Tensioni sul mercato mondiale dell`acciaio
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Tensioni sul mercato mondiale dell`acciaio
4/2004 Atti Notizie E C O N O M I A E P R O D U Z I O N E Carenza di materie prime e rincaro dei noli Tensioni sul mercato mondiale dell’acciaio Le previsioni dell’IISI (Istituto Siderurgico Internazionale) di Bruxelles, relative al 2004 sono sostanzialmente ottimistiche: per la prima volta infatti la produzione mondiale di acciaio grezzo dovrebbe raggiungere il miliardo di tonnellate, con un incremento del 4,0% circa rispetto ai 962 milioni del 2003. A determinare questo forte sviluppo sarebbe sempre la Cina, che lo scorso anno ha prodotto 220 milioni di tonnellate con un incremento del 20% rispetto all’anno precedente, arrivando a rappresentare il 20% del totale mondiale. Quel paese, si nota all’IISI, ha dimostrato una straordinaria capacità di installare nuovi impianti per far fronte alla crescente domanda nazionale, pur dovendo tuttora ricorrere in misura notevole alle importazioni, che lo scorso anno sono state pari a 40 milioni di tonnellate. Non va d’altro canto trascurato sul mercato mondiale dell’acciaio vi è sempre una situazione caratterizzata da tensioni di vario tipo. Vi è innanzitutto la carenza di materie prime quali il coke (che interessa i produttori a ciclo integrale) e i rottami (che alimentano soprattutto i forni elettrici), carenza che a sua volta determina rincari assai elevati. Le ultime notizie relative al coke sottolineano la presenza di un forte disavanzo, dovuto alla crescente domanda delle acciaierie locali che determina una riduzione delle esportazioni da parte della Cina, il primo fornitore mondiale, mentre i prezzi C&F hanno raggiunto i 450 dollari la tonnellata. Il governo cinese limita le vendite all’estero per evitare eccessivi rincari sul mercato nazionale: fonti ufficiali indicano in 8 milioni di tonnellate la quantità concessa per il 2004 ma analisti di mercato locali, a quanto riferisce Steel Business Briefing, stimano in soli 5 milioni la quantità che verrà effettivamente concessa. Questa stima trova conferma nel fatto che le licenze di esportazione “sono introvabili”, con grande disappunto dei produttori locali, dato che le quotazioni correnti sul mercato nazionale si aggirano intorno ai 192 dollari per tonnellata, molto al di sotto cioè di quanto potrebbero spuntare dalle forniture ai clienti esteri. Non mancano le reazioni dei paesi importatori ai provvedimenti per limitare le esportazione di coke: in India il governo sembra deciso a limitare, per ritorsione, le esportazioni di minerali di ferro verso la Cina se le forniture di coke dovessero essere eccessivamente ridotte. Per quanto riguarda i minerali di ferro, di cui la Cina è un grande importatore, la scarsità sui mercaRubrica a cura di M. Fumagalli 74 la metallurgia italiana TAB. I PRODUZIONE DI ACCIAI INOSSIDABILE E RESISTENTI AL CALORE (dati in migliaia di tonnellate) Europa Occidentale e Africa Europa Centrale e orientale America Asia TOTALE 2002 (a) 2003 (b) 2004 (c) 8.630 165 2.750 8.780 20.325 9.000 220 3.000 9.260 21.500 9.550 270 3.130 9.950 22.900 (a) consuntivo (b) stime (c) previsioni - Fonte: elaborazione di dati ISSF ti mondiali è determinata dalle strozzature nel sistema della movimentazione. Il vincolo costituito dalla capacità complessiva delle navi mineraliere è aggravato dagli intasamenti che si verificano nei porti cinesi a causa della loro inadeguatezza e dalla limitata capacità della rete ferroviaria, lungo la quale i minerali devono venire avviati agli stabilimenti lontani dalla costa. Nell’insieme si stima che le navi siano costrette a rimanere in rada parecchi mesi prima di potere entrare nel porto di Shanghai. Tutto questo comporta sensibili aumenti dei noli, che a loro volta si riflettono, oltre che su notevoli ritardi delle consegne, anche sui prezzi CIF del minerale stesso e del coke. I vincoli posti al rifornimento di minerali di ferro inducono le imprese a ciclo integrale ad accrescere l’impiego di rottame, che a sua volta ha determinato i vistosi rincari degli ultimi mesi e quindi un mutamento nel rapporto di