Lutto on-line - Associazione Maria Bianchi

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Lutto on-line - Associazione Maria Bianchi
Lutto on‐line. Pratiche di scrittura di sé attraverso la Rete come sostegno nelle situazioni d’aiuto Alessandra Micalizzi «La morte segreta può essere bella se non è abbandono. Per morire bene bisogna morire per qualcuno, ciò è difficile ma non impossibile. Morire per qualcuno significa consegnarsi a qualcuno, non lasciare un’eredità, ma potersi lasciare in eredità, essere accolti nella vita da altri e continuare a vivere in loro, nonostante la morte» (Natoli, 1998) 1. La disappropriazione dell’esperienza quotidiana della perdita Affrontare in maniera approfondita il tema della relazione tra uomo e morte nel nostro tempo richiederebbe molto spazio e il coinvolgimento di differenti discipline delle scienze umane. Per questo motivo, ai fini dell’introduzione del nostro studio preferiamo soffermarci su due importanti processi in corso nella Tarda Modernità (Giddens, 1991). Il primo riguarda la lenta espropriazione dell’esperienza della morte. Con questa espressione, un po’ complessa e per certi versi poco chiara, ci riferiamo alla tendenza da parte della società di oggi di espellere dal nostro quotidiano le prassi, i temi e i discorsi inerenti la morte, sia come caratteristica della nostra natura umana – inevitabilmente “finita” ‐ sia come esperienza vissuta attraverso la perdita di chi amiamo. Elias (1986) ‐ e con lui molti altri studiosi che hanno trattato il tema della morte da un punto di vista storico e sociale1 ‐ ha ben descritto i “segni” sociali della rimozione del pensiero della morte: la tendenza a medicalizzare il morente – per ridurre le occasioni di contatto diretto con l’esperienza della fine dell’esistenza; la perdita di fiducia sia nei confronti delle certezze scientifiche, che facevano sperare in un possibile raggiungimento della a‐mortalità terrena, sia delle credenze religiose, che un tempo costituivano risorse sociali e psicologiche di preparazione al momento della fine; strettamente connesso al punto precedente, la crisi dei riti collettivi e, più in generale, del concetto di comunità, a cui si deve una perdita del valore e del significato dei legami sociali e del relativo supporto che un tempo era possibile avere da essa; la focalizzazione su dimensioni individualistiche, spesso incentrate sull’estetica e il mito dell’eterna giovinezza, etc. Tutti questi cambiamenti, accanto allo svuotamento dello scambio simbolico di riti e di prassi sociali legati all’elaborazione del lutto (Baudrillard, 1992), sono intervenuti inevitabilmente sul rapporto tra uomo e morte e oggi l’individuo della tarda modernità si trova profondamente impreparato ad affrontare la fine della sua esistenza e la perdita di chi gli è caro. Il secondo aspetto che ci preme sottolineare riguarda il ruolo che i mezzi di comunicazione hanno progressivamente acquisito come mediatori di esperienza (Jedlowski, 2000). Solo per fare alcuni esempi citiamo Aries P. (1987), storia della morte in occidente: dal medioevo ai giorni nostri, Rizzoli, Milano; Vovelle M.(2000), La morte e l’Occidente : dal 1300 ai giorni nostri , GLF Editori Laterza, Bari. 1
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Questo processo di mediatizzazione2, riguarda tanto la fruizione dei media elettronici di vecchia generazione, quanto e soprattutto l’ingresso e la sempre maggiore “presenza” dei media digitali con particolare riferimento alla Rete. Nel caso specifico della morte, al “silenzio” del proprio intorno sociale corrisponde spesso una plateizzazione oscena (Mantegazza, 2005) e pornografica (Gorer, 1965) di storie, fatti e vicende concernenti questo tema attraverso mezzi come il cinema, la televisione e la stampa. Ciò se, da un certo punto di vista, può contribuire a reintrodurre la morte all’interno del quotidiano, dall’altro, favorisce un processo di astrazione e di estraniamento rispetto alla percezione della propria natura finita, dipingendola coma qualcosa di finzionale ed esterno. La Rete costituisce un’eccezione nell’ambito del contesto mediale, non solo perché Internet può essere considerato un iper‐meta‐medium ‐ dunque un mezzo che include al suo interno tutti gli altri – , ma anche e soprattutto per il tipo di pratiche che si sono sviluppate attorno ad esso e hanno contribuito alla sua “metabolizzazione” come parte integrante e invisibile del quotidiano. Ci riferiamo, in special modo, al fatto che oggi molte delle attività relazionali e interattive che si basavano sul contatto diretto con gli altri – si pensi agli acquisti, alle relazioni amicali e amorose, alla scelta di un libro, alla condivisione di un’opinione – possono essere “mediatizzate” attraverso la Rete secondo pratiche di scambio che si stanno lentamente costituendo e assestando come parte della nostra quotidianità. Da questo doppio processo, che vede, da un lato, l’espulsione della morte e, dall’altro, l’introduzione di un nuovo medium che propone nuove modalità di contatto e interazione, si origina l’idea di uno studio volto ad indagare se e in che modo Internet possa oggi rappresentare un nuovo contesto per lo scambio simbolico dell’esperienza della morte e per la messa in atto di processi di elaborazione del lutto. Il frame teorico di cui ci siamo avvalsi, sia per la parte metodologica che per l’analisi dei risultati, è quello narrativo, che abbraccia un ventaglio di discipline – che vanno dalla sociologia, alla psicologia , alle scienze del linguaggio – e che si basa essenzialmente sul presupposto che la caratteristica pregnante della specie umana è la sua capacità narrativa, non solo come abilità di messa in discorso e competenza comunicava ma anche e soprattutto come processo cognitivo di comprensione e di organizzazione della conoscenza e dell’esperienza3. Anche il vissuto doloroso della perdita di una persona cara, per essere socializzato, condiviso o semplicemente metabolizzato, necessita di essere “tradotto” in una storia, in un racconto. Come vedremo tra breve nell’ambito della presentazione del nostro studio, tutto il materiale a nostra disposizione è costituito da racconti di vita che, come storie intenzionalmente offerte alla nostra attenzione o semplicemente condivise attraverso la rete, costituiscono il centro della nostra osservazione e la vera risorsa di questo breve contributo. Fra gli altri, Thompson (1998); Jedlowski (2000); Di Fraia (2007); La Cecla (2007) Anche in questo caso per motivi di spazio siamo costretti a rimandare ad altre letture fra cui citiamo: Bruner (2002); Di Fraia (2004) Fisher (1989), Smorti (1997) etc. 2
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2. Una ricerca empirica: il lutto “condiviso” attraverso la Rete Il presente lavoro prende le mosse da una ricerca empirica più ampia, che ha come obiettivo quello di indagare le forme e i modi della socializzazione della morte attraverso la Rete. L’ipotesi di partenza è che Internet, possa essere considerato un iper‐meta‐medium narrativo (De Carli, 1997), in grado di offrire un nuovo contesto per la circolazione e la costruzione di simboli e contenuti – psicologici, sociali e antropologici ‐ intorno all’esperienza della morte, intesa sia come pensiero riferito alla fine della propria esistenza, che come momento esperito attraverso la perdita di chi ci è caro. La nostra attenzione, in questo caso, si focalizzerà sulla presentazione dei risultati relativi ad un particolare aspetto, ovvero il ruolo di Internet nell’ambito della relazione d’aiuto in caso di lutto. La ricerca si compone di due momenti, il primo di carattere esplorativo, il secondo di approfondimento degli aspetti emergenti dalla prima fase. Dovendo soffermarci esclusivamente sul lutto, descriveremo i risultati relativi a: 1. una prima fase desk di analisi di cinque forum4 e di nove blog personali dedicati all’elaborazione della perdita di una persona cara; 2. una seconda fase field , basata sulla conduzione di interviste narrative via e‐mail. Lo studio intendeva rispondere essenzialmente a tre obiettivi conoscitivi: 1. ricostruire le motivazioni che inducono i net‐user a scegliere e utilizzare questo particolare medium come canale per la socializzazione del proprio vissuto; 2. individuare le pratiche d’uso della Rete e dunque i comportamenti messi in essere attraverso il web, le modalità di interazione e di scambio di contenuti, la natura e le caratteristiche delle relazioni sociali che si generano nell’ambito dei diversi contesti; 3. stabilire le funzioni che Internet, attraverso specifici ambienti, assolve per i suoi fruitori, con particolare riferimento al valore e al significato, se ci è consentito dire, biografico del medium rispetto al proprio vissuto. La fase di rilevazione desk ha previsto l’impiego di una scheda di analisi allo scopo di cogliere gli aspetti narrativi dei post presenti nei differenti ambienti. Il focus dell’analisi era, dunque, quello di indagare il referente della narrazione, il soggetto e l’oggetto del racconto proposto all’interno dello spazio virtuale5. Attraverso la fase desk erano stati individuati complessivamente 10 ambienti. Di questi solamente cinque ci hanno autorizzato alla conduzione delle interviste: www.alfemminile.com, www.gruppoeventi.it entrambe comunità dedicate al lutto, www.sullealidiunangelo.it, www.ciaolapo.it, www.genitoridiunastella.it (ambienti di discussione sul lutto perinatale). Tali ambienti presentano caratteristiche differenti che in qualche modo occorre tenere presenti all’atto dell’interpretazione dei risultati. Il forum del sito al femminile, a differenza di tutti gli altri non ha il moderatore. Il forum del gruppo eventi ha un accesso molto vincolato che passa attraverso i responsabili dell’associazione. 5 Dato che il tema generale della ricerca riguardava la morte con un focus specifico sugli aspetti relativi al ricordo e all’elaborazione del lutto, l’uso della scheda di rilevazione ci ha permesso di classificare i differenti ambienti sulla base delle caratteristiche narrative dei post presenti in essi. Ma visto che non abbiamo modo– per motivi di spazio e di tempo – di soffermarci su un’analisi comparativa preferiamo focalizzare l’attenzione su quelle dimensioni che vengono riprese anche dalla traccia dell’intervista e che sono perfettamente aderenti agli obiettivi conoscitivi proposti nell’articolo. Nell’ambito della descrizione dei risultati non verrà fatta alcuna distinzione tra i dati relativi all’uno o all’altro momento della ricerca, fermo restando che l’analisi parte essenzialmente dal materiale relativo alla fase field e i risultati della fase desk vengono utilizzati esclusivamente a supporto o conferma di quanto rilevato dalle interviste. 4
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Attraverso l’analisi desk è stato possibile anche rilevare alcuni aspetti concernenti le dinamiche relazionali, i ruoli e le modalità di uso di questi spazi che poi hanno trovato conferma attraverso la fase field. Quest’ultima, come anticipato, era basata sulla somministrazione via mail di un’intervista in profondità che presentava una traccia narrativa composta da tre stimoli, ognuno preposto a toccare una tematica particolare, in un percorso narrativo che procedeva da “fuori” a “dentro” la Rete. Il primo stimolo si proponeva di raccogliere – o forse è meglio dire accogliere ‐ il racconto di vita6 dell’intervistato inerente la particolare esperienza che lo aveva indotto a utilizzare il web. La recit de vie raccontata dal nostro interlocutore digitale sulla base della traccia, ci ha permesso di capire così sia le motivazioni che lo avevano portato a scegliere la Rete come contesto di relazione, interazione, o semplice scrittura sulla propria esperienza di dolore, che le aspettative che precedevano l’effettiva pratica d’uso di quel particolare ambiente. Sul piano narrativo, invece, attraverso questo primo stimolo è stato possibile individuare la “svolta”7 nella storia di vita dell’intervistato che aveva determinato il ricorso al web, ed anche le altre figure, ovvero gli attori coinvolti nella condivisione di questa particolare esperienza e il loro ruolo rispetto allo svolgersi della storia del soggetto intervistato. La seconda parte dell’intervista riguardava invece le pratiche d’uso del particolare ambiente fruito dal rispondente. In questo caso, oggetto dell’interrogazione erano: la gestione del tempo e le attività svolte ‐ ovvero il tipo di azioni attraverso cui si concretizzava l’interazione con quel particolare ambiente. Dal punto di vista narrativo, il secondo stimolo cercava di cogliere le dinamiche relazionali che si potevano innescare con l’ambiente ma soprattutto con gli altri frequentatori dello stesso spazio. Infine, l’ultima parte dell’intervista era dedicata agli aspetti precipui di Internet che il soggetto aveva potuto esperire direttamente facendo uso del virtuale come supporto elaborativo del lutto. L’obiettivo di quest’ultimo stimolo era proprio quello di indurre il soggetto a fare un bilancio della sua esperienza sforzandosi di attribuire un valore, una funzione alla Rete nell’ambito della suo percorso relativo all’incontro con la morte. Complessivamente sono state condotte 41 interviste di cui: quindici rivolte a soggetti iscritti in comunità di auto mutuo aiuto dedicate all’elaborazione del lutto; quindici con persone iscritte a forum sulla morte perinatale8; due ad amministratori di siti e portali non provvisti al momento di uno spazio interattivo di discussione sui temi legati al lutto, ma comunque dedicati al sostegno delle persone che vivono la perdita di una persona cara; Rimandiamo a Bertaux (1998). Rimandiamo a Jedlowski (2000) per un approfondimento sul concetto di punto di svolta. 8
La precisazione ci è parsa doverosa perché nel nostro contesto sociale, il lutto perinatale è considerato tecnicamente un lutto delegittimato
(Campione, 1996 et altri) pur avendo in termini psicologici lo stesso peso emotivo (Ravaldi, 2006) di un lutto, se vogliamo usare un termine
improprio, tradizionale. Il senso di distacco dal contesto reale è percepito in maniera molto più forte e drammatica rispetto al caso dei dolenti per la
perdita di un figlio più grande o di un altro parente. Questo fa sì che anche l’uso della Rete acquisisca dei tratti più caratterizzanti che vedremo meglio
nelle pagine che seguono.
