origini della libertà moderna. Il movimento dei Livellatori

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origini della libertà moderna. Il movimento dei Livellatori
Quaderno n. 4 – Switzerland Institute
Giovanni Giorli
Alle origini della libertà moderna
Il movimento dei Livellatori
1. Premessa. 2. Critica della visione storiografica tradizionale. 3. Contesto storico e cause della rivoluzione. 4. Il
partito livellatore (Questione religiosa – I capi del partito – Il “Nuovo Modello” – L’occupazione di Londra, il
patto del popolo e i dibattiti di Putney). 5. La seconda guerra civile e la “purga” di Pride. 6. L’epoca repubblicana e
le nuove istanze di Lilburne (La repressione di Cromwell – La lotta per la libertà dell’Irlanda – Nuovo programma
del partito livellatore e la versione definitiva del Patto del Popolo – I Diggers – Vittoria e fine del partito
livellatore). 7. Analisi dei testi (England’s new chains discovered di John Lilburne – An arrow against all tyrants
di Richard Overton). 8. Locke e i livellatori (La tolleranza – La proprietà).
§1. Premessa
L’idea che ha ispirato questa indagine è stata quella di riscoprire e rivalutare il
pensiero di alcuni uomini, che fondarono e dettero vita al movimento livellatore,
anticipando e probabilmente ispirando uno dei più grandi pensatori dell’epoca
moderna: John Locke. Intorno alla metà del XVII secolo, il movimento livellatore
inglese fu capace di raccogliere e di far sue le istanze di forze popolari fino ad
allora rimaste anonime, traducendole in programmi e manifesti che circolarono
ovunque.
Essi furono capaci di riorganizzare un esercito di volontari epurando le scorie del
passato e creando una forza militare di “uomini che mettono un po’ di coscienza in
quel che fanno”, come ebbe a dire il Cromwell. Composto principalmente di
popolani, questo esercito impiegava le forze di quegli stessi uomini che erano
oberati quotidianamente da accise e dazi e che riuscivano a vivere sostanzialmente
del loro lavoro nelle botteghe o nei campi.
Tuttavia sarebbe da considerarsi erroneo concepire il movimento dei “Levellers”
1
come un’ala posta a sinistra del partito Indipendente; essi infatti, non furono mai
teocratici come questi ultimi e non attribuirono mai allo Stato il compito di
riconoscere e imporre un codice morale secondo una visione etica; ma anzi
rivendicarono con forza il principio della tolleranza religiosa, riuscendo a
concepire la piena separazione fra Chiesa e Stato.
Si possono a ragione considerare come i primi inglesi a formulare l’idea di un
partito politico organizzato laicamente e amministrato su basi democratiche. Un
movimento che per molti aspetti fu innovatore e anticipatore, giacché s’impegnò in
modo diretto nella lotta per la proclamazione di una repubblica laica.
Il tramonto del partito livellatore può apparire assai sorprendente visto i toni accesi
e l’entusiasmo che vide gli albori della sua nascita e dei suoi ideali, che si
svilupparono nel quinquennio che va dal 1646-1650. Dopo questo breve momento,
assistiamo infatti al suo progressivo affievolimento fino al 1653, anche se non
senza qualche gagliarda impennata e il tentativo di riaffermare il movimento. Resta
comunque l’idea di un partito, quello livellatore, che fu capace di parlare agli
uomini comuni delle dure realtà della vita quotidiana.
Esso si trovò ad affrontare una battaglia aperta e leale contro i prestiti usurari, le
decime e tutti quei tributi imposti dal “signore del maniero”; ma con mezzi che si
rivelarono purtroppo inadeguati agli intrighi della politica parlamentare.
Una naturale diffidenza per la politica e per il governo impedì loro una posizione
che poteva essere assai decisiva. Il solo obiettivo su cui basarono la loro lotta fu la
limitazione del potere arbitrario e coercitivo dello Stato e la tutela dell’individuo in
ogni sfera della sua vita, dalla fede alla proprietà.
Occorre evidenziare la sotterranea continuità fra questo moto popolare e le
esplosioni radicali della seconda metà del Settecento e degli inizi dell’Ottocento.
Un filo conduttore lega saldamente i livellatori, non solo dal punto di vista
ideologico e programmatico, ma soprattutto sociale, agli “Anti-Corn Law League”,
ai “manchesteriani” e “i cartisti”, mentre per altra via il fermento di quegli anni si
trasferiva in America, per rimbalzare più tardi in Europa turbando le classi
governative di tutto il mondo.
2
§2. Critica della visione storiografica tradizionale
La storiografia classica ottocentesca ignora il movimento livellatore. Nelle opere di
J.R. Green, Short History, e di G.M. Trevelyan, England under the Stuarts, si nota
come i due grandi autori classici che tanto hanno contribuito alla decodifica della
storia inglese trattano in maniera sommaria e marginale il fenomeno livellatore,
dedicandogli non più di tre o quattro righe o addirittura non menzionandolo affatto.
Tale indifferenza appare sconcertante agli occhi attenti della storiografia attuale,
che analizza non solo il fenomeno rivoluzionario fine a se stesso, ma tutti i
movimenti, le spinte democratiche, le idee politiche e i suoi leader. È importante
capire quali siano i motivi di tale insensibilità verso tale fenomeno.
Nell’Ottocento la storiografia classica si era sostanzialmente biforcata in due
visioni della rivoluzione, speculari e parallele al mondo politico dell’epoca. La
maggioranza degli storici liberali si concentrò sull’analisi della Glorious
Revolution del 1688, la cui “gloria” secondo loro consisteva non tanto nelle idee
lasciate ai posteri o nelle conquiste pratiche, ma nel fatto che era stata compiuta
senza spargimento di sangue, perfino senza ricorrere alla forza, ma facendo uso
solo della minaccia coercitiva, come avvenne con l’intervento necessario
dell’esercito guidato da George Monk, che portò alla restaurazione di un ordine
politico più solido, restituendo i poteri al Parlamento. In questa lettura appare
evidente lo sforzo di ricercare le origini del liberalismo politico.
L’altro filone storiografico è rappresentato dal Carlyle e, più tardi, dal Firth, e si
concentra sugli eroi, in una concezione diversa e non certo democratica, cercando
di analizzare le glorie di Cromwell, dei generali del Nuovo Modello e del regno dei
Santi.1 Questa storiografia “eroica” contrappone la figura dell’eroe, solo arbitro
della bontà e della giustizia umana, al materialismo e all’ottimismo nascente dalla
rivoluzione industriale. Ciò conduce a una lettura storica volta a ricercare le origini
delle prime glorie imperiali e commerciali, tralasciando tutto il resto, anche se il
Carlyle dedica una pagina alla virile morte dei livellatori, in omaggio sempre al
culto degli eroi. Nell’insieme la storiografia classica si è per anni fermata su questi
due binari: sul traguardo dei whig e di Cromwell.
Tale lettura subì un mutamento, a poco a poco, con l’avvento di nuove forze
politiche e sociali si analizzò una realtà che apparve da subito più profonda e molto
più complessa. Il primo che sollevò il velo sulle correnti politiche di fondo
dell’Interregno2 fu Eduard Bernstein, che riscattò dall’oblio i Levellers e i Diggers,
1
Santi o Eletti, si autoproclamavano i puritani e in particolare gli indipendenti di Cromwell
e i più estremisti Settari.
2
Il periodo di vacanza della monarchia 1649-1660, o in senso più estensivo, di sostituzione
3
sintomo che le nuove idee politiche esigevano una lettura diversa e più
approfondita della storia. Una lettura storica che si incentra su un’analisi “dal
basso” che scruta un aspetto non solo politico, ma anche religioso e sociale.
Così autori come C. Hill, e N.H. Brailsford, danno una lettura economica ma non
solo, se è vero che la frattura si aprì in seno alla classe dominante, è vero anche che
molti ricchi borghesi e aristocratici si schierarono dalla parte della barricata
opposta ai loro interessi sociali. Tale visione si spinge oltre alla lettura per aree
geografiche, cara agli storici liberali, che illustrano una divisione tra un’Inghilterra
occidentale realista e un’Inghilterra orientale ribelle, senza soffermarsi sulle ragioni
religiose ed economiche. Come dice il Brailsford: “la ripartizione territoriale ebbe
un fondamento economico, l’Est mercantile scese in guerra contro il West feudale”.
L’approccio seguito appare allora esaustivo, capace di considerare la forza e la
debolezza del moto popolare-radicale di cui i livellatori rappresentano l’apice. A
taluni potrà sembrare che tale analisi si concentri più sui moti “piccoli-borghesi”,
ma del resto i contenuti sono propri di una classe emergente che chiede maggiore
libertà e considerazione. Non sono gli eroi mitici di Carlyle, ma sono i suoi
“parenti poveri” come li definisce Brailsford, che furono capaci di costituire
un’organizzazione unitaria, nazionale ed armata, con esempi di rappresentanza
diretta della base, il “primo soviet della storia” come lo definì Hill, rivendicando il
ruolo della Gran Bretagna come anticipatrice del grande mutamento politico,
religioso, economico-industriale che aprì le porte alla modernità3.
In questa epoca pre-industriale il partito livellatore ebbe la capacità indiscussa di
proiettare il suo pensiero oltre il periodo contingente, immaginando una società
ipotetica ma non utopica. Come afferma Harold J. Laski, “l’ideale di Lilburne era
probabilmente quello di una comunità di piccoli proprietari, con una religione
libera e una assistenza generosa per il povero4”.
della Corona ad opera del Lungo Parlamento e delle successive Camere di Commonwealth
e del Protettorato cromwelliano (1642-1660).
3
Che prosegue: “Il fatto di essere figlio di un pastore, poi, non fu secondario nel suo
interesse verso i puritani e per il ruolo delle sette nella ribellione contro la Chiesa di Stato,
pilastro della Corona. Il mondo alla rovescia (uno dei saggi più famosi, pubblicato in Italia
da Einaudi come la maggior parte delle sue opere) affondava le radici nell’eresia dei ceti
inferiori che rifiutavano l’ idea di poter essere condannati per i propri peccati. Da ciò venne
l’ insofferenza verso la proprietà e le distinzioni di rango o di merito: il clima culturale,
insomma, che fece sentire «improvvisamente liberi» livellatori, zappatori, presbiteriani,
dando vita a quella rivoluzione puritana i cui frutti si sarebbero visti due secoli dopo, con i
progressi della democrazia politica e con il socialismo libertario dal quale Hill, con tutto il
suo marxismo, non fu poi così lontano”, Cesare Medail, “Christopher Hill, marxista che
amava i puritani”, Corriere della Sera, 26 febbraio 2003, p. 37.
4
Harold J. Laski, Le origini del liberalismo europeo, Firenze, La nuova Italia Firenze,
1936, p. 81.
4
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§3. Contesto storico e cause della rivoluzione
Le cause che portarono alla rivoluzione furono senza dubbio molteplici, ma occorre
ricordare prima di tutto le ragioni economiche. Innumerevoli erano i carichi fiscali:
la “imposta sulla flotta5” che estese l’onere del mantenimento della flotta a tutto il
regno, i prestiti forzosi, concessione di monopoli a favoriti e alti dignitari, le
antiquate esazioni feudali a carico dei proprietari di grandi foreste o di possessori
di fondi in tenuta militare6. Se le ragioni economiche non furono le sole cause della
rivoluzione, la politica di estremo fiscalismo attuata da Carlo I durante il decennio
di governo personale, generò un malessere profondo nella società, caratterizzata da
un livello di corruzione inaudito. Al fiscalismo estremo seppe rispondere talvolta il
Parlamento come nel 1627 che convocato per approvare l’ennesima tassa a
sostegno delle crescenti spese militari, rifiutò ogni tipo di sussidio: al contrario,
due membri del Parlamento proposero una Petizione dei diritti7.
Secondo Brailsford “tutto o quasi tutto era in vendita”: dalla nomina a Pari
d’Inghilterra ad una laurea di dottore in teologia a Cambridge. In questo periodo
William Lenthall, lo speaker del Lungo Parlamento, fu accusato di corruzione con
prove schiaccianti. Ricondurre però a motivi squisitamente economici le cause
della rivoluzione non appare corretto.
Le lagnanze economiche allentarono certo il vincolo di fedeltà al sovrano, ma a
molti di questi abusi Carlo I aveva messo riparo nel periodo fra la convocazione del
Parlamento Lungo nel 1640 e lo scoppio delle ostilità nel 1642. Si potrebbe
5
Cd. “Ship Money”, del 1635, un’imposta che dovevano pagare tutti i porti per provvedere
al mantenimento delle navi da guerra: il re decise che la tassa doveva esser pagata da tutte
le città, anche quelle all’interno del paese. La resistenza fu fierissima e provocò un famoso
processo durante il quale alcuni avvocati giunsero a parlare per interi giorni. Alla fine i
giudici dettero ragione a Carlo I perché la flotta era necessaria per difendere il commercio
dai pirati, ma gli oppositori ebbero una tribuna eccezionale per mostrare il loro dissenso.
6
Fu attuata una revisione dei titoli di proprietà in tenuta militare cd. “Knight’s service”
onde riscuotere maggiorati canoni monetari in cui le prestazioni personali originarie erano
state commutate, o per richiedere forniture di uomini, armi, cavalli ecc., in: N.H. Brailsford,
I Livellatori e la rivoluzione inglese, Milano, Il Saggiatore, 1962, volume primo, pp. 50-51.
7
La cosiddetta Petition of rights (“petizione dei diritti”), documento redatto nel 1628 ad
opera del Parlamento inglese e indirizzato al re Carlo I, cui era chiesto il riconoscimento di
diritti quali l’inviolabilità personale e la necessità del consenso parlamentare per le
imposizioni fiscali. Costituisce il primo tentativo di limitare costituzionalmente i poteri
della Corona inglese e va inquadrata nella lotta tra il re e il Parlamento, che si era ribellato
alla tassazione forzata (1626-27) decisa dal sovrano per finanziare la guerra con la Francia
in difesa degli ugonotti assediati alla Rochelle dalle truppe francesi di Richelieu. La
Petition of rights fu accettata, ma quando (1629) i comuni vi fecero appello contro le
rinnovate pressioni fiscali di Carlo I, questi sciolse il Parlamento.
6
inquadrare il conflitto in una rivolta contro il potere arbitrario della monarchia, una
rivolta contro la tirannia, e del resto è questo che affermano i pamphlet e i dibattiti
dell’epoca. Si tratterebbe, insomma, di una sollevazione contro il Re e il suo
“malvagio disegno di erigere e mantenere a sé il potere illimitato e tirannico di
governare di suo arbitrio, e sopprimere i diritti e le libertà del popolo”. Tale lettura
appare però insoddisfacente. È vero che l’ala puritana nutriva per Carlo I un
risentimento profondo, ma inquadrarlo come autocrate è un grave errore.
Succeduto a Giacomo I nel 1625, questi era un intellettuale ancor più raffinato del
padre e ben presto la sua corte fu frequentata da artisti, poeti, musicisti. Non
brillava per doti fisiche e come oratore balbettava. Introverso ed altezzoso, non
possedeva magnetismo, né il dono di ispirare e trascinare. Rispetto a come operava
al tempo dei suoi predecessori, la Camera Stellata8 non operò molto diversamente.
Tutto sommato Carlo I non fu più “arbitrario” di altri monarchi inglesi, né dei
successivi regimi puritani. Gli storici moderni come il Brailsford hanno
notevolmente ridimensionato le accuse whig di dispotismo e di malgoverno.
Un altro motivo che occorre menzionare è la questione religiosa, in relazione
sopratutto alla figura dell’arcivescovo Laud.
Carlo I era un anglicano convinto che non tollerava attacchi contro il Prayer Book e
l’organizzazione ecclesiastica anglicana. Soprattutto non amava i puritani che
rivelavano un crescente malanimo nei confronti della monarchia. L’opposizione
parlamentare cominciò a prendere di mira William Laud, arcivescovo di
Canterbury e guida della più radicale opposizione ai puritani. A loro volta, i
puritani lo accusavano insieme al Re di essere segretamente cattolico. Secondo il
Brailsford la figura di Laud fu eccessivamente strumentalizzata dal parlamento,
egli dovette battersi contro i vescovi pronti ad affittare a congiunti per somme
irrisorie beni della Chiesa, o contro i vicari che si servirono delle chiese per
ricoverarvi il bestiame. L’Arcivescovo, insieme a Thomas Wentworth, furono
oggetto di un attacco spropositato rispetto al loro operato. È vero che aborrivano
ogni forma in senso democratico, questo perché erano e rimasero servitori del re,
governando e riformando dall’alto, rimanendo all’oscuro dei moti dell’opinione
pubblica. Carlo I continuò a negare che le questioni religiose fossero di pertinenza
del Parlamento. Il Parlamento replicò negando al Re la concessione anche delle
tasse ordinarie fin tanto che non avesse accettato di discutere la politica religiosa.
Questi fatti furono senza dubbio la miccia della rottura: Carlo I decise di chiudere il
8
Star Chamber (1487-1641). Tribunale regio inglese istituito nel 1487 con il compito di
sorvegliare gli sceriffi, reprimere le rivolte e in particolare giudicare i casi a sfondo politico
che il governo riteneva opportuno sottrarre alla giurisdizione delle magistrature ordinarie.
Fu soppressa nel 1641 dal Parlamento Lungo. Sotto il regno di Carlo I non cessò di operare
contro gli avversari politici della monarchia, soprattutto contro i puritani, con pene crudeli,
vendicative e ammende rovinose.
7
Parlamento. Quando lo Speaker annunciò la decisione del re e tentò di lasciare
l’assemblea, fu afferrato e rimesso al suo posto. Un deputato chiuse a chiave le
porte della sala e dette inizio a una drammatica seduta nel corso della quale furono
messe sotto accusa la politica finanziaria e religiosa del sovrano cui seguì la
condanna morale di tutti coloro che erano decisi a favorirla. Alcuni oppositori del
re come il deputato Elliot furono imprigionati. Gli altri parlamentari andarono a
casa e il Parlamento non fu più convocato per i successivi undici anni.
Dal 1629 al 1640 Carlo I regnò senza il Parlamento. Contrariamente a quanto si
possa pensare, furono anni di crescente di crescita economica e di prosperità,
perché il Regno Unito non partecipò in alcun modo al conflitto. Anche volendo, il
sovrano non poteva prendere decisioni che comportassero spese, poiché solo il
Parlamento poteva votare e autorizzare i relativi finanziamenti a sostegno
d’impegni militari. Carlo I dovette affidarsi ad una politica di rigore, potendo
contare solo sul suo patrimonio e sulla vendita di patenti di nobiltà, che in quel
periodo furono inflazionate, accrescendo la decadenza dell’antica nobiltà (le cui
rendite fondiarie diminuivano). In questo periodo si ebbe l’ascesa di una nuova
nobiltà che proveniva dalla borghesia della City di Londra, il gran centro
finanziario e commerciale che aumentava di anno in anno il suo giro d’affari. In
questa situazione continuava l’opera moralizzatrice dell’arcivescovo Laud,
convinto che Dio avrebbe punito la nazione per ogni tolleranza della bestemmia,
dell’eresia e dello scisma da parte del governo. Quando nel 1637 l’arcivescovo
Laud, il vescovo Juxon e i membri laici della Camera Stellata, costrinsero la folla
londinese ad assistere alla mutilazione per taglio delle orecchie dei militanti
presbiteriani, non fecero altro che fomentare il risentimento sempre più crescente.
Come afferma il Brailsford, gli inglesi erano abituati alla vista della crudeltà e
dell’efferatezza: in qualunque giorno dell’anno era possibile assistere a
un’impiccagione di massa o assistere ai roghi. Versare il sangue dei “Santi di Dio”,
come si chiamavano i puritani, era un’altra faccenda. Brailsford indica un
documento di enorme rilievo, redatto da un sacerdote realista: la “Persecitio
Undecima9”. In tale testo si ammette la follia di tali pene selvagge e aggiunge: “I
londinesi, ne erano indignati a tal punto che un ministro di culto non poteva
circolare senza che la sua veste suscitasse il grido ‹‹Prete di Baal››”. Appare ovvio,
che per i puritani e per il loro esercito, la giustificazione ultima e sufficiente dei
dieci anni di conflitto fu che essi lottarono per la libertà di coscienza. Il clima di
guerra fu creato molto prima della convocazione del Lungo Parlamento. Gli
Scozzesi lo fomentarono, mobilitando l’esercito contro l’imposizione dei vescovi
del Libro di Preghiera10, e superando in armi il confine. La rivolta si estese a tutta
9
Anonimo, Persecitio Undecima, 1648.
Book of Common Prayer, o semplicemente Prayer Book, della liturgia anglicana. La
dichiarazione di ostilità da parte puritana nei confronti del testo, riguardava si aspetti di
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8
la Scozia, si costituì un esercito agli ordini di Alexander Leslie. Annunciando a
Carlo I, che se avesse insistito a costringere gli Scozzesi presbiteriani ad adottare il
Prayer Book, gli sarebbero occorsi almeno 40.000 soldati. Il re si decise per la
lotta. Nell’aprile 1640 il re fu costretto a convocare il Parlamento per avere i fondi
necessari alla repressione in armi della rivolta scozzese. Una volta riunito il
Parlamento apparve subito chiara la forte opposizione a Carlo I, incarnata
sopratutto nella figura di John Pym, che convinse i parlamentari a non offrire al re i
fondi necessari alla guerra in Scozia, prima che tutte le vecchie richieste del
Parlamento fossero state accolte. Messo alle strette, Carlo I decise di sciogliere il
Parlamento e offrì ai rivoltosi scozzesi una forte somma di denaro per convincerli a
non invadere l’Inghilterra. Nel novembre 1640, ormai all’angolo, il re si piegò a
riconvocare il Parlamento Lungo, così chiamato perché rimase in carica, fino al
1653.
Appena riconvocato il Parlamento sotto la guida sapientemente scaltra di Pym
ignorò la questione scozzese11, occupandosi invece dell’arcivescovo William Laud
e di Wentworth, I conte di Strafford, inviso al Parlamento perché ritenuto l’artefice
del fallimento della Petizione dei diritti del 1629. Il Conte si era “distinto” come
governatore dell’Irlanda, dove aveva operato con mano di ferro, procurando
all’isola uno dei rari periodi di tranquillità del XVII secolo. Inoltre aveva suggerito
il richiamo di un esercito dall’Irlanda per schiacciare gli scozzesi, o come molti
puritani sospettarono degli stessi inglesi. E proprio intorno a tale allusione Pym
decise di agire instaurando un processo nei confronti di Strafford. L’intero
processo, si ridusse, poiché non c’erano prove a carico del favorito di Carlo I,
all’interpretazione di una frase pronunciata dallo stesso che avrebbe detto di avere
un esercito irlandese in grado di conquistare “questo regno”. I Lord erano chiamati
a fungere da giudici e nel corso del processo lo Strafford sostenne che con la frase
“questo regno” intendeva la Scozia, mentre Pym sosteneva che significava
l’Inghilterra. Pym arrivò a far votare un Bill of Atteinder, una legge in forza della
quale non occorrevano prove, ma una semplice dichiarazione di tradimento nei
confronti di un imputato da parte del Parlamento. La minaccia di un intervento
dell’esercito contro il Parlamento fece schierare contro il re, i giudici e i
parlamentari. Il Re dovette cedere e nel maggio 1641 il Conte Strafford fu
decapitato, dopo aver ricevuto la benedizione del Laud finito poi anch’egli in
carcere12.
ordine cerimoniale, giudicate troppo vicine al cattolicesimo, sia di ordine “organizzativo”,
criticando la struttura episcopale che si poneva in netta contrapposizione con la visione
calvinista e presbiteriana.
11
Gli storici sono concordi nell’affermare che vi furono forti contatti o trattative segrete tra i
rivoltosi scozzesi e lo stesso Pym.
12
Nel gennaio 1645 il Prayer Book fu sostituito da un Direttorio del culto e l’arcivescovo
Laud fu condannato a morte.
9
Il Parlamento si concentrò sul ridimensionamento dei poteri regali, votando una
serie di leggi, tra le quali il Triennial Act, con cui si imponeva la convocazione del
Parlamento ogni tre anni anche senza il consenso del re, e dell’“imposta sulla
flotta” anche le altre tasse ritenute illegali furono cancellate; la Camera Stellata
così come il Consiglio del Nord13 furono aboliti. Apparve subito evidente che il
governo effettivo del paese passava dalle mani del re a quelle del Parlamento. Si
può quindi affermare che se non vi fu un motivo, ma una serie di cause che fecero
aumentare la tensione ad un livello altissimo, e certamente si può notare che la
questione religiosa fu la miccia del conflitto. Ben presto due classi e due Chiese si
fronteggiarono: la nobiltà e la gentry14 episcopaliana de un lato, e la gentry e i
mercanti presbiteriani dall’altro. In ognuno dei due schieramenti, la religione era il
fatto dominante della vita sociale e politica. Brailsford sostiene a ragione che la
Riforma protestante culminò nella Guerra Civile e nel breve regno di Oliver
Cromwell. Dopo la Restaurazione, la religione come potenza politica decadde
rapidamente, per sopravvivere in una dimensione esclusivamente soggettiva nella
vita dei singoli. Nel periodo cromweliano, come sotto Carlo I, l’Inghilterra rimase
una teocrazia, il Lord Protettore così come il re era convinto del proprio diritto
divino al governo. Questa sicurezza era data non da un diritto ereditario e
consacrato come quello reale, ma da una visione di “favore divino” che aveva
concesso ai Santi la vittoria, attribuendogli una sovranità divina.
Carlo I giunto alla prova delle armi a Edgehill nell’ottobre 1642 , poté contare su
buona metà della classe dirigente inglese. Quello che occorre spiegare non è solo
una grande rivolta, ma una frattura in seno a questa classe. Fino alla vigilia della
guerra civile, gli appartenenti alla gentry consideravano la fedeltà alla Corona
come una delle qualità intrinseche del gentiluomo, attributi ereditati insieme alla
spada, il blasone e le terre di famiglia. Brailsford riferisce che Edward, (in seguito
divenuto Conte di Clarendon15) poco prima dello scoppio della guerra, si
meravigliasse di trovare un’eccezione a questa regola. Conversando con Henry
13
In precedenza tale organo era sotto la direzione di Wentworth, I conte di Strafford,
insieme alla Camera Stellata erano organi che facevano parte del Consiglio Privato, che
costituivano un sistema complesso di ispezione, controllo e repressione politico-religiosa,
anche se come accennato secondo alcuni storici tali abusi furono enfatizzati dalla
propaganda whig.
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La gentry era tradizionalmente la piccola nobiltà; nelle città essa sfumava nel ceto medio
borghese, nelle campagne una parte dei gentiluomini assorbiva la nuova concezione
mercantile e capitalistica della “buona agricoltura”. Sostanzialmente i gentlemen, erano
piccoli e grandi proprietari terrieri, una classe sociale che si collocava tra l’aristocrazia e la
borghesia.
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Fu artefice della Restaurazione di Carlo II Stuart, e dell’emanazione del Codice di
Clarendon (Clarendon Code), una serie di leggi che avevano l’obiettivo di proteggere da
tendenze eversive la chiesa anglicana.
10
Marten, che in seguito comandò un reggimento di cavalleria della New Model e si
schierò con i livellatori, gli sentì dire, su Carlo I: “Non ritengo che un uomo solo
sia abbastanza saggio per governarci tutti”. Hyde scandalizzato commentò:
“Strana idea in testa ad un gentiluomo che possiede una fortuna immensa e gode di
largo credito nella sua contea!”. In questa breve analisi delle vicende storiche e
delle cause, appare evidente il fallimento nel trovare un aspetto caratterizzante del
conflitto, che non può essere definito né prettamente sociale o di classe, né
squisitamente religioso, né esclusivamente geografico. Una contrapposizione tra
individui, con schieramenti trasversali, fortemente e religiosamente motivati, e
quando i “prescelti di Dio” vinsero, bagnarono con il sangue reale la loro sfida.