redditività fra imprese a ciclo integrale e acciaierie al forno elettrico. Come ha notato Ian Christmas, Segretario Generale dell’IISI, la siderurgia è diventata un settore veramente globale, in quanto le vicende cinesi influiscono pesantemente sulla attività di una piccola acciaieria al forno elettrico che, agli antipodi, produce piccole quantità per il mercato locale. Anche la Corea Meridionale, uno dei maggiori importatori di rottami di ferro, ha deciso di limitare le esportazioni. Negli Stati Uniti i maggiori produttori di automobili, General Motors e Chrysler, temono che i rincari e la carenza delle materie prime siderurgiche possano mettere in forse il regolare approvvigionamento da parte delle acciaierie e per questo stanno pensando di offrire i loro sfridi di lavorazione, i cosiddetti “rottami nuovi” tra i più apprezzati dalle acciaierie, ai loro fornitori di nastri, lamiere ed altri tipi di laminati anziché venderli all’asta. Con queste vendite dirette si eviterebbero anche i costi di intermediazione, che si fanno piuttosto elevati e che giovano non poco ai raccoglitori ed ai cantieri di preparazione come la Metal Management che ha visto in un anno il valore delle sue azioni salire di sei volte. L’aumento dei prezzi delle materie prime, dell’energia e dei noli marittimi comporta elevati costi di produzione che si riflettono sui prezzi dei prodotti finiti e quindi mettono in difficoltà molti settori utilizzatori che faticano a far fronte ai loro impegni con i clienti. L’aumento dei prezzi potrebbe avere una influenza positiva per la redditività delle acciaierie, che negli ultimi tempi è stata “inaccettabilmente bassa” (la definizione è dell’IISI), se non fosse accompagnata da un parallelo aumento dei costi che impedisce quel necessario incremento dei margini aziendali. Il settore dell’acciaio inossidabile continua nella sua crescita, nonostante i problemi che incontra a causa della ridotta disponibilità di nickel, aggravata dalle riduzione delle esportazioni dalla Russia che a quanto comunica Les Echo, nel 2003 sono state pari a 237.900 tonnellate, con una riduzione del 15% rispetto all’anno precedente. Questa riduzione è in parte causata dal forte aumento della produzione degli acciai inossidabili e degli acciai resistenti al calore nei paesi dell’Europa Centrale e orientale, che pur esigua, è salita da 160.000 tonnellate nel 2002 a 220.000 tonnellate nel 2003 e si stima possa arrivare a 270.000 tonnellate nel 2004. Secondo le rilevazioni dell’International Stainless Steel Forum (ISSF) di Bruxelles, la produzione mondiale di acciai inossidabili e resistenti al calore è salita del 5,8% nel 2003 contro una stima precedente dell’1,8%: la revisione è dovuta alla crescente domanda cinese che stimola la produzione. L’ISSF reputa che la domanda sia alimentata in parte non secondaria dalla previsione di ulteriori rincari del nickel, in parte dalla sperata ripresa dell’economia mondiale nella seconda parte dell’anno in corso, in parte dall’espansione produttiva nel settore dei beni capitali, in parte dalla necessità di ricostituire le scorte da parte dei commercianti e degli utilizzatori. Nell’insieme l’ISSF stima che la produzione mondiale possa crescere di un ulteriore 6,5% nell’anno in corso (v. Tabella I). O N O M I A E P R O D U Z I O N E Necessari concentrazione e riassetto per la siderurgia Il maggior produttore mondiale guarda al futuro Il primo produttore siderurgico mondiale è, come tutti sanno, il gruppo Arcelor, nato due anni fa dalla fusione della lussemburghese ARBED con la francese USINOR e con la spagnola Aceralia, nel 2002 ha prodotto 44,0 milioni di tonnellate di acciaio grezzo, seguito da un altro nuovo arrivato ai vertici della classif ica, il gruppo anglo-indiano LNM con 34,8 milioni di tonnellate. Nei due anni trascorsi dalla sua creazione il gruppo Arcelor si è dedicato soprattutto a migliorare la gestione, a ridurre i costi, a generare sinergie, ottenendo come risultato di avere nel 2003 un utile di 257 milioni di euro al posto della perdita di 121 milioni registrata nel 2002. Non ha trascurato qualche iniziativa di crescita, acquistando gli impianti