Norme redazionali di letteratura - Istituto di Lingua e Letteratura

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Norme redazionali di letteratura - Istituto di Lingua e Letteratura
Istituto di Lingua e Letteratura italiana
Sezione Letteratura
Norme redazionali per la stesura dei lavori di seminario e delle tesi
0. DISPOSIZIONI GENERALI
Lo schema complessivo di un testo a carattere scientifico dovrebbe attenersi al seguente schema:
1.
introduzione: obiettivi, metodi, limiti cronologici e spaziali, strumenti di ricerca
utilizzati;
2.
stato degli studi (il/i repertorio/i sulla cui base è stata formulata l’ipotesi);
3.
inquadramento generale della questione, con una sintesi storico-letteraria o di carattere
filologico-testuale;
4.
approfondimento del problema affrontato, con procedura analitica;
5.
discussione dei risultati;
5bis. eventuali elaborazioni (grafiche, statistiche, ecc.);
6.
conclusioni (l’ipotesi è stata verificata o falsificata);
7.
bibliografia.
Il testo va consegnato in copia cartacea, battuto su una sola facciata del foglio, interlinea 1. 5, in
carattere Garamond, dimensione 12 punti (10 punti per le note), con paragrafi giustificati (cioè
allineati nella loro parte terminale). Ogni facciata deve essere costituita da un numero di righe
compreso tra 35 e 40, comprese le note in calce alla pagina, e ogni riga da un numero di battute
compreso tra 65 e 70. Le pagine devono essere numerate e il numero deve comparire centrato
nella parte superiore del foglio. I margini (alto, basso, sinistra, destra) dovranno misurare 2 cm.
Il lavoro di seminario verrà valutato nella stesura spedita al docente entro la scadenza stabilita. In
seguito il docente effettuerà interventi di carattere contenutistico e/o formale che daranno la
possibilità agli studenti di riflettere proficuamente sullo sviluppo del loro elaborato.
1. GRAFIA
MAIUSCOLA E MINUSCOLA
MAIUSCOLA
In generale, si usa l'iniziale maiuscola per tutto ciò che ha valore di nome proprio. In particolare:
- soprannomi e pseudonimi: il Re Sole, il Beato Angelico, il Grande Tessitore;
- denominazioni antonomastiche: il Vecchio Mondo, la Grande Guerra;
- aggettivi sostantivati che indicano territori: il Bellunese, il Napoletano;
- nomi geografici costituiti da due sostantivi o da un sostantivo e un aggettivo in funzione di
nomi propri: la Terra del Fuoco, l'Oceano Pacifico, l'Australia Occidentale, il Fiume Giallo;
- nomi di secoli, età, periodi storici: l'Ottocento, il Secolo dei Lumi, l'Età dell'Oro, gli anni Venti, il
Medioevo, la Controriforma;
- la prima parola dei nomi ufficiali di partiti: Partito comunista italiano, Partito laburista;
- la prima parola dei nomi di periodici: «Giornale storico della letteratura italiana»
- nomi dei periodi geologici e preistorici: il Giurassico, il Neolitico;
- genere nella classificazione botanica e zoologica: Junisperus communis, Homo sapiens;
- titoli, cariche e gradi, quando sono entrati a far parte del nome (Re Artù ), o quando hanno una
connotazione particolare (sacrale, di autorevolezza, ecc.: il Gran Sacerdote, il Filosofo - Aristotele -);
- titoli stranieri: Sir John Franklin (si ricorda che il titolo di Sir non è mai usato col solo cognome),
Lord Palmerston, Lady Mary, Herr, Frau, Madame, Monsieur, Mademoiselle;
1 - i seguenti nomi, per distinguerli dai loro omografi: Stato (ma: colpo di stato); Tesoro, Interni
(ministeri); Legge, Scienze (facoltà universitarie); Chiesa, Camera dei deputati, Camera dei Comuni,
Gabinetto.
