La donna nell`antichità
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La donna nell`antichità
Per saperne di più Ricostruire la storia La donna dell’antichità La donna nelle società paleolitiche Nel Paleolitico i gruppi sociali erano nomadi, si procuravano il necessario per vivere attraverso la caccia e la raccolta e si spostavano alla ricerca di cibo. La caccia ai grandi animali era prerogativa degli uomini, più dotati fisicamente, ma non costituiva una fonte di cibo sicura. La sopravvivenza della comunità era dunque assicurata dalle donne: oltre che alla cura dei figli, esse si dedicavano anche alla raccolta di erbe, radici e frutti, e alla cattura di piccoli animali. Le donne preistoriche riconoscevano le parti commestibili o le proprietà medicinali di ogni pianta. Impararono che alcune di esse possedevano fibre robuste ed elastiche e che altre potevano fornire tinture naturali. Conoscevano molto bene i cicli vitali delle piante ed i luoghi in cui, a seconda della specie, esse crescevano più abbondanti, conoscevano il tempo di maturazione dei frutti ed impararono i meccanismi della riproduzione. Tutte queste conoscenze portarono alla scoperta dell’agricoltura, mentre la cattura e l’allevamento di piccoli animali molto probabilmente diedero l’avvio alle prime esperienze di addomesticamento. Gli archeologi hanno ritrovato molte statuette femminili risalenti al periodo paleolitico. Si pensa che esse rappresentassero la capacità della donna di generare la vita e che avessero un valore magico. Infatti, non avendo conoscenze scientifiche o mediche al riguardo, molto probabilmente la nascita di un bambino appariva all'uomo preistorico come un evento magico ed inspiegabile, che sembrava determinato solo dalla madre. Per tutti questi motivi, le comunità paleolitiche riconoscevano alle donna un ruolo molto importante. Le statuette preistoriche che riproducono figure femminili sono chiamate Veneri. © 2006 RCS Libri S.p.A. – Divisione Education 1 Per saperne di più La donna nelle prime società neolitiche Nelle società neolitiche, il villaggio intorno al quale si trovavano le terre coltivate divenne il centro della comunità. I frutti della terra, lavorata in comune, erano distribuiti tra le varie famiglie del villaggio, il bestiame, invece, era di proprietà di ogni famiglia. L'allevamento degli animali e il loro utilizzo nei campi, prese il posto della caccia e divenne quasi esclusivo compito degli uomini. A causa della maggiore disponibilità di cibo e della sedentarietà, le donne riuscivano a mettere al mondo più figli e i bambini erano in grado di sopravvivere alla nascita e ai primi anni di vita in numero superiore rispetto all'era paleolitica. Le donne, insomma, ebbero più figli da allevare e dovettero lasciare agli uomini il lavoro dei campi. Mentre gli uomini si dedicavano dunque alla produzione dl cibo e di manufatti, le donne badavano ai figli e svolgevano attività all’interno della casa: cucinavano, tessevano, lavoravano l’argilla. L'allontanamento dalle attività produttive e di interesse pubblico portò ad escludere le donne anche dai luoghi o dalle situazioni in cui venivano prese decisioni che riguardavano tutta la collettività. © 2006 RCS Libri S.p.A. – Divisione Education 2 Per saperne di più Ricostruire la storia La donna nell’antichità La donna presso i popoli della Mesopotamia Statuette di figure femminili La situazione delle donne in Mesopotamia, variava da città a città: in genere avevano una posizione di sostanziale parità con l’uomo: potevano occupare alte cariche e diventare anche sacerdotesse e regine. Le donne di alto ceto, come le sacerdotesse e coloro che facevano parte delle famiglie reali, sapevano leggere e scrivere. Anche le donne delle classi meno elevate erano libere di andare nei mercati dove potevano comprare e vendere, si occupavano delle faccende legali in assenza degli uomini, potevano possedere proprietà, chiedere dei prestiti, occuparsi di affari