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nove interviste con blogger che possiedono uno spazio virtuale pubblico dedicato al loro personale percorso di elaborazione del lutto. Considerato il fatto che ci troviamo di fronte a una realtà particolarmente mutevole, soprattutto per ciò che concerne l’aggiornamento del contenuto, è opportuno precisare che la fase di analisi desk è stata condotta nel corso dei primi mesi del 2007. Il momento field, di rilevazione tramite interviste, è avvenuto nei momenti immediatamente successivi. Il reperimento dei soggetti è stato possibile, nella maggior parte dei casi grazie all’intermediazione dei moderatori di questi particolari ambienti di interazione, che si sono fatti promotori della ricerca e soprattutto della fase empirica, indicando gli estremi per segnalare la propria disponibilità. Questa “presenza”, necessaria e doverosa considerato il particolare argomento affrontato, ha costituito per certi versi un limite poiché è stato vincolante per il reperimento dei soggetti, ma al contempo un vantaggio nella costituzione di una relazione di fiducia tra intervistatore e intervistato, che ha facilitato l’apertura del soggetto e ha contribuito a rendere particolarmente ricco, in termini di contenuto e di impatto emotivo, il materiale a nostra disposizione. Il reperimento dei soggetti che possedevano un blog su questo argomento è avvenuto grazie al diario digitale della nostra ricerca9, in cui lettori sporadici o direttamente gli stessi soggetti, ci hanno segnalato i link ai blog e le disponibilità dei loro autori. 3. Blog e comunità: le funzioni della Rete nel lutto Non è possibile restituire un quadro completo degli aspetti socio‐demografici del nostro campione poiché la raccolta delle informazioni è stata abbastanza frammentaria per motivazioni che è ovvio ipotizzare – primo fra tutte il desiderio di proteggere il proprio anonimato considerato il tema e il contesto della relazione (la Rete). Ciò nonostante, prima di addentrarci nella presentazione dei risultati, desideriamo riflettere su alcune caratteristiche che ci sembrano particolarmente significative. Per entrambi i gruppi – sia per le comunità che per i blog – si tratta di soggetti con un livello di istruzione medio alta e per la quasi totalità – vi sono solo due eccezioni – il campione è composto da donne10. L’età media è abbastanza bassa (circa 35 anni), con una maggiore distribuzione di soggetti adulti per il gruppo on‐line relativo al lutto legittimato e una percentuale di donne più giovani nel caso del forum sul lutto perinatale. Se la percentuale di soggetti giovani e con un elevato livello di istruzione sembra rispecchiare le caratteristiche tipiche del popolo della Rete, la concentrazione così elevata di figure femminili nella pratica di scrittura di sé on‐line a nostro avviso corrisponde a una propensione delle donne, a lungo studiata e messa in evidenza anche culturalmente, di ricorrere a percorsi introspettivi che intercettano la pratica narrativa (Cavarero, 1997). 9
www.ricercathanatosinrete.splinder.com Per questo motivo nel corso della trattazione utilizzeremo indifferentemente il maschile o il femminile per riferirci al nostro campione. 10
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Elementi discriminanti fra i due gruppi di intervistati sono il tempo trascorso in Rete e il rapporto con gli altri servizi e ambienti offerti da Internet. Per quel che riguarda la fruizione del proprio spazio digitale, nel caso dei forum sul lutto, in generale gli utenti trascorrono in Rete molto tempo e si tratta in prevalenza di un tempo “ritagliato” da altre attività del quotidiano. Questo fa sì che la partecipazione dei soggetti alla vita comunitaria sia molto attiva o per lo meno “aggiornata” costantemente rispetto agli accadimenti interni al forum: nuovi ingressi, messaggi, interventi specifici etc. Nel caso del blog – lo vedremo meglio più avanti – è un tempo invece molto focalizzato. L’autore vi si dedica in precisi momenti della giornata per scrivere di sé e cerca di trovare lo spazio per “isolarsi” dal suo quotidiano e dedicarsi alla pratica della scrittura. Riguardo all’uso di altri servizi, se gli iscritti al forum sono in prevalenza mono‐mediali, ricorrendo ad altri canali di comunicazione solo in un secondo momento – per approfondire le relazioni già intessute all’interno della comunità ‐ , i blogger tendono ad essere multi‐mediali, nel senso che utilizzano o hanno utilizzato altri spazi – come ad esempio forum, chat, o instant messaging – per affrontare la loro particolare condizione di dolore. Date queste brevi caratteristiche di profilazione del nostro campione, ci addentriamo nel merito dei risultati. Nel corso della relazione, cercheremo di riflettere in un primo momento sulle motivazioni e le aspettative connesse all’uso della Rete, cercando di cogliere i punti in comune dell’esperienza nei forum e nei blog. Successivamente procederemo con l’indagare le pratiche d’uso e le dinamiche relazionali che a nostro avviso costituiscono gli elementi di maggiore diversità tra i due tipi di ambiente. Le ragioni che spingono a cercare in rete una forma di sostegno per il dolore vissuto a causa della perdita, sono essenzialmente legate alla cesura che si crea con il proprio intorno sociale. Sia le intervistate che partecipano ai forum sia coloro che tengono un blog dichiarano di vivere una sorta di isolamento dal contesto esterno. «Non riuscivo a parlarne con nessuno perché venivo assalita da una caterba di banalità, un fiume in piena di luoghi comuni che mi facevano più male che bene e così, dopo essermi chiusa al mondo ʺfisicoʺ ho deciso di cercare altrove conforto o anche un semplice confronto». (Accabubu) Isolamento, per determinati versi, causato da una “distanza” dei piani emotivi tra il dolente e le persone che gli stanno accanto e, per altri versi, desiderato, cercato, per il bisogno di “vivere” profondamente il proprio dolore. Il distacco dalla persona amata genera, infatti, una separazione dalla propria quotidianità tanto da non riconoscersi più come parte di essa. «ti senti catapultata in un mondo parallelo, il mondo in cui hai vissuto fino ad allora non ti appartiene più, non ti ci riconosci più e hai bisogno di sapere che non sei sola in questo nuovo mondo, che cʹè vita! io avevo bisogno di sapere che sarei sopravvissuta, anzi di più, che sarei tornata a vivere» (Lucia) 6
Lacerazione, isolamento e incomprensione sono dunque le ragioni che inducono a entrare in rete alla ricerca di un “luogo” dove potere “ricontestualizzare” se stessi e il proprio vissuto. Ciò di cui si è alla ricerca, infatti, può essere sintetizzato nei seguenti tre punti: 1. la possibilità di potere esprimere il proprio dolore; 2. la necessità di condividere gli stati d’animo e soprattutto la propria condizione di dolente; 3. il profondo bisogno di sostegno emotivo. Il motivo principale che determina l’ingresso nella comunità on‐line è innanzitutto il bisogno di tirare fuori il peso psico‐affettivo generato dalla condizione luttuosa. Con il termine “esprimere” ci riferiamo alla pratica definita da Di Fraia (2007), dell’“esporsi” attraverso la scrittura in rete, ovvero «il raccontarsi aprendosi agli altri per condividere le proprie storie e i risultati di un pensiero che prende se stesso a oggetto del proprio riflettere» (p. 108). È ovvio che nel caso del racconto degli stati d’animo a seguito di una scomparsa importante nella propria vita, al centro del racconto vi è l’emozione, il dolore della perdita subita: «Sentivo la necessità di parlare di lei. Avevo bisogno di pronunciare il suo nome, raccontare quanto era bella, quanto lʹamavo e quanto mi manca. Per questi motivi sono venuta al forum. Partecipavo perchè qui potevo piangere, urlare o fare quello che volevo...la » (Yvette) È un racconto che vede la necessità della presenza dell’altro poco marcata poiché l’obiettivo è riuscire a tirare fuori, trovare un’altra collocazione a sentimenti ingombranti: « Così, un po’ per far esondare quello che sentivo dentro di me e un po’ perché volevo a modo mio parlare di M. per farlo conoscere ad altri, ho incominciato a scrivere ogni giorno un pensiero o qualche cosa che volevo dire a M. Ne è uscito una sorta di monologo in cui io parlavo, giorno dopo giorno con lui. Non mi sono mai aspettata una risposta da altri frequentatori del sito, quello era un po’ il mio spazio personale, l’angolo dove rivelare le mie idee, il mio dolore, i miei sentimenti. » (Daniela) La scrittura – e ciò ha un ruolo più importante e consapevole nel caso dei blog – costituisce uno strumento fondamentale per oggettivare le proprie sensazioni, per separarle da sé e trovare uno spazio che possa accoglierle e custodirle. La scrittura diviene anche il modo per rimettere ordine nel proprio caos emotivo – come suggerisce Olagnero (2005) – anche se il beneficio della scrittura viene colto in un tempo successivo all’istintivo bisogno di tirare fuori i propri stati d’animo. Lo spazio del racconto di sé però non è privato, è pubblico o per lo meno – nel caso dei forum ad accesso vincolato – condiviso con altre persone. Nel caso specifico delle comunità, l’altro però non è un soggetto “esterno” alla situazione di dolore, poiché all’interno del gruppo si interagisce con persone che hanno vissuto o vivono ancora la stessa esperienza drammatica. L’estraneo diventa in questo modo molto più intimo di qualunque altra persona più vicina nel mondo fisico, reale, esterno al gruppo on‐line. La ricerca in rete è guidata da questo bisogno di trovare comprensione, ascolto, confronto, per “rompere” quella condizione di unicità, di cui ci si sente prigionieri. 7