italiani per la produzione di travi dalla Duferco, creando una jointventure in Cina per la fornitura di quel mercato automobilistico, attivando linee di zincatura in Turchia e in Brasile, investendo nel settore della distribuzione nei paesi dell’Europa orientale. Nel biennio trascorso gli obbiettivi di carattere economico finanziario sono stati raggiunti, anticipando la riduzione dell’indebitamento al 50% del capitale proprio, inizialmente prevista per la fine del 2004. Il presidente di Arcelor, Guy Dollé, ha dichiarato al quotidiano La Tribune che nei prossimi dieci anni vi dovrebbero essere nel mondo quattro gruppi capaci di produrre da 80 a 100 milioni di tonnellate di acciaio ciascuno, raggruppando così il 40% circa della produzione mondiale. Questo darebbe una maggior forza contrattuale alla siderurgia sia nei confronti dei fornitori dei minerali di ferro, le cui estrazioni sono concentrate per il 70% nelle mani dei tre maggiori fornitori – la produzione delle tre maggiori acciaierie mondiali è pari al 12-13% del totale – sia con i clienti: il Wall Street Journal Europe rammenta che i 10 grandi dell’automobile contano per il 95% della produzione contro meno del 30% delle 10 maggiori acciaierie. Arcelor punta alla crescita ma non tanto nell’Unione Europea quanto in altri paesi, per vari motivi, tra i quali il fatto che la sua quota di mercato nel settore dei laminati piani è del 35%, molto prossima a quel 40% che la Commissione considera il massimo per garantire la concorrenza. Secondo il quotidiano spagnolo El Paìs i centri a ciclo integrale europei di Arcelor, vale a dire Avilès e Gijòn in Spagna, Fos-sur-Mer, Florange e Dunkerque in Francia, Liegi e Gand in Belgio, Brema FATTURATO DEL GRUPPO ARCELOR NEL 2003 PER PAESE E PER AREA (dati in milioni di euro) Francia Germania Spagna Benelux Altri paesi europei (Totale Europa) America Settentrionale America Meridionale Resto del Mondo TOTALE 4.953 4.233 3.934 2306 5463 (20.889) 3.145 1.358 1.202 26.594 e Eko Stahl in Germania rischierebbero la chiusura se non verrà risolto in modo soddisfacente il problema delle emissioni di CO2. In particolare l’area a caldo di Liegi, che la lontananza dalla costa rende meno competitiva, sembra definitivamente condannata; il treno nastri di Chertal, con l’annessa acciaieria e i due altiforni dovrebbero essere chiusi entro il 2009, con la perdita di 2.700 posti di lavoro9. In ogni caso è certo che il gruppo aumenterà la sua capacità produttiva in altri continenti, riducendo la partecipazione al fatturato totale delle consociate europee da quasi l’80% al 50% circa. L’America meridionale è la parte del mondo che più interessa Arcelor, che in Brasile ha già una partecipazione del 22% nel capitale della Companhia Siderurgica de Tubaraõ. Secondo il quotidiano Gazeta il Brasile, che presenta il vantaggio competitivo di non avere sottoscritto il capitolato di Kyoto, di avere una mano d’opera a basso costo, di disporre di minerali locali e quindi non gravati da eccessivi costi di trasporto, dovrebbe essere una futura base di esportazione di Arcelor, che parteciperà allo sviluppo della siderurgia di quel paese. Valor Economico, un quotidiano di Saõ Paulo, precisa che la joint-venture di Arcelor con la cinese Baosteel e con la società mineraria Companhia Vale do Rio Doce, prevede la costruzione di una acciaieria che comporterà investimenti per 1,5 miliardi di dollari ed avrà una capacità di 3,5-4,0 milioni di tonnellate annue; la produzione verrà esportata, prin- cipalmente negli Stati Uniti. In Cina la joint-venture con Baosteel e con la Nippon Steel consentirà alla Arcelor di avere un posto non trascurabile tra i fornitori della locale industria automobilistica. El Paìs rammenta anche che la produzione del gruppo al di fuori dell’Unione Europea crescerà grazie agli accordi con la Tata Steel relativamente al sito siderurgico di Jamshedpur e con la Severstal in Russia. In Europa un riassetto delle filiali è imposto, secondo La Tribune, dai risultati insoddisfacenti nella produzione di laminati a caldo e da un eccesso di capacità nei prodotti per imballaggi, laddove vi è una forte domanda di prodotti