in proprio. Il potere e la libertà femminile diminuirono fortemente durante la dominazione assira. Risale proprio a questo periodo un documento che impone alle donne delle classi più elevate di portare il velo in pubblico. Ecco alcune leggi del codice di Hammurabi che riguardano le donne. "Se una signora sposata mostra la sua faccia fuori dalla porta e insiste nel comportarsi stupidamente, gettando discredito sulla sua famiglia, verrà giudicata, e se suo marito decide di divorziare da lei, può divorziare senza darle nulla come risarcimento per il divorzio". "Se una donna sposata rimane incinta da un altro uomo, li si legherà e li si getterà nell'acqua. Ma se suo marito desidera, può lasciare che sua moglie viva." "Se un marito accusa sua moglie di tradimento, ma lei non è colta sul fatto, lei potrà giurare su Dio la sua innocenza e tornerà a casa propria." "Se un uomo desidera il divorzio da sua moglie, perché non ha generato figli, deve restituirle tutto ciò che ha speso e la dote che lei ha portato dalla casa del padre prima di lasciarla andare." "Se una donna litiga col marito e dice: "Tu non sei adatto a me" perché lui la lascia e la trascura, se lei non ha colpa e non c'è difetto nella sua parte, può presentare richiesta di divorzio. Poi può prendere la sua dote e ritornare nella casa di suo padre." © 2006 RCS Libri S.p.A. – Divisione Education 1 Per saperne di più Ricostruire la storia La donna nell’antichità La donna egizia La donna egizia era considerata pari all'uomo, tuttavia, erano gli uomini a ricoprire quasi tutte le cariche pubbliche, in ogni caso una certa uguaglianza tra uomini e donne si trovava solo nelle classi elevate della società. Solo cinque o sei donne diventarono faraone, ma molte regine collaborarono attivamente con i loro mariti nel governo del regno. Anche le figlie dei faraoni godevano di una posizione invidiabile: una di loro divenne addirittura “grande sacerdotessa”. Soprattutto durante l'Antico Regno, le donne non sposate potevano avere delle proprietà, disponevano della facoltà di amministrarle da sole, di comprarle e di venderle, e potevano trasmetterle ai loro eredi. Le donne, inoltre, potevano studiare e svolgere compiti da funzionario sia negli incarichi pubblici sia in case private. Quando si sposavano le donne, continuavano a disporre dei loro beni, e li mantenevano in caso di divorzio. Anche davanti alla legge godevano degli stessi diritti e doveri degli uomini: erano responsabili delle loro azioni e potevano essere portate in giudizio e punite come gli uomini. In seguito, durante il Nuovo Regno, le donne delle classi più elevate persero gran parte della loro indipendenza, si limitarono a svolgere le loro principali attività nella sfera privata, e divennero le "signore della casa". Sarcofago di regina. Le principali fonti indicano che nell'Egitto antico, tra le classi meno elevate, esisteva una divisione del lavoro in base al sesso. I servitori maschi si occupavano degli uomini, le donne, invece, erano a servizio delle signore. I servitori occupati nelle grandi tenute dei nobili o nei templi partecipavano alla lavorazione del pane e della birra, ma le donne erano specializzate nella filatura e nella tessitura. Un altro compito esclusivo delle donne era quello della balia, la donna che allatta figli non suoi; nel caso dei figli del re, soltanto donne appartenenti alla classe nobile potevano esercitare questa funzione. Nelle campagne, le contadine non partecipavano alla maggior parte delle attività agricole e pastorizie, ma collaboravano alla raccolta del grano. © 2006 RCS Libri S.p.A. – Divisione Education 1 Per saperne di più Ricostruire la storia La donna nell’antichità La donna ebrea La Legge contenuta nella Torah sosteneva l’inferiorità della donna all'uomo sotto ogni aspetto. Per questa ragione la donne ebree non potevano partecipare alla vita pubblica, né testimoniare ai processi. L’occupazione della donna consisteva quindi nel disbrigo dei