MINUSCOLA
Si usa invece l'iniziale minuscola per:
- i nomi indicanti cariche, titoli, ecc.: il presidente della Repubblica, il ministro del Tesoro, il marchese di
Carabas, don Bosco, il professor Michelini;
- i nomi di religioni, correnti, ideologie, movimenti, ecc.: cristianesimo, buddismo, marxismo,
proibizionismo;
- i nomi di creature mitologiche prese collettivamente: i ciclopi, gli elfi, le ninfe;
- i nomi di membri di ordini o congregazioni: i cavalieri di Malta, i francescani;
- nei nomi geografici, gli aggettivi che indicano l'appartenenza culturale o politica di un territorio
e che non fanno parte del nome: America latina, Asia sovietica;
- indicazioni topografiche cittadine: via Manzoni, piazza San Luigi, rue Rosiers (ma: Jermyn Street,
Sloane Square);
- i versi di poesia, quando la maiuscola non sia richiesta dalla punteggiatura.
- Per san, santa, si ha iniziale maiuscola se il nome del santo designa una chiesa, un luogo, un
titolo, ecc: (la chiesa di San Paolo, la città di San Paolo). Iniziale minuscola quando si parla della
persona: le lettere di san Paolo.
OSCILLAZIONI:
Le istituzioni hanno iniziale maiuscola se accompagnate dalla città in cui hanno sede (l'Università
di Pisa); iniziale minuscola se non compare la denominazione completa o se prevale il senso
generico: frequentava l'università.
Le denominazioni geografiche in funzione appositiva hanno normalmente l'iniziale minuscola: il
lago Trasimeno, il fiume Po, il monte Cervino; l'iniziale maiuscola si usa quando fanno parte integrante
del nome proprio: il Lago Maggiore, il Fiume Giallo, il Monte Bianco.
I corpi celesti hanno l'iniziale maiuscola quando sono intesi come astri: la Luna è disabitata. Iniziale
minuscola in tutti gli altri casi: la luna si rifletteva nel lago.
I punti cardinali hanno l'iniziale maiuscola quando indicano un'area geografica (e sono preceduti
dall'articolo): l'Italia del Sud, il tramonto dell'Occidente, il Sud degli Stati Uniti, l'emigrazione verso il Nord;
iniziale minuscola quando indicano il punto cardinale, la direzione: a est di Cipro, verso occidente.
SEGNI DI INTERPUNZIONE:
- Il punto indica una pausa forte, che conclude un periodo o una frase;
- se la frase si conclude con un’abbreviazione, il punto non si scrive: es. «ecc.» e non «ecc. .» il
punto va dopo le virgolette, i trattini degli incisi, le parentesi di chiusura: es. «(Pascoli).» e non
«(Pascoli.)» ;
- dopo ogni segno d’interpunzione va lasciato uno spazio;
- la virgola indica una pausa breve, e si usa nelle enumerazioni, nelle apposizioni («x, figlio di y e di
z»), negli incisi di qualunque tipo («tutto ciò, lo dico senza tono polemico, mi pare
un'ingiustizia»), dopo un vocativo («senti, mio caro»), nelle ellissi («Marco mangiò un rösti,
Rudolf un piatto di spaghetti»); non si usa dopo e, né, o, ma (a meno che non serva a
suddividere un periodo molto lungo); dopo le relative limitative, a differenza dal tedesco («i
discorsi che tu fai» e non «i discorsi, che tu fai»).
- il punto e virgola indica una pausa più lunga della virgola e serve di solito per separare due
proposizioni coordinate complesse: «La lotta dei signori tra loro non ha nulla a che fare con una
vendetta tramandata di padre in figlio; né si tratta di una lotta politica reale, fra conservatori e
progressisti, anche quando prende quest'ultima forma» (C. Levi). Può essere usata anche nelle
2 enumerazioni di unità complesse: «Per noi è importante una fedeltà che non sia, come spesso
càpita, mera convenzione; una franchezza priva di qualsiasi atteggiamento reverenziale; una
lealtà ecc.»
