rafforzare i presidi commerciali, favorendo così il riposizionamento competitivo del
Paese. È difficile, ma non impossibile purché il mondo del
credito sappia scegliere i progetti giusti: la meccanica di
precisione, l'alimentare e così via sono il nostro disprosio,
il nostro terbio e il nostro tulio.
L’approfondimento
L’approfondimento
Prosegue in questo numero la riflessione su alcuni dei più importanti studi e rapporti di ricerca realizzati da istituzioni, enti e fondazioni di rilievo nazionale, per contribuire a diffondere l'informazione sui temi dello sviluppo economico. Dopo la relazione annuale
della Banca d'Italia, presa in considerazione nel numero scorso, è
la volta del Monitor dei distretti redatto dal Servizio studi e ricerche
di Intesa Sanpaolo, di cui diamo un'ampia sintesi.
Il Monitor
dei distretti
del Servizio
studi e ricerche
di Intesa Sanpaolo
Export
una crisi
che sa d’antico
Nel primo trimestre 2009 i valori delle esportazioni italiane
hanno toccato -20 per cento, il «peggior risultato della storia
recente». Ma non è una novità: si tratta di un trend di malessere
e di criticità che colpisce i distretti industriali almeno da fine 2007
di Massimiliano Panarari
un osservatorio estremamente autorevole dal quale guardare allo
stato di salute (o di sofferenza, come nella fattispecie attuale) della
nostra economia. E il grado di professionalità e di prestigio che lo circonda, in questo caso, purtroppo, non fa altro che confermare in modo indiscutibile la situazione assai difficile che la parte produttiva della nostra economia sta attraversando. L'ultimo «Monitor dei distretti», curato da Gio-
È
28 OUTLOOK
EXPORT
1° TRIMESTRE 2009
Emilia-Romagna
-15,2%
Italia
-20%
Marche, Puglia, Basilicata
-30%
OUTLOOK 29
L’approfondimento
vanni Foresti del Servizio studi e ricerche di Intesa Sanpaolo (datato giugno 2009 e focalizzato sul primo trimestre dell'anno in corso), riporta una fotografia a tinte
fosche della crisi che ha investito l'economia italiana, effetto, certamente, del contesto generale, ma con alcune aggravanti specifiche tutte italiane. Una fotografia precisa e serrata che ci racconta delle attuali, serie, difficoltà
di un sistema produttivo, fiore all'occhiello della nostra
economia e nostro passaporto nella competizione globale, che risente pesantemente di una serie di fattori e ritardi strutturali, tipici della storia italiana recente (dalla mancanza di un'adeguata logica di sistema e di un supporto energico alle esigenze di chi fa impresa, come farebbe la politica negli altri Paesi industriali avanzati,
alle difficoltà rispetto al credito, oggi evidentissime) e
della complicata congiuntura in cui ci troviamo ora.
Criticità strutturali
Qual è, dunque, il ritratto dell'Italia dei distretti che ci
propone il Monitor (prestando un occhio di riguardo, naturalmente, alla realtà emiliana, oggetto più specificamente dell'estratto del Monitor, per conto di Carisbo e
Cassa dei Risparmi di Forlì e della Romagna)? È l'istantanea di quella che è sempre stata una nazione (anzi,
sotto questo profilo, una vera e propria potenza) esportatrice, oggi alle prese con un drastico calo dei valori di
30 OUTLOOK
export dai distretti industriali, che si aggira intorno al
20 per cento nel primo trimestre di quest'anno. Il «peggior risultato della storia recente», come afferma in modo perentorio e analiticamente molto documentato la
ricerca, facendo arrivare all'apice un trend di malessere
e di criticità che colpisce, però, i distretti già almeno da
fine 2007. È infatti da sei trimestri consecutivi, dimostrano i ricercatori autori dello studio, che le esportazioni non aumentano o arretrano in modo sensibile. Al punto che a tenere sono solamente i distretti alimentari, per
loro natura tesi a soddisfare una domanda di carattere
anticiclico e collegata a bisogni di tipo primario. Mentre
tutte le altre realtà distrettuali si trovano sotto scacco,
con diminuzioni del fatturato estero che oscillano tra i
due estremi del -15 per cento per i beni di consumo e il
pesante -30 per cento per quelli intermedi, in ambedue i
casi afferenti al sistema moda.
Ben il 90 per cento dei distretti oggetto di indagine
da parte del Monitor si trova colpito, nel primo trimestre dell'anno in corso, da una diminuzione delle esportazioni. In questo contesto, tutte le regioni italiane scivolano in zona negativa, con la sola Campania che conquista il podio di zona con la riduzione minore delle
esportazioni (-5 per cento), prevalentemente in virtù
dell'export delle conserve di Nocera Inferiore. Nel periodo esaminato, poi, cresce ancora la quota di mercati in
Il calo dell'export
è marcato
negli sbocchi
più importanti,
Usa, Gran Bretagna
e Spagna,
ma anche in Russia,
dove l'economia
distrettuale italiana,
nel complesso,
arriva a perdere
un terzo del fatturato
rispetto
al corrispondente
periodo del 2008
OUTLOOK 31
L’approfondimento
...thinking to make things
risulta compensato dalle prime (ancora decisamente lievi,
come chiaramente avvertibile) manifestazioni di riduzione del calo dell'export provenienti dalle nazioni extraeuropee, verso le quali, in primis il mercato del gigante
asiatico cinese, crescono i flussi di meccanica e mobili
tricolori.
cui i distretti assistono a un decremento del fatturato
(tre ogni quattro), con gli sbocchi in crescita che si rivelano incapaci di fare da contrappeso al trend negativo a
causa della loro modesta entità economica. Il calo dell'export si rivela marcato nelle realtà più importanti e
pregiate (gli Stati Uniti, la Gran Bretagna, la Spagna) ma
anche, a conferma del bruttissimo momento che stiamo
vivendo, sul mercato della Russia, dove l'economia distrettuale italiana, nel complesso, arriva a perdere all'incirca un terzo del fatturato rispetto al corrispondente periodo del 2008. E la fase di difficoltà si proietta
anche su vari Paesi emergenti, come India, Brasile, Turchia, Ucraina, mentre minori (sebbene comunque considerevoli) si rivelano le perdite sui mercati tradizionali e
consolidati di Germania e Francia e su altri emerging
market, quali Cina e alcuni Paesi del Golfo (Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita). I valori delle esportazioni
risultano crescenti, nell'ambito dei primi trentacinque
sbocchi, unicamente in Algeria, in virtù dell'ampio programma in essere di realizzazione di infrastrutture. Le
esportazioni aggregate (prive del dettaglio territoriale) di
prodotti manifatturieri incrementano il calo, nell'ordine di un -28,8 per cento tendenziale, a fronte di un -23,1
per cento relativo al primo trimestre del 2009. E, dunque, l'ulteriore indebolimento delle esportazioni nei
Paesi Ue (a partire, naturalmente, dalla Germania) non
il Nostro Obiettivo...
L'Emilia-Romagna
E l'arretramento non risparmia una realtà industriale
da sempre assai virtuosa e performativa come la nostra,
al punto che l'economia dell’Emilia-Romagna, dopo una
situazione di sostanziale stabilità nel corso della seconda metà dell'anno passato, si trova nel trimestre 2009
costretta ad assistere a un calo tendenziale del 15,2 per
cento. Una riduzione rilevante, che va imputata, per un
verso, all'abbassamento dei prezzi delle commodity (e di
quelli alla produzione) e, per l'altro, all'evidente e significativo peggioramento della domanda.
Tuttavia, la solidità industriale emiliana fa sì che la
performance negativa, se confrontata con quanto descritto dal «Monitor» a proposito degli altri agglomerati
e aree distrettuali del Paese, risulti persino, per così
dire, privilegiata. La tendenza generale nel primo trimestre dell'anno, infatti, si aggira intorno al -20 per cento, e si tratta di una media, perché, in alcune realtà del
Paese (tra le quali le Marche, la Puglia e la Basilicata) il
L'Emilia-Romagna
condivide
con il Veneto
una certa tenuta
economica:
l’export
dei loro distretti
è diminuito
in misura inferiore
a quanto accade
nelle altre regioni
I DISTRETTI DELL’EMILIA-ROMAGNA
IN CRESCITA: maglieria-abbigliamento di Carpi e biomedicale di Mirandola,
CALO fino al %: macchine per imballaggio di Bologna,
calzaturiero di San Mauro Pascoli e abbigliamento di Rimini
6
%: food machinery di Parma,
CALO fino al
mobili imbottiti di Forlì, calzaturiero di Fusignano-Bagnacavallo
15
%: alimentare di Parma, macchine utensili
CALO fino al
di Piacenza, ceramiche di Sassuolo, ciclomotori di Bologna
20
Manualistica
Multimediaa
Grafica Industrialee
Web Design
%della meccanica agricola
ECCEZIONI PIÙ NEGATIVE
di Modena e Reggio Emilia,
-31,8
w w w . s t u d i o 8 0 . i t
b
o
l
-
o
i n f o @ s t u d i o 8 0 . i t
g
n
-41,9% delle macchine per il legno di Rimini
a
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L’approfondimento
calo di fatturato estero arriva addirittura al 30 per cento.
Ci sono difficoltà marcate, ma la storia del tessuto
produttivo emiliano-romagnolo, insieme alle scelte oculate degli imprenditori (a partire dagli investimenti rilevanti in ricerca e sviluppo), consentono di frapporre una
diga alla slavina che si sta malauguratamente abbattendo sull'economia distrettuale nazionale. Dunque, calo
sì, e ampio, ma meno di quanto accada nelle altre regioni, all'insegna di una sorta di primato di tenuta che
l'Emilia-Romagna condivide con la realtà del Veneto
(superata esclusivamente, da questo punto di vista, dalla Campania trainata dall'industria alimentare).
Ad assicurare la maggiore capacità di resistenza alla
recessione dell'asse Piacenza-Rimini è, innanzitutto, la
presenza di due distretti che si rivelano in controtendenza e garantiscono un segno più alla crescita (maglieria e abbigliamento di Carpi e il biomedicale di Mirandola), di tre che mantengono il calo a un livello inferiore
al 6 per cento (le macchine per imballaggio di Bologna,
il calzaturiero di San Mauro Pascoli e l'abbigliamento
del riminese) e di ulteriori tre che vedono ridimensionamenti che si aggirano tra il 9 e il 15 per cento (ovvero, il
food machinery di Parma, i mobili imbottiti nel forlive-
se e il calzaturiero di Fusignano-Bagnacavallo). Questi
contesti che tengono o, quanto meno, arretrano meno
degli altri, assicurano un dato complessivo meno grave
di quello ampiamente e uniformemente diffuso nel resto del Paese (con l'eccezione, come si diceva, veneta),
ma guardando altre realtà distrettuali della nostra stessa
regione, i motivi di preoccupazione restano tutti. I valori esportati si riducono, difatti, di un quinto in quattro
distretti decisivi e trainanti del sistema impresa emiliano (l'alimentare di Parma, le macchine utensili di Piacenza, le ceramiche del sassuolese e i ciclomotori di Bologna), per arrivare a punte negative quali il -31,8 per cento
della meccanica agricola di Modena e Reggio Emilia o il
-41,9 per cento delle macchine per il legno di Rimini.
Un ulteriore fattore di preoccupazione riguarda la
cassa integrazione, la cui evoluzione nel periodo primaverile (su dati a livello aggregato dell'Inps) conferma le
tendenze preoccupanti che si erano delineate nei primi
mesi di quest'anno, con un ennesimo incremento delle
ore di Cig ordinaria.
XXXXX
Tra i distretti
emiliani
due in particolare
si rivelano
in controtendenza
e garantiscono
un segno positivo
alla crescita:
la maglieria
di Carpi
e il biomedicale
di Mirandola
Focus sui distretti
Uno sguardo a volo d'uccello sulla situazione dei com-
OUTLOOK 35
L’approfondimento
=\VPWHNHYLX\LSSVJOLJVUZ\TPPU[LTWVYLHSL&-HPS»H\[VSL[[\YHKLS
JVU[H[VYLLJVT\UPJHSHJVU\U:4:HSU‡VWW\YL[YHTP[LSV
:WVY[LSSV/,9'65305,KV]LW\VPJVUZ\S[HYLHUJOLPSJHSLUKHYPVKLSSLZJHKLUaL
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parti produttivi regionali vede una condizione di sofferenza del distretto del food di Parma, maggiore di quella di altre aree produttive alimentari del Paese (che
resistono in virtù dell'anticiclicità del settore), a causa
delle peculiari difficoltà riscontrate in Francia, che ne
costituisce il principale mercato di sbocco. Affaticati anche i vari distretti della meccanica, con l'eccezione delle
macchine per imballaggio del bolognese, la cui tenuta
complessiva è da imputare al salto in avanti dell'export
sui mercati extraeuropei di Cina, India e Iran e su quello tedesco. Un segnale, su cui riflettere attentamente,
che mostra la capacità di questo settore di andare a scovare la domanda di mercati in espansione e, più o meno,
nuovi (con i quali vengono sostituiti quelli saturi e in
crisi), oltre all'indubbio vantaggio competitivo determinato da una produzione specializzatasi in macchine per
comparti anticiclici, quali l'alimentare e il farmaceutico.
Il distretto registra, pertanto, una riduzione contenuta
delle esportazioni, che si attesta, tra gennaio e marzo
2009, sul -5,5 per cento.
Il sistema moda di Carpi deve la propria buona prestazione principalmente all'evoluzione delle esportazioni dirette in Svizzera, dove si trova il polo logistico di
uno dei maggiori gruppi operanti nel distretto, mentre
la tenuta dell'export di quello di Rimini (-4,9 per cento
nel primo trimestre del 2009) è da collegare alla condotta proattiva su vari mercati (europei, come Germania,
Gran Bretagna, Grecia, Spagna, ed extraeuropei, come
il Giappone), a fronte della serissima battuta d'arresto
subita in Russia (area nella quale il calo tendenziale dei
valori esportati, tra gennaio e marzo di quest'anno ha
raggiunto grosso modo la percentuale del 40 per cento).
Proprio il mercato russo, invece, ha continuato a
regalare qualche soddisfazione al distretto calzaturiero
di San Mauro Pascoli, rivelandosi in controtendenza
con un segno più (incremento del 4 per cento), e contribuendo così a frenare il calo tendenziale dell'export
(attestatosi a -5,1 per cento). Le battute d'arresto subite
dall'economia distrettuale nei Paesi anglosassoni e il
ridimensionamento dei flussi verso la Svizzera trovano
una (seppur parziale) compensazione nei risultati di
segno positivo ottenuti negli Emirati e in Germania e,
specialmente, in Francia.
Un contesto di notevole gravità e problematicità è
quello vissuto dai distretti produttori di beni per l'edilizia, ovvero il sistema casa, come nel caso della (finora e
La recessione
iniziata un anno fa
c'entra poco:
è da sei trimestri
consecutivi
che le esportazioni
non aumentano
o arretrano
in modo sensibile
OUTLOOK 37
L’approfondimento
Fonte: elaborazione Intesa Sanpaolo su dati istat
da sempre) realtà d'eccellenza delle piastrelle di Sassuolo, fortemente investite dalla crisi in corso, con una
perdita di fatturato, da parte delle aziende componenti
il distretto modenese, in tutti i primi venti mercati, e
con un contenimento del danno e delle perdite al di sotto
del 10 per cento solamente in Francia, Germania e
Austria.
Per quanto concerne la realtà emiliano-romagnola,
tra i pochi dati confortanti, constatati nelle rilevazioni
Isae di aprile e maggio, c'è un lieve miglioramento del-
Esportazione dei distretti a confronto
(variazioni % tendenziali)
14
Emilia Romagna
Italia
7
0
-7
-14
-21
III 07
38 OUTLOOK
IV 07
I 08
II 08
III 08
IV 08
I 09
l'indice di fiducia rilevato nelle imprese manifatturiere.
Le prospettive
Qualcuno, affermano gli studi di Eurostat, sta già, sia
pur faticosamente, uscendo dalla recessione. Oltre agli
Usa, per i quali i dati macroeconomici della Federal Reserve prevedono una «lenta ripresa» alla fine del 2009,
con una crescita dell'1,3 per cento degli ordini alle imprese (sebbene la disoccupazione resti molto alta), anche vari Paesi di Eurolandia possono cominciare, prudentemente, a tirare un po' il fiato. Usciti (o prossimi all’uscita) dalla recessione, per Eurostat, sono Germania,
Francia, Portogallo, Grecia, Slovacchia, che stanno frenando la caduta del Pil, mentre l'Italia, con il -4,8 per
cento annuo e con i livelli delle attività industriali tornati ai valori del 1987 (come indicano i dati del Centro
studi di Confindustria), rappresenta tristemente il
fanalino di coda. Il Vecchio continente vede poi salire
l'indice manifatturiero che, a luglio, è passato da 42,6 a
46,3, il secondo avanzamento più significativo degli
ultimi 12 anni; e, in questo caso, l'Italia partecipa positivamente, con il salto dal 42,7 al 45,4, il massimo degli
ultimi undici mesi.
Italia | I primi segni della ripresa
Luigi Abete, presidente di Assonime e ai vertici di Bnl,
analizza la situazione italiana e traccia il bilancio di un anno difficile
Un’economia
che sta ripartendo
stata straordinaria per dimensione, ma ordinaria per natura. La crisi
ha avuto la sua causa nella politica economica e nel liberismo finanziario statunitense. Le banche, i mercati azionari, le monete sono
state coinvolte per prime dall'instabilità e dalla recessione. Poi, c'è
stata la diffusione e la propagazione della crisi all'economia reale,
il che ha reso tutto più complicato».
Sì, però l'intensità della trasmissione della crisi dai mercati finandi Paolo Bricco ziari all'economia reale è stata notevole. E la crisi è tutt'altro che alle
spalle.