lavori domestici. Le donne non erano neanche tenute allo studio della Bibbia, che invece era richiesto agli uomini. Quando entravano nel Tempio non potevano oltrepassare il vestibolo, e nelle sinagoghe non partecipavano né alla lettura della Torah, né alle preghiere. I padri potevano decidere se vendere le figlie come schiave oppure stipulare un contratto di matrimonio. Le ragazze di solito si sposavano assai giovani, fra i 12 e i 14 anni. La promessa di fidanzamento o il matrimonio potevano essere rotti, con una lettera di ripudio, solo dal fidanzato o dal marito, nel caso in cui “avesse trovato nella moglie qualcosa di vergognoso”. In caso di divorzio, il marito doveva versare alla donna dalla quale si separava la somma che era stata stabilita nel contratto di matrimonio. Il fatto di rimanere senza figli, era considerato una grande sventura, addirittura un castigo di Dio, per questo se dopo dieci anni di matrimonio non erano ancora nati figli, il marito poteva ripudiare la moglie. Le donne accusate di tradimento venivano condannate a morte per lapidazione, venivano cioè giustiziate scagliando contro di loro pietre fino a provocarne la morte. © 2006 RCS Libri S.p.A. – Divisione Education 1 Per saperne di più Ricostruire la storia La donna nell’antichità La donna greca In tutte le città greche le donne occupavano una posizione inferiore rispetto a quella degli uomini. Esse dovevano massimo rispetto ed obbedienza, prima al padre e poi al marito, non potevano permettersi di interessarsi di questioni al di fuori della famiglia, né possedere alcun bene o proprietà. Le donne non avevano la cittadinanza, quindi non godevano dei diritti politici: non potevano partecipare alle assemblee, né votare, né candidarsi alle cariche pubbliche. Erano escluse anche dai giochi olimpici che non potevano neppure seguire come spettatrici. Nell’agorà, la piazza principale della città, dove si svolgevano gli incontri pubblici e il mercato, si potevano incontrare uomini liberi, schiavi di entrambi i sessi e venditrici di ortaggi. La presenza femminile si limitava dunque alle donne più povere. Le donne sposate delle classi più elevate, vivevano relegate nei ginecei, le stanze destinate alle donne. Erano autorizzate a lasciare l’abitazione solo per partecipare a nozze, processioni o funerali. In questi casi erano sempre accompagnate da un parente maschio (il padre, il marito, il fratello o il figlio) o in via del tutto eccezionale da uno schiavo. Quando erano in pubblico dovevano tenere il capo e il volto coperti da un velo. Le fanciulle di condizione elevata trascorrevano la loro infanzia rinchiuse tra le mura del gineceo giocando con Busto di donna greca bambole o con altri giochi, come la palla, la trottola, l’altalena o il cerchio, ma crescevano completamente ignoranti poiché non si riteneva necessario dare loro un’istruzione regolare come si faceva con i figli maschi. Le bambine venivano promesse in sposa dai padri fin dalla più tenera età. La promessa di matrimonio consisteva generalmente in uno scambio di doni: spesso veniva scelto come sposo chi offriva doni di maggiore valore, ma il consorte poteva anche essere scelto in base al prestigio sociale di cui godeva. In cambio il padre concedeva una dote. Le nozze, poi, si celebravano quando le fanciulle avevano tra i 14 e i 16 anni. Il marito, invece era sempre molto più anziano, l'uomo greco, infatti, si sposava all'età di circa trent'anni. I due sposi spesso si incontravano per la prima volta il giorno stesso delle nozze. Se restava vedova, la donna doveva dipendere dai figli, se erano adulti, o doveva tornare sotto la protezione del padre o del parente più prossimo. © 2006 RCS Libri S.p.A. – Divisione Education 1 Per saperne di più Il primo compito della moglie era quello di assicurare al marito una discendenza, cioè di mettere al mondo dei figli. Era però del tutto normale che all’interno dell’abitazione coabitassero anche ragazze povere o schiave, che