- i due punti chiariscono e specificano quanto affermato in precedenza; possono indicare la
conseguenza logica dei fatti («schioccò le dita: entrarono subito due camerieri col caffé»); avere
funzione sintattico-descrittiva («era una casetta assai graziosa: tendine rosa alle finestre e un
caminetto allegro col fuoco sempre acceso»); infine funzione appositiva («Seguì uno sparo:
squarcio improvviso nel velluto della notte»).
VIRGOLETTE:
Basse («...»): nei dialoghi e nelle citazioni (vedi più oltre). Per parole usate invece in senso diverso da
quello corrente si adoperano quelle inglesi ("...").
TRATTINO:
Ci sono due tipi di trattini: quello lungo si usa per introdurre delle batture in discorso diretto, e di
norma si adopera solo quello di apertura: «Diceva sempre: – Ecco come saremo ricompensati!»; si
usa anche quello di chiusura quando la citazione è seguita da un inciso: «– Non parlare più –
proruppe Giacomo.». Il trattino breve si usa nelle parole composte.
APOSTROFO/SEGNO DI TRONCAMENTO:
Oltre al suo uso regolare, come segno di elisione, si usa per segnalare l'apocope (= caduta della
vocale finale di una parola), come nell'it. antico de' (= dei), ne' (= nei), ecc; si usa poi per gli
imperativi di' (= dimmi), va', sta' da', fa', po' (= poco) e nelle abbreviazioni delle date: «il '48» per «il
1948». Si preferisce evitare l'elisione davanti a vocale uguale, per cui si scriverà: gli individui e non
gl'individui; questa avventura e non quest'avventura. Non si apostrofa mai «tal» e «qual» (es: tal altro, qual
è).
ACCENTO:
Su a, i, o, u l'accento finale è sempre grave (`); sulla e, l'accento è di norma acuto (´) come in: ché,
perché, benché, giacché, alcunché, finché, né, fuorché, purché, affinché, cosicché, poiché, sé, né, mercé, scimpanzé,
testé, nella terza persona di alcuni verbi (poté, dové) e nei numeri che terminano con tre (ventitré).
Vogliono invece l'accento grave: ahimè, ohimè, bebè, caffè, canapè, cioè, gilè, Giosuè, lacchè, Mosè, Noè, tè.
L'accento tonico di solito si segna quando ci può essere ambiguità. È opportuno segnarlo sulle
seguenti parole: dà (presente indicativo del verbo dare), dèi (ma: Dei), èra (ma: le ere), princìpi.
NUMERALI:
È inelegante rappresentare le indicazioni numeriche direttamente con le cifre: meglio trasporle in
lettere: non «15 componimenti», ma «quindici componimenti». Si devono però usare le cifre:
nell'indicazione dell'anno («il 1973»); nell'indicazione del numero dei versi («il poeta, ai vv. 13-25»);
nelle percentuali («il 28%»). Contrariamente al tedesco, il secolo si indica col numero romano senza
punto («il XVII secolo» e non «il 17. secolo»). Bisogna usare il numero romano, nella citazione
di testi teatrali, anche per indicare l'atto, mentre la scena va in numero arabo: «La locandiera,
atto I, scena 2».
CORSIVO:
Per i titoli dei volumi monografici o miscellanei, degli articoli su periodico (vedi 2. Citazioni
bibliografiche), per i termini latini e stranieri.
3 NOTE:
A piè di pagina, con numerazione progressiva capitolo per capitolo; nel testo, il rinvio alla nota va
posto in esponente dopo i segni di interpunzione; le note saranno in corpo 10;
- in caso di citazione che si conclude col rimando alla nota e un segno di punteggiatura, la
successione da seguire è: virgolette di chiusura, nota in esponente e segno interpuntivo; es: «Già la
pleiade ardente in mar discende»2.
