east43_Vecchi_confini,_nuove_nostalgie

Transcript

east43_Vecchi_confini,_nuove_nostalgie
BALCANI
Vecchi confini, nuove nostalgie
Sul versante italiano, Gorizia, mesta cittadina che rimpiange ancora i fasti della Mitteleuropa asburgica
e gli anni della Guerra fredda, quando il confine con la Jugoslavia era una vantaggiosa zona franca. Sul
versante sloveno, Nova Gorica, passata dai grigiori comunisti alla sfrenatezza delle notti senza fine,
in cui scorrono a fiumi alcol e soldi, fra casinò e locali per il sesso a buon mercato.
testo di Matteo Tacconi foto di Ignacio Coccia
a ragazza sale sul bancone e balla, aggrappata a un’asta
di metallo, davanti all’uomo che poco prima le ha offerto un paio di drink. Ha indosso soltanto le mutandine
e sta cercando, muovendosi sensualmente, di convincere l’unico invitato ufficiale a questa danza a ritirarsi con
lei nelle cosiddette dark room, dove la situazione si fa più
intima e s’incassa qualche bella banconota. Ma niente sesso: i rapporti si consumano fuori, a casa o in albergo. «Dopo l’orario di chiusura puoi chiedere alle ragazze di pas-
S
L
18
sare la notte con te. La tariffa oscilla tra i 70 e i 100 euro
l’ora», riferisce un giovane kosovaro, avventore abituale
di questo night club di Nova Gorica. Ce ne sono una decina: qualcuno è abbordabile, altri sono più elitari. È il caso del Margherita. «Solo l’ingresso costa 190 euro a serata. Mangi, bevi e provi a conquistare le ragazze», spiega il
bodyguard che ne presidia la soglia. Le ragazze vengono
dall’Est: dai Balcani e soprattutto dall’ex Urss. Lasciano i
loro Paesi e le loro povertà. Il lavoro nei night lo prendono come un’occupazione provvisoria. Cercano di mettere da parte qualcosa, in attesa di trovare l’occasione giusta o di tornare a casa, tra qualche anno, a investire i risparmi in una qualche attività imprenditoriale. La ragazza che balla sul bancone viene dall’Ucraina. Ci racconta
la sua storia e snocciola le sue aspettative. Vuole restare
anonima. «Sono venuta qui sei mesi fa. Questa è una situazione di passaggio. In futuro vorrei
venire in Italia, a Ro-
east . rivista europea di geopolitica
ma o Milano. Non so ancora che lavoro potrò fare, ma
qualcosa troverò. Intanto, però, devo risparmiare».
al Drive-In, altri due casinò neogoriziani, organizza navette gratuite da Padova.
Altre cronache dalla sin city
Gorizia non va
i sono i night club e ci sono i casinò, ai quali si affiancano numerose sale giochi di piccole e medie dimensioni, piene di slot-machine e videopoker. Nova Gorica,
oltre a essere una città della lussuria, è anche una Las Vegas in scala ridotta, appollaiata proprio al confine con
l’Italia, lo stesso, oggi aperto dopo l’ingresso sloveno in
Europa, che fino al 1991 – l’anno in cui la Jugoslavia iniziò a disgregarsi – separava Est e Ovest.
Il Perla domina la scena dell’azzardo. Con le sue 1138
slot-machine e i suoi 87 tavoli da gioco è il casinò più
grande d’Europa. Rapido sopralluogo: tintinnii, luccichii,
fiches, panni verdi, roulette, croupier elegantissimi e
champagne. Nella sala Vip, appartata, ogni mano vale 500
euro. Il Perla è anche albergo a quattro stelle, beauty center, ristorante e sala congressi. Settimanalmente si organizzano spettacoli: la direzione invita cantanti, prestigiatori e comici, quasi sempre italiani. Perché sono gli italiani i principali frequentatori dei tavoli da gioco – come
del resto dei night – e bisogna sempre intrattenere la
clientela, invogliandola a tornare. Nel caso in cui fosse
pigra non c’è problema:
la si va a prendere. Il
Perla, insieme al Park e
S
C
numero 43 . luglio 2012
ul versante italiano della frontiera è tutta un’altra musica. Gorizia è la pallida controfigura della città vivace e prospera che era. Il centro storico langue, con le botteghe senza troppi clienti, i tanti negozi sfitti e il silenzio
greve all’ombra dei palazzi veneziani, friulani e asburgici. Via Rastello, la vecchia strada dei buoni commerci, è
tutt’altro che animata e restituisce una vaga sensazione
di decadenza.