Se nel caso dei forum l’altro è rappresentato dal compagno di viaggio, da colui che è “portatore” della stessa esperienza di vita, per i blogger il proprio auditorium non ha una funzione così centrale. Anzi la sua “presenza” è quasi una sorpresa, una visita di conforto, inaspettata ma gradita. Il compito che viene riconosciuto all’altro, semmai, è quello di farsi testimone del racconto che, con dolore, si è concretizzato nelle pagine del blog. Accanto al bisogno se vogliamo più egoistico di esternare le emozioni e alla necessità di condividerle per non sentirsi soli, vi è unʹaltra esigenza che prende forma e che guida la scelta di questo particolare spazio in rete: il bisogno di conforto. In questo caso si è alla ricerca di qualcuno, chi “accoglie” il grido di dolore, in grado di offrire non solo ascolto, ma anche le attenzioni che vengono a mancare da parte del proprio intorno sociale. Attraverso l’individuazione delle motivazioni che inducono a cercare in Rete e dei bisogni espressi dagli intervistati, abbiamo cercato di ricostruire le funzioni che questi ambienti assolvono per i loro utilizzatori (vedi graf.1). Graf.1 1Le funzioni della Rete f. contenitiva f. terapeutica
f. di condivisione
f. mnestica uso privato uso pubblico
Ipotizzando un continuum che va da un uso privato a un uso pubblico della Internet, abbiamo individuato complessivamente quattro distinte funzioni riconosciute a questi particolari tipi di spazio, da parte dei nostri intervistati. La funzione contenitiva è relativa al bisogno di isolamento e di delimitazione di un proprio spazio del dolore. Le teorie psicologiche relative all’elaborazione del lutto (Kaplan, 1996), sottolineano proprio come il superamento, o meglio l’accettazione, della propria condizione di dolente avvenga solo a seguito della costituzione di un proprio spazio deputato ad accogliere emozioni e sofferenza, al fine di ri‐contestualizzare sia la persona amata che il rapporto che si aveva con quest’ultima. « Il forum era la mia valvola di sfogo che mi permetteva di affrontare il mio lutto. In questo anno ho imparato che il dolore va affrontato, il lutto va vissuto per poter poi cercare di superarlo, ma le persone che circondano chi ha vissuto un lutto spesso non sono in grado di aiutarlo in questo processo.» (Laura) Nel caso specifico della Rete, ciò avviene in un contesto esterno che però, per la profondità dei legami che vi si instaurano, per la possibilità di personalizzazione – in termini di fruizione, aspetti grafici, contenuti etc ‐ e per il livello di “protezione” che garantisce, viene percepito come uno spazio intimo, personale, quasi come un prolungamento della persona stessa: « nonostante i limiti rispetto ad una relazione , un incontro fisico, quel computer sembra possa essere il mezzo per ʺprolungarsiʺ e trasferirsi in un luogo che è fatto un poʹ dal mondo interiore di chi scrive e un poʹ da quello che tutti gli altri apportano» (Marida) 8
Accanto alla funzione contenitiva vi è quella terapeutica, entrambe ascrivibili all’interno di un uso più privato della rete. Gli intervistati sottolineano il “Potere” terapeutico della scrittura, soprattutto in una situazione che richiede un sostegno psicoaffettivo e rieducativo alla vita: « Non ho trovato subito risposte, ma il solo fatto di scrivere a loro ciò che stavo sentendo mi ha permesso di risollevarmi, di non ripassare una giornata a letto, ma di sfogarmi e quindi di rialzare la testa e riorganizzarmi.. anche se solo per 2 ore..» (Patrizia) «Prima di approdare al forum ho scritto circa 4 o 5 volte la mia storia, quello che è capitato alla mia bambina, ma ogni volta questi miei scritti rimanevano fermi nella cartella ʺBozzeʺ del mio outlook. In realtà allʹinizio mi faceva anche solo bene scrivere e rileggere il tutto...» (Marcella) Riteniamo che vi sia una naturale scoperta di questa funzione assolta dalla scrittura soprattutto da parte di chi si trova a un buon punto del suo processo elaborativo ed è già in grado di guardarsi indietro e apprezzare i passi fatti nel corso dei mesi o degli anni. Spesso l’uso di questi spazi virtuali è considerato la «medicina quotidiana», la propria auto‐terapia paragonabile alla «seduta da uno psicanalista». Il vantaggio di questo percorso è che però non ci si sente medicalizzati: «Vedi Ale, uno psicologo non ho nemmeno pensato. Uno psicologo sa del dolore perchè ha studiato dai libri. Ma non sono sicura che mi potrebbe capire fino in fondo, e non so se ci metterebbe il cuore a farmi stare meglio...visto che è il suo lavoro e lʹaiuto mi da per il denaro. Leggendo le ragazze ho capito che in questo forum cʹè tanta sofferenza ma anche tanto amore. E io avevo bisogno di questo. Poter piangere ed essere capita, avevo bisogno di loro, del loro affetto e del loro aiuto psicologico.» (Yvette) Ancora, l’acquisizione della consapevolezza dei benefici della scrittura autobiografica, condivisa in rete, è ulteriormente messo in evidenza da tutte quelle verbalizzazioni, numerose, che descrivono questi ambienti come la propria «ancora di salvezza», «una manna dal cielo», «un paracadute». La possibilità di avere un appuntamento quotidiano, la “presenza”, anche silenziosa degli altri, dà ulteriormente valore al «percorso» psicoeducativo, come lo definisce una nostra intervistata, attraverso la scrittura di sé in rete. Ed è infatti la pratica stessa ad essere posta al centro delle immagini inerenti il processo di “soluzione” del proprio lutto: scrivere è considerata un’attività “salutare” della propria giornata, un «momento benefico», il proprio «salvavita».: « la sua funzione di ʺsalvarmiʺ lʹaveva avuta, molte volte in quel periodo estivo non uscivo in poggiolo, perché quando lo facevo guardavo giù (sto in 6° piano) e mi domandavo se cʹera ʺun modo sicuroʺ di raggiungere mio figlio, fortunatamente il mio pragmatismo non mi ha fatto trovare la risposta, ed il blog mi ha fatto da valvola di sfogo proprio come una pentola a pressione che urla e sembra esplodere ma che poi fischia e la sua potenza un poʹ alla volta si scarica. » (PQ) 9
Il potere racchiuso in un piccolo gesto quotidiano è reso molto bene dalle parole di chi ha definito il blog «una piccola goccia d’acqua», non sufficiente, ma vitale e benefica come solo la scrittura di sé può esserlo. La terza funzione che viene riconosciuta dai nostri intervistati al proprio spazio in rete – sia esso il, forum o il proprio blog personale – è quella di condivisione. L’atto della pubblicazione di un post, in cui sono racchiusi i propri racconti personali, le emozioni, i vissuti che si cerca di elaborare, costituisce un’azione importante tanto per gli autori del blog quanto per chi partecipa alle comunità on‐line. Nel primo caso pubblicare rappresenta un donare la propria storia allo sguardo del lettore che, indipendentemente da ciò che dirà – come sottolineavamo prima – si fa testimone della storia di vita dell’autore del blog e della persona cara che viene ricordata. Nel caso dei forum la pubblicazione è un condividere una vicenda personale che ha molto in comune con le numerose storie custodite nel gruppo on‐line11. Pubblicare significa condividere con chi può capire a pieno le emozioni e i dolori contenuti nella propria storia. «leggendo le parole di altre mamme di altri papà... mi sembrava di leggere quello che io non avevo ancora avuto il coraggio di scrivere. E allora mi sono resa conto che altri portavano la mia stessa croce.» (Marcella) Infine, l’ultima funzione che riguarda un uso più pubblico dello spazio in Rete è rappresentata da quella mnestica o commemorativa. La ritroviamo in entrambi gli ambienti ma assume dei tratti più marcati nel caso dei blog: « Fin da l’inizio io ho scritto di, subito ho sentito una voglia e un bisogno irrefrenabile di raccontare la mia storia, come per far conoscere quel bambino che mai nessuno potrà conoscere direttamente se non attraverso di me, cosa che mi avrebbe fatto piacere fare anche al di fuori del web, ma la gente non ne vuole parlare, mai, e a noi mamme fa tanto male vuol dire proprio che quei bambini non sono mai esistiti, invece nel forum questo non succede, parliamo dei nostri cuccioli liberamente» (Amanda) « il mio bambino è morto piccolo; la sua bellezza era stata conosciuta solo dalle persone vicine a noi, non mi sembrava giusto, volevo poter dire anche a chi non lo aveva mai visto che lui era esistito, quello che lui era state per me e io per lui. Eʹ vero che non è questo che conta, che le cose importanti sono quelle che IO porto dentro, ma volevo ugualmente condividere con altri quello che lui aveva significato per me.(…)» (Papà qualsiasi) A differenza di altri media, la Rete costituisce un’interessante risorsa personale per l’archiviazione dei contenuti in cui il contributo del singolo può essere custodito al pari delle informazioni e dei messaggi prodotti dalle grandi organizzazioni mediali. Il ricordo diviene archiviabile, reperibile e condivisibile per tutti coloro che possiedono esattamente il percorso per raggiungerlo – l’URL – ma anche per chi, nel corso di una ricerca casuale, si imbatte nelle memorie, nei racconti di persone che oggi non sono più fra noi ma che, tramite il desiderio di altri, sono divenuti immortali. Come ci ricorda Natoli (1998) infatti: È in questo ambito che riscontriamo la prossimità con il concetto di esperienza nelle accezioni proposte da Benjamin (1962) e riprese successivamente da Jedlowski (2000). Perché ci si possa appropriare di un vissuto e tradurlo in esperienza occorre che venga elaborato – processo alla base del superamento del lutto – e metabolizzato. Traccia del processo di elaborazione à la messa in comunione attraverso il racconto: «il vissuto sedimentato, accolto e appropriato, digerito in qualche modo e con ciò accettato e compreso dal soggetto come una parte della sia biografia» (Benjamin, 1962, p. 345) 11