a loro volta potevano dare dei figli al capo famiglia. Il secondo compito era quello di prendersi cura della casa. L’uomo infatti era spesso assente: andava in campagna per sorvegliare i lavori, se possedeva dei campi, oppure al porto, se era un commerciante, oppure si recava nell’agorà per partecipare alla vita politica o per fare spese, mansione che le donne non potevano svolgere. La donna iniziava la sua giornata con la toilette mattutina, poi si dedicava alla cura dei figli. Nelle famiglie ricche, dove i piccoli per i primi mesi di vita erano affidati ad una balia, era la madre che li allattava, li curava e li vegliava. Durante il giorno la donna, insieme alle serve, si recava alla fontana ad attingere l’acqua, si occupava del bucato, ricamava, filava o tesseva al telaio e preparava il pranzo. Infine, nei momenti di ozio poteva far visita alle amiche che abitavano nelle vicinanze della casa. © 2006 RCS Libri S.p.A. – Divisione Education 2 Per saperne di più Ricostruire la storia La donna nell’antichità La donna romana Nei primi secoli della storia di Roma e durante tutta l’epoca repubblicana, l’uomo fu il capo indiscusso della famiglia, con un potere di vita e di morte sulla moglie, sui figli e sulla servitù. Soltanto l'uomo godeva dei diritti politici (votare, eleggere e farsi eleggere, intraprendere la carriera politica), la donna ne era del tutto esclusa. Anche per esercitare i diritti civili (sposarsi, ereditare, fare testamento) aveva bisogno del consenso di un uomo: prima il padre, poi il marito e, se restava vedova, il parente maschio più prossimo. I legislatori latini sostenevano che le donne non erano in grado di agire in modo autonomo in quanto ignoravano le leggi, erano deboli, superficiali e avevano un’intelligenza limitata. Le donne romane non avevano neppure diritto ad un vero nome proprio. Mentre ai maschi venivano assegnati tre nomi, alle femmine veniva attribuito solo il cognomen, cioè il titolo della famiglia a cui Affresco che raffigura una donna romana. appartenevano, usato al femminile. Se le figlie erano più di una, ricevevano nomi come Prima, Secunda, Tertia, Maxima, Maior, Minor (cioè Prima, Seconda, Terza, La più grande, Maggiore, Minore) Il nome proprio di una donna, comunque, non doveva essere conosciuto se non dai più stretti familiari, non doveva mai essere pronunciato in pubblico e non veniva scritto neppure sulla sua tomba. Le fanciulle ricevevano in casa una sommaria istruzione, che riguardava per lo più l'economia domestica, fino all'età di 12-14 anni circa, quando venivano considerate adulte e pronte per il matrimonio, che veniva contrattato dal padre con il futuro marito. Durante la cerimonia nuziale, alla domanda “Qual è il tuo nome?” la sposa rispondeva con il cognomen dello sposo, che sostituiva o si aggiungeva al precedente cognomen paterno. Il dovere della donna sposata era quello di essere fedele al marito, di dirigere la casa, di partorire figli, di curarli e di istruirli fino all'età di sette anni, da quel momento essi passavano sotto la tutela del padre e la madre non aveva più nessuna influenza su di essi. © 2006 RCS Libri S.p.A. – Divisione Education 1 Per saperne di più In età imperiale le donne cominciarono ad acquisire maggiori diritti, anche se continuavano ad essere ritenute inferiori agli uomini. Potevano muoversi e agire con maggiore libertà: uscivano per fare spese o per andare a trovare le amiche, potevano partecipare ai banchetti, agli spettacoli oppure recarsi ai bagni pubblici e godevano di maggiore rispetto anche da parte dei figli. Le donne di classe più elevata seguivano attivamente la carriera politica del marito. Numerose donne si dedicarono alla letteratura e alla grammatica, riuscendo in alcuni casi a superare in bravura e prestigio alcuni fra i più illustri letterati dell'epoca. Donne ai bagni pubblici in un mosaico della villa romana di Piazza Armerina (Sicilia). © 2006 RCS Libri S.p.A. – Divisione Education 2