Solo per i Tuoi Occhi… L`Oggettivazione Sessuale in un - In-Mind
Transcript
Solo per i Tuoi Occhi… L`Oggettivazione Sessuale in un - In-Mind
Solo per i Tuoi Occhi… L’Oggettivazione Sessuale in un’Ottica Psicosociale In-Mind Italia 1, 19–25 http://it.in-mind.org ISSN 2240-2454 Maria Giuseppina Pacilli Università degli Studi di Perugia Keywords Oggettivazione sessuale, sessualizzazione; auto-oggettivazione, stereotipi di genere “(La donna) diventa un oggetto; si sperimenta come oggetto, scopre con meraviglia questo nuovo aspetto del suo essere: ha la sensazione di sdoppiarsi; invece di coincidere esattamente con se stessa, comincia a esistere fuori di sé”. (Simone de Beauvoir, 1949, p. 327) È raro guardare la televisione o sfogliare una rivista senza imbattersi nell’immagine di una donna, in pose ammiccanti, dalle labbra ipertrofiche, gli zigomi pronunciati e il seno voluminoso in un corpo esile. Nei media occidentali i corpi femminili sono sempre più chirurgicamente uguali fra loro, esibiti come oggetti sessuali, in poche parole, oggettivati. Che cos’è l’oggettivazione? Oggettivare una persona vuol dire considerare la stessa alla stregua di un oggetto, un mero strumento per il raggiungimento di un fine personale, e conduce in sostanza alla negazione della sua dignità umana. È per questa ragione, infatti, che l’oggettivazione può essere considerata una forma di deumanizzazione. Essa può investire diverse minoranze e categorie sociali, così come diverse possono essere le dimensioni dell’identità che possono essere reificate. Quando queste dimensioni corrispondono al corpo e il valore di una persona è stabilito soprattutto sulla base del suo aspetto fisico si parla di oggettivazione sessuale o sessualizzazione (Fredrikson & Roberts, 1997). L’oggettivazione sessuale comporta una frammentazione simbolica del corpo, che è separato dal resto della persona e considerato come mero strumento per il piacere sessuale altrui. Benché questo fenomeno di recente inizi a riguardare anche gli uomini (Martins, Tiggemann, & Kirkbride, 2007), esso investe in misura assai maggiore le donne. Per questa ragione, qui si rivolgerà l’attenzione soprattutto all’oggettivazione femminile, condizione in cui si considera una donna non nella complessa unitarietà della sua persona ma sulla base del modo in cui il suo corpo appare agli altri. Fig. 1. Giordano Pariti, Scarecrow #37, 2004. Stampa Fotografica. Courtesy: l’artista. Le pratiche culturali dell’oggettivazione sessuale Nelle società occidentali, i mezzi di comunicazione costituiscono senza dubbio i principali attori del processo di manipolazione simbolica del corpo femminile. La sessualizzazione delle donne, dalla televisione, alle riviste fino a internet, è così pervasiva da apparire ormai una Corrispondenza: Maria Giuseppina Pacilli Dipartimento Istituzioni e Società, Università degli Studi di Perugia Via Elce di sotto, 06123, Perugia, Italia E-mail: [email protected] Pacilli 20 consuetudine ai nostri occhi. La tv italiana, ad esempio, propone abitualmente Fig. 3 Henry de Toulouse Lautrec, Young woman at the attracting of the stocking, 1894. Fig. 2. Egon Schiele, Donna in piedi vestita di rosso, 1913. un’immagine surreale del mondo femminile. All’invisibilità di donne che studiano, lavorano, fanno politica si contrappone l’ingombrante presenza di vallette il cui ruolo è di esibire il proprio corpo indossando abiti succinti su cui le telecamere indugiano (Censis, 2006, Rapporto Women and Media in Europe). Se si considera Internet, la sessualizzazione delle donne diventa ancora più estrema. Tra il 1998 e il 2004, solo per fare un esempio, il numero di pagine web a contenuto pornografico è aumentato del 1.800 % (Paul, 2005). Ancora, frequentissimo è l’uso spregiudicato di immagini di donne svestite o di bambine travestite da donne sensuali per reclamizzare un prodotto, in TV o nei giornali. Come esito di tutto ciò, il messaggio che le donne siano oggetti sessuali a uso e consumo del