origini della libertà moderna. Il movimento dei Livellatori
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origini della libertà moderna. Il movimento dei Livellatori
Quaderno n. 4 – Switzerland Institute Giovanni Giorli Alle origini della libertà moderna Il movimento dei Livellatori 1. Premessa. 2. Critica della visione storiografica tradizionale. 3. Contesto storico e cause della rivoluzione. 4. Il partito livellatore (Questione religiosa – I capi del partito – Il “Nuovo Modello” – L’occupazione di Londra, il patto del popolo e i dibattiti di Putney). 5. La seconda guerra civile e la “purga” di Pride. 6. L’epoca repubblicana e le nuove istanze di Lilburne (La repressione di Cromwell – La lotta per la libertà dell’Irlanda – Nuovo programma del partito livellatore e la versione definitiva del Patto del Popolo – I Diggers – Vittoria e fine del partito livellatore). 7. Analisi dei testi (England’s new chains discovered di John Lilburne – An arrow against all tyrants di Richard Overton). 8. Locke e i livellatori (La tolleranza – La proprietà). §1. Premessa L’idea che ha ispirato questa indagine è stata quella di riscoprire e rivalutare il pensiero di alcuni uomini, che fondarono e dettero vita al movimento livellatore, anticipando e probabilmente ispirando uno dei più grandi pensatori dell’epoca moderna: John Locke. Intorno alla metà del XVII secolo, il movimento livellatore inglese fu capace di raccogliere e di far sue le istanze di forze popolari fino ad allora rimaste anonime, traducendole in programmi e manifesti che circolarono ovunque. Essi furono capaci di riorganizzare un esercito di volontari epurando le scorie del passato e creando una forza militare di “uomini che mettono un po’ di coscienza in quel che fanno”, come ebbe a dire il Cromwell. Composto principalmente di popolani, questo esercito impiegava le forze di quegli stessi uomini che erano oberati quotidianamente da accise e dazi e che riuscivano a vivere sostanzialmente del loro lavoro nelle botteghe o nei campi. Tuttavia sarebbe da considerarsi erroneo concepire il movimento dei “Levellers” 1 come un’ala posta a sinistra del partito Indipendente; essi infatti, non furono mai teocratici come questi ultimi e non attribuirono mai allo Stato il compito di riconoscere e imporre un codice morale secondo una visione etica; ma anzi rivendicarono con forza il principio della tolleranza religiosa, riuscendo a concepire la piena separazione fra Chiesa e Stato. Si possono a ragione considerare come i primi inglesi a formulare l’idea di un partito politico organizzato laicamente e amministrato su basi democratiche. Un movimento che per molti aspetti fu innovatore e anticipatore, giacché s’impegnò in modo diretto nella lotta per la proclamazione di una repubblica laica. Il tramonto del partito livellatore può apparire assai sorprendente visto i toni accesi e l’entusiasmo che vide gli albori della sua nascita e dei suoi ideali, che si svilupparono nel quinquennio che va dal 1646-1650. Dopo questo breve momento, assistiamo infatti al suo progressivo affievolimento fino al 1653, anche se non senza qualche gagliarda impennata e il tentativo di riaffermare il movimento. Resta comunque l’idea di un partito, quello livellatore, che fu capace di parlare agli uomini comuni delle dure realtà della vita quotidiana. Esso si trovò ad affrontare una battaglia aperta e leale contro i prestiti usurari, le decime e tutti quei tributi imposti dal “signore del maniero”; ma con mezzi che si rivelarono purtroppo inadeguati agli intrighi della politica parlamentare. Una naturale diffidenza per la politica e per il governo impedì loro una posizione che poteva essere assai decisiva. Il solo obiettivo su cui basarono la loro lotta fu la limitazione del potere arbitrario e coercitivo dello Stato e la tutela dell’individuo in ogni sfera della sua vita, dalla fede alla proprietà. Occorre evidenziare la sotterranea continuità fra questo moto popolare e le esplosioni radicali della seconda metà del Settecento e degli inizi dell’Ottocento. Un filo conduttore lega saldamente i livellatori, non solo dal punto di vista ideologico e programmatico, ma soprattutto sociale, agli “Anti-Corn Law League”, ai “manchesteriani” e “i cartisti”, mentre per altra via il fermento di quegli anni si trasferiva in America, per rimbalzare più tardi in Europa turbando le classi governative di tutto il mondo. 2 §2. Critica della visione storiografica tradizionale La storiografia classica ottocentesca ignora il movimento livellatore. Nelle opere di J.R. Green, Short History, e di G.M. Trevelyan, England under the Stuarts, si nota come i due grandi autori classici che tanto hanno contribuito alla decodifica della storia inglese trattano in maniera sommaria e marginale il fenomeno livellatore, dedicandogli non più di tre o quattro righe o addirittura non menzionandolo affatto. Tale indifferenza appare sconcertante agli occhi attenti della storiografia attuale, che analizza non solo il fenomeno rivoluzionario fine a se stesso, ma tutti i movimenti, le spinte democratiche, le idee politiche e i suoi leader. È importante capire quali siano i motivi di tale insensibilità verso tale fenomeno. Nell’Ottocento la storiografia classica si era sostanzialmente biforcata in due visioni della rivoluzione, speculari e parallele al mondo politico dell’epoca. La maggioranza degli storici liberali si concentrò sull’analisi della Glorious Revolution del 1688, la cui “gloria” secondo loro consisteva non tanto nelle idee lasciate ai posteri o nelle conquiste pratiche, ma nel fatto che era stata compiuta senza spargimento di sangue, perfino senza ricorrere alla forza, ma facendo uso solo della minaccia coercitiva, come avvenne con l’intervento necessario dell’esercito guidato da George Monk, che portò alla restaurazione di un ordine politico più solido, restituendo i poteri al Parlamento. In questa lettura appare evidente lo sforzo di ricercare le origini del liberalismo politico. L’altro filone storiografico è rappresentato dal Carlyle e, più tardi, dal Firth, e si concentra sugli eroi, in una concezione diversa e non certo democratica, cercando di analizzare le glorie di Cromwell, dei generali del Nuovo Modello e del regno dei Santi.1 Questa storiografia “eroica” contrappone la figura dell’eroe, solo arbitro della bontà e della giustizia umana, al materialismo e all’ottimismo nascente dalla rivoluzione industriale. Ciò conduce a una lettura storica volta a ricercare le origini delle prime glorie imperiali e commerciali, tralasciando tutto il resto, anche se il Carlyle dedica una pagina alla virile morte dei livellatori, in omaggio sempre al culto degli eroi. Nell’insieme la storiografia classica si è per anni fermata su questi due binari: sul traguardo dei whig e di Cromwell. Tale lettura subì un mutamento, a poco a poco, con l’avvento di nuove forze politiche e sociali si analizzò una realtà che apparve da subito più profonda e molto più complessa. Il primo che sollevò il velo sulle correnti politiche di fondo dell’Interregno2 fu Eduard Bernstein, che riscattò dall’oblio i Levellers e i Diggers, 1 Santi o Eletti, si autoproclamavano i puritani e in particolare gli indipendenti di Cromwell e i più estremisti Settari. 2 Il periodo di vacanza della monarchia 1649-1660, o in senso più estensivo, di sostituzione 3 sintomo che le nuove idee politiche esigevano una lettura diversa e più approfondita della storia. Una lettura storica che si incentra su un’analisi “dal basso” che scruta un aspetto non solo politico, ma anche religioso e sociale. Così autori come C. Hill, e N.H. Brailsford, danno una lettura economica ma non solo, se è vero che la frattura si aprì in seno alla classe dominante, è vero anche che molti ricchi borghesi e aristocratici si schierarono dalla parte della barricata opposta ai loro interessi sociali. Tale visione si spinge oltre alla lettura per aree geografiche, cara agli storici liberali, che illustrano una divisione tra un’Inghilterra occidentale realista e un’Inghilterra orientale ribelle, senza soffermarsi sulle ragioni religiose ed economiche. Come dice il Brailsford: “la ripartizione territoriale ebbe un fondamento economico, l’Est mercantile scese in guerra contro il West feudale”. L’approccio seguito appare allora esaustivo, capace di considerare la forza e la debolezza del moto popolare-radicale di cui i livellatori rappresentano l’apice. A taluni potrà sembrare che tale analisi si concentri più sui moti “piccoli-borghesi”, ma del resto i contenuti sono propri di una classe emergente che chiede maggiore libertà e considerazione. Non sono gli eroi mitici di Carlyle, ma sono i suoi “parenti poveri” come li definisce Brailsford, che furono capaci di costituire un’organizzazione unitaria, nazionale ed armata, con esempi di rappresentanza diretta della base, il “primo soviet della storia” come lo definì Hill, rivendicando il ruolo della Gran Bretagna come anticipatrice del grande mutamento politico, religioso, economico-industriale che aprì le porte alla modernità3. In questa epoca pre-industriale il partito livellatore ebbe la capacità indiscussa di proiettare il suo pensiero oltre il periodo contingente, immaginando una società ipotetica ma non utopica. Come afferma Harold J. Laski, “l’ideale di Lilburne era probabilmente quello di una comunità di piccoli proprietari, con una religione libera e una assistenza generosa per il povero4”. della Corona ad opera del Lungo Parlamento e delle successive Camere di Commonwealth e del Protettorato cromwelliano (1642-1660). 