rivestiti e zincati. Le Monde sottolinea l’aspetto geografico dei motivi che inducono alla ristrutturazione: verranno chiusi gli impianti che operano nelle fasi a caldo situati nell’entroterra, svantaggiati rispetto a quelli costieri che possono essere approvvigionati a minor costo delle materie prime necessarie, un argomento questo che assume particolare rilevanza nella presente congiuntura caratterizzata da scarsità di materie prime, prezzi elevati e noli anch’essi su livelli molto alti. La prima ad essere chiusa dovrebbe essere l’acciaieria di Liegi, con i relativi altiforni, seguita da quella tedesca della Eko Stahl e quindi da quella di Florange, nella Mosella. Vi sarà, sempre in Francia, un raggruppamento di attività ed una maggiore specializzazione degli stabilimenti: i laminati piani a caldo saranno prodotti in quello di Florange (Mosella), già da ora specializzato nei prodotti per l’industria automobilistica e per gli imballaggi, e a Liegi; le lamiere per auto a Mardyck (Nord) e le lamiere zincate a Montataire (Oise). Il riassetto avrà un costo sociale in termini di riduzione dei posti di lavoro, che tuttavia non dovrebbe comportare licenziamenti ma basarsi solo su un blocco del turnover. In Francia, secondo l’Agenzia di stampa AFP, nel triennio 2004-06 verranno soppressi complessivamente 1.600 posti di lavoro, di cui 973 dalla Sollac Atlantique (che ha una occupazione complessiva di 5.838 unità) e circa 600 dalla Sollac Lorraine. La Sollac Atlantique, che nel 2002 aveva già chiuso lo stabilimento di BiacheSaint-Vaast, nel Pas-de-Calais, che dava lavoro a 400 dipendenti, ridurrà il personale di Dunkerque, Mardyck e e Desvres (Pas-de-calais); la Sollac Lorraine, che occupa complessivamente 3.700 persone, a Montataire. la metallurgia italiana 75 Atti Notizie C 4/2004 E 4/2004 Atti Notizie E C O N O M I A E P R O D U Z I O N E Aumentano produzione e prezzi ma non mancano inconvenienti Indicazioni contrastanti sul mercato siderurgico italiano Il 2003 è stato tutto sommato un anno positivo per la siderurgia italiana. La produzione di acciaio grezzo, di 26,7 milioni di tonnellate, ha avuto una crescita relativamente modesta, il +1,7%, rispetto ai 26,3 milioni dell’anno precedente, ma, come ha notato con soddisfazione il presidente di Federacciai Giuseppe Pasini, questo tasso va confrontato con una diminuzione del 2,2% in Francia e dello 0,4% in Germania e con il deludente +0,3% del nostro PIL. I prodotti lunghi si sono avvantaggiati dell’avvio delle grandi opere mentre ai laminati piani ha giovato il buon andamento del settore degli elettrodomestici. Per il 2004 non mancano gli elementi di ottimismo, almeno per quanto riguarda l’evoluzione della domanda: secondo Eurofer, l’Associazione che riunisce le imprese siderurgiche europee, il consumo reale di acciaio nell’Unione dovrebbe aumentare del 2,9%, in contrasto con il calo dello 0,4% registrato nel 2003, mentre il consumo apparente dovrebbe salire ancora di più, del 3,9%. Rammentiamo che il consumo apparente riflette la domanda dei consumatori e dei commercianti ed è dato dal consumo reale (cioè quanto viene impiegato dagli utilizzatori) più la quantità che viene destinata all’aumento delle loro scorte. Al quadro non mancano tuttavia le ombre. L’incremento del consumo apparente, di circa 33 milioni di tonnellate, è stato del 2,6% rispetto ai 32,17 milioni dell’anno precedente ma ad approfittarne sono stati soprattutto i produttori stranieri: nei primi dieci mesi dell’anno infatti le importazioni sono aumentate di un consistente 7,6% mentre le esportazioni sono cresciute di un modesto 0,9%. I rincari delle materie prime interessano tutte le siderurgie ma la nostra è particolarmente vulnerabile agli aumenti del prezzo del rottame data la quota molto elevata di produzione di acciaio al forno elettrico – il 64% del totale a fronte del 41,1% nell’Unione Europea e del 33,9% nel mondo, che fa dell’Italia uno dei maggiori importatori di rottame in Europa e nel mondo. I costi elevati del rottame (assieme a quelli degli altri fattori della produzione) sono alla base del rincaro dei prodotti finiti ed in particolare del tondo per cemento