desiderio maschile giunge in tutta la sua forza e pericolosità alle donne (e agli uomini) delle età più diverse. Se da un lato i media sono i grandi protagonisti della diffusione di modelli irrealistici di bellezza, dall’altro troviamo le persone comuni che se ne appropriano, contribuendo, in modo più o meno attivo, a rafforzarli e sostenerli. In studi sperimentali ad esempio, è emerso che quando ci concentriamo solo sul modo in cui una donna appare, tendiamo a percepire quella donna come meno umana in termini di calore e moralità (Heflick, Goldenberg, Cooper, & Puvia, 2011; Loughnan, Haslam, Murnane, Vaes, Reynolds & Suitner, 2010). Quando lo sguardo oggettivante diventa il proprio: L’autooggettivazione Cosa significa per una donna vivere in un contesto sociale che troppo spesso considera il corpo come un oggetto anziché una parte integrante della persona? La teoria dell’oggettivazione di Fredrickson & Roberts (1997) e le ricerche condotte in quest’ambito forniscono delle interessanti risposte a questa domanda. La forma elettiva tramite cui l’oggettivazione si esprime ed esercita è lo sguardo - di un uomo, una telecamera, una macchina fotografica - che considera l’altro come un oggetto. Lo sguardo oggettivante però non è sempre o solo quello altrui: può infatti essere interiorizzato da chi lo subisce. Siamo allora in presenza dell’auto-oggettivazione, una condizione psicologica in cui si assume una prospettiva esterna a sé - in una sorta di sdoppiamento della propria persona - come modo principale attraverso cui percepirsi (Calogero, 2011; de Beauvoir, 1949). Talvolta l’auto-oggettivazione si confonde con una cura meticolosa dell’aspetto esteriore, una sorta di generica “civetteria”, vanità o narcisismo. In realtà questa condizione non corrisponde a una (benefica) considerazione del fisico inteso come parte integrante di sé né equivale tout court a un’insoddisfazione per il proprio corpo. Possiamo percepire il nostro corpo principalmente attraverso due modi: come un oggetto composto da elementi singoli ‘‘body-as-object’’ oppure come un processo dinamico‘‘body-as-process’’ le cui funzioni sono più importanti del suo aspetto (Franzoi, 1995). In una condizione di auto-oggettivazione, poiché il corpo è l’elemento privilegiato in grado di rappresentare e descrivere la propria persona, alle domande relative a sé e al Oggettivazione e auto-oggettivazione sessuale 21 di ipervigilanza sul corpo a cui si accompagna un senso di vergogna nei confronti dello stesso. Un dato su cui riflettere è relativo, ad esempio, all’età in cui si comincia a sorvegliare il proprio aspetto e si innestano le prime preoccupazioni per la sua s/piacevolezza. Studi più o meno recenti condotti in Europa e in Australia (AmbrosiRandic, 2000; Dohnt & Tiggemann, 2006), indicano che Fig. 4. Giordano Pariti Scarecrow # 51, 2004. Stampa Fotografica. Courtesy: l’artista. proprio corpo quali “Come mi sento? Come sto? Cosa provo?” si sostituisce un’unica, assillante domanda ovvero “Come appaio agli altri?”. L’auto-oggettivazione può essere sia una caratteristica individuale (che quindi può variare da persona a persona) sia una risposta a delle condizioni presenti nell’ambiente. Le ricerche in quest’ambito distinguono infatti un’auto-oggettivazione di tratto (stabile nel tempo) da un’auto-oggettivazione di stato (temporanea) (Miner-Rubino, Twenge, & Fredrickson, 2002). Con la prima si fa riferimento alla tendenza stabile - ovvero che non necessita di elementi presenti nel contesto per essere attivata - a preoccuparsi per il proprio aspetto fisico e a osservarsi di continuo con gli occhi altrui; la seconda invece si innesca a partire da specifiche situazioni come guardare certi tipi di immagini o ricevere commenti negativi/ apprezzamenti sul proprio aspetto fisico. Più una donna interiorizza il messaggio culturale deumanizzante dell’oggettivazione e più è probabile che l’auto-oggettivazione diventi un’esperienza stabile nel tempo. Le conseguenze