3 Che prosegue: “Il fatto di essere figlio di un pastore, poi, non fu secondario nel suo interesse verso i puritani e per il ruolo delle sette nella ribellione contro la Chiesa di Stato, pilastro della Corona. Il mondo alla rovescia (uno dei saggi più famosi, pubblicato in Italia da Einaudi come la maggior parte delle sue opere) affondava le radici nell’eresia dei ceti inferiori che rifiutavano l’ idea di poter essere condannati per i propri peccati. Da ciò venne l’ insofferenza verso la proprietà e le distinzioni di rango o di merito: il clima culturale, insomma, che fece sentire «improvvisamente liberi» livellatori, zappatori, presbiteriani, dando vita a quella rivoluzione puritana i cui frutti si sarebbero visti due secoli dopo, con i progressi della democrazia politica e con il socialismo libertario dal quale Hill, con tutto il suo marxismo, non fu poi così lontano”, Cesare Medail, “Christopher Hill, marxista che amava i puritani”, Corriere della Sera, 26 febbraio 2003, p. 37. 4 Harold J. Laski, Le origini del liberalismo europeo, Firenze, La nuova Italia Firenze, 1936, p. 81. 4 5 §3. Contesto storico e cause della rivoluzione Le cause che portarono alla rivoluzione furono senza dubbio molteplici, ma occorre ricordare prima di tutto le ragioni economiche. Innumerevoli erano i carichi fiscali: la “imposta sulla flotta5” che estese l’onere del mantenimento della flotta a tutto il regno, i prestiti forzosi, concessione di monopoli a favoriti e alti dignitari, le antiquate esazioni feudali a carico dei proprietari di grandi foreste o di possessori di fondi in tenuta militare6. Se le ragioni economiche non furono le sole cause della rivoluzione, la politica di estremo fiscalismo attuata da Carlo I durante il decennio di governo personale, generò un malessere profondo nella società, caratterizzata da un livello di corruzione inaudito. Al fiscalismo estremo seppe rispondere talvolta il Parlamento come nel 1627 che convocato per approvare l’ennesima tassa a sostegno delle crescenti spese militari, rifiutò ogni tipo di sussidio: al contrario, due membri del Parlamento proposero una Petizione dei diritti7. Secondo Brailsford “tutto o quasi tutto era in vendita”: dalla nomina a Pari d’Inghilterra ad una laurea di dottore in teologia a Cambridge. In questo periodo William Lenthall, lo speaker del Lungo Parlamento, fu accusato di corruzione con prove schiaccianti. Ricondurre però a motivi squisitamente economici le cause della rivoluzione non appare corretto. Le lagnanze economiche allentarono certo il vincolo di fedeltà al sovrano, ma a molti di questi abusi Carlo I aveva messo riparo nel periodo fra la convocazione del Parlamento Lungo nel 1640 e lo scoppio delle ostilità nel 1642. Si potrebbe 5 Cd. “Ship Money”, del 1635, un’imposta che dovevano pagare tutti i porti per provvedere al mantenimento delle navi da guerra: il re decise che la tassa doveva esser pagata da tutte le città, anche quelle all’interno del paese. La resistenza fu fierissima e provocò un famoso processo durante il quale alcuni avvocati giunsero a parlare per interi giorni. Alla fine i giudici dettero ragione a Carlo I perché la flotta era necessaria per difendere il commercio dai pirati, ma gli oppositori ebbero una tribuna eccezionale per mostrare il loro dissenso. 6 Fu attuata una revisione dei titoli di proprietà in tenuta militare cd. “Knight’s service” onde riscuotere maggiorati canoni monetari in cui le prestazioni personali originarie erano state commutate, o per richiedere forniture di uomini, armi, cavalli ecc., in: N.H. Brailsford, I Livellatori e la rivoluzione inglese, Milano, Il Saggiatore, 1962, volume primo, pp. 50-51. 7 La cosiddetta Petition of rights (“petizione dei diritti”), documento redatto nel 1628 ad opera del Parlamento inglese e indirizzato al re Carlo I, cui era chiesto il riconoscimento di diritti quali l’inviolabilità personale e la necessità del consenso parlamentare per le imposizioni fiscali. Costituisce il primo tentativo di limitare costituzionalmente i poteri della Corona inglese e va inquadrata nella lotta tra il re e il Parlamento, che si era ribellato alla tassazione forzata (1626-27) decisa dal sovrano per finanziare la guerra con la Francia in difesa degli ugonotti assediati alla Rochelle dalle truppe francesi di Richelieu. La Petition of rights fu accettata, ma quando (1629) i comuni vi fecero appello contro le rinnovate pressioni fiscali di Carlo I, questi sciolse il Parlamento. 6 inquadrare il conflitto in una rivolta contro il potere arbitrario della monarchia, una rivolta contro la tirannia, e del resto è questo che affermano i pamphlet e i dibattiti dell’epoca. Si tratterebbe, insomma, di una sollevazione contro il Re e il suo “malvagio disegno di erigere e mantenere a sé il potere illimitato e tirannico di governare di suo arbitrio, e sopprimere i diritti e le libertà del popolo”. Tale lettura appare però insoddisfacente. È vero che l’ala puritana nutriva per Carlo I un risentimento profondo, ma inquadrarlo come autocrate è un grave errore. Succeduto a Giacomo I nel 1625, questi era un intellettuale ancor più raffinato del padre e ben presto la sua corte fu frequentata da artisti, poeti, musicisti. Non brillava per doti fisiche e come oratore balbettava. Introverso ed altezzoso, non possedeva magnetismo, né il dono di ispirare e trascinare. Rispetto a come operava al tempo dei suoi predecessori, la Camera Stellata8 non operò molto diversamente. Tutto sommato Carlo I non fu più “arbitrario” di altri monarchi inglesi, né dei successivi regimi puritani. Gli storici moderni come il Brailsford hanno notevolmente ridimensionato le accuse whig di dispotismo e di malgoverno. Un altro motivo che occorre menzionare è la questione religiosa, in relazione sopratutto alla figura dell’arcivescovo Laud. Carlo I era un anglicano convinto che non tollerava attacchi contro il Prayer Book e l’organizzazione ecclesiastica anglicana. Soprattutto non amava i puritani che rivelavano un crescente malanimo nei confronti della monarchia. L’opposizione parlamentare cominciò a prendere di mira William Laud, arcivescovo di Canterbury e guida della più radicale opposizione ai puritani. A loro volta, i puritani lo accusavano insieme al Re di essere segretamente cattolico. Secondo il Brailsford la figura di Laud fu eccessivamente strumentalizzata dal parlamento, egli dovette battersi contro i vescovi pronti ad affittare a congiunti per somme irrisorie beni della Chiesa, o contro i vicari che si servirono delle chiese per ricoverarvi il bestiame. L’Arcivescovo, insieme a Thomas Wentworth, furono oggetto di un attacco spropositato rispetto al loro operato. È vero che aborrivano ogni forma in senso democratico, questo perché erano e rimasero servitori del re, governando e riformando dall’alto, rimanendo all’oscuro dei moti dell’opinione pubblica. Carlo I continuò a negare che le questioni religiose fossero di pertinenza del Parlamento. Il Parlamento replicò negando al Re la concessione anche delle tasse ordinarie fin tanto che non avesse accettato di discutere la politica religiosa. Questi fatti furono senza dubbio la miccia della rottura: Carlo I decise di chiudere il 8 Star Chamber (1487-1641). Tribunale regio inglese istituito nel 1487 con il compito di sorvegliare gli sceriffi, reprimere le rivolte e in particolare giudicare i casi a sfondo politico che il governo riteneva opportuno sottrarre alla giurisdizione delle magistrature ordinarie. Fu soppressa nel 1641 dal Parlamento Lungo. Sotto il regno di Carlo I non cessò di operare contro gli avversari politici della monarchia, soprattutto contro i puritani, con pene crudeli, vendicative e ammende rovinose. 