armato, i cui prezzi dall’inizio del 2004 sono più che raddoppiati, e delle barre e dei laminati mercantili, cresciuti nello stesso periodo di oltre il 30%. Le rilevazioni della Camera di Commercio di Brescia indicano che 76 la metallurgia italiana il prezzo base per il tondo Fe B 32 K ai primi di marzo era di 200-205 euro per tonnellata franco stabilimento, contro 165-170 euro a metà febbraio, con un incremento di 35 euro in sole due settimane; rispetto ai 130-135 euro di dicembre l’aumento è del 112%. Per la citata importanza del forno elettrico l’elevato costo dell’energia elettrica rende i produttori italiani meno competitivi rispetto ai concorrenti stranieri. Federacciai e i sindacati del settore hanno chiesto al governo non solo provvedimenti adeguati per l’energia elettrica ma anche di attuare un piano nazionale che “salvi dal naufragio l’intera industria nazionale”. In particolare il presidente di Federacciai ha espresso la sua preoccu- pazione per la richiesta dei maggiori produttori americani al loro governo di non concedere più licenze all’esportazione di rottame ed ha suggerito che l’Unione Europea blocchi le sue, che sono di 5-6 milioni di tonnellate l’anno. La possibilità che gli Stati Uniti limitino le esportazioni di rottami preoccupa anche le altre acciaierie europee, come comunica Eurofer, e quelle turche: tutte temono forti rincari nel caso il provvedimento venisse attuato. Eurofer rammenta che gli Stati uniti esportano ogni anno oltre 7 milioni di tonnellate di rottame, in parte considerevole verso l’Asia orientale, che in caso di limitazione potrebbe rivolgersi per i suoi acquisti sui mercati europei. Aumentano i progetti di sviluppo delle capacità Nel mondo vi è sempre carenza di nickel La ben nota carenza di nickel sui mercati mondiali mantiene elevate le quotazioni e stimola le imprese ad accelerare i loro programmi di esplorazione per la ricerca di nuovi giacimenti e di sviluppo di quelli già noti. Per il 2004 il disavanzo tra domanda e produzione viene stimato tra le 45.000 e le 75.000 tonnellate, determinato soprattutto dalla forte domanda dei produttori cinesi si acciai inossidabili. Nel breve termine va segnalato che all’inizio dell’anno vi è stata una impennata delle quotazioni, salite dai 12.460 dollari per tonnellata nel mese di novembre a 17.770 dollari il 6 gennaio, seguita poi da una altrettanto marcata flessione a 12.875 dollari a metà marzo. Si è trattato del risultato di una breve fiammata speculativa determinata dalla domanda degli investitori che si è affiancata a quella degli utilizzatori; le successive prese di beneficio hanno determinato il successivo arretramento. È un ridimensionamento che viene accolto tutto sommato con favore dagli analisti di mercato perché riporta i prezzi a livelli tutto sommato elevati (lo scarto rispetto ad un anno fa è di oltre il 50%) e per di più fondati su una base solida. Va anche osservato che prezzi troppo elevati potrebbero indurre i produttori di acciai inossidabili, che consumano il 65% della produzione mondiale di nickel, a ricorrere a materiali alternativi, meno costosi. Una soluzione in questo senso potrebbe essere quella seguita anni fa dalle acciaierie indiane che hanno sostituito il nickel con manganese, realizzando l’acciaio inossidabile detto “serie 200”, con un contenuto di nickel compreso fra il 2 e il 5%. La prospettiva è tutt’altro che teorica: A Taiwan il maggior produttore di acciai inossidabili, la Yieh United, che ne produce ogni anno un milione di tonnellate, è passata per un 10% circa del totale alla serie 200 destinato alla Cina. Un’altra impresa del settore, la Tang Eng sta accelerando l’installazione di un impianto che produrrà acciaio inossidabile della serie 200, anche in questo caso destinato all’esportazione in Cina. La Tang Eng, che produce 250.000 tonnellate annue di acciaio inossidabile della serie 304, definisce la serie 200 “l’acciaio inossidabile dei poveri”, il cui prezzo potrebbe essere del 25% inferiore a quello delle altre qualità, dato che il nickel assorbe quasi il 50% dei costi complessivi. Come nota il quotidiano “Il Sole 24 Ore” la Cina nel 2004 consumerà 4 milioni di acciaio inossidabile, per un quarto di importazione da Taiwan. Nel medio termine i produttori intendono dunque aumentare la loro capacità produttiva e la loro produzione effettiva. La russa Norilsk, primo produttore mondiale, nel 2003 ha aumentato le vendite a 309.000 tonnellate, da 241.000 tonnella- O N O M te nell’anno precedente. La canadese Inco, che con una produzione di 187.173 tonnellate nel 2003 è al secondo posto mondiale, ha manifestato il proposito di accelerare la messa a regime della miniera di Voisey Bay, nel Labrador, che fornirà 50.000 tonnellate annue di nickel. Nel 2004 la Inco, che lo scorso anno ha fortemente risentito degli scioperi, dovrebbe produrre 230.000 tonnellate circa di nickel. La Falconbridge, anch’essa canadese e al terzo posto nel mondo con una produzione di 104.000 tonnellate nel 2003 (91.000 nel 2002), investirà nei prossimi 5 anni 368 milioni di dollari per aumentare la produzione nelle miniere di Sudbury, nell’Ontario; altri incrementi sono previsti a Raglan (Quebec), nella Repubblica Domenicana, a Koniambo, nella Nuova Caledonia. Nel 2004 la produzione sarà di 100.000 tonnellate circa, con una riduzione di 4.000 tonnellate rispetto all’anno precedente a causa di alcuni scioperi. La australiana WMC, al quarto posto assieme alla francese Eramet, dovrebbe produrre quest’anno 62.000 tonnellate di nickel a Kwinana, 90.000 tonnellate a Kalgoorlie; ha inoltre in programma l’ampliamento della miniera di Perseverance. La Eramet, che nel 2003 ha prodotto 61.500 tonnellate di nickel con un incremento del 3% rispetto all’anno precedente, ha in programma un ampliamento delle capacità del 25%. La società che gestisce la miniera di Ramu, in Papua Nuova Guinea, è controllata all’85% dalla cinese CMCC; la miniera dovrebbe produrre 33.000 tonnellate annue di nickel nei prossimi venti anni e 3.000 tonnellate di cobalto. Ai maggiori progetti se ne affiancano molti relativi a piccole miniere che tuttavia hanno la possibilità di essere attuati più rapidamente. La australiana Minara (già Anaconda) spera di raggiungere entro breve termine la produzione di 40.000 tonnellate, in programma da molto tempo; la canadese Fax rimetterà in attività gli impianti della McCreedy West nella zona diuSudbury, rilevati dalla Inco; la australiana Jubilee raddoppierà la produzione della miniera di Cosmos Deeps, portandola a 25.000 tonnellate annue. L’australiana Titan R ha iniziato i lavori per la messa in coltivazione del giacimento di Armstrong; a breve termine la miniera dovrebbe fornire 2.250 tonnellate annue, una quantità che in seguito salirebbe a 9.700 tonnellate. L’impianto spagnolo della Aguablanca, controllata dalla canadese Rio Narcea, comincerà quest’anno la produzione di concentrati con un contenuto metallico che una volta a regime sarà di 10.000 tonnellate annue; la produzione sarà venduta alla cinese Jinchuan Nonferrous, la maggiore fonderia di quel paese che nel 2004 ha in programma una produzione di 70.000 tonnellate. I A E P R O D U Z I O N E Possibile scarsità di materie prime e diffusi rincari Anche il rame risente dello sviluppo economico asiatico I produttori europei di rame sono molto preoccupati per la tendenza che si va delineando sui mercati mondiali a causa del continuo sviluppo della domanda di metallo nei paesi dell’Asia orientale, primo fra tutti la Cina. Si calcola che la richiesta cinese i rame, che è stata di 2,95 milioni di tonnellate nel 2003, possa salire dell’8,5% quest’anno, portandosi a 3,2 milioni di tonnellate. Ne sono conseguiti una sempre minore disponibilità, una riduzione delle scorte da 900.000 tonnellate a 200.000 tonnellate, un rincaro del metallo, i cui prezzi sono raddoppiati nel giro di un anno. Negli ultimi mesi il prezzo è salito da poco meno di 2.100 dollari per tonnellata agli inizi di dicembre 2003 a 3.075 dollari al 20 marzo 2004. La pressione dei consumatori di rame determina una crescente richiesta di minerali da parte delle raffinerie, domanda che le società minerarie non sono in grado di soddisfare nel medio termine, prima cioè di avere potuto ampliare la loro capacità produttiva. Questo effetto a cascata si