psicologiche dell’auto-oggettivazione sessuale L’interiorizzazione dei modelli irrealistici e artificiali di bellezza femminile si associa nelle donne a disturbi dell’immagine corporea, a una generale insoddisfazione per il proprio corpo e a un aumento dei disordini alimentari (si vedano le metanalisi di Grabe, Ward & Hyde, 2008; Groesz, Levine, & Murnen, 2002; Want, 2009). Ma cosa contraddistingue l’esperienza psicologica dell’auto-oggettivazione? Sicuramente uno stato ansioso Fig. 5. Giordano Pariti Scarecrow # 42, 2004. Stampa Fotografica. Courtesy: l’artista. essa decresce progressivamente e può essere individuata, per le bambine, intorno ai sei anni. Più di dieci anni di ricerche (per una rassegna vedasi, Moradi & Huang, 2008) indicano dunque che il guardarsi con gli occhi altrui ha un impatto negativo sul benessere psicologico. Percepirsi in funzione unicamente del proprio aspetto fisico influenza non “solo” il benessere ma anche le abilità cognitive di una persona. L’incessante attenzione e controllo rivolte al proprio corpo richiedono infatti un investimento di energie che saranno sottratte ad altre attività. Ciò si evince chiaramente dalle ricerche che hanno adottato il paradigma di ricerca del cosiddetto “costume da bagno”. Ai partecipanti, sia uomini sia donne, si chiede di indossare -da soli, in un camerino con uno specchio a figura intera- un costume da bagno o una maglia, a seconda delle condizioni sperimentali, e di completare poi un test di abilità cognitive. È interessante notare come il risultato del test subisca delle variazioni, a seconda dell’abbigliamento indossato, solo per le ragazze (Fredrickson, Roberts, Noll, Quinn, & Twenge, 1998; Quinn, Kallen, Twenge, & Fredrikson, 2006): queste peggiorano infatti la propria performance quando indossano un costume da bagno. La condizione di auto-oggettivazione innescata da uno stimolo contestuale, indossare un costume da bagno davanti a uno specchio, dirotta l’attenzione sull’adeguatezza del proprio corpo e riduce quindi le energie mentali necessarie a completare il test. L’auto-oggettivazione si associa anche a una maggiore disponibilità ad avvalersi della medicina estetica. Col tempo questa è diventata un mezzo socialmente accetta- 22 bile e sempre più diffuso di perfezionamento del proprio aspetto fisico. In realtà, più che di miglioramento fisico spesso si tratta di rimuovere chirurgicamente la discrepanza percepita fra le caratteristiche del proprio corpo e quelle dei modelli dominanti di bellezza. Le motivazioni di questa scelta possono essere sia di carattere intrapsichico sia di carattere psicosociale. Anche se non è così facile distinguerle poiché fortemente interconnesse, nel primo caso la spinta è di intervenire sul corpo per un profondo senso di inadeguatezza verso se stessi: ciò che si ricerca non è tanto la bellezza quanto un sé desiderabile (Lemma, 2010). Nel secondo caso l’impulso proviene dalle pressioni sociali – diverse per uomini e donne – a uniformarsi a dei modelli normativi di riferimento (Swami, Chamorro-Premuzic, Bridges, & Furnham, 2009). Negli Usa, ad esempio, sul totale degli interventi estetici più o meno invasivi, il 9% è compiuto dagli uomini contro ben il 91% di quelli compiuti dalle donne (American Society of Plastic Surgeon, 2009). In una ricerca italiana (Pacilli & Mucchi-Faina, 2010) si è riscontrato che nelle ragazze - e non nei ragazzi - all’aumentare delle ore trascorse a guardare la TV aumenta di pari passo l’interesse per gli interventi di chirurgia estetica mentre diminuisce l’importanza assegnata al raggiungere il successo personale tramite le proprie competenze. Dal livello individuale al livello sociale: Quali costi? I costi da pagare per l’auto-oggettivazione vanno ben oltre l’ambito individuale. È importante allora domandarsi cosa accade quando l’oggettivazione cessa di essere solo un’esperienza privata che si esprime nel particolare delle relazioni interpersonali e diventa un fenomeno che investe le