7 Parlamento. Quando lo Speaker annunciò la decisione del re e tentò di lasciare l’assemblea, fu afferrato e rimesso al suo posto. Un deputato chiuse a chiave le porte della sala e dette inizio a una drammatica seduta nel corso della quale furono messe sotto accusa la politica finanziaria e religiosa del sovrano cui seguì la condanna morale di tutti coloro che erano decisi a favorirla. Alcuni oppositori del re come il deputato Elliot furono imprigionati. Gli altri parlamentari andarono a casa e il Parlamento non fu più convocato per i successivi undici anni. Dal 1629 al 1640 Carlo I regnò senza il Parlamento. Contrariamente a quanto si possa pensare, furono anni di crescente di crescita economica e di prosperità, perché il Regno Unito non partecipò in alcun modo al conflitto. Anche volendo, il sovrano non poteva prendere decisioni che comportassero spese, poiché solo il Parlamento poteva votare e autorizzare i relativi finanziamenti a sostegno d’impegni militari. Carlo I dovette affidarsi ad una politica di rigore, potendo contare solo sul suo patrimonio e sulla vendita di patenti di nobiltà, che in quel periodo furono inflazionate, accrescendo la decadenza dell’antica nobiltà (le cui rendite fondiarie diminuivano). In questo periodo si ebbe l’ascesa di una nuova nobiltà che proveniva dalla borghesia della City di Londra, il gran centro finanziario e commerciale che aumentava di anno in anno il suo giro d’affari. In questa situazione continuava l’opera moralizzatrice dell’arcivescovo Laud, convinto che Dio avrebbe punito la nazione per ogni tolleranza della bestemmia, dell’eresia e dello scisma da parte del governo. Quando nel 1637 l’arcivescovo Laud, il vescovo Juxon e i membri laici della Camera Stellata, costrinsero la folla londinese ad assistere alla mutilazione per taglio delle orecchie dei militanti presbiteriani, non fecero altro che fomentare il risentimento sempre più crescente. Come afferma il Brailsford, gli inglesi erano abituati alla vista della crudeltà e dell’efferatezza: in qualunque giorno dell’anno era possibile assistere a un’impiccagione di massa o assistere ai roghi. Versare il sangue dei “Santi di Dio”, come si chiamavano i puritani, era un’altra faccenda. Brailsford indica un documento di enorme rilievo, redatto da un sacerdote realista: la “Persecitio Undecima9”. In tale testo si ammette la follia di tali pene selvagge e aggiunge: “I londinesi, ne erano indignati a tal punto che un ministro di culto non poteva circolare senza che la sua veste suscitasse il grido ‹‹Prete di Baal››”. Appare ovvio, che per i puritani e per il loro esercito, la giustificazione ultima e sufficiente dei dieci anni di conflitto fu che essi lottarono per la libertà di coscienza. Il clima di guerra fu creato molto prima della convocazione del Lungo Parlamento. Gli Scozzesi lo fomentarono, mobilitando l’esercito contro l’imposizione dei vescovi del Libro di Preghiera10, e superando in armi il confine. La rivolta si estese a tutta 9 Anonimo, Persecitio Undecima, 1648. Book of Common Prayer, o semplicemente Prayer Book, della liturgia anglicana. La dichiarazione di ostilità da parte puritana nei confronti del testo, riguardava si aspetti di 10 8 la Scozia, si costituì un esercito agli ordini di Alexander Leslie. Annunciando a Carlo I, che se avesse insistito a costringere gli Scozzesi presbiteriani ad adottare il Prayer Book, gli sarebbero occorsi almeno 40.000 soldati. Il re si decise per la lotta. Nell’aprile 1640 il re fu costretto a convocare il Parlamento per avere i fondi necessari alla repressione in armi della rivolta scozzese. Una volta riunito il Parlamento apparve subito chiara la forte opposizione a Carlo I, incarnata sopratutto nella figura di John Pym, che convinse i parlamentari a non offrire al re i fondi necessari alla guerra in Scozia, prima che tutte le vecchie richieste del Parlamento fossero state accolte. Messo alle strette, Carlo I decise di sciogliere il Parlamento e offrì ai rivoltosi scozzesi una forte somma di denaro per convincerli a non invadere l’Inghilterra. Nel novembre 1640, ormai all’angolo, il re si piegò a riconvocare il Parlamento Lungo, così chiamato perché rimase in carica, fino al 1653. Appena riconvocato il Parlamento sotto la guida sapientemente scaltra di Pym ignorò la questione scozzese11, occupandosi invece dell’arcivescovo William Laud e di Wentworth, I conte di Strafford, inviso al Parlamento perché ritenuto l’artefice del fallimento della Petizione dei diritti del 1629. Il Conte si era “distinto” come governatore dell’Irlanda, dove aveva operato con mano di ferro, procurando all’isola uno dei rari periodi di tranquillità del XVII secolo. Inoltre aveva suggerito il richiamo di un esercito dall’Irlanda per schiacciare gli scozzesi, o come molti puritani sospettarono degli stessi inglesi. E proprio intorno a tale allusione Pym decise di agire instaurando un processo nei confronti di Strafford. L’intero processo, si ridusse, poiché non c’erano prove a carico del favorito di Carlo I, all’interpretazione di una frase pronunciata dallo stesso che avrebbe detto di avere un esercito irlandese in grado di conquistare “questo regno”. I Lord erano chiamati a fungere da giudici e nel corso del processo lo Strafford sostenne che con la frase “questo regno” intendeva la Scozia, mentre Pym sosteneva che significava l’Inghilterra. Pym arrivò a far votare un Bill of Atteinder, una legge in forza della quale non occorrevano prove, ma una semplice dichiarazione di tradimento nei confronti di un imputato da parte del Parlamento. La minaccia di un intervento dell’esercito contro il Parlamento fece schierare contro il re, i giudici e i parlamentari. Il Re dovette cedere e nel maggio 1641 il Conte Strafford fu decapitato, dopo aver ricevuto la benedizione del Laud finito poi anch’egli in carcere12. ordine cerimoniale, giudicate troppo vicine al cattolicesimo, sia di ordine “organizzativo”, criticando la struttura episcopale che si poneva in netta contrapposizione con la visione calvinista e presbiteriana. 11 Gli storici sono concordi nell’affermare che vi furono forti contatti o trattative segrete tra i rivoltosi scozzesi e lo stesso Pym. 12 Nel gennaio 1645 il Prayer Book fu sostituito da un Direttorio del culto e l’arcivescovo Laud fu condannato a morte. 9 Il Parlamento si concentrò sul ridimensionamento dei poteri regali, votando una serie di leggi, tra le quali il Triennial Act, con cui si imponeva la convocazione del Parlamento ogni tre anni anche senza il consenso del re, e dell’“imposta sulla flotta” anche le altre tasse ritenute illegali furono cancellate; la Camera Stellata così come il Consiglio del Nord13 furono aboliti. Apparve subito evidente che il governo effettivo del paese passava dalle mani del re a quelle del Parlamento. Si può quindi affermare che se non vi fu un motivo, ma una serie di cause che fecero aumentare la tensione ad un livello altissimo, e certamente si può notare che la questione religiosa fu la miccia del conflitto. Ben presto due classi e due Chiese si fronteggiarono: la nobiltà e la gentry14 episcopaliana de un lato, e la gentry e i mercanti presbiteriani dall’altro. In ognuno dei due schieramenti, la religione era il fatto dominante della vita sociale e politica. Brailsford sostiene a ragione che la Riforma protestante culminò nella Guerra Civile e nel breve regno di Oliver Cromwell. Dopo la Restaurazione, la religione come potenza politica decadde rapidamente, per sopravvivere in una dimensione esclusivamente soggettiva nella vita dei singoli. Nel periodo cromweliano, come sotto Carlo I, l’Inghilterra rimase una teocrazia, il Lord Protettore così come il re era convinto del proprio diritto divino al governo. Questa sicurezza era data non da un diritto ereditario e consacrato come quello reale, ma da una visione di “favore divino” che aveva concesso ai Santi la vittoria, attribuendogli una sovranità divina. Carlo I giunto alla prova delle armi a Edgehill nell’ottobre 1642 , poté contare su buona metà della classe dirigente inglese. Quello che occorre spiegare non è solo una grande rivolta, ma una frattura in seno a questa classe. Fino alla vigilia della guerra civile, gli appartenenti alla gentry consideravano la fedeltà alla Corona come una delle qualità intrinseche del gentiluomo, attributi ereditati insieme alla spada, il blasone e le terre di famiglia. Brailsford riferisce che Edward, (in seguito divenuto Conte di Clarendon15) poco prima dello scoppio della guerra, si meravigliasse di trovare un’eccezione a questa regola. Conversando con Henry 13 In precedenza tale organo era sotto la direzione di Wentworth, I conte di Strafford, insieme alla Camera Stellata erano organi che facevano parte del Consiglio Privato, che costituivano un sistema complesso di ispezione, controllo e repressione politico-religiosa, anche se come accennato secondo alcuni storici tali abusi furono enfatizzati dalla propaganda whig. 14 La gentry era tradizionalmente la piccola nobiltà; nelle città essa sfumava nel ceto medio borghese, nelle campagne una parte dei gentiluomini assorbiva la nuova concezione mercantile e capitalistica della “buona agricoltura”. Sostanzialmente i gentlemen, erano piccoli e grandi proprietari terrieri, una classe sociale che si collocava tra l’aristocrazia e la borghesia. 