PARAGRAFI:
Occorre andare a capo e iniziare il periodo successivo con un rientro (4 spazi) ogni volta che si
cambia argomento del discorso, o anche soltanto per suddividere le varie fasi
dell'argomentazione. La paragrafatura è importante quindi perché evidenzia l'ordinamento logicosintattico della composizione: occorre dunque evitare sia di presentare testi «monoblocco» privi di
paragrafi, sia frammentazioni eccessive con continui a capo. Si raccomanda di andare a pagina
nuova ad ogni capitolo.
CITAZIONI:
- Le citazioni più lunghe di quattro righe vanno battute, senza virgolette, a interlinea 1,
dimensione carattere 11, staccate dal testo con uno spazio bianco e fatte rientrare di 2 cm.; es:
XXXXXXXXX:
XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX
XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX
XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX
XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX
XXXXXXXXXXXXXX1.
XXXXXXXXXXXXXXXX ecc
Nel caso si tratti di versi, si conservano naturalmente gli a capo del testo originale, e i rientri per i
primi versi delle partizioni metriche; es (terzine di sonetto):
[...] come affermerà qualche anno dopo il poeta:
Nel voler vostro è sol la voglia mia,
i miei pensier nel vostro cor si fanno,
nel vostro fiato son le mie parole.
Come la luna da sé sol par par ch'io sia,
ché gli occhi nostri in ciel veder non sanno
se non quel tanto che n'accende il sole1.
Una simile notazione ecc.
- si inseriscono tra virgolette basse («...»); se si presenta una citazione all’interno di un’altra
citazione si usano invece le virgolette inglesi "..." (Osserva Rossi: «La prosa di Bianchi è una
continua tentazione all'assopimento: "una scrittura oppiacea", tanto per citare una definizione
azzeccata di Verdi»);
- i tagli nelle citazioni vanno sempre segnalati, e si indicano con [...];
- tutte le parole straniere (latino, greco, altra lingua), come si è detto, vanno in corsivo;
- ibidem, idem, eadem vanno in corsivo, se citate per intero; se abbreviate : ibid., ID., EAD.
- versi di poesia (se sono meno di quattro): la prima lettera di ogni verso è minuscola (tranne che
4 se preceduta da un punto); la separazione tra un verso e l’altro è indicata dal segno „/“, quella
tra una strofe e l’altra (p. es. le quartine di un sonetto) dal segno „//“.
ABBREVIAZIONI FONDAMENTALI:
cap. = capitolo
cfr. = confronta
col. (coll.) = colonna
f. (ff.) = foglio
fasc. = fascicolo (per citazioni da periodici)
n. (nn.) = nota
n° (nn) = numero (plurale senza punto)
n. s. = nuova serie
p. (pp.) = pagina
s. d. = senza data
sg. (sgg .) = seguente (andrebbe però evitato: meglio citare sempre le pagine con esattezza)
s. l. = senza luogo di stampa
suppl. = supplemento
s. v. = sotto voce
t. (tt.) = tomo
tav. (tavv.) = tavola
traduz. it. = traduzione italiana
v. (vv.) = verso
vd. = vedi
vol. (voll.) = volume
LINGUE STRANIERE
Le parole francesi e tedesche, anche quelle di uso corrente, mantengono la forma del plurale (élites,
Gestalten, ecc.); le parole inglesi ormai entrate nell'italiano (film, sport, handicap) restano invece
invariate al plurale.
L'articolo italiano che accompagna una parola straniera deve essere del genere e del numero
richiesti dalla lingua originale.
5 I nomi di città straniere si traducono ogni volta che sia vivo il corrispondente italiano
(Edimburgo, Anversa, ma: New York).
2. CITAZIONI BIBLIOGRAFICHE
Esplicitare la citazione costituisce uno dei fondamenti della comunicazione scientifica e una delle
elementari norme proprie dell'«etica della scrittura»; occorre tuttavia che lo studente eviti di
comporre il proprio testo come un mosaico di citazioni: aspetto che di norma denota una scarsa
elaborazione personale dell'argomento trattato.