relazioni sociali più in generale. Tempo fa su internet circolava l’immagine scherzosa di un’auto “per donne”. La rendeva tale la possibilità di guardarsi in uno specchietto retrovisore tanto grande da coprire completamente il parabrezza. Mi sembra un’efficace metafora delle conseguenze sociali dell’auto-oggettivazione: uno specchietto enorme in un’auto può certo permettere di guardarsi meglio ma copre del tutto la visuale della persona che guida e, impedendo di vedere la strada davanti a sé, rende impossibile il movimento. Considerate complessivamente, le ricerche sulle pratiche culturali di sessualizzazione indicano, infatti, come esse agiscano in modo da limitare drasticamente i ruoli sociali delle donne, riducendone l’autonomia di pensiero e la libertà di movimento nella società (American Psychological Association [APA], 2007). L’oggettivazione si può leggere quindi, in un’ottica più ampia, anche come un processo tramite cui si esprime ed esercita l’oppressione psicologica su un gruppo da parte di un altro gruppo di status/potere più elevato (Gruenfeld, Inesi, Magee, & Galinski, 2008). Ciò non è Pacilli Fig. 6. Giordano Pariti, Scarecrow # 26, 2004. Stampa Fotografica. Courtesy: l’artista. nuovo: il controllo sociale del corpo femminile è una delle strategie principali impiegata lungo i secoli per preservare lo sbilanciamento di potere fra i sessi (de Beauvoir, 1949). In questo senso il processo di auto-oggettivazione può essere considerato come un’altra modalità attraverso cui i gruppi di minoranze o membri svantaggiati contribuiscono attivamente a mantenere la loro condizione di inferiorità. Pertanto, in una sistema sociale in cui la piacevolezza fisica femminile è considerata un valore e una norma, essere oggetto di sessualizzazione da parte degli uomini, può paradossalmente provocare nelle donne emozioni positive nel momento in cui si conformano a quelle norme, proprio per i vantaggi che ne possono seguire. Qual è l’altra faccia della medaglia? Le donne che valutano la propria persona solo sulla base del proprio aspetto fisico percepiscono se stesse e sono percepite dagli altri come meno competenti (Gapinski, Brownell, & LaFrance, 2003; Heflick & Goldenberg, 2009), presentano atteggiamenti sessisti di tipo benevolente (Liss, Erchull, & Ramsey, 2011), oggettivano maggiormente anche le altre donne e sono più ostili nei loro confronti (Strelan & Hargreaves, 2005). Come contrastare l’oggettivazione sessuale e l’auto-oggettivazione delle donne? L’oggettivazione ostacola il pieno sviluppo delle don- Oggettivazione e auto-oggettivazione sessuale ne. Essa, come osservano Calogero, Tantleff-Dunn e Thompson (2011), rientra a pieno titolo nella definizione di pratica culturale dannosa per le donne fornita dalle Nazioni unite (1995) poiché: a) è pericolosa per la salute. Numerose ricerche mostrano che l’auto-oggettivazione costituisce una minaccia per il benessere delle donne (APA, 2007; Moradi & Huang, 2008); b) si pratica a beneficio degli uomini. L’investimento eccessivo di energie delle donne nella cura del proprio aspetto, a svantaggio di altre attività più importanti, ha dei vantaggi economici e sociali per gli uomini (De Beauvoir, 1949; Fredrikson & Roberts, 1997); c) si origina da differenze di potere fra uomini e donne. Lo squilibrio socio-economico che favorisce gli uomini rispetto alle donne sostiene e rafforza in un circolo vizioso l’oggettivazione sessuale femminile (Pratto & Walker, 2004); d) genera stereotipi che ostacolano le pari opportunità fra uomini e donne. Percepirsi come un oggetto sessuale rinforza gli stereotipi di genere sulle competenze delle donne e sul loro ruolo nella società (Calogero & Jost, 2011); e) è legittimata e giustificata dalla tradizione. L’oggettivazione sessuale può essere intesa come la manifestazione di una più ampia ideologia sessista che legittima le disuguaglianze di genere (Calogero & Jost, 2011). Contrastare questo fenomeno è, dunque, un obbligo per una società