«È vero che, rispetto alle crisi del passato, c'è
stata una rapidità della propagazione del tutice di essersi sempre rifiutato di iscriverto nuova. Questo si deve in particolare al fatto che
si al partito degli ottimisti o dei pessimioggi l'informazione si diffonde in tempo reale.
sti: «Soprattutto adesso occorre affidarsi
Basta pensare al ruolo di Internet, che modifialla ragione e alla razionalità. Dunque, la cateca in misura velocissima i comportamenti dei
«Così come
goria da adoperare è piuttosto quella della fiduconsumatori. Però, ripeto, usando volutamensi è propagata,
cia o della sfiducia. Senz'altro, in un momento
te un linguaggio millenaristico, l'apocalisse non
la crisi perderà terreno:
particolarmente complesso vanno distinti gli elec'è stata. All'inizio della crisi, molti osservatoi consumatori
menti chiari da quelli scuri. E, devo dire, mi pare
ri paventavamo l'impossibilità di capire quantorneranno ad acquistare,
to potente sarebbe stato il punto di caduta. Alche i primi siano prevalenti sui secondi». Luigi
i commercianti a vendere,
Abete, dunque, inizia con una distinzione di metri formulavano le più fosche delle previsioni.
gli imprenditori a produrre.
todo una conversazione a tutto campo con MoPer fortuna non è stato così».
L'importante,
dena Mondo Outlook. Un dialogo in cui Abete
Su cosa basa questa sua valutazione, più in
è che la grande paura
fa comparire la sua poliedrica fisionomia: mebianco che in nero?
si sia dissolta»
dio imprenditore con l'azienda grafica di fami«Adesso iniziano a scorgersi i primi "germoglia, uomo dell'associazionismo che dal 1992 al
gli di ripresa", come li ha definiti qualche tem1996 è stato presidente di Confindustria e oggi è
po fa il Centro studi di Confindustria diretto da
alla guida delle società italiane per azioni radunate in Assonime, ban- Luca Paolazzi. Gli indicatori industriali, per esempio i dati sugli orchiere ai vertici della Banca Nazionale del Lavoro. Un colloquio in dini e le commesse, iniziano a cogliere, se non un vento, almeno i pricui traspare l'amore per il nostro Paese: «Un Paese straordinario, mi refoli di ripresa. Gli istituti bancari, in particolare nel nostro Paese,
che perfino nelle sue regioni più difficili come quelle meridionali, hanno dimostrato una solidità invidiabile e perfino gli ultimi bilanha energie imprenditoriali, voglia di vivere e sprint per il futuro».
ci dei principali istituti di credito non sono affatto male. Dunque, è naturale che il clima stia gradualmente mutando: fra i consumatori, fra
Presidente, verso quali mesi ci stiamo incamminando?
«La prima cosa da sottolineare è che, come già avevo previsto, gli industriali, fra i banchieri. E, come la crisi si è propagata procenon si è verificata alcuna apocalisse. Intendiamoci: la recessione è dendo in una direzione, altrettanto succederà nella direzione oppo-
«Il clima generale sta gradualmente mutando.
Ora serve tutta la forza e l'energia delle imprese
e il supporto delle banche»: l'imprenditore romano,
figura di spicco di Confindustria, ha fiducia nel Paese.
Ma avverte: «La politica deve farsi carico dei più deboli
ma senza statalismi o eccessive ingerenze»
D
40 OUTLOOK
“
Il profilo | Prestigio
di una carriera
ato a Roma il 17 febbraio 1947, laureato in Giurisprudenza,
Luigi Abete è uno degli imprenditori di maggior spicco
nel panorama industriale italiano. La sua ultima nomina pubblica
risale al giugno scorso quando è stato eletto presidente
dell’Assonime (l'Associazione fra le società italiane per azioni),
ma il suo impegno sul fronte associativo è di lunga data.
Dal 1978 al 1982 presidente del Comitato nazionale Giovani
imprenditori di Confindustria, dal 1983 al 1986 ha ricoperto
l’incarico di presidente della Federazione Industriali del Lazio
e dal 1992 al 1996 è stato a capo di Confindustria.
Dal 1998 è presidente di Bnl. Dal 2004 al 2008 è stato presidente
dell’Unione degli Industriali e delle imprese di Roma (Uir).
Oggi, Luigi Abete è presidente dell’Azienda Beneventana
Tipografica Editoriale, l’impresa di famiglia operante nel settore
grafico, fondata dal padre Antonio nel 1946, ed è componente
di diritto a vita della giunta di Confindustria.
N
sta: i consumatori ricominceranno ad acquistare, i commercianti a
vendere, gli imprenditori a produrre. L'importante, e questo è già
avvenuto, è che la grande paura si sia dissolta. La psicologia, individuale e collettiva, è un fattore essenziale».
Sotto il profilo sociale, nel nostro Paese, la situazione appare però
complicata.
«Sì. Oggi il nodo centrale è quello del ceto medio. E, ancora una volta, il punto di partenza è quello dei consumi. C'è un ceto medio composto in Italia da chi ha un lavoro dipendente, dei redditi da capitale, i risparmi personali e della sua famiglia: questo ceto medio, che
ha scelto di ridurre i consumi quando le Cassandre gridavano "Apocalisse! Apocalisse!", tornerà lentamente a vivere bene, a fare acquisti,
a viaggiare. Il problema, invece, è l'altra faccia della luna: il ceto medio
che può contare esclusivamente sul reddito da lavoro dipendente. I
due terzi del ceto medio appartengono alla prima categoria e torneranno a spendere. Il problema è costituito dall'altro terzo, che rischia un
graduale impoverimento. La politica deve farsi carico dell'elaborazione di misure che tutelino questa altra faccia della luna. Senza
statalismi o eccessive ingerenze. Ma non si può fare finta che essa non
esista. Nella consapevolezza, però, che è l'intera economia che deve
ripartire, con la forza e l'energia degli imprenditori e il supporto libero delle banche».
Presidente, negli ultimi tempi si è creata una spaccatura fra banche
e imprese, in particolare quelle piccole. In molte hanno pensato di essere state vittime del razionamento del credito. Quale è la sua valutazione?
OUTLOOK 41
Italia | I primi segni della ripresa
«Non sono d'accordo con lei. Mi spie«La competizione
go meglio. C’è stato un certo numero di
fra imprese
imprenditori che si sono ritrovati in
è fondamentale,
difficoltà manageriali e commerciali,
ma non bisogna
magari avevano anche problemi paindulgere in una
trimoniali e, dunque, avendo perso crerappresentazione
dibilità in banca, hanno avuto probleeccessiva
mi riguardo ai fidi, oppure sul fronte
dello scontro:
dei tassi. Ma è sotto gli occhi di tutti
non c'è alcuna
che le banche, titolari per definizione
guerra in corso
dell'esercizio del credito, non abbiano
fra industria
alcun interesse a chiudere i rubinetti in
e banche,
maniera generalizzata. Per quale rasono componenti
gione devono farlo? Si tratta del loro meimprescindibili
stiere. Ripeto: sono stati casi isolati, amdello stesso
plificati dal sistema dei media. Se, poi, si
sistema»
aggiunge che l'atmosfera di questi ultimi mesi è stata particolarmente emotiva, ecco che dalla somma dei casi singoli alla fine si è generato un problema generale».
Dunque, sotto il profilo dell'emotività, il suo è un richiamo alla razionalità e al buonsenso.
«Sì, ho avuto la fortuna nella mia vita di mettermi in gioco in
molti ruoli diversi. Ho fatto l'industriale, sono stato in Confindustria
con le massime responsabilità, adesso svolgo il mestiere di banchiere. So bene che ognuno deve realizzare con il maggior impegno
possibile i propri obiettivi. La competizione fra imprese è fondamentale: nell'industria, nei servizi, nelle banche. Ma non bisogna indulgere in
una rappresentazione eccessiva dello scontro. Questo per dire che
non c'è alcuna guerra in corso fra industria e banche. Sono componenti imprescindibili dello stesso sistema».
Presidente, su cosa basa il suo ottimismo per quanto riguarda le
imprese?
«Conosco bene la vitalità e la forza nascosta del nostro sistema
produttivo. Si figuri che, quando facevo il presidente dei Giovani di
Confindustria, fra il 1978 e il 1982, venne scoperta la così detta Terza Italia. Ci si rendeva conto, allora, che il paesaggio industriale italiano non era più limitato al classico triangolo industriale Torino-MilanoGenova, ma che esistevano anche le Marche, l'Emilia-Romagna, la To-
scana, il Nord Est. Dunque, so bene quante positive sorprese può riservare il nostro Paese».
Per esempio?
«Andiamo con ordine. Negli anni '80 e '90 le nostre imprese, soprattutto quelle medie, hanno realizzato importanti innovazioni di
processo. Hanno dunque sviluppato una competitività basata su
queste particolari riorganizzazioni interne. Si è trattato di una tendenza di medio periodo che ha prodotto buoni risultati aziendali e
l'allargamento della base occupazionale, favorita da importanti riforme del mercato del lavoro che hanno portato il nome della Legge
Treu e della Legge Biagi. Con l'introduzione dell'euro, c'è stata una
selezione, anche dolorosa delle imprese italiane. Quelle sopravvissute hanno sviluppato più innovazioni di prodotto. Oggi, che dobbiamo uscire dalla recessione, ripartiamo da qui: da un sistema che
ha già superato la sfida della moneta unica e che, adesso, deve puntare sulle sue qualità più profonde per sfruttare i segnali di ripresa
che provengono dagli Stati Uniti e dall'Asia. Il paesaggio industriale dell'Italia oggi è estremamente frastagliato: oltre alle grandi imprese private e ai giganti del post-pubblico, come Eni, Finmeccanica e Enel, ci sono realtà interessanti come il Triveneto, le Mar-
IL CENTRO STUDI DI CONFINDUSTRIA
stima una variazione del Pil italiano
-4% nel 2009
e del +0,8% nel 2010
del
42 OUTLOOK
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Italia
«All'inizio
della crisi
molti osservatori
formulavano
le previsioni
più fosche.
Per fortuna
non è stato così
e adesso
iniziano
a scorgersi
i primi germogli
di ripresa»
che, la Toscana e
l'Emilia-Romagna,
che con le loro imprese meccaniche e quelle del made in Italy
compongono una vera e propria dorsale
dell'Italia che produce».
Cosa ritiene si debba fare oggi per rivitalizzare e sostenere
il nostro tessuto imprenditoriale?
«Bisogna operare per rafforzare la fascia di aziende che hanno fra i 20 e i 100 dipendenti. Le piccole imprese poco capitalizzate sono infatti sempre
più in difficoltà. La moratoria sui crediti è
senz'altro utile, ma non è la soluzione del
problema. La ricetta efficace è costituita da
più capitalizzazione e più internazionalizzazione. Io ho una mia proposta, di cui ho parlato anche con il ministro dell'Economia
Giulio Tremonti: tutte le imprese che decidono di investire attraverso un aumento di
capitale fino a un milione di euro abbiano
una tassazione di equilibrio, all'incirca a metà strada fra quella sulla rendita finanziaria e quella sugli utili industriali più Irap.
L'imposta sulla rendita finanziaria è pari al
12,5 per cento, quella sugli utili produttivi
intorno al 27 per cento. Si potrebbe collocare questa tassazione, per i piccoli disposti a
ricapitalizzare l'azienda, intorno al 18 per
cento».
Questo che cosa produrrebbe?
«Produrrebbe un rinnovato interesse
per il così detto investitore di prossimità.
Cioè non sarebbe soltanto il proprietario a
ricapitalizzare, ma potrebbero decidere di
essere coinvolti nell'investimento anche i
suoi amici, i suoi familiari, i fornitori o i
clienti che conoscano la qualità dell'azienda. Con una misura di questo genere, dai
costi assolutamente contenuti e quindi
sostenibile da parte dello Stato, si farebbe
un gran bene al capitalismo italiano. Questo meccanismo permetterebbe ai piccoli di
cavalcare non solo la ripresa, ma anche di
crescere dimensionalmente».
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Economia | Le risposte degli enti locali alla crisi
Il sindaco
di Modena
II presidente
della
Provincia
Nonostante
le minori entrate,
Giorgio Pighi
conferma l'impegno
del Comune
a garantire
servizi sociali
pronti a sostenere
i cittadini
che si trovano
in difficoltà.
Senza dimenticare
lo sviluppo
di progetti
a lungo respiro
per la città
Ci vuole grande
responsabilità
da parte di tutti:
per Emilio Sabattini,
la scelta
di creare un sistema
allargato di soggetti
che lottano contro
la crisi è quella
giusta. E intanto
l'ente di viale Martiri
si prepara a una
cura dimagrante
di Roberto Grimaldi
«Anche noi siamo in prima linea»
a crisi continua a mordere. L'autunno
e l'inverno fanno paura. Anche il sindaco di Modena Giorgio Pighi li teme,
perché la sua amministrazione dovrà
fare i conti con minori entrate e anche perché chi
si trova senza soldi e senza lavoro, spesso si
rivolge ai servizi sociali del Comune. E il welfare, di questo passo, rischia di collassare.
Sindaco Pighi, la crisi economica si fa sentire
anche in piazza Grande?
«È noto che per quest'anno avremo minori
L
46 OUTLOOK
entrate. La mancata riscossione dell'Ici non ci verrà restituita per intero, e a noi verranno a mancare circa un
milione e 800 mila euro. I fondi statali arrivano con sempre maggiori difficoltà, sia quelli diretti sia quelli che
percepiamo tramite la Regione Emilia-Romagna. La
prima cosa che dovremo fare quindi, sarà razionalizzare le spese. Poi speriamo nel buon senso del governo».
Può spiegarsi meglio?
«Mi riferisco al patto di stabilità, quel blocco degli
investimenti che in tutta la provincia significa tenere
fermi quasi 100 milioni per rispettare i parametri di
utunno caldo per l'economia modenese:
ormai sembra uno slogan, ma da mesi gli
esperti lo preannunciavano. Un dato su
tutti: alla fine dell'estate i lavoratori in stato
di disoccupazione in Provincia di Modena erano 9.763.
A questi si devono aggiungere altri 3.399 in mobilità.
Lo stillicidio è tra le piccole imprese: in tante, anche
quelle che appartengono per tradizione a settori fiore
all'occhiello della nostra industria, come meccanica e
ceramica, hanno faticato a riaprire dopo le ferie, o non
l'hanno proprio fatto. Per il presidente della Provincia
A
Emilio Sabattini, gli enti locali stanno cercando
di fare la propria parte. Ma il lavoro è ancora
tanto.
Presidente Sabattini, gli enti locali in questi momenti difficili cosa possono fare?
«Creare un sistema allargato di soggetti che
lottano contro la crisi. Ci vuole grande responsabilità da parte di tutti. Soprattutto da parte di
qualcuno».
A chi si riferisce?
«Al sistema creditizio. Le banche possono con-
OUTLOOK 47
Economia | Le risposte degli enti locali alla crisi
GIORGIO PIGHI
«Le priorità?
Continuare il dialogo
con le imprese;
progettare
e appaltare
opere pubbliche;
studiare nuovi corsi
di formazione
per chi viene
espulso dal sistema
produttivo;
sostenere
l'innovazione
tecnologica
delle nostre
aziende»
spesa imposti dall'Europa. Credo che i comuni virtuosi
come il nostro dovrebbero essere liberi di superare questo patto di stabilità e cominciare a investire».
Per fare cosa?
«Realizzare, per esempio, opere pubbliche. Darebbero lavoro a tante persone. In più, visto che molto spesso gli appalti sono vinti da aziende modenesi, rimetteremmo in moto l'economia del nostro territorio. Insomma, sarebbe una mano santa».
Al di là dei problemi di bilancio, cosa la preoccupa?
«Le ripercussioni della crisi sul nostro welfare, che
inevitabilmente crescerà sempre di più. Provate a pensare: un uomo perde il lavoro, si ritrova con un mutuo
da pagare e una famiglia da mantenere; dopo un po'
perde anche la casa. Cosa fa? In questa situazione, si
rivolge ai nostri servizi sociali, anche loro con le casse
un po' più vuote rispetto a prima. E il problema non è
di facile soluzione. Posso comunque dire, fin d’ora, che
se c'è un settore dove cercheremo il più possibile di non
tagliare risorse sarà proprio il welfare, anche se non
sarà affatto semplice».
Fin qui le lamentele. Soluzioni?
«Dobbiamo continuare il dialogo con le imprese, fissare delle priorità. Le opere pubbliche vanno benissimo, ma insieme dobbiamo studiare nuovi corsi di formazione, per fare sì che chi ha perso il posto possa incontrare chi lo aiuta a costruirsi una nuova professio-
nalità per ritrovare lavoro. Inoltre, senza innovazione
tecnologica non si va da nessuna parte: le aziende in difficoltà hanno bisogno di crescere e di fare ricerca. Su questo terreno possiamo andare avanti insieme».
In che modo?
«Unendo le risorse pubbliche a quelle private. Sto
pensando al progetto di Cittanova 2000, un'area pubblica ad alto valore tecnologico dove potranno trovare
collocazione le aziende con la maggiore propensione
all’innovazione».
Aziende e enti locali insieme, quindi.
«Non solo. Manca un terzo attore, che è il sistema
bancario. Anche gli istituti di credito devono fare la loro parte. Finora hanno vissuto sull'anticipazione del
portafoglio. Ora devono cominciare a cambiare i criteri di accesso al credito, imparando a valutare i progetti industriali».
Prima non lo facevano?
«Il credito era concesso sulla base del portafoglio
dell'azienda. Perché non valutare invece il valore del
progetto? Perché non dare fiducia a un giovane che,
pur non avendo mezzi, ha però buone idee e prospettive di successo? È un salto di qualità che le nostre banche devono fare, imparando dai colleghi statunitensi:
in America avranno sicuramente altri problemi, ma
su questo tema i banchieri di oltreoceano hanno molto
da insegnarci».
EMILIO SABATTINI
«La Provincia
deve continuare
a sostenere
il Consorzio fidi.
E, intanto,
il nostro bilancio
dovrà essere
ridimensionato,
per non sprecare
risorse pubbliche.
Una proposta?
Che si utilizzi
in chiave anticrisi
anche il patrimonio
delle fondazioni
bancarie»
sentire alle imprese di sopravvivere, oppure possono
anche decretarne la fine. Ma teniamo conto del fatto
che senza imprese non c'è sviluppo. Quindi un occhio di
riguardo da parte del sistema bancario è assolutamente necessario».
In che modo?
«Accelerando le politiche di sostegno e aumentando
le risorse a disposizione per il credito. Va benissimo congelare le rate del mutuo per chi ha perso il lavoro, ma ci
vuole altro. Penso che, oggi più che mai, sia necessaria
maggior flessibilità nel sistema creditizio».