CITAZIONE DI STUDI A CARATTERE MONOGRAFICO:
Per la prima occorrenza:
Nome puntato dell'autore, cognome, titolo del volume (citare per esteso anche il sottotitolo),
luogo di edizione, editore o (in caso di assenza dell'indicazione dell'editore) tipografo, anno di
edizione; es. C. Zampese, "Or si fa rossa or pallida la luna". La cultura classica nell'Orlando
Innamorato, Lucca, Pacini-Fazzi, 1994. È importante citare sempre dall'edizione effettivamente
consultata: evitare le citazioni «di seconda mano», quelle cioè che si trovano in altri testi.
Nel caso di ristampe o di nuove edizioni è opportuno indicare sempre tra parentesi quadre i dati
relativi alla prima edizione (tutte le informazioni si trovano generalmente all'inizio del volume): ad
es. E. Raimondi, Rinascimento inquieto, Torino, Einaudi, 1994 [1a ed. Palermo, Manfredi, 1965].
Se il volume si compone di una serie di saggi pubblicati separatamente, è opportuno indicare,
sempre tra quadre, l'anno della prima comparsa del testo (oltre al numero delle pagine del
saggio); es. L. Blasucci, Montale, Govoni e l'«oggetto povero» [1990], in Gli oggetti di Montale, Bologna,
Il Mulino, 2002, pp. 15-47.
Nel caso si citi da testi tradotti, occorre indicare sempre il titolo originale della prima edizione;
ad es.: W. Empson, Sette tipi di ambiguità, a cura di Giorgio Melchiori, Torino, Einaudi, 1965 [Seven
types of ambiguity, London, Chatto and Windus, 1930].
Per le citazioni successive dello stesso volume:
Prime parole del titolo, l'indicazione «cit.», la o le pagine da cui si cita; es. L. Blasucci, Montale, cit.,
p. 42.
CITAZIONI DI STUDI A CARATTERE MISCELLANEO:
Per la prima occorrenza:
Non si usi la sigla «AA.vv.»; all’indicazione del titolo occorre sempre far seguire il/i nome/i del/i
curatore/i, quando precisato/i; es. Studi in onore di Bortolo Tommaso Sozzi, a cura di A. Agazzi,
Bergamo, Centro di Studi Tassiani, 1991. Quando v'è un numero molto alto di curatori, si può
citare il primo e indicare «et al.» (che sta per «et alii»; es.: Nuovi studi in onore di Mario Santoro, a
cura di Maria Cristina Cafisse et. al., Napoli, Federico & Ardia, 1989). Anche in questo caso
è importante indicare il numero delle pagine complessive del contributo che si cita; es. M.
Cavina, Gli eroici furori . Polemiche cinque-seicentesche sui processi di formalizzazione del duello cavalleresco, in
Duelli, faide e rappacificazioni. Elaborazioni concettuali, esperienze storiche, a cura di M. Cavina, Milano,
Giuffrè, 2001, pp. 119-154.
Per le citazioni successive dello stesso saggio:
Si citano solo le prime parole del saggio, più «cit.» e la (o le) pagine, senza ripetere la citazione del
volume; es. M. Cavina, Gli eroici furori, cit., pp. 34-35.
Nel caso di un volume miscellaneo che raccoglie i contributi degli atti di un congresso, si indica tra
parentesi il luogo e la data in cui esso si è svolto; es.: Retorica e barocco. Atti del 3° congresso
internazionale di studi umanistici, (Venezia, 15-18 giugno 1954), a cura di Enrico Castelli, Roma, F.lli
6 Bocca,1955.
CITAZIONI DA OPERE IN PIU' VOLUMI
Si procede come per le altre opere, ma occorre citare sempre l'anno di edizione del primo volume
e dell'ultimo: Storia della letteratura italiana, a cura di E. Malato, Roma, Salerno, 1995-2002. Nel caso
di opera non ancora ultimata si indica l'anno del primo volume più «sgg.» (seguenti); es.:
Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto della enciclopedia italiana, 1960 sgg.