15 Fu artefice della Restaurazione di Carlo II Stuart, e dell’emanazione del Codice di Clarendon (Clarendon Code), una serie di leggi che avevano l’obiettivo di proteggere da tendenze eversive la chiesa anglicana. 10 Marten, che in seguito comandò un reggimento di cavalleria della New Model e si schierò con i livellatori, gli sentì dire, su Carlo I: “Non ritengo che un uomo solo sia abbastanza saggio per governarci tutti”. Hyde scandalizzato commentò: “Strana idea in testa ad un gentiluomo che possiede una fortuna immensa e gode di largo credito nella sua contea!”. In questa breve analisi delle vicende storiche e delle cause, appare evidente il fallimento nel trovare un aspetto caratterizzante del conflitto, che non può essere definito né prettamente sociale o di classe, né squisitamente religioso, né esclusivamente geografico. Una contrapposizione tra individui, con schieramenti trasversali, fortemente e religiosamente motivati, e quando i “prescelti di Dio” vinsero, bagnarono con il sangue reale la loro sfida. 11 §4. Il partito livellatore Intorno al 1646, entrano in scena come gruppo indipendente i Levellers, i livellatori. La storia aveva già conosciuto rivolte contadine, ma in questo caso possiamo parlare di un nuovo tipo di movimento rivoluzionario, organizzato come partito moderno a base democratica che poggiava sul ceto medio e piccolo di artigiani e contadini. Come dice Lilburne: “le suole chiodate, gli scarponi sudici, gli uomini di truppa, i grembiuli di cuoio e di lana, il popolo industre e laborioso d’Inghilterra” costituirono l’humus sociale in cui penetrò l’idea livellatrice, al partito aderirono la maggioranza dei soldati nell’esercito del New Model, e un buon numero di ufficiali subalterni. Il numero delle adesioni aumentò anche grazie all’efficace propaganda, tesa ad esaltare il mito storico della “democrazia anglosassone” realizzata sotto i regni di Alfredo il Grande e di Edoardo il Confessore. Quest’uso della storia era volto alla distruzione del regime feudale esaltando la coscienza nazionalistica inglese, e facendo apparire i nobili e i gentiluomini che si opponevano alla rivoluzione come difensori di un sistema di privilegi acquisiti dalla conquista normanna. Per i livellatori termini come “libertà parlamentari” o “antiche leggi d’Inghilterra” non avevano alcun significato, aggredendo quello che era il sistema vigente che riponeva la sovranità nella triade “Re, Lord e Comuni”, affermando che tre autorità non possono essere contemporaneamente detentrici della sovranità, arrivando ad affermare che la sovranità risiede tutta e soltanto nel popolo. Lilburne capì da subito che il Parlamento Lungo era un’arma nelle mani delle classi dominanti16, propugnando il suffragio universale maschile, ritenendo che tutti gli uomini fossero uguali e che perciò, sul piano politico, ognuno, ricco o povero, avesse diritto di voto. Un progetto che fu messo in chiaro con il primo abbozzo di costituzione redatta dai livellatori, il Patto del Popolo. Osservandolo possiamo capire la portata della riforma propugnata, con una concezione democratica piena, che partiva dalla parrocchia, fino ad arrivare all’elezione dei magistrati locali, degli sceriffi e ai comandanti di reggimento delle milizie civiche. Viceversa, Cromwell era un rivoluzionario sul piano delle idee religiose, ma non lo era certo sul piano sociale, ed era un convinto sostenitore del suffragio censitario, attribuendo il voto e il governo del paese solo ai proprietari terrieri, che contribuivano con le tasse, al mantenimento dello Stato. I Livellatori proposero anche un’umanizzazione del diritto penale vigente, cioè l’abolizione dell’imprigionamento per debiti, limitare la pena di morte ai reati più gravi. Si fecero portavoce delle istanze contadine, richiedendo una riforma agraria, 16 Sulla questione della guerra civile in rapporto alle fratture di classe nella società inglese si veda: C. Hill, The English Revolution 1640, 1949, capitolo primo. 12 in una logica politica volta a tramutare in cittadini indipendenti i coltivatori del suolo, mediante il libero possesso della terra coltivata. E proprio su questo tema Edward Hyde, I conte di Clarendon afferma che lo scontro si manifestava tra i due schieramenti, il Parlamento e la Corona, soprattutto nell’ingordigia verso le proprietà degli avversari. Sotto la guida dei livellatori vi fu un terzo pretendente, la classe dei contadini coltivatori diretti che dalla rivoluzione non guadagnò niente17. Difatti il nome del partito deriva proprio dalle loro azioni nelle campagne, dalle rivolte di contadini insorti a “livellare” le siepi erette per trasformare in campi comuni. La loro azione non passò solo dalle campagne. I livellatori inondarono il parlamento di petizioni, e quando capirono la loro inutilità, cambiarono strategia, orientandosi verso la conquista dell’esercito, se necessario anche con l’ammutinamento. Se avessero vinto, avrebbero imposto lo scioglimento delle Camere e nuove elezioni politiche sulla base del suffragio maschile, iscrivendo nel loro programma due capisaldi: l’emancipazione dei contadini dalle servitù gravanti sul possesso della terra e la tolleranza religiosa, che fu da subito uno dei cardini del loro programma. L’ultima speranza di vittoria svanì nel 1651 con la conclusiva vittoria di Cromwell a Worcester. Da allora il sogno rivoluzionario si tramutò in una corsa da parte dei vittoriosi, alle terre migliori. Anche Cromwell che da giovane si era battuto contro l’ingordigia della grande aristocrazia e della grande proprietà fondiaria, rispolverò i principi di “Libertà e Proprietà”, e quando Lilburne tornò dall’esilio nel 1653 e propose la riforma agraria, Cromwell lo fece arrestare. Secondo Brailsford la rivoluzione inglese fu una rivoluzione borghese, proprio come quella francese, ma a differenza di questa, “non seppe o non volle fare ciò che fece la sua controparte in Francia: non diede la terra a chi la lavorava 18”. A differenza di quanto si possa pensare, i livellatori e il movimento alla loro sinistra, i Diggers19, furono qualcosa di più che pochi pensatori visionari. Certo furono una minoranza, come del resto lo erano i cromweliani, ma erano capaci di mobilitare e organizzare una massa considerevole della popolazione20. Anche lo stesso Cromwell, dopo la scomparsa del partito, non li trattò mai come una minoranza 17 Sulle proposte agrarie nell’interregno, e gli spostamenti di proprietà terriere durante la rivoluzione, si veda il saggio di: C. Hill, “The Agrarian Legislation of the Interregnum”, in: Puritanism and Revolution, Londra, Secker & Warburg, 1958. 18 N.H. Brailsford, I Livellatori e la rivoluzione inglese, Milano, Il Saggiatore, 1962, volume primo, p. 46. 19 Gli Zappatori, poiché erano gruppi dediti a coltivare in comune le terre, secondo principi comunitari. 20 Infatti “nel 1649 avevano raccolto 100.000 firme a Londra e dintorni, e in un epoca in cui la popolazione della capitale si aggirava, compresi i sobborghi, sulle 450.000 anime, fu un successo considerevole”, in: N.H. Brailsford, I Livellatori e la rivoluzione inglese, Milano, Il Saggiatore, 1962, volume primo, p. 46. 