Cosa intende per flessibilità?
«Applicare in modo rigido Basilea 2 e restringere le
procedure di finanziamento alle aziende significa stringere il cappio intorno al collo degli imprenditori».
A questo proposito, cosa potete fare?
«Sostenere il Consorzio fidi, che aumenta le garanzie agli imprenditori che si rivolgono alle banche. Poi,
di recente abbiamo fatto una proposta: il patrimonio
delle fondazioni bancarie va utilizzato anche in chiave
anticrisi. Un'istituzione come Carimonte Holding, che
rappresenta le fondazioni Cassa di Risparmio di Modena e Bologna può fare tanto da questo punto di vista,
andando a puntellare il Consorzio fidi».
Un consiglio per le imprese?
«Preparasi alle aggregazioni. Quando la tempesta sarà passata, ci sarà più che mai bisogno di maggior forza
d'urto. Chi è troppo piccolo rischia di soccombere; l'unica salvezza saranno le fusioni. E poi, ricordiamoci tutti
che è finita l'economia del debito per le imprese e quella del credito al consumo per le famiglie».
Al di là dello stimolo nei confronti delle banche, un ente
come la Provincia come altro può intervenire?
«Dobbiamo comportarci tenendo presente che le risorse non possono essere sprecate. I bilanci dovranno essere pensati per contrastare la crisi. E anche noi dovremo cambiare faccia: la Provincia post-crisi sarà per forza diversa».
Un obiettivo non certo facile.
«Eppure dobbiamo riuscirci. Si è distrutta una parte
di ricchezza e, piaccia o no, quando arriverà la ripresa
saremo tutti un po' più poveri».
In che cosa intendete cambiare faccia?
«Cambiare faccia significa soprattutto ridurre i costi. Dobbiamo, per forza, pensare a un ente Provincia
che costi meno: semplificare l'apparato burocratico, ridurre i tempi d'attesa. Anche sull'urbanistica urge una
riflessione: la domanda di sviluppo dopo la crisi sarà
inferiore, il territorio andrà ripensato».
Ci aspettano mesi bui?
«Forse c'è stato un eccesso di pessimismo. Lavoreremo anche per trasmettere fiducia alle piccole e medie imprese, che costituiscono l'ossatura della nostra economia e non vanno dimenticate».
Popolazione e attività produttive
Abitanti
Carpi
67.203
Mirandola
24.163
Modena
181.807
Sassuolo
41.506
Vignola
24.109
Totale provincia 688.286
Imprese attive
7.339
2.461
16.839
4.466
2.367
68.871
Fonte: Provincia di Modena; Camera di Commercio di Modena
Il centro storico
di Modena
e piazza Grande
48 OUTLOOK
OUTLOOK 49
Economia | Le risposte degli enti locali alla crisi
Carpi | Enrico Campedelli: un Fondo di garanzia
per le imprese
Sostegno alle
pmi sul fronte
del credito,
sviluppo della
formazione
nel settore
moda,
incremento
delle opere
pubbliche sono
alcuni degli
interventi
proposti
dal sindaco
tiamo vivendo una crisi globale, che ha messo in discussione tutto, dove non esitono più certezze di alcun tipo:
con queste parole Enrico Campedelli, sindaco di Carpi al suo
secondo mandato, esprime la
sua preoccupazione in merito
alla recessione economica che,
ENRICO CAMPEDELLI
da più di un anno, ha colpito
anche il territorio locale.
Fortunatamente, in contrasto con i dati che indicano una contrazione dei fatturati e un crollo
delle esportazioni, «il comparto del tessile», ricorda il primo cittadino, «sembra reggere meglio di altri gli urti del mercato». Questo è dovuto principalmente al fatto che, a partire dal 1995,
il distretto del tessile ha subito un processo di
ristrutturazione di tutta la filiera, che ha sviluppato la delocalizzazione di gran parte della pro-
S
duzione, «favorendo lo sviluppo di una ventina
di imprese locali, leader in segmenti specifici di
mercato, che hanno investito sui marchi, su
prodotti di fascia medio-alta e sull'internazionalizzazione, riuscendo a creare un distretto economico dinamico, per il quale il made in Italy è
ancora un valore aggiunto».
Ma il ridimensionamento del comparto tessile non
può, da solo, fronteggiare la crisi. Basti pensare
alle difficoltà legate all'accesso al credito che
molte aziende locali stanno vivendo. Su questo
aspetto l'amministrazione locale si è mossa
repentinamente: «Per il 2009 abbiamo istituito,
con la Fondazione Cassa di Risparmio di Carpi,
un "Fondo di controgaranzia rotativo" per assicurare il credito alle piccole e medie imprese».
«È proprio in una situazione di crisi così grave»,
ribadisce Campedelli, «che ritengo indispensabili tutti gli interventi a favore delle infrastrutture viarie, come il completamento dell'anello tangenziale attorno alla città e lo sviluppo del progetto presentato nel Piano strutturale comunale
di Campogalliano per migliorare la viabilità sulla statale per Modena, mentre, per quanto riguarda il collegamento ferroviario, occorre una
azione costante e incisiva nei confronti delle
Ferrovie regionali affinché incrementino le
corse verso il capoluogo».
«È necessario, però, proprio nei momenti di
maggiore difficoltà dare segnali di ottimismo e
di fiducia nella ripresa», conclude il sindaco.
«Per questo, abbiamo creduto nello sviluppo
delle competenze professionali locali, sostenendo progetti come il Campus della Moda per
l'internazionalizzazione delle imprese tessili e
l'alta formazione tecnica di settore. Inoltre,
abbiamo investito nella cultura e nel recupero
architettonico degli edifici storici, perché una
città "appetibile" può diventare una concreta
possibilità di sviluppo e un volano per tutta
l'economia locale».
(Laura Ansaloni)
Piazza Martiri
dall’alto
OUTLOOK 51
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Economia | Le risposte degli enti locali alla crisi
Sassuolo | Luca Caselli: un cambio di passo
per i prossimi cinque anni
Per il sindaco
le priorità
sono
la bretella
Campogalliano
Sassuolo,
il sostegno
all’economia
del distretto,
la formazione
e un nuovo
marketing
territoriale
mettere i panni del progetto per indossare quelli del
cantiere: il concetto vale principalmente per il tecnopolo della ceramica e per l’asse viario
Campogalliano-Sassuolo (la famosa bretella), ma si può allargarlo alla politica economica dell'intero distretto. Il sindaco
LUCA CASELLI
Luca Caselli ha idee precise
sul cambio di passo che la città
delle piastrelle deve imporsi nei prossimi cinque anni: «Una svolta all'insegna del pragmatismo e della concretezza».
«Sassuolo è al tavolo istituzionale del tecnopolo e, ovviamente, ha tutto l'interesse a diventare la sede fisica del costituendo Centro. Non
prima però di averlo riempito di contenuti e
sostanza: la ricerca della soluzione immobiliare più idonea è una fase necessariamente successiva. Non siamo contro la ricerca e l'innovazione ma, in questa prima fase, mi si consenta
almeno di esprimere qualche perplessità sui
3,6 milioni di euro tenuti bloccati a bilancio per
S
un'operazione che deve ancora essere varata».
Con chiacchiere e carte sul collegamento di Sassuolo all'autostrada si sono riempiti gli ultimi
quarant'anni. «Ma oggi la bretella è sempre più
vicina», rassicura il primo cittadino. «Il ministro
Altero Matteoli ha inviato al Cipe un'informativa
in cui parla dello sblocco di 234 milioni di euro
in favore di questa arteria: prima si procederà
alla realizzazione del primo stralcio, il più
urgente, che unirà Campogalliano allo scalo
merci di Marzaglia, poi Anas procederà a realizzare lo stralcio successivo, che porterà finalmente l'infrastruttura e le opere accessorie fino
a Sassuolo».
Per allentare il fenomeno della stretta creditizia, che mette in ginocchio sempre più aziende,
verrà attivato un Osservatorio permanente: «Abbiamo in animo di convocare gli istituti bancari
per formalizzare un patto e far sì che non vengano tagliate fuori dall’accesso credito soprattutto le pmi». Si punta anche al rapporto scuola-impresa: «Il deficit culturale con cui gli studenti che escono dai nostri istituti si avvicinano
al primo impiego è preoccupante. Perché le
nostre imprese possano recuperare slancio e
competitività occorre investire su questo rapporto, ne va del futuro del distretto. Penso, per
esempio, a corsi di formazione e a borse di studio che stimolino l'interesse di aziende e studenti già durante lo svolgimento dell’anno scolastico».
Parlare di attività produttive a Sassuolo significa parlare al novanta per cento di ceramica ma,
lamenta Caselli, «chi arriva a Sassuolo si trova
in una città in cui non c'è segno tangibile del
fatto che siamo il centro vitale della piastrella.
Ci sono città che, con scelte lungimiranti di
marketing territoriale, hanno fatto grandi cose,
a partire dall'arredo urbano».
(Generoso Verrusio)
Piazza Garibaldi
di notte
OUTLOOK 53
Mirandola | Maino Benatti: valorizzare la risorsa
del biomedicale
Oltre
ai finanziamenti
per l’emergenza
disoccupazione
e al sostegno
ai Consorzi fidi,
il sindaco
conta sulla
realizzazione
di importanti
infrastrutture
viarie
e sul cablaggio
di tutta
l’Area nord
Il Castello
di Mirandola
apacità di innovazione, voglia di investire e forte vocazione all'export sono i punti
di forza che hanno permesso
al distretto biomedicale di Mirandola di reagire positivamente alla dura crisi economica e
che hanno contribuito a collocare «la biomedical valley emiliaMAINO BENATTI
na ai primissimi posti nel mondo»: è un cauto ottimismo quello espresso da Maino Benatti, sindaco di Mirandola, che non deve portare però «a sedersi sugli
allori», ma piuttosto «a consolidare il sistema
provinciale e regionale di ricerca e sviluppo del
settore biomedicale, coinvolgendo università,
Servizio sanitario regionale, lavoratori e tecnopoli. Stiamo vivendo infatti in un momento in
cui, a livello internazionale, ci sono Paesi come
India, Brasile e Sud Africa in forte crescita e altri, come Cina e Usa, che basano la loro ripresa
economica anche su investimenti pubblici nella
sanità».
Mirandola, però, non è solo biomedicale: «Purtroppo», conferma Benatti,«il settore metalmeccanico e quello edile, attanagliati dalla forte recessione, rappresentano le maggiori criticità
che il Comune ha dovuto affrontare negli ultimi
tempi, nonostante siano stati messi repentina-
C
MACType - MO
CORSI OTTOBRE
Economia | Le risposte degli enti locali alla crisi
mente in campo tutti gli strumenti a nostra disposizione per cercare di contrastare la crisi, come lo stanziamento di 720 mila euro per rispondere all'emergenza disoccupazione, l'adesione
al Patto provinciale anticrisi e l'aumento del
fondo a disposizione dei Consorzi fidi».
Ma l'intraprendenza degli imprenditori locali
non è sufficiente a superare una crisi che deve
essere affrontata a 360 gradi. È importante sviluppare infrastrutture logistiche adeguate a
supportare la vita economica e sociale del territorio: «Sotto questo aspetto, ci sono grandi novità in arrivo, come il raddoppio ferroviario della
linea Bologna-Verona, il completamento della
tangenziale di Mirandola e la realizzazione della
Cispadana, arteria di vitale importanza per lo
sviluppo di tutta l'Area nord della provincia,
senza dimenticare il progetto per la banda larga
"Lapida" che consentirà di cablare aziende ed
enti pubblici locali e l'approvazione di un nuovo
Piano strutturale comunale che avrà come
priorità lo sviluppo sostenibile, la qualità della
vita cittadina e le politiche di innovazione e risparmio energetico».
«Auspichiamo», conclude il primo cittadino di
Mirandola, «che si arrivi a modificare il patto di
stabilità voluto dall'attuale governo che impedisce agli enti locali virtuosi come il nostro di poter riprendere a investire risorse». (L.A.)
1 Ottobre 2009
Potenziare le qualità personali per lo
sviluppo imprenditoriale
6 Ottobre 2009
Supply chain management: pianificazione
e ottimizzazione dei processi di business
7, 13 Ottobre 2009
Costruzione del budget commerciale
8, 15 Ottobre 2009
Concetti introduttivi al bilancio d’esercizio
per non specialisti
20 Ottobre 2009
Miglioramento della comunicazione
interna
21, 22 Ottobre 2009
Valutare e pianificare il budget del
personale
27 Ottobre 2009
Incentivare i collaboratori
29 Ottobre 2009
Gestione legale degli expatriates
CORSI NOVEMBRE
4, 5 Novembre 2009
Piano strategico degli acquisti
11 Novembre 2009
Il contratto di agenzia
12 Novembre 2009
Leadership emotiva
17, 24 Novembre 2009
Analisi finanziaria per i responsabili degli
acquisti
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la propria competitività e di incentivare i propri risultati al fine di ottenere
l’eccellenza, poichè per essere competitivi è necessario oggi saper
utilizzare gli strumenti più avanzati nel campo della gestione aziendale.
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17 Novembre 2009
L’arte di vendere: corso di tecniche di
vendita di base
18, 25 Novembre 2009
Programmazione e gestione della
manutenzione
54 OUTLOOK
24 Novembre 2009
Check up contabile di fine esercizio
w w w. n u o va d i d a c t i c a . i t
Vignola | Daria Denti: puntiamo sul Parco
scientifico tecnologico
Per il sindaco
il centro
d'eccellenza
di ricerca
industriale
sarà
un’occasione
importante
per attrarre
imprese
innovative
da tutta
la provincia
a politica economica del
nuovo sindaco del principale comune della pedemontana,
Daria Denti, riparte proprio da
dove si era interrotta quella del
suo predecessore Roberto Adani: dal parco tecnologico. «Nel
tardo autunno», afferma con fiducia la Denti, «qualche buona
DARIA DENTI
notizia in più sulla realizzazione
del complesso scientifico nell’area dell’ex Sipe ci dovrebbe essere. Abbiamo
accantonato importanti risorse e stiamo facendo di tutto perché gli escavatori comincino a
lavorare».
Ma i tempi ufficiali, precisa il primo cittadino,
quelli della «relativa tranquillità, sono puntellati da una data limite, il 2013: l’anno in cui la
Regione, che ha finanziato il progetto del Parco
con contributi del Fondo europeo di sviluppo
regionale Fesr, dovrà riferire alla stessa Unione
europea con che profitto sono stati impiegati i
finanziamenti. A quel punto, è lecito attendersi
L
che sul fronte cantieristico si siano fatti passi
da gigante». Il Parco scientifico tecnologico, che
sorgerà nell'area ex fabbrica di spolette Sipe Nobel, al confine tra Spilamberto e Vignola, è il più
concreto aiuto che il tessuto imprenditoriale locale da tempo richiede a gran voce. «Il nostro
territorio», afferma Daria Denti, «ha bisogno di
un costante apporto di imprese innovative. Questo centro d'eccellenza, che si svilupperà su
una superficie coperta di diecimila metri quadrati, sarà il luogo d'incontro tra il mondo della
ricerca e quello imprenditoriale. Ovviamente,
dovrà tener conto delle filiere e dei settori esistenti, e penso principalmente alla meccanica
avanzata e all'agroalimentare, ma potrà aprirsi
anche alle tecnologie dei materiali, dell'informazione e a quelle attività che puntano sul
tema dell'efficienza energetica. Questa amministrazione intende favorire il più possibile la
diversificazione produttiva delle imprese: cultura, Ict, scienze della vita sono settori che
hanno un mercato potenzialmente infinito».
Per contrastare la crisi, il sindaco individua due
direttrici: «Aumentare le risorse a sostegno degli investimenti delle imprese (dai Consorzi fidi
al Fondo provinciale per l'innovazione) e sostenere l'inserimento in azienda dei giovani laureati vignolesi. E anche le banche, che hanno
ricevuto tanto da questo territorio, devono essere pronte a fare di più».
Invece, il nodo infrastrutturale, dal completamento della Pedemontana verso Maranello alla
costruzione della complanare di collegamento
tra Modena Sud e il sistema delle tangenziali
modenesi, rimane il più difficile da sciogliere: «I
singoli Comuni influiscono fino a un certo punto
sulle grandi opere infrastrutturali, specie quando si tratta di collegamenti che interessano più
aree. La Provincia ha il compito di mediare e portare a sintesi le diverse esigenze dei territori».
(G.V.)
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Economia | Le risposte degli enti locali alla crisi
L’intervista | Il medico alla guida dell'Università
Il rettore Aldo Tomasi scommette
sulle grandi potenzialità della ricerca applicata
partner
partner
giusti
giusti
per
puntare
per scommettere
ISiamo i
“
«Vogliamo puntare di più
sui dottorandi di ricerca:
non sono semplicemente
giovani neolaureati
prestati all'azienda per seguire
un progetto. Sono figure importanti
che portano l'approccio universitario
alla ricerca dentro l’impresa,
coinvolgendola in una crescita
in cui ognuno dà qualcosa
e aiuta l’altro a migliorare»
sull’
innovazione
sull'innovazione
Il ruolo della ricerca universitaria nella battaglia delle imprese
per affrontare la crisi, i tecnopoli, le prospettive di crescita degli spin-off:
ecco un quadro d’insieme dell’Università di Modena e Reggio Emilia
di Felicia Buonomo
'«economia della conoscenza» è un tema emergente negli scenari economici attuali. Un'economia quest'oggi dilaniata da
una congiuntura sfavorevole, che rischia di disperdere quel
patrimonio di risorse umane che costituiscono il fattore distintivo di
ogni contesto economico. Oggi più che mai puntare sull'innovazione e
lo sviluppo significa interazione tra università e impresa. Abbiamo
approfondito questo tema con il rettore dell'Università di Modena e
Reggio Emilia Aldo Tomasi.
In che modo il connubio università-impresa, sul fronte dell'innovazione, dello sviluppo industriale, del rinnovamento, può essere utile per
L
58 OUTLOOK
OUTLOOK 59
L’intervista
uscire dalla crisi?