civile degna di questo nome. Le strategie da adottare sono molte e vanno dal livello individuale a quello interpersonale e sociale. Sarebbe importante, per questo, realizzare interventi fin dalle scuole primarie che, in un’ottica di prevenzione del disagio e promozione della salute, inseriscano l’esperienza dell’oggettivazione sessuale in un contesto di significato diverso da quello in cui è presente di solito. Interessante ad esempio il lavoro di Yolanda Dominguez, un’artista spagnola che nel lavoro “Poses” (http://www.yolandadominguez.com/Poses/ index.html) chiede a donne reali di interpretare al parco, in fila in banca o al mercato, i modelli femminili proposti dai media svelando così, oltre la patina di glamour che li avvolge, quanto essi possano essere ridicoli o grotteschi nel contesto della vita quotidiana. Da un punto di vista psicosociale, ricollocare semanticamente questa esperienza vuol dire: a) fornire gli strumenti per riconoscere e dare il giusto nome agli episodi di oggettivazione sessuale – ad esempio, complimenti sulla forma fisica, inviti a perdere peso o a cambiare il proprio aspetto, etc., b) far conoscere le conseguenze negative della sessualizzazione sul benessere individuale e sociale, c) promuovere una visione rispettosa di sé in cui il valore personale non dipende dalla valutazione del proprio aspetto esteriore, d) riflettere su come l’oggettivazione contribuisca a rafforzare gli stereotipi di genere che ostacolano il pieno raggiungimento di un’uguaglian- 23 za fra i sessi nella società (Tylka & Augustus-Horvath, 2011). Accanto a questi ambiti, è fondamentale continuare ad agire a un livello sistemico ampio. È auspicabile per questo una regolamentazione più efficace dei mezzi di comunicazione che garantisca il rispetto della dignità personale delle donne e degli uomini. Decorare giornali, programmi televisivi, siti internet con il corpo delle donne è una prassi talmente diffusa da apparire ai più quasi come inevitabile e dunque immodificabile. In questo senso impegnarsi per un sistema di comunicazione diverso assume i caratteri di una vera e propria sfida culturale da non mancare: promuovere le pari opportunità di genere in contesti a così larga diffusione può aiutare, infatti, a pensare che un mondo più equo di rapporti fra donne e uomini è possibile. Glossario Deumanizzazione. La deumanizzazione corrisponde a quella condizione in cui a una persona o a un gruppo è negata la condizione di umanità completamente o parzialmente. La deumanizzazione può manifestarsi attraverso molte forme come l’esclusione morale (Opotow, 1990) o la delegittimazione (Bar-Tal, 1990). Per lavori in italiano vedasi la rassegna di Albarello & Rubini (2008) e il testo di Volpato (2011). Meta-analisi. “Procedura che sintetizza con tecniche quantitative i risultati di diversi studi su uno stesso argomento. Si distingue dalle analisi primarie (che analizzano i dati direttamente raccolti in relazione a una certa ipotesi di ricerca) e da quelle secondarie che ri-analizzano i dati originali in diversa prospettiva o con diverse tecniche […] L’obiettivo è comprendere meglio l’andamento di un certo fenomeno, empiricamente valutabile, su cui esiste letteratura discordante” (Di Nuovo, 1995, p.9) Sessismo (ambivalente). La teoria del sessismo ambivalente (Glick & Fiske, 1996, 2001) distingue un sessismo ostile da un sessismo benevolente. Mentre il primo è più facile da smascherare perché corrisponde a un’idea negativa vecchio stampo delle donne, il secondo appare come un insieme di atteggiamenti positivi. Nel sessismo benevolente le donne sono considerate come esseri preziosi ma fragili, bisognose della protezione e della cura degli uomini. Questa forma di sessismo può essere sostenuta dalle donne stesse, che sceglieranno in tal caso di conformarsi con più probabilità a ruoli di genere tradizionali e subordinati. Riferimenti bibliografici Albarello, F. & Rubini, M. (2008). Relazioni intergruppi e fenomeni di deumanizzazione. Psicologia Sociale, 1, 67-94. Ambrosi-Randic, N. (2000). Perception of current and ideal body size in preschool age children. Perceptual and Motor Skills, 90, 885–889. American Psychological Association (2007). Report of the APA task force on the sexualization of girls. Wa- 24 shington, D.C.: American Psychological Association. www.apa.org/pi/wpo/sexualization.html American Society of Plastic Surgeons. (2009). 