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«La morte segreta può essere bella se non è abbandono. Per morire bene bisogna morire per qualcuno, ciò è difficile ma non impossibile. Morire per qualcuno significa consegnarsi a qualcuno, non lasciare un’eredità, ma potersi lasciare in eredità, essere accolti nella vita da altri e continuare a vivere in loro, nonostante la morte» (p. 156) 3.1 Le comunità on‐line: fasi e pratiche d’uso Riguardo alle pratiche d’uso si possono distinguere diverse modalità di partecipazione, che inevitabilmente determinano poi anche il ruolo svolto da ciascun partecipante rispetto alle dinamiche del gruppo. Sia dalle parole delle utenti che da quella degli osservatori privilegiati – moderatori o responsabili delle comunità on‐
line – è stato possibile individuare diverse fasi nell’approccio al forum12: 1. la fase di ambientazione; 2. la fase di presentazione; 3. la fase di partecipazione; 4. la fase della responsabilizzazione; 5. l’uscita dal gruppo. Parlare degli step relativi all’uso del gruppo on‐line ci permette di introdurre alcuni aspetti interessanti sulle dinamiche relazionali che abbiamo a loro volta suddiviso in quattro differenti tipologie: l’identificazione, l’accoglienza, la costituzione di legami e l’assistenza (vedi tab.1) Cercheremo di descrivere nel dettaglio ciascuna di esse all’interno delle fasi delle pratiche di partecipazione al gruppo on‐line. Dopo avere individuato lo spazio digitale del forum, in genere si procede a una prima fase di lettura del contenuto dei vari post, alla ricerca di una qualche forma di riconoscimento della propria storia nelle parole degli altri partecipanti. La scorsa delle diverse sezioni e la lettura dei relativi contenuti è spesso un momento particolarmente doloroso per le intervistate: « ho iniziato a leggere ed è stato triste perchè il senso di compassione, nel senso latino, lʹho sentito immediatamente; come stessi rivivendo io quello strazio allo stesso tempo, però, mi sono sentita subito meno sola e ho realizzato che la mia esperienza non è lʹunica e che le reazioni e I sentimenti erano comuni a tante altre mamme...ho iniziato a risentirmi mamma, ho riconosciuto me in altre donne speciali..» (Clelia) Ma è anche il momento più importante perché da esso dipenderà il successivo ingresso nel forum. La proiezione di se stesse nella storia delle altre utenti consente a ciascuno di loro di rompere la condizione di unicità e di solitudine in cui hanno creduto di vivere, soprattutto a seguito della chiusura rispetto al mondo esterno. «questo mi ha spinto a scrivere: la sicurezza di essere compresa fino in fondo. Poi piano piano, scrivendo, mi sono sentita meglio, più leggera, il mio peso nel cuore ha iniziato ad essere meno straziante ed ho iniziato a fare progressi anche nei miei rapporti col mondo ʺrealeʺ.» (Clelia) Ci teniamo a precisare che quella che proponiamo è una lettura interpretativa che, come in tutti i tentativi di schematizzazione di un fenomeno, rischia di essere rigida e di forzare un po’ ciò che è riscontrabile nella realtà, certamente più complessa e articolata. 12
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A questo proposito, ci sembra particolarmente esplicita una metafora utilizzata da una rispondente che ha definito il forum come uno «specchio», il luogo in cui vedersi riflessi attraverso le storie delle altre persone. Questo momento di riconoscimento e identificazione è particolarmente presente nelle donne che partecipano ai forum sul lutto perinatale, proprio perché le loro storie sono accomunate spesso dallo stesso tragico inizio. Ma questo stesso meccanismo si innesca nei confronti della stessa tipologia di lutto là dove il contesto di interazione è più eterogeneo, come nel caso del Gruppo Eventi e del forum al femminile: « avevo letto il suo post. Le era morto il padre da poco e lei si era voluta sposare in casa così il padre malato avrebbe potuto esserle vicino. Mi hanno colpito molto le sue parole. IO mi sono sposata dopo appena 4 mesi dalla morte di mio padre che è stata improvvisa e ci ha colti tutti impreparati, quindi mi sono sentita di scriverle una parola di conforto.» (Sandra) La lettura delle altre storie permette comunque di potersi sfogare attraverso un pianto liberatore che rompe le barriere del silenzio, del contenimento devastante di un dolore insopportabile: «dopo la scomparsa di mio papà però sono andata sul quel forum ed il primo impatto è stato tremendo. Ho cominciato a piangere come una ragazzina identificandomi in quei dolori così vicini al mio. Inizialmente credevo di essere unʹautolesionista ma in realtà sono riuscita a far uscire quelle lacrime così faticosamente trattenute di fronte alla mia famiglia. » (Erika) I tempi di questa fase sono molto variabili. Nel caso del nostro campione di intervistate abbiamo notato che è molto influenzato dalla fase del lutto in cui si trova il soggetto. In modo particolare, se il momento di ricerca del forum coincide con le prime fasi del lutto si tende a prolungare la fase di ambientazione. Occorre però sottolineare, anche in questo caso, che hanno un ruolo determinante le caratteristiche caratteriali proprie di ciascun soggetto. Dall’analisi del materiale emerge che questo momento è più lungo nel caso del forum sul lutto perinatale, dove l’assenza di un sostegno al di fuori della Rete spinge immediatamente alla ricerca di una soluzione alternativa nel web, determinando un approdo al forum da parte dei soggetti nei primi momenti successivi alla perdita. Le nostre intervistate hanno infatti dichiarato di avere cercato in Rete nei giorni immediatamente successivi al lutto – per lo meno nella stragrande maggioranza dei casi con un tempo medio che va dalla seconda settimana ai due mesi. Al contrario, i partecipanti al Gruppo Eventi – spazio di discussione sul lutto legittimato ‐, spesso hanno alle spalle percorsi di sostegno iniziati fuori dalla Rete. Infine, vi e’ il caso degli iscritti al forum Al femminile che hanno dichiarato di avere ricercato, prima ancora della perdita del familiare, un sostegno in Rete di preparazione al distacco effettivo. È il caso del cosiddetto lutto anticipato (Campione, 1996) che, come dimostrano le parole delle rispondenti, potrebbe trovare una suo percorso preparatorio anche all’interno di appositi spazi digitali. Il momento successivo consiste in genere nella presentazione della propria storia. Alcuni di questi forum ‐ ci riferiamo a quelli relativi al lutto perinatale – prevedono proprio dei tread specifici per raccogliere, come in un album dei ricordi, le storie di tutte le mamme che sono passate di lì. Parlare di sé è il primo momento di 12
vera partecipazione al gruppo, di esposizione di se stessi. Ed è a partire da questa fase che subentra la vera attività terapeutica della scrittura: « inizialmente non mi sono iscritta, passavo ore intere a leggere cosa scrivevano le altre, ma non riuscivo a fare il mio coming out! Forse perchè farlo significava dire a me stessa ʺè tutto vero, è davvero successo e non si può più tornare indietro. anche io ora sono una mamma speciale e Alice non tornerà più da meʺ. Alice è morta il 2 dicembre e io mi sono iscritta al forum il 9 gennaio se non sbaglio. era ora di affrontare tutto, ma soprattutto di farmi abbracciare da altre mamme magnifiche.» (Lucia) Parlare di sé costituisce anche una manifestazione di profonda fiducia nei confronti del gruppo. Un modo per dichiarare il proprio “sentirsi parte” della comunità, essendone effettivamente membro attraverso il deposito della propria storia. L’intimità di quel dolore e l’amore di cui sono ricche quelle storie costituiscono un dono del soggetto che, quasi come in un rito di iniziazione alla comunità, “concede” se stesso come segno di riconoscimento del gruppo e del suo esserne parte. Questo è anche il momento dell’accoglienza da parte della comunità rispetto al nuovo arrivato. La dinamica della relazione assume dei tratti rituali: il susseguirsi di post di benvenuto sono prova della partecipazione attiva del gruppo. Questo processo è praticamente assente nell’ambito della comunità al femminile – unico forum privo di un facilitatore. Supponiamo che la mancanza di un moderatore, o di una figura leader che ne faccia le veci, non ha permesso il costituirsi di pratiche standard, di rituali di comportamento, che possano diventare parte della vita del gruppo stesso. L’accoglienza è il meccanismo che consente la costituzione di un profondo senso di appartenenza verso la propria comunità: «fare parte del forum è come avere unʹ altra ʺfamigliaʺ nel senso che si appartiene ad un gruppo in cui i legami personali sono fortificati dalla condivisione di unʹesperienza forte e crescono nel reciproco scambio ed aiuto..» (Clelia) Possiamo leggere in questa dichiarazione di appartenenza al gruppo delle “mamme speciali” le tracce di un rito di passaggio, secondo la definizione di Van Gennep (1967). La presentazione è un cambiamento di status da non‐genitrice, così come identificata dal contesto sociale fuori dalla Rete, a madre, riconoscimento di un ruolo desiderato e improvvisamente perso: «questo forum mi ha dato la possibilità di pensare al mio lutto con un ottica diversa. Mi ha fatto sentire una mamma speciale tra mamme speciali» (S.) La terza fase è quella della partecipazione. Dopo il primo momento di introduzione alla vita comunitaria, la presenza quotidiana all’interno del gruppo si traduce nella lettura dei post, nell’accoglienza di nuovi arrivati, nell’uso dello spazio come occasione di sfogo e confronto con gli altri attraverso la scrittura, nell’intervento sulle diverse discussioni attive nel forum. È sicuramente la fase più variegata di cui è difficile dare una lettura ben precisa proprio perché è questo il momento della propria storia nel forum in cui 13