«Penso che nell'attuale contesto di crisi
mondiale, una crisi che sta in qualche
modo cambiando profondamente anche i
comportamenti dei consumatori, le abitudini di vita, le priorità, gli stessi assetti
industriali e il protagonismo dei mercati, si
richieda uno sforzo congiunto di comprensione che veda prioritario un ripensamento della relazione tra mondo universitario
e sistema delle imprese. Dalla crisi, è mia
convinzione, non si esce con le solite ricette, immaginando che passata le difficoltà
finanziarie tutto possa tornare come
prima. Occorre soffermarsi ad analizzare
quanto accade, occorre definire un nuovo
sistema di valori entro il quale indirizzare
un rinnovato modello di consumi e questo
comporterà necessariamente l'introduzione di forti elementi di innovazione per
quanto riguarda i prodotti, ma anche per
quanto riguarda l'organizzazione della
produzione. Su questa direzione la nostra
Università è già incamminata da tempo,
ma abbiamo bisogno di far conoscere e trasferire all'esterno la nostra competenza, la
capacità di divulgare le esperienze acquisite e le prassi consolidate per coniugare i
nostri sforzi nell'ambito della ricerca con le
esigenze della realtà delle imprese».
Come si può raggiungere questo obiettivo?
«Da parte del governo si sta elaborando
il nuovo Piano nazionale per la ricerca.
Uno dei suoi aspetti più rilevanti, benché
non sia ancora conclusa la sua definizione,
riguarda l'obiettivo strategico di "come" la
ricerca universitaria possa concorrere e
sollecitare le esigenze innovative delle
imprese. Come rettori pensiamo sia indispensabile individuare una sede, una
struttura comune, che agisca da interfaccia tra il nostro mondo e quello delle imprese, affidata a un governo congiunto, condiviso, riconosciuto per la sua autorevolezza
da entrambi i partner. Anche a Modena da
molto tempo tentiamo di portare avanti un
progetto simile».
Ce ne vuole parlare?
«A livello di Ateneo questo sforzo è stato
accompagnato dalla istituzione di Ilo (acronimo di Industrial Liaison Office), inteso
Il profilo | Il rettore
con la laurea in medicina
ldo Tomasi è nato a Trento nel 1951. Da novembre 2008 è il nuovo rettore
dell'Università di Modena e Reggio Emilia. Si è laureato a Modena nel 1976.
È specializzato in Igiene e in Oncologia. Nel 1979 si è trasferito a Londra, dove ha
svolto attività di ricerca scientifica per un decennio. Rientrato a Modena, dal 2005
al 2008 è stato preside della facoltà di Medicina e Chirurgia di Modena e dal 2007
al 2009 presidente dell'Osservatorio regionale per le professioni sanitarie.
È autore di oltre un centinaio di pubblicazioni su riviste internazionali.
A
come incubatore di idee capace di promuovere il trasferimento tecnologico e delle conoscenze maturate in
ambito universitario. Ma penso anche a Democenter a
Modena e a Reggio Emilia Innovazione nell'omonima
città. Se vogliamo, anche Crit Research è un'altro di
questi enti che si propone come raccordo tra università e industria. Le ho fatto l'esempio di alcune società
miste dove si persegue come finalità il trasferimento
tecnologico, ma nelle quali si cerca anche di collaborare nell’attività di ricerca. Sul rafforzamento e sviluppo
di questi strumenti ho investito molte energie del mio
rettorato. Vorremmo, ragionando insieme agli enti
locali interessati e alle Camere di Commercio, verificare se sia possibile affidare nuovi compiti a queste
strutture e magari anche cambiarne la gestione e l'organizzazione, rendendole più efficienti e più agili.
Riteniamo, infatti, che le strutture attuali così come
sono ora risentano di una rigidità e manchino di una
mission precisa, anche perché fino ad ora sono state
circoscritte a un utilizzo che privilegia la piccola e
media impresa, quando invece secondo noi la condivisione e la gestione dovrebbero essere allargati anche al
sistema della grande impresa, magari consegnando a
questi centri, come ad altri che potrebbero nascere,
compiti di promozione all'estero, facendoli diventare
ponti tra Modena, Reggio Emilia, l'Europa e il mondo».
Continua a nominare Reggio Emilia.
OUTLOOK 61
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L’intervista | Il medico alla guida dell’Università
I numeri | Flash d’ateneo
dati dell’anno accademico 2008/2009 offrono una fotografia dell'Università di
Modena e Reggio Emilia. Rispetto all'anno precedente, l'ateneo vede un incremento degli iscritti, in controtendenza col dato nazionale: da 18.722 sono passati a 19.040
(+1,7 per cento), cui corrisponde una leggera crescita dei fuori sede (sul totale degli
iscritti, gli studenti provenienti da un'altra regione sono 4.315, il 22,6 per cento), e degli stranieri (957, il 5 per cento). In aumento anche le lauree di secondo livello, mentre si riduce l'incidenza dei fuori corso.
Sale il peso relativo della sede di Reggio Emilia, con 5.119 studenti (26,9 per cento del
corpo studentesco generale dell’Ateneo), ma cresce anche la popolazione della sede
di Modena, che tocca quota 13.921 studenti.
Tra le dodici facoltà spiccano, in termini assoluti, quella di Economia, con un incremento di 180 unità (+5,6 per cento), quella di Ingegneria (Modena) con 99 iscritti in
più (+4,2 per cento) e quella di Medicina e Chirurgia con una crescita di 99 unità (+4,1
per cento). Il segno meno caratterizza, invece, la facoltà di Giurisprudenza, con un
calo di 211 iscritti (-9,6 per cento), di Scienze della comunicazione e dell’economia
che arretra di 91 iscritti (-4,5 per cento).
I
Dall’alto, due delle sedi universitarie di Reggio Emilia:
l’ex caserma Zucchi, recentemente restaurata, e la facoltà di Agraria
«Sì, continuo a nominarla perché siamo mossi dalla
determinazione di unificare queste strutture, quantomeno Democenter e Reggio Emilia Innovazione, facendo convergere questi soggetti in un'unica struttura,
affinché diventino volano per allargare e unificare
altre iniziative di questo tipo tra le due città».
Perché?
«Innanzitutto perché ho potuto constatare che
Modena e Reggio Emilia hanno una struttura socioeconomica fondamentalmente uguale: molta capacità
di fare impresa e grande voglia di innovazione all'interno di due territori che, se presi complessivamente,
diventano il polo produttivo e manifatturiero più
importante in Emilia-Romagna, e non solo per dimensione. In questi primi mesi di mandato ho cercato di
seminare l'idea di lavorare su progetti condivisi per
giungere a una visibilità e capacità competitiva internazionale molto più efficace di quella attuale».
In un sistema economico globalizzato dove l'intervallo
di tempo tra la fase di ricerca e sviluppo e l'ingresso del
nuovo prodotto sul mercato tende ad essere sempre più
breve, è necessario avvicinare gli attori coinvolti. Oltre
alle strutture di cui ha parlato ora, c'è altro che si potrà
fare?
«C'è un'iniziativa della Regione che troviamo di
forte interesse ed è quella del cosiddetto tecnopolo.
Tradotto, si tratta di un investimento (l'accordo è cosa
fatta) con cui la Regione affida all'Università, e questa
è una novità, il compito di capo fila nella promozione
della ricerca traslazionale. Questo significa che il tec-
UNIVERSITÀ DI MODENA E REGGIO EMILIA
Anno accademico 2008-2009
2 sedi 12 facoltà
19.040 iscritti (+1,7% sull'anno precedente)
4.254 studenti fuori corso (-1,1% sull'anno precedente)
/D EDQFD SHU OҋLPSUHVD
«Gli spin-off
nascono
da ricercatori
universitari
e da una
o più aziende,
che insieme
decidono
di investire
su un progetto.
La cultura
d'impresa
è fondamentale
per portare
innovazione
nel nostro
tessuto»
OUTLOOK 63
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L’intervista | Il medico alla guida dell’Università
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L’ateneo a Modena:
sopra, la biblioteca della facoltà
di Economia; a sinistra, la sede
della facoltà di Lettere;
a destra, la Fondazione
universitaria Marco Biagi
«Per il tecnopolo
di Modena
la Regione
Emilia-Romagna
investirà
circa 20 milioni
di euro
nel prossimo
triennio»
nopolo favorirà investimenti in ricerca. Avremo, quindi, una parte di risorse destinate alla costruzione, o
ristrutturazione di edifici esistenti, finalizzati alla
ricerca, così come per spin-off, ovvero imprese che
sfruttano brevetti prodotti dalla ricerca. Un'altra
parte delle risorse sarà, invece, investita sul capitale
umano impegnato nei progetti. E, infine, una terza
parte andrà per l'acquisto di materiali necessari alla
ricerca (macchinari, strumentazioni e altro)».
Il polo di Modena e Reggio Emilia quali tecnologie
ospiterà?
«Per quanto riguarda la parte economica la Regione
investirà su questo obiettivo circa 20 milioni di euro
nei prossimi tre anni che, se ben spesi, concorreranno
in favore di iniziative di trasferimento tecnologico,
oltre che di ricerca e di innovazione. Gli investimenti
riguarderanno principalmente tre settori. La parte
più importante del progetto interessa ingegneria meccatronica, ma anche comunicazione e ingegneria elettronica. Esiste poi un secondo fronte che per la prima
volta ha assunto valore strategico, cioè la medicina
rigenerativa, il quale può avere un forte impatto in
termini industriali sul segmento del biomedicale. Si
tratta di una novità importante, che contiamo sviluppi
opportunità di ricerca, perché l'Ateneo in questo
campo può recitare un ruolo da protagonista. In questo ambito, l'Università e la Regione, ma anche gli enti
locali, non hanno ancora saputoi cogliere le potenzialità che il territorio presenta anche in campo universitario. È di circa un anno fa l'inaugurazione del Centro di
medicina rigenerativa "Stefano Ferrari", che ospita
laboratori certificati e molto innovativi, con cui si
aprono possibilità di ricerca molto interessanti.
Parliamo in questo caso di cellule staminali, che nella
medicina e non solo rappresentano la nuova frontiera
dello sviluppo industriale, tanto è vero che i nostri
laboratori sono riconosciuti come struttura industriale produttiva e ciò che viene realizzato e offerto segue i
medesimi criteri internazionali applicati all’industria
del farmaco. Il terzo settore riguarda il segmento agroalimentare, della sicurezza e qualità, delle produzioni
geneticamente modificate».
OUTLOOK 65
L’intervista | Il medico alla guida dell’Università
SURSRVWH
LQYHVWLPHQWR
Come saranno distribuite le iniziative a livello territoriale?
«I progetti saranno equamente distribuiti su
Modena e Reggio Emilia: l'agroalimentare troverà una
maggiore concentrazione su Modena, la meccatronica
invece sarà distribuita tra i due poli universitari, mentre la medicina rigenerativa farà capo quasi esclusivamente, se non esclusivamente su Modena».
Come si potrebbe configurare la struttura dei nuovi
tecnopoli?
«La progettualità è già definita. Se parliamo di sedi,
a Modena si prevede il completamento del Centro per
spin-off, già aperto un anno fa presso il campus di
Ingegneria. Esiste poi un'idea di utilizzo del comparto
ex-Sipe di Spilamberto, del quale stiamo definendo le
dimensioni, mentre è ancora in fase di progetto un
intervento presso le ex Fonderie di Modena, per laboratori di design industriale. A Reggio Emilia, invece, è
già stata acquisita dal Comune una struttura delle
Officine Meccaniche Reggiane che verrà, grazie ai
fondi dei tecnopoli, messa a disposizione di strutture
di spin-off. Già da quest'anno cominceremo ad aprire
spazi per la selezione del personale, di addetti, di giovani che andranno a lavorare in queste strutture e su
questi progetti».
Quanta strada bisogna ancora fare prima che si completi il progetto?
«Non appena firmato il protocollo, avremo le prime
erogazioni di fondi (già disponibili presso la Regione e
provenienti da finanziamenti europei specifici per
queste finalità). Concretamente è possibile far partire
le prime iniziative entro quest'anno».
Nei progetti non è citato il settore ceramico.
«Lo sviluppo di un'iniziativa regionale sul campo
della ceramica segue regole diverse da quelle del tecnopolo e deve essere ancora definito. La Regione,
comunque, intende portare avanti un investimento
destinato al settore e anche in questo caso sarà definito tra industria e università, superando le differenziazioni e i compartimenti stagni del passato, in cui ognuno agiva per sé. Devo dire che oggi la situazione è cambiata, perché Sassuolo ha un nuovo sindaco e i passi
avanti che si erano fatti con il primo cittadino precedente, in questo momento, sono fermi. Non ci sono
ancora stati incontri con la nuova amministrazione
comunale e dovremo confrontarci sulle nuove prospettive di collaborazione. Attendo di incontrare il sindaco
per conoscere i suoi propositi e se confermerà supporto
per l'edificazione del nuovo Centro ceramico. Il Centro
attuale fu costituito quarant'anni fa e allora la scelta
logistica cadde su Bologna. Ma si tratta di una realtà
66 OUTLOOK
«Gli
investimenti
del tecnopolo
riguarderanno
principalmente
tre settori:
l’ingegneria
meccatronica,
la medicina
rigenerativa
e l’agroalimentare,
equamente
distribuiti
tra Modena
e Reggio
Emilia»
la Posta testimone
della nostra Storia
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distante dal contesto produttivo del comprensorio delle piastrelle. Ritengo che portare il Centro da Bologna
a Sassuolo sia fondamentale. Con Confindustria
Ceramica avevamo avuto numerosi contatti e sviluppato una proposta già molto avanzata: è da verificare
se questa è solo una pausa momentanea o un cambio
di direzione. Occorre che le varie istituzioni pubbliche, Comune e Provincia, ma anche private, la Camera di Commercio e l'Università riprendano le fila del
progetto».
Come si può generare nuova conoscenza per trasformarla in un valore economico? Lei prima ha parlato di
spin-off industriali.
L’esterno
della sede
e un’aula
della facoltà
di Ingegneria
di Modena
LE FACOLTÀ PIÙ GETTONATE
Economia
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OGGETTI PER CHI AMA COLLEZIONARE EMOZIONI
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Ingegneria
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Medicina e Chirurgia
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L’intervista | Il medico alla guida dell’Università
impresa, che poggiano inizialmente su quella risorsa
insostituibile che è il capitale umano, strumenti che
sanno valorizzare e ottimizzare l'apporto di intuizioni,
conoscenze e competenze che maturano nel mondo
della ricerca. Noi vorremmo che tanti nostri studenti, o
ex studenti, indirizzati a lavorare su un progetto fossero in grado di dar vita a nuove imprese».
Altri progetti in questa ottica di rapporto più stretto con
l'impresa?
«Tra i tanti, un progetto già attivo ma che vorrei
vedere incrementato in termini di opportunità: mi riferisco agli stage offerti ai nostri studenti. In particolare,
vorrei vedere estese queste opportunità più che ai laureandi, soprattutto ai dottorandi. E le spiego perché: il
dottorando di ricerca non è semplicemente un giovane
neolaureato che per un certo periodo si trova a lavorare su un progetto all'interno di un'azienda, ma una
figura di grande rilievo che porta l'approccio universitario alla ricerca dentro l'impresa, coinvolgendola in
una crescita in cui ognuno dà qualcosa e aiuta l'altro a
migliorare. I dottorandi tra l'altro possono entrare
anche in spin-off. Una risorsa importante per il mondo
produttivo, che va sfruttata di più e meglio».
[email protected] ph: Ivano Di Maria
«Gli spin-off nascono da progettualità condivise
tra uno, due o tre ricercatori universitari e una o più
industrie, che insieme decidono di investire su un
progetto, su un'idea, destinandovi soprattutto capitale umano. Mentre per le strutture di supporto ci dovrà
pensare il tecnopolo, ciò che a noi interessa è stimolare la voglia di investire, di ricercare e di alimentare lo
spirito imprenditoriale. Perché gli spin-off inizialmente si appoggiano su risorse miste, cui concorrono
tanto l'università, col suo capitale umano, quanto l'industria, con il suo sostegno economico, e questo per il
primo triennio; dopo questo periodo, gli spin-off devono essere in grado di proseguire in modo autonomo,
cioè devono diventare una vera e propria impresa. La
cultura d'impresa è fondamentale per portare innovazione nel nostro tessuto. Questo farà sì che la ricerca non continui a essere slegata dall'industria, ma si
fonderà sulla condivisione di progetti utili al mondo
produttivo. La cultura degli spin-off si è sviluppata
negli Usa, ma è ormai presente in tutto il mondo da
molti anni. Le grosse industrie americane, ad esempio, molto spesso sono nate da spin-off universitari.
Gli spin-off sono sostanzialmente degli incubatori di
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68 OUTLOOK
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V.le Ciro Menotti, 72/74
41100 - Modena
Tel. 059 9785500
Fax 059 9785501
Cell. 337 589005
Eventi | Il seminario di Como
La delegazione
di Confindustria
Modena
e dell’Itis Corni:
dall’alto,
il responsabile
Area Economia
Giovanni Bartolotti,
il direttore
Giovanni Messori,
il professore
Mario Noli,
la responsabile del
progetto Education,
Roberta Caprari,
il presidente
Pietro Ferrari
e la professoressa
Marzia Ballestrazzi
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Da sinistra:
Alberto Ribolla,
coordinatore
del Club dei 15;
Alberto Barcella,
responsabile del progetto
Istruzione tecnica del Club;
Giovanni Zen, preside
dell’Itis Rossi di Vicenza;
Gianfelice Rocca,
vicepresidente
di Confindustria
per l'Education
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OUTLOOK 71
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Eventi | Il seminario di Como
A destra:
Alberto Felice
De Toni,
in rappresentanza
del ministero
dell’Istruzione,
dell’università e
della ricerca;
Ambrogio
Taborelli,
presidente
di Confindustria
Como
le selezionate e presenti all'incontro,
una per ogni provincia, c’era anche il
Corni della professoressa Giuliani.
In Italia, ogni anno, le imprese hanno
letteralmente «fame» di diplomati tecnici e professionali per un totale di oltre
323 mila unità. Il fenomeno è tanto più
critico quanto più si consideri che l’incidenza delle professioni tecniche, sul
totale dell’occupazione, è passata in
Italia dal 16 per cento del 2000 al 22 per
cento del 2007, collocandosi al di sopra
della media Ocse di cinque punti percentuali. Dopo diciassette anni di calo costante, le iscrizioni agli istituti tecnici e
professionali sono riprese con l’anno scolastico 2008-2009. Un timido +0,6 per
cento che non risolve il problema ma che
va incoraggiato attraverso l’orientamento scolastico e l’avvio di progetti mirati,
come quello sostenuto dal Club dei 15.