Il turbocapitalismo di Nova Gorica, che corrisponde ai
distretti goriziani passati alla Jugoslavia dopo la Seconda guerra mondiale, ha assestato un duro colpo all’economia della città friulana. Da Gorizia e dal resto della provincia si va oltre confine a giocare al casinò o a cercare
un’esperienza libidinosa, ma anche a fare la spesa, a mettere benzina, a mangiare al ristorante. Perché si risparmia.
Fino al 1991 la situazione era completamente diversa:
Gorizia si pavoneggiava nella sua ricchezza e Nova Gorica non era che un coacervo di caseggiati di cemento, in
stile socialista. «Paradossalmente la fine della Jugoslavia
ci ha messo in ginocchio», spiega Pio Baissero, direttore
dell’Accademia europeista del Friuli Venezia Giulia, che
ha sede proprio a Gorizia.
«Il nostro sistema economico era concepito in funzio-
19
ne della frontiera che, contrariamente a quello che si pensa, fu sempre fluida, dopo i momenti critici dei primi anni di Guerra fredda. C’erano i lasciapassare che garantivano il transito delle persone e delle merci, stimolando i
commerci. Avevamo la zona franca, che consentiva di acquistare i carburanti, i generi alimentari di base e altri prodotti a prezzi estremamente inferiori a quelli praticati nel
resto d’Italia. Tant’è che gli stessi sloveni venivano a comprare a Gorizia e i negozianti di via Rastello facevano ottimi affari. Un’altra fonte di ricchezza erano le caserme.
A Gorizia c’erano 10mila militari in servizio e ovviamente, consumando, facevano girare l’economia. Dopo
il 1991 i privilegi che avevamo come territorio svantaggiato di frontiera sono venuti meno e le caserme sono state chiuse. Questo è stato l’inizio del declino». Oppure
dell’ascesa, se si guarda al passato prossimo dall’altra parte della barricata.
Rapidissimo passo indietro. Nel 1991 le truppe di Slobodan Milosevic attaccarono la Slovenia, impaziente di
distaccarsi dalla Jugoslavia. Ci fu un rapidissimo conflitto e Lubiana ne uscì vittoriosa e indipendente, anche perché Belgrado rinunciò a scatenare il finimondo. Dopotutto la Slovenia non rientrava nei progetti di Grande Serbia
cullati da Milosevic e dalla sua cricca di falchi, che preferirono rivolgere i cannoni su Vukovar e poi, l’anno successivo, con esiti ancora più tragici, su Sarajevo. Ma questa è un’altra storia.
Ottenuta la piena sovranità, la Slovenia s’imbarcò nell’avventura della transizione, forte dei copiosi finanziamenti giunti da Austria e Germania. Si puntò sulle liberalizzazioni, sulla riforma del mercato del lavoro, sugli
incentivi fiscali agli imprenditori stranieri e su tutte le altre ricette tipiche delle economie postcomuniste. Si diede spazio anche al gioco d’azzardo e Nova Gorica, dove
già nel 1984 era stato inaugurato un casinò, divenne il baricentro di questo particolare e redditizio comparto. Nel
corso degli anni sono sorti nuovi casinò, sono arrivati pure i night club e si sono fatti i soldi.
I goriziani recriminano. «Dovevamo farli noi, i casinò.