2009 report of the 2008 Statistics. National clearing house of plastic surgery statistics. http://www.plasticsurgery. org/Media/stats/2008-US-cosmetic-reconstructivesurgery-minimally-invasive-statistics.pdf Bar-Tal D. (1990). Causes and consequences of delegitimization: Models of conflict and ethnocentrism. Journal of Social Issues, 46, 65-81. Calogero, R.M. (2011). Operationalizing self-objectification: Assessment and related methodological issues. In R. Calogero, S. Tantleff-Dunn, & J.K. Thompson (Eds.), Self-objectification in women: Causes, consequences, and counteractions (pp. 23–49). Washington, DC: American Psychological Association. Calogero, R.M., & Jost, J.T. (2011). Self-subjugation among women: Exposure to sexist ideology, self-objectification, and the protective function of the need to avoid closure. Journal of Personality and Social Psychology, 100, 211-228. Calogero, R.M., Tantleff-Dunn, S., & Thompson, J.K. (2011). Objectification theory: An introduction. In R.M. Calogero, S. Tantleff-Dunn, & J.K. Thompson (Eds.), Self-objectification in women: Causes, consequences, and directions for research and practice (pp. 3-21). Washington, D.C.: American Psychological Association. Censis, (2006). Women and Media in Europe (Libro Bianco). Roma: Editore Colombo. Clark, P. M., Murnen, S. K., & Smolak, L. (2010). Development and psychometric evaluation of a quantitative measure of “fat talk”. Body Image, 7, 1–7. de Beauvoir, S. (1949). Le Deuxième Sexe. Paris: éd. Gallimard. Di Nuovo, S. (1995). La meta-analisi. Fondamenti teorici e applicazioni nella ricerca psicologica. Roma: Borla. Dohnt, H.K. & Tiggemann, T. (2006). Body image concerns in young girls: The role of peers and media prior to adolescence. Journal of Youth and Adolescence, 35, 141–151. Franzoi, S.L. (1995). The body-as-object versus the body-as-process: Gender differences and gender considerations. Sex Roles, 33, 417-437. Fredrickson, B.L., & Roberts, T.A. (1997). Objectification theory: Toward understanding women’s lived experiences and mental health risks. Psychology of Women Quarterly, 21, 173–206. Fredrickson, B.L., Roberts, T.A., Noll, S. M., Quinn, D.M., & Twenge, J.M. (1998). That swimsuit becomes you: Sex differences in self-objectification, restrained eating, and math performance. Journal of Personality and Social Psychology, 75, 269-284. Gapinski, K.D., Brownell, K.D., & LaFrance, M. (2003). Pacilli Body objectification and ‘‘fat talk”: Effects of emotion, motivation and cognitive performance. Sex Roles, 48, 377–388. Glick, P., & Fiske, S.T. (1996). The Ambivalent Sexism Inventory: Differentiating hostile and benevolent sexism. Journal of Personality and Social Psychology, 70, 491–512. Glick, P., & Fiske, S.T. (2001). An ambivalent alliance: Hostile and benevolent sexism as complementary justifications for gender inequality. American Psychologist, 56, 109 –118. Grabe, S., Ward, M.L., & Hyde, J.S. (2008). The role of the media in body image concerns among women: A meta-analysis of experimental and correlational studies. Psychological Bulletin, 134, 460–476. Groesz, L. M., Levine, M. P., & Murnen, S. K. (2002). The effect of experimental presentation of thin media images on body satisfaction: A meta-analytic review. The International Journal of Eating Disorders, 31, 1–16. Gruenfeld, D.H., Inesi, M.E., Magee, J. C., & Galinsky, A.D. (2008). Power and the objectification of social targets. Journal of Personality and Social Psychology, 95, 111–127. Heflick, N.H. & Goldenberg, J.L. (2009). Objectifying Sarah Palin: Evidence