Per partire, il programma necessita di
una fase di messa a punto. «Daremo vita
a un network di istituti tecnici e professionali protagonisti dell'innovazione
manifatturiera con i quali ogni associazione del Club collabora già da alcuni
anni», ha spiegato nel corso del seminario Alberto Barcella, past president di
72 OUTLOOK
Confindustria Bergamo e attuale responsa- mondo della scuola a quello dell’impresa,
bile del progetto per conto del Club dei 15. alle sue esigenze e ai suoi linguaggi. Come?
«Grazie alla flessibilità prevista dalla rifor- Borse di studio agli studenti meritevoli,
ma della scuola superiore del ministero stage in azienda, preparazione dei docenti,
dell’Istruzione e al coinammodernamento e potenziamenvolgimento diretto delle
to dei laboratori scolastici, alterAttraverso
imprese cercheremo di
nanza scuola-lavoro: rendere così le
la collaborazione
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tiva alle necessità del terre il valore dell’istruzione tecnica
e docenti
ritorio. Ma, soprattutto,
e l’utilità di un diploma per trovasi potrà offrire
con il prezioso contributo
re subito un lavoro qualificato
ai giovani
dei docenti si potrà offrire
nell’industria.
una più ampia
ai giovani una più ampia
Il seminario di Como ha visto la
gamma
partecipazione anche del vicepregamma di opportunità per
di opportunità
sidente di Confindustria per l'Eduaccrescere le loro conoper accrescere
cation Gianfelice Rocca, che ha
scenze e competenze». La
le loro
partita è importante. In
definito l'appuntamento del Club
competenze
gioco c’è il futuro sia dei
dei 15 come «l'avamposto delle atgiovani sia delle imprese.
tività per rafforzare il rapporto
«Lo sviluppo della cultura tecnica sul terri- tra Confindustria e mondo della scuola» a cui
torio», afferma Pietro Ferrari, «è un obietti- seguiranno altre due iniziative: una riguarvo strategico anche per Confindustria Mo- derà più strettamente le pmi e «avrà lo scodena. Per contrastare la difficile fase econo- po di sensibilizzare imprenditori e manager
mica attuale si deve assolutamente riparti- attraverso un ciclo di seminari che si terranno
re dai banchi di scuola: è qui che si gioca il nelle associazioni pilota», ha spiegato Rocdestino dell’impresa manifatturiera locale ca. L'altra, ideata da Sistemi formativi di
e nazionale». La filosofia del progetto elabo- Confindustria, «aggiornerà i funzionari e i dirato dal Club dei 15 è di investire su attivi- rigenti delle associazioni territoriali di Contà, programmi, iniziative per avvicinare il fidustria sulla riforma dell'istruzione tecnica».
Tra gli obiettivi del progetto, c’è anche l’intento di superare il luogo comune che vede
il liceo come sede della formazione di «serie
A» e l’istituto tecnico come quella di «serie
B». Basta qualche dato per sfatare questo
pregiudizio: il 54 per cento dei diplomati
tecnici, infatti, si iscrive all’università, il 26
per cento dei laureati tecnico-scientifici proviene dagli istituti tecnici e quasi il 30 per
cento dei laureati in ingegneria e architettura possiede un diploma rilasciato da istituti tecnici. E per chi entra in azienda con
un diploma tecnico ci sono opportunità e
possibilità pari a quelle di un neolaureato,
perché le aziende non guardano più solo al
titolo di studio ma anche a quello che concretamente i giovani sanno fare. Per questo
diventa sempre più importante avere una
scuola capace di preparare figure professionali al passo coi tempi, in grado di essere
all’altezza delle richieste delle imprese in
fatto di innovazione e ricerca. Senza contare che l’istruzione tecnica permette di avere
una marcia in più sulla strada dell’autoimprenditorialità: molte aziende, infatti, nascono dall’esperienza e da quel saper fare
che proprio l’istruzione tecnica, nella quale
si alternano formazione teorica e sperimentazione sul campo, è in grado di fornire.
In alto; un momento
del seminario.
Sopra, la delegazione modenese.
A sinistra, Pietro Ferrari,
presidente di Confindustria Modena,
con Roberto Zuccato,
presidente dell’Associazione
Industriali di Vicenza
OUTLOOK 73
Settori | Motosport
Il comparto delle aziende che operano per team o marchi sportivi,
pressoché sconosciuto in Italia, ci viene invidiato e copiato all'estero
Aspettando la
Motor
valley
Niente numeri né dati, nessuna associazione
che possa far valere il peso economico e di innovazione
di un settore che ha nell’asse Bologna-Modena-Reggio
Emilia uno dei centri nevralgici nazionali. Il motorsport
si conferma un insieme di imprese tutte da scoprire
di Arianna De Micheli
l'avanguardia uniche al mondo». Ma restano pur sempre figlie
orfane di un Paese ingrato che le trascura, sottovalutando un settore, quello del motorsport, «di valore immenso» e di enorme potenzialità. Un settore che, nella cultura italiana, riscopre a ogni stagione le sue più profonde radici. Se a esprimere, con eleganza ma
senza mezzi termini, il proprio disappunto è Livia Cevolini, direttore marketing di Crp Technology di Modena, fiore all'occhiello dell'industria geminiana nell'ambiente blasonato delle competizioni
sportive, non si può che crederle senza riserve.
Anche perché le parole di ammonizione della figlia d'arte che,
insieme al fratello Franco, tiene ben salde le redini di un'azienda
eam di rilevanza internazionale provenienti da Usa, Francia e Gran Bretagna arrivano in Italia per cercare partner e
fornitori in grado di dare concreto valore aggiunto alle proprie vetture: «Nonostante ciò ci troviamo
di fronte a non poche difficoltà. Oltremanica la Motor valley è un vero status
«In Gran Bretagna la Motor valley
symbol. Essendo un vanto per l'intera ecoè uno status symbol, sostenuta
nomia britannica, viene sostenuta da goda governo, associazioni e privati»,
verno, associazioni e privati. Inoltre offre
osserva Livia Cevolini, direttore
molte opportunità lavorative e si avvale di
marketing di Crp Technology,
tecnologie che, seppur sviluppate e impieuna delle firme più rappresentative
gate nell'ambito del racing, influenzano
del racing, specializzata
un mercato di fatto assai più esteso. In
nella meccanica di precisione
Italia simili strategie di condivisione e
e nel rapid prototyping
supporto sono del tutto assenti. Eppure,
(nella foto, con il fratello Franco).
agire in modo che il comparto italiano si
«Nessuno racconta che team
affermi sempre più a livello internazionae marchi di fama internazionale
le, dovrebbe essere obiettivo comune. Sovincono anche grazie all'apporto
prattutto alla luce del fatto che le nostre
della tecnologia made in Modena»
aziende hanno sviluppato tecnologie al-
T
OUTLOOK 75
Settori
all'avanguardia nel produrre in tempi record tecnologie per vetture da sogno, sono tutto fuorché isolate. «Modena è il fulcro, anche culturalmente, del motorsport
italiano. Un comparto a mio parere sottovalutato», ribadisce il concetto Marco Stella, amministratore delegato di Tubi Style, impresa di Maranello leader nella
produzione di scarichi sportivi e da competizione. «Non
esiste un'associazione che ne rappresenti e tuteli gli
interessi, neppure statistiche che consentano di capire
esattamente quanto valga nel nostro Paese».
Si rassegni, dunque, chi spera di sapere di più del
comparto attraverso numeri e grafici: la penuria di dati
statistici pare infatti malattia endemica di un settore
già vittima di una politica votata al contenimento dei
costi. E questo ancor prima dell'affacciarsi di una crisi
dalle proporzioni inaspettate, che ha coinvolto l'intero
globo, radendo al suolo qualsiasi certezza in ambito
economico e finanziario. Motori riciclabili, un fornitore
unico di pneumatici, riduzione della forza aerodinamica per garantire maggiore sicurezza ma soprattutto per
tagliare la testa ai costi: ecco in sintesi i provvedimenti
targati 2007 e firmati dalla Federazione internazionale dell’automobile (Fia). E per il 2010 pare sia previsto
non soltanto il ritorno al motore turbocompresso, ma
anche penuria di test e la reintroduzione dell'elettronica standard per quanto concerne vetture e pneumatici.
Tubi Style (nella foto a sinistra,
Marco Stella insieme a due tecnici
dell’azienda), fondata nel 1987,
produce scarichi sportivi
e da competizione, settore
quest’ultimo che rappresenta
il 10 per cento del fatturato.
L’impresa di Maranello vende
in oltre 30 Paesi
nei cinque continenti, compresi
Stati Uniti e Giappone
L’intervista| Marco Padovani:
«Dobbiamo valorizzare il sapere tecnico»
tecnici sono la base portante delle azien- Quando nasce l'associazione e qual è la sua
de: «In questi anni, purtroppo, abbiamo mission?
visto una continua riduzione
«L'associazione ha carattere
del “sapere tecnico” e le imprevolontario ed è nata nel 1970 per
se ora ne soffrono», spiega il
proseguire l'attività svolta dalla
presidente dell'Associazione
sezione di Bologna dell'AssociaMeccanica Marco Padovani
zione meccanica italiana, quando
(www.associazionemeccanica.it),
questa venne sciolta a livello
che intende essere «portavoce di
nazionale. Il suo scopo è quello di
una cultura di valori d'impresa e
riunire tutti coloro che operano
di professionalità», perché «per
nel campo della meccanica e delinnovare processi e prodotti serl'impiantistica, di favorire la
Marco Padovani,
presidente
vono figure professionali di espericerca e di diffondere lo studio
dell’Associazione
rienza e giovani menti che portidelle discipline meccaniche e
Meccanica che ha
no avanti nuove sfide». Verità
delle loro applicazioni. Al
sede a Bologna
sacrosanta, soprattutto in un setmomento conta oltre 400 soci tra
tore come il motorsport che si nutre di te- studenti, imprenditori, manager, quadri e teccnologie d'avanguardia e di prodotti innovativi. nici di aziende che operano nel contesto indu-
I
76 OUTLOOK
striale dell'Emilia-Romagna».
Come operate?
«L'Associazione Meccanica è una realtà con
una forte presenza nelle principali imprese della regione e intende rafforzare la figura del tecnico nel nostro sistema industriale attraverso
varie attività d’informazione e di formazione,
come visite a stabilimenti produttivi, convegni e
corsi specialistici».
Dal suo punto di vista, nel nostro Paese si investe a sufficienza in formazione?
«In questa particolare congiuntura economica,
la voce relativa alla formazione è una delle prime a essere ridotta. Ed è un grave errore perché potenziare le competenze tecniche e rimanere aggiornati sulle nuove tecnologie è una
delle chiavi per porre le basi della ripresa».
Esiste sinergia tra imprese di valore e risorse
umane?
«Assolutamente sì. Le imprese migliori attraggono le migliori risorse e, allo stesso tempo, i
migliori cercano di lavorare nelle imprese eccellenti».
Che cosa comporta l'essere presidente dell'associazione?
«Per me rappresenta l'opportunità di restare
in contatto con tutto ciò che esiste di innovativo
nel mondo industriale. Non nego che, essendo
un'attività che io e i miei consiglieri svolgiamo
senza fine di lucro e in aggiunta alle nostre
"normali" mansioni lavorative, a volte risulta
un compito piuttosto impegnativo. Tendiamo
quindi a seguire il concetto della project-leadership: l'organizzazione delle attività è a rotazione, viene infatti gestita da chi vanta maggiori competenze professionali sull'argomento.
Le garantisco che portare il sabato mattina 80
persone a un convegno o a una visita aziendale ci riempie di soddisfazione, perché la risposta positiva alle nostre iniziative dimostra che
stiamo facendo qualcosa di utile».
«Anche uniti non vedo
come potremmo competere
con la concorrenza
inglese e tedesca»,
critica Alessandro Verasani,
titolare di Veca, azienda
che produce componentistica
per il settore motoristico
e da competizione.
«Mano d’opera che costa meno,
agevolazioni fiscali:
tutto questo in Italia non esiste.
Per esportare in America
devo ridurre i prezzi del 30 per cento.
Come posso essere competitivo?»
OUTLOOK 77
WHO’S WHO IN ITALY
2010 EDITION
ACCESSO ESCLUSIVO,
PRESTIGIO NEL MONDO.
Da 50 anni è il più prestigioso
promotore dell’immagine di Uomini,
Imprese e Istituzioni che rappresentano
l’eccellenza del nostro Paese.
Alcuni dei prodotti di Veca,
azienda di Soliera (Modena)
che realizza componenti di altissima
precisione per Formula Uno,
auto sportive e industria aeronautica.
In particolare lavora per Toyota
Mortosport, Red Bull, Honda Racing,
Bmw Sauber e Ferrari.
Nel 2005 ha ottenuto il premio
«Eccellenza italiana» come migliore
fornitore del Cavallino rampante
«Vogliono riportare la Formula 1 agli anni Novanta.
Abbiamo toccato il fondo», sentenzia contrito Alessandro Verasani, patron di Veca, azienda di Soliera da 40
milioni di fatturato l'anno («ma nel 2010 sarà tutt'altra
musica») produttrice di componenti ad altissima precisione in leghe speciali per Toyota Motorsport, Red Bull,
Honda Racing, Bmw Sauber, nonché premio «Eccellenza italiana 2005» come migliore fornitore Ferrari. «Dopo aver portato la F1 a un tale livello di esasperazione,
non si può che pensare di renderla più povera. Anche in
78 OUTLOOK
casa Ferrari si assiste all'esodo di esperti. Se per 17 gare si cambiavano 250 motori, ora se ne usano 40. E io
che, in quanto a fatturato, di Ferrari sono il più grosso
fornitore, sto davvero perdendo molto. L'80 per cento
del mio lavoro riguarda infatti la Formula Uno. La
soluzione? Diversificare e abbandonare il campo, ma
non è certo come bere un bicchiere d'acqua». In principio restio all'esternazione, il fondatore di Veca diventa
un fiume in piena. «A gennaio ho riunito chi lavora con
me: "Ragazzi, i tempi d'oro sono finiti, ora bisogna stringere la cinghia". Loro hanno capito, ma si parla di decurtazioni da 1.000 euro. Ci stiamo arrampicando sugli specchi, si lavora con i minuti contati e in prospettiva non
escludo l'uso di ammortizzatori sociali. La fiera Motorsport Expo Tech? Quest'anno mi hanno convinto, ma
alla luce dei fatti mi chiedo quale significato possa ancora avere la fiera. Un'associazione di categoria? Non
credo nelle associazioni. E anche uniti non vedo come
potremmo competere con la concorrenza inglese e tedesca. Mano d'opera che costa meno, agevolazioni fiscali:
tutto questo in Italia non esiste. Per esportare in America devo ridurre i prezzi del 30 per cento. Come posso
altrimenti essere competitivo? D'altra parte, paghiamo
la mano d'opera fior di quattrini per realizzare il pezzo
migliore in tempi più brevi».
Parole che mostrano amarezza («non posso che essere pessimista, anche se non è nella mia natura») ma che
non sembrano esagerazioni. Più pacati i toni di Marco
3 volumi, 3200 pagine,
8000 profili biografici
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e Istituzioni.
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Settori
Stella, convinto che Motorsport Expo Tech,
fiera modenese alla sua seconda edizione che
si è tenuta a metà ottobre, resti comunque
«un'iniziativa importante per il nostro territorio, da monitorare e sviluppare ulteriormente». Eppure, nonostante l'aplomb, anche il quadro dipinto dall'amministratore
delegato di Tubi Style è a tinte grigie: «Le
case di auto e moto che partecipano alle
competizioni più "nobili" sono sottoposte a
un'ulteriore pressione a causa della scarsa
disponibilità di budget. Tutto ciò si ripercuoterà sulle prossime stagioni. Già abbiamo assistito a defezioni importanti, pensate a Honda nella Formula Uno, oppure ad
Abarth costretta a ridimensionare il proprio impegno nei rally. E anche nelle corse
minori i piloti ben foraggiati si contano
sulle dita di poche mani. La motoristica da
competizione rappresenta il 10 per cento
del nostro fatturato (cinque milioni di euro
nel 2008) ma per noi resta un settore strategico: di fatto incarna il traino sia dell'attività di ricerca, sia del marketing. Non
nascondo che siamo preoccupati per ciò che
potrà succedere nel 2010: è evidente infatti
che stentano a essere confermati diversi
progetti in agenda per il prossimo anno, al
contrario di quelli in corso che comunque
risentono di un certo calo nei volumi». E che
la parola magica sia sempre la stessa, ovvero internazionalizzazione, Stella ne è convinto ma solo a metà e con riserva: «La produzione deve essere veloce e innovativa, ma
si tratta spesso di piccole produzioni molto
specializzate. Non mi sembra ci siano i presupposti per andare a fabbricare marmitte
in Romania. Piuttosto propendo per una
crescita attraverso partnership o acquisizioni e credo sia fondamentale studiare
strategie per fare rete». Chi si ostina a
guardare avanti senza lasciarsi intimorire
dagli inevitabili (del tutto inevitabili?) cambiamenti in atto nel comparto del racing, è
la già citata Crp Technology. «Quest'anno il
volume d'affari ha riportato una leggera
flessione a conferma delle difficoltà
macroeconomiche che hanno investito
tutto il panorama internazionale», ammette Livia Cevolini, già pronta però al rilancio. «Ma ridurre gli investimenti in ricerca
Cgm (a sinistra, Franco Capone,
fondatore dell’azienda di Baggiovara)
è specializzata in componenti
di precisione per l'industria
automobilistica. Il suo core business
è rappresentato dalla produzione
di alberi di trasmissione.
Tra i più importanti clienti,
la Ferrari di Maranello
e sviluppo equivale a diminuire il grado di innovazione
tecnologica e significa danneggiare il segmento. Crp
dunque continua a puntare sull'elevato livello di innovazione attraverso lo studio di nuovi materiali e tecnologie all'avanguardia».