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§4. Il partito livellatore
Intorno al 1646, entrano in scena come gruppo indipendente i Levellers, i
livellatori. La storia aveva già conosciuto rivolte contadine, ma in questo caso
possiamo parlare di un nuovo tipo di movimento rivoluzionario, organizzato come
partito moderno a base democratica che poggiava sul ceto medio e piccolo di
artigiani e contadini. Come dice Lilburne: “le suole chiodate, gli scarponi sudici,
gli uomini di truppa, i grembiuli di cuoio e di lana, il popolo industre e laborioso
d’Inghilterra” costituirono l’humus sociale in cui penetrò l’idea livellatrice, al
partito aderirono la maggioranza dei soldati nell’esercito del New Model, e un
buon numero di ufficiali subalterni. Il numero delle adesioni aumentò anche grazie
all’efficace propaganda, tesa ad esaltare il mito storico
della “democrazia
anglosassone” realizzata sotto i regni di Alfredo il Grande e di Edoardo il
Confessore. Quest’uso della storia era volto alla distruzione del regime feudale
esaltando la coscienza nazionalistica inglese, e facendo apparire i nobili e i
gentiluomini che si opponevano alla rivoluzione come difensori di un sistema di
privilegi acquisiti dalla conquista normanna. Per i livellatori termini come “libertà
parlamentari” o “antiche leggi d’Inghilterra” non avevano alcun significato,
aggredendo quello che era il sistema vigente che riponeva la sovranità nella triade
“Re, Lord e Comuni”, affermando che tre autorità non possono essere
contemporaneamente detentrici della sovranità, arrivando ad affermare che la
sovranità risiede tutta e soltanto nel popolo. Lilburne capì da subito che il
Parlamento Lungo era un’arma nelle mani delle classi dominanti16, propugnando il
suffragio universale maschile, ritenendo che tutti gli uomini fossero uguali e che
perciò, sul piano politico, ognuno, ricco o povero, avesse diritto di voto.
Un progetto che fu messo in chiaro con il primo abbozzo di costituzione redatta dai
livellatori, il Patto del Popolo. Osservandolo possiamo capire la portata della
riforma propugnata, con una concezione democratica piena, che partiva dalla
parrocchia, fino ad arrivare all’elezione dei magistrati locali, degli sceriffi e ai
comandanti di reggimento delle milizie civiche. Viceversa, Cromwell era un
rivoluzionario sul piano delle idee religiose, ma non lo era certo sul piano sociale,
ed era un convinto sostenitore del suffragio censitario, attribuendo il voto e il
governo del paese solo ai proprietari terrieri, che contribuivano con le tasse, al
mantenimento dello Stato.
I Livellatori proposero anche un’umanizzazione del diritto penale vigente, cioè
l’abolizione dell’imprigionamento per debiti, limitare la pena di morte ai reati più
gravi. Si fecero portavoce delle istanze contadine, richiedendo una riforma agraria,
16
Sulla questione della guerra civile in rapporto alle fratture di classe nella società inglese
si veda: C. Hill, The English Revolution 1640, 1949, capitolo primo.
12
in una logica politica volta a tramutare in cittadini indipendenti i coltivatori del
suolo, mediante il libero possesso della terra coltivata. E proprio su questo tema
Edward Hyde, I conte di Clarendon afferma che lo scontro si manifestava tra i due
schieramenti, il Parlamento e la Corona, soprattutto nell’ingordigia verso le
proprietà degli avversari. Sotto la guida dei livellatori vi fu un terzo pretendente, la
classe dei contadini coltivatori diretti che dalla rivoluzione non guadagnò niente17.
Difatti il nome del partito deriva proprio dalle loro azioni nelle campagne, dalle
rivolte di contadini insorti a “livellare” le siepi erette per trasformare in campi
comuni.
La loro azione non passò solo dalle campagne. I livellatori inondarono il
parlamento di petizioni, e quando capirono la loro inutilità, cambiarono strategia,
orientandosi verso la conquista dell’esercito, se necessario anche con
l’ammutinamento. Se avessero vinto, avrebbero imposto lo scioglimento delle
Camere e nuove elezioni politiche sulla base del suffragio maschile, iscrivendo nel
loro programma due capisaldi: l’emancipazione dei contadini dalle servitù gravanti
sul possesso della terra e la tolleranza religiosa, che fu da subito uno dei cardini del
loro programma. L’ultima speranza di vittoria svanì nel 1651 con la conclusiva
vittoria di Cromwell a Worcester. Da allora il sogno rivoluzionario si tramutò in
una corsa da parte dei vittoriosi, alle terre migliori. Anche Cromwell che da
giovane si era battuto contro l’ingordigia della grande aristocrazia e della grande
proprietà fondiaria, rispolverò i principi di “Libertà e Proprietà”, e quando Lilburne
tornò dall’esilio nel 1653 e propose la riforma agraria, Cromwell lo fece arrestare.
Secondo Brailsford la rivoluzione inglese fu una rivoluzione borghese, proprio
come quella francese, ma a differenza di questa, “non seppe o non volle fare ciò
che fece la sua controparte in Francia: non diede la terra a chi la lavorava 18”. A
differenza di quanto si possa pensare, i livellatori e il movimento alla loro sinistra, i
Diggers19, furono qualcosa di più che pochi pensatori visionari. Certo furono una
minoranza, come del resto lo erano i cromweliani, ma erano capaci di mobilitare e
organizzare una massa considerevole della popolazione20. Anche lo stesso
Cromwell, dopo la scomparsa del partito, non li trattò mai come una minoranza
17
Sulle proposte agrarie nell’interregno, e gli spostamenti di proprietà terriere durante la
rivoluzione, si veda il saggio di: C. Hill, “The Agrarian Legislation of the Interregnum”, in:
Puritanism and Revolution, Londra, Secker & Warburg, 1958.
18
N.H. Brailsford, I Livellatori e la rivoluzione inglese, Milano, Il Saggiatore, 1962,
volume primo, p. 46.
19
Gli Zappatori, poiché erano gruppi dediti a coltivare in comune le terre, secondo principi
comunitari.
20
Infatti “nel 1649 avevano raccolto 100.000 firme a Londra e dintorni, e in un epoca in cui
la popolazione della capitale si aggirava, compresi i sobborghi, sulle 450.000 anime, fu un
successo considerevole”, in: N.H. Brailsford, I Livellatori e la rivoluzione inglese, Milano,
Il Saggiatore, 1962, volume primo, p. 46.
13
trascurabile, ma anzi li definì “piuttosto numerosi”. Per apprezzare meglio tale
organizzazione occorre rendersi conto che la maggioranza della popolazione
inglese era formata da analfabeti politici, che avevano subito da spettatori la Guerra
Civile soprattutto nelle contee più lontane: i volontari ansiosi di combattere furono,
da entrambe le parti, una minoranza esigua. Anche Hobbes arriva ad affermare con
disprezzo: “Erano ben pochi, fra il popolo comune, quelli che si appassionavano
all’una o all’altra causa; ma si sarebbero schierati con chiunque, o per il denaro, o
in vista di saccheggi21”. In questo contesto un terzo partito che sapesse parlare agli
uomini comuni, tramutando in riforme le loro esigenze: dalle decime, le esazioni
dell’aristocrazia, i prestiti usurari, abolizione della pena di morte per i piccoli furti,
l’emancipazione dei cattolici, il riconoscimento del Libero Stato d’Irlanda22. Prima
doveva conquistare il diritto di voto per dar voce a questa massa silenziosa. Gli
storici ottocenteschi liquidano con troppa facilità l’opera rivoluzionaria del partito
livellatore. Per loro l’elenco delle riforme proposto da Lilburne in pochi mesi era
un programma “per tre secoli”, una lettura in senso evoluzionistico ormai
inaccettabile.
La fine della repubblica cromweliana avvenne nel peggiore dei modi, gli uomini
che da capitano, Cromwell aveva reclutato nel suo plotone di cavalleria perché
“mettessero un po’ di coscienza in quello che facevano” non erano più gli stessi,
quando furono elevati a Pari d’Inghilterra, non si fecero scrupoli a divenire una
casta dominante. Come ha scritto Thomas Babington, primo Barone Macaulay: “Il
regno dei Santi fu sostituito dal regno delle sgualdrine23” e quando il governo
divenne intollerabile, nessuno ebbe la coscienza civile di ribellarsi a questa nuova
tirannide ben peggiore di quella di Carlo I, per liberare Londra accorse un esercito
olandese. La tragedia non fu tanto la sconfitta del partito livellatore, e la vittoria di
Cromwell, quanto che nessuno raccolse la sfida riformista e libertaria. Una volta
piegati, incapaci di combattere sia con la penna che con la spada, gli uomini che
avevano lottato per una repubblica vera, cercarono nella fede il rifugio, sopratutto
nella “Società degli Amici24”, lo stesso John Lilburne. La storiografia ottocentesca
esaltò la figura di Cromwell, inebriata dalle conquiste e dal sogno di dominio sul
mondo, ma adesso che i valori sono cambiati, possiamo osservare ciò che avvenne
da una luce diversa. Allora ci accorgiamo che l’uomo che dominò l’Inghilterra per
21
Thomas Hobbes, Behemoth , p. 2.
Nella “primavera del 1649 affermarono pubblicamente, che l’Inghilterra non aveva il
diritto di rubare le terre e sopprimere la religione del popolo irlandese in: N.H. Brailsford, I
Livellatori e la rivoluzione inglese, Milano, Il Saggiatore, 1962, vol. I, p. 46.
23
Thomas Babington, History of England from the accession of James II (Storia
d’Inghilterra dal regno di Giacomo II).
24
Conosciuta con l’appellativo dispregiativo quaccherismo, dall’inglese arcaico
“Quacksalver”.
22
14
un decennio, non la lasciò né migliore, né più felice di come l’aveva trovata. E
anche se a parole caldeggiava riforme “Vi sono leggi perverse e abominevoli che
sarà in vostro potere di alterare. Che si impicchi un uomo per sei soldi, tre soldi,
non so che...è cosa della quale Iddio chiederà ragione25”, non fu capace nemmeno
di attuare quella che era la riforma più semplice, quella dell’abolizione della pena
di morte per i reati minori. E’ ironico pensare che avvicinandosi alla morte
Cromwell riconobbe almeno due motivi di conforto, la colonizzazione dell’Irlanda,
e la creazione di una chiesa puritana stabilita. La chiesa puritana crollò con il
ritorno degli Stuart, l’Irlanda fu un dramma che per secoli che coinvolse vinti e
vincitori. Il bilancio finale dei Levellers può sembrare solo in apparenza di
sconfitta, le loro idee e i loro valori furono custoditi gelosamente dal popolo
anglosassone, che le esportò prima nel nuovo mondo, salvo poi ricomparire in
Europa quattordici anni dopo.
4.1
Questione religiosa
Come già accennato il puritanesimo nacque all’interno della stessa chiesa anglicana
con l’intento di riformare la Chiesa d’Inghilterra secondo il modello calvinista. I
puritani predicavano in particolare la necessità di svincolare la chiesa dal potere
politico e rifiutavano la struttura gerarchica implicita nell’organizzazione
episcopale, contrapponendole un sistema di tipo presbiteriano, dove l’autorità
suprema era esercitata dal gruppo degli “anziani” eletti direttamente dai fedeli. La
concezione puritana trovava il suo fondamento nella dottrina calvinista, che come
afferma Richard H. Tawney: “Fu una forza attiva e radicale. Fu una fede che non
mirava solo a purificare l’individuo, ma a ricostruire chiesa e stato, e a rinnovare la
società estendendo l’influenza della religione ad ogni settore della vita umana e
privata26”. Il calvinismo si pone come rivoluzione anche sociale, interessando
anche gli aspetti della civiltà commerciale, senza abbandonare l’idea di una
religione moralizzatrice della vita economica, mutando anche la visione della
ricchezza non più nemica della virtù cristiana, ma semplice strumento umano,
punendone così solo l’eventuale cattivo uso.
Al rigore religioso e morale corrispose presto un radicalismo politico che si
espresse nella ferma opposizione ai cattolici Stuart. Dopo l’esilio ai tempi di Maria
Tudor, anch’essa cattolica, i puritani inglesi, contrari all’assetto episcopale e alla
supremazia dei sovrani sulla chiesa, vennero duramente attaccati dalla stessa
25
N.H. Brailsford, I Livellatori e la rivoluzione inglese, Milano, Il Saggiatore, 1962, p.
274.
26
R. H. Tawney, La religione e la genesi del capitalismo, Milano, Feltrinelli, 1967, p. 97.
15
Elisabetta I, che aveva imposto nel 1559 “l’Atto di supremazia27”. Le tensioni mai
sopite riaffiorarono con vigore nella guerra civile inglese che vide fronteggiarsi con
le armi in pugno due schieramenti: il partito del re, sostenitore di una chiesa
anglicana, e l’opposizione parlamentare dall’altra fautrice di una riforma puritana.
Questo acceso scontro sulla fede non deve scandalizzare l’uomo moderno, del resto
la religione svolgeva nel ‘600 un ruolo centrale nella vita umana alla chiesa era
affidata l’educazione dei bambini, nei villaggi il sermone del parroco costituiva la
fonte più importante sui fatti e sui problemi del momento, la parrocchia era inoltre
al centro della vita politica locale, e non è sbagliato paragonare il controllo della
chiesa, ad un servizio di propaganda e di controllo della verità. Come dice Thomas
Carlyle, la regina Elisabetta, “dava il là ai pulpiti come gli uomini di governo
danno oggi il là ai giornali del mattino28”. Brailsford ha detto che: “Le guerre nel
‘600 si combattevano per assicurarsi il monopolio del pulpito29”. Alla vittoria
parlamentare seguì l’abolizione dell’episcopato e del Prayer book, contestualmente
con l’Assemblea di Westminster, iniziarono i lavori per la riforma in senso
presbiteriano della chiesa, ma l’ostilità degli indipendenti o congregazionalisti,
contrari e diffidenti a ogni chiesa di stato e sostenitori di una totale autonomia delle
comunità cristiane, impedì che si costituisse un organismo puritano stabile. Come
ha affermato Harold J. Laski: “Non possiamo ricordare abbastanza spesso che
dovunque il Puritano incontrasse lo Stato, esso era per lui non solo uno strumento
di repressione, ma anche uno strumento di repressione che voleva distruggere i
santi di Dio … Per loro, lo Stato significava prigione, confisca dei beni, povertà per
loro e i loro dipendenti” lo Stato tollerante era per loro “quello Stato che lasciava la
verità libera di essere creduta; inoltre, realizzare quello Stato significava
conquistare una vittoria per Dio; lottare, perciò, contro la sua onnipotenza,
costruire una filosofia che ne limitasse il potere, era mezzo per giungere a qualcosa
di più che un beneficio economico; diventava un sacro dovere. Questa è la ragione
fondamentale per cui, tanto in Inghilterra quanto in Francia, la teoria di uno Stato
liberale fu così diffusamente accettata dai dissenzienti30”.
27
Che imponeva un giuramento ai pubblici ufficiali riconoscendo il controllo del sovrano
sopra la Chiesa pena severe punizioni. Il sovrano assunse su di sé la carica di “Supremo
Governatore della Chiesa d’Inghilterra”. A tale atto seguì una forte resistenza di tanti
vescovi che si opposero alla chiesa di stato elisabettiana e furono rimossi e rimpiazzati da
nuovi incaricati sottomessi alla supremazia della regina.
28
AA. VV., Saggi sulla rivoluzione inglese del 1640, p. 23-24
29
N.H. Brailsford, I livellatori e la rivoluzione inglese, Milano, Il Saggiatore, 1962, vol. I ,
p. 58.
30
Harold J. Laski, Le origini del liberalismo europeo, Firenze, La nuova Italia Firenze,
1936, p. 65.
16
Il Puritanesimo del ‘600 sviluppò ben presto una matrice di stampo individualistico
per motivi molteplici tra cui il fatto che fosse la religione di una minoranza
contribuì non poco, la visione di uno Stato nemico dell’individuo e persecutorio,
fece sviluppare l’idea che l’uomo può contare solo su se stesso. In questo periodo
nasce con il costituzionalismo inglese l’idea liberale di uno Stato “limitato”, e si
opera sotto due profili: stabilire delle norme per guidare l’autorità e cercare di
trasmettere l’idea che tali norme siano poste a protezione del cittadino. L’obiettivo
dei rivoluzionari guidati da Cromwell era quello di limitare il dispotismo del
sovrano, sottraendogli il controllo sull’esercito e quello sulla finanza. A tal
proposito Laski afferma che: “I puritani avevano una passione per il governo
democratico; il governo costituzionale che sorse non fu neppure un’espressione del
loro desiderio di lasciar definire dal consenso popolare le finalità del governo. Nel
Puritanesimo vi sono degli elementi democratici, e l’idea del consenso popolare
come base dello Stato occupa un posto importante nella teoria politica puritana …
gli uomini che fecero la rivoluzione del ‘600 stavano cercando vie per limitare
l’opera dell’autorità, onde conseguire la sicurezza della persona e della
proprietà31”.
Il liberalismo nascente dall’esperienza inglese anche se non si realizzò mai a pieno,
introdusse elementi di forte modernità come l’Habeas Corpus, i parlamenti
triennali, la libertà religiosa, la soppressione del controllo governativo sulla
stampa, un potere giudiziario indipendente da quello esecutivo, un esercito sotto il
controllo del parlamento. Un sistema che tutelava la libertà e la proprietà non solo
dalle istanze dello Stato, ma anche da quelle della chiesa. Occorre notare che anche
se tutte le correnti del partito puritano erano unite contro il potere dispotico del
sovrano, contro una chiesa di stato, e contro i monopoli, vi era una profonda
divergenza sulle finalità della rivoluzione. L’idea di stato di Cromwell era
profondamente diversa da quella di Lilburne che a sua volta concepiva idee
radicalmente opposte a quelle di Gerard Winstanley, il che denota l’omogeneità
sociale e culturale del partito puritano. Con la restaurazione di Carlo II avvenne il
ripristino dell’episcopalismo anglicano, bisogna notare che l’Inghilterra uscì
profondamente mutata nel suo assetto, politico-religioso, divenne uno Stato dove la
libertà civile si legò profondamente a quella religiosa, dove il parlamento si trova al
centro dello Stato.
4.2
I leader del partito livellatore
Per comprendere quello che fu il movimento livellatore, occorre osservare con
31
Harold J. Laski, Le origini del liberalismo europeo, Firenze, La nuova Italia Firenze,
1936, p. 77.
17
attenzione i leader che ne dettarono le gesta, i pionieri del partito: Richard Overton,
William Walwyn e ovviamente John Lilburne.
Iniziando la nostra analisi da Overton, possiamo dire che della sua giovinezza
sappiamo ben poco: apparteneva alla congregazione di profughi inglesi stabiliti ad
Amsterdam prima che fossero incoraggiati al rimpatrio dall’apertura del Lungo
Parlamento. In origine brownisti essi avevano aderito all’anabattismo stringendo
rapporti con la comunità di mennoniti olandesi con tendenze arminiane e pacifiste.
In un documento redatto in latino Overton, riassume il credo della loro chiesa,
adottandolo, facendo ammenda dei suoi peccati e chiedendo di entrare a far parte
della comunità. Probabilmente aveva ricevuto una buona educazione classica,
anche se ignoriamo se in Inghilterra o in Olanda. Inoltre sembra che abbia trascorso
un certo periodo in Germania, di professione tipografo, con il passare degli anni,
Overton superò di gran lunga, come sviluppo mentale, l’orizzonte ideologico di
quei profughi semplici e pieni di idealismo, ma qualcosa dell’atmosfera nella quale
egli era cresciuto rimase. I suoi ricordi degli anni formativi passati in Olanda
all’epoca in cui le Provincie Unite erano all’avanguardia della civiltà occidentale,
sia per la gloria della loro arte, l’audacia delle scoperte scientifiche e per la
liberalità del loro governo, basti pensare a Grozio, Rembrandt e Spinoza. Tale
esperienza giovanile rimase anche nei suoi anni maturi, e d’altronde le radici del
partito livellatore affondano proprio nella fede anabattista. Il credo che respinge
ogni idea di punizione: il cristiano che ama i suoi nemici, che non uccide, che
soffre le persecuzioni di Cristo, il dirimere i contrasti senza ricorso ad avvocati o
magistrati, non erano fantasie di alcuni fedeli del passato, ma norme di vita che lo
stesso Overton aveva, nell’adolescenza, visto professare e tradurre in pratica. I suoi
primi scritti sono giunti fino a noi sono due satire in versi, scritte su argomenti di
attualità nel gennaio e marzo del 1642. Anche se rozzi nello stile, sono calcolati
accuratamente per blandire gli umori della Londra puritana. Il suo scritto più
audace di questo periodo è un volumetto intitolato: “Man’s Mortallitie”. Tale testo
fece scandalo, quasi come i saggi miltoniani a favore del divorzio. Nel testo cercò
di dimostrare che all’atto del decesso l’anima muore insieme al corpo,
escludendone quindi la sua sopravvivenza fino al giorno del Giudizio. Una visione
di “Uomo come creatura razionale è, contrariamente alla distinzione corrente fra
anima e il corpo, un composto in tutto e per tutto mortale”, come si legge nel
frontespizio. Secondo Eduard Bernstein, uno dei massimi pionieri nella riscoperta
dei Levellers, Overton e Walwyn erano in realtà “agnostici”: l’uso dei testi biblici e
la breve professione di fede nella resurrezione del corpo contenuta nell’ultima
pagina del “Man’s Mortallitie” erano null’altro che un semplice stratagemma per
sfuggire alla pena capitale comminata ai rei di ateismo. Tale tesi sebbene
plausibile, trascura il fatto che l’idea di un’anima mortale, che ritorna in vita
insieme al corpo nel miracolo della resurrezione, era da più di un secolo uno dei
cardini della fede delle comunità anabattiste.
18
Tra le sue opere, troviamo anche pagine che scrive con una forte vena polemica, e
sono senza dubbio quelle delle satire anticlericali, composte usando il nome
“Martin Marprelate32”, con esse egli scaglia i dardi dalla bottega in “via della
Tolleranza” contro “Sir Giovanni Presbitero” e “Sir Simone Sinodo”, i temi toccati
sono: l’ingordigia dei ministri di culto, la loro “Santa cura del ventre”, la loro
passione per “le decime ghiotte e delicate”. La critica dei livellatori si spiega con
l’abilità del clero, sempre pingue di benefici, di riuscire ad uniformarsi ai
cambiamenti di scena più bruschi e radicali, e dalla sua capacità di adattarsi a
qualunque dottrina i governanti, a suon di quattrini, imponessero loro di predicare.
Overton tocca una nota più seria, come quando all’opulenza del clero presbiteriano
contrappone la miseria degli invalidi di guerra, ai quali era concesso, come unico
beneficio, un buono per mendicarsi il pane. Egli scrisse cinque di queste satire nel
1645, e una sesta nell’anno successivo. Tipica è “The Ordinance for Tythes
Dismounted33” del 29 dicembre del 1645, si apre da subito con un attacco alla
decime, presentate come istituzione ebraica: “Perciò reverendi fratelli, non pensate
di compiere l’opera di Cristo e, nello stesso tempo esigere il salario da Mosè”.
L’opera si chiude scagliandosi contro l’organizzazione presbiteriana: “Ha tutta
l’aria d’esserci un’Inquisizione dopo l’Inquisizione, peggiore della spagnola, a
caccia di sangue del popolo... Le corti dei vescovi ci spogliarono di tutti i nostri
indumenti, ma le corti degli anziani ci spoglieranno di abiti, pelle, vita, e tutto
quanto.”
Di sicuro, il pamphlet che ebbe più popolarità fu senza dubbio “The Araignement
of My Persecution”, uscito in tre edizioni, di cui la prima nell’8 aprile del 1645,
direttamente dalla stamperia clandestina di Overton. L’opera parla del “Signor
Vendetta-di-Dio” che fa causa al “Signor Persecuzione”, difeso da “Sir Simone
Sinodo” e da “Sir Giovanni Presbiterio”, il processo si svolge davanti al giudice
“Lord Parlamento” e a una giuria formata da: “il Buon Samaritano” e “Verità-ePace”. Nelle cinquanta pagine dell’opera si avvale con gran maestria della
procedura giudiziaria inglese, ironizzando nel solito stile, sull’ingordigia dei
ministri presbiteriani. In essa si trova una forte critica nei confronti della
persecuzione e l’intolleranza, contro i brownisti, indipendenti, anabattisti, al
contempo, egli sposa con la stessa energia la causa degli ebrei, e sostiene e invoca
la pace reciproca anche fra cattolici e protestanti.
Affermando: “Se entrambi cessassero di forzare la coscienza altrui, in breve
l’inimicizia di cuore fra papisti e protestanti dileguerebbe. Perché dovremmo
odiarci e distruggerci a vicenda? Non siamo tutti creature di un solo Dio, redenti
dallo stesso Signore Gesù Cristo? Questo dovrebbe indurci all’amore e alla pace gli
uni verso gli altri”. Del “signor Persecuzione” dice: “egli è nemico giurato di ogni
32
33
In lingua originale Marpriest è traducibile con il termine bisticcio con prelate.
“L’ordinanza sulle decime smantellata”.
19
coscienza, un ostacolo alla sua crescita e al suo sviluppo”.
Come afferma giustamente il Brailsford, “Overton meriterebbe un posto d’onore
nella galleria dei pensatori inglesi anche se si fosse limitato a scrivere questo
popolare atto di accusa contro la persecuzione religiosa”. Nel corso del 1646
divenne amico e luogotenente di John Lilburne, e da subito si mise al servizio dei
livellatori. La sua penna più disciplinata rispetto a quella vulcanica e discontinua di
Lilburne, riuscì a scandalizzare, per la spregiudicatezza di certe battute. Nel 1649
fu arrestato insieme con altri leader livellatori. Come dice il Brailsford “Uno spirito
arguto paga cara la difficile impresa di divertire i figli di Albione: prima o poi,
passa per un tipo non del tutto rispettabile”. Probabilmente fu questa la sorte di
Richard Overton, che passò una vita precaria come scribacchino eretico e come
stampatore illegale, ricordiamoci tuttavia che nei primi anni della rivoluzione egli
visse e combatté da temerario e da eroe.
Il secondo personaggio che senza dubbio dobbiamo trattare è William Walwym.
Nato a Newland, nello Worcestershire, nel 1660, secondogenito di un ricco
proprietario fondiario e nipote di un vescovo. Nonostante le sue origini non pretese
mai di essere definito gentiluomo (armiger): si limitò a essere nulla di più che un
mercante. Come secondogenito fu mandato a Londra come apprendista presso un
fabbricante di panni, entrò nella Merchant Adventurers Company i cui privilegi
saranno poi bersaglio dei livellatori. Walwym apparteneva al ceto medio agiato, ma
viveva con semplicità, vestendo alla “buona” come racconta egli stesso. Suo
genero il dottor Humphrey Brooke scrisse della sua “innocenza e vera bontà così
visibili nella sua vita” e della sua “dolcezza interna e serenità di spirito”. Con
grande scandalo dei suoi critici puritani i suoi autori preferiti erano pagani o
cattolici come: Plutarco, Seneca, Charronn e Montaigne. Condusse una vita
sedentaria, non lasciò mai Londra, eccetto poche occasionali circostanze34.
Pur essendo antinomiano35, si accontentava di appartenere alla chiesa parrocchiale,
non aderì mai a nessuna setta. Allo scoppio dei disordini, si adoperò in pieno a
sostegno del parlamento, all’inizio redigendo per il consiglio comunale della City e
per i Comuni una “rimostranza” illustrando una serie di “massime” di libero
governo, quando la situazione mutò per il parlamento, si unì ai gruppi di estrema
sinistra alla “Salters’Hall” e alla “Windmill Tavern”, scrivendo una petizione per la
leva di massa, Secondo il Brailsford: “probabilmente apparteneva alla guardia
civica, perché narra di essersi esercitato in giardino nell’uso delle armi; ma non
34
Salvo occasionali:”visite alla contea natale, e al New Model”, in : N.H. Brailsford, I
livellatori e la rivoluzione inglese, Milano, Il Saggiatore, 1962, Vol. I , p. 93.