13 trascurabile, ma anzi li definì “piuttosto numerosi”. Per apprezzare meglio tale organizzazione occorre rendersi conto che la maggioranza della popolazione inglese era formata da analfabeti politici, che avevano subito da spettatori la Guerra Civile soprattutto nelle contee più lontane: i volontari ansiosi di combattere furono, da entrambe le parti, una minoranza esigua. Anche Hobbes arriva ad affermare con disprezzo: “Erano ben pochi, fra il popolo comune, quelli che si appassionavano all’una o all’altra causa; ma si sarebbero schierati con chiunque, o per il denaro, o in vista di saccheggi21”. In questo contesto un terzo partito che sapesse parlare agli uomini comuni, tramutando in riforme le loro esigenze: dalle decime, le esazioni dell’aristocrazia, i prestiti usurari, abolizione della pena di morte per i piccoli furti, l’emancipazione dei cattolici, il riconoscimento del Libero Stato d’Irlanda22. Prima doveva conquistare il diritto di voto per dar voce a questa massa silenziosa. Gli storici ottocenteschi liquidano con troppa facilità l’opera rivoluzionaria del partito livellatore. Per loro l’elenco delle riforme proposto da Lilburne in pochi mesi era un programma “per tre secoli”, una lettura in senso evoluzionistico ormai inaccettabile. La fine della repubblica cromweliana avvenne nel peggiore dei modi, gli uomini che da capitano, Cromwell aveva reclutato nel suo plotone di cavalleria perché “mettessero un po’ di coscienza in quello che facevano” non erano più gli stessi, quando furono elevati a Pari d’Inghilterra, non si fecero scrupoli a divenire una casta dominante. Come ha scritto Thomas Babington, primo Barone Macaulay: “Il regno dei Santi fu sostituito dal regno delle sgualdrine23” e quando il governo divenne intollerabile, nessuno ebbe la coscienza civile di ribellarsi a questa nuova tirannide ben peggiore di quella di Carlo I, per liberare Londra accorse un esercito olandese. La tragedia non fu tanto la sconfitta del partito livellatore, e la vittoria di Cromwell, quanto che nessuno raccolse la sfida riformista e libertaria. Una volta piegati, incapaci di combattere sia con la penna che con la spada, gli uomini che avevano lottato per una repubblica vera, cercarono nella fede il rifugio, sopratutto nella “Società degli Amici24”, lo stesso John Lilburne. La storiografia ottocentesca esaltò la figura di Cromwell, inebriata dalle conquiste e dal sogno di dominio sul mondo, ma adesso che i valori sono cambiati, possiamo osservare ciò che avvenne da una luce diversa. Allora ci accorgiamo che l’uomo che dominò l’Inghilterra per 21 Thomas Hobbes, Behemoth , p. 2. Nella “primavera del 1649 affermarono pubblicamente, che l’Inghilterra non aveva il diritto di rubare le terre e sopprimere la religione del popolo irlandese in: N.H. Brailsford, I Livellatori e la rivoluzione inglese, Milano, Il Saggiatore, 1962, vol. I, p. 46. 23 Thomas Babington, History of England from the accession of James II (Storia d’Inghilterra dal regno di Giacomo II). 24 Conosciuta con l’appellativo dispregiativo quaccherismo, dall’inglese arcaico “Quacksalver”. 22 14 un decennio, non la lasciò né migliore, né più felice di come l’aveva trovata. E anche se a parole caldeggiava riforme “Vi sono leggi perverse e abominevoli che sarà in vostro potere di alterare. Che si impicchi un uomo per sei soldi, tre soldi, non so che...è cosa della quale Iddio chiederà ragione25”, non fu capace nemmeno di attuare quella che era la riforma più semplice, quella dell’abolizione della pena di morte per i reati minori. E’ ironico pensare che avvicinandosi alla morte Cromwell riconobbe almeno due motivi di conforto, la colonizzazione dell’Irlanda, e la creazione di una chiesa puritana stabilita. La chiesa puritana crollò con il ritorno degli Stuart, l’Irlanda fu un dramma che per secoli che coinvolse vinti e vincitori. Il bilancio finale dei Levellers può sembrare solo in apparenza di sconfitta, le loro idee e i loro valori furono custoditi gelosamente dal popolo anglosassone, che le esportò prima nel nuovo mondo, salvo poi ricomparire in Europa quattordici anni dopo. 4.1 Questione religiosa Come già accennato il puritanesimo nacque all’interno della stessa chiesa anglicana con l’intento di riformare la Chiesa d’Inghilterra secondo il modello calvinista. I puritani predicavano in particolare la necessità di svincolare la chiesa dal potere politico e rifiutavano la struttura gerarchica implicita nell’organizzazione episcopale, contrapponendole un sistema di tipo presbiteriano, dove l’autorità suprema era esercitata dal gruppo degli “anziani” eletti direttamente dai fedeli. La concezione puritana trovava il suo fondamento nella dottrina calvinista, che come afferma Richard H. Tawney: “Fu una forza attiva e radicale. Fu una fede che non mirava solo a purificare l’individuo, ma a ricostruire chiesa e stato, e a rinnovare la società estendendo l’influenza della religione ad ogni settore della vita umana e privata26”. Il calvinismo si pone come rivoluzione anche sociale, interessando anche gli aspetti della civiltà commerciale, senza abbandonare l’idea di una religione moralizzatrice della vita economica, mutando anche la visione della ricchezza non più nemica della virtù cristiana, ma semplice strumento umano, punendone così solo l’eventuale cattivo uso. Al rigore religioso e morale corrispose presto un radicalismo politico che si espresse nella ferma opposizione ai cattolici Stuart. Dopo l’esilio ai tempi di Maria Tudor, anch’essa cattolica, i puritani inglesi, contrari all’assetto episcopale e alla supremazia dei sovrani sulla chiesa, vennero duramente attaccati dalla stessa 25 N.H. Brailsford, I Livellatori e la rivoluzione inglese, Milano, Il Saggiatore, 1962, p. 274. 26 R. H. Tawney, La religione e la genesi del capitalismo, Milano, Feltrinelli, 1967, p. 97. 15 Elisabetta I, che aveva imposto nel 1559 “l’Atto di supremazia27”. Le tensioni mai sopite riaffiorarono con vigore nella guerra civile inglese che vide fronteggiarsi con le armi in pugno due schieramenti: il partito del re, sostenitore di una chiesa anglicana, e l’opposizione parlamentare dall’altra fautrice di una riforma puritana. Questo acceso scontro sulla fede non deve scandalizzare l’uomo moderno, del resto la religione svolgeva nel ‘600 un ruolo centrale nella vita umana alla chiesa era affidata l’educazione dei bambini, nei villaggi il sermone del parroco costituiva la fonte più importante sui fatti e sui problemi del momento, la parrocchia era inoltre al centro della vita politica locale, e non è sbagliato paragonare il controllo della chiesa, ad un servizio di propaganda e di controllo della verità. Come dice Thomas Carlyle, la regina Elisabetta, “dava il là ai pulpiti come gli uomini di governo danno oggi il là ai giornali del mattino28”. Brailsford ha detto che: “Le guerre nel ‘600 si combattevano per assicurarsi il monopolio del pulpito29”. Alla vittoria parlamentare seguì l’abolizione dell’episcopato e del Prayer book, contestualmente con l’Assemblea di Westminster, iniziarono i lavori per la riforma in senso presbiteriano della chiesa, ma l’ostilità degli indipendenti o congregazionalisti, contrari e diffidenti a ogni chiesa di stato e sostenitori di una totale autonomia delle comunità cristiane, impedì che si costituisse un organismo puritano stabile. Come ha affermato Harold J. Laski: “Non possiamo ricordare abbastanza spesso che dovunque il Puritano incontrasse lo Stato, esso era per lui non solo uno strumento di repressione, ma anche uno strumento di repressione che voleva distruggere i santi di Dio … Per loro, lo Stato significava prigione, confisca dei beni, povertà per loro e i loro dipendenti” lo Stato tollerante era per loro “quello Stato che lasciava la verità libera di essere creduta; inoltre, realizzare quello Stato significava conquistare una vittoria per Dio; lottare, perciò, contro la sua onnipotenza, costruire una filosofia che ne limitasse il potere, era mezzo per giungere a qualcosa di più che un beneficio economico; diventava un sacro dovere. Questa è la ragione fondamentale per cui, tanto in Inghilterra quanto in Francia, la teoria di uno Stato liberale fu così diffusamente accettata dai dissenzienti30”. 27 Che imponeva un giuramento ai pubblici ufficiali riconoscendo il controllo del sovrano sopra la Chiesa pena severe punizioni. Il sovrano assunse su di sé la carica di “Supremo Governatore della Chiesa d’Inghilterra”. A tale atto seguì una forte resistenza di tanti vescovi che si opposero alla chiesa di stato elisabettiana e furono rimossi e rimpiazzati da nuovi incaricati sottomessi alla supremazia della regina. 28 AA. VV., Saggi sulla rivoluzione inglese del 1640, p. 23-24 29 N.H. Brailsford, I livellatori e la rivoluzione inglese, Milano, Il Saggiatore, 1962, vol. I , p. 58. 30 Harold J. Laski, Le origini del liberalismo europeo, Firenze, La nuova Italia Firenze, 1936, p. 65. 