Franco Capone, numero uno di Cgm (azienda di
Baggiovara specializzata in componenti di precisione
per l'industria automobilistica e il cui core business è
rappresentato dalla produzione di alberi di trasmissione) predilige un linguaggio scevro da slogan e che
va dritto al sodo: «Il cliente ha calato la produzione, ma
noi stiamo lavorando come lo scorso anno. Forse non
dovrei dirlo, ma andiamo alla grande. Avete presente
la Ferrari 149 California? Bene, tutto l'apparato di trasmissione è opera nostra. Ferrari, Maserati e Alfa Romeo montano esclusivamente le nostre trasmissioni.
Certo, il settore si è impoverito, ma io non posso lamentarmi. Perché dovrei? Lavoro con 22 dipendenti
che fanno ancora otto ore al giorno e non ho lasciato a casa nessuno». E il patron di Cgm prosegue: «Per avere
risultati occorre operare su molti fronti. Un'azienda va
bene non solo perché il cliente paga, ma soprattutto
perché ha fatto investimenti oculati. Pur essendo
un'azienda di nicchia (da 4 o 5 milioni di fatturato all'anno), qualche mese fa abbiamo investito oltre 2 milioni di euro in un nuovo capannone di 2.500 metri quadri. Abbiamo scelto di spendere in modo mirato». E
parlando del 2010, Franco Capone chiosa, convinto
dell'efficacia delle proprie scelte ma non certo tanto
sprovveduto da sottovalutare l'impatto di un colpo di
coda di una crisi lungi dall'essere cancellata: «Nell'anno prossimo io ci spero, ma con pragmatismo. La
ripresa sarà molto difficile, le aspettative infatti non
sono buone. Il settore ha perso in tecnologia e mano
d'opera specializzata. Abbiamo bisogno dell'aiuto del
credito. Ma il supporto non arriva, non esito a dire che
ci sentiamo abbandonati. Più si è piccoli e meno si ha
voce in capitolo, anche se l'azienda la curiamo col cuore e ci mettiamo tutta la nostra energia».
E se l'eloquio colorito di Capone riesce in parte a
mitigare lo scoramento di Alessandro Verasani, le lucide osservazioni scevre di sbavature di Cleardo Giaco-
OUTLOOK 81
Settori | Motosport
«Questo è un settore
per cui servirebbe maggiore impegno,
soprattutto a livello istituzionale»,
avverte Francesca Paoli,
amministratore delegato della Dino Paoli.
«Il Motorsport Expo Tech
rappresenta un'ottima occasione,
soprattutto per la possibilità
che offre di confronto
con collaboratori e tecnici.
Ma dovrebbe cambiare data:
a ottobre i campionati
non sono ancora terminati
e credo che questo penalizzi la fiera»
metti, area manager di Cima, azienda di Villanova di
Castenaso, lasciano spazio all'entusiasmo per i buoni
propositi: «Un'associazione di categoria come hanno
fatto gli inglesi? Perché no, potrebbe essere interessante.
Qualcuno dovrebbe proporla, a cominciare da Confindustria, ad esempio. È un messaggio che va trasmesso,
perché gli inglesi, che sono una potenza in questo settore, hanno dimostrato che funziona. Inoltre sono convinto che, continuando a crescere e proponendosi all'estero, Motorsport Expo Tech potrebbe essere equiparata alla fiera di Colonia». Cima è una piccola realtà
rispetto al gruppo cui fa capo (Seragnoli di Bologna,
660 milioni di fatturato nel 2008, core business: produzione di macchine automatiche per imballaggio),
produce ingranaggi contoterzi e nell'ambito del racing
si colloca in una fascia medio alta di applicazioni. «È
un mercato di nicchia, si tratta di migliaia di pezzi,
non di milioni. Produciamo ingranaggi per la Formula
Uno, per i campionati Gp 2 e per il Moto Gp. Il calo è
Dino Paoli, azienda di Reggio Emilia
fondata nel 1968, produce avvitatori
pneumatici a impulsi e accessori.
La qualità del prodotto ha offerto
fin da subito all’impresa l’occasione
di entrare nel mondo della Formula Uno,
come dimostrano queste tre foto:
da sinistra, Enzo Ferrari, Clay Regazzoni
e un momento del pit-stop
di una Ferrari durante una gara
82 OUTLOOK
Settori | Motosport
guardati dentro, raggiungilo.
Lo sguardo si spinge lento oltre le infinite linee, al confine tra
cielo e terra.A cercare un segno, un colore intenso, gli spigoli
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«Un'associazione di categoria
come quella britannica?
Perché no, potrebbe essere interessante»,
commenta Cleardo Giacometti,
area manager di Cima,
«Qualcuno dovrebbe proporla, a cominciare
da Confindustria, ad esempio.
È un messaggio che va trasmesso,
perché gli inglesi, che sono una potenza
in questo settore, hanno dimostrato
che funziona»
stato quasi del 50 per cento. Dal 2010 si arriverà a produrre 20 motori all'anno compresi i test, mentre noi ne
abbiamo sempre realizzati sei o sette volte tanto per
ogni team. Sono pezzi complessi che richiedono particolari tecnologie. Ma ora ci troviamo in un momento di gelo, in cui nuove ricerche e nuovi sviluppi non sono ammessi». All'inevitabile domanda di rito sulle previsioni
per l'imminente futuro, Giacometti risponde: «Le prospettive per il 2010 non sono certo delle migliori. Ci si
trova nell'impossibilità di gestire l'attività operativa
quotidiana e molte aziende si muovono contemporaneamente su due fronti: riduzione dei costi, ma sguardo volto al lungo termine, che significa essere pronti a
lanciare nuovi prodotti sul mercato nel momento in
cui questo tornerà a ripartire».
«Cerco di essere ottimista», mormora gentile, con vo-ce
un poco stanca ma tutt'altro che rassegnata, Francesca
Paoli, amministratore delegato della Dino Paoli, azienda
di Reggio Emilia che già negli anni Novanta muoveva i
primi passi nel motorsport statunitense. «Mi auguro che
nel 2010 ci sia una ripresa, e che si inizi a intravedere
qualcosa di positivo già nei prossimi mesi. Questo è un
settore per cui servirebbe maggiore impegno, soprattutto
a livello istituzionale. Il Motorsport Expo Tech rappresenta un'ottima occasione, soprattutto per la possibilità che
offre di confrontarsi con collaboratori e tecnici. Purtroppo,
credo proprio che sia la data a essere problematica: a ottobre i campionati non sono ancora terminati e credo che ciò
penalizzi la fiera, peraltro organizzata con grande cura».
E conclude: «Per affrontare il prossimo anno, per quanto
possibile, continueremo a investire in ricerca e sviluppo.
La nostra azienda, per fortuna, può contare su Federico
Galloni, direttore commerciale, la cui professionalità è
uno dei nostri punti di forza. Riscuotiamo pagamenti
effettuati in anticipo e con carte di credito, quindi al
momento non abbiamo problemi di insolvenza. Molti
team sono in gravissime condizioni economiche e finanziarie e lavorare con loro non è sempre facile».
Cima, azienda di Villanova
di Castenaso (Bologna), dal 1946 produce
ingranaggi di precisione per le applicazioni
più complesse nei settori
delle macchine industriali, degli autoveicoli,
dell'aeronautica e delle vetture da corsa.
Fa parte del gruppo Coesia, di cui è capofila Gd,
azienda bolognese leader nella produzione
di macchine automatizzate
OUTLOOK 85
Ritratti d’impresa | Wamgroup
L’idea vincente di Vainer Marchesini: costruire in serie
un prodotto che prima era realizzato solo in modo artigianale
Coclee alla conquista
del mondo
Da un'officina in un garage a una holding
che ha ramificazioni nei cinque continenti.
Il fondatore del gruppo con sede a Cavezzo
racconta quattro decenni indimenticabili
di Arianna De Micheli
86 OUTLOOK
i culto della persona non ne vuole sapere. «Chi sono i suoi lettori e a che
cosa possono essere davvero interessati? È questo che deve chiedersi»: dopo queste parole Vainer Marchesini mi lascia e ricompare con un plico fra le mani: «Le do dieci minuti per leggerlo. Poi ne riparliamo». La
D
sala riunioni è di nuovo vuota e 600 secondi
sono ben poca concessione per riordinare le
idee e cercare di capire per quale motivo il noto imprenditore non desideri festeggiare i 40
anni della propria azienda valorizzando il
suo ruolo di primo attore. In fin dei conti,
dire Wamgroup coincide col pronunciare ad
alta voce il nome del suo fondatore. Ma è sufficiente osservare le bandierine appuntate
quasi ovunque sulla mappa dei cinque continenti in veste carta da parati per riconoscere che, senza dubbio, l'interesse del lettore è
in quella globalizzazione integrata che di
fatto è il segreto del successo targato Wam.
Un segreto da condividere e dunque un
segreto di Pulcinella perché, come Marchesini insegna, «agli imprenditori interessa capire qual è l'essenza del successo di un'azienda».
Ma, intanto, il plico aspetta e una lettura
veloce non è cosa facile. Racconta infatti una
Vainer Marchesini, presidente
di Wamgroup. Il gruppo produce
coclee, ovvero trasportatori per polveri
e granuli costituiti da un tubo
con spirale girevole, che vengono
utilizzati per i più diversi settori
storia non soltanto di impresa, ma anche di
intuito umano, lungimiranza e tenacia. Anno 1969: «Avevo 23 anni, nessuna esperienza di conduzione ma tanta buona volontà e
tante idee. Facevo il garzone per l'unico operaio in officina, ma svolgevo anche l'attività
di tecnico, disegnatore, venditore, acquisitore. L'Italia era una nazione agricola, nei nostri paesi c'erano ancora gli scariolanti. Poi
sono arrivate le lambrette e le vespe, quindi
le ruspe e molti contadini se ne sono andati
a lavorare in fabbrica».
È il ritratto di un'epoca. Vainer Marchesini decide di mettersi in proprio e in un
garage di Ganaceto, nella prima periferia di
Modena, apre una piccola ditta individuale
con soli tre dipendenti. L'«Officina Meccanica Marchesini Vainer» nasce come attività
artigianale, lavora su commissione, produce
coclee tubolari (trasportatori per polveri e
granuli costituiti da un tubo dotato di spira-
OUTLOOK 87
Marisa, call center Sinergas
Ritratti d’impresa
le girevole) destinate agli impianti di betonaggio ed è di stampo artigianale. Ma, seppur indossati con impeccabile perizia, i panni dell'artigiano al giovane neo-imprenditore ben presto vanno stretti: la sua mente è già
proiettata sul futuro. Che compare nei primi
anni Settanta. Marchesini rivoluziona infatti il «progetto coclea» introducendo moduli standardizzati da combinare con modalità
differenti, un'idea vincente che garantisce una
gamma di prodotti ampia e flessibile. L'economia di scala prima e l'economia diversificata poi diventano allora la nuova frontie-
BILANCIO 2008
WAMGROUP
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*
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200 milioni
di fatturato
consolidato
di cui il
è destinato
alla ricerca
di quota
export
5%
70%
ra e, così, l'officina ribattezzata Wam nel
1974, si appresta alla conquista del globo.
Metà anni Ottanta: «Per aver successo», scrive nero su bianco il nostro ospite, «pensai
fossero indispensabili due cose: il rapporto
diretto con la clientela senza alcun intermediario e la produzione localizzata per l'adattamento dei prodotti ai bisogni dei mercati.
Sull'onda dell'entusiasmo decisi quindi di
provare la delocalizzazione e realizzai una
società produttiva negli Stati Uniti. Ma non
conoscevo la mentalità del mercato Usa e per
Ritratti d’impresa
que anni i risultati furono negativi. Pensammo quasi di ritirarci. In realtà fu il terreno su
cui facemmo la più importante esperienza».
Ma i dieci minuti sono terminati: «L'internazionalizzazione è oggi un argomento che
riguarda chiunque si definisca imprenditore», esordisce Marchesini ricomparso silenziosamente.
«Internazionalizzazione in entrata, ovvero quando acquisto materiale da tutto il pianeta, e in uscita, ovvero quando porto il mio
prodotto ovunque e presidio i mercati dall'interno. Rimanere fermi significa non creare ricchezza». E Marchesini da quel lontano
1969 non si è più fer«Abbiamo
mato. Pioniere deluna scuola interna l'internazionalizzae una succursale
zione (l'esordio risain Cina», spiega
le al 1984 con la fonMarchesini,
dazione di una pri«Per noi
ma filiale commerla formazione
cialeinFrancia),streè prioritaria.
nuo sostenitore delPurtroppo,
l'innovazione del pronoi italiani
dotto («la ricerca gedimentichiamo
nera ricchezza, se si
quanto
esprime in un prosia importante.
dotto») quest'uomo
È a torto
minuto ma inarrestaconsiderata
bile ha fatto della proun bene
pria azienda una citimmateriale
tadina del mondo ansu cui non vale
te litteram.
la pena investire»
«Multinazionale
tascabile»: così i due
docenti universitari
Giuliano Muzzioli e Alberto Rinaldi hanno
definito Wam nel volume «Dalla fiamma ossidrica al laser. La Wam da Modena all'America e alla Cina». Già, la Cina, l'Oriente,
«unico vero traino in questo momento storico», un ritornello che chiunque metta il naso
fuori di casa sa riconoscere e cantare: pochi
però lo hanno imparato bene quanto Marchesini: «Nei primi anni Novanta focalizzammo
la nostra attenzione su diverse aree geografiche e sulla Cina in modo particolare. Studiammo una modalità d'entrata differente
rispetto a quella adottata in Usa, ma commettemmo lo stesso molti errori. Il sistema
economico cinese era di fatto piuttosto arre-
La storia | Marchesini, l’impresa nel Dna
V
ainer Marchesini nasce a Soliera
nel 1946. Frequenta l'Istituto tecnico industriale Corni, scuola storica la
cui prima pietra risale al 1921, vera e
propria fucina di quadri tecnici e operai
specializzati. Dopo il diploma inizia a
lavorare per la Ime, impresa di costruzione di impianti di betonaggio, ma a
soli 23 anni decide di mettersi in proprio. La piccola impresa artigianale si
occupa di produrre su commissione
coclee tubolari destinate agli impianti
di betonaggio. Nel 1970 l'azienda si
trasferisce in un modesto capannone
di 150 metri quadrati a San Possidonio
e inizia a diversificare la produzione
affiancando alle coclee tubolari quelle
«a canala» per l'industria molitoria e
piastre per la fluidificazione. Un anno dopo la Ctc di Milano, principale
committente dell'impresa, fallisce. Marchesini deve licenziare due dei
suoi sei dipendenti. Lo soccorre il fratello Adriano, commerciante di vini,
che si fa garante presso gli istituti bancari. Nel 1973 la situazione volge
al meglio, l'azienda si trasferisce a Ponte Motta di Cavezzo (area classificata depressa) e l'anno dopo muta il nome in Wam (120 milioni di lire
di capitale, 60 per cento Vainer Marchesini, 40 per cento il fratello). Sono
gli anni della svolta: viene progettata una nuova coclea che si avvale di
moduli standardizzati e che conquista il mercato non solo italiano. Nel
1980 l'organico sale a 49 dipendenti, Wam non è più un'azienda artigianale. Già nei tre anni precedenti aveva mosso i primi passi nel business
estero, optando prima per la Francia e quindi per la Germania grazie
anche alla collaborazione con Michael Grass, esule di Berlino Est, poi
comunication manager della società. Ed è proprio nel 1980 che l'impresa di Cavezzo deve fare i conti con la prima crisi dell'edilizia. La scelta
pare obbligata, diventa infatti essenziale diversificare ulteriormente la
produzione e trovare sbocchi alternativi al betonaggio. Wam è sempre
un passo davanti a tutti, in neppure dieci anni le quote di export aumentano del 20 per cento, la gestione degli ordini diventa elettronica e le filiali all'estero spuntano, si moltiplicano, oltre che in Francia e Germania,
anche negli Stati Uniti e nel Regno Unito. Marchesini continua a investire in automazione e informatica. In sei anni, dal 1994 al 2000, il fatturato
raddoppia e supera i 40 milioni di euro. È la volta dei mercati asiatici: in
Cina nasce una filiale produttiva e due joint venture. L'espansione prosegue quindi in India e Russia così come in Paesi europei quali Croazia
e Romania.
«Per Wam la parola d'ordine
è globalizzazione integrata:
la progettazione si svolge
in Italia, così come la ricerca.
Ma i prototipi sono realizzati
dove c’è il mercato,
la documentazione
viene dai Paesi dell'Est,
la parte informatica
viene eseguita in India
e la pubblicità è studiata
ad hoc per ogni singolo mercato»
Dall’officina alla holding: in alto, Vainer Marchesini (in una foto del 1975)
e il primo laboratorio artigianale; sopra, la sede attuale del gruppo
OUTLOOK 91
Ritratti d’impresa | Wamgroup
L’azienda | Parola d’ordine, innovazione
W
am, l’impresa di Ponte Motta di Cavezzo che è stata fondata da Vainer Marchesini nel 1969, controlla nove
marchi, ognuno dei quali realizza uno o
più prodotti.
La progettazione, lo sviluppo e la produzione di filtri depolveratori e di macchine sia per la separazione meccanica
di solidi e liquidi, sia per il trattamento,
lo stoccaggio, l'estrazione, il dosaggio
e la miscelazione di materiali in polvere
e granuli, rappresenta il core business
dell'azienda che vanta la propria presenza quasi ovunque nel mondo.
Con i suoi 1.800 dipendenti e un fatturato da oltre 200 milioni di euro, Wamgroup da sempre attribuisce all'innovazione un grande valore: tra i primi al
mondo a proteggere le proprie invenzioni, Marchesini ormai conta oltre 50
brevetti internazionali. E ogni anno la
holding investe oltre il 5 per cento del
fatturato in ricerca e sviluppo.
trato, le comunicazioni pessime così come le
infrastrutture. Erano gli anni delle grandi
privatizzazioni che prevedevano la mobilità
di 400 milioni di operai e il decollo delle province a statuto speciale. Il nostro socio cinese si rivelò inaffidabile e nel 1996 iniziammo
a inviare personale europeo e italiano. Due
anni dopo, la società fu trasformata in un'azienda a totale controllo straniero».