Ma quando abbiamo avanzato la proposta c’è stato detto
che avremmo fatto concorrenza a Venezia. Allora gli sloveni ci hanno rubato l’idea e ora ci guardano dall’alto in
basso», riferisce Aldo, romanzando un po’ la storia, mentre tira energicamente la cloche di una slot-machine del-
la sala da gioco Princess. Qualcuno si rifugia nel passato,
rimpiangendo l’epoca della Guerra fredda o andando ancora più a ritroso, ai fasti dell’Austria-Ungheria, quando
Gorizia, “la Nizza dell’impero asburgico”, visse il suo periodo più florido. I titolari della locanda dove prendiamo
alloggio appartengono a questa categoria di nostalgici, almeno a giudicare dalle foto del kaiser Francesco Giuseppe appese alle pareti e alla rivista appoggiata sul comò
della nostra stanza: Mitteleuropa. «In effetti non si può
negare che i momenti migliori li abbiamo vissuti durante l’epoca austro-ungarica», ragiona Pio Baissero, che segnala inoltre, tra i problemi goriziani, la leggera ma costante erosione demografica registrata da vent’anni a questa parte. «Nel ‘91 c’erano 38mila abitanti, ora siamo a
quota 35mila. Una città in salute cresce, non si contrae.
L’unica cosa che mi consola – chiosa il nostro interlocutore – è che l’economia di Nova Gorica non è sostenibile,
nel lungo periodo. La crisi l’ha dimostrato. La gente ha
meno soldi da spendere ai casinò o al night».
Lungo la green belt
e storie di confine sono imprevedibili. Le cose cambiano spesso, a cavallo tra due mondi. Dipende dai
periodi e dalle sorti. A Gorizia, abbiamo visto, ne sanno
qualcosa.
L
Tuttavia, questo limes non racconta solo delle frustrazioni italiane e del capitalismo aggressivo degli sloveni.
Questo limes, che fisicamente neanche esiste più, parla
di Europa. Con l’ingresso di Lubiana nell’Ue è stato abbattuto il muretto che faceva di Piazza della Transalpina,
così chiamata per via dell’omonima ferrovia che passava
lì accanto, un’anomalia continentale: era metà in Italia e
metà in Slovenia. Poco dopo, lo slargo è stato ribattezzato Piazza dell’Europa Unita.
Non poteva che essere così. Nel 2007 altra novità: l’allargamento dell’area Schengen alla Slovenia ha fatto cessare tutti i controlli alla frontiera. Si circola in entrambi i
sensi di marcia e ci si lascia alle spalle dogane e garitte
sguarnite.
Tutto questo indica che il confine, quassù, si può pensare anche così, all’europea, come a uno spazio aperto che
non può che continuare a stimolare il dialogo e la memoria, che negli ultimi anni – ci raccontano un po’ tutti –
hanno dato buoni frutti, aiutando a stemperare le incomprensioni alimentate dai grandi crimini del Novecento:
le violenze fasciste a scapito della popolazione slovena e
le foibe.
Il bello dell’Europa, poi, è che oggi, lungo la linea di demarcazione tra i due Paesi, si può anche scorrazzare, in
bicicletta, su un incantevole sentiero ecologico, che costituisce uno dei tanti segmenti
della green belt, una lunga successione di boschi, aree protette e
prati, ricavata sul filo che separava Est e Ovest. D’altronde, a ridosso della Cortina di ferro non si
costruiva: niente cemento, nessuna ciminiera minacciosa, perché
bisognava avere il campo libero e
reprimere le eventuali fughe,
nonché tenersi a una ragionevole
distanza dal nemico. Dal Baltico
al Mar Nero, passando da Gorizia,
la Cortina di ferro, diradandosi,
ha lasciato in eredità una lunga
striscia verde.
Chi l’avrebbe mai detto?
.
20
east . rivista europea di geopolitica
numero 43 . luglio 2012
21