propaga poi al mercato dei rottami, dato che le raffinerie cinesi aumentano i loro acquisti sul mercato europeo, il più importante del mondo, causando una tensione che è aumentata dalla decisione di alcuni paesi quali la Russia e l’Ucraina, dove tradizionalmente vi sono eccedenze disponibili per la vendita all’estero, di introdurre dazi all’esportazione per evitare un eccessivo assottigliamento delle disponibilità. Le preoccupazioni riguardano anche la disponibilità di catodi di rame, per i quali si registrano sia pagamenti di premi rispetto alla quotazione ufficiale, sia una situazione di backwardation (cioè un maggior valore delle consegne vicine rispetto a quelle lontane) che viene in pratica considerata equivalente a un premio. Come sempre accade in questi casi un contributo ai rincari viene dagli acquisti a termine da parte dei fondi di investimento, indotti dalla convinzione che nel prossimo futuro continuerà ad esservi una crescita della domanda al consumo accompagnata da una scarsità dell’offerta, almeno nel breve-medio termine. Dal lato dell’offerta si registra un incremento di produzione della cilena Codelco, la maggiore impresa del settore, passata da milioni 1,52 di tonnellate nel 2002 a 1,56 milioni lo scorso anno (+2.8%). Si fa tuttavia notare che questa quantità è del 4.1% inferiore rispetto alle previsioni fatte nel corso dell’anno, a causa dei ritardi nell’attuazione dei progetti di espansione della miniera di El Teniente. Nel 2004 la Codelco conta riprodurre 1,75 milioni di tonnellate di rame, ma di venderne 1,9 milioni di tonnellate, attingendo alle scor te di 200.000 tonnellate accumulate nel 2002. Le quotazioni elevate stimolano gli incrementi produttivi: la cinese Jiangxi che ha prodotto 343.000 tonnellate nel 2003 conta di produrne 400.000 tonnellate nel 2004 e 450.000 tonnellate il prossimo anno. La cilena Antofagasta, controllata al 65% dalla famiglia Luksic, detiene a sua volta il 60% della società che gestisce la miniera di Los Pelambres, a nord di Santiago. La Antofagasta sta per iniziare un programma di sviluppo per aumentare la capacità produttiva del 20% e più. Il terzo produttore mondiale la cilena Grupo Mexico, punta ad incrementare le estrazioni delle due miniere che possiede in Arizona, la Ray e la Mission, grazie a nuovi investimenti. Sempre negli Stati Uniti la Phelps Dodge, seconda impresa mondiale, che nel 2003 ha prodotto 963.000 tonnellate di rame intende accrescere la produzione di 107.000 tonnellate, portandola a 1,07 milioni e di salire ulteriormente nel 2005, a 1,13 milioni di tonnellate. In India la domanda di rame è di circa 270.000 tonnellate annue, a fronte di una produzione di 400.000 tonnellate, una situazione che lascia ampio margine per le esportazioni, margine che dovrebbe crescere in futuro dato che la Swil ha messo in attività il suo nuovo impianto nel Guriat, che nel 2005 arriverà a produrre 70.000 tonnellate annue e la Birla, del gruppo Hindalco, pensa di arrivare a raggiungere in breve un tasso di impiego della capacità pari al 100%. Atti Notizie C AIM on-line L’indirizzo Internet dell'AIM è: www.aimnet.it Gli indirizzi di posta elettronica sono: [email protected] per la segreteria, [email protected] per la redazione della rivista "la metallurgia italiana". la metallurgia italiana 77 4/2004 E Atti Notizie E C O N O M A E P R O D U Z I O N E Indio, magnesio, selenio, mercurio, cobalto, manganese Generale rincaro anche per i metalli minori Tra i metalli “minori” l’indio – definito “semiprezioso” – si segnala per i fortissimi rincari sui mercati mondiali: da 65 dollari al chilogrammo nell’ottobre del 2002 è salito a 570 dollari agli inizi di marzo del 2004, il massimo dalla fine del 1995, né sono alle viste prossimi ribassi. La domanda di indio, impiegato per la produzione di telefoni cellulari, di laptop dei computer e di LCD (Display a Cristalli Liquidi) è in aumento, in particolare perché nel 2004 la produzione di LCD dovrebbe raddoppiare rispetto all’anno precedente. Il consumo per l’anno in corso è stimato in 470 tonnellate, mentre l’offerta sarebbe di sole 420 tonnellate, di cui 280 tonnellate di metallo primario e 