Oggi, nel suo quarantesimo anno di vita,
Wam è dunque una multinazionale tascabile da oltre 200 milioni l'anno di fatturato consolidato che diventano 315 come aggregato e
con una quota di export del 70 per cento, che
segue il principio della produzione centralizzata per i componenti e dell'assemblaggio decentralizzato delle macchine. Con una holding controllata dalla famiglia e il cui futuro
è già garantito dai figli Marcello e Elena e
dal nipote Roberto, il gruppo modenese conta 18 stabilimenti produttivi: «In Italia sono
sei, mentre all'estero siamo presenti con due
unità negli Usa, tre in Cina, due in Romania
poi India, Turchia e Croazia. Ma siamo già al
lavoro per aprirne uno in Russia», spiega
Marchesini. Wamgroup si articola in 29
Risultato
degli investimenti
in ricerca sono i
50
brevetti internazionali depositati
società commerciali estere, oltre 1.800 dipendenti (dei quali 700 in Italia), con una
età media di poco superiore ai trent'anni.
La sua parola d'ordine è globalizzazione
integrata: «L'idea di un prodotto nasce qui in
Italia, così come qui si sviluppa la ricerca. Il
prototipo e i test di affidabilità vengono realizzati dove c'è il mercato, ovvero dove esiste
il bisogno, ad esempio in Cina. Per la produzione servono i disegni, che vengono fatti in
Romania che vanta ottimi professionisti, ingegneri ben preparati. È vero, costano meno, ma quello che davvero conta è l'ingegno.
I processi produttivi al contrario si svolgono
in Italia dove ancora esiste la crema delle
intelligenze». E la documentazione? «Nei Paesi dell'Est. Ottima documentazione a prezzi
molto più bassi». E tutto quello che concerne
l'informatica? «L'aggiornamento della parte
informatica viene eseguita in India. No, non
perché costa meno, ma perché in India sono
davvero bravi. Bisogna, poi, studiare messaggi pubblicitari diversi, realizzati ad hoc
per ogni mercato. L'essenza nasce qui, il vestito viene cucito altrove».
Per l'imprenditore originario di Soliera
fondamentale risulta la formazione. «Abbiamo una scuola interna, con una succursale in Cina. Il fatto è che noi italiani dimentichiamo quanto sia importante la formazio-
OUTLOOK 93
Ritratti d’impresa | Wamgroup
INTERNAZIONALIZZAZIONE
18 stabilimenti produttivi
29 società commerciali estere
1.800 dipendenti
di cui 700 in Italia
ne delle risorse umane, è a torto considerata un bene immateriale per cui non vale la
pena spendere soldi. Servirebbe più attenzione alla struttura culturale ed economica
del sistema Italia». In Italia l'idea dell'impresa come patrimonio sociale non esiste, la
cultura generale si mostra ostile nei confronti delle imprese; gli assurdi costi burocratici, così come la tassazione eccessiva,
fanno infatti da freno allo stile italiano vincente per Dna; il posto di lavoro fisso viene
visto come un porto sicuro e non invece
come opportunità di crescita. Concetti più
volte ribaditi dal patron della Wam che, in
un'intervista rilasciata alcuni mesi fa alla
Gazzetta di Modena, aveva affermato severo seppur a malincuore: «Da noi il posto di
lavoro viene visto come punto di arrivo. E
invece è da lì che bisogna darsi da fare per
imparare, migliorare, crescere. Ma in Italia
questa non è una mentalità diffusa. Spesso
mi trovo meglio con gli ingegneri rumeni
che con quelli italiani, ed è un male: un
ingegnere meccanico italiano è infatti
potenzialmente più valido perché alle spalle vanta un patrimonio culturale molto più
rilevante».
Lungimirante, acuto, inarrestabile an-
che quando stanco, l'imprenditore modenese che ha scritto pagine di storia internazionale (e la cui produzione di brevetti è davvero impressionante) non è però avvezzo a
sterili lamentazioni e in cuor suo resta un
inguaribile ottimista. Anche nei confronti di
una crisi che ha rivoluzionato ogni parametro di valutazione («abbiamo l'abitudine di
vivere le crisi come momentanee, io ne ho
passate almeno cinque, ma di quella in
corso non si sa neppure quali siano gli esatti confini») e ha costretto alla gogna l'economia mondiale: i primi segnali di ripresa ci
sono, prima o poi passerà.
OUTLOOK 95
Eccellenze modenesi | Lo chef famoso nel mondo
Massimo Bottura, dietro il sorriso
da affabile ristoratore modenese,
ha affinato l’arte di stupire
Non
semplici
ricette, ma
poesie
da gustare
Il suo ristorante è stato scelto da mille giornalisti specializzati
come il migliore d’Italia e si è classificato 13° nella classifica 2009
dei 50 World’s Best Restaurants. Il segreto del fondatore
dell'Osteria Francescana? Fare della cucina una forma d'arte:
«Con i miei piatti comunico un’idea, racconto una storia»
di Ida Meneghello
foto di Elisabetta Baracchi e Paolo Terzi
o chef Massimo Bottura può apparire a chi lo incontra un paradosso,
un ossimoro, un rompicapo nei panni rassicuranti di un sorridente ristoratore modenese. Lui si presenta semplicemente come un cuoco
emiliano schiavo della tradizione, del peso esagerato di un passato che in
questa terra, più che in altre, ha a che vedere da generazioni con il cibo. Ma
poi questo cuoco emiliano definisce i suoi piatti «poesie commestibili» e ti sorprende con la piroetta di un «bollito non bollito», o con la provocazione del
«parmigiano reggiano in cinque consistenze e cinque temperature», o prendendoti all'amo con una spuma di mortadella che è la quintessenza di quel
panino che abbiamo tutti nella memoria e che, una volta fatta l’esperienza,
L
OUTLOOK 97
Eccellenze modenesi | Lo chef famoso nel mondo
non riusciremo più a mangiare senza pensare a lui.
E allora ti arrendi, pensi che è un genio,
che se non fosse nato a Modena ma a New
York avrebbe fatto il caposcuola di qualche
avanguardia pop, o l'architetto, o il musicista. Ha avuto la fortuna di fare gli incontri
giusti: Alain Ducasse se l'è portato a Montecarlo nel suo «Louis XV» e poi il toro catalano Ferran Adrià l'ha introdotto nelle alchimie della «cucina molecolare». Così sono
arrivate le due stelle Michelin e i punteggi
record delle guide più prestigiose che
l'hanno proiettato nella top ten degli chef
italiani, così è arrivato il tredicesimo posto
nella classifica dei 50 migliori ristoranti del
mondo. La sua vita è definitivamente cambiata. E anche la nostra.
Lei è nel gotha degli chef italiani, lo dicono i punteggi attribuiti alla sua Osteria Francescana, lo conferma la sua notorietà, talvolta bersaglio di polemiche. Ma lei come si presenterebbe?
«In questi anni mi hanno attribuito
molte etichette: dalla "tagliatella postmoderna" di Enzo Vizzari alla cucina
"tecno-emozionale". Ma io non amo i fermo
immagine e personalmente mi definirei un
cuoco emiliano che lavora sulla cucina di
territorio, ma guardandola da dieci chilometri di distanza. La mia cucina è dinamica e cambia continuamente, come me.
Prendiamo la mia tagliatella al ragù: quella di dieci anni fa, completamente astratta,
è diventata oggi figurativa, filtrata dall'esperienza dell'avanguardia. La mia è
una cucina di memoria e di visioni, ci sono
piatti che oggi vedo sulle copertine delle
riviste ma li ho inventati dieci anni fa.
Come il croccantino di foie gras in crosta di
nocciole Piemonte e mandorle di Noto, con
un cuore di aceto balsamico tradizionale
extravecchio, che nasce per una pausapranzo veloce, ma permette di assaggiare
il piatto più conosciuto della grande cucina
francese in forma di un gelato con lo stecco,
con la gioia e lo stupore di un bambino».
Certamente aver radici in una terra che ha
così forte la cultura del cibo deve esercitare
una grande influenza nel suo lavoro. Quanto
pesa la sua identità emiliana nel suo percorso professionale?
«La nostra era una famiglia allargata:
siamo cinque fratelli e con noi vivevano in
casa due zii, fratelli di mio padre, e le due
nonne, quindi la domenica è sempre stata
festa grande. I miei fratelli maggiori mi hanno coinvolto nei loro pellegrinaggi gastronomici e mi hanno cresciuto con Bob Dy-
Nelle foto di questo
servizio, Massimo
Bottura nel suo ristorante
e alcuni dei suoi famosi piatti.
In questa pagina, due portate
della tradizione locale
rivisitate dallo chef modenese:
sopra, cotechino al vapore con
lenticchie; sotto, tagliatelle al ragù
Foto d’autore,
Bottura ritratto
da Elliot Erwitt
Il profilo | Un artista in cucina
T
ra le figure chiave della nuova generazione di chef italiani, Massimo Bottura (classe 1962), inizia l'attività nel 1989 e successivamente, nel 1995, rileva nel centro storico di Modena una
trattoria l'«Osteria Francescana» muovendosi sempre più sul sottile confine tra tradizione e
innovazione, con una cucina che definisce «informale», aiutato da uno staff di dodici collaboratori. Attualmente il locale vanta due prestigiose stelle Michelin, il punteggio di 19.5/20 sulla guida
de L'Espresso, un totale di 91 punti sulla guida del Gambero Rosso (cucina 54), che lo piazzano
nella top ten della classifica dei ristoranti italiani (unico in Emilia-Romagna), e due Medaglie
nella guida Touring (Top 31). Ultimo grande riconoscimento è stata l'assegnazione alla Francescana del tredicesimo posto nella classifica 2009 dei «50 World's Best Restaurants», mentre
una giuria di mille giornalisti internazionali lo ha decretato «Miglior ristorante d’Italia».
studio Lobo
Eccellenze modenesi | Lo chef famoso nel mondo
100 OUTLOOK
col patrocinio di:
in collaborazione con:
ol
esp sit
o
i
lan, i Doors, Charlie Parker e Miles Davis.
Ho imparato a non farmi le domande che
impediscono di sognare, accettando il fatto
che ogni tanto bisogna cavalcare l'incoscienza. Penso sia importante avere una famiglia che ti appoggi e ti sostenga nei momenti difficili, avere la fortuna di frequentare una scuola seria, essere molto umili e
praticare con devozione ogni giorno. Ma soprattutto non bisogna mai smettere di coltivare le proprie passioni, l'arte o la musica, l'architettura o il cinema. Sono cresciuto accanto a una madre che mi ha sempre
ripetuto di credere nei sogni».
Lei si considera un artista? E secondo lei
l'alta cucina è più vicina all'arte o all'artigianato?
«Cosa fa uno chef? Prepara il cibo per
soddisfare i clienti che pagheranno il pasto. Ma esistono molti tipi di ristoranti e
diversi tipi di chef. Alcuni preferiscono preparare un cibo che è rassicurante, perché
dalla cucina esce esattamente ciò che ti aspetti. Le ricette magari vengono personalizzate, rivisitate e reinterpretate, ma in definitiva ciò che prepari è tradizionale, i piatti sod-
,
l antico cambia
or
«La violenza di certe polemiche
ha toccato l'anima dei miei piatti,
della mia ricerca e mi ha fatto
soffrire. Nel frattempo, a Londra
venivo premiato come uno dei 50
migliori ristoranti del mondo
e, grazie alla credibilità di vent'anni
di professione, ho il sostegno
di un movimento come Slow Food»
disfano le aspettative dei clienti e non ci sono sorprese, non ci sono ingredienti inattesi. È come essere un bravo esecutore di uno
spartito dato, l'unica regola da seguire è
utilizzare ottimi ingredienti e manipolarli
con rispetto.
Ci sono altri chef che rompono gli schemi e preferiscono proporre un'inaspettata
combinazione di ingredienti che sorprendono il palato. Questa scelta prevede sempre l'utilizzo di materie prime straordinarie, ma obbliga a fare un salto nella tradizione, nel pensiero, nella tecnica, ed è possibile solo se allarghi lo sguardo e individui
nuovi percorsi, accogliendo suggerimenti
che provengono da ogni parte del mondo.
Le cotture tradizionali verranno alterate, i
vecchi metodi saranno sostituiti dai nuovi
e ciò che otterrai è una cucina contemporanea con un nuovo linguaggio. Il sottovuoto,
le basse temperature, le distillazioni, la sostituzione delle vecchie gelatine con nuove
meno invasive, disidratazioni, polverizzazioni, sono tutte tecniche che gli chef contemporanei usano per estrarre dalle materie prime sensazioni sublimi attraverso la
concentrazione esasperata dei sapori. Le
ricette diventano poesie commestibili. Nella poesia le parole e i suoni si trasformano
in immagini e melodie. Il cibo poetico può
essere divertente, ironico, dolce o nostalgico, ma può anche diventare aggressivo,
ribelle, irriverente. E poi d'un tratto può
tornare a essere rassicurante e gentile. Cucinare così, partendo da un concetto, è un'arte
come qualsiasi altra forma di arte visiva, come dipingere, scolpire o girare un film. Lo
chef non sta solo cercando di soddisfare il palato, ma sta comunicando un'idea, raccontando una storia, mostrando un punto di vista.
Perché i clienti seguono questa nuova
avanguardia, mangiano questo cibo strano?
Forse per la stessa ragione per cui la gente
si traveste a carnevale, segue le mode, ama
l'arte contemporanea anche se spesso è
provocatoria e fastidiosa. C'è un elemento eccitante nel nuovo, nel cambiamento, nella
trasformazione che ti fa sentire diverso dagli altri: stai giocando, stai provando, stai
pensando, sei vivo. Quando creo un nuovo
piatto, spesso vado a frugare nella dispen-
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Eccellenze modenesi | Lo chef famoso nel mondo
sa della memoria e ritorno ai pranzi delle mie
domeniche, alle estati con le mie nonne, alle leccornie gustate nei viaggi con i miei fratelli. Il ricordo è spesso la chiave per interpretare i nostri desideri e comprenderli».
Ai suoi livelli di eccellenza, quanto pesa la
forma e quanto la sostanza di un piatto? La
qualità delle materie prime viene prima della
tecnica più raffinata o è il contrario?
«L'idea viene inserita in una forma che ti
permette di leggere il piatto. Parto spesso dalla memoria per poi passare al contemporaneo e proiettarlo in una visione futura. La
mia cucina nasce dal desiderio di trasmettere
emozioni a chi ha la sensibilità per apprezzarle. La mia "filosofia" è una piramide dove
il punto più alto è l'idea e appena sotto stanno
tecnica e materie prime, la prima al servizio
delle seconde. Alla base c'è il senso del bello, le emozioni, le esperienze personali».
Come giudica le polemiche di cui è stato
talvolta oggetto, in riferimento alla cosiddetta
«cucina molecolare»? La chimica è da sem-
«Con La Franceschetta,
il secondo locale aperto tre anni fa,
abbiamo voluto avvicinare i giovani
e sensibilizzarli a un certo tipo
di materie prime, di gusti,
trasmettendo una nuova cultura
del cibo. Una sfida anche più difficile
di quella dell'Osteria: un'autentica
opera di alfabetizzazione,
è come insegnare una lingua straniera»
pre presente in cucina, ma la sua ricerca è talvolta giudicata estrema, una provocazione. Arretratezza culturale? Invidie?
«L'Italia è la patria degli allenatori di calcio prima, durante e dopo i mondiali, delle
veline e dei critici gastronomici. Non esiste
una vera e propria cultura del cibo e dell'alta ristorazione, della cucina d'autore. Ma essendo oggi un argomento popolare, ne parlano tutti, riviste, quotidiani, televisione, e
questa popolarità produce una forte pressione su chi lavora in questo settore. La violenza di certe polemiche mi ha toccato personalmente, ha toccato l'anima dei miei piatti, della mia ricerca, e mi ha fatto soffrire. Nel
frattempo a Londra venivo premiato come
uno dei 50 migliori ristoranti del mondo e grazie alla credibilità di vent'anni di professione basata sulla qualità, naturalità e freschezza dei prodotti, oggi ho il sostegno di un intero movimento, Slow Food».
Quanto tempo sottrae alla cucina per
gestire la comunicazione? Talvolta si ha l'im-
OUTLOOK 103
Eccellenze modenesi
«La mia cucina nasce dal desiderio
di trasmettere emozioni. Una "filosofia"
a piramide dove il punto più alto
è l'idea e appena sotto stanno
tecnica e materie prime,
la prima al servizio delle seconde.
Alla base c'è il senso del bello,
le esperienze personali»
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«Se la Cina deciderà di promuovere
la sua alta cucina, eserciterà
una grande influenza internazionale
nel medio periodo.
Prevedo a breve la scoperta
della cucina brasiliana, che vanta
materie prime eccellenti,
e di quella peruviana»
pressione che l'impegno che dedicate a curare l'immagine finisca per fare di voi dei manager della comunicazione più che degli chef.
«Quando arrivi a certi livelli è inevitabile, fa parte del gioco, diventa uno stile di vita. Certo la pressione è molto alta e quando
riesco a passare una domenica a casa con la
famiglia, diventa un'occasione da festeggiare. Alle mail rispondo la notte, per le registrazioni televisive dispongo di un laboratorio-ufficio creato appositamente, alle manifestazioni e ai seminari partecipo il sabato o la domenica che è il giorno di chiusura.
Insomma, è un'attività impegnativa».
Non giudica eccessivo il peso «politico»
delle guide oggi, un peso che forse vi condiziona nella vostra ricerca? Si ha la sensazione di una omologazione dell'offerta che rischia di portare in tavola gli stessi piatti a
New York come a Londra, in una sorta di globalizzazione culinaria del lusso.
«Questo rischio di omologazione dell'offerta lo abbiamo corso una decina d'anni
fa. In questo momento siamo tutti alla
ricerca del "chilometro zero", cioè del piccolo artigiano iperspecializzato capace di
mettere a disposizione una materia prima
unica che nasce in zona. Non credo ci siano
chef che lavorano in funzione del punteggio delle guide, alla fine ci mettiamo l'anima nel piatto.