that objectification causes women to be perceived as less competent and less fully human. Journal of Experimental Social Psychology, 45, 598–601. Heflick, N.A., Goldenberg, J.L., Cooper, D.P., & Puvia, E. (2011). From women to objects: Appearance focus, target gender, and perceptions of warmth, morality and competence. Journal of Experimental Social Psychology, 47,572-581. Lemma, A. (2010). Under the skin: A psychoanalytic study of body modification. London: Routledge. Loughnan, S., Haslam, N., Murnane, T., Vaes, J., Reynolds, C., & Suitner, C. (2010). Objectification leads to depersonalization: The denial of mind and moral concern to objectified others. European Journal of Social Psychology, 40, 709-717. Liss, M.J., Erchull, M.J. & Ramsey, L.R. (2011). Empowering or oppressing? Development and exploration of the enjoyment of sexualization scale. Personality and Social Psychology Bulletin, 37, 55–68. Martins, Y., Tiggemann, M., & Kirkbride, A. (2007). Those speedos become them the role of self-objectification in gay and heterosexual men’s body image. Personality and Social Psychology Bulletin, 33, 634647. Miner-Rubino, K., Twenge, J.M., & Fredrickson, B.L. (2002). Trait self-objectification in Women: Affective and personality correlates. Journal of Research in Personality, 36, 147–172. Moradi, B., & Huang, Y.P. (2008). Objectification and Oggettivazione e auto-oggettivazione sessuale psychology of women: A decade of advances and future directions. Psychology of Women Quarterly, 32, 377-398. Nazioni Unite-United Nations (1995). Harmful traditional practices affecting the health and women of children: Fact sheet No.23. Geneva, Switzerland: Author. Opotow, S. (1990). Moral exclusion and injustice: An introduction. Journal of Social Issues,46, 1-20. Pacilli, M.G. & Mucchi-Faina, A. (2010). Come mi vorrei: interiorizzazione di modelli mediatici e immagine di sé. In E. Camussi & N. Monacelli. (Eds.), Giornate di Studio su “Questioni sul corpo in psicologia sociale” Milano 7-8 maggio 2010 (pp. 32-38). Parma: Casa Editrice Universitaria Uninova. Paul, P. (2005). Pornified: How Pornography is transforming our lives, our relationships and our families. New York, NY: Times Books. Pratto, F. & Walker, A. (2004). The bases of gendered power. In A.H. Eagly, A.E. Beall, & R.J. Sternberg (Eds.), The psychology of gender (pp. 242-268). New York, NY: Guilford Press. Quinn, D. M., Kallen, R.W., & Cathey, C. (2006). Body on my mind: The lingering effect of state self-objectification. Sex Roles, 55, 869–874. Quinn, D. M., Kallen, R.W., Twenge, J. M., & Fredrickson, B. L. (2006). The disruptive effect of selfobjectification on performance. Psychology of Women Quarterly, 30, 59–64. Strelan, P., & Hargreaves, D. (2005). Women who objectify other women: The vicious circle of objectification? Sex Roles, 52, 707-712. Swami, V., Chamorro-Premuzic, T., Bridges, S., & Furnham, A. (2009). Acceptance of cosmetic surgery: Personality and individual difference predictors. Body Image, 6, 7-13. Tylka, T.L., & Augustus-Horvarth, C.L. (2011). Fighting self-objectification in prevention and intervention contexts. In R.M. Calogero, S. Tantleff-Dunn, & J.K. Thompson (Eds.), Self-objectification in women: Causes, consequences, and directions for research and practice (pp. 187-214). Washington, D.C.: American Psychological Association. Volpato, C. (2011). Deumanizzazione. Come si legittima la violenza. Roma-Bari: Editori Laterza. Want, S.C. (2009). Meta-analytic moderators of experimental exposure to media portrayals of women on female appearance satisfaction: Social comparisons as automatic processes. Body Image, 6, 257–269. 25 Maria Giuseppina Pacilli è ricercatore di psicologia sociale (SSD M-PSI 05), presso la Facoltà di Scienze Politiche, Università degli Studi di Perugia, docente di Psicologia sociale (Corso di laurea Triennale in Servizio Sociale) e di Psicologia sociale dei gruppi (Corso di laurea Magistrale in Sociologia e Politiche Sociali).