35
Da riferirsi non al movimento gnostico del II e III secolo, ma alla più recente dottrina
tedesca dell’amico e seguace di Lutero, Johann Schneider, conosciuto anche con il nome di
Agricola. Tale eresia negando ogni valore alle leggi civili. Inoltre negava l’efficacia e
l’importanza della legge civile nella predicazione cristiana.
20
combatté mai in servizio attivo”. Nel suo “The Fountain of Slander Discovered36”
afferma che la “natura può sforzarmi ad uccidere piuttosto che essere ucciso; ma, a
mio giudizio e coscienza, uccidere un uomo è la cosa talmente orribile che, a
rifletterci, non posso decidermi a farla”. Walwyn riteneva legittimo uccidere per
liberare un popolo dalla schiavitù e dalla tirannide, ma solo dopo aver “tentato tutte
le vie di prevenzione”. John Lilburne vedeva in lui il più “nobile compagno di fede
e di sventura”, l’uomo “di maggior talento in Inghilterra”. Walwyn non fu mai un
leader e oratore popolare come Lilburne, sdegnando la pubblicità. E’ da notare la
particolarità, che ogni suo scritto salvo quelli composti per autodifesa, siano in
forma anonimi. Il suo ruolo si svolgeva dietro le quinte e nelle riunioni di partito,
esercitando un influsso notevole. I suoi nemici lo definirono “un fallito quanto a
bontà” e un “furfante sin dal grembo materno”, è inoltre, da rilevare, che l’autore di
queste parole non sia un fanatico ma Bastwick, medico uscito dalle università di
Padova e Cambridge.
Più radicale di qualunque livellatore, con il suo anticlericalismo egli fa piazza
pulita dei dogmi delle chiese, ma è insieme caritatevole e rivoluzionario. La prima
opera giunta fino a noi è un’apologia sulla tolleranza. “The Humble Petition of
Brownists” che risale al 1641, prima degli anni turbolenti precedenti lo scoppio
della guerra civile, tale testo non è solo una difesa di una setta perseguitata, ma una
richiesta di tolleranza senza limiti o eccezioni, arrivando a scrivere:
“Se i papisti vogliono possedere altari, preti, sacrifici e cerimonie, e il Papa come
capo supremo nelle faccende spirituali... che importa, purché ubbidiscano al re
come capo temporale e si sottomettano umilmente allo Stato e alle leggi civili, e
vivano in pace con tutti?”
Queste parole furono scritte mentre Pym scatenava la caccia al cattolico nella City.
Un anno dopo, la guerra era già scoppiata, e il 10 novembre del 1642 scrisse
“Some Considerations”, dove sostiene che i dissidi tra protestanti e puritani sono
un ostacolo alla vittoria parlamentare. La responsabilità di tali fatti, secondo
Walwyn ricade sul clero, servo dei politici, vendutosi in cambio di decime e
privilegi. Nel 1643 in “The power of Love37“, esprime i più profondi sentimenti di
compassione, mettendosi nei panni di un predicatore della perseguitata setta
anabattista della Famiglia d’Amore. Che poi la dottrina familista segua un richiamo
alla comunanza dei possessi fra i primi cristiani, non significa che questo fosse di
per sé l’ideale di Walwyn, o che egli lo ritenesse un obiettivo raggiungibile ai tempi
suoi. Da notare invece un profondo “universalismo” che traspare in tutte le sue
opere, specialmente in “The Power of Love”, la credenza che tutti gli uomini
saranno salvati, minava il principio calvinista: a quell’epoca proclamare la bontà
divina era un peccato imperdonabile.
36
37
“La fonte della calunnia scoperta”.
“La potenza dell’amore”.
21
Lo stesso Walwyn si ritrova in “The Compassionate Samaritane38”, un’altra
apologia sulla tolleranza, questa volta a favore di tutti i separatisti siano essi
brownisti, anabattisti o che altro; nel testo esalta la libertà di discussione, cita
l’orgoglio degli olandesi a sostegno del fatto che la varietà delle fedi religiose non
impedisce la prosperità di un popolo, né l’unità nell’azione. In altri termini
propugna una repubblica laica. Il linguaggio di Walwyn diversamente dalla
maggioranza dei suoi contemporanei, non è mai offensivo, tuttavia muta quando
discute del clero. La pretesa del clero presbiteriano di punire e perseguitare i
dissidenti è il frutto come afferma Brailsford di un “egoismo professionale”.
Walwyn attacca duramente il clero “causa principale di quasi tutte le guerre della
cristianità”, quello che manca ai ministri professionali sono “l’amore, l’umiltà
d’animo”, ma poiché “le loro chiese non ammette la libertà di replica ed essi
controllano la stampa, possono confutare tutte le opinioni, se chi le sostiene, non
vuol correre il rischio d’essere imprigionato come accade a me proprio ora”. Come
per Elia nell’Apocalisse, Dio non era nel vento, o nel terremoto, o nel fuoco, Per
lui, fede significava amore. Una religione non consuetudinaria e superstiziosa ma
pura e incontaminata che come afferma lo stesso Walwyn consiste “nel dar da
mangiare agli affamati, nel vestire gli ignudi, nel visitare gli infermi, nel soccorrere
i prigionieri, nel liberare gli oppressi, soprattutto se per motivi di coscienza” un
modo di agire che “vuoterà i sacchi più gonfi e abbasserà le penne più alte”. Questo
in poche righe è il messaggio di Walwyn ai suoi contemporanei.
Il terzo leader del movimento fu John Lilburne, dei tre egli fu l’uomo d’azione,
calvinista convinto39, rappresentava il prototipo di leader coraggioso e indomito.
Nato intorno al 1614, probabilmente a Sunderland, secondo di tre figli, la sua era,
una famiglia “antica e devota” come lui stesso la definirà, suo zio, uomo ricco fu
parlamentare, così come suo cugino Thomas. Scoppia la rivolta, il padre e lo zio
aderirono al partito parlamentare. Messo a studiare nel sobborgo di Bishop
Auckland, poi a Newcastle, egli vi imparò il greco e il latino, verso i quindici anni
entrò come apprendista nella bottega di un mercante di pannilana a Londra. Nel
1630 il Colonnello John Hewson lo presentò al Dott. Bastwick, grande libellista e
puritano ardente. Bastwick descrive il giovane come “onesto e religioso, dotato di
qualità assai notevoli”, ben presto divenne suo maestro di teologia, migliorandone
anche la pronuncia e il dialetto, rendendolo così un gentiluomo adatto per la City. E
proprio Bastwick lo introdusse nel mondo della lotta affidandogli l’incarico di
stampare clandestinamente in Olanda un suo manoscritto40, di forte critica
all’episcopato. Al ritorno da Amsterdam fu tradito da alcuni soci e consegnato al
38
“Il compassionevole samaritano”.
Prima di aderire al quaccherismo.
40
Intitolato “Letany” è forse il manoscritto più feroce di Bastwick, dove si scaglia contro i
vescovi anglicani e l’istituzione stessa dell’episcopato.
39
22
procuratore del Re, e poi alla Camera Stellata e infine del Lord del Sigillo
Privato41, egli si rifiutò di rispondere alle domande, obbiettando che non gli era
stato notificato né un ordine di comparizione, né una citazione, rifiutando il
giuramento ex officio, su cui si basava tutta la procedura. Era la sfida aperta di un
giovane nei confronti degli alti dignitari del Regno, la risposta fu durissima la
condanna al pagamento di una multa di 500 sterline, la pubblica fustigazione alla
gogna, e finché non si sottoponeva alla procedura di rito, anche alla prigionia. In
seguito fu emanata una nuova sentenza, ancor più dura, che lo condannava inoltre
ai ferri e negando ogni cibo che non fosse quello della cassa dei poveri della
prigione. Tra i firmatari figurano tra gli altri L’Arcivescovo Laud, il Vescovo
Juxon, e Sir Harry Vane Senior, allora Conte di Manchester.
Della sua pena parlerà in un suo testo “Un’opera della bestia42“, dove evidenzia la
sua convinzione di assolvere un compito prescritto da Dio, e dove descrive le
torture43, ma afferma: “Mi avviai alle mie sofferenze con il cuore ilare e pronto,
come se andassi a celebrare solennemente il giorno delle nozze con una delle
creature più squisite che il mondo possa offrire”. Quando fu messo alla gogna, né
approfittò per tenere un discorso pubblico, illustrando il pamphlet del Dott.
Bastwick, lanciandone a sorpresa qualche copia alla folla, poi si mise a ripetere,
che: “I vescovi derivano la loro successione apostolica dall’Anticristo”. I primi
quattro mesi di prigionia non piegarono il giovane Lilburne che dal carcere
scriveva: “Sono allegro, anzi più allegro che in qualunque momento della mia vita;
e riesco a dormire solo, in ferri e calzari, come Pietro fra i due soldati quand’era in
prigione”. Durante i tre anni nei quali scontò la pena, la famiglia lo disertò, suo
padre sebbene avesse convinzioni e un carattere simile al figlio, era in profonda
collera con lui, forse anche per paura di ripercussioni. La tortura non piegò il suo
spirito, che si batteva oltre che per la libertà di stampa, senza autorizzazioni, né
censure, anche per un altro diritto, quello dell’imputato di non rispondere a
domande a lui pregiudizievoli. Sfidando proprio la Camera Stellata su tale
argomento, Lilburne si oppose alla procedura dell’epoca, che si basava
sull’interrogatorio di un uomo in arresto, al quale si imponeva di giurare di dire il
vero, con l’obiettivo evidente di estorcere la confessione al presunto reo, invece di
formulare un’’accusa basate su testimonianze altrui. La base del sistema
anglosassone attuale prevede il diritto riconosciuto di rifiutarsi di rispondere a
41
Il Lord Privy Seal era originariamente incaricato di sovrintendere al Consiglio Privato del
sovrano, in opposizione al Grande Consiglio di Stato.
42
A Work of the beast nell’aprile 1638.
43
“Nudo fino alla cintola e legato dietro un carro, egli fu trascinato lungo tutto il percorso
dalla pleet fino alla piazza di Westminster: strumento di tortura prescelto una corda a tre
nodi; colpi somministrati duecento”, in: N.H. Brailsford, I livellatori e la rivoluzione
inglese, Milano, Il Saggiatore, 1962, vol. I, p. 112.
23
domande, e lo pone come roccaforte delle libertà. Nel XVII secolo, era ancora
incerto tale diritto, Lilburne fu tra i primi a sostenere nella parola e negli atti questo
principio di diritto. Overton e Walwyn ne seguirono l’esempio sia scrivendo
programmi e manifesti del partito livellatore, sia nella loro condotta pratica. Tale
principio apparve così fondamentale anche agli americani che lo inserirono nella
Costituzione degli Stati Uniti, con il quinto emendamento44. Sempre durante la
prigionia Lilburne scrive “Esci fuori mio popolo45“, dove condanna l’episcopato e
“l’anticristiana” chiesa d’Inghilterra, riponendo comunque l’ubbidienza passiva al
potere del Re, tuttavia dopo un anno di carcere il suo atteggiamento divenne più
battagliero, e con un appello che circolò nel 1639 riuscì a mobilitare i lavoratori e
gli apprendisti della Corporazione dei fabbricanti di panni, i quali scossi dalle
parole del giovane scesero in piazza manifestandogli una solidarietà inaspettata. Il
3 novembre del 1640 il Lungo Parlamento, riunitosi approvò la libertà per tutte le
vittime di Laud, lo stesso giorno Lilburne presentò una petizione che fu perorata
dallo stesso Cromwell, e il 4 maggio del 1641 i Comuni condannarono la sentenza
emessa a carico di Lilburne, definendola “illegale, sanguinaria, malvagia, crudele,
barbara e tirannica” e riconoscendogli il diritto a una riparazione in denaro. Uscito
dalla prigionia intraprese il mestiere di birraio e si sposò con Elizabeth Dewell,
donna con cui condivise le stesse idee, prima ancora del matrimonio. Allo scoppio
della guerra si arruolò e divenne ufficiale del reggimento di fanteria di Robert
Greville, secondo Barone di Brooke46. Lilburne si distinse nel comando a Edgehill
e a Brentford, dove fu fatto prigioniero dalle truppe monarchiche e portato a
Oxford, dove ebbe salva la vita grazie alla moglie Elizabeth che, sebbene incinta,
arringò il Parlamento chiedendo uno scambio di prigionieri da lei stessa
organizzato. Nel febbraio 1643 Lilburne tornato in libertà fu salutato dalla City
come eroe e il Parlamento gli offrì un posto nell’amministrazione civile, che
prontamente rifiutò convinto sempre di più di “combattere fino all’ultimo”. Gli fu
poi offerto di giurare sul Covenant47 e divenire parte del movimento, poiché in
contrasto con l’idea di “conquista sugli eretici” alla base partito rifiutò. Lilburne
aveva anche un’altra ragione in più per rifiutare il giuramento: gli anabattisti, come
44
Che recita: “nessuno potrà essere costretto, nel corso di un procedimento penale, a
testimoniare contro se stesso”.
45
In inglese: “Come out of her my people”.
46
Giovane idealista, condivideva con Lilburne oltre che lo spirito ardimentoso anche la
lotta contro l’episcopato, senza però cadere negli eccessi dei roghi persecutori.
47
Movimento politico del XVII secolo che si batteva per la divulgazione del
Presbiterianesimo in una forma di chiesa il cui governo è promosso dal popolo, in
opposizione alla concezione Episcopale promossa dalla monarchia, il testo noto come
“Patto nazionale” (National Covenant) ha origine scozzese, numerosi soldati del New
Model si rifiutarono di giurare a causa della richiesta di duplice fedeltà alla Corona e alla
fede ginevrina, due fedi non sempre conciliabili.
24
più tardi i quaccheri, osservavano il divieto di giuramento. Nell’ottobre del 1643
Cromwell gli offre il grado di maggiore in un reggimento di fanteria, inoltre gli
affidò l’incarico di sorvegliare da vicino il comandante di tale reggimento, il
colonnello Edward King. Egli riferì della sua incompetenza e delle sue frodi a
danno del tesoro pubblico. Da uomo integerrimo quale era, ne chiese il processo
per alto tradimento, Cromwell si accontentò della sua destituzione, avendo però
una contropartita politica, cioè la nomina di Lilburne al comando di un reggimento
di dragoni con il grado di colonnello. Dopo numerose imprese, la sua personalità
così spiccata entrò in contrasto con quella di Edward Montagu, II Conte di
Manchester48. Il contrasto nacque con un ordine non eseguito, la causa non fu la
mancanza di disciplina di Lilburne, ma un semplice equivoco, interpretando come
un’autorizzazione all’attacco una semplice battuta scherzosa. Il Conte di
Manchester non volle ascoltare spiegazioni, lo insultò pubblicamente,
minacciandolo di farlo impiccare per indisciplina. Davanti a tale onta Lilburne
paventò le sue dimissioni ma Cromwell lo convinse a non lasciare l’esercito, salvo
servirsi più tardi di lui come testimone contro la campagna contro il Conte di
Manchester.
Quando si costituì il Nuovo Modello, rifiutò di assumere posti di responsabilità,
che richiedevano il giuramento al Covenant. Il 30 aprile lasciò il comando dei
dragoni, e tornò alla vita civile, continuò a combattere, ma con armi diverse. Trovò
subito un seguito presso la locanda del Mulino a Vento. I contatti con il suo amico e
comandante Oliver Cromwell non cessarono, a pochi mesi dal suo abbandono, lo
incaricò di portare a Westminster un rapporto sull’ultima vittoria conseguita. John
eseguì la missione, il parlamento non fu generoso con lui, infatti rimase invischiato
in un intrigo di gelosie tra settari, e il 19 luglio del 1645 fu arrestato nella
Westminster Hall, per voto della Camera dei Comuni, gli uomini che votarono per
il suo arresto, furono gli stessi per cui si era battuto per anni: Bastwick e Prynne.
Nel gennaio del 1645 pubblicò un pamphlet dal titolo “Copie of Letter”, dove
attaccava duramente William Prynne, e lo sfidava a discutere apertamente con
l’autore le divergenze sul tema della tolleranza religiosa. Prynne si batteva per
l’uniformità della religione con tutti i poteri della magistratura civile per darle forza
di legge.
Le parole del pamphlet riflettono il credo anabattista: “Nessun parlamento,
concilio, sinodo, imperatore, re o magistrato... ha la minima autorità e giurisdizione
sul regno spirituale di Cristo o sui Suoi sudditi, perché, signore, lasciate che ve lo
dica, è prerogativa incomunicabile soltanto di Gesù Cristo l’essere il Re dei Suoi
Santi e il legislatore della sua chiesa e del suo popolo, e il regnare nelle anime e
nelle coscienze degli eletti”. Il finale afferma che “perseguitare per motivi di
48
Politico e militare inglese (1602-1671); lord-luogotenente del Huntingdonshire e del
Northamptonshire (1642).
25
coscienza”, che lo faccia Laud o Prynne, è sempre “opera dell’Anticristo”. Prynne
andò dal parlamento chiedendo vendetta in nome del Covenant. Il Comitato delle
Inchieste convocò Lilburne per questo e altri pamphlet, le accuse furono poi
lasciate cadere.
Entrò poi in contrasto con lo speaker dell’altro ramo del Parlamento, la Camera dei
Lord, il Generale Conte di Manchester, che lo aveva fustigato e minacciato della
forca, invano perorò verso quel ramo del parlamento le richieste legittime del
pagamento degli arretrati di paga della sua petizione e per il risarcimento dei danni
inflittigli dalla Camera Stellata. Ormai per ogni torto si appellava con i suoi
pamphlet direttamente al pubblico, così in questo periodo dette alle stampe due
nuovi pamphlet: “La giustificazione del giusto49“ del giugno 1646, e “La libertà del
libero vendicata50” sempre del giugno del 1646 che sostenevano, con il chiaro
intento di provocatorio una presunta fede realista del Conte di Manchester. Fu così
chiamato a rispondere davanti ai Lord riuniti sotto la stessa presidenza di del
Conte, egli protestò illegittimità del procedimento, nel quale il giudice era anche
attore, e si rifiutò di rispondere a ogni domanda. Basandosi sulla Magna Carta
sostenne che doveva essere giudicato dai suoi pari, in altre parole sostenne che la
Camera dei Lord non aveva giurisdizione su un non-nobile, chiedendo la
protezione dei Comuni. Di risposte i Lord lo spedirono in prigione a Newgate,
rimane il dato, che nessuno prima di lui aveva mai contestato il diritto dell’una o
dell’altra camera di erigersi a corte penale. Chiamato a comparire davanti ai Lord
l’11 luglio del 1646, si rifiutò di inginocchiarsi, e di scoprirsi il capo, tappandosi le
orecchie alla lettura dell’accusa. Poi attaccò i giudici: “Tutto ciò che vi
proponevate quando ci spingeste a combattere era dunque soltanto di scavalcare e
togliere di sella i nostri vecchi oppressori e tiranni per salire al loro posto e
schiacciarci sotto i vostri piedi51”. A tali dichiarazioni i Lord risposero
condannandolo ad una multa di 2000 sterline e sette anni di detenzione nella Torre,
e alla perdita del diritto di ricoprire cariche civili o militari, ordinando che i suoi
scritti fossero pubblicamente bruciati dal boia. Questa sorte può sembrare la fine
della sua lotta, ma non fu che l’inizio di un moto rivoluzionario che partendo dalla
sua cella, in soli tre anni spazzo via la Camera dei Lord. L’umile figura che si
rifiuta di inginocchiarsi davanti ai Pari d’Inghilterra è l’esempio del coraggio, ma
anche della tradizione anabattista, dove solo davanti a Dio è lecito e doveroso
inginocchiarsi. Numerose furono le petizioni presentate dai compagni, dalla moglie
e dagli amici, innumerevoli i libelli. Il resto della sua tormentata vita, si concluse
prima con l’esilio nel 1652, ritorno fugace in patria nel 1653, altri due anni di
49
The Just Mans Justification.
“The Free-mans Freedome Vindicated”
51
N.H. Brailsford, I livellatori e la rivoluzione inglese, Milano, Il Saggiatore, 1962, Vol. I,
pag. 124.
50
26
detenzione nel 1652, nel 1656 “La resurrezione di John Lilburne”, che segna la sua
conversione al movimento quacchero e la sua definitiva scomparsa dalla vita
politica. Morì di tisi a Eltham il 29 agosto 1657.
4.3
Il “Nuovo Modello”
Il Nuovo Modello nacque il 15 febbraio del 1645 dalla riorganizzazione delle forze
fedeli al parlamento, il cui comando fu affidato a Sir Thomas Fairfax, mentre
Oliver Cromwell divenne luogotenente generale e comandante di tutta la
cavalleria. Era costituito da 22.000 uomini che usando le parole di Cromwell erano
“uomini che avessero il timor di Dio davanti a sé, e mettessero un po’ di coscienza
in ciò che facevano52”. Alla sua costituzione non seguì l’immediato scioglimento
delle milizie contadine preesistenti le quali furono in parte assorbite dal Nuovo
Modello e in parte sollevate dall’incarico. La formazione sociale di quadri
dell’esercito era costituita in gran parte dalla piccola nobiltà di campagna, ma vi
erano anche numerosi yeoman53. Cromwell reclutò uomini convinti fermamente
nelle azioni che stavano per intraprendere, capaci di sposare a pieno la causa
parlamentare e che consideravano il servizio militare come un professione,
superando l’idea di coscrizione. Infatti si appellò ai radicali indipendenti e al
mondo settario, entrambi fermamente convinti nella lotta alla chiesa anglicana,
identificata come strumento di satana. La retribuzione molto elevata fu finanziata
con un’imposta mensile sulla proprietà immobiliare e personale, attribuita a
ciascuna contea e quando una regione risultava morosa, l’esercito aveva il diritto di
acquartierarsi a credito.
Dal 1646 al 1649 oscillò, per i fanti dagli 8 pence, ad uno scellino e 5 pence, per il
cavaliere la paga era di 2 scellini e 6 pence il giorno, mentre per gli ufficiali era di
una sterlina il giorno. Occorre ricordare che la paga giornaliera per un coltivatore
agricolo era in quell’epoca di 8 pence. Il trattamento economico così come il diritto
di acquartierarsi, cd. free quarter, saranno temi di duro scontro tra l’esercito e il
parlamento.
La paga, sebbene alta, non copriva tutte le spese a cui doveva far fronte la truppa,
poiché il soldato doveva a sue spese provvedere all’alloggio personale, e nel caso
dei cavalieri anche del cavallo. Inoltre lo stipendio, spesso, era in ritardo, e come
52
N.H. Brailsford, I Livellatori e la rivoluzione inglese, Milano, Il Saggiatore, 1962, p.
178.
53
Piccoli proprietari terrieri, coltivatori o loro discendenti. A tal proposito Cromwell
afferma la sua preferenza nei confronti di quest’ultimi rispetto a quelli che “voi chiamate un
gentiluomo, e nulla di più, che cosa faceva nella vita civile prima di arruolarsi?”.
27
afferma Brailsford “gli uomini erano talmente al lumicino, che Lilburne narra di
aver dovuto anticipare ai suoi dragoni l’occorrente per far ferrare le bestie54”.
Questa è la prova che questi uomini non erano mercenari di truppa, ma servirono la
causa parlamentare con fede e lealtà. Un esercito formato dal popolo le cui barriere
sociali però erano ininfluenti sulla condotta dei singoli, infatti un qualsiasi soldato
della truppa poteva diventare ufficiale. Le regole erano ferree, riprese in gran parte
dal codice disciplinare dell’esercito svedese, però fuori servizio vigeva la parità o
quasi che faceva crescere un fermento politico-culturale molte volte estraneo agli
uomini di spada. Gli uomini della truppa si ritrovavano per condividere svaghi e
letture sacre, addirittura nello stesso Consiglio dell’Esercito in presenza di Fairfax
o di Cromwell, non era insolito assistere a riunioni di preghiera o dibattiti politici.
Vi è qualcosa di rivoluzionario in questo esercito che formato da strati popolari
combatte con le armi in pugno, “con le spade nelle nostre mani”, Brailsford dà una
lettura molto importante su tale frase: “Nel secolo XVII essa era il simbolo di una
soggezione di una classe all’altra lo strumento che assicurava ai «gentlemen» il
dominio sui contadini e gli artigiani. Nei documenti che, sotto forma di petizioni o
manifesti, giungevano dalla base dell’esercito, questa frase squilla così di frequente
nelle perorazioni, che lascia nella nostra memoria un segno incancellabile55”.
Il periodico dei Levellers, il “The Moderate”, narra una vicenda che può far capire
lo spirito di questo esercito. Il numero del dicembre del 1648, racconta che durante
l’occupazione di Londra in una locanda londinese, chiamata il cavallo bianco,
alcuni cavalieri, guidati dal colonnello Rich indugiavano fuori dal portone, quando
si videro rovesciare il contenuto di un vaso da notte, proveniente da una stanza
proprio sopra l’entrata dove si stava consumando una festa, e occupata dal conte di
Middlesex, lord Carre e dal colonello Spencer e da altri lord. La truppa rispose
all’offesa chiedendo il motivo di così tanta inciviltà, e rilanciando il vaso segno
dell’offesa, il conte sotto l’evidente segno dell’alcol minaccia i soldati con una
pistola, a quel punto la truppa si precipita al piano disopra e a suon di pugni
disarmano i lord e gli ufficiali.
Il diritto di poter brandire una spada era il segno evidente di un cambiamento
sociale in atto, volto a cancellare i soprusi normanni, ristabilendo l’uguaglianza in
perfetto modello sassone. L’esercito parlamentare vinse grazie ad una serie di
fattori quali: la maggiore efficacia di spostamento, un uso sapiente della tattica
militare, l’impiego tattico dell’artiglieria; ma uno degli elementi centrali fu lo
spirito di corpo formatosi nel Nuovo Modello il quale nacque e fu alimentato, come
afferma Vittorio Gabrieli: “Dalla diffusa persuasione d’una missione nazionale ad
54
N.H. Brailsford, I Livellatori e la rivoluzione inglese, Milano, Il Saggiatore, 1962, p.
179.
55
N.H. Brailsford, I Livellatori e la rivoluzione inglese, Milano, Il Saggiatore, 1962, p.
181.
28
esso affidata dalla Provvidenza e trascendente il mero compito della sconfitta del
nemico sul campo. Temperato dalla severa disciplina di guerra e orgoglioso delle
sue vittorie, l’esercito cromwelliano finì col sentirsi investito dalla rappresentanza
di tutto il popolo e conscio di aver difeso con le armi in pugno quelle che riteneva
le sue libertà storiche civili e religiose contro la volontà assolutistica di Carlo I,
reclamò ben presto il diritto e la responsabilità di decidere l’assetto definitivo che
avrebbe dovuto avere il paese una volta terminate le ostilità56”. Questa coscienza
maturò grazie all’opera del partito livellatore che penetrò facilmente nel Nuovo
Modello. Vi fu una sorta di rapporto sinergico, i livellatori divennero così lo
strumento di collegamento con il popolo. Richard Baxter57 afferma a proposito:
“una gran parte di danno è stato fatto dai pamphlet abbondantemente diffusi di
Overton e Lilburne, di cui i soldati dispersi nei loro quartieri di alloggio, quando
non v’è nessuno a contraddirli, si nutrono con avidità”.
Anche alcuni pubblicisti di parte regia attaccano il New Model in questo contesto:
“E’ tutto un Lilburne da capo a fondo, e più incline a dettar legge che a riceverla58”
e “il soldato tiene costantemente la spada in una mano, e una delle epistole di
Lilburne nell’altra”.
Una volta acquisito questa coscienza, e cessati i combattimenti l’esercito divenne il
protagonista sullo scenario politico, basta pensare ai Dibattiti di Putney, dove si
nota lo scollamento tra parlamento ed esercito, segno che l’opera dei livellatori era
stata più che efficace. A poco a poco la divergenza tra gli interessi degli ufficiali da
un lato e della truppa dall’altro si fece sentire, la compattezza e la fermezza che era
il suo punto di forza venne meno. Nel marzo del 1647 la delusione si tramutò in
rabbia alla notizia della decisone del parlamento di sciogliere il Nuovo Modello e
sostituirlo con nuove forze da destinare al servizio interno e da spedire in Irlanda.
Questa fu la motivazione dei fatti che seguirono nell’estate del 1647.
4.4
L’occupazione di Londra, il patto del popolo e i dibattiti di Putney.
Cessati i combattimenti tra l’esercito e il parlamento si creò una frattura dall’aprile
del 1647 dovuta alla convinzione che gli interessi delle truppe non erano
considerati dagli ufficiali e dal parlamento.
56
V. Gabrieli, Puritanesimo e libertà, Einaudi, 1956, p. XXI.
Richard Baxter (12 Nov. 1615 - 8 Dic. 1691) fu un importante teologo puritano
dell’epoca. Sostenitore di una visione mitigata di calvinismo e amiraldismo, egli elabora
un’eclettica via di mezzo fra le dottrine della grazia riformata, arminiana e cattolica,
interpretando il Regno di Dio nei termini delle idee politiche a lui contemporanee.
58
In: W. Orme, The life and times of Rev. Richard Baxter, Boston, 1831, I, p. 37.
57
29
La situazione si aggravò alla notizia del progetto di scioglimento del Nuovo
Modello sostenuta dal gruppo presbiteriano59 accompagnata anche dalla mancata
corresponsione degli arretrati della paga. Infatti l’intenzione era quella di sostituire
l’esercito con nuove forze da destinare alla conquista dell’Irlanda e al servizio
interno.
Le forze armate reagirono duramente a tale provocazione sequestrando Carlo I,
interrompendo così il corso delle trattative tra realisti e parlamentari di cui Carlo
era prigioniero.
Il 5 giugno 1647 presso Cambridge il New Model proclamò in “The Solemne
Engagement of the Armie”, manifesto adottato alla unanimità dai reggimenti riuniti
in cui Henry Ireton afferma: “Noi non siamo disposti né a scioglierci o a dividerci
volontariamente, né a lasciarci sciogliere o dividerci su comando60”. Il testo
prevedeva che fossero date solide garanzie circa le loro richieste e un’elezione
democratica di un Consiglio rappresentativo dell’esercito. L’Impegno Solenne si
concentrò sui torti subiti in passato e ebbe come unico obiettivo quello di minare la
credibilità del gruppo presbiteriano, promettendo di non sciogliersi fino
all’accoglimento delle loro richieste politiche ed economiche61.
I presbiteriani rifiutarono le richieste e davanti all’insubordinazione dell’esercito
denunciarono i responsabili come traditori e nemici dello stato. Il parlamento mise
sotto accusa la minoranza indipendente che si riparò presso l’esercito e dichiarò
come nemici quanti avevano difeso la libertà del Paese ma l’indignazione
dell’esercitò aumentò quando la Camera dei Comuni trattenne sotto scorta armata il
colonnello Lilburne.
Il 16 luglio vi fu un dibattito provocato da un memoriale diretto due giorni prima
allo stesso Firefax dai rappresentati degli ufficiali e dai soldati, “The Humble
address of Agitators of the Army to Firefax” in cui si sostenne la necessità di una
marcia sulla capitale a cui seguiva una lista di richieste che il parlamento doveva
soddisfare tra cui ristabilire il vecchio Comitato Direttivo della milizia civica,
sottoporre le forze armate al comando sir Thomas Firefax, mettere in libertà e
compensare i prigionieri illegalmente trattenuti in carcere, in particolare John
Lilburne e Richard Overton ed infine pagare puntualmente le truppe. Anche se
favorevoli alla presentazione di tali richieste Cromwell e Ireton erano contrari
all’occupazione di Londra. Cromwell era ottimista circa l’esito favorevole delle
trattative tra le Camere e l’esercito convinto che l’uso della forza potesse mettere a
59
Capeggiato da Denzil Holles.
Wood House, p.401-401.
61
Le richieste degli arretrati ammontavano a quarantatré settimane di paga per la cavalleria
e a diciotto per la fanteria per un valore pari a 331.000 sterline, le richieste politiche
consistevano in una legge di sanatoria per gli atti di guerra e assistenza a favore dei feriti,
degli orfani e delle famiglie dei caduti (cfr. S.R.Gardiner, History of the great civil
war,1642-1649, Londra, nuova edizione, Longmans , 1884, vol. III, p.227).
60
30
repentaglio le amicizie del Nuovo Modello nel Parlamento. L’ala più radicale
composta dagli agitatori caldeggiava l’occupazione di Londra condividendo la
visione dei Livellatori civili per i quali il Parlamento, strumento arbitrario e
tirannico, difensore degli interessi dei suoi componenti, doveva essere democratico
con la conseguente abolizione del potere di veto della Camera dei Lord, la
semplificazione e umanizzazione delle leggi, la soppressione delle decime e della
pena detentiva per i debitori insolventi e forme di decentramento amministrativo.
Overton espone tali obiettivi in un prezioso pamphlet stampato il 16 luglio
“Appello dall’organo rappresentativo degenere, i Comuni di Inghilterra, al Corpo
rappresentato, il libero popolo in generale e… a Sir Thomas Firefax e a tutti gli
ufficiali e soldati al suo comando in specie”.
Perché non è il fatto di sedere sui banchi o di stare in piedi nell’aula di Westminster
a renderli membri del Parlamento o rendere parlamentari autorevoli e vincolanti le
loro leggi o decreti, ma assolvere il proprio mandato parlando e agendo per il bene
e la salvaguardia del popolo.
Lo stesso Lilburne dalla prigione da alle stampe l’opera “Jonah’s Cry” composto
da una serie di lettere personali tra Lilburne e Cromwell che hanno come effetto
quello di rendere pubbliche gli insulti e le opinioni di Cromwell su statisti e alti
ufficiali con il chiaro intento di pregiudicare i rapporti con quest’ultimo. L’opera,
però, si chiude con una serie di lettere dai toni di ammirazione nei confronti del
futuro lord protettore.
Si può comprendere il risentimento di Lilburne quando si accorse che per
Cromwell e per il resto degli alti ufficiali non era che una pedina nel loro gioco
politico.
Il 6 agosto l’esercito con l’appoggio di membri radicali insediati nella capitale
occupò Londra facendo fuggire i capi della fazione presbiteriana e reintroducendo
nel Parlamento gli alleati Indipendenti .
Importante è la testimonianza del capitano Bernardino Guasconi che inviò al
Granduca di Toscana Ferdinando II una “relazione” delle storie di Inghilterra per
informarlo sulla cattura del re e dell’occupazione di Londra, dei quali era stato
testimone. Il Guasconi descrive come le truppe fossero disposte alla battaglia e che
disponessero di un totale di diciottomila fanti, settemila cavalieri e quarantacinque
pezzi di cannone: “E bisogna confessare il vero sono li soldati comunemente tutti
sopra i venti anni e raramente se ne troveranno che passino quaranta di risoluta
continenza essendo ordinaria alla Nazione inglese la buona mina. Da per me
confesso non aver visto in vita mia una scelta di gente simile a questa, l’ordine
delle quali sendo fuor dall’ordinario, raramente marciando si vede alcuno sortir
dalle file, onde ordinato arriva che a mezzo miglio dall’armata non si trova pure un
soldato fuori dalle truppe, la modestia ed obbedienza delle quali è tal segno che
31
difficilmente in un giorno si potria intendere un soldato bestemmiare o essere
imbriaco62.”
Una volta insediatosi a Londra il governo civile venne spodestato dall’autorità
militare e l’organizzazione democratica dell’esercito tentò di raggiungere un’intesa
con il re il quale si illuse di poter fare leva sul dualismo creatosi tra il Parlamento e
il New Model Army.
Carlo I respinse le richieste costituzionali offerte dal Consiglio dell’esercito che
prevedevano strumenti di tutela e diritti per i cittadini e privilegi per il parlamento,
ma la figura del re seppur diminuita nei suoi poteri manteneva la facoltà di veto
sulle leggi. Queste posizioni erano dettate dall’ala moderata dell’esercito tra cui
Cromwell che ad ogni costo cercarono un compromesso con la monarchia, però
non poteva non essere vista con sospetto dai gruppi radicali che richiedevano una
riforma di carattere democratico.
I dibattiti che si svolsero a Putney, vicino Londra, dal 28 ottobre al primo
novembre, nel Consiglio Generale
dell’Esercito mostrano un’assemblea
democratica formata da ufficiali, soldati e elementi civili, frutto
dell’organizzazione dei Levellers a Londra e in varie contee. Due sono le visioni, la
prima radicale che ha come obiettivo la creazione di una democrazia laica e la
seconda, capeggiata da Cromwell, aveva come unica meta estendere il consenso
per raggiungere una pace duratura.
Come afferma Vittorio Gabrieli, “a un esame attento dello svolgimento dei
dibattiti, la tattica temporeggiatrice di Cromwell e Ireton che, strettamente alleati
nell’isolamento crescente in cui si trovano di fronte ai loro antagonisti, riescono a
differire per un’intera giornata la discussione delle proposte recate dagli agenti dei
reggimenti, preannuncia l’esito finale della riunione63”.
Il 29 ottobre, dopo la cerimonia della preghiera, ebbe inizio la discussione del
“Patto del Popolo” dove si soffermarono lungamente sulla richiesta del principio
del suffragio universale.
Il primo novembre, trascorsi due giorni di pausa, riprende il dibattito sul rapporto
presentato da Ireton teso a giungere un consenso con gli agenti dei reggimenti per
mantenere il diritto di veto del re alla Camera dei Lord. Il Consiglio Generale
dell’Esercito, nonostante la sua natura democratica, doveva comunque sottostare al
rigido codice militare. Secondo Gabrieli questo fu un modo per Cromwell per
sfuggire ai principi democratici e far annullare il voto della maggioranza troncando
ogni trattativa con il re evitando di convocare l’adunata generale dell’esercito
affinché il Patto del Popolo non venisse imposto da essa al Parlamento. Le
repressioni e le purghe nei confronti dei membri dissenzienti delle armate segnò il
62
Bernardino Guasconi, Relazione del rivolgimento avvenuto in Inghilterra nel 1647,
Firenze, edita da G. Gargani, 1886
63
Vittorio Gabrieli, Puritanesimo e libertà, Torino, Einaudi, 1956, p. XXXI.
32
destino dell’esperimento democratico nel Nuovo Modello pur non soffocando del
tutto le ambizioni democratiche e libertarie “seminate” dai Levellers le quali
riemersero negli ammutinamenti del 1649 con la riproposta dei soldati ed ufficiali
del Patto del Popolo.
33
§5. La seconda guerra civile e l’epurazione di Pride
Dopo la battaglia di Oxford del 1646, la guerra sembrava concludersi. Il
parlamento s’impegnò a portare a termine le riforme volte ad abbattere il
precedente regime,infatti il clero passò da un modello statale a un modello
presbiteriano. In compenso il re aveva perso gran parte del potere divenendo solo
un simbolo senza l’appoggio della vecchia aristocrazia.
Tutte le forze che di fatto avevano contribuito alla vittoria parlamentare, come gli
Indipendenti e i Levellers, reclamavano l’abolizione della monarchia e
l’instaurazione di un regime repubblicano, ma la maggioranza parlamentare
presbiteriana guidata da Denzil Holles si oppose con fermezza, temendo, infatti,
che il decadimento della casa reale portasse a riforme più radicali, magari in senso
democratico. Anche i realisti non accettarono la figura di un re, privo di gran parte
dei suoi poteri ed ostaggio dell’aristocrazia possidente, di conseguenza il monarca
Carlo chiese la restaurazione del vecchio ordine. Nel maggio 1647, il parlamento
sotto la pressione dei presbiteriani intima a Cromwell lo scioglimento dell’esercito
il quale fu costretto a far ricorso all’esercito per garantire che i diritti rivoluzionari
conquistati con le armi fossero effettivamente tradotti.
Davanti alla minaccia di scioglimento del New Model Army, Cromwell abbandonò
Londra ricongiungendosi con i suoi uomini nella località di Putney. A giugno il
New Model Army chiese lo scioglimento della Camera dei Comuni e nuove
elezioni. Come trattato nei capitoli precedenti, dal 28 ottobre all’11 novembre i
rappresentanti dell’esercito si riunirono per decidere la linea da seguire; il dibattito
fu guidato dai Levellers che proposero il Patto del Popolo chiedendo una
costituzione repubblicana, elezioni a suffragio universale maschile, libertà
religiosa, una piena uguaglianza formale dei cittadini, abolizione dell’uso delle
concessioni di monopoli. Cromwell riuscì a non far approvare il Patto del Popolo
annullando il voto democratico e rompendo ogni trattativa con il Parlamento e con
il re. Nel novembre del 1647 Carlo I fuggì in Scozia, convincendo gli scozzesi a
riprendere le armi contro l’Inghilterra. Il 26 dicembre del 1647 il re firmò un
Impegno Solenne con gli scozzesi promettendo loro, in cambio dell’aiuto a
riprendere il trono, il riconoscimento per tre anni dell’assetto presbiteriano e la
repressione delle sette. Alla provocazione dell’esercito i presbiteriani reagirono
ricucendo il rapporto con la corona fino alla richiesta della restaurazione di Carlo;
quest’ultimo, forte dell’appoggio presbiteriano in patria, invase con il suo esercito
l’Inghilterra.
Nell’aprile del 1648 Cromwell riunì il Consiglio dell’Esercito, invitando i membri
ad un’analisi degli atti compiuti “per vedere se vi potessero scoprire alcune
34
iniquità”. Gli ufficiali riconobbero come unico sbaglio l’aver insistito con “quelle
maledette trattative carnali col re a spingere il Signore a lasciarci”. L’incubo di una
guerra fratricida inquietava gli animi degli ufficiali e il loro dilemma morale
comportò l’attribuzione di ogni responsabilità sulla condotta di Carlo I. Fu, forse in
quel momento che iniziò a prendere piede l’idea che la condanna a morte del re
potesse lavare l’onta di aver versato sangue fraterno. Dopo due anni di pace, la
guerra ebbe inizio e la seconda guerra civile fu combattuta con una crudeltà
inaudita, si pensi all’assedio di Colchester o all’uso inumano di vendere i
prigionieri o avversari politici come schiavi.
“A quell’epoca la tratta degli schiavi si faceva con carne sia bianca sia nera, dopo
la battaglia di Worcester, 1500 scozzesi furono ceduti ai mercanti della Guinea e
destinati alle miniere africane: si ignora quanti sopravvissero e per quanto tempo...
alla metà del 1655, circa 8000 prigionieri di guerra fossero stati trasportati nelle
Barbados, 4000 in altre piantagioni, 800 nella Guadalupa francese, e un numero
imprecisato altrove64”.
Durante la seconda guerra civile, l’esercito fu più sicuro di sé, combatté duramente
macinando vittorie come a Lancashire e nel Galles meridionale, regioni dove la
presenza realista era sempre stata forte. Mentre l’esercito si spostava prima nel
Galles, nel Kent, poi nell’Essex, scoppiarono rivolte altrove, costringendo il
comando a distaccarne una parte per presidiare il territorio, così ogni volta dovette
combattere in condizioni di inferiorità numerica.
Di fronte al successo costante dell’esercito, le speranze dei presbiteriani e dei
realisti si riaccesero con l’invasione dell’esercito scozzese il quale guidato da
James Hamilton, primo Duca di Hamilton, e forte di 8.600 uomini marciò fino allo
sfinimento. Il 17 agosto del 1648 nonostante la forte inferiorità numerica Oliver
Cromwell sconfisse a Preston gli Scozzesi e le formazioni realiste, costringendole a
deporre le armi e catturando lo stesso Carlo I.
In questo periodo le iniziative del partito livellatore furono scarse, forse perché il
momento drammatico non si prestava a critiche; scelsero un profilo più mite volto
a tenere unita la compagine repubblicana. Degna di nota è la petizione presentata il
1° agosto del 1648 dal partito ai Comuni e firmata da oltre diecimila simpatizzanti
che reclamava il rilascio di John Lilburne. La Camera approvò la cassazione della
sentenza inflitta dalla Camera Stellata, dando a Lilburne non solo la libertà, ma
anche un indennizzo per le sofferenze subite; Lilburne una volta in libertà riallacciò
immediatamente i rapporti con Cromwell.
Inviò una lettera al futuro Lord Protettore, reo di averlo “dimenticato” in prigionia:
“Se avessi voluto … vendicarmi della dura e quasi mortale prigionia subita, avrei
potuto recentemente cogliere numerose occasioni per ripagarvi a dovere, ma mi
sono rifiutato sdegnosamente di farlo, specialmente per il fatto che vi trovate in
64
S. R. Gardiner, Civil War, p. 207.
35
cattive acque; e questo vi sia di assicurazione, che se mai vi attaccherò, sarà
quando sarete al sommo della potenza, qualora abbandoniate la retta via della
verità e della giustizia. Ma se vi rimarrete con perseveranza e imparzialità, io
rimarrò il vostro, sino all’ultima goccia di sangue nel mio cuore (malgrado ogni
vostra recente ostilità nei miei riguardi)65”.
Nel 1649 ricordando l’episodio dirà con ironia: “Salva un ladro dalla forca, e per
tutta ricompensa egli sarà il primo ad impiccarti”, del resto i rapporti tra i due sono
sempre stati molto complessi dettati dalla forte emotività. L’11 settembre del 1648
i Levellers in accordo con gli Indipendenti presentarono un documento, definito poi
“Grande Petizione dell’11 Settembre” che poneva al centro dell’ordinamento la
Camera dei Comuni, anche se vi furono particolari segni innovatori, poiché si trattò
in sostanza di una mediazione tra i due partiti artefici della vittoria.
La sovranità dei Comuni, disciplinata dalle clausole 1, 2 e 3 prevedendo comunque
una forma monarchica sebbene mitigata, proclamano la sovranità dei Comuni,
respingono il potere di veto del re e della Camera dei Lord, chiedono parlamenti
annuali.
La clausola 25 chiede il giudizio degli “autori e promotori capitali delle guerre
passate o presenti, molti dei quali sono in vostro potere” nella clausola 6 si dichiara
“egualmente soggetti ad ogni legge della nazione, fatta o da fare, tanto i re, le
regine, i principi, i conti, i duchi, quanto tutte le persone; in modo che tutte anche
le più elevate, temano e guardino con terrore venerando la pubblica quiete e i diritti
privati personali o reali, né si attestino a calpestarli”
La clausola 4 regola la questione religiosa: “Ci aspettavamo che sottraeste le
questioni di religione e di culto al potere coercitivo o restrittivo di qualunque
autorità sulla terra e riservaste all’autorità sovrana il solo potere non coercitivo di
stabilire un modo pubblico di venerazione del Signore, in modo da evitare per
sempre un’abbondanza di sciagure, persecuzioni e rimorsi”. La clausola 23
prosegue condannando: “L’esempio di passati parlamenti tirannici e superstiziosi
nell’emanare decreti, ordinanze o leggi e nel fissare leggi riguardanti opinioni o
cose sovrannaturali, definendole ora bestemmie ora eresie”. La clausola 16 infine
elimina le decime, invitando a mantenere i ministri pubblici in modo più equo.
La clausola 5 pone il divieto della coscrizione obbligatoria “che abdicaste, in voi e
in tutti i rappresentanti futuri, al potere di arruolare con la forza o costringere
chicchessia a servire in guerra, perché nessuna cosa, più di questa è contraria alla
libertà”.
Altre clausole riguardano l’esigenza di riforma della giustizia come la numero 7
che sottrae alla giurisdizione della Camera dei Lord i non nobili, o la clausola
numero 8 sostenuta con fermezza dai livellatori “tutti i processi devono avvenire
65
“Lettera di J. Lilburne”, 3 agosto 1648, in: N.H. Brailsford, I livellatori e la rivoluzione
inglese, Milano, Il Saggiatore, 1962, vol. I p. 385.
36
mediante giuria. Nessuno deve essere sottoposto a domande pregiudizievoli per la
sua incolumità”, la numero 8 vieta la prigionia per debiti ed infine la numero 15
introduce il principio delle pene graduate in base alla gravità dei reati.
Sono introdotti anche altri provvedimenti di natura economico-sociale, come
l’abolizione delle compagnie monopolistiche, la sostituzione delle accise con
imposte dirette, provvedimenti clemenziali come l’amnistia a favore dell’esercito,
o la clausola 12 che prevede l’abbattimento di recinzioni di brughiere e terreni
comuni, solo se eseguite di recente. La clausola 18 esprime a chiare lettere il
sentimento nei confronti della proprietà, facendo assumere ai Comuni: “per voi e
per ogni parlamento futuro, l’impegno di non abolire la proprietà, di non livellare
le tenute, e di non rendere tutte le cose comuni”.
Da tale testo spiccarono tre principi cardine del pensiero livellatore: la sovranità
indiscussa della Camera dei Comuni, la tolleranza religiosa basata su uno stato
laico e la tutela presente e futura del diritto di proprietà, sia nei confronti di terzi sia
nei confronti dello stato. Le trattative con i presbiteriani e i realisti tenutesi a
Newport naufragarono, poiché il timore che i livellatori potessero distruggere la
nobiltà era troppo forte. L’esercito compilò la “Remostrance”, un colossale
documento composto da settanta pagine da indirizzare ai Comuni, con cui si
attribuì le vittorie del parlamento a Dio e ai costumi morigerati dei “Santi”. In
molti punti il testo appare molto simile ai principi espressi con la “Grande
Petizione dell’11 Settembre”, infatti si accettò la sovranità popolare, la supremazia
della Camera dei Comuni, si riprese l’idea dei livellatori di un re elettivo66,
omettendo però il divieto di coscrizione, il pagamento delle decime,
l’imprigionamento dei debitori. Si rinviò poi l’emanazione di una costituzione su
modello del Patto del Popolo, non ad un’assemblea eletta direttamente dal popolo,
ma allo stesso parlamento. Su questo ultimo punto i Livellatori raggiunsero un
prezioso accordo, mediando e riuscendo ad ottenere che tale Patto fosse realizzato
da un comitato formato da sedici persone, rappresentative delle forze leali, quattro
per ciascuna forza, e comprendendo l’esercito, gli Indipendenti, i Levellers, i
parlamentari fedeli. All’avvio delle trattative tra le parti vincitrici, il 16 novembre
Fairfax a nome dell’esercito iniziò una negoziato con Carlo, chiedendo al monarca
concessioni minime, come il controllo da parte di un Consiglio di Stato (organo
esecutivo) sulle forze armate e la rinuncia al diritto di nomina delle alte cariche del
regno. All’evasività del re, rispose il Consiglio degli ufficiali approvando la
“Remostrance” che rinviava a giudizio Carlo, la quale fu presentata ai Comuni,
dopo settimane di silenzio causato da continui rinvii, segno evidente che
l’ennesima trattativa era fallita. L’esercito ruppe gli indugi, il 6 dicembre truppe
66
J. Lilburne aveva da sempre sostenuto la natura elettiva della monarchia inglese.
37
comandate da Thomas Pride67 occuparono la Camera dei Comuni provvedendo
all’epurazione di tutti i deputati presbiteriani: è la cd. “Pride’s Purge68. Il 30
gennaio del 1649 il “parlamento tronco69“ giudicò il re per alto tradimento e lo
condannò a morte. La sentenza, che recò la firma di Oliver Cromwell, fu eseguita il
9 febbraio. Il 19 maggio il parlamento dichiarò ufficialmente la fine della
monarchia e instaura la repubblica.
67
Militare inglese durante la guerra civile fu capitano sotto il comando del conte di Essex
per diventare ben presto colonnello. Pride si distinse alla battaglia di Preston (1648). Oltre
all’occupazione di Londra e alla celebre “purga”, Pride fu anche uno dei giudici al processo
che condusse alla condanna a morte di Carlo I, durante l’Interregno comandò la fanteria a
Dunbar a Worcester, fatto cavaliere nel 1656, si oppose allo stesso Cromwell al
conferimento della dignità reale.
68
“Purga di Pride”.
69
Cd. “Rump Parliament”.
38
§6. L’epoca repubblicana e le nuove istanze di Lilburne
Il 20 gennaio del 1649 re Carlo I venne processato e condannato per alto
tradimento. La sentenza di morte pronunciata dal tribunale rivoluzionario fu un
evento epocale, ma non fece altro che tradurre in linguaggio giuridico formale ciò
che era già stato decretato sul piano politico. Se Ireton e Harison erano certi e sicuri
della condanna alla pena capitale, Cromwell e Fairfax furono più titubanti. I
livellatori pur nella tragedia della condanna mantennero la loro coerenza, giacché
in un pamphlet datato 1647 “Regal Tyrannie discovered” John Lilburne chiedeva la
destituzione del re, il suo processo e la sua condanna a morte, richieste anche nella
Grande Petizione dell’11 settembre del 1648.
Sicuramente il partito livellatore non poteva che riconoscere l’esigenza di un
processo e di una condanna di Carlo I infatti, nell’opera “Legall Fundamentall
Liberties” Lilburne affermava che tutti i leader del movimento erano favorevoli a
tale decisione che fu approvata dal consiglio rappresentativo partito anche se
emergono forti dubbi sulla coesione unanime di tale scelta. Brailsford afferma:
“Alla vigilia della purga di Pride, mentre la delegazione livellatrice trattava con
Ireton e Harrison sul destino del Patto del Popolo, Walwyn sia stato decisamente
contrario alla marcia dell’esercito su Londra … Qualche mese dopo, rimuginando
gli avvenimenti dell’inverno appena trascorso nella quiete del carcere della Torre,
Walwyn pronunziò il più dignitoso di tutti i commenti contemporanei sulla fine del
regno di Carlo, approvando i Comuni per aver messo fine alla sua «usurpazione»,
ma rammaricandosi che lo avessero ucciso perché la sua era una «tirannia
ereditiera»70”. Secondo Walwyn l’unico crimine commesso da Carlo I era quello
di aver seguito le orme paterne, e si consola “forse, grazie questo esempio, altri re
sapranno di non essere padroni ma sudditi della legge71”. Se Walwyn ebbe qualche
incertezza, Overton dalle colonne del “The Moderate” approvò in pieno il processo
e la condanna del re definendolo “l’atto supremo di giustizia che l’Inghilterra abbia
mai conosciuto72“. Lilburne, invece, pur approvando l’esecuzione del re, sosteneva
che il diritto a giudicarlo non spettava né al Lungo Parlamento, poiché aveva
esaurito il suo mandato, neppure al Parlamento Rump73, occorreva eleggere al più
presto una camera rappresentativa, eletta su base democratica così come esposto
70
N.H. Brailsford, I Livellatori e la rivoluzione inglese, Milano, Il Saggiatore, 1962, vol. II
p. 503.
71
W. Walwyn, Tyranipocrit, 1649, pp. 54-56.
72
R. Overton, The Moderate, 6-13 marzo, 1649.
73
Anche se letteralmente significa sedersi, può essere attribuito il termine superstite,
ovvero ancora in grado di sedersi nel parlamento e da riferirsi al gruppo di parlamentari
rimasti in carica dopo che Cromwell ebbe epurato la maggioranza presbiteriana,
espellendone 121 membri nel 1648.
39
nel Patto del Popolo. Inoltre sosteneva che la figura dell’Alta Corte di Giustizia era
un tribunale straordinario, di natura squisitamente politica, lamentandone la sua
faziosità ricordava la posizione dei livellatori: un parlamento non può condannare
se ciò non è previsto da nessuna legge, principio che già Ulpiano affermava
“Nullum crimen, nulla poena sine praevia lege poenali” e che sarà il cardine del
diritto moderno.
Secondo Lilburne il re aveva il diritto come ogni altro cittadino di essere giudicato
da una magistratura ordinaria, per questo senso di equità e di legalità egli offrì il
suo aiuto per la difesa dei tre capi realisti, Holland, Hamilton e Capel, intuendo
forse che le tutte le battaglie a favore della libertà sarebbero state spazzate via da
una dittatura militare. L’idea repubblicana era nell’essenza stessa del Nuovo
Modello e dei Levellers richiamando principi da sempre sostenuti come la
sovranità del popolo, il parlamento unicamerale, il suffragio universale maschile,
l’elezione dei magistrati e dei parroci. Nel pensiero livellatore la monarchia è
l’origine di ogni oppressione e nonostante tutto non potevano che guardare con
favore l’esecuzione del re.
Una volta eseguita la sentenza di morte, si aprì per la neonata repubblica uno
scenario inquietante, poiché l’Irlanda unita74 per la prima volta si ribellava alla
riconquista, nelle campagne e nelle provincie nacque un sentimento ambiguo nei
confronti di Carlo I, la morte aveva cancellato il ricordo sgradito di un principe
incapace, e prese posto nelle coscienze l’immagine del martire regale. Nel
Commonwealth, complice il clima che pregiudicò i raccolti, salì un onda di
profonda sfiducia che ben presto si tradusse in una crisi economica. La
disoccupazione e la fame, accompagnate da sfiducia dovuta dall’esecuzione del re
e dal pessimismo della classe possidente, facevano presagire il peggio.
Il giornale dei Levellers, il “The Moderate” illustra la situazione pubblicando con
una serie corrispondenze dalla provincia: “Molti del contado … gridano che non
trovano impiego, mentre le loro famiglie muoiono di fame… e chiedono
all’Esercito e al Parlamento di prendere sollecite misure per mettere al lavoro tutti i
poveri75” tale corrispondenza viene da un’area tipicamente industriale come il
Somerset. La situazione non migliorava nelle campagne, un altro corrispondente,
descrive la situazione da Lancaster: “Non abbiamo pane da mettere in bocca… i
poveri muoiono d’inedia76”.
Di fronte a questa realtà, il Parlamento Rump non diminuì gli effettivi dell’esercito,
con il chiaro scopo di evitare ogni pericolo di rivolte e con l’idea di riconquistare al
più presto l’Irlanda. Mantenere un alto numero di militari implicava un costo
74
La rivolta comprendeva sia la gentry protestante del sud sia la maggioranza cattolica
confederata.
75
The Moderate, 3-10 aprile.
76
Ibid. (13 aprile).
40
enorme che gravava interamente sulle popolazioni già piegate dalle imposte
indirette, soprattutto dell’accisa. I livellatori proposero di ricorrere ad un
imposizione diretta, per alleggerire il popolo dall’enorme carico fiscale, ma il
parlamento rifiutò il suggerimento, temendo l’impopolarità tra le classi possidenti.
Per lo stesso motivo evitò di agire contro la corruzione che dilagava tanto a
Westminster, quanto nelle contee, addirittura per mantenere o comprare la fedeltà
di politici e guerrieri si spinse a elargire prebende e privilegi. Il malumore tra i
contribuenti crebbe ulteriormente quando si discusse l’elezione del nuovo organo
esecutivo. Il parlamento scelse uomini rispettabili, quasi tutti appartenenti alla
nobiltà possidente.
L’unico che non apparteneva al ceto possidente era il generale Philip Skippon, che
comunque era un conservatore, due pur essendo grandi proprietari erano vicini al
movimento livellatore: colonnello Henry Marten, e Thomas Grey, Lord Grey of
Groby. Vi erano quattro conti, due dei quali erano appartenuti alla Camera Stellata,
diciassette erano pari, o primogeniti dei pari, o appartenevano alla piccola nobiltà.
L’organo si componeva poi di sei avvocati o giudici superiori, e due aldermanni
della City.
Solo undici membri erano regicidi, mentre i restanti ventidue membri biasimavano
la condanna del re. Il nuovo organo così formato per rassicurare l’opinione
pubblica più conservatrice prese il nome di Consiglio di Stato, sostituendo l’antico
Consiglio Privato. Le differenze tra i due organi erano davvero minime, il
Consiglio di Stato manteneva gli stessi poteri, tra cui quello di convocare,
interrogare e incarcerare chiunque, e aveva potere di vita o di morte, ma la nomina,
non era più regia, ma parlamentare.
Il motivo per cui la neonata Repubblica Inglese non si tradusse in un regno di
terrore, come accadde in Francia, era da ricercare anche nelle idee promosse dai
livellatori i quali si batterono per un costante richiamo alla tradizione, a governo
limitato e all’invito ai soldati di fare uso della forza limitato alla giusta causa.
Il 26 febbraio del 1649 nella Camera dei Comuni Lilburne illustrò un progetto
contenente una serie di proposte tra cui l’abolizione integrale delle decime e anche
Henrt Marten presentò un disegno di legge volto all’abolizione
dell’imprigionamento per debiti, ma furono resi vani dall’abile opposizione dei
giuristi.
Il Parlamento non rimase indifferente alle critiche e intraprese dal 15 gennaio una
politica di forte repressione, con la soppressione delle stampe e delle pubblicazioni
autorizzate, con la punizione non solo degli autori, ma anche dei tipografi, librai, e
il sequestro dei torchi. Lo stesso Fairfax fu incaricato ad utilizzare l’esercito con
funzioni di polizia militare. Alla minaccia i livellatori risposero compatti con una
serie di petizioni e la prima del 19 gennaio rivolta ai comuni aveva come obiettivo
la difesa della libertà di stampa sottolineando che non vi è libertà o sovranità
popolare laddove vi è censura.
41
Gli indipendenti cercarono con ogni mezzo di controllare il dissenso livellatore,
offrendo loro cariche lautamente pagate. E’ lo stesso Lilburne ad affermarlo nel
suo “Legall Fundamentall Liberties77” dove spiega il suo rifiuto, giacché non
poteva servire un “parlamento da burla” né accettare che la sua retribuzione venisse
“dalle viscere e dagli stomaci vuoti”. Nei livellatori vi è la concezione profonda
che il governo sia un male fino ad arrivare a quella di rigetto totale come quella di
Walwyn che la definisce non cristiana.
I livellatori, intuito l’evolversi della situazione, cercarono con ogni mezzo di
evitare l’avvento di una dittatura militare, adottando l’unica strategia possibile
ossia impedire a Cromwell di controllare interamente l’esercito facendo circolare
tra la truppa una petizione per modificare il rigido codice militare e riformare la
legge marziale. La suddetta proposta derivante da civili su questioni disciplinari
attinenti all’esercito era intollerabile per gli alti gradi delle forze armate infatti,
nella seduta del 22 febbraio il Consiglio Generale degli ufficiali limitò il diritto dei
soldati a presentare petizioni. I Grandi dell’esercito invitarono lo stesso Cromwell a
punire con leggi severe chi alimentava la sedizione nell’esercito. Queste
minacciose conclusioni fecero prendere la penna a Lilburne che compose uno dei
più importanti pamphlet “Englands New Chains Discovered78” (l’analisi di tale
testo sarà affrontata più avanti vedi cap. 7) che presentò ai Comuni il 26 febbraio.
Inoltre l’autore fu autorizzato a parlare per presentare le sue richieste, sintomo che
la forza del partito era divenuta ormai temibile.
La proposta dei livellatori fu ascoltata dall’esercito e il 1° marzo otto cavalieri si
presentarono a Fairfax una petizione, dove riprendendo “Englands New Chains
Discovered” affermavano di essere: “soldati inglesi chiamati a difendere le libertà
d’Inghilterra, non mercenari stranieri venuti per danno a massacrare il popolo”
ricordando a Fairfax che un tempo aveva sostenuto che “l’essere soldati non ci
priva dei nostri diritti di cittadini79”. I soldati furono arrestati, tre fecero formale
atto di sottomissione, gli altri cinque furono condannati a morte, pena poi
convertita nella destituzione con disonore.
L’azione dei Levellers s’incentrò in quella che oggi potremmo definire
disobbedienza civile, affliggendo pamphlet, incitando la popolazione civile a non
pagare le accise e a fornire alloggio a credito all’esercito. Lo stesso Henry Marten
inviò emissari per esortare il popolo a non pagare quelle che definiva imposte
irragionevoli.
77
“Libertà legali fondamentali”.
“Le nuove catene dell’Inghilterra disvelate”.
79
La drammatica vicenda è raccolta nell’opera N.H. Brailsford, I Livellatori e la
rivoluzione inglese, Milano, Il Saggiatore, 1962, vol. II, pp. 519-520.
78
42
La decisiva rottura con gli Indipendenti cromwelliani avvenne con due pamphlet il
21 e il 24 marzo. Nel primo ad opera di Overton “The Hunting of the Foxes from
New-Market and Triploe Heaths to Whitehall, By five small Beagles (late of the
Armies)80 vi è una difesa accanita del diritto dei soldati di esprimere le loro idee
politiche domandando la ragione del divieto alla truppa di partecipare alla vita
politica e del motivo per cui tale imposizione non era estesa anche agli ufficiali.
Overton predice che l’usurpazione del Consiglio di Stato finirà per diventare una
nuova monarchia.
Il secondo pamphlet ad opera di Lilburne è la parte seconda di “Englands New
Chains Discovered”, in un tono rabbioso si scaglia su Cromwell e sui Grandi,
definiti opportunisti alla caccia del potere, che lavorano al solo scopo di rendere
l’esercito uno strumento personale, trasformando il Nuovo Modello in “una banda
di sanguinari e inumani massacratori di uomini81”. L’opera si chiude con due inviti
alla Camera dei Comuni: adottare il Patto del Popolo e di conseguenza procedere
quanto prima all’elezione di un nuovo parlamento; il secondo era che l’esercito
fosse sottoposto a un organo elettivamente rappresentativo del popolo.
6.1
La repressione di Cromwell
Cromwell rispose con una fermezza insolita al duro attacco contenuto nella
“Englands New Chains Discovered” seconda parte,infatti il 27 marzo del 1649 la
Camera dei Comuni approvò una mozione di condanna del testo.
Il testo “Englands New Chains Discovered” venne giudicato “scandaloso e
sedizioso … di contenuto oltremodo falso, scandaloso e riprovevole … in alto
grado sedizioso e sovversivo del presente governo così come il Parlamento l’ha
proclamato e stabilito, e mira a suscitare discordie nell’Esercito, a scatenare una
nuova guerra nel Paese, e ad impedire la liberazione ora in corso dell’Irlanda82”.
La condanna si estese anche agli autori del pamphlet, giudicati rei di alto
tradimento appoggiata anche Cromwell e Sir Arthur Haslerig. Il cardine delle
accuse s’incentrò sulla natura sovversiva volta ad ammutinare l’esercito, con
l’invito al termine delle requisitorie al Consiglio di Stato di scoprirne gli autori.
Durante la notte del 28 marzo quattro distaccamenti di cavalleria, forti di 100-200
80
“La caccia dell volpi da Newmarket e Triploe Heaths fino a Whitehall da parte di cinque
piccoli Beagles già dell’esercito”.
81
J. Lilburne, “Libertà fondamentali”, in: V. Gabrieli, Puritanesimo e libertà, Torino,
Einaudi, 1956, p. 231
82
La mozione è contenuta in: N.H. Brailsford, I Livellatori e la rivoluzione inglese, Milano,
Il Saggiatore, 1962, vol II, p. 527.
43
uomini, circondarono le abitazioni di Lilburne, Overton, Walwyn, e Thomas
Prince83 arrestandoli e scortandoli a Whitehall. Il Consiglio di Stato li interrogò,
Lilburne li affrontò con sarcasmo e sdegno negando ai Comuni il diritto di
costituirsi come tribunale e invocò la separazione dei poteri fra legislativo e
giudiziario, mentre Overton propose una mediazione tra esercito e partito
livellatore, tentando di ritrovare l’unità. Il presidente del Consiglio di Stato,
Bradshaw, chiese individualmente a ciascuno se era l’autore del testo, ma tutti non
risposero, rispettando il principio secondo cui nessuno può incriminare se stesso o i
compagni. Il Consiglio approvò anche se per un solo voto la mozione di Cromwell
che chiedeva che i quattro fossero inviati alla Torre di Londra. Nei giorni di
prigionia furono numerosi i pamphlet tra cui quello di Walwyn “La fonte della
calunnia rivelata84” e quello di Lilburne “Ritratto del Consiglio di Stato85”.
Furono presentate molteplici petizioni, la prima alla fine di marzo che recava
10.000 firme, in cui si richiedeva la libertà o un equo processo per i prigionieri
della Torre, la seconda più aggressiva raccoglieva le firme del solo quartiere di
Westminster e si reclamava la libertà per i quattro detenuti colpevoli solo di aver
tentato di “ ricondurre il potere militare a un’effettiva subordinazione all’autorità
civile”. Altre petizioni vennero dal quartiere Southwark e dall’Essex, il 23 aprile
alcune centinaia di donne portarono alla Camera una petizione firmata da 10.000
donne che chiedevano l’approvazione del Patto del Popolo oltre alla liberazione dei
reclusi. Sostegno arrivò pure dalle file realiste, dalle pagine del quotidiano
“Mercurius Pragmaticus86” che definì la Camera “i cannibali westmisteriani”
invitando i livellatori a non farsi “menar per il naso”. Così iniziarono da parte
realista gli approcci per un’alleanza con i livellatori.
Il “Mercurius Pragmaticus” pubblicò anche un riassunto della prima parte del
“Englands New Chains Discovered”.
Le misure repressive messe in atto da Cromwell non erano dovute a dissidi
personali, la causa della rottura fu la necessità di tenere unito l’esercito, nella
prospettiva di invadere l’Irlanda. I livellatori non volevano nient’altro che
l’applicazione del Patto del Popolo come presupposto minimo per garantire la
libertà della Repubblica, condizione che non poteva essere accettata da un
conservatore come Cromwell che temeva il suffragio universale maschile e il
pericoloso decentramento.
Il Lord Protettore aveva un’altra idea di Stato non una federazione di contee
semiautonome difese da milizie cittadine come quella che delineava il Patto del
83
Grossista di formaggi e Tesoriere del partito livellatore.
W.Walwyn, The Fountain of Slaunder Discovered, 1649.
85
J. Lilburne, The Picture of the Councel of State, 1649.
86
Mercurius Pragmaticus, numero del 20-27 marzo, 1649.
84
44
Popolo, ma un’Inghilterra imperiale. Nel 1649 più che verso le riforme promosse
dal Patto del Popolo, il suo sguardo era rivolto verso l’Irlanda.
6.2
La lotta per la libertà dell’Irlanda
La legge della politica di ogni tempo suggerisce che una guerra di conquista vada
sempre mascherata come guerra di difesa, e Cromwell fece leva sulle paure inglesi,
paventando lo spettro dell’invasione irlandese, proprio come sveva fatto Pym per
rovesciare il Conte di Strafford. Questa mossa iniziò a farsi largo nella mente di
Cromwell con il chiaro scopo di ricompattare la Repubblica e mettere con le spalle
al muro i livellatori. O questi cessavano di seminare discordia e dissenso, o i “vili
barbari” sarebbero piombati sull’Inghilterra, in un discorso tenuto alla Whitehall.
Il 23 marzo del 1649 agli ufficiali affermò: “In brevissimo tempo essi saranno in
grado di sbarcare le truppe in Inghilterra... Io preferirei essere invaso da forze
realiste piuttosto che scozzesi, da forze scozzesi piuttosto che irlandesi, e credo che
il pericolo maggiore fra tutti sia l’ultimo. Se li lasceremo condurre a termine la loro
opera, essi faranno di noi un popolo più miserabile di questa terra, perché tutto il
mondo conosce la loro barbarie87”. Il giorno successivo gli ufficiali si riunirono per
decidere quali reggimenti destinare alla spedizione irlandese, e votarono una
mozione per concedere al Comandante in Capo i poteri per trattare con il nemico,
che si estendessero, fino alla possibilità di concludere una pace senza imporre
condizioni umilianti, onde evitare lo sradicamento degli indigeni o lo spogliamento
delle loro terre, offrendo la possibilità di una pace tollerabile. Questi poteri, votati e
approvati, furono proposti dal colonnello Whalley, uomo onesto e ben pensante,
con l’intenzione evidente di ricercare un compromesso con il partito livellatore.
Come afferma il Brailsford “per quella campagna si richiedevano, oltre alle frasi
umane, quattro reggimenti di cavalleria, quattro di fanteria, e cinque compagnie di
dragoni88”. Per i Livellatori le parole e le buone intenzioni non potevano bastare, il
compromesso fallì, se i Cromwelliani avevano rifiutato il Patto del Popolo, i
Levellers non avevano nessuna ambizione di riconquistare l’Irlanda. In onor di
verità occorre ricordare che nella mente di Cromwell si profilava un’invasione in
grande, e per questo indusse il parlamento a votare per le forniture militari di
sostentamento alla fanteria: duemila casacche e pantaloni e, in considerazione della
modesta paga, altre duemila casacche supplementari. L’esercito già provato dal
87
N.H. Brailsford, I Livellatori e la rivoluzione inglese, Milano, Il Saggiatore, 1962, vol. II,
p. 537.
88
N.H. Brailsford, I Livellatori e la rivoluzione inglese, Milano, Il Saggiatore, 1962, vol. II,
p. 539.
45
malcontento causato dagli arretrati nel 1647, votò per tre mesi di paga anticipata, e
obbligazioni a copertura dell’ammontare complessivo degli arretrati dall’anno di
costituzione del New Model89. Raccogliere tutto quel denaro era un’impresa
davvero ardua, ma del resto non erano disposti ad arruolarsi per l’Irlanda se non
alle condizioni approvate dai rappresentanti eletti all’interno dell’esercito, così
l’elezione di Agitatori e della convocazione di un Consiglio Generale davvero
rappresentativo del Nuovo Modello divennero nella primavera del 1649 richieste
sempre più esplicite e insistenti. Ciò può sembrare strano ad un uomo dei giorni
nostri, abituato alla coscrizione militare, ma, allora non vi erano coscritti, ma
volontari accorsi sotto le armi per difendere il parlamento e la patria, e che non si
potevano spedire in Irlanda senza il loro consenso. Per i livellatori civili
l’avventura irlandese sollevava problemi anche più vasti, essi guardavano con
orrore al cambiamento del Nuovo Modello, ormai divenuto un esercito mercenario
e di carriera. Le loro idee e il loro codice morale non avevano confini, e si
estendeva ben oltre i confini inglesi, considerando i cattolici irlandesi non come
“vili barbari” ma, uomini come tutti gli altri. Questa nuova concezione della
moralità internazionale troverà espressione nella primavera del 1649 con un
pamphlet che affermava: “La bandiera dei soldati inglesi, sotto la quale rifugiarsi
per saggezza e comprensione in questi luttuosi giorni di ritirata, da leggersi da ogni
ufficiale onesto ai suoi soldati, e dai soldati l’uno all’altro90”. Gli storici sono
concordi nell’attribuire tale pamphlet alla penna di Walwyn, il quale scuote il
lettore con un richiamo all’apocalittica Dies Irae: “La giustizia divina non si
accontenterà che sosteniate di aver ucciso in ubbidienza al vostro generale; nessuno
potrà rispondere come in passato, che ha tolto la vita per quei giusti fini che sono i
diritti e le libertà del popolo”. Successivamente l’opera esorta ad una riflessione:
“Se siete saggi, fermatevi un momento... Certo sarà bene, prima di mettervi in
cammino, che provvediate affinché i diritti e le libertà del popolo, in nome dei
quali prendeste le armi in coscienza e giudizio, vengano precisati e garantiti dal
Patto del Popolo, e non li lasciate all’arbitrio e alla mercé di un Consiglio di Stato,
o di un Parlamento fittizio. Con questo appello Walwyn detta il percorso politico
da intraprendere, per prima cosa la nomina di una rappresentanza effettiva
dell’esercito, mediante libere elezioni. In un’altra parte mette la sovranità della
coscienza in materia di condotta personale infinitamente al di sopra della
giurisdizione dello Stato, anche se poggia su basi democratiche, affermando: “I
vostri grandi ufficiali sono arrivati al punto, che voi doveste ubbidire ai loro
comandi, anche se sono comandi di uccidere e massacrare, senza chiedere il
89
Costituitosi nel 1645.
Così recita in lingua originale: “The English Soldiers Standard, to repair to from Wisdom
and Understanding, in these doleful, back-sliding Times: to be read by every honest officer
to his soldiers and by the soldiers to one another”.
90
46
perché, come la chiesa di Roma mantiene in ubbidienza cieca i miseri Papisti,
così...essi vorrebbero tenere voi, in modo che vi lasciaste guidare (come cavalli)
ora in un senso ed ora in un altro, ora in Irlanda ora in Scozia o altrove... Ma chi
corre a uccidere il prossimo solo per il comando o per il giudizio altrui, o per il
denaro, è condannato da se stesso come assassino nella sua coscienza, qualunque
ne sia la causa; e, prima o poi, non sfuggirà ai giudizi di Dio”. Che tutto il partito
livellatore condannasse una guerra di conquista, risulta nel New Engagement or
Manifesto già nell’agosto del 1648, dove si chiedeva di riesaminare il problema
irlandese in un’ottica di pace e collaborazione. L’atteggiamento tenuto dai
livellatori potrà sembrare utopistico, sopratutto per il fatto, che lo scontro era già
acceso tra le parti, le efferatezze già non si contavano più, sia dall’una che
dall’altra parte. Se i livellatori si illudevano che l’ideale democratico contenuto nel
Patto del Popolo avesse una tale forza persuasiva, i cromwelliani erano vittime di
una cecità forse peggiore, scambiando gli irlandesi per selvaggi.
Mentre il quartier generale era impegnato con la scelta91 dei reggimenti che
dovevano imbarcarsi per l’Irlanda, i Levellers dettero alle pubblicazioni un nuovo
manifesto costituito da diciotto domande, che brutalmente, mettevano in
discussione il diritto di riconquistare l’Irlanda. Composto in una serie di domande,
invitava i soldati ad opporsi alla spedizione e illustrava un piano per creare un
libero stato irlandese. Del volantino non vi è traccia, poiché si poteva incorrere nel
reato di alto tradimento per l’istigazione all’indisciplina dell’esercito, per questo
non vi è copia. La sua ricostruzione è facile, poiché i cromwelliani, evidentemente
turbati dalla diffusione, lo pubblicarono insieme con una lunga e minuziosa
risposta sul “Moderate Intelligencer”. Occorre analizzare i punti essenziali di tale
opera, anche per capire il fascino che esercitarono sull’esercito:
1- La terra o eredità che qualunque nazione ha goduto per tante centinaia d’anni..
non è forse un diritto che Dio e la natura le hanno dato?
3- Abbiamo noi il diritto di privare un popolo della terra che Dio e la natura gli
hanno dato, e imporgli leggi senza il suo consenso?
5- E’ lecito considerare ribelli i conquistati, se, in un momento qualsiasi, cercano di
liberarsi e riprendere ciò che è loro?
6- Che cosa furono mai Giulio Cesare, Alessandro Magno, Guglielmo Duca di
91
Scelta che avveniva con estrazione e sorte, il destino scelse: quattro reggimenti di
cavalleria (di Ireton, Lambert, Scroop e Horton), quattro reggimenti di fanteria (di Deane,
Hewson, Ewer e Cooke) e cinque compagnie di dragoni, in: N.H. Brailsford, I Livellatori e
la rivoluzione inglese, Milano, Il Saggiatore, 1962, vol II, p. 545.
47
Normandia e ogni altro grande conquistatore del mondo, se non dei ladroni senza
legge? E sottrarre leggi e libertà ai vicini, non è altrettanto ingiusto quanto
derubarsi a vicenda fra compaesani?
9- Non è dovere di ogni uomo onesto impedire, per quel che può la spedizione
ventilata?
10- Coloro che pretendono di essere liberi (come gli Inglesi adesso), non si
rendono forse del tutto inescusabili usurpando le libertà d’altri? E il carattere di un
vero patriota non è forse di lottare per la giusta libertà di tutti come per la sua?
12- Gli Inglesi non farebbero come hanno fatto gli Irlandesi se questi li
spodestassero, e tiranneggiassero su di loro?
14- La guerra con L’Irlanda, se continuasse, non diverrebbe permanente e rovinosa
per L’Inghilterra... E una conquista totale controbilancerà forse le ricchezze e il
sangue che vi saranno spesi, considerando sopratutto la perdita eterna di chi muore
in una contesa ingiusta?
15- Lo stato d’Inghilterra, ora nella pienezza della sua potenza, non dovrebbe
mandare a proclamare l’Irlanda stato libero..non desideroso che d’essere in mutua
lega ed amicizia, di cercare la pace e il benessere l’uno dell’altro... e ciò non
sarebbe, sotto tutti gli aspetti, altrettanto vantaggioso allo stato e al popolo
d’Inghilterra, quanto la loro conquista, tenuto conto della spesa?
L’opera di Walwyn in un certo senso anticipa quello che sarà il pensiero illuminato
di Locke, si può notare la stretta somiglianza sul tema religioso92, oppure si osservi,
riguardo alla proprietà della terra, dove afferma: “Dio, che ha dato la terra in
comune agli uomini, ha dato loro anche la ragione, onde se ne servissero nel modo
più vantaggioso per la vita e il benessere loro... E per quanto tutti i frutti che essa
naturalmente produce e gli animali che sostenta appartengono in comune
all’umanità”. Se tale testo appare di forte innovazione, il partito di governo ripeterà
fino alla noia la medesima litania che gli irlandesi sono assassini, e come tali da
punire; e che essendo “selvaggi come gli indiani93” gli inglesi hanno il dovere di
“domare quelle bestie feroci”, e se casomai avessero avuto dei diritti sulla loro
92
Epistola sulla tolleranza, scritta nel 1685, nella quale Locke alla paura nascente del
ritorno al Cattolicesimo contrappone la ricerca della tolleranza religiosa, attraverso la
separazione fra Chiesa e Stato.
93
E’ presumibile che il testo di risposta sul “Moderate Intelligencer” faccia riferimento ai
pellerossa.
48
terra, questi sono andati perduti con il loro comportamento incivile nei confronti
del possesso pacifico inglese. Viceversa i livellatori intuiscono che il vero patriota
non è colui che strappa le altrui terre per arricchirsi, ma chi lotta per la giusta
libertà di tutti come per la propria. Il rispetto del diritto di conservare le proprie
terre e le proprie libertà e l’intuizione di vedere il mondo secondo i principi, aldilà
dei confini nazionali, in questo contesto il pensiero livellatore può essere
considerato d’avanguardia, essi rischiarono sempre l’impopolarità, finirono in
galera, e sfidarono la corda del boia onde evitare la riconquista e il destino infausto
che seguì l’occupazione dell’Irlanda. I livellatori non seppero, e non vollero mai
essere intellettuali da salotto, alle motivazioni di “guerra preventiva” offerte da
Cromwell, risposero con la praticità diplomatica, e proponendo un libero Stato
D’Irlanda amico, e legato da saldi accordi di neutralità94, un linguaggio moderno,
che evidenzia le conoscenze del do ut des diplomatico. La volontà da parte
irlandese di trattare è dimostrata dalla corrispondenza intercorsa in quell’anno, fra
padre Crelly, agente di Owen Roe O’Neill, e il Consiglio di Stato. Padre Crelly
chiese un decreto di amnistia, e la tolleranza della fede cattolica in tutto il
Commonwealth, in cambio dell’appoggio leale della repubblica. Il Consiglio di
Stato respinse ogni richiesta, così la situazione precipitò verso i massacri di
Drogheda e di Wexford, la politica di spoliazione delle terre, il tentativo di
distruggere i Cattolicesimo, e tre secoli di sfruttamento agrario.
Il clima era talmente teso, che bastò una semplice controversia economica, un
plotone di cavalleria si rifiutò di raggiungere il luogo di raccolta, poiché non
avevano ancora ricevuto una parte degli arretrati. Sei insorti furono condannati a
morte, pena poi commutata per intercessione di Cromwell, con la sola eccezione di
Robert Lockyer, leader politico della rivolta. Il Brailsford riporta un’edizione del
cromwelliano “Moderate Intelligencer” dove Robert Lockyer viene descritto come
“uomo pio, di grande ingegno, e molto amato”. I Levellers ne fecero ben presto una
bandiera contro i soprusi cromwelliani, e con una petizione e una lettera firmata da
Overton e Lilburne, fecero di tutto per salvargli la vita. Fu fucilato davanti alla
cattedrale di S. Paolo, e ai componenti del plotone d’esecuzione disse prima di
morire: “Non credevo albergaste in voi principi così barbari e pagani da ubbidire ai
vostri ufficiali nell’uccidermi, quando io non ho difeso se non ciò che è il vostro
bene”. Le sue esequie sollevarono una forte indignazione contro il militarismo, e
per l’occasione fu stampato un altro volantino che conteneva in versione ridotta
l’appello di Walwyn ai soldati che chiosava invitando i militari a “tenersi ciascuno
al proprio posto, ed eleggere immediatamente un nuovo Consiglio di Agitatori”.
94
Inoltre si richiedevano un certo numero di porti, trasformabili in basi navali, da usare
come garanzia dell’osservanza del trattato. Soluzione poi prevista nel primo accordo angloirlandese del 6 dicembre del 1921, che istituiva l’Eire, ma concedeva alla Gran Bretagna
l’uso di Queenstown (Còbh), e di altri porti come basi navali.
49
All’appello risposero prontamente diversi reggimenti di cavalleria, primi fra tutti
quelli di Scroop, Ireton e Harrison, e il reggimento di Scroop il primo maggio
arrivato a Bristol per imbarcarsi, vi si fermò. E proprio da Bristol che viene un
documento unico, intitolato The Soldiers Demand. Il fatto insolito è che non si
tratta di documento scritto dai livellatori civili, ma di un testo attribuibile al
reggimento di Scroop e nel quale si legge il risentimento contro la classe politica:
“Se gli uomini non ricevono la paga e vanno in giro seminudi, la ragione può
essere che i quattrini rimangono appiccicati alle dita degli ufficiali, mentre le
vedove dei caduti devono accontentarsi di una pensione da mezza corona la
settimana (nemmeno pagata); e il povero storpio senza braccia o senza gambe di
dieci groats (1/3 di scellino), il denaro non gli basta nemmeno per un paio di
grucce. Di tutto questo sono responsabili il generale e i Grandi, visto che
controllano il parlamento. Ma è forse detto che i soldati debbano essere sempre agli
ordini e andare dovunque essi li chiamino pena l’espulsione e la confisca degli
arretrati? Sarebbe un’infamia se, per imporre la disciplina verso gli ufficiali, i
soldati si fucilassero o si impiccassero a vicenda!”. L’appello prosegue e assume
connotati non solo economici: “ Che cosa andiamo a fare in Irlanda, per combattere
e massacrare un popolo ed una nazione (giacché i Grandi poggiano sulla crudeltà e
l’assassinio della povera gente, che è tutto ciò di cui essi si gloriano), che non ci
hanno fatto alcun male? Abbiamo guazzato fin troppo in questo fiume scarlatto di
sangue innocente e Cristiano95”. Segno che l’opera dei livellatori era stata
pienamente compresa. Il reggimento di Scroop il primo maggio del 1649 si rifiutò
di marciare verso l’Irlanda, il loro scopo non era quello di iniziare una terza guerra
civile, ma la convocazione di un Consiglio Generale dell’Esercito, che ascoltasse le
lamentele degli Agitatori eletti, e ponesse riparazione alle ingiustizie. L’atmosfera
s’infiammò quando anche altri quattro plotoni del reggimento di cavalleria di
Ireton si unì alla protesta. Gli ammutinati non ebbero un comandante in capo, e
dopo la fuga degli ufficiali, le operazioni furono dirette dal Consiglio degli
Agitatori tratti dai sei reggimenti ribelli96, dopo dodici giorni di incertezze, l’11
maggio gli Agitatori lessero a Salisbury un proclama, che fu prontamente
approvato, e che si limitava a chiedere di ristabilire “la nostra libertà vacillante”,
eludendo ogni riferimento di carattere politico. Esso non ricordava il Patto del
Popolo, sosteneva solamente illegittimità del sorteggio effettuato senza il
preventivo consenso delle unità da destinare alla guerra irlandese, privasse i soldati
delle libertà sancite nell’Impegno del 1647, inoltre insisteva sulle rivendicazioni
economiche, e infine chiedeva la convocazione del Consiglio. Intanto nella contea
95
N.H. Brailsford, I Livellatori e la rivoluzione inglese, Milano, Il Saggiatore, 1962, vol. II
p. 553.
96
Quattro di cavalleria (di Scroop, Ireton, Harrison e Horton), e due di fanteria (di Skippon
e Ingoldsby).
50
di Oxford, un gruppo di livellatori brandì le armi sotto la guida del capitano97, i
ribelli erano perlopiù da soldati del reggimento di cavalleria di Reynolds e qualche
formazione locale dell’Oxfordshire. William Thompson pubblicò un manifesto,
intitolato Englands Standard Advanced, tale testo contrasta con il proclama fatto
dalle truppe a Salisbury, concentrandosi più sull’aspetto politico che sulle
rivendicazioni dei soldati, e li chiama più alla ribellione che all’ammutinamento. In
esso c’è la volontà di riorganizzare lo stato secondo il Patto del Popolo, e il
giuramento di vendetta per i prigionieri nella Torre, termina con un proclama di
solidarietà con gli ammutinati di Salisbury. La resistenza degli insorti
dell’Oxfordshire durò poco, raggiunti a Banbury dal colonnello Reynolds furono
ben presto dispersi, tranne Thompson che rifiutò la resa e dopo aver dato battaglia,
si ritirò alla macchia insieme a un gruppo di fedelissimi. La notizia
dell’ammutinamento livellatore di Salisbury, e delle sollevazioni dell’Oxfordshire
gettò Londra nel panico, la guarnigione della Torre fu subito rafforzata e i suoi
prigionieri isolati, la paura serpeggiava tra i puritani. A questo punto Fairfax e
Cromwell idearono un piano tanto immorale quanto scaltro, inviarono il maggiore
Francis White a negoziare, sicuri che il suo buon nome fosse da garanzia alla bontà
delle trattative, nel frattempo avanzavano a marce forzate con il resto delle truppe
lealiste, con il chiaro scopo di sorprendere i ribelli, prima che l’ammutinamento
dilagasse. Le trattative continuarono senza sosta, arrivando anche a punti comuni,
ma del resto queste erano solo un pretesto fittizio. La sera del 14 maggio gli
ammutinati entrarono nella città di Bruford, dove gli era stato giurato dai lealisti
che non sarebbero stati toccati, puntualmente nella notte, le truppe prendendo di
sorpresa i livellatori piombarono sulla città. La vittoria di Cromwell sui Liveller su
pressoché totale. Il mattino seguente un iracondo Cromwell vomitò su i prigionieri
un sermone carico d’odio, dopo la corte marziale scelse quattro soldati da
condannare a morte come monito dell’atto, decidendo per: il cappellano Denne,
L’alfiere Thompson fratello minore del “Capitano” insorto nell’Oxfordshire, e i
caporali Church e Perkins. L’unica nota degna di rilievo fu l’eroico gesto del
“Capitano” William Thompson, che con un colpo di mano riuscì a liberare tre
livellatori prigionieri, raggiunto da un plotone di cavalleria lealista in un bosco
dell’Oxfordshire, combatté con tutte le forze prima di cadere. Fairfax e Cromwell
furono salutati a Oxford come vincitori, e definiti Alteri Martis gemelli,98 e furono
pregati di indossare la toga scarlatta dei dottori di diritto civile.
Se la Londra puritana festeggiò l’evento e il pericolo scampato. L’altra capitale
quella dei Levellers si gettò nello scoramento, anche se nessuno a Londra era
responsabile della disfatta, restava il fatto che i livellatori avevano sfidato sul
terreno della forza il governo rivoluzionario ed erano stati battuti. Questa
97
98
Anche se il suo reale grado era quello di caporale nell’esercito del Nuovo Modello.
Definiti dal Public Orator: “Figli gemelli di marte”.
51
esperienza fu uno dei tanti motivi per cui molti scelsero in seguito di rifugiarsi tra
le braccia del pacifismo quacchero.
John Lilburne dalla Torre di Londra vergò la sua critica dei ribelli: “Quanto alla
ribellione del reggimento di Scroop, a torto se ne attribuisce la responsabilità a me,
che non inciterò mai i soldati o altri a pronunciarsi se non sul nostro Patto stampato
del 1° maggio del 1649... una volta snudate le spade contro il loro generale essi
avrebbero dovuto gettar via il fodero e preferir di combattere contro di lui piuttosto
che trattar con lui, decisi a non concedere né chiedere quartiere”.99 L’unico che
seguì le indicazioni postume di Lilburne fu il “Capitano” Thompson, che fece del
Patto del Popolo la sua bandiera e che non concesse né domandò tregua.
6.3
Nuovo programma del partito livellatore e la versione definitiva del Patto del
Popolo
Le vicende di Burford decretarono la completa subordinazione del Nuovo Modello
all’alto comando di Cromwell. In quel periodo i prigionieri della Torre elaborarono
un nuovo programma per il partito livellatore, redigendo in due settimane la
terza100 e definitiva versione del Patto del Popolo mandata alle stampe 1° maggio
del 1649. Il testo conteneva una prefazione “A Manifestation101” ad opera di
Walwyn, sottoscritta da tutti e quattro i prigionieri. L’opera di Walwyn è
un’esortazione di pace: “Pace e libertà è il nostro disegno; dalla guerra non
abbiamo mai guadagnato né desideriamo guadagnare nulla102”, egli non solo cercò
di cancellare quelli che furono i pregiudizi sul partito livellatore, rigettando le
accuse di anarchia e affermando che l’essersi battuti contro un governo tirannico
non faceva di loro degli anarchici. Walwyn respinse anche le accuse di
99
J. Lilburne, Legall Fundamentall Liberties, in: V. Gabrieli, Puritanesimo e libertà,
Einaudi, 1956, p. 448.
100
La prima versione fu elaborata dall’esercito a Putney e messo a tacere da Cromwell e
Ireton e, successivamente, dichiarato eversivo della costituzione della Camera dei Comuni,
fu rielaborato da Lilburne nell’autunno del 1648 e fu oggetto di discussione comune di un
comitato di sedici persone che rappresentavano: i Levellers, gli Indipendenti, il Nuovo
Modello, e membri leali del Parlamento. Tale documento doveva servire da base per le
trattative successivamente fallite con Carlo I.
101
W. Walwyn, Un manifesto, 1649.
102
W. Walwyn, La giusta difesa di Walwyn, in: Vittorio Gabrieli, Puritanesimo e Libertà,
pp. 258-259.
52
comunismo103, prendendo le distanze dai Diggers che si facevano chiamare i “veri
livellatori”. A questa comunanza tra i due movimenti rispose con una lettera lo
stesso Lilburne: “A mio avviso questa presunzione di livellare le proprietà e gli
uffici è così ridicola e pazzesca, che non si può immaginare che un uomo di senno,
ragione o intelligenza sia così abbrutito dal vino da sostenere un simile principio,
perché esso, se praticato, distruggerebbe non solo qualunque industria, ma
abbatterebbe le stesse fondamenta della generazione e sussistenza … Circa la
laboriosità e il valore, grazie ai quali le società umane sono mantenute e preservate,
chi si darebbe pena di ciò che, quando l’abbia prodotto, non è più suo, ma
dev’essere egualmente condivi soda ogni pigro, stolto, ozioso avvinazzato 104?”. Le
idee circa forme di comunismo, comunitarismo o egualitarie appaiono chiare,
possiamo ritrovare la difesa della proprietà anche nella clausola 18 contenuta nella
“Grande Petizione dell’11 Settembre” (vedi cap. 5). Come afferma Brailsford “il
partito diede l’impressione che per esso la proprietà fosse un diritto sacro,
paragonabile all’immunità del cittadino dalla costrizione in materia di
coscienza105”. Come ultimo atto, Walwyn spiegò come mai lui e gli altri prigionieri
hanno redatto una nuova versione del Patto del Popolo, la cui ultima redazione era
più adatta al nuovo clima politico. Inoltre era necessaria la stampa e la diffusione
tra il popolo in modo che gli stessi elettori potessero sottoscriverla con la
conseguente presentazione in parlamento.
Il patto rappresentò non solo le tutele e le necessità del popolo medio, degli
artigiani e dei contadini elaborate da puri dottrinari ma come ha affermato Vittorio
Gabrieli: “La loro fermezza nel voler fissare e delimitare in una costituzione scritta
i poteri del governo e i diritti inalienabili dei cittadini, assegna ai Levellers non
solo la posizione di precursori nella storia del pensiero costituzionale democratico,
ma ne fa forse gli unici assertori della supremazia della legge in un momento in cui
regnava assoluta la forza della spada106”.
Il testo definitivo chiamato “Patto del Libero Popolo Inglese proposto come offerta
di pace a questa afflitta nazione107”, inizia trattando il tema dell’elettorato.
103
Anche se il termine più idoneo sarebbe quello di comunitarismo secondo l’accezione di
alcune sette del seicento, che si richiamavano alla comunione dei possessi e che ispirarono
Gerrard Winstanley.
104
J. Lilburne, Colonel John Lilburne his Apologeticall Narration, 3 aprile 1652.
105
N.H. Brailsford, I livellatori e la rivoluzione inglese, Milano, Il Saggiatore, 1962, vol. II,
p. 571.
106
V. Gabrieli, Puritanesimo e libertà, Einaudi, 1956, p. XL.
107
“An Agreement of the Free People of England”, 1649, testo completo in lingua originale
in D. M. Wolfe, Leveller Manifestoes of Puritan Revolution, New York, Nelson, 1944, pp.
400-410, trad. it. completa in: V. Gabrieli, Puritanesimo e libertà, Einaudi, 1956, pp. 153164 da cui riportiamo le citazioni.
53
Il punto I afferma la sovranità indiscussa del popolo esercitata attraverso una
rappresentanza di quattrocento persone, la cui derivazione è “da giusta legge
naturale” che attribuisce il diritto di voto a tutti gli uomini di età maggiore di anni
ventuno, purché non siano “di condizione servile o ricevano l’elemosine o abbiano
servito l’ex re con le armi o con contributi volontari”.Alcuni autori hanno visto in
tale limitazione una sorta di richiamo di natura censitaria, anche se sembra più
facile concludere che gli autori fossero dell’avviso che tali condizioni
pregiudichino una scelta cosciente ed effettivamente libera. Inoltre l’articolo
prevede un salario stabile per ciascun deputato, dimostrazione dell’effettivo
desiderio di far partecipare anche i ceti più umili alla vita politica nazionale.
Al punto III troviamo un principio importante, il divieto della possibilità di essere
eletto deputato ai membri delle forze armate e ai pubblici ufficiali per evitare, come
era successo, che membri del parlamento potessero ricorre a loro piacimento
all’uso intimidatorio della forza militare.
Il VII punto affronta la questione della durata del parlamento, il quale deve
esercitare i suoi poteri per la durata di un anno, e “una volta radunato rimarranno in
sessione senza intervallo per quattro mesi almeno”, con lo scopo di evitare il
crearsi di caste o ceti parlamentari, che controllassero in maniera stabile la vita
politica del paese.
Il punto IX elenca i poteri dell’organo centrale, ovvero il parlamento quali:
1. Mantenimento della pace e del commercio estero.
2. Salvaguardia della vita, dell’incolumità, della proprietà e dei beni e dei
diritti affermati nella petizione del 1628.
3. All’imposizione delle tasse che riguardano quei beni e quei diritti indicati
nei punti precedenti.
Quest’articolo è centrale nella visione dello stato secondo i livellatori, il punto I
fornisce l’idea di una visione federale per quanto concerne la pace; il richiamo al
commercio estero non deve tradire e far pensare ad una subordinazione ai rapporti
internazionali, quanto ad uno strumento per facilitare i rapporti tra i popoli, tesi che
si riproporrà nella prima metà del 1800 Anti-Corn Law League108. Negli altri due
punti si toccano i diritti fondamentali quali la vita e la proprietà, richiamando anche
la Petition of Rights del 1628, vincolando una limitazione di tali diritti non
all’arbitrio di un monarca, ma al voto di un parlamento eletto a suffragio
universale.
108
Lega contro la legge sul grano, 1838. Associazione costituita in Inghilterra per iniziativa
di Richard Cobden e John Bright al fine di ottenere l’abolizione del dazio di importazione
sui cereali. Raggiunto lo scopo originario nel giugno 1846, si batté inoltre per revocare di
altri provvedimenti di carattere protezionistico, contribuendo così all’affermarsi della
concezione liberoscambista. Criticò anche la politica imperialista inglese, sostenendo un
approccio più economico che bellico, operando attraverso il commercio e il mercato rivolto
alla “salutare propensione verso la pace”.
54
Il Punto X “non diamo potere o il mandato ai detti nostri rappresentanti di
mantenere in vigore o di fare qualsiasi legge o imporre giuramenti o patti” da cui
possa derivare una qualsiasi sanzione o vietare a chiunque “di professare la propria
fede o d’esercitare il culto religioso secondo la sua coscienza”. In queste poche
righe si afferma l’avversione ai giuramenti quelli processuali, poiché nessuno può
essere chiamato ad accusare se stesso in virtù di un giuramento. Il principio
baluardo del partito livellatore sarà riaffermato anche nel V emendamento 109 della
Costituzione americana, inoltre è riferito al Covenant, o Patto religioso che nel
1644 fu esteso a tutta l’Inghilterra. Vi erano anche motivi religiosi, infatti il
giuramento era vietato per gli anabattisti110 di stretta osservanza come più tardi i
quaccheri.
Altro principio è quello espresso nel punto XI che vieta al parlamento “di arruolare
o costringere chicchessia a prestar servizio in guerra, sul mare o per terra”. Si pone
il divieto assoluto dell’uso della coscrizione, principio espresso anche
precedentemente ed inviso alla visione imperiale di Ireton o di Cromwell.
Il XIII punto elimina ogni “privilegio o immunità di qualunque persona … in virtù
di patenti, proprietà, concessioni, carte, o diplomi”. Si chiedeva il ripristino di
quelli che dovevano essere i diritti e le proprietà reali e non dati dalla corruzione o
dall’accaparramento a spese di altri.
Per il XIV, nessuno può essere condannato “ove non sia fatta prima una legge”. Si
attua un principio cardine del moderno diritto penale Nullum crimen, nulla poena
sine praevia lege poenali, massima Ulpianea raccolta nel Digesto.
XV “Nessun Parlamento ha il potere di punire o far punire, una o più persone”.
Pieno principio della separazione dei poteri, il parlamento perde la sua funzione di
tribunale, talvolta anche “politico” come accadde allo stesso Lilburne o a Carlo I.
Nel XVIII si sancisce il divieto per il parlamento di creare o mantenere leggi che
“proibiscono o restringono la facoltà di chiunque di commerciare o trafficare con
qualsiasi luogo d’oltremare”. E’ l’affermazione di un diritto pieno al libero
commercio anche in caso di conflitti o attriti internazionali che non possono
pregiudicare i diritti dei singoli.
XIX il parlamento non avrà “il potere di mantenere l’accisa o dazi su nessun tipo di
cibo o altra merce o derrata, oltre quattro mesi dopo l’inizio del prossimo
parlamento … questi modi gravosi e dispendiosi non dovranno mai più essere
ripristinati”. I livellatori avevano intuito che per risolvere crisi economica in atto in
quel periodo occorreva rilanciare il commercio, tale punto si pone come principio
indissolubile che pone i beni dei singoli al riparo dalle spese pubbliche.
109
Il quinto emendamento recita: “Nessuno potrà essere costretto nel corso di un
procedimento penale, a testimoniare contro se stesso”.
110
Il divieto di giurare deriva dal passo: Matteo 5, 33-37.
55
XXI introduce l’abolizione parziale della pena di morte, in vigore solo per i delitti
di omicidio o per i delitti più gravi. Inoltre introduce il principio di pena graduale
rispetto alla gravità del reato.
Il XXIII punto elimina le decime e sancisce il divieto di reintrodurre ogni
mantenimento del clero, restando comunque un diritto inderogabile la possibilità di
finanziare liberamente ogni fede che un individuo desideri.
XXV introduce la necessità per i reati che prevedono condanne gravi come la pena
di morte, di confisca dei beni o di mutilazione, di una delibera di una giuria
composta da dodici elementi eletti dal popolo.
Il XXVI punto vieta ai cattolici, ovvero i “fautori della supremazia del Papa (o
d’altra straniera)” l’impossibilità di ricoprire alcun ufficio di Stato. Questo concetto
di tolleranza espresso anche da John Locke esclude di fatto i cattolici dalla vita
politica, ma fa in ogni modo salvi gli altri diritti, compreso quello di esprimere la
loro fede. Il divieto si giustifica con la concezione tipica dell’epoca e del luogo che
vede nei cattolici individui, comunque sottoposti ad un’autorità straniera e
oltretutto invisa, come quella papale.
Il XXIX attua un piano di decentramento e democrazia militare, lasciando alle
contee il compito di arruolare, equipaggiare e pagare le truppe, comandate da
ufficiali eletti dagli elettori locali rimandando allo stato centrale la nomina dei
generali e degli ufficiali superiori. Se da un lato la propaganda livellatrice punta
sempre ad un concetto di nazionalismo, come l’idea della conquista normanna
attingendo da un’ orgoglio etnico, dall’altra ha obbiettivi tutt’altro che imperiali,
concependo uno stato che assomiglia più ad una federazione di contee unite da un
parlamento molto indebolito rispetto ai suoi poteri originari.
Il XXX è l’ultimo punto dove si fa riferimento al divieto assoluto di emendare il
Patto del Popolo e di “livellare i beni degli uomini, abolire la proprietà privata o
introdurre la comunità dei possessi”. Tali disposizioni sono poste come immutabili,
la cui modifica è vietata, e chi tenti di distruggere tale patto “incorrerà nella pena
prevista per alto tradimento”.
6.4
I Diggers
Il primo aprile del 1649 vide la nascita di due comunità di Diggers o zappatori
costituite da gruppi insediatesi nel Surrey, non molto lontano dalla città di Londra.
Guidati da Gerard Winstanley, che armati di zappe e vanghe iniziarono a coltivare
la terra, con l’obbiettivo di instaurare una comunità di possessi. Anche se nati dalle
ceneri del partito livellatore, si trattava di due movimenti diversi, che ponevano
rivendicazioni estranee al movimento livellatore. S Harold J. Laski indica subito le
differenze tra i due movimenti: “Lilburne rappresentava il popolino della città, che
56
sentiva che i grandi affaristi non erano meno nemici suoi del re o del vescovo”;
Winstanley parla a nome del nuovo proletariato privo di terra giunto
improvvisamente alla coscienza che la proprietà era sua nemica111”.
Dunque non appartenevano al ceto lavoratore o piccolo proprietario dei Levellers,
ma a quella parte di popolo formata da nullatenenti e diseredati. I livellatori si
posero da subito un unico obiettivo, il valore imprescindibile dell’individualismo, il
diritto alla libertà, avanzando proposte intese ad eliminare i vincoli della autorità
statale, limitandone l’attività in favore della proprietà e della persona. I Diggers
avevano invece una concezione di libertà legata alla comunità, in una dimensione
olistica dei valori e dei diritti. La vicinanza tra i due movimenti sta nel fatto che
entrambi fondano le loro pretese nel diritto naturale, utilizzando la religione come
dimostrazione della bontà delle loro proposte. Potremmo pensare che quello biblico
fosse l’unico linguaggio che conoscessero le masse dell’epoca e ciò può essere
considerato senza dubbio valido per il movimento degli zappatori, ma non per i
livellatori che come gruppo socio-culturale ebbe la forza di promuovere istanze
laiche, cercando di separare la dimensione religiosa da quella politica. Il linguaggio
utilizzato da Winstanley appare rude, teologico, con il chiaro scopo di penetrare
nelle coscienze di un ceto che era privo di ogni tipo di cultura, che non fosse quella
appresa nelle chiese.
Su Winstanley si hanno poche notizie, è noto che non ebbe una parte attiva nella
rivoluzione e che a causa della guerra, ormai ridotto in povertà, abbandonò Londra
ritirandosi nel Surrey. Ritiratosi in una vita di stenti, maturò in lui una crisi
religiosa che trasformò la sua concezione non solo di chiesa, ma di ogni rapporto
umano. Lo spettacolo di intolleranza offerto dagli indipendenti lo allontanò da ogni
forma o istituzione ecclesiastica. Probabilmente il fallimento delle istanze poste dai
livellatori fece maturare in lui l’idea di soluzioni più radicali, che ricomprendessero
l’intera collettività, fino ad arrivare alla trance112 mistica, aveva sentito la voce di
Dio dirgli: “Lavorate insieme. Mangiate il pane insieme”. Winstanley decise di
annunciare il messaggio ricevuto sia a voce che affidandolo alla stampa e si
propose anche di metterlo in pratica traducendolo con la coltivazione in comune
della terra. Nella sua opera centrale “Il piano della legge della libertà” del 1652 egli
afferma un’unica soluzione per pacificare e rendere libera la Repubblica
d’Inghilterra, il libero godimento della terra.
Il grande problema che travaglia gli spiriti al giorno d’oggi sta nel definire in che
cosa consista la vera libertà, onde la repubblica d’Inghilterra possa essere fondata
in pace. Alcuni dicono: “Consiste nella libertà di commercio, nella soppressione di
111
Harold J. Laski, Le origini del liberalismo europeo, Firenze, La nuova Italia Firenze,
1936.
112
Così come dallo stesso Winstanley affermato nell’opera The New Law of Righteousnes
(La nuova legge di giustizia, 1649).
57
tutte le patenti, licenze e restrizioni”; ma questa è una libertà soggetta alla
discrezione d’un conquistatore. Altri dicono: “Vera libertà si ha quando i ministri
possono predicare e il popolo ascoltare chi vuole, senza restrizioni o obblighi di
astenersi o aderire a una data forma di culto”; ma questa è una libertà instabile.
Altri dicono: “E’ vera libertà avere tutte le donne in comune, e poter soddisfare
tutte le brame e gli ingordi appetiti”; ma questa è libertà degli animali irragionevoli
e lussuriosi che conduce alla rovina. Altri infine dicono: “La vera libertà è che il
fratello maggiore sia padrone della terra, e il fratello maggiore sia il suo servo”; ma
questa non è che una mezza libertà, e ingenera mormorazioni, guerre e litigi. Tutte
queste sono libertà; ma conducono alla schiavitù, e non sono la vera «libertà
fondamentale» che fonda nella pace la repubblica. La vera libertà repubblicana
consiste nel libero godimento della terra. La vera libertà risiede là dove l’uomo
trova nutrimento e sostentamento, e cioè nell’uso della terra. Poiché, come l’uomo
è composto dei quattro elementi della creazione: Fuoco, Acqua, Terra e Aria, così
egli è sostenuto dai corpi composti di questi quattro, che sono i frutti della terra; e
senza di essi non può vivere113.
Per Winstanley il cardine della libertà era nell’assicurare la libertà dallo
sfruttamento dell’uomo, riconoscendo un unico diritto naturale, quello di vivere e
lavorare insieme. La loro azione si basava sul costruire una serie di fattorie sulle
terre che fino ad allora erano di uso collettivo, una forma di comunitarismo. Il suo
pensiero non è di assoluta originalità, poiché la visione di un comunismo utopico
era già stata ipotizzata prima, e meglio da Thomas More114. Anche Samuel Hartlib
in “The famus kingdom of Macaria115” pone al centro della sua opera la questione
della proprietà. Occorre osservare che Winstanley a differenza del pensiero
marxista fonda la sua battaglia non su la forza, o su la lotta di classe, ma cercando
di far leva sugli animi umani attraverso principi religiosi, non scordiamo che
l’anabattismo come concezione sociale era ancora vivo nel mondo settario inglese.
L’esperimento dei Diggers durò poco più di un anno, l’esercito di Cromwell e i
tribunali inglesi spazzarono via le comunità sorte. Nonostante i Diggers si
facessero chiamare “I veri Livellatori” evidenti sono le differenze tra i due
movimenti, una vicinanza appare invece con la rivolta contadina tedesca di Thomas
Münzer. Nell’opera di Mario Tronti si può osservare direttamente come possa
essersi sbagliato Friedrich Engels nell’opera “L’evoluzione dal socialismo
113
G. Winstanley, “Il Piano della Legge della libertà”, in: Vittorio Gabrieli, Puritanesimo e
libertà, Einaudi, 1956, pp. 314-315. Il volume riporta integralmente il testo.
114
Nella sua opera più famosa, L’Utopia, pubblicata nel 1516, dove nell’immaginaria isola
di Utopia, la proprietà privata è vietata per legge e la terra deve invece essere coltivata,
alternandosi ogni due anni, da ciascun cittadino, nessuno escluso, dove tutti hanno un
lavoro con turni di 6 ore al giorno.
115
Dove era vietato possedere più terra di quanto potesse coltivare, e dove la produzione
era regolata, i beni della corona e della chiesa nazionalizzati.
58
dall’utopia alla scienza” nel riferirsi ai Livellatori come precursori del pensiero
socialista.
Ci pare che quello che Engels dice dei Livellatori vada attribuito invece ai Veri
Livellatori, uno dei nomi con cui si indicarono gli Zappatori116. L’originalità del
pensiero di Winstanley non sta tanto nell’opera di idealizzazione di strutture e
funzioni di uno stato socialista, bensì nell’aver ipotizzato legame tra libertà,
giustizia economica, nel concepire una dimensione ugualitaria di libertà.
6.5
Vittoria e fine del partito livellatore
La risposta alla nuova versione del Patto del Popolo fu affidata ad un pamphlet “Le
frodi di Walwyn, ovvero i Manifestatori manifestati”. L’opera, scritta da un gruppo
di teologi battisti e indipendenti, segna la rottura con il partito livellatore sferrando
un duro attacco a Walwyn, accusato di essere un gesuita che ha corrotto i suoi
compagni, ma il testo si scaglia anche contro l’offerta di pace proposta dai
livellatori, definendoli blasfemi e atei.
Nel 1649 vi fu un forte avvicinamento tra realisti e livellatori e ogni settimana nei
giornali clandestini dei realisti si chiedeva appoggio e aiuto per abbattere la
tirannia. Edward Hyde, primo conte di Clarendon affermava di preferirli ai
presbiteriani giudicati troppo affamati di potere. Questa vicinanza non deve
sconvolgere, perché più volte i livellatori si erano schierati a favore di un re eletto
dal popolo secondo gli usi antichi, e malgrado una naturale preferenza per il
Commonwealth avrebbero accettato anche una monarchia costituzionale con un re
vincolato dal Patto del Popolo.
“Si e per quel che mi concerne, debbo dichiararvi che preferirei mille volte vivere
sotto un Re ben vincolato e regolato senza tirannia, che sotto un qualsiasi governo
con tirannia117”.
La tirannia del governo dei “Santi” iniziò a stringersi anche sull’intero partito, nel
maggio del 1649 venne approvato il “Treason Act”, un arma di repressione e
censura che vietava ogni stampato contrario al governo e proibiva ogni diritto di
critica, pena il reato di alto tradimento. Si profilava così un regime dominato da un
unico partito che conservava il suo potere grazie al controllo sulla propaganda e
sull’uso della forza militare e di polizia. Numerosi in quel periodo furono i testi
contro i prigionieri della Torre e contro tutto il livellatori, bollati come atei,
116
Alessandro Piazzi, Mauro Segatori, Mario Tronti, Stato e rivoluzione in Inghilterra,
Milano, Il Saggiatore, p. 179.
117
N.H. Brailsford, I livellatori e la rivoluzione inglese, Milano, Il Saggiatore, 1962, Vol. II
p. 600.
59
comunisti, accomunandoli a Diggers, attacchi alla cieca che ignoravano i contenuti
della “Grande Petizione dell’11 settembre del 1648” o della “Versione definitiva
del Patto del Popolo”. L’idea che Oliver Cromwell fosse un tiranno e che alla fine
reclamasse perfino la corona si fece largo tra i livellatori che ancora si riunivano
presso la locanda dell’Osso di Balena, i quali proposero una convenzione nazionale
per la ratifica dei principi fondamentali del Patto del Popolo. Il partito fece
eleggere due rappresentanti per ogni contea mandandoli a Londra dove
incontratesi, decisero di non appoggiare né gli uomini al potere, né il principe
Carlo.
“Se dobbiamo avere un Re, per parte mia preferirei il Principe che chiunque altro al
mondo, a causa dei suoi larghi titoli di diritto … purché avvenga non per conquista
ad opera di stranieri118”.
Il processo a John Lilburne tenutosi il 25 ottobre del 1649 si concluse con la sua
assoluzione e la scarcerazione che avvenne nel silenzio degli organi ufficiali del
Commonwealth, e nonostante i venti di guerra provenienti dalla Scozia, Lilburne
decise di ritirarsi dalla scena politica, dedicandosi alla vita familiare, ritirandosi nel
quartiere di Southwark presso Londra dove venne eletto rappresentante del
“Common Cuncil”. In seguito vi fu un riavvicinamento tra Cromwell e Lilburne,
infatti il pericolo di un’invasione scozzese suscitava non poche paure nelle mente
dei livellatori, paure non solo politiche ma anche religiose. Cromwell usò la sua
influenza per far approvare dal “Rump Parlament” un indennizzo di 1500 sterline.
Il gesto di Lilburne non è un atto di abiura delle sue idee, ma di difesa di quelli che
erano prima di tutto i suoi principi religiosi, d’altronde il principe Carlo che
muoveva venti di guerra aveva giurato di estirpare ogni eresia e le ragioni per
sostenere La Repubblica Inglese non mancarono. Con l’indennizzo intraprese la
carriera forense, e a seguito di alcune cause di natura politica intraprese un
polemica contro il comitato responsabile dei sequestri, e il 30 luglio del 1651
pubblicò un pamphlet di accusa contro un membro del “Rump”,ma fu condannato
dalla Camera dei Comuni il 15 gennaio 1652 con la multa di tremila sterline e la
condanna a morte per “fellonia” se alla scadenza di trenta giorni si fosse trovato in
Inghilterra, anche se nessuna accusa specifica fu mai mossa nei suoi confronti, né
fu mai chiamato a difendersi. Esiliato ad Amsterdam e poi a Bruges, lontano dalla
famiglia, fece vita di stenti, entrò nelle simpatie di alcuni realisti come duca di
Buckingham mantenendo comunque fermi i suoi principi. Alla notizia dello
scioglimento del “Rump”, Lilburne decise di mettere fine all’esilio tornando a
Londra. Il 14 giugno scrisse una lettera al Lord Generale, priva dell’ardore passato,
con cui chiedeva di vivere tranquillo in obbedienza alle leggi,però fu scritta come
spiegò più tardi per compiacere la moglie.
118
N.H. Brailsford, I livellatori e la rivoluzione inglese, Milano, Il Saggiatore, 1962, vol. II
p. 607.
60
“deciso a vivere tranquillo e sottomesso al governo presente come chicchessia, non
avendo … altra intenzione … che di vivere devotamente in pace con la mia povera
e dissestata famiglia, e di studiare il modo di servire la repubblica se coloro ai quali
il governo è affidato mi riterranno atto”.
Cromwell diede l’ordine di arrestarlo e imprigionato a Newgate tentò di appellarsi
al governo e al parlamento dei Santi, ma il processo fu comunque fissato il 13
luglio. Overton insieme a quel che rimaneva del partito lo appoggiò con fermezza,
Walwyn fu incarcerato come misura preventiva. Lilburne sostenuto dal popolo
attaccò il tribunale ribadendo che la legge deve rispettare “il diritto comune, la
comune giustizia, la comune ragione”, un’ accusa sommaria non poteva essere
tradotta in pena di morte. La giuria lo proclamò non colpevole pagando, però, caro
questo sgarbo al Consiglio di Stato. Lilburne non fu scarcerato e il parlamento dei
Santi il 27 agosto lo fece trasferire nella Torre, per evitare rivolte o atti sediziosi. Il
Consiglio di Stato fece ricorso all’Alta Corte di Giustizia che privo di giuria
popolare e sotto l’ordine di Cromwell lo confinò nell’esilio nell’isola di Jersey.
Due mesi dopo il 23 maggio, pubblicò l’ultimo testo politico da leader del partito
livellatore, “A Declaration to the Free-born people of England”, in cui con
amarezza e sconforto afferma che “una vera e perfetta libertà non può essere
raggiunta in questo mondo”, nel testo non vi è traccia di critiche specifiche, ma si
afferma che il compito di ogni governo è quello di ritardare l’avvento della libertà a
favore della schiavitù completa. La sua ultima opera è “La resurrezione di John
Lilburne” del 1656 che segna la sua conversione al movimento dei quaccheri e la
sua scomparsa dalla vita politica. Morì ad Eltham il 29 agosto del 1656 durante uno
dei brevi permessi di libertà provvisoria concessi per vedere la famiglia, e
nonostante qualche intervento e qualche scritto l’anno successivo il partito
livellatore cessò la sua attività con la sua morte.
61
§7. Analisi dei testi
I testi analizzati di seguito sono opera di due grandi leader del partito
livellatore,John Lilburne e Richard Overton. Il primo “England’s new chains
discovered”, redatto da John Lilburne è un pamphlet che presentò alla Camera dei
Comuni , il 26 febbraio del 1649, lo stesso giorno della consegna della petizione
dei soldati contro la legge marziale. A Lilburne fu concesso di parlare ai Comuni
pur non essendo la prima volta che si presentava in tale sede, ma fu la prima volta
che egli parlò da leader del partito livellatore, sintomo che il movimento stava
assumendo una certa importanza nel paese.
La seconda opera analizzata è “An arrow against all tyrants” scritta da Richard
Overton, il 12 ottobre del 1646, e come ha notato Laski: “mentre si trovava in
carcere Newgate, benché radicale proclamò la sua fede ardente in un inviolabile
individualismo119”. In questa sensazionale opera emerge fin dalla prima riga una
difesa appassionata della proprietà individuale richiamando i principi del diritto
naturale.
7.1
England’s new chains discovered di John Lilburne
Il 26 febbraio del 1649, John Lilburne datte alle stampe “England’s new chains
discovered” (Le catene dell’Inghilterra disvelate). Il testo si apre con una critica
alla degenerazione dell’uso arbitrario del potere che in quel periodo esercitava il
“Rump Parlament”, appellandosi alla lotta comune passata e alla libertà sperata e
mai raggiunta: “ha dato motivi validi per sperare che davvero è loro intenzione sia
rivolta alla libertà e la prosperità, ma il loro modo di agire è spesso sbagliato, e
attraverso la fretta o l’errore di giudizio, coloro che si ritengono i migliori, fino ad
ora sono stati molte volte indotti in errore, a danno di coloro che gli concedono
fiducia tanto da lasciarli in una condizione più vicina alla schiavitù nonostante la
speranza che li avrebbero portati alla libertà”. In tale situazione di incertezza
Lilburne richiama l’attenzione su sette punti centrali su cui occorre al più presto
trovare un’ accordo:
1. Indica la preoccupazione e la richiesta alla Camera dei Comuni che
non vi sia un intervallo tra questo Parlamento che è attualmente in
119
Harold J. Laski, Le origini del liberalismo europeo, Firenze, La nuova Italia Firenze,
1936, p. 116.
62
carica e il futuro di prossima elezione, per evitare che in tale
intervallo il potere possa risiedere tutto nelle mani del Consiglio di
Stato.
2. Lilburne muove una critica al Patto del Popolo che prevedeva un
parlamento che durasse in carica due anni e che rimanesse in
sessione per solo sei mesi, ma in quei diciotto mesi, privi di un
parlamento in sessione, il potere si sarebbe concentrato nelle mani
del solo Consiglio di Stato, proponendo sessioni più lunghe del
Parlamento, per evitare che il Consiglio di Stato si sottraesse al
controllo dei rappresentanti del popolo, “che eviterà tutti quei
pericoli temuti da un Consiglio di Stato, come avviene attualmente
con questo che è costituito”
3. Richiede una modifica dei metodi di costituzione delle corti di
giustizia che devono essere composte da dodici uomini giurati e
uguali al reo. Lilburne richiama il sommo principio di uguaglianza
di fronte alla legge che deve essere applicata ad ogni uomo del
Commonwealth, indipendentemente dal rango o dall’appartenenza
al Parlamento.
4. Nessuna persona in virtù di qualsiasi mandato, concessione,
brevetti, laurea, o la nascita, deve essere privilegiata o essere
vincolata. “anche i Lord come gli altri siano responsabili
personalmente e matrimonialmente, come per ragione e coscienza
dovrebbero essere”.
5. “Sono molto insoddisfatto da ciò che è espresso nel Patto del
Popolo nel punto concernente la materia di religiosa, tale
argomento appare molto oscuro e pieno di perplessità e dovrebbe
essere più semplice e chiaro escludendo ogni forma di
intromissione o intimidazione (intermeddling) dei parlamenti in
tale materia”.
6. Qui Lilburne afferma come sia “assolutamente necessario che ci
sia nel Patto del Popolo” una limitazione della Camera dei Lord,
mancante nel Patto stesso, e identificandola di fatto come organo
centrale la Camera dei Comuni. Questa parte evidenzia la visione
costituzionale del partito che pone al centro dell’ordinamento un
63
parlamento non biennale ma annuale, eletto a suffragio universale
maschile, con funzioni legislative e di controllo e limitazione del
Consiglio di Stato120.
7. L’ultimo punto offre la possibilità a Lilburne di effettuare
un’argomentazione più ampia, indicando misure da adottare in
campo economico come: l’abolizione delle decime, delle accise e
dei diritti doganali; togliere tutte le concessioni alle società
monopoliste.
Quando affronta il tema delle imposte e dell’imposizione vincolistica del mercato il
linguaggio si fa aggressivo; parlando delle tasse e dei dazi afferma che esse sono
volte a generare “grande oppressione all’industria del paese e ostacolo del lavoro
… quei ladroni che spremono e sfruttano la povera gente e la classe media, e
ostacolando il commercio”.
Successivamente l’oggetto della polemica si sposta sul diritto penale, attaccando
l’istituto dell’incarcerazione per debiti, colpevole di aver distrutto la vita di molte
famiglie e incapace di assicurare il capitale alla parte lesa. In materia si pone
l’obiettivo di creare “un sistema nuovo e meno invadente e più rapido evitando il
carcere preventivo che ha rovinato intere famiglie, per decidere le controversie
debiti. Tutto questo era previsto già nel Patto del Popolo che non avete applicato”.
Lilburne si dice “stupefatto e sorpreso di vedere che, nonostante le produzioni dei
più alti concetti di libertà che mai questa nazione - o qualsiasi altro popolo del
mondo - hanno portato alla luce, nonostante il sangue versato per ottenere queste
libertà, nonostante le molte vittorie e ottenute grazie all’intervento miracoloso Dio
che si è compiaciuto di onorare la nostra giusta causa” il Parlamento abbia taciuto
“queste nostre libertà di nascita”. Questo punto, seppur marginale dal punto di vista
programmatico, esprime il concetto fondamentale caro al giusnaturalismo,
richiamando alla libertà non come concessione, ma come diritto naturale di ogni
uomo.
L’autore continua attaccando in maniera indiretta Cromwell, Ireton e Fairfax
accusati di non voler applicare il Patto del Popolo al solo scopo di instaurare una
dittatura nonostante il desiderio e le necessità della gente.
“Quando noi consideriamo le torture che il popolo in generale a sofferto attraverso
il decadimento del commercio e la l’aumento del prezzo del cibo, moltissime
famiglie (attraverso disgrazie e violenze inerenti alla guerra) non hanno nulla a
sostenerle sennò la speranza di libertà e di una Repubblica ben organizzata. Mentre
120
Tali posizioni saranno poi riprese dal politico inglese Charles James Fox (1749–1806) e
successivamente adottata dal movimento cartista nella prima metà del 1800.
64
un Patto del popolo è stato scritto e approvato, nonostante il vostra collaborazione.
E tutti gli uomini aspettano la sua approvazione. Nonostante queste aspettative non
c’è la volontà di applicare il Patto del Popolo, anzi c’è l’intenzione di piegare le
speranze della gente e in segreto raggiungere un dominio sulla Repubblica”.
Le critiche che seguono sono molte: la prima in materia di giustizia, giudicando
inadeguata la composizione dell’Alta Corte di Giustizia, richiedendo che essa
comprenda una giuria popolare; Successivamente critica l’operato del Governo
artefice dell’ “arresto dei nostri torchi di stampa accuratamente previsto, e
l’ordinanza più grave e irragionevole emanata dal parlamento, fatta ed eseguita
come al tempo di Holles e Stapleton”, qui la polemica si scaglia contro il
provvedimento del “Rump Parlament” che rispolverando un’ordinanza del
settembre del 1647, aprì ad una nuova fase di censura di ogni sorta di critica,
sopprimendo le pubblicazioni non autorizzate, imbavagliando la stampa con misure
repressive che andavano dalla multa alla fustigazione. Un altro importante
rimprovero è mosso al Consiglio di Stato che “detiene poco meno di un potere
senza limiti” criticando il fatto che gran parte dei membri del neonato organo
deplorassero o biasimassero la messa a morte di Carlo, Lilburne afferma che il
Consiglio di Stato è composto in larga misura da persone legate al vecchio regime
monarchico.
“Cinque erano membri della Camera dei Lord - e la maggior parte di essi, si sono
rifiutati di approvare la condanna del re - due di loro erano giudici della Camera
Stellata, e sostenitori del regime tirannico”.
Nell’”England’s new chains discovered” affronta,poi, l’argomento dell’esercito,
soffermandosi sul potere degli ufficiali superiori di plasmarlo secondo i loro scopi
con la scelta e promozione dei comandanti delle diverse unità non secondo il
merito, ma secondo una logica politica, e demoralizzando il resto della truppa con
una legge marziale durissima. Mette in guardia la popolazione civile del rischio che
il controllo dell’esercito cada in mano di pochi, e richiede al parlamento di
soddisfare le richieste dei soldati circa gli arretrati, di mitigare la legge marziale, e
di garantirne i diritti politici, assicurando loro la facoltà di promuovere petizioni. Il
testo si chiude proponendo lo scioglimento del Consiglio di Stato, accusato di
tirannia, poiché è “rischioso che le stesse persone conservino a lungo il comando
supremo di un potere militare … origine in ogni tempo di tutte le tirannie”.
7.2
An arrow against all tyrants di Richard Overton
65
Durante la prigionia a Newgate nel 1646, Overton scrive “Una freccia contro tutti i
tiranni e le tirannie” richiamando in maniera molto forte il diritto naturale quale
fondamento del “diritto di proprietà”, affermando:
“Ad ogni individuo in natura è data una individuale proprietà che non può essere
invasa o usurpata da alcuno. Ciascuno in quanto individuo, ha una proprietà
indivuale, altrimenti non sarebbe un individuo; per questo motivo nessuno può
pretendere di privare qualcuno senza che vi sia una manifesta violazione e affronto
ai principi naturali e alle leggi di equità e giustizia tra uomini”.
Overton continua sostenendo che nessun uomo ha potere sui diritti e le altrui
libertà, altrimenti si potrebbe definire “un invasore di diritti”; il testo poi continua:
“Per diritto di nascita tutti gli uomini sono eguali e in quanto tali, hanno uguale
diritto di proprietà, e alla libertà. In quanto creati da Dio in questo mondo, ciascuno
ha una naturale e innata libertà e proprietà -infatti ciò è stato scritto nel cuore di
ogni uomo mai sarà cancellato- e finché saremo vivi, ognuno ugualmente gode di
questo privilegio o suo diritto di nascita e la stessa natura divina lo rende libero”.
In seguito a questo, sostiene che nessun uomo vorrebbe essere privato di questi
diritti con la forza, anzi è proprio il suo istinto naturale che gli impone di
preservarsi dai danni e dai disturbi. L’origine dei diritti degli uomini, secondo
Overton, non è direttamente da Dio, come affermano i re, ma dal diritto naturale,
che a sua volta è stato impiantato nell’uomo da Dio. Questo diritto ha quindi una
natura comunque divina, ma di origine indiretta. Da questa condizione originaria di
uguaglianza, ciascuno esercita i propri diritti:
“All’inizio Dio ha impiantato questi diritti nelle creature e da ciò quei poteri
procedono immediatamente e niente altro. E niente di più potrebbe essere
trasmesso di quanto implichi una migliore esistenza, benessere o salvezza. E questa
è la prerogativa dell’uomo e niente più. Non più di questo può essere dato o
ricevuto: comunque tutto ciò porta ad un migliore esistenza, maggiore sicurezza e
libertà, e non di più; chi cede di più pecca contro la sua carne e chi prende di più è
ladro e rapinatore della sua specie: poiché ogni uomo racchiude in sé il re, il prete,
il profeta nella sua sfera naturale in cui nessuno altro potrebbe partecipare se non
per delega, consenso o rappresentanza del detentore del diritto naturale e della
libertà”.
Tali diritti sono comunque ceduti nella misura in cui si può venire a una
ragionevole contrattazione, evitando in ogni modo abusi e tormenti. Overton pone
come esempio quello del “maestro di scuola”, a cui spetta per delega sia il diritto di
regolare che quello di ordinare, ma che comunque può essere rimosso dai genitori,
per “negligenza o abuso e potrebbe essere conferita ad un altro” la medesima carica
di responsabilità e di potere. Infatti nessun genitore dà mai un potere così assoluto
e illimitato sui propri figli”. Lo stesso ragionamento è applicato nei confronti dei
66
deputati, che non possono avere un potere illimitato e discrezionale, il popolo
infatti potrebbe opporsi alla tirannnia del parlamento negli stessi modi, per le stesse
ragioni per cui ha già combattuto contro il re. Overton riconduce al popolo quello
che fu definito il “diritto regio” e che potremmo oggi definire sovranità.
Il testo di Overton prosegue con un’aspra polemica verso la Camera de Comuni,
impegnata a rafforzare il proprio potere, invece di salvaguardare il paese da ogni
forma di tirannia e oppressione. Egli afferma che questa garanzia è la minima
ricompensa per chi ha combattuto per la libertà, poi riferendosi ai deputati, dichiara
che questa audacia, nella difesa dei diritti e delle libertà, è giustificata: “Per natura
noi siamo i figli di Adamo e da lui abbiamo ereditato legittimamente la proprietà
naturale, diritti e libertà, i soli che noi richiediamo … Noi desideriamo i diritti e le
prerogative del genere umano e sicuramente voi non potrete negarceli, siamo
uomini e dobbiamo voler vivere come uomini. Se ci negherete ciò che ci spetta,
questo paese sarà meno sicuro per voi e per i vostri posteri, come per noi e i nostri
posteri”.
Dopo questo deciso avvertimento invita direttamente i deputati a fornire il loro
aiuto per combattere i mali del paese, come gli abusi e le usurpazioni della Camera
dei Lord e del clero presbiteriano.
La critica alla Camera dei Lord si basa sull’uso persecutorio che al tempo si faceva
di tale ramo del parlamento, spesso usato come tribunale politico. Il procedimento
risulta, infatti, essere in totale violazione dell’articolo 29 della Magna Carta che
recita “nessuno uomo libero non può essere processato, condannato se non da
giudizio dei suoi pari e dalla legge del paese”, Overton fa giustamente notare che
se i pari d’Inghilterra processano un uomo comune, non possono che risultare
usando le sue parole “incompetenti, illegali, ineguali, giudici impropri” elencando
anche ulteriori motivi della illiceità di tali processi:
1. Egli affermò che nessun uomo può essere imprigionato o catturato se non
secondo i principi del Common law, dello statute law o secondo le
consuetudini di Inghilterra. Ed essendo la libertà personale, il bene più
prezioso per la vita umana, occorre che vi sia una ragione valida per
privarlo di tale diritto.
2. “Nessun uomo può essere spodestato, estromesso dal possesso della sua
libertà assoluta, o della sua libertà, se non in base alle limitazioni poste
dalla sola legge”.
3. “Nessun uomo può essere messo a morte o distrutto, se non in base di un
verdetto fatto da una giuria di suoi pari, secondo le leggi del Paese”.
67
Overton riprende commentando l’articolo 29 della Charta Magna che non potrebbe
riferirsi solo al periodo monarchico essendoci l’espressione “secundum legem et
consuetudinem Angliae” (dopo la legge e la consuetudine inglese), tale riferimento
è da intendersi come “legem terra”, da riferirsi alla tradizione giuridica inglese che
da sempre e alla base di ogni polemica dei livellatori. Citando una serie di
precedenti giuridici121 Overton controbatte alle accuse di Edward Coke che esclude
la presenza nell’ordinamento di una giuria di dodici pari che potessero avere pieno
potere e autorità.
Il leader del partito livellatore afferma che nonostante le leggi e le tutele offerte
dalla tradizione giuridica e dal Common law i “nostri Lord in parlamento
assumono su di loro il potere di giudicare e sentenziare sulla gente comune anche
se non sono loro pari e di multare e imprigionare etc. Non contenti, essi inviano
perfino uomini armati invadendo le loro case e assalendo le persone,
saccheggiandoli. Recentemente, l’11-08-1646 l’ordine illegale è perpetrato anche
contro di me”. Per difendersi da tali abusi il libero suddito dovrebbe procedere e
trattare questi usurpatori come ladri, assassini, criminali della legge e del diritto
comune, così come promulgato dalla Magna Carta, egli efferma che se il re è privo
di tali poteri arbitrali, tanto meno lo sono i Lord che non possono violare la libertà
e la sicurezza della vita degli inglesi.
Overton afferma che anche lui si sente violato nei suoi diritti naturali, dati dal
Common law, negando ai Lord il potere di giudicarlo, condannarlo e di usargli
violenza, conclude domandandosi: “Perché dunque si dovrebbe accettare l’organo
di rappresentanza che viola la legge e sopportare questi lord fino a che non
distruggano noi e le nostre leggi?”. L’autore invita a ridestarsi, e aprire gli occhi
contro gli usurpatori, che pensano solo ai loro interessi, e che si sono arrogati ogni
diritto naturale, attribuendosi il titolo di Suprema Corte di Giustizia, hanno
modificato titoli e patenti date dal re, ponendosi al di sopra di esso. Egli aggiunge
che tali modifiche possono spettare solo ad un parlamento veramente eletto e
rappresentativo della sovranità del popolo. Overton attribuisce con forza il potere
di legiferare ad un unico organo, il parlamento che si pone al di sopra del re e di
ogni organo esecutivo, e di ogni lord. Il parlamento diviene secondo il suo pensiero
il centro dell’ordinamento, e in esso risiede il potere sovrano. I rappresentanti eletti
non possono disporre a loro piacimento di tale potere, né possono cederlo, né
trasferirlo, non risiedendo in loro tale potere.
121
Come il caso di Simon de Beresford, un plebeo accusato di omicidio del padre del
sovrano, avvenuto nel quarto anno del regno di Eduardo III, fu giudicato secondo la volontà
del re da conti e baroni, ma in tale caso la Camera dei Lord si appellò al monarca
sostenendo l’abusività di tale procedimento, poiché l’uomo non era a loro “pari e uguale”.
Il verdetto fu emesso comunque dal parlamento solo perché il crimine di cui era accusato
Simon de Beresford “distruzione di sangue reale” attribuiva la giurisdizione anche ai pari.
68
“l’ombra di una cosa non può essere la cosa stessa ne sostanzialmente ne
virtualmente; ecco perché ciò che al di fuori dei rappresentanti non è
rappresentanza a e quindi non del regno o delle persone, non tanto come in ombra
in una cosa. Pertanto il potere sovrano che si estende non più dal rappresentato al
rappresentante e illegittima e illegale. E incapace quindi di poter vincolare le
persone”.
Overton in opposizione alle teorie assolutiste sostiene che nel monarca non risiede
ogni potere, ma solo quello esecutivo, poiché il potere sovrano risiede nel popolo,
attribuendo così il potere legislativo al parlamento. L’ arrogarsi il potere di
giudicare, ponendosi al di sopra del parlamento deve essere considerato un atto di
alto tradimento, e sono l’oggetto di della sua personale battaglia.
Dalla prigionia di Newgate, l’autore scaglia anche una “freccia” contro i membri
del clero presbiteriano colpevoli e artefici delle usurpazioni e definiti dallo stesso:
“lupi voraci ma anche leoni ruggenti che vanno su e giù alla ricerca della preda
divorando quello che possono” accusandoli di insanguinare l’Inghilterra con il
martirio del “Popolo di Dio” massacrato per il solo fatto di opporsi al clero
pontificio o episcopale, e chiedendo con forza l’abolizione delle decime, paragona
il clero presbiteriano all’inquisizione spagnola.
Gli oppositori del clero presbiteriano afferma Overton rischiano di essere “inseriti
nel loro calendario spagnolo dell’inquisizione fatta da veri criminali o perché
hanno un anima assassina, papale e anticristiana …iscrivendo sulle loro guancie il
marchio della lettera B – il nuovo marchio presbitero della bestia: vedere il diavolo
di nuovo tra di noi in forma nuova, non come un angelo di luce ma anche nella
forma della lettera B. Dal potere del belzebù presbitero, il buon Signore ci liberi
tutti e che tutti dicano Amen”.
Overton afferma che i presbiteriani dovrebbero accettare di vivere con tolleranza,
amore e mansuetudine secondo la carità cristiana invece di condannare e giudicare.
Appellandosi alla ragione li invita a non macchiarsi del sangue degli indipendenti,
anabattisti, brownisti, poiché tali atti nuocerebbero al paese non solo nel presente,
ma pregiudicherebbe anche le generazioni future.
“Se noi non vi interessiamo, preoccupatevi dei vostri posteri. Non posso che
supporre che nessuno di voi vorrebbe l’impiccagione dei figli nel caso dovessero
risultare indipendenti, anabattisti, brownisti – io non posso giudicarvi così
innaturali e disumani verso i vostri figli … Quanto dovremmo aspettare perché vi
sia la pace? non abbiamo aspettato abbastanza in questi 6anni, e ora dobbiamo
restare pacifici e attendere finché non saremo tutti imprigionati, impiccati e bruciati
?”.
69
Il testo si chiude con un invito al partito presbiteriano a sedare e a calmare il
rancore e attraverso la grazia di Dio li prega di ricucire un dialogo con le altre
fazioni nel loro interesse e quello del paese e dei posteri.
70
§8. Locke e i livellatori
C’è un profondo legame tra il pensiero di Locke e quello dei livellatori, che
emergono in tutti i testi soprattutto nelle varie edizioni del “Patto del Popolo”. Le
opere di Lilburne, Walwyn e Overton si focalizzano su temi importanti: il diritto di
proprietà, e la tolleranza religiosa.
Da una base individualistica-artigiana poggiata su una fiducia assoluta nell’uomo
comune, i livellatori esprimeranno un pensiero anticipatore di quella filosofia che
di lì a qualche decennio prenderà piede con Locke, il quale in maniera più matura e
più completa affermerà, sia il diritto naturale e imprescindibile della proprietà e di
conseguenza il diritto si esercitare il libero commercio, sia affermando con forza il
principio della tolleranza religiosa.
8.1
La tolleranza
Il pensiero filosofico del ‘600 dimostra un’emancipazione dall’autorità teologica
dalle note laiche e razionali. L’idea di Dio è sempre presente e si pone al centro
delle dispute, superando l’approccio dogmatico e clericale: esso rompe il binomio
con un’autorità costituita e si concentra su una visione mistica e individualista. Con
Cartesio, Pascal e Giordano Bruno si sviluppa un approccio razionale che alimenta
un forte spirito critico. Di fronte all’incertezza prende vita l’idea della tolleranza
che, come afferma Lasky, era “l’unica posizione razionale che un filosofo potesse
adottare sapendo la misura nella quale l’uomo può essere deluso122”.
Questo non deve far supporre che il liberalismo, che poggia le sue radici proprio in
questo secolo, si traduca in scetticismo o in relativismo: Carlo Lottieri ha affermato
che è erroneo ritenere “che il liberalismo implicherebbe una prospettiva morale
sostanzialmente relativista, in virtù della quale l’autonomia della società civile e
del mercato poggerebbero sull’assenza di principi etici universali123”. E Sergio
Belardinelli aggiunge: “Non è detto che il modo migliore di rendere omaggio alla
tolleranza sia quello scettico o indifferente di chi pensa che la verità non esiste124”.
122
Harold J. Laski, Le origini del liberalismo europeo, Firenze, La nuova Italia Firenze,
1936, p. 90.
123
Carlo Lottieri, “Per una critica lockiana della filosofia liberale contemporanea”, in
Rivista internazionale di Filosofia del Diritto, 2000, V serie, LXXVII, fasc. I.
124
Sergio Belardinelli, “Con quale liberalismo?”, Studi perugini, anno I, n.1, gennaiogiugno 1996, p. 293.
71
Un’altra giustificazione, può essere data dallo sfiancamento causato dalle
interminabili guerre alle sette. Quindi l’intolleranza si poneva come un ostacolo
alla tranquillità della vita, della ricchezza e degli affari, infatti le persecuzioni e le
migrazioni verso l’America o verso l’Olanda, causarono ingenti perdite agli stessi
paesi intolleranti.
Nel’600 si fa largo l’idea che il sistema teocratico sia un impedimento alla libertà e
all’individualismo ed emergono proprio in questo periodo i contrasti con la Chiesa
Cattolica o nel caso della rivoluzione inglese con la Chiesa d’Inghilterra. L’idea
della separazione tra stato e chiesa fu necessaria non solo per esigenze economicofilosofiche, ma anche per pretese di natura religiosa. Pietro Adamo ricorda il
ritorno, nel 1612 in Inghilterra, del gruppo battista guidato da Thomas Helwys che
ebbe una gran fortuna all’epoca della rivoluzione: “il contributo dei battisti alla
giustificazione teorica della tolleranza fu notevole. Nelle loro pagine si ritrovano i
fondamenti dei più importanti argomenti degli apologeti della libertà di coscienza
all’epoca della Rivoluzione125”.
L’argomento cardine del movimento battista era appunto la tolleranza: “il re è un
uomo mortale, non è Dio, e quindi non ha potere sulle anime immortali dei suoi
sudditi per fare leggi e ordinanze per loro, né per porre su di loro signori
spirituali126”.
Lo stesso Richard Overton si pensa che appartenesse alla congregazione battista di
Londra, John Lilburne era membro di una chiesa separatista, William Walwyn pur
non appartenendo ad alcuna chiesa costituita, frequentava ambienti separatisti. Tali
adesioni avevano delle forti ricadute nell’approccio filosofico-politico del loro
pensiero, soprattutto nella questione della tolleranza. Il partito livellatore recepì lo
spirito del mondo settario londinese anche se il tema della tolleranza religiosa
spaccò il fronte settario, dividendo tra chi voleva l’intervento dei magistrati e
dell’autorità civile in caso di violazione dei valori cristiani e chi, come i livellatori,
auspicava per una separazione totale tra stato e chiesa, lasciando a quest’ultima la
sola giurisdizione morale.
In tutte le versioni del “Patto del Popolo”, in tutte le petizioni promosse e in ogni
pamphlet, il movimento livellatore sposa l’idea di una tolleranza religiosa piena,
fondata su una legge naturale. Come ricorda Pietro Adamo, “lo stesso Lilburne, in
carcere riscoprì il common law e sir Edward Coke fornì un indispensabile tassello
al nuovo vocabolario a partire da England Birth-Right Justified, pubblicato
nell’ottobre del 1645. Nel libello il principio della libertà dei singoli (compresa
quella religiosa) veniva strettamente legato alla legge di natura e al diritto di
125
Pietro Adamo, La libertà dei santi. Fallibilismo e tolleranza nella rivoluzione (16401649), Milano, Franco Angeli, 1997, p. 87.
126
T. Helwys, A Short Declaration of th Mistery of Iniquity 1612.
72
cittadinanza127”, anche Overton nella “Remostrance” del 1646, affermò utilizzando
i toni tipici delle propaganda dei Levellers, che le leggi di intolleranza religiosa
derivavano non dalla tradizione giuridica inglese, ma dall’imposizione normanna.
Overton si pose in atteggiamento fortemente critico verso gli esponenti del partito
presbiteriano: “Voi non possedete più potere di quanto il popolo possa
correttamente affidarvi. Quindi tutte le implicazioni di quelle mozioni riguardanti
lo stabilimento della religione mostrano che in questo caso, come in molti altri, noi
restiamo sotto il giogo normanno di un potere arbitrario del quale dovremo
liberarci128.
Anche Walwyn afferma che i diritti derivano non dalla fede religiosa, ma dallo
stesso status di cittadinanza, equiparando “il blasfemo, il pagano, l’ebreo, il turco e
l’anticristiano”.
Secondo Prynne, tali dottrine poggiavano su una: “logica e teologia
antimonarchica, antiparlamentare e anarchica” che avrebbe distrutto “ i fondamenti
stessi di ogni governo e ogni relazione naturale, civile o ecclesiastica129”.
Occorre notare che nel “Patto del Popolo” nella sua versione definitiva del 1°
maggio del 1649, si possono ritrovare riferimenti diretti al tema della tolleranza
religiosa:
Come in precedenza osservato al punto decimo si afferma “non diamo potere o il
mandato ai detti nostri rappresentanti di mantenere in vigore o di fare qualsiasi
legge o imporre giuramenti o patti” da cui possa derivare una qualsiasi sanzione o
vietare a chiunque “di professare la propria fede o d’esercitare il culto religioso
secondo la sua coscienza”. Trattando il tema della tolleranza religiosa pone in
evidenza due tutele fondamentali: la prima imponendo il divieto di introdurre il
Covenant e la seconda è rivolta verso i cittadini che per motivi religiosi non
potevano fare atto di giuramento, come nel caso degli anabattisti.
Il ventiseiesimo punto vieta ai cattolici, ovvero ai “fautori della supremazia del
Papa (o d’altra straniera)” l’impossibilità di ricoprire alcun ufficio di Stato. Tale
precetto potrebbe suscitare qualche perplessità circa il desiderio di tolleranza
espresso dal movimento livellatore, che pur escludendo di fatto i cattolici dalla vita
politica, tutela gli altri diritti compreso quello di esprimere la loro fede. Il divieto si
giustifica con la concezione tipica dell’epoca e del luogo che vede i cattolici come
individui sottoposti ad un’autorità straniera e oltretutto invisa, come quella papale.
Il “Patto del Popolo” priva lo stato del potere di regolare la vita religiosa,
introducendo una concezione individualistica della vita religiosa. Pur con delle
127
Adamo Pietro, La libertà dei santi. Fallibilismo e tolleranza nella rivoluzione (16401649), Milano, Franco Angeli, 1997, p. 343.
128
Richard Overton, A Remostrance of Many Thousand Citizens , p.13.
129
W.Prynne, “A Full Reply”, in: Truth Triumphing over Falshood, an Antiquity over
Novelty, John Dawson, Micheal Sparke sr., London 1645, pp. 111-112.
73
differenze, il tema della tolleranza religiosa può essere considerato un filo
conduttore che lega il pensiero livellatore con quello lockiano.
John Locke compie l’opera di codificazione della dottrina liberale sostenendo che
gli uomini nati liberi devono organizzarsi con istituzioni basate sul consenso e la
volontà. L’ideale lockiano si poggia sulla concezione che il sovrano deve astenersi
dalle dispute religiose negandogli il potere di intervenire nella sfera religiosa
personale di ogni individuo.
“Se sono nati superiori agli altri uomini per potenza, sono loro pari per natura; né il
diritto né l’arte del governo comportano necessariamente la conoscenza certa di
alcune cose, e tanto meno della vera religione130”.
Nel Saggio sulla tolleranza del 1667 viene esplicitamente affermato che esistono
alcune libertà in cui l’individuo non può subire nessuna limitazione di pensiero e di
azione da parte dello Stato. Queste sono le opinioni filosofiche e il culto divino. La
giustificazione di questo pensiero si ha nella “Lettera sulla tolleranza” del 16851686, che sarà il cardine per i sostenitori del principio della tolleranza dei secoli
successivi e dove il filosofo afferma la separazione tra Chiesa e Stato per quanto
riguarda le finalità, le funzioni e i poteri che ad essi rispettivamente competono.
Occorre precisare, come sostiene il Lottieri, che il filosofo inglese “in materia di
tolleranza religiosa egli adotta un ben preciso punto di vista. Nel momento
medesimo in cui assume quelle stesse posizioni che oggi appaiono più indifendibili
(si pensi, in particolare, alla netta chiusura verso i papisti o gli atei) Locke
manifesta comunque che la sua idea di società libera presuppone l’esistenza della
verità e la convinzione che essa debba guidare i nostri comportamenti131”.
Katharine Chidley afferma che l’esclusione dei cattolici fu sostenuta con le ragioni
tipiche del pensiero protestante: “ci sono molti motivi per cui a chi ha spesso
tentato di portare alla rovina questo Regno con complotti e tradimenti, non sia
concessa la libertà132”.
Nella lettera sulla tolleranza il filosofo inglese afferma: “nella tolleranza io vedo il
più importante distintivo della vera chiesa133“, la verità del messaggio di fede
risiede quindi non negli strumenti repressivi, ma nella “forza e l’efficacia di una
vera religione di salvezza, nella persuasione134”. La chiesa ha come obiettivo la
salvezza dell’anima che dipende esclusivamente dalle convinzioni interiori
dell’individuo, non può in nessun modo essere indotta con la forza. L’autorità
religiosa non può richiedere l’intervento del magistrato per realizzare con le armi
130
John Locke Lettera sulla tolleranza, Firenze, La Nuova Italia, 1978 (1685-6), p.32.
Carlo Lottieri, “Per una critica lockiana della filosofia liberale contemporanea”, in
Rivista internazionale di Filosofia del Diritto, 2000, V serie, LXXVII, fasc. I.
132
Katharine Chidley, The iustification, p. 20, pp. 36-37.
133
John Loke, Lettera sulla tolleranza, Firenze, La Nuova Italia, 1978 (1685-6), p. 3.
134
John Loke, Lettera sulla tolleranza, Firenze, La Nuova Italia, 1978 (1685-6), p. 10.
131
74
ciò che non riesce a ottenere con la parola. La Chiesa può legittimamente espellere
dal proprio seno mediante la scomunica coloro che non condividono i dogmi e i riti
che essa propone come mezzi di salvezza: ma lo scomunicato non deve
assolutamente perdere i diritti civili di cui gode come cittadino. Lo Stato viene
concepito come un’ associazione di individui che ha come scopo la tutela del
diritto naturale alla vita, alla libertà e alla proprietà, escludendo che nelle autorità
civili risieda la verità, o che esse siano orientate verso la ricerca di un ethos. Una
visione del tutto vicina a quella dei Levellers, che pur sostenendo con forza la
verità e la fede, escludono la religione dall’orbita di competenza dello stato,
riconducendola nella sfera originale e intima dell’individuo.
8.2
La proprietà
Contrariamente all’idea che vuole i livellatori quali fautori del pensiero
comunitarista, emerge una linea di strenua difesa della proprietà privata, che si
evince non solo nelle note d’apertura dell’opera di Overton “An arrow against all
tyrants”, ma anche in tutti i testi e le petizioni proposte dal partito dei Levellers.
Osservando da vicino le opere e le battaglie del movimento, notiamo la forte tutela
del diritto di proprietà, si pensi alla seconda versione del “Patto del Popolo”,
redatta nell’ottobre del 1647 insieme all’esercito e al partito indipendente, o la più
significativa versione “definitiva” del 1° maggio del 1649, dove il partito
livellatore senza interferenze o intromissioni di terzi, detta la linea programmatica
ideale di una futura Repubblica d’Inghilterra. In questa ultima versione emerge una
linea di profonda irremovibilità non solo nel godimento della libera proprietà, ma
una decisa avversione alle pratiche emergenti in quel periodo ad opera dei Diggers
che, si facevano chiamare “True Levellers”, dal quale il movimento ha sempre
preso le distanze con fermezza.
Come precedentemente ricordato, lo stesso Lilburne in una lettera chiarì le
differenze tra due movimenti: “A mio avviso questa presunzione di livellare le
proprietà e gli uffici è così ridicola e pazzesca, che non si può immaginare che un
uomo di senno, ragione o intelligenza sia così abbrutito dal vino da sostenere un
simile principio, perché esso, se praticato, distruggerebbe non solo qualunque
industria, ma abbatterebbe le stesse fondamenta della generazione e sussistenza …
Circa la laboriosità e il valore, grazie ai quali le società umane sono mantenute e
preservate, chi si darebbe pena di ciò che, quando l’abbia prodotto, non è più suo,
ma dev’essere egualmente condiviso da ogni pigro, stolto, ozioso avvinazzato135”.
135
J. Lilburne, Colonel John Lilburne his Apologeticall Narration, 3 aprile 1652.
75
E anche Walwyn che pur nutrendo una certa simpatia personale per le teorie
egualitarie, quando parlava o scriveva a nome del partito, lo faceva in un ottica di
tutela assoluta nei confronti della proprietà, condannando con fermezza le accuse di
“comunismo” mossegli dai cromwelliani.
Il movimento non ha mai mirato all’uguaglianza degli averi, o al livellamento delle
distinzioni sociali, ma come ha affermato George Holland Sabine: “essi si
opponevano al privilegio politico da parte della nobiltà e al vantaggio economico
ottenuto con i monopoli del commercio, o al monopolio professionale goduto dagli
avvocati. Sembra che l’obiezione mirasse esclusivamente al privilegio legalmente
riconosciuto e non alla ineguaglianza sociale ed economica come tale136”.
E quando i livellatori fanno riferimento al termine eguaglianza, lo fanno
esclusivamente riferendosi ad una eguaglianza di ordine formale, traducendo il loro
pensiero in una filosofia di carattere individualistica ben lontana dal modello di
tipo socialista.
E anche quando posero in discussione la legittimità dei possessi, lo fecero solo
contro i profittatori della guerra, che avevano acquisito la loro proprietà con il
tradimento e con la corruzione. In quel caso si trattò non solo di ridistribuire le
terre alla comunità, ma anche di punire una minoranza di uomini senza scrupoli che
con l’imbroglio e con la violenza si appropriarono dei terreni. L’epiteto livellatori
affibbiatogli dai loro detrattori, conduce all’erronea idea che essi volessero livellare
e sopprimere le differenze di ceto o di ricchezza: opinione alimentata anche da
Ireton per spaventare il ceto latifondista. I livellatori cercarono di combattere tale
credenza con ogni mezzo, soprattutto nella terza versione del “Patto del Popolo”,
dove una tutela piena e completa si articola su diversi aspetti comprendendo non
solo la proprietà terriera ma anche la libertà del commercio e degli affari, ritenuti
diritti naturali posti a fondamento della libertà individuale. Si pensi al punto nono
del patto che elenca i limiti del futuro parlamento:
1. Mantenimento della pace e del commercio estero.
2. Salvaguardia della vita, dell’incolumità, della proprietà e dei beni e dei
diritti affermati nella petizione del 1628.
3. All’imposizione delle tasse che riguardano quei beni e quei diritti indicati
nei punti precedenti.
Ebbene in tutti e tre i punti affermati, possiamo notare il richiamo alla tutela della
proprietà e del commercio, garantendo una difesa nei confronti di terzi, al
contempo una tutela contro l’insaziabile tassazione.
Anche il punto diciottesimo, che vieta al parlamento di creare leggi che
“proibiscono o restringano la facoltà di chiunque di commerciare o trafficare con
qualsiasi luogo d’oltremare”, si pone come strumento per garantire un pieno diritto
136
G. H. Sabine, Storia delle dottrine politiche (A History of Political Theory), Milano,
Hoepli, 1951, p. 387.
76
di commercio, vietando allo stato di intervenire negli affari dei cittadini. E non è un
caso che il “Patto del Popolo si chiuda con il punto trentesimo, con il quale si fa
divieto assoluto di “livellare i beni degli uomini, abolire la proprietà privata o
introdurre la comunità dei possessi”.
Secondo Sabine il loro individualismo si spingeva sino al punto che “desideravano
un sistema costituzionale che proteggesse l’individuo nei suoi diritti fondamentali
anche contro i suoi stessi rappresentanti137”, infatti nella terza e definitiva versione
del “Patto del Popolo” alcuni diritti come quello della proprietà sono
immodificabili.
Il pensiero livellatore si pone quindi come un movimento che ha per obiettivo
costante la garanzia della proprietà, anche quando si oppone ai procedimenti
arbitrari del parlamento che violano le libertà individuali sancite dal diritto naturale
e dalle legge comune: imponendo oneri e imposte, arruolando e dando il diritto di
acquartierarsi all’esercito a spese dei cittadini, distruggendo il piccolo commercio
imponendo monopoli legali.
La tutela della proprietà avviene proponendo uno strumento che diverrà il simbolo
del secolo successivo: il contratto sociale. Attraverso il “Patto del Popolo” i
livellatori intendevano porre le basi per un ridimensionamento dello stato centrale.
La visione di uno stato limitato non è che una delle tante similitudini con il
pensiero lockiano, così come l’idea di uno stato frutto del consenso preventivo e
collettivo, nato non per limitare i diritti, ma per tutelarli.
Come ha affermato Emanuele Castrucci: “I diritti naturali, per Locke e a differenza
di Hobbes, non sono quindi oggetto di un rinuncia totale al momento del contratto
originario, ma continuano anche in seguito ad esso a sussistere come basi della
libertà, economica e politica del cittadino borghese138”. Del resto anche per Locke
il motivo per cui gli uomini si uniscono in stati e si assoggettano ad un governo è la
salvaguardia della loro libertà e proprietà.
Nel “Secondo trattato sul governo civile - Saggio concernente la vera origine,
l’estensione ed il fine del governo civile” Locke afferma: “essendo gli uomini tutti
naturalmente liberi, uguali e indipendenti, nessuno può essere rimosso da tale stato,
ed essere sottomesso al potere politico altrui senza il suo consenso. Consenso che
gli permetterà di accordarsi con gli altri uomini onde unirsi e mettersi in società,
per la loro conservazione, per la sicurezza reciproca, la tranquillità della vita, per il
pacifico godimento della loro proprietà privata e per essere maggiormente al riparo
dagli insulti di chi volesse nuocere e far loro del male” (VII, 95).
137
G. H. Sabine, Storia delle dottrine politiche (A History of Political Theory), Milano,
Hoepli, 1951, p. 392.
138
Emanuele Castrucci, Antologia di testi classici del pensiero giuridico-politico moderno,
Firenze, Firenze-Editing, 2006, p. 208.
77
Nell’apertura del testo di Richard Overton “An arrow against all tyrants”, si ha
subito un rimando a quelli che saranno i temi centrali del pensiero lockiano: “Ad
ogni individuo in natura è data naturalmente una individuale proprietà, che non può
essere invasa o usurpata da nessuno. Ciascuno in quanto individuo, ha una
proprietà individuale, altrimenti non sarebbe un individuo; per questo motivo
nessuno può pretendere di privare qualcuno senza che vi sia una manifesta
violazione e affronto ai principi naturali e alle leggi di equità e giustizia tra
uomini”.
Libertà e proprietà sono dunque temi cari ad entrambi; comparando il testo di
Overton con questo brano del “Secondo trattato sul governo civile. Saggio
concernente la vera origine, l’estensione ed il fine del governo civile” ecco come si
esprime Locke: “Benché la terra e tutte le creature inferiori siano comuni a tutti gli
uomini, ciascuno a tuttavia la proprietà della sua persona: su questa nessuno ha
diritto alcuno all’infuori di lui. Il lavoro del suo corpo e l’opera delle sue mani,
possiamo dire, sono propriamente suoi. Qualunque cosa dunque egli tolga dallo
stato in cui la natura la creata e lasciata, a essa incorpora il suo lavoro, e vi intesse
qualcosa che gli appartiene, e con ciò se l’appropria”.
Evidente appare il raffronto tra questa parte citata da Overton in “An arrow against
all tyrants” dove si specifica ancora questo concetto: “Per diritto di nascita tutti gli
uomini sono eguali e in quanto tali, hanno uguale diritto di proprietà, e alla libertà.
In quanto creati da Dio in questo mondo, ciascuno ha una naturale e innata libertà e
proprietà -infatti ciò è stato scritto nel cuore di ogni uomo mai sarà cancellato - e
finché saremo vivi, ognuno ugualmente gode di questo privilegio o suo diritto di
nascita e la stessa natura divina lo rende libero”.
In questo brano ripreso dell’opera lockiana, il “Secondo trattato sul governo civile.
Saggio concernente la vera origine, l’estensione ed il fine del governo civile”, ecco
come con parole diverse si afferma lo stesso pensiero: “Dio che ha dato la terra in
comune agli uomini, ha dato loro anche la ragione, onde se ne servissero nel modo
più vantaggioso per la vita e il benessere loro … E per quanto tutti i frutti che essa
naturalmente produce e gli animali che sostenta appartengano in comune
all’umanità, … pure dato che tutto ciò è inteso all’utilità degli uomini dev’esserci
di necessità un mezzo di appropriarselo in un modo o nell’altro, prima che possa
essere d’un qualche beneficio ad un singolo individuo”.
La corrispondenza appare evidente. Certo il testo di Overton non è elegante o
espressivo come quello di Locke, d’altronde avevano formazioni culturali molto
diverse. In entrambi i testi però si offre la giustificazione naturale della proprietà,
anteriore ad ogni tipo di convenzione sociale.
Come hanno affermato Alessandro Piazzi, Mauro Segatori e Mario Tronti
“certamente i Livellatori furono tra i primi a teorizzare un diritto naturale alla
proprietà, che sussiste a prescindere dalla società e che non implica più i
78
tradizionali doveri verso di essa dell’epoca medioevale: e in questo senso essi sono
pienamente i precursori della tradizione “whig” e di Locke”.139
139
AA.VV., Stato e rivoluzione in Inghilterra, Il Saggiatore, p.164.
79
L’autore
Giovanni Giorli, laureatosi in giurisprudenza nell’Università di Siena, è da
sempre uno studioso e appassionato del pensiero liberale.
L’istituto
Lo Switzerland Institute in Venice è un istituto sorto per iniziativa di Luigi
Marco Bassani, Carlo Lottieri e Daniele Velo Dalbrenta al fine di affrontare
– particolarmente in ambito accademico – i temi del diritto di secessione e
della concorrenza istituzionale, da un lato, e della libertà e della proprietà,
dall’altro.
L’obiettivo è promuovere e sostenere ricerche che favoriscano una crescente
legittimazione di quelle iniziative politiche che meglio possono favorire la
libertà d’impresa e l’autogoverno, traendo lezione anche dall’esperienza
storica della Svizzera. Il riferimento alla società elvetica nasce non solo
dall’intenzione di operare a cavallo tra il Ticino e il Veneto, ma anche
perché i promotori considerano la società svizzera un modello da imitare e
un’occasione di riflessione per l’intera Europa, e più specificamente per le
aree di lingua italiana.
Scopo dell’istituto è mostrare come quella svizzera sia una sorta di “utopia
realizzata”: un modello imperfetto, naturalmente, ma che può aiutare a
dirigersi nella giusta direzione.
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