Io sono schiavo della tradizione, del territorio cui appartengo, è come una maledizione. In Italia c'è tutta questa cultura,
questo passato che pesa moltissimo, ma è
questa storia che ti permette un'identità
molto forte. Io non dimentico che il primo
rapporto di lavoro professionale con una
cuoca, Lidia Cristoni, mi ha segnato profondamente e continua a influire sulle mie
scelte. Ciò che sto cercando di definire, partendo da questa identità, è una filosofia di
cucina applicabile ovunque ma riconoscibile attraverso un segno preciso, come d’altra parte è immediatamente riconoscibile
un quadro di Henri Matisse o un progetto
di Frank Gehry».
Parliamo di politiche dei prezzi. Lei, come
altri chef, ha individuato da tempo due livelli
di offerta per avvicinare nuove fasce di pubblico. Ma non crede che si stia facendo anco-
ra poco? Gli esempi offerti da manifestazioni
come Squisito a San Patrignano, Identità Golose o dall'Arena del Sole-Teatro Stabile di Bologna e dalla sua iniziativa estiva «Dopoteatro
con gli chef», sono esperimenti riusciti di incontro tra cultura e alta cucina aperti al grande pubblico, ma sono casi isolati.
«Accanto all'Osteria Francescana, abbiamo aperto, tre anni fa, La Franceschetta.
L'idea partiva dal desiderio dei ragazzi che
lavorano con me di ritrovarsi e magari
bersi una birra sentendosi a casa. In seguito è arrivata la voglia di creare un locale
che affiancasse l'Osteria per avvicinare i
giovani e sensibilizzarli a un certo tipo di
materie prime, di gusti, trasmettendo una
nuova cultura del cibo. È una sfida anche
più difficile di quella lanciata dalla
Francescana. Si tratta di un'autentica
opera di alfabetizzazione, è come insegnare una lingua straniera. In Emilia si stanno comunque aprendo molte strade, con la
partecipazione diretta della Regione e dell'università (come nel master di Colorno
promosso da Slow Food o nel nuovo corso di
specializzazione sulle materie prime e i
prodotti dop a Bologna, tutte iniziative cui
partecipo personalmente). Ma la verità è
che in Italia non c'è un sistema Paese capace di sostenerci, come invece avviene in
Francia. E al di fuori dell'Emilia-Romagna
è il deserto».
Dopo l'influenza esercitata in occidente
dalla cultura giapponese, individua oggi nuovi
Paesi, nuove frontiere del gusto?
«Se la Cina deciderà di promuovere la
sua alta cucina, eserciterà una grande influenza internazionale nel medio periodo.
Prevedo a breve la scoperta della cucina
brasiliana, che vanta materie prime eccellenti, e di quella peruviana».
Una battuta per chiudere: oggi è più provocatorio proporre in menu «Il ricordo del
tortellino» o un tortellino fatto a regola d'arte?
«Il tortellino per me è intoccabile. Mi
capita spesso di discutere con mia madre,
perché lei continua a essere convinta che il
suo tortellino sia migliore del mio. Ma poiché l'eccellenza di un tortellino è nel suo
ripieno, la zittisco dicendole che le materie
prime che uso io lei neanche se le sogna».
OUTLOOK 105
Cultura | I maestri della pittura europea
Molti dei quadri esposti a Rimini fino al 14 marzo 2010
sono concessi per quest’unica trasferta italiana
Capolavori
dagli Stati Uniti
alla Romagna
imenticate gli ombrelloni, il lungomare affollato, la movida notturna
e gli altri cliché della riviera romagnola: a Rimini è in atto un'operazione di
rilancio culturale della città destinata a
disseppellirla dalla coltre di sabbia dalla
quale è stata sinora ricoperta. Sabbia dorata per l'industria della vacanza e del divertimento, ma al tempo stesso pesante zavorra per l'altra metà della città, quella alle
spalle del mare e della spiaggia, che porta i
segni dell'epoca romana, del Medioevo, dei
Malatesta, del Seicento, e che finora è rimasta in ombra.
Il progetto per riportare alla luce l'altra
Rimini prende il via da una grande mostra
internazionale di pittura, «Da Rembrandt a
Gauguin, a Picasso. L'incanto della pittura.
Capolavori dal Museum of Fine Arts di
Boston» (aperta a Castel Sismondo fino al
14 marzo 2010), alla quale sarà affiancato
un percorso attraverso le chiese, i monumenti, i luoghi e le opere d'arte che, lungo i
secoli, hanno segnato la storia e l'identità
della città. Registi di quest'operazione sono
Marco Goldin, che in passato ha già fatto la
fortuna di Treviso e di Brescia, portando in
quelle città centinaia di migliaia di visitatori, e Antonio Paolucci, autorevole esperto
D
106 OUTLOOK
Non delude le aspettative la mostra
curata da Marco Goldin
e ospitata nella prestigiosa cornice
riminese di Castel Sismondo:
sei sezioni tematiche
per 65 opere provenienti
dal Museum of Fine Arts
di Boston, depositario
di una delle maggiori collezioni
di arte europea degli States
di Cecilia Lazzeretti
d'arte e direttore dei Musei Vaticani, ai quali
sono stati affidati rispettivamente la cura della mostra a Castel Sismondo e la progettazione dell'itinerario culturale parallelo all'interno del territorio riminese. L'iniziativa si deve inoltre alla Fondazione Cassa di
Risparmio di Rimini che, insieme alle istituzioni locali, ha riconosciuto in questa proposta culturale un'opportunità per valorizzare e divulgare la conoscenza del patrimonio artistico del territorio, e agli sponsor
Linea d'Ombra Libri e Gruppo Euromobil.
La mostra «Da Rembrandt a Gauguin, a
Picasso» condurrà a Rimini 65 quadri provenienti dal Museum of Fine Arts di Boston
(Mfa), depositario di una delle maggiori e
più significative collezioni di arte europea
degli Stati Uniti, della quale fanno parte oltre 1.600 dipinti di maestri olandesi, inglesi, francesi e spagnoli. Assai ben rappresentati sono gli impressionisti e i post impressionisti: l’Mfa di Boston possiede infatti il
più corposo nucleo di quadri di Claude Monet conservati al di fuori di Parigi e la più
ricca collezione al mondo di opere di JeanFrancois Millet. In questo periodo il museo
è parzialmente chiuso al pubblico per lavori di ristrutturazione che condurranno all'inaugurazione di una nuova grande ala pro-
gettata da Norman Foster: da qui l'opportunità, colta da Marco Goldin, di richiedere
una serie di prestiti, in alcuni casi davvero
rilevanti, concessi soltanto per quest'unica
trasferta italiana. Anziché presentare le opere in ordine cronologico o riunirle secondo
correnti e scuole di pittura, il curatore ha
scelto di disporle in sei sezioni tematiche: le
rappresentazioni a sfondo religioso, la ritrattistica nobiliare, quella familiare, le nature
morte, gli interni, il paesaggio.
Tra i dipinti più suggestivi della prima
sezione, oltre al «San Sebastiano in preghiera» di El Greco, c'è sicuramente «Cristo morto
sorretto dagli angeli» di Paolo Veronese, immagine di devozione intima e meditativa,
in cui colpisce la rappresentazione realistica della morte di Cristo, il cui freddo pallore contrasta con la mano rosea e calda dell'angelo che gli regge il polso. Di tutt'altro
segno «Erodiade con la testa di San Giovanni Battista» di Francesco Cairo, che indulge
al macabro nel mostrare la fanciulla in preda all'estasi mentre recide la lingua di colui
che l'aveva offesa. Da segnalare, in questa
prima sezione, anche «Cristo dopo la flagellazione» di Bartolomé Esteban Pérez Murillo, in cui l'artista rappresenta un Cristo sofferente, colto in un momento in cui i suoi
torturatori sono usciti di scena. Murillo ne
evoca la natura umana e divina ponendolo
umilmente a terra, ma dipingendo il suo corpo martoriato in modo che la pelle risulti
radiosa nonostante le ferite.
Un Velàzquez e due Rembrandt sono al
centro della seconda sezione, che intende mostrare come nel ritratto, anche il più sfarzoso, vi sia sempre un dialogo silenzioso tra chi
guarda (il pittore, lo spettatore) e chi è guardato. Dipinto durante il primo soggiorno di
Velàzquez a corte, il ritratto del poeta Luis
de Gòngora y Argote è stata forse l'opera
che permise al pittore di entrare nelle grazie del re e che lo avviò alla carriera di pittore di corte. Gòngora, uno dei più importanti poeti spagnoli, era noto per il suo cinismo e per l'amarezza del carattere, aspetti
che traspaiono dal volto e in particolare dagli angoli della bocca rivolti verso il basso. I
due Rembrandt costituiscono una rarità, perché rappresentano personaggi a figure inte-
Il «Cristo morto sorretto dagli angeli» (1580-1588) di Paolo Caliari,
detto il Veronese, è uno dei più suggestivi dipinti
della prima sezione della mostra di Rimini
OUTLOOK 107
Cultura | I maestri della pittura europea
re: il pittore ne dipinse soltanto tre, tutti nel
1634, nel periodo iniziale della sua carriera, in cui cercava di farsi strada come artista indipendente. Il ritratto a figura intera
era più costoso di quello a mezzo busto, e certamente il reverendo Elison e sua moglie
erano figure eminenti nella società olandese del Seicento. A commissionarne i ritratti
gemelli fu il figlio, un ricco mercante di Amsterdam. Sempre in questa sezione compare anche un Van Dyck, che ritrae la principessa Maria Stuart, figlia di Carlo I, da
bambina: il quadro, dipinto per negoziare il
matrimonio con Guglielmo II d'Orange, raffigura la piccola in abiti e atteggiamento da
adulta, come se già fosse destinata alla corona d'Olanda. A chiudere la sequenza, con
un contrasto quasi brutale ma intenzionalmente ricercato, è «Ritratto di donna» di un
Pablo Picasso in pieno periodo cubista, in cui
i contorni di una figura femminile, identificabile solo in base a una ciocca di capelli e a
un lungo viso triangolare, tendono a confondersi con lo sfondo del quadro.
La sezione dedicata ai ritratti di ambientazione intima e familiare è forse quella destinata a rimanere maggiormente impressa
nel visitatore: colpiscono il dolore muto della vedova del pittore francese Thomas Couture, lo sguardo attonito della sorella di Edgar Degas, Thérèse, ritratta insieme al marito italiano, Edmondo Morbilli, poco dopo la
perdita del loro primo figlio, la timidezza di
Carmen Gaudin, che appare quasi imbarazzata nel posare per Toulouse-Lautrec, nello
studio dell'artista.
Più contenuta nel numero delle opere è
la sezione dedicata alle nature morte: si parte, e non poteva che essere così, dal più significativo pittore impressionista che si sia cimentato in questo soggetto, Henri FantinLatour, per poi passare al Novecento, con le
opere di Georges Braque e Juan Gris di impianto neocubista, e alla brillantezza dei
colori di Henri Matisse. È uno in particolare, invece, il quadro che teniamo a segnalare tra le rappresentazioni di interni, per lo
più riconducibili ad esemplari della pittura
olandese del Seicento: un'opera di Pieter
Saenredam (1597-1665), maestro nel genere. La sua «Chiesa di San Odulfo», di cui è
108 OUTLOOK
riprodotto con rigore geometrico e tinte fredde lo scorcio di una navata, pare un manifesto del calvinismo.
E siamo così giunti alla sezione conclusiva della mostra, la più corposa, che ha trovato spazio all'ultimo piano di Castel Sismondo: Marco Goldin dà qui libero sfogo
alla sua nota predilezione per l'Impressionismo francese, accompagnando il visitatore tra quadri di Paul Cézanne, Edgar Degas, Claude Monet, Alfred Sisley, Camille
Pissarro, Pierre-Auguste Renoir, Vincent
Van Gogh e Paul Gauguin, riuniti con l'obiettivo di illustrare la nascita della nuova
Da sinistra: «Edmondo e Thérèse Morbilli»,
(1865 circa) di Edgar Degas;
«Luis de Góngora y Argote» (1622)
di Velázquez;
«Il reverendo Johannes Elison» (1634)
di Rembrandt.
Rembrandt e Velázquez sono
due degli artisti europei di primo piano
che si trovano nella sezione
della mostra «Nobiltà del ritratto»,
mentre il dipinto di Degas
è l’esempio di come nell’Ottocento
il ritratto assuma un’ambientazione
più intima, per certi versi
più vicina alla sensibilità
contemporanea
«San Domenico in preghiera», (1605 circa) di El Greco. Domenikos Theotokopulos
(per le sue origini greche soprannominato El Greco) è la figura più importante
del Rinascimento spagnolo; la sua crescita artistica è stata segnata
dalla scuola veneziana di Tintoretto
OUTLOOK 109
Cultura | I maestri della pittura europea
pittura di paesaggio in Francia. Il pezzo
forte è costituito dai sette Monet giunti dal
museo americano: dai mari di Normandia ai
covoni, dalla Cattedrale di Rouen al ponte
con le ninfee. È una gioia per gli occhi anche
«Paesaggio con due donne bretoni» di
Gauguin, dai colori caldi, avvolgenti e tutt'altro che nordici, mentre «Case ad Auvers» di Van Gogh, dipinto nel 1890, in uno
dei rari momenti di lucidità che precedettero il suicidio, congeda il visitatore lasciandogli l'immagine di un incanto precario e
irreale.
A sinistra, Pablo Picasso,
«Ritratto di donna» (1910),
e in basso, Edouard Manet,
«Lezione di musica» (1870),
che riportano alla sezione
dei ritratti.
Dall’alto, a destra:
Vincent van Gogh,
«Case ad Auvers» (1890);
Claude Monet, «Lo stagno
delle ninfee e il ponte
giapponese» (1900);
Paul Gauguin, «Paesaggio
con due donne bretoni» (1889).
Qui troviamo alcuni
dei più importanti
esempi impressionisti
della nascita della nuova pittura
di paesaggio, che è l’argomento
dell’ultima e più corposa
sezione della mostra riminese
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OUTLOOK 111
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Il peso
dell'oro
nero
nella storia
Letture
a cura di
Massimiliano
Panarari
Energia
e qualche
Prima Donna.
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PREMIATA: IMPRESA FEMMINILE ECCELLENTE REGIONALE
PREMIATA: IMPRESA ECCELLENTE GIOVANI TALENTI PROVINCIALE
Un'indagine, a tutto
campo, sull'oro nero
e gli affari sporchi
ad esso collegati, da
parte di uno degli
esperti maggiormente riconosciuti a
livello internazionale del settore petrolifero, Benito Li Vigni
(che fu anche stretto
collaboratore di
Enrico Mattei, il
padre-padrone
dell'Eni). Si parla di
petrolio e della
necessità di approvvigionarsene, all'origine di molte guerre
del Terzo mondo,
della corruzione e
dei numerosi giochi
speculativi governati dalla finanza statunitense. Un panorama a tinte assai
fosche della geopolitica contemporanea,
dominata dalle compagnie petrolifere,
con una nota di speranza finale nei
riguardi della green
economy di Obama.
Benito Li Vigni
I predatori dell'oro
nero e della finanza
globale
Il potere
del petrolio
Usa-Urss,
la guerra
per le
risorse
energetiche Il mercato dell'energia
e il valore delle
La Guerra fredda
come sfida, caldissi- liberalizzazioni
ma, per ottenere
l'egemonia nel controllo delle risorse
energetiche. Usa e
Urss impegnate in
uno scontro totale
per condizionare i
paesi produttori di
petrolio e annetterli ai loro blocchi,
con qualche eccezione, come la strategia dell'Eni di
Enrico Mattei,
fino al suo tragico
epilogo.
Quanto sono state efficaci, ed effettivamente
in grado di stimolare la concorrenza, le liberalizzazioni di questi anni nel ramo energetico? Il libro di Giuseppe Bellantuono, che
insegna Diritto privato e Analisi economica
del diritto alla facoltà di Economia dell'Università di Trento, offre alcune risposte a
questo (importantissimo) interrogativo, a
partire dall'analisi comparativa di quanto
accaduto nel settore nelle varie nazioni occidentali, e in particolare al di qua e al di là
dell'Atlantico.
Una storia del petrolio e della sua centralità nel
Novecento (e nelle
nostre vite). Un
secolo e mezzo nel
corso del quale questa risorsa energetica è diventata sempre più indispensabile e irrinunciabile,
dalla mobilità alla
chimica, sino ai fertilizzanti della «rivoluzione verde».
Dalle «Sette sorelle»
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odierno sulla sicurezza energetica, il
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OUTLOOK 113
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Il senso filosofico
del futuro
tra finanza e derivati
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Industria e
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Quanto tempo c'è, ed è incorporato, nella
finanza? Elena Esposito, allieva del famoso
sociologo tedesco Niklas Luhmann, e docente all'Università di Modena e Reggio Emilia,
propone una riflessione filosofica sulla relazione tra la finanza e il tempo, a partire dai
suoi strumenti più complessi, i futures e i
derivati. Mostrando come i mercati finanziari, di fatto, acquistino e vendano futuro, promettendo di proteggere dai rischi, e come le
crisi si generino proprio quando pare che il
futuro sia già stato usato.
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tratta ogni aspetto
della (tanto postmoderna) marca (o
brand), fenomeno
centrale del neocapitalismo contemporaneo, e componente essenziale della
comunicazione.
Dalla brand identity
alla brand community, tutto quello che
c'è da sapere sulla
marca e sulle novità
da essa introdotte
nel consumo e nel
mondo produttivo,
sempre più orientato nella direzione
della relazione e dell'interazione.
Banchieri
ma anche
ganster
I protagonisti, non
precisamente lodevoli, di questa difficilissima fase in cui
sta immersa l'economia, hanno nomi e
cognomi. O, come
dice il titolo di questo libro, possono
essere raccolti sotto
un'etichetta, quella
non proprio commendevole di bankster. Vita e carriere
di cinque potentissimi banchieri d’affari
italiani (Claudio
Costamagna,
Ruggero Magnoni,
Federico Imbert,
Gerardo Braggiotti,
Panfilo Tarantelli)
nell'epoca della
grande crisi finanziaria.
Laura Serafini
Italian Bankster
Fazi, 232 pagine, 18 €
Elena Esposito
Il futuro dei futures
Edizioni ETS,
266 pagine, 18 €
Laura Minestroni
Il manuale
della marca
Fausto Lupetti,
320 pagine, 18 €
114 OUTLOOK
Spremiamo i
nostri cervelli,
per darvi
succose idee.
www.miacomunicazione.it | 0522 506109