vengono messi in gioco i tratti caratteriali di ciascuno che inevitabilmente influenzano sulla partecipazione al gruppo. Ci sono i soggetti più introversi che preferiscono parlare poco di se: «io personalmente rispondo alle persone che hanno avuto esperienze simili alle mie o per dare un sostegno o per dare un consiglio. Mai rispondo tanto per... perchè immagino che chi pone una domanda seria cerchi una domanda seria. Difficilmente parlo di me:» (Erika) Chi non riesce a fare a meno di seguire le storie che si avvicinano di più alla propria: « ho un particolare pensiero per Dolcina perché i nostri bimbi sono diventati angeli lo stesso 26 ottobre . Però devo dire che tutte sono speciali, ognuna a modo suo! C’è anche una persona con cui non riesco a parlare, perché è ancora troppo presa dal lutto e ha un influenza molto negativa sui miei sentimenti, così cerco di evitarla. » (S.) Chi dopo un primo momento di partecipazione preferisce continuare a leggere e riduce la sua presenza attiva: «ora ho come un blocco. leggo le storie delle altre persone, ma mi tengo in disparte. Forse mi fa male adesso entrare in contatto con il dolore altrui, perché risveglia il mio. Forse ho ancora bisogno di tempo. Ma non voglio abbandonare questa comunità e spero in seguito di riuscire ad essere io stessa di aiuto a qualcuno che ne ha bisogno. » (Laura) In questa fase della vita comunitaria on‐line si definiscono anche le relazioni, i legami con alcuni componenti, si verificano delle “selezioni”, delle preferenze rispetto ad affinità caratteriali o, più frequentemente, di similarità di vissuti o reazioni. A nostro avviso questo costituisce un aspetto molto interessante: oltre al piano meramente relazionale, ad influenzare la costituzione di legami più stabili e forti vi sono la condivisione della stessa perdita o di una perdita “complementare” e il vivere la stessa fase del lutto. Il primo punto intercetta il piano autobiografico e il meccanismo di identificazione e proiezione di cui abbiamo parlato prima. Attraverso le parole di un altro soggetto si scorgono e si elaborano i tratti del proprio dolore, trovando e sentendo una maggiore affinità emotiva e affettiva che contribuisce a rinsaldare la relazione: «a parte quel lungo monologo di cui ti ho parlato evito di parlare direttamente di me. O se accade, lo faccio in privato, e in questi casi parlo delle mie esperienze, della mia storia, del mio dolore, del mio vuoto, delle mie paure, delle mie piccole conquiste quotidiane, delle mie lacrime e dei miei sorrisi. Come ti dicevo ho “conosciuto” una donna di Roma che ha perso il marito. Ci troviamo in “messaggio privato”, lei mi racconta la sua difficoltà nel riprendere in mano l redini della sua vita e del muro di indifferenza e silenzio che trova attorno a lei. Io la leggo, tifo per lei, le rispondo, mi informo dei suoi “successi”. Si è creata uno strano tipo di amicizia tra due persone accomunate tra loro solo dalla perdita di qualcuno a cui volevano bene. Ma poi alla fine sono proprio queste situazioni che portano ad avvicinarsi o, all’estremo, ad allontanarsi!» (Marcella) Nell’ambito dei gruppi con lutti eterogenei si può verificare quello che una intervistata ha definito “effetto sostituzione”, ovvero il proiettare su un altro partecipante la figura affettiva perduta – senza alcuna 14
degenerazione patologica. In un certo senso, questo particolare meccanismo consente di colmare alcune lacune affettive di “sciogliere” eventuali nodi e sensi di colpa: «ci sono sempre rapporti diversi all’interno dei gruppi (ad esempio madri che hanno perso figli con figli che hanno perso madri…una sorta di sostituzione…si ricrea una situazione materna o filiale affettiva che va al di la del rapporto di sangue..)» (Paola) Infine, vi è il caso della comunanza della fase del lutto. A nostro avviso si tratta di un aspetto da non sottovalutare poiché può interferire anche negativamente sulle dinamiche del gruppo. Lo abbiamo visto nelle parole di S., che abbiamo citato poco sopra, lo ritroviamo nelle dichiarazioni di chi preferisce non seguire vicende per cui non si sente ancora pronta: «per esempio evito di leggere tanto sui nuovi nati, non perchè non mi interessa, ma perchè quando vedo quei bimbi fantastici e fortunati immancabilmente penso alla mia che non cʹè più... invece se rispondo, scrivo delle mie esperienze.... io scrivo sempre di me, capisco il loro dolore ed è come se lo percepissi dentro di me... attraverso il pc... sembra da pazzi, ma è così...» (Atena) « Non riesco a leggere i post di chi ha perso la mamma perché avendo perso mio padre...ora il mio terrore è perdere lei. NO non so leggere neanche chi ha perso un figlio perché secondo me non cʹè dolore più grande. In quel caso non cʹe rassegnazione.» (Sandra) Quando si ritiene di avere superato il momento di dolore acuto, può accadere che ci si sente pronti per leggere storie analoghe, invertendo in un certo senso la pratica rispetto ai primi momenti di inserimento nella comunità. In questo caso significa riscoprire tratti comuni con alcuni membri, ma vuol dire anche talvolta allontanarsi dalle altre persone, creare delle isole di differenza (Cazzaniga, Marchesi, 2004) all’interno della stessa comunità: « ovviamente come succede sempre in qualsiasi situazione chi si somiglia si piglia, infatti io ho legato maggiormente e di conseguenza ci sentiamo anche extra forum con persone che sono simili a me, come testa, come ideali, come percorso, insomma si torna li secondo me non possono trovarsi bene tue persone che sono a livelli diversi dell’elaborazione del lutto, è come se mettessi un ragazzo che fa le scuole medie, in una classe dell’elementari!!!» (Amanda) Riteniamo che questi elementi, particolarmente significativi per le dinamiche del gruppo, costituiscano ancora oggi gli stessi aspetti irrisolti del dibattito sulle comunità presenti fuori dalla Rete (Crozzoli Aite, Mander, 2007). Probabilmente la relazione on‐line amplifica il processo selettivo poiché consente di utilizzare canali diretti individuali e non collettivi, senza che il gruppo di riferimento ne sia a conoscenza, e permette una mirata “selezione” dei propri ambiti di intervento attraverso la ricerca e la lettura di specifici spazi che prescinde ancora una volta dalle dinamiche del resto della comunità. La fase di partecipazione è anche il momento in cui si verifica una sorta di passaggio alla multimedialità, ovvero al contatto con i partecipanti attraverso altri canali oltre allo spazio pubblico del forum. È questa la fase in cui si ricorre allo scambio in privato di messaggi personali, all’invio di sms, di e‐mail e in alcuni casi, dove vi è la possibilità, anche al contatto face to face con alcuni membri. 15
Tab. 1 Tabella sintetica Fase Pratiche Dinamiche Ambientazione Lettura Proiezione/identificazione Presentazione Scrittura di sé Accoglienza Partecipazione Scrittura di sé per gli altri Relazione Responsabilizzazione Scrittura agli altri assistenza Uscita Presenza passiva/assenza Uscita matura/abbandono/latitanza Per quel che riguarda i tempi di questa fase, così come le pratiche in senso stretto, sono davvero difficili da quantificare. Si verificano contrazioni, accelerazioni e dilatazioni del tempo di partecipazione al forum in funzione del proprio stato emotivo e degli impegni di altra natura presenti fuori dalla Rete: « all’inizio era un’ossessione, non mi staccavo mai dal computer, dalla mattina alla sera, in casa non facevo più niente, mi ero immersa completamente, mi confrontavo con le altre mamme sfortunate, mi sfogavo, ridevo e versavo mari di lacrime, poi dopo un paio di mesi che frequentavo il forum così assiduamente mi sono resa conto che la cosa era diventata maniacale e soprattutto mi sono resa conto che alcune forummiste tendevano a compiangersi, mentre io cominciavo ad avere voglia di reagire, così mi sono allontanata per un mesetto, per poi ricominciare a frequentare in concomitanza delle feste di Natale e da allora ho ripreso la mia attività sul forum anche se il mio modo di leggere e scrivere nei post è notevolmente cambiata, sono maturata, (…)» (Amanda) « Di solito mi ʺaggrappoʺ al forum nei momenti di maggiore sconforto (che per fortuna iniziano a diminuire...) oppure mi connetto per vedere gli sviluppi delle altre storie... Non sempre riesco a scrivere qualcosa di me o alle altre... sono semprestata di poche parole.» (Marcella) Più che di vere e proprie fasi, si tratta di cicli che dipendono, tra le altre cose, anche dagli aventi e dagli accadimenti della propria vita. Ad esempio, l’avvicinarsi dell’anniversario, un incontro inaspettato, una nuova gravidanza – nel caso delle mamme speciali – possono essere tutti fattori di regressione nelle fasi di elaborazione, «in un’altalena emotiva» che stenta ad arrestarsi.