140 da riciclo. Ancora una volta responsabile della situazione di disavanzo è la Cina che ottiene l’indio come sottoprodotto della lavorazione del piombo e dello zinco e copre il 40% del totale mondiale ed ha deciso di ridurre la produzione dei suddetti metalli, e quindi la disponibilità di indio. Il timore di scarsità nelle forniture a sua volta ha determinato una corsa agli acquisti cautelativi, che hanno ulteriormente fatto salire le quotazioni. È soprattutto in Giappone che si verifica questo fenomeno e dove la Nippon Minino ha portato i suoi listini per il metallo con purezza 99,99% a 587,5 dollari. Il mercato mondiale del magnesio, metallo che per la sua leggerezza è impiegato dall’industria automobilistica che è di gran lunga il maggior consumatore, è caratterizzato da una produzione di 450.000 t onnellat e annue, di cui 320.000 in Cina, e da una domanda di 400.000 tonnellate. Questa situazione rischia tuttavia di mutare a causa della minore offerta da parte della Cina e dell’esaurirsi delle scorte commerciali che per la loro ricostituzione porteranno ad un aumento della domanda; ne risentono i prezzi che, dopo un rincaro del 35% negli ultimi 6 mesi, sono ormai vicini ai 2.500 dollari per tonnellata, il massimo dal 1997. 4/2004 I Il selenio, ottenuto come sottoprodotto della lavorazione del rame, risente della carenza di offerta che deriva dalla minor produzione di rame mentre la domanda è in continua crescita per le richieste del settore delle costruzioni e dei produttori di fertilizzanti, soprattutto cinesi. I prezzi, che a metà del 2003 erano intorno ai 4 dollari per libbra, oscillano ora 78 la metallurgia italiana entro una fascia tra i 13 e i 16 dollari (con punte fino a 20 dollari), il massimo degli ultimi 21 anni. Il mercato mondiale del mercurio è caratterizzato anch’esso da una situazione di debolezza dell’offerta, sia di metallo primario che da riciclo, e quindi da prezzi che oscillano fra i 250 e i 280 dollari per bombola da 76 libbre, il massimo dal 1989. L’impresa spagnola Almaden, che ha chiuso per alcuni mesi le sue miniere di Ciudad Real, riprenderà presto la produzione, che nei prossimi sei mesi dovrebbe arrivare a 25.000 bombole da 75 libbre. Le quotazioni elevate trovano a volte un correttivo automatico nell’aumento dell’offerta che esse stesse hanno generato: è il caso del cobalto, sui massimi degli ultimi 6 anni, per il quale la belga Umidore conta di aumentare la produzione da 1.600 tonnellate nel 2003 a 3.000 tonnellate nell’anno in corso, e del tantalio, un metallo usato dall’industria elettronica. Per quest’ultimo la australiana Gippsland sta costruendo in Egitto, ad Abu Dabbab, un impianto che produrrà annualmente 400.000 libbre di pentossido a costi che vengono definiti “molto bassi”. Ad Abu Dabbab verranno anche prodotte 1,000 tonnellate annue di stagno. I prezzi del manganese risentono positivamente della tendenza da parte di alcuni produttori di acciai inossidabili di convertire parte della loro produzione alla serie 200 che impiega questo metallo in luogo del nickel, troppo scarso e con prezzi troppo elevati. La maggiore domanda ha fatto passare le quotazioni del manganese da 700 dollari per tonnellata all’inizio del 2004 a 1.000 dollari a metà febbraio. All’Università del Michigan è stato realizzato un nuovo materiale composto da argento, piombo, tellurio e antimonio che presenta eccezionali proprietà termoelettriche e riesce a trasformare calore in elettricità in modo efficiente: il fattore di efficienza è pari a 2,2. Potrebbe quindi essere impiegato per produrre energia elettrica sfruttando fonti di calore. QUOTE SOCIALI AIM 2004 Benemeriti (quota minima) € 1.500,00 Sostenitori: (solo Ente) € 600,00 Ordinari (solo persona) € 60,00 Seniores € 25,00 Juniores € 15,00 La quota dà diritto a ricevere la rivista dell’Associazione la metallurgia italiana Ai soci viene praticato un prezzo speciale per le quote di partecipazione alle manifestazioni AIM e per l’acquisto delle pubblicazioni edite dall’AIM. Per ulteriori informazioni: AIM piazzale R. Morandi 2 - 20121 Milano, tel. 02-76021132/76397770 telefax 02-76020551 - e-mail: [email protected]