CITAZIONI DA PERIODICI
Occorre indicare il nome del periodico tra virgolette (basse), il numero e (dove presente) l'annata
(cioè il numero di anni nel corso dei quali è uscita la rivista: si indica con «a.» più il numero
romano) e il fascicolo («fasc.»), l'anno, il numero delle pagine, indicando con «n.s.» l'eventuale
nuova serie; es: M. Pedroni, Osservazioni sulla poesia di Ernesto Regazzoni, in «Otto/Novecento», n.s.,
a. XXII, 3, 1998, pp. 63-90.
CASI DI REITERAZIONE DI CITAZIONE
- Nel caso si faccia riferimento ad un titolo citato nella nota immediatamente precedente (stesso
autore, stesso titolo), si scrive: «Ivi, p. xxx.»;
- nel caso si faccia riferimento ad un titolo citato nella nota immediatamente precedente (stesso
autore, stesso titolo, stessa pagina), si scrive: «Ibid.»;
- nel caso si faccia riferimento a un titolo il cui autore è citato nella nota immediatamente
precedente (stesso autore, ma titolo diverso), si scrive: «ID., Titolo xxx, p. xxx».
CITAZIONE DI CLASSICI
Non è necessario, per gli autori più noti (Virgilio, Cicerone, Ovidio, ecc.), indicare le edizioni di
riferimento; anche le opere possono venire citate in forma abbreviata, col titolo originale, ma, a
differenza dalle consuetudini della filologia classica, con l'iniziale maiuscola: Aen. = Eneide; Met. =
Metamorfosi; ecc. (in realtà, non c'è in questo caso una regola precisa: nei casi più noti ci si affida
semplicemente al sistema che risulta maggioritario). Per gli autori greci, a meno che non risulti
necessario fare citazioni dal testo originale, si può citare il titolo nella sua traduzione italiana
(Tucidide, Storie) oppure, per alcuni autori, latina (ad es. Plutarco, De liberis educandis ). Di solito il
libro o il canto si cita in numeri romani, il verso in numeri arabi; es.: Virgilio, En. VII, 32.
CITAZIONI DALLA BIBBIA
Si assumono criteri diversi a seconda dell'importanza che i riferimenti biblici assumono all'interno
del lavoro. Se si tratta di menzioni occasionali e che non comportano un'analisi formale ma solo
tematica, si può citare anche dalla traduzione italiana più accreditata, che è quella della Bibbia di
Gerusalemme , Bologna, Edizioni Dehoniane, 1990 [1a ed. 1971], con le abbreviature ivi indicate
(ad es. Dt per Deuteronomio, o 1 Sam per il primo libro di Samuele). In questo caso si indica il
numero arabo del capitolo e quello della riga o del versetto così come indicato nel testo; es.: Sal
21, 16. Se invece ci si occupa di un autore che intende riferirsi al testo latino, occorre naturalmente
citare dalla versio latina (e con le abbreviature in latino). Normalmente essa è la cosiddetta Vulgata
(per cui si veda Biblia sacra iuxta vulgatam versionem, a cura di B. Fischer et al., Frankfurt, Deutsche
Bibelgesellschaft, 1983 [1a ed. 1969]), ma per un autore medievale potrebbe anche trattarsi della
Vetus latina (in questo caso manca un'ed. critica complessiva; si veda Bibliorum Sacrorum Latinae
Versiones Antiquae, seu Vetus Italica [...], a cura di P. Sabatier [ristampa dell'ed. 1743], Turnhout,
7 Brepols, 1991).
CITAZIONI COMPLESSE
Nel caso si citi da opere che presentano, ad es., canto, ottava e numero del verso, occorre usare
per il riferimento intermedio il numero romano con corpo minore, 11 invece di 12; es. L. Ariosto,
Orl. fur., VIII, XXV, 3.
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