16 Il Puritanesimo del ‘600 sviluppò ben presto una matrice di stampo individualistico per motivi molteplici tra cui il fatto che fosse la religione di una minoranza contribuì non poco, la visione di uno Stato nemico dell’individuo e persecutorio, fece sviluppare l’idea che l’uomo può contare solo su se stesso. In questo periodo nasce con il costituzionalismo inglese l’idea liberale di uno Stato “limitato”, e si opera sotto due profili: stabilire delle norme per guidare l’autorità e cercare di trasmettere l’idea che tali norme siano poste a protezione del cittadino. L’obiettivo dei rivoluzionari guidati da Cromwell era quello di limitare il dispotismo del sovrano, sottraendogli il controllo sull’esercito e quello sulla finanza. A tal proposito Laski afferma che: “I puritani avevano una passione per il governo democratico; il governo costituzionale che sorse non fu neppure un’espressione del loro desiderio di lasciar definire dal consenso popolare le finalità del governo. Nel Puritanesimo vi sono degli elementi democratici, e l’idea del consenso popolare come base dello Stato occupa un posto importante nella teoria politica puritana … gli uomini che fecero la rivoluzione del ‘600 stavano cercando vie per limitare l’opera dell’autorità, onde conseguire la sicurezza della persona e della proprietà31”. Il liberalismo nascente dall’esperienza inglese anche se non si realizzò mai a pieno, introdusse elementi di forte modernità come l’Habeas Corpus, i parlamenti triennali, la libertà religiosa, la soppressione del controllo governativo sulla stampa, un potere giudiziario indipendente da quello esecutivo, un esercito sotto il controllo del parlamento. Un sistema che tutelava la libertà e la proprietà non solo dalle istanze dello Stato, ma anche da quelle della chiesa. Occorre notare che anche se tutte le correnti del partito puritano erano unite contro il potere dispotico del sovrano, contro una chiesa di stato, e contro i monopoli, vi era una profonda divergenza sulle finalità della rivoluzione. L’idea di stato di Cromwell era profondamente diversa da quella di Lilburne che a sua volta concepiva idee radicalmente opposte a quelle di Gerard Winstanley, il che denota l’omogeneità sociale e culturale del partito puritano. Con la restaurazione di Carlo II avvenne il ripristino dell’episcopalismo anglicano, bisogna notare che l’Inghilterra uscì profondamente mutata nel suo assetto, politico-religioso, divenne uno Stato dove la libertà civile si legò profondamente a quella religiosa, dove il parlamento si trova al centro dello Stato. 4.2 I leader del partito livellatore Per comprendere quello che fu il movimento livellatore, occorre osservare con 31 Harold J. Laski, Le origini del liberalismo europeo, Firenze, La nuova Italia Firenze, 1936, p. 77. 17 attenzione i leader che ne dettarono le gesta, i pionieri del partito: Richard Overton, William Walwyn e ovviamente John Lilburne. Iniziando la nostra analisi da Overton, possiamo dire che della sua giovinezza sappiamo ben poco: apparteneva alla congregazione di profughi inglesi stabiliti ad Amsterdam prima che fossero incoraggiati al rimpatrio dall’apertura del Lungo Parlamento. In origine brownisti essi avevano aderito all’anabattismo stringendo rapporti con la comunità di mennoniti olandesi con tendenze arminiane e pacifiste. In un documento redatto in latino Overton, riassume il credo della loro chiesa, adottandolo, facendo ammenda dei suoi peccati e chiedendo di entrare a far parte della comunità. Probabilmente aveva ricevuto una buona educazione classica, anche se ignoriamo se in Inghilterra o in Olanda. Inoltre sembra che abbia trascorso un certo periodo in Germania, di professione tipografo, con il passare degli anni, Overton superò di gran lunga, come sviluppo mentale, l’orizzonte ideologico di quei profughi semplici e pieni di idealismo, ma qualcosa dell’atmosfera nella quale egli era cresciuto rimase. I suoi ricordi degli anni formativi passati in Olanda all’epoca in cui le Provincie Unite erano all’avanguardia della civiltà occidentale, sia per la gloria della loro arte, l’audacia delle scoperte scientifiche e per la liberalità del loro governo, basti pensare a Grozio, Rembrandt e Spinoza. Tale esperienza giovanile rimase anche nei suoi anni maturi, e d’altronde le radici del partito livellatore affondano proprio nella fede anabattista. Il credo che respinge ogni idea di punizione: il cristiano che ama i suoi nemici, che non uccide, che soffre le persecuzioni di Cristo, il dirimere i contrasti senza ricorso ad avvocati o magistrati, non erano fantasie di alcuni fedeli del passato, ma norme di vita che lo stesso Overton aveva, nell’adolescenza, visto professare e tradurre in pratica. I suoi primi scritti sono giunti fino a noi sono due satire in versi, scritte su argomenti di attualità nel gennaio e marzo del 1642. Anche se rozzi nello stile, sono calcolati accuratamente per blandire gli umori della Londra puritana. Il suo scritto più audace di questo periodo è un volumetto intitolato: “Man’s Mortallitie”. Tale testo fece scandalo, quasi come i saggi miltoniani a favore del divorzio. Nel testo cercò di dimostrare che all’atto del decesso l’anima muore insieme al corpo, escludendone quindi la sua sopravvivenza fino al giorno del Giudizio. Una visione di “Uomo come creatura razionale è, contrariamente alla distinzione corrente fra anima e il corpo, un composto in tutto e per tutto mortale”, come si legge nel frontespizio. Secondo Eduard Bernstein, uno dei massimi pionieri nella riscoperta dei Levellers, Overton e Walwyn erano in realtà “agnostici”: l’uso dei testi biblici e la breve professione di fede nella resurrezione del corpo contenuta nell’ultima pagina del “Man’s Mortallitie” erano null’altro che un semplice stratagemma per sfuggire alla pena capitale comminata ai rei di ateismo. Tale tesi sebbene plausibile, trascura il fatto che l’idea di un’anima mortale, che ritorna in vita insieme al corpo nel miracolo della resurrezione, era da più di un secolo uno dei cardini della fede delle comunità anabattiste. 18 Tra le sue opere, troviamo anche pagine che scrive con una forte vena polemica, e sono senza dubbio quelle delle satire anticlericali, composte usando il nome “Martin Marprelate32”, con esse egli scaglia i dardi dalla bottega in “via della Tolleranza” contro “Sir Giovanni Presbitero” e “Sir Simone Sinodo”, i temi toccati sono: l’ingordigia dei ministri di culto, la loro “Santa cura del ventre”, la loro passione per “le decime ghiotte e delicate”. La critica dei livellatori si spiega con l’abilità del clero, sempre pingue di benefici, di riuscire ad uniformarsi ai cambiamenti di scena più bruschi e radicali, e dalla sua capacità di adattarsi a qualunque dottrina i governanti, a suon di quattrini, imponessero loro di predicare. Overton tocca una nota più seria, come quando all’opulenza del clero presbiteriano contrappone la miseria degli invalidi di guerra, ai quali era concesso, come unico beneficio, un buono per mendicarsi il pane. Egli scrisse cinque di queste satire nel 1645, e una sesta nell’anno successivo. Tipica è “The Ordinance for Tythes Dismounted33” del 29 dicembre del 1645, si apre da subito con un attacco alla decime, presentate come istituzione ebraica: “Perciò reverendi fratelli, non pensate di compiere l’opera di Cristo e, nello stesso tempo esigere il salario da Mosè”. L’opera si chiude scagliandosi contro l’organizzazione presbiteriana: “Ha tutta l’aria d’esserci un’Inquisizione dopo l’Inquisizione, peggiore della spagnola, a caccia di sangue del popolo... Le corti dei vescovi ci spogliarono di tutti i nostri indumenti, ma le corti degli anziani ci spoglieranno di abiti, pelle, vita, e tutto quanto.” Di sicuro, il pamphlet che ebbe più popolarità fu senza dubbio “The Araignement of My Persecution”, uscito in tre edizioni, di cui la prima nell’8 aprile del 1645, direttamente dalla stamperia clandestina di Overton. L’opera parla del “Signor Vendetta-di-Dio” che fa causa al “Signor Persecuzione”, difeso da “Sir Simone Sinodo” e da “Sir Giovanni Presbiterio”, il processo si svolge davanti al giudice “Lord Parlamento” e a una giuria formata da: “il Buon Samaritano” e “Verità-ePace”. Nelle cinquanta pagine dell’opera si avvale con gran maestria della procedura giudiziaria inglese, ironizzando nel solito stile, sull’ingordigia dei ministri presbiteriani. In essa si trova una forte critica nei confronti della persecuzione e l’intolleranza, contro i brownisti, indipendenti, anabattisti, al contempo, egli sposa con la stessa energia la causa degli ebrei, e sostiene e invoca la pace reciproca anche fra cattolici e protestanti. Affermando: “Se entrambi cessassero di forzare la coscienza altrui, in breve l’inimicizia di cuore fra papisti e protestanti dileguerebbe. Perché dovremmo odiarci e distruggerci a vicenda? Non siamo tutti creature di un solo Dio, redenti dallo stesso Signore Gesù Cristo? Questo dovrebbe indurci all’amore e alla pace gli uni verso gli altri”. Del “signor Persecuzione” dice: “egli è nemico giurato di ogni 32 33 In lingua originale Marpriest è traducibile con il termine bisticcio con prelate. “L’ordinanza sulle decime smantellata”. 