Si arriva al penultimo momento che costituisce sicuramente l’espressione di un avvicinamento al superamento del lutto: la fase della responsabilizzazione verso l’altro. Da questo punto di vista è davvero molto interessante l’uso di alcune espressioni nell’ambito della comunità sul lutto perinatale. Le intervistate si suddividono spontaneamente in “mamme vecchie” e “mamme nuove”. Questa separazione in due gruppi è alla base delle dinamiche di sostegno e assistenza delle più mature – le “vecchie” – verso le utenti appena registrate – “le nuove”: «piano piano ho ritrovato la serenità anche grazie a loro, condividendo alti e bassi, condividendo la ʺrabbiaʺ per quelle frasi idiote che sentivo dirmi dalla gente che incontravo!ho ritrovato la forza di andare avanti, di ricominciare e anche la voglia di aiutare le ʺnuoveʺ mamme che purtroppo continuano ad iscriversi.» (Francesca) 16
«Io, in un certo senso mi sento la più ʺvecchiaʺ come esperienza vissuta in quanto sono lʹunica per ora che racconta la sua storia come se già facesse parte di un passato più lontano (rispetto al loro) e che nel frattempo ha già avuto un altra gravidanza» (Laura) Come dicevamo questa costituisce una sostanziale differenza rispetto alle altre comunità dove il processo è meno strutturato vuoi per il ridotto numero di partecipanti – che fa sì che l’assistenza venga prestata dal moderatore – vuoi per l’assenza di un vero senso di comunità – come nel caso del forum al femminile. La responsabilità verso altri membri del gruppo è anche una responsabilità emotivo –affettiva, che ha a che vedere con la costituzione di relazioni particolari all’interno del gruppo stesso e con il senso di appartenenza. Anche questa fase presenta, dunque, delle caratteristiche differenti, quasi opposte, tra le realtà oggetto del nostro studio. Si riscontra, infatti, una forte responsabilizzazione delle donne che partecipano ai gruppi sul lutto perinatale in contrapposizione a relazioni e legami deboli nell’ambito delle altre comunità, come sostiene anche una moderatrice: « il gruppo on‐line mi pare che sia ʺmenoʺ gruppo, oppure diciamo più faticosamente gruppo; spesso si sviluppano dialoghi fra due persone , anche fra tre, ma la percezione di stare in un gruppo, come in un gruppo fisico non cʹè è diverso, qui sono più labili legame e relazione forse la scomparsa delle persone ha a che vedere anche con la ragione, una delle possibili, che ha fatto preferire il gruppo on‐line ad uno vis a vis; la possibilità dellʹanonimato permette una sorta di irresponsabilità della relazione ho provato a scrivere a chi è scomparso chiedendo di farmi sapere se .......ma non ho ricevuto risposte» (Marida) Infine, vi è l’ultimo momento: la fase dell’uscita dal gruppo. Con questa espressione intendiamo sintetizzare tre diversi tipi di comportamento: 1. la presenza passiva all’interno della vita comunitaria; 2. il completamento della propria elaborazione e l’uscita matura dal gruppo; 3. l’abbandono brusco e repentino della propria partecipazione. Sia dalle parole dei moderatori che dalle esperienze dirette delle intervistate, sono molto rari, anzi quasi del tutto assenti, i casi di uscita vera e propria dal gruppo. Solo in un caso una donna ci ha dichiarato di sentirsi pronta a lasciare il forum, di non riconoscersi più nelle loro parole, di essere pronta ad affrontare la realtà fuori dalla Rete anche senza il forum: « il mio giudizio su questa esperienza ʺon lineʺ non può essere che positiva perché mi ha aiutato ma credo,anche, sia arrivato il tempo di voltare pagina. Voglio cercare di superare questo dolore ... e forse, per riuscirci, devo darci un taglio. Anche con il forum. » (D.) In tutti gli altri casi si tratta in prevalenza di una riduzione della propria partecipazione che si traduce spesso in una visita breve – ma spesso giornaliera – ai contenuti del forum. È un modo per riconoscere i progressi nel proprio percorso elaborativo senza però rinunciare al gruppo, verso il quale, dicevamo, si vive comunque un certo senso di responsabilità: «le uscite sono spesso degli abbandoni: finora un’uscita vera e propria non c’ è stata…» (Marida) 17
Altrettanto frequenti sono i casi di chi non riesce a familiarizzare con le dinamiche della Rete o con l’idea di doversi rapportare a un gruppo e sceglie di uscire dal forum. Non abbiamo avuto modo di intervistare nessuno che avesse questo particolare tipo di atteggiamento però, abbiamo raccolto le impressioni dei moderatori e degli altri partecipanti. Soprattutto i primi, sviluppano un senso di responsabilità anche verso queste figure di passaggio, queste meteore se vogliamo utilizzare una metafora, cercando in qualche modo di ripristinare i contatti. Per completare l’analisi delle dinamiche relazionali occorre approfondire anche il tema dei ruoli. In generale si tratta in tutti casi di comunità i cui membri si percepiscono fra loro “pari” sia perché accomunati dallo stesso dolore sia perché tenuti insieme dal comune obiettivo del superamento della perdita. Di fronte alla domanda diretta sul ruolo riconosciuto ad altri membri e sul ruolo che si percepisce sia riconosciuto a se stessi, le intervistate hanno risposto unanimemente, specificando che non vi sono ruoli, che ciascuno è “aiutante e aiutato”. Possiamo ritenere questa caratteristica un elemento distintivo rispetto alle altre comunità virtuali. Solitamente, infatti, è previsto dal sistema stesso che vengano attribuite competenze differenti in base alla partecipazione al forum e quasi spontaneamente, oltre ai riconoscimenti “tecnici”, si definiscono anche i ruoli gerarchici all’interno del gruppo. Nell’ambito dei gruppi sull’elaborazione del lutto si sperimenta un senso comunitario più profondo, basato non sul riconoscimento del ruolo, ma sulla naturale partecipazione a un progetto comune: il superamento del dolore. La figura chiave del gruppo è però costituita dal moderatore. Abbiamo già detto che la comunità al femminile non ne ha uno e abbiamo notato, anche attraverso l’analisi del contenuto, che questo influisce sul livello di coesione del gruppo, rendendo meno saldi i rapporti, sul livello di responsabilità verso gli altri e sul controllo dei casi di flaming. L’assenza del moderatore rende assolutamente aperto il gruppo a tal punto da impedire la presenza di soggetti non direttamente coinvolti emotivamente, che arrivano anche ad assumere comportamenti poco consoni al rispetto della situazione di dolore vissuta da altri partecipanti. Nel caso degli altri gruppi on‐line, possiamo distinguere, attraverso le parole delle intervistate, due tipologie di moderatore: ‐ il “capo”: è il caso delle comunità in la figura del moderatore ha assunto – essendo unanimemente riconosciuta come tale – il ruolo del leader che se da un lato mette in atto dinamiche accuditive verso le altre partecipanti, ha contemporaneamente il diritto e il dovere di dettare le regole del gioco. Questo fa si che il moderatore costituisca un importante punto di riferimento sia emotivo – «la spalla su cui piangere» – che relazionale – «ho stretto un rapporto speciale con C., lei pensa a tutte noi» – ed anche un “difensore” dei confini dello spazio virtuale. Pur nel suo carattere pubblico, dunque, il forum si presenta come uno spazio molto protetto. ‐ L’ “invisibile presenza”: è il moderatore che si colloca sullo stesso piano emotivo e relazionale degli altri partecipanti pur non perdendo il suo ruolo di leader, di figura cardine del gruppo. Anche in 18
questi forum, rappresentano delle figure con cui i diversi partecipanti portano avanti relazioni più intime e individuali. La descrizione delle dinamiche e delle pratiche relazionali non ci consente, però, di individuare delle possibili tipologie di utenza. Riteniamo, infatti, che sebbene si susseguano i diversi momenti che abbiamo individuato, con le caratteristiche che abbiamo descritto, nella maggior parte dei casi, sono i tempi di ciascuna fase a marcare le differenze da soggetto a soggetto. E, nell’ambito delle interviste, ci è parso riduttivo semplificarli in delle tipologie precise. Ciò che vorremo fare, dunque, è offrire un elenco dei possibili fattori che incidono sul modo di vivere l’esperienza in Rete, individuando le estremità dei continuum che caratterizzano ciascuna dimensione. La summa delle dimensioni che potremmo collocare verso lo stesso “polo” designano possono essere utilizzate per designare dei profili “limite”. Tali figure non possono che considerarsi descrizione prototipiche e ideali, non riscontrabili in questa forma nella “realtà” dei forum oggetto d’esame, abitati da individualità ben più complesse e articolate – dunque, non ascrivibili entro schemi rigidi. Riguardo agli elementi che intervengono nella designazione dell’utente, a nostro avviso è possibile isolare cinque dimensioni. Innanzitutto, un elemento distintivo è rappresentato dalla modalità di partecipazione iniziale al forum. Abbiamo detto che la prima fase è rappresentata dall’ambientazione che consiste nella lettura dei vari contenuti proposti nel forum. Ma le verbalizzazioni di alcune intervistate ci portano a ipotizzare che il momento della lettura può essere immediatamente sostituito con la scrittura di sé e della propria storia, sin dalle primissime fasi di partecipazione Per cui, volendo individuare due profili estremi, possiamo distinguere l’accesso immediato e diretto da quello mediato e posticipato alla fase di lettura. Altro elemento determinante nella distinzione delle tipologie possibili di partecipanti è il tipo di attività svolta all’interno del forum, nei momenti successivi alla prima fase di ambientazione. A nostro avviso è possibile discriminare fra chi protrae la fase della lettura, trasformandola nella sua principale modalità di partecipazione al forum, e chi invece tende a scrivere molto marcando attraverso la parola scritta la sua “presenza”in Rete. Potremmo definire la prima una forma di partecipazione passiva, rispetto alla seconda che potremmo definire attiva. Nell’ambito della scrittura in Rete, però è possibile fare ulteriori distinzioni, ancora più complesse. Però, dovendo ipotizzare due estremità, sembra possibile individuare chi scrive soprattutto di sé e chi partecipa attraverso le risposte ad altri senza esporsi troppo sul piano personale. Strettamente connesso al precedente aspetto abbiamo un altro elemento che interviene sulla tipologizzazione dell’utenza: la propria biografia, il proprio vissuto. Abbiamo ribadito anche prima che la partecipazione alle attività del forum è condizionata dalla particolare fase dell’elaborazione del lutto in cui ci si trova. Volendo fare delle estremizzazioni possiamo dire che i soggetti che si trovano nella prima e nella seconda fase tendono a concentrare la scrittura su di sé nel tentativo di elaborare il proprio trauma; i soggetti che stanno 19
volgendo verso il momento riorganizzativo della propria esistenza sono portati a lasciare più spazio a una scrittura per il soccorso emotivo dell’altro: sono pronti a offrire il proprio vissuto come risorsa per altri partecipanti del forum. Questa osservazione ci porta all’ultima considerazione relativa ai fattori che determinano la tipologia di utenza, ovvero l’uso che si fa della Rete. Riprendendo gli estremi indicati all’inizio – uso pubblico vs uso privato –, possiamo distinguere una tipologia di utenza che tende a utilizzare il forum come spazio privato da un altro tipo di partecipante che vive il forum come spazio pubblico. Utilizzando questa metafora locativa possiamo dunque parlare nel primo caso dell’individuazione nel forum di uno spazio del dolore, un luogo profondamente intimo, pur essendo ubicato all’esterno di sé, in cui contenere, esprimere e “capire” la propria sofferenza: « in qualsiasi momento della giornata io avessi necessità potevo scrivere.. Potevo tirare fuori le mie angosce e sapevo che dallʹaltra parte venivano recepite per quelle che erano. Cʹè un filo continuo che ti accompagna e non ti fa sentire sola. Ci sono persone che condividono con te il dolore. Poi con il tempo arriva anche la confidenza,ci si comincia a conoscere e allora ti sembra anche di percepire quel sorriso che allʹinizio non arrivava proprio. Insomma ti puoi mettere a nudo senza timore di annoiare o sconvolgere nessuno.. Siamo tutti lì per dare e ricevere, per ascoltare e dire.. per cercare di attenuare questo terrremoto che ci ha sconvolto la vita. » (Patrizia) Nel secondo caso, invece possiamo parlare di uno spazio della “celebrazione della vita”, uno spazio molto prossimo a quello della memoria e del ricordo, dove ricollocare la persona amata, dove riuscire a dare un senso alla sua esistenza. Riprendendo le parole utilizzate da un’intervistata «...fa tutto parte di una realtà che viene temuta e ignorata da tutti. Pertanto trovarsi di fronte a un monitor per trovare qualcuno disposto a riconoscere lʹesistenza di tua figlia, a parlare di te come una mamma speciale e non una donna sfigata, ti da ancora più la sensazione che il mondo di prima non ti appartiene più, anzi quasi non esiste più.» (Lucia) graf. 2 Le dimensioni della partecipazione in Rete attiva lettura Scrittura agli altri III e IV fase privato pubblico I II fase Imm. Scrittura di sè Scrittura di sè passiva 20
Individuate le estremità – sintetizzate nel grafico 2 –, incrociandole con le fasi della partecipazione, si possono ottenere differenti profilazioni di utenza. Considerata la complessità di ciascuna individualità, che resta tale anche in Rete, e la delicatezza dell’argomento, non ci siamo sentiti di ipotizzare delle figure codificate, fosse anche come esercizio semplificatore e interpretativo. Ciò che ci preme sottolineare, però, è che ciascun utente nell’arco della sua partecipazione all’interno del gruppo, può assumere comportamenti differenti, e immaginarsi inserito in una o più tipologie di quelle ricavabili dall’incrocio fra i vari elementi – che probabilmente costituiscono solo alcuni, i più importanti, dei fattori in gioco nella determinazione del proprio comportamento digitale. Ulteriore motivazione che ci sembra avvalorare la nostra decisione di non immaginare delle tipologie standard. Ce lo confermano anche le parole di una facilitatrice che riteniamo, per l’esperienza acquisita, una valida testimone della complessità delle dinamiche del gruppo on‐line: «devo dire che le utenti si comportano in modi estremamente ʺdiversiʺ ci sono persone che entrano, mi contattano e poi restano nellʹombra – altre che entrano e leggono solamente (e ovviamente non so se facciano parte di quellʹutenza che ha perso un figlio, o solo di curiosi) – ci sono persone che entrano ʺprepotentementeʺ e diventano persone attive al interno del forum, ci sono persone che partecipano attivamente da subito e poi ʺscompaionoʺ nel nulla ...Quindi devo dire, secondo me, che non ci sono delle tipologie standard.» (Diana) 3.2 Diari digitali ed elaborazione del lutto Abbiamo visto, nella prima parte di questo breve saggio, come l’esperienza attraverso i blog e le comunità virtuali dedicate all’elaborazione del lutto abbiano molti punti di contatto. Le funzioni assolte dal diario elettronico sono le medesime che la condivisione di un racconto all’interno dello spazio protetto del forum può avere per il suo autore. Ciò che forse vale la pena di sottolineare è il diverso ordinamento in termini di importanza delle diverse funzioni. Il blog è innanzitutto lo spazio della scrittura di sé: è un contesto più intimo e privato rispetto al forum che nasce per mano del suo autore al precipuo scopo di accogliere il suo racconto e nient’altro. In un certo senso la funzione contenitiva è strettamente connessa a quella terapeutica poiché, nell’atto stesso del narrare organizzato per date, post e tag, la scrittura e la rilettura di sé divengono la presa di coscienza di un percorso di sostegno psico‐affettivo nel processo di elaborazione del lutto. Gli stessi intervistati sottolineano molto bene il valore terapeutico della pratica narrativa, la benefica sensazione di dare un ordine agli aventi e uno spazio al proprio dolore: «poi la scrittura....mi ricordo che la notte che morì papà scrissi e scrissi una storia lunga e così bella sulla sua/mia gente che mi sembrava, rileggendola, di non esserne io lʹautrice per quanto era bella, scorrevole, efficace...La scrittura è una grande risorsa e il blog per alcuni di noi costituisce essenzialmente la possibilità di mettere in atto e di godere della risorsa della parola, del linguaggio umano, dellʹalterità che vi è incisa.» (Multiversum) Ciò ovviamente non significa che il blog non costituisca comunque uno spazio della memoria e della commemorazione della persona amata. È anche considerato il luogo della condivisione, della messa in 21
comune della propria storia: in questo caso però il dono della propria narrazione è rivolto a soggetti che non hanno necessariamente condiviso la stesso tipo di vissuto. Talvolta è anche semplicemente una restituzione a se stessi. In ogni caso è presente il bisogno di eternizzare il ricordo di chi ci ha preceduto e al contempo “presentificare” in un certo senso la relazione con il defunto, renderla attuale rispetto a una temporalità perduta: « mio figlio, Giuseppe Aloi, era uno scrittore e poeta, (aveva iniziato a partecipare a concorsi, già menzionato nel concorso Poeti dell’ Adda con la poesia “Specchio”), amava raccontare le sue emozioni e la sua vita attraverso il gioco meraviglioso e prodigioso delle parole. Il blog è stato, prima, uno dei modi perché Lui potesse continuare a parlare, poi è divenuto uno dei modi perché io e Lui iniziassimo un “nuovo” dialogo ed ancora, perché la Ns comunicazione si aprisse all’universo: insomma è un percorso che si rinnova quotidianamente, affinchè il tempo passato che viene identificato nella morte si trasfiguri in un progetto che fa del presente e del futuro un unicum, perché questa mia vita”verticale” possa essere vissuta nel miracolo dell’esserci, per continuare ad esserci.» (Mamma Gio) Riguardo alle pratiche d’uso del blog, gli intervistati non fanno riferimento a specifiche attività che si discostino dalle normali azioni di “cura” del proprio spazio digitale. Unico elemento discriminante è a nostro avviso rappresentato dal minore tempo dedicato alla lettura sia dei propri post che di blog altrui. E questo ci pare avvalorare ulteriormente quanto la pratica della scrittura di sé, intesa in un’ottica terapeutica, costituisca la principale attività per chi utilizza questo spazio digitale. Graf. 3. Pratiche d’uso e tempo nei blog Scrittura di sè “Presenza” Apertura dello spazio e ambientazione Conclusione tempo Descrivere le pratiche d’uso del blog intercetta la dimensione temporale: la gestione del tempo dedicato al diario digitale. Dalle descrizione fatte dai nostri intervistati e dall’analisi del contenuto, si riscontra un andamento “parabolico” dell’uso di questo ambiente virtuale. Dopo l’apertura dello spazio e una prima fase 22
di ambientazione, i post si susseguono ripetutamente, fino a quando, dopo un aumento repentino delle attività, si procede verso la riduzione della propria presenza digitale sul blog (vedi graf. 3). Non tutti i diari sono stati creati in coincidenza con l’esperienza del dolore. Uno dei blog oggetto della nostra analisi, ad esempio, era lo spazio entro cui l’autrice raccontava di sé e della gravidanza e solo successivamente è divenuto lo strumento per dare sfogo al dolore della perdita della sua bambina. Così come la “nascita del blog” può avere diverse “origini”, anche l’esito della sua storia può seguire differenti direzioni. Nel caso specifico dei blog oggetto del nostro studio, infatti, si sono verificate diverse forme di “conclusioni” o, riprendendo la terminologia precedentemente utilizzata, di uscite dal proprio blog: 1. la chiusura della spazio: le motivazioni possono essere molteplici. Possiamo supporre che la cancellazione possa costituire una forma di superamento/rimozione definitiva, un gesto se volgiamo simbolico di superamento e di archiviazione di un passato doloroso. In questo senso può essere inteso, dunque, anche come una riscoperta di desideri progettuali verso il futuro. Ma talvolta, la cancellazione, come nel caso della nostra intervistata, può dipendere da una eccessiva “Invasione” di questo spazio ad opera di ospiti indesiderati. Possiamo leggere questo comportamento come un atto di disconoscimento di uno spazio che costituiva, prima, un’estensione del suo autore, come qualcuno degli intervistati ha dichiarato. Un’azione di disappropriazione a cui può seguire un “trasferimento” in un altrove ancora da collocare; 2. la sporadica visita/abbandono: a nostro avviso, questa fase può essere paragonata all’uscita matura dal forum. Il blog diviene uno spazio della memoria, dell’eterno ricordo di un amore perduto, ma, assolta la sua funzione guaritrice ed educatrice, si limita ad assolvere al ruolo di ricordo cristallizzato in bit: « il blog si è naturalmente spento, con qualche scritto ogni tanto, spesso più assomiglianti a comunicati che a storie di vita.» (PQ); 3. il cambiamento di argomento del blog: riteniamo che possa costituire la normale evoluzione di quegli spazi che esistevano prima dell’esperienza della perdita e che naturalmente vengo riconvertiti ad altri contenuti, seguendo le evoluzioni e i risvolti narrativi delle storie “uniche” dei propri autori. Il blog costituisce sicuramente anche uno spazio di condivisione e di relazione con il mondo esterno. Da esso, dunque, si innescano relazioni con altri blogger o si riconquistano i contatti e i rapporti con alcune figure importanti del mondo fuori dalla Rete. In generale, i blog che abbiamo analizzato non “segnalano” molti link13, pur essendo caratterizzati, nella maggior parte dei casi, dalla presenza di molti commenti segno della partecipazione dei diversi lettori. Alcuni di questi blog sono reciprocamente linkati fra loro o comunque vi sono tracce nei commenti che provano il fatto che l’uno sia lettore/lettrice dell’altro. Questo per dire che, in parte, la funzione di 13
Una delle caratteristiche dei diari elettronici, è infatti, rappresentata dalla presenza di percorsi connettivi tra i diversi ambienti sulla base dei affinità di contenuto, di legami affettivi e relazionali, di interessi condivisi etc (Schmidt, 2007). Si rimanda a questo autore per un approfondimento sulle diverse tipologie di link e le relative denominazioni. 23
condivisione, seppure spontaneamente e non intenzionalmente, viene assolta anche dai blog. Non siamo riusciti, invece, a comprendere cosa vi sia alla base della costituzione di questo particolare network di blog: non sono soggetti che si conoscono al di fuori della Rete e non partecipano agli stessi ambienti virtuali. Unico elemento che potremmo considerare discriminante per il formarsi di questo reticolo relazionale è il fatto che si avvalgono della stessa piattaforma di supporto al loro diario digitale. Di fronte alla domanda diretta, tutti gli intervistati sottolineano la casualità dell’incontro o della prima visita allo spazio di un altro soggetto, che attraverso il blog stava elaborando una perdita. Ritornando al ruolo del lettore, possiamo dire che sono i segnali di questa presenza, sperata ma non attesa fino in fondo, che demarcano maggiormente il senso di gratuità dell’esperienza dello scrivere di sé in Rete. La lusinga, la carezza, l’attenzione dello sguardo dell’altro attraverso le parole lasciate in un commento, costituiscono l’espressione del carattere spontaneo, del dono attentivo offerto da un passante digitale. L’equilibrio fra sfoghi personali e sguardi garantisce la percezione del blog come spazio intimo, come luogo sicuro e fidato in cui aprire se stessi. Questo aspetto assume un significato particolare se consideriamo che spesso gli intervistati non dicono immediatamente – a volte del tutto – ai contatti reali, anche intimi, dell’esistenza del blog. Quasi a volere proteggere l’intimità del proprio dolore dagli sguardi di chi è parso non capire. In questo particolare gesto a nostro avviso non si può scorgere il desiderio di nascondere le proprie emozioni, perché la pubblicazione ha in sé un significato importante per i blogger ‐ come abbiamo visto. Non si vuole rivolgere a qualcuno in particolare il proprio racconto – perché obiettivo primario non è farsi ascoltare, ma ascoltarsi, “sputare fuori quello che si ha dentro”. Ma “l’idea dell’altro” è altrettanto fondamentale. È importante che ci sia qualcuno che oggi, domani, in un lontano futuro sia in grado di accogliere il racconto di dolore e di amore del blogger. Riteniamo che questo sia un ulteriore elemento che orienta la scelta del blog come strumento di elaborazione del proprio lutto, rispetto ad altri tipi di canali comunicativi presenti in Rete. La presenza dello sguardo dell’altro, infatti, è elemento costitutivo e strutturante della Blogosfera: «nello spazio psico‐tecnologico e relazionale del blog la presenza dell’altro rappresenta un fattore costitutivo e strutturante iscritto nel patrimonio genetico di quello che, per quanto utilizzato in chiave diaristica, resta , comunque, un medium comunicativo e di condivisione» (Di Fraia, 2007, p. 96) Lo sguardo noto, così come nel caso della scrittura sui blog in generale (ivi), è percepito come un freno inibitore, in questo caso addirittura come un invasore della propria intimità: «il mio blog eʹ anonimo proprio perché io desidero dire ed esprimere tutti i miei pensieri anche più intimi. Questo per me eʹ fonte di grande liberazione. (…)un blog esattamente intimo.. le parole che come mamma mi vengono (…)Ma solo se questo rimane personale, non troppo in vista per intenderci. Voglio poter continuare a farlo così ‐ Personale ed intimo. Lì voglio poter gridare, piangere il dolore di questa separazione. Voglio poter scrivere che voglio far finita della vita. senza che nessuno ci possa mettere bocca.. e se mi scrive deve saper usare le parole.. » (Girasole) 24
Chi infatti ha reso noto il link del suo spazio dichiara: « sono testi censurati nella maggior parte dei casi. o parzialmente rielaborati. questo è anche un aspetto che mi interessa. ho pensato molto a questo fatto. a come le cose che scrivevo venissero poi adattate alla dimensione pubblica del blog. spesso spariscono riferimenti troppo espliciti. o diventano meno duri. quindi non solo ci sono testi che hanno il significato giusto per essere pubblicati in questo spazio ma lo spazio stesso contribuisce a formare un codice. » (Aurora) 4. La Rete virtuale come supporto reale Il breve percorso attraverso il materiale oggetto di analisi, ci ha permesso di sottolineare alcune delle caratteristiche di un processo fino ad oggi poco studiato: le pratiche di elaborazione del lutto attraverso la Rete. Pur essendovi già ricerche riguardo i gruppi di auto mutuo aiuto on‐line14 ed altri studi focalizzati su prassi strutturate di uso del web come canale terapeutico nelle situazioni di dolore15, non abbiamo trovato materiale che sia un tentativo di descrivere e interpretare la prassi “spontanea” – fuori da contesti organizzati e strutturati ‐ del processo elaborativo della perdita attraverso la Rete. Ci sembra, dunque, doveroso concludere l’articolo con alcune osservazioni critiche che mettano in evidenza punti di forza e punti di debolezza di questi contesti di interazione, al fine di ipotizzare un’applicazione operativa dell’uso di forum e blog nell’ambito di percorsi terapeutici più strutturati. Come era ovvio prevedere, le caratteristiche del web ‐ con particolare riferimento agli ambienti oggetto di studio ‐ ritenute più significative sono quelle concernenti l’ “ubiquità” dell’uso: la possibilità di accedervi in qualsiasi momento della giornata, seguendo i moti dei propri stati d’animo, e da ogni dove, senza necessariamente rispettare appuntamenti in luoghi e tempi determinati. Nel caso specifico delle relazioni e situazioni di aiuto, la personalizzazione del percorso emotivo e psicoaffettivo attraverso le “libertà” fisiche – spaziali e temporali – permesse dal medium, costituiscono di certo dei punti di estremo vantaggio rispetto alle normali situazioni vis à vis: «certamente il gruppo on‐line offre la possibilità di esprimersi in ogni momento, ma questo da solo non basta, non è come un diario; il fatto che qualcuno legge e risponde ha un valore, ‘è bisogno di ascolto» (Marida) «I motivi che possono indurre a entrare in un gruppo on‐line possono essere legati a fattori oggetti i o soggettivi come la difficoltà do relazionarsi con gli altri; il non accettare di mostrarsi deboli, insicuri, in lacrime cioè non padroni della situazione; il fastidio per un impegno predefinito nel luogo e nel tempo; l’esigenza di esprimere in qualsiasi momento del giorno e della notte i propri stati d’animo, la propria disperazione, la propria angoscia» (Livia) «l’on‐line semplifica la partecipazione.. una delle grosse risorse dell’on‐line è l’assenza di un tempo.. io mi trovo a stare molto di più on‐line che in quello in presenza» (Paola) Chi ha avuto esperienza di un gruppo di auto‐mutuo‐aiuto ci tiene a precisare che: 14
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Un esempio può essere offerto dallo studio di Vittori Pitts (2004) è il caso dello studio condotto da Wagner (2005) in cui viene presentato il metodo definito Interapy. 25
«Internet diventa un luogo fisico.. paradossalmente…come avere una stanza una stanza protetta.. a me viene da dire “io vado al gruppo” anche se sono a casa…è sempre aperto…anche se virtuale..» (Paola). Abbiamo già più volte marcato il ruolo della scrittura in sé come momento terapeutico. L’oralità secondaria (Ong, 1982) che si sviluppa in Rete garantendo la “potenza” dello sfogo verbale e la “sedimentazione” dei pensieri dettata dai tempi più lunghi della digitazione, costituisce una risorsa preziosa e unica di questi ambienti. Non si tratta semplicemente di riportare nero su bianco i propri pensieri. Il web permette di condividerli, cancellarli, riscriverli, intervenire su di essi più di quanto si possa fare su un foglio con la penna. « scrivere sulla carta è scomodo, va bene per gli appunti; pigiare i tasti del computer ti permette di ʺbuttareʺ le cose della pancia velocemente sul foglio e poi dare tempo alla testa di rileggere, ripensare ed eventualmente cancellare esagerazioni, cose che non pensi ma sono uscite di getto o altro, ma senza dover per forza usare la gomma o il bianchetto. » (PQ) La scrittura determina inevitabilmente un piano della riflessione più ampio di quello della semplice conversazione faccia a faccia. La possibilità di battere e ritornare indietro, intervenire sul testo, cancellare, riscrivere sono tutti aspetti che contribuiscono a nostro avviso alla metabolizzazione dell’esperienza di dolore: «la facilità di accesso è sicuramente un vantaggio, per chi non abita vicino ad un luogo nel quale ci siano gruppi ama con i quali incontrarsi; lʹanonimato possibile è unʹaltro; per chi non ama i faccia a faccia, idem; per chi si esprime con .... lentezza, riflessione e considerazione, è lo strumento perfetto....; idem per chi vuole un luogo nel quale ʺbuttareʺ i pensieri e le riflessioni nel corso della giornata» (Lorenza) Ci ha sorpreso – ed è forse la cosa che ci ha commosso di più – scoprire che la protezione dello schermo costituisca un’opportunità preziosa soprattutto nel momento della piena manifestazione del proprio dolore. Rendersi invisibili, protetti dal monitor di un pc, e potere comunicare scrivendo possono essere fattori determinanti nella capacità di aprirsi agli altri e sfogarsi liberamente: «un altro grande vantaggio per me è la possibilità di ʺparlareʺ anche piangendo. non sono ancora capace di parlare di Alice e della mia sofferenza a lungo senza piangere, e visto che non riesco a parlare mentre piango, se succede in una conversazione con qualche amico/a per forza il dialogo si conclude, quando io invece avrei bisogno di continuare. col forum questo problema non si pone, posso tranquillamente piangere e contemporaneamente dire cosa penso. per me è davvero fondamentale.» (Lucia) Da queste parole si evince che la “mediazione” della relazione non sempre costituisce un limite e la possibilità e l’uso di questo canale può contribuire al crearsi di un setting adeguato e più confortevole, per certi versi, nell’ambito della relazione d’aiuto. Il colloquio virtuale con i nostri intervistati, però, verteva anche a individuare gli aspetti critici di questo medium. Pure in questo caso le criticità possono essere ritenute le stesse di qualsiasi ambiente virtuale, 26
tenendo però in considerazione la delicatezza del particolare contesto comunicativo che si cerca e si vuole ricreare nell’ambito di forum e blog dedicati al lutto La principale critica al medium, tanto per i blog quanto per i forum, è costituita dalla mancanza di un contatto diretto e fisico con gli altri: l’impossibilità di cogliere tutti i tratti della comunicazione non verbale così come l’impossibilità di utilizzare questo canale per le proprie manifestazioni emotive. Sono, dunque, due i limiti legati al canale del non‐verbale: la difficoltà del concretizzarsi di una comunicazione sia in “uscita” che in “entrata”. Se, infatti, lo schermo costituisce una protezione utile per “difendersi” dalle esondazioni emotive e dalle inondazioni altrui, questo stesso filtro costituisce un vincolo non indifferente quando l’intento della comunicazione è proprio quello di trasmettere la forza delle proprie emozioni per condividerle. Con la stessa dolcezza utilizzata per raccontarci e renderci partecipi della loro storia, gli intervistati hanno reso alla perfezione il senso di questo limite: « non hai il viso delle persone davanti a te, non vedi le emozioni, gli occhi, i sorrisi, la commozione...Non senti il tono della voce e tutto può apparire più freddo.. però loro erano lì, sempre. In qualsiasi momento della giornata io avessi necessità potevo scrivere..» (Patrizia) « Certamente il forum ha lʹhandicap di non avere contati fisici.. come tenerezze sguardi, strette, sorrisi.. tutto questo per me eʹ piuttosto limitativo.» (Girasole) Altro aspetto negativo, che in parte abbiamo già indicato nel corso della trattazione, riguarda la “consistenza dei legami”. In realtà questo costituisce un elemento di diversità tra gli ambienti considerati: in alcuni casi – come per alcuni blog e la comunità sul lutto perinatale – spesso il mezzo, anzi contribuisce all’istaurarsi di legami affettivi molto forti, che si protraggono nel tempo e che addirittura, dove possibile, si concretizzano fuori dalla Rete. In altri contesti, come nel caso del gruppo eventi, il timore di una deresponsabilizzazione verso il legame con l’altro è molto presente soprattutto fra le figure guida di questi spazi. E ciò riteniamo che non sia determinato dai limiti del mezzo riconducibili alle ridotte opportunità comunicative attraverso canali che non siano verbali, ma è più probabile che costituisca una diretta conseguenza della possibilità di potere “dosare” la propria presenza e il proprio scoprirsi attraverso la Rete, con particolare riguardo a questo tipo di contesti virtuali. La possibilità di “esserci” senza farsi notare attraverso la scrittura di un proprio pensiero, il descriversi in base a quello che si desidera mostrare, di sé e del proprio dolore, senza una possibilità di verifica di nessun tipo, la stessa “immaterialità” della relazione che si genera, tendono a produrre, in alcuni casi, la sensazione di un legame debole, non tanto perché produce un basso coinvolgimento affettivo, quanto piuttosto per via dell’effimera consistenza del legame stesso. Il suo essere supportato da strutture contestuali molto fragili e labili – per lo meno percepite come tali ‐, infatti, rende anche molto più semplice l’abbandono senza 27
esagerati costi emotivi legati, ad esempio, alla condivisione di uno stesso spazio fisico, alla presenza materiale dell’altro a cui vogliamo o dobbiamo rinunciare. Poste queste considerazioni sui limiti del mezzo, limiti che riteniamo intrinseci a questo tipo di tecnologia piuttosto che alla situazione comunicativa oggetto del nostro studio, a nostro avviso Internet costituisce una risorsa molto preziosa per le associazioni, strutture, enti e soggetti in generale che sono vicini a chi ha subito una perdita o che hanno vissuto direttamente un lutto per le diverse ragioni che in più punti abbiamo sottolineato e, soprattutto, perché, al di fuori di questo mondo – definito virtuale, ma in grado di dare un sostegno reale ‐, esiste una Rete frammentata, sporadica e scarsamente organizzata incapace di fare fronte adeguatamente a questo particolare tipo di solitudine. 28
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