19 coscienza, un ostacolo alla sua crescita e al suo sviluppo”. Come afferma giustamente il Brailsford, “Overton meriterebbe un posto d’onore nella galleria dei pensatori inglesi anche se si fosse limitato a scrivere questo popolare atto di accusa contro la persecuzione religiosa”. Nel corso del 1646 divenne amico e luogotenente di John Lilburne, e da subito si mise al servizio dei livellatori. La sua penna più disciplinata rispetto a quella vulcanica e discontinua di Lilburne, riuscì a scandalizzare, per la spregiudicatezza di certe battute. Nel 1649 fu arrestato insieme con altri leader livellatori. Come dice il Brailsford “Uno spirito arguto paga cara la difficile impresa di divertire i figli di Albione: prima o poi, passa per un tipo non del tutto rispettabile”. Probabilmente fu questa la sorte di Richard Overton, che passò una vita precaria come scribacchino eretico e come stampatore illegale, ricordiamoci tuttavia che nei primi anni della rivoluzione egli visse e combatté da temerario e da eroe. Il secondo personaggio che senza dubbio dobbiamo trattare è William Walwym. Nato a Newland, nello Worcestershire, nel 1660, secondogenito di un ricco proprietario fondiario e nipote di un vescovo. Nonostante le sue origini non pretese mai di essere definito gentiluomo (armiger): si limitò a essere nulla di più che un mercante. Come secondogenito fu mandato a Londra come apprendista presso un fabbricante di panni, entrò nella Merchant Adventurers Company i cui privilegi saranno poi bersaglio dei livellatori. Walwym apparteneva al ceto medio agiato, ma viveva con semplicità, vestendo alla “buona” come racconta egli stesso. Suo genero il dottor Humphrey Brooke scrisse della sua “innocenza e vera bontà così visibili nella sua vita” e della sua “dolcezza interna e serenità di spirito”. Con grande scandalo dei suoi critici puritani i suoi autori preferiti erano pagani o cattolici come: Plutarco, Seneca, Charronn e Montaigne. Condusse una vita sedentaria, non lasciò mai Londra, eccetto poche occasionali circostanze34. Pur essendo antinomiano35, si accontentava di appartenere alla chiesa parrocchiale, non aderì mai a nessuna setta. Allo scoppio dei disordini, si adoperò in pieno a sostegno del parlamento, all’inizio redigendo per il consiglio comunale della City e per i Comuni una “rimostranza” illustrando una serie di “massime” di libero governo, quando la situazione mutò per il parlamento, si unì ai gruppi di estrema sinistra alla “Salters’Hall” e alla “Windmill Tavern”, scrivendo una petizione per la leva di massa, Secondo il Brailsford: “probabilmente apparteneva alla guardia civica, perché narra di essersi esercitato in giardino nell’uso delle armi; ma non 34 Salvo occasionali:”visite alla contea natale, e al New Model”, in : N.H. Brailsford, I livellatori e la rivoluzione inglese, Milano, Il Saggiatore, 1962, Vol. I , p. 93. 35 Da riferirsi non al movimento gnostico del II e III secolo, ma alla più recente dottrina tedesca dell’amico e seguace di Lutero, Johann Schneider, conosciuto anche con il nome di Agricola. Tale eresia negando ogni valore alle leggi civili. Inoltre negava l’efficacia e l’importanza della legge civile nella predicazione cristiana. 20 combatté mai in servizio attivo”. Nel suo “The Fountain of Slander Discovered36” afferma che la “natura può sforzarmi ad uccidere piuttosto che essere ucciso; ma, a mio giudizio e coscienza, uccidere un uomo è la cosa talmente orribile che, a rifletterci, non posso decidermi a farla”. Walwyn riteneva legittimo uccidere per liberare un popolo dalla schiavitù e dalla tirannide, ma solo dopo aver “tentato tutte le vie di prevenzione”. John Lilburne vedeva in lui il più “nobile compagno di fede e di sventura”, l’uomo “di maggior talento in Inghilterra”. Walwyn non fu mai un leader e oratore popolare come Lilburne, sdegnando la pubblicità. E’ da notare la particolarità, che ogni suo scritto salvo quelli composti per autodifesa, siano in forma anonimi. Il suo ruolo si svolgeva dietro le quinte e nelle riunioni di partito, esercitando un influsso notevole. I suoi nemici lo definirono “un fallito quanto a bontà” e un “furfante sin dal grembo materno”, è inoltre, da rilevare, che l’autore di queste parole non sia un fanatico ma Bastwick, medico uscito dalle università di Padova e Cambridge. Più radicale di qualunque livellatore, con il suo anticlericalismo egli fa piazza pulita dei dogmi delle chiese, ma è insieme caritatevole e rivoluzionario. La prima opera giunta fino a noi è un’apologia sulla tolleranza. “The Humble Petition of Brownists” che risale al 1641, prima degli anni turbolenti precedenti lo scoppio della guerra civile, tale testo non è solo una difesa di una setta perseguitata, ma una richiesta di tolleranza senza limiti o eccezioni, arrivando a scrivere: “Se i papisti vogliono possedere altari, preti, sacrifici e cerimonie, e il Papa come capo supremo nelle faccende spirituali... che importa, purché ubbidiscano al re come capo temporale e si sottomettano umilmente allo Stato e alle leggi civili, e vivano in pace con tutti?” Queste parole furono scritte mentre Pym scatenava la caccia al cattolico nella City. Un anno dopo, la guerra era già scoppiata, e il 10 novembre del 1642 scrisse “Some Considerations”, dove sostiene che i dissidi tra protestanti e puritani sono un ostacolo alla vittoria parlamentare. La responsabilità di tali fatti, secondo Walwyn ricade sul clero, servo dei politici, vendutosi in cambio di decime e privilegi. Nel 1643 in “The power of Love37“, esprime i più profondi sentimenti di compassione, mettendosi nei panni di un predicatore della perseguitata setta anabattista della Famiglia d’Amore. Che poi la dottrina familista segua un richiamo alla comunanza dei possessi fra i primi cristiani, non significa che questo fosse di per sé l’ideale di Walwyn, o che egli lo ritenesse un obiettivo raggiungibile ai tempi suoi. Da notare invece un profondo “universalismo” che traspare in tutte le sue opere, specialmente in “The Power of Love”, la credenza che tutti gli uomini saranno salvati, minava il principio calvinista: a quell’epoca proclamare la bontà divina era un peccato imperdonabile. 36 37 “La fonte della calunnia scoperta”. “La potenza dell’amore”. 21 Lo stesso Walwyn si ritrova in “The Compassionate Samaritane38”, un’altra apologia sulla tolleranza, questa volta a favore di tutti i separatisti siano essi brownisti, anabattisti o che altro; nel testo esalta la libertà di discussione, cita l’orgoglio degli olandesi a sostegno del fatto che la varietà delle fedi religiose non impedisce la prosperità di un popolo, né l’unità nell’azione. In altri termini propugna una repubblica laica. Il linguaggio di Walwyn diversamente dalla maggioranza dei suoi contemporanei, non è mai offensivo, tuttavia muta quando discute del clero. La pretesa del clero presbiteriano di punire e perseguitare i dissidenti è il frutto come afferma Brailsford di un “egoismo professionale”. Walwyn attacca duramente il clero “causa principale di quasi tutte le guerre della cristianità”, quello che manca ai ministri professionali sono “l’amore, l’umiltà d’animo”, ma poiché “le loro chiese non ammette la libertà di replica ed essi controllano la stampa, possono confutare tutte le opinioni, se chi le sostiene, non vuol correre il rischio d’essere imprigionato come accade a me proprio ora”. Come per Elia nell’Apocalisse, Dio non era nel vento, o nel terremoto, o nel fuoco, Per lui, fede significava amore. Una religione non consuetudinaria e superstiziosa ma pura e incontaminata che come afferma lo stesso Walwyn consiste “nel dar da mangiare agli affamati, nel vestire gli ignudi, nel visitare gli infermi, nel soccorrere i prigionieri, nel liberare gli oppressi, soprattutto se per motivi di coscienza” un modo di agire che “vuoterà i sacchi più gonfi e abbasserà le penne più alte”. Questo in poche righe è il messaggio di Walwyn ai suoi contemporanei. Il terzo leader del movimento fu John Lilburne, dei tre egli fu l’uomo d’azione, calvinista convinto39, rappresentava il prototipo di leader coraggioso e indomito. Nato intorno al 1614, probabilmente a Sunderland, secondo di tre figli, la sua era, una famiglia “antica e devota” come lui stesso la definirà, suo zio, uomo ricco fu parlamentare, così come suo cugino Thomas. Scoppia la rivolta, il padre e lo zio aderirono al partito parlamentare. Messo a studiare nel sobborgo di Bishop Auckland, poi a Newcastle, egli vi imparò il greco e il latino, verso i quindici anni entrò come apprendista nella bottega di un mercante di pannilana a Londra. Nel 1630 il Colonnello John Hewson lo presentò al Dott. Bastwick, grande libellista e puritano ardente. Bastwick descrive il giovane come “onesto e religioso, dotato di qualità assai notevoli”, ben presto divenne suo maestro di teologia, migliorandone anche la pronuncia e il dialetto, rendendolo così un gentiluomo adatto per la City. E proprio Bastwick lo introdusse nel mondo della lotta affidandogli l’incarico di stampare clandestinamente in Olanda un suo manoscritto40, di forte critica all’episcopato. Al ritorno da Amsterdam fu tradito da alcuni soci e consegnato al 38 “Il compassionevole samaritano”. Prima di aderire al quaccherismo. 40 Intitolato “Letany” è forse il manoscritto più feroce di Bastwick, dove si scaglia contro i vescovi anglicani e l’istituzione stessa dell’episcopato. 39 22 procuratore del Re, e poi alla Camera Stellata e infine del Lord del Sigillo Privato41, egli si rifiutò di rispondere alle domande, obbiettando che non gli era stato notificato né un ordine di comparizione, né una citazione, rifiutando il giuramento ex officio, su cui si basava tutta la procedura. Era la sfida aperta di un giovane nei confronti degli alti dignitari del Regno, la risposta fu durissima la condanna al pagamento di una multa di 500 sterline, la pubblica fustigazione alla gogna, e finché non si sottoponeva alla procedura di rito, anche alla prigionia. In seguito fu emanata una nuova sentenza, ancor più dura, che lo condannava inoltre ai ferri e negando ogni cibo che non fosse quello della cassa dei poveri della prigione. Tra i firmatari figurano tra gli altri L’Arcivescovo Laud, il Vescovo Juxon, e Sir Harry Vane Senior, allora Conte di Manchester. Della sua pena parlerà in un suo testo “Un’opera della bestia42“, dove evidenzia la sua convinzione di assolvere un compito prescritto da Dio, e dove descrive le torture43, ma afferma: “Mi avviai alle mie sofferenze con il cuore ilare e pronto, come se andassi a celebrare solennemente il giorno delle nozze con una delle creature più squisite che il mondo possa offrire”. Quando fu messo alla gogna, né approfittò per tenere un discorso pubblico, illustrando il pamphlet del Dott. Bastwick, lanciandone a sorpresa qualche copia alla folla, poi si mise a ripetere, che: “I vescovi derivano la loro successione apostolica dall’Anticristo”. I primi quattro mesi di prigionia non piegarono il giovane Lilburne che dal carcere scriveva: “Sono allegro, anzi più allegro che in qualunque momento della mia vita; e riesco a dormire solo, in ferri e calzari, come Pietro fra i due soldati quand’era in prigione”. Durante i tre anni nei quali scontò la pena, la famiglia lo disertò, suo padre sebbene avesse convinzioni e un carattere simile al figlio, era in profonda collera con lui, forse anche per paura di ripercussioni. La tortura non piegò il suo spirito, che si batteva oltre che per la libertà di stampa, senza autorizzazioni, né censure, anche per un altro diritto, quello dell’imputato di non rispondere a domande a lui pregiudizievoli. Sfidando proprio la Camera Stellata su tale argomento, Lilburne si oppose alla procedura dell’epoca, che si basava sull’interrogatorio di un uomo in arresto, al quale si imponeva di giurare di dire il vero, con l’obiettivo evidente di estorcere la confessione al presunto reo, invece di formulare un’’accusa basate su testimonianze altrui. La base del sistema anglosassone attuale prevede il diritto riconosciuto di rifiutarsi di rispondere a 41 Il Lord Privy Seal era originariamente incaricato di sovrintendere al Consiglio Privato del sovrano, in opposizione al Grande Consiglio di Stato. 42 A Work of the beast nell’aprile 1638. 43 “Nudo fino alla cintola e legato dietro un carro, egli fu trascinato lungo tutto il percorso dalla pleet fino alla piazza di Westminster: strumento di tortura prescelto una corda a tre nodi; colpi somministrati duecento”, in: N.H. Brailsford, I livellatori e la rivoluzione inglese, Milano, Il Saggiatore, 1962, vol. I, p. 112. 23 domande, e lo pone come roccaforte delle libertà. Nel XVII secolo, era ancora incerto tale diritto, Lilburne fu tra i primi a sostenere nella parola e negli atti questo principio di diritto. Overton e Walwyn ne seguirono l’esempio sia scrivendo programmi e manifesti del partito livellatore, sia nella loro condotta pratica. Tale principio apparve così fondamentale anche agli americani che lo inserirono nella Costituzione degli Stati Uniti, con il quinto emendamento44. Sempre durante la prigionia Lilburne scrive “Esci fuori mio popolo45“, dove condanna l’episcopato e “l’anticristiana” chiesa d’Inghilterra, riponendo comunque l’ubbidienza passiva al potere del Re, tuttavia dopo un anno di carcere il suo atteggiamento divenne più battagliero, e con un appello che circolò nel 1639 riuscì a mobilitare i lavoratori e gli apprendisti della Corporazione dei fabbricanti di panni, i quali scossi dalle parole del giovane scesero in piazza manifestandogli una solidarietà inaspettata. Il 3 novembre del 1640 il Lungo Parlamento, riunitosi approvò la libertà per tutte le vittime di Laud, lo stesso giorno Lilburne presentò una petizione che fu perorata dallo stesso Cromwell, e il 4 maggio del 1641 i Comuni condannarono la sentenza emessa a carico di Lilburne, definendola “illegale, sanguinaria, malvagia, crudele, barbara e tirannica” e riconoscendogli il diritto a una riparazione in denaro. Uscito dalla prigionia intraprese il mestiere di birraio e si sposò con Elizabeth Dewell, donna con cui condivise le stesse idee, prima ancora del matrimonio. Allo scoppio della guerra si arruolò e divenne ufficiale del reggimento di fanteria di Robert Greville, secondo Barone di Brooke46. Lilburne si distinse nel comando a Edgehill e a Brentford, dove fu fatto prigioniero dalle truppe monarchiche e portato a Oxford, dove ebbe salva la vita grazie alla moglie Elizabeth che, sebbene incinta, arringò il Parlamento chiedendo uno scambio di prigionieri da lei stessa organizzato. Nel febbraio 1643 Lilburne tornato in libertà fu salutato dalla City come eroe e il Parlamento gli offrì un posto nell’amministrazione civile, che prontamente rifiutò convinto sempre di più di “combattere fino all’ultimo”. Gli fu poi offerto di giurare sul Covenant47 e divenire parte del movimento, poiché in contrasto con l’idea di “conquista sugli eretici” alla base partito rifiutò. Lilburne aveva anche un’altra ragione in più per rifiutare il giuramento: gli anabattisti, come 44 Che recita: “nessuno potrà essere costretto, nel corso di un procedimento penale, a testimoniare contro se stesso”. 45 In inglese: “Come out of her my people”. 46 Giovane idealista, condivideva con Lilburne oltre che lo spirito ardimentoso anche la lotta contro l’episcopato, senza però cadere negli eccessi dei roghi persecutori. 47 Movimento politico del XVII secolo che si batteva per la divulgazione del Presbiterianesimo in una forma di chiesa il cui governo è promosso dal popolo, in opposizione alla concezione Episcopale promossa dalla monarchia, il testo noto come “Patto nazionale” (National Covenant) ha origine scozzese, numerosi soldati del New Model si rifiutarono di giurare a causa della richiesta di duplice fedeltà alla Corona e alla fede ginevrina, due fedi non sempre conciliabili. 24 più tardi i quaccheri, osservavano il divieto di giuramento. Nell’ottobre del 1643 Cromwell gli offre il grado di maggiore in un reggimento di fanteria, inoltre gli affidò l’incarico di sorvegliare da vicino il comandante di tale reggimento, il colonnello Edward King. Egli riferì della sua incompetenza e delle sue frodi a danno del tesoro pubblico. Da uomo integerrimo quale era, ne chiese il processo per alto tradimento, Cromwell si accontentò della sua destituzione, avendo però una contropartita politica, cioè la nomina di Lilburne al comando di un reggimento di dragoni con il grado di colonnello. Dopo numerose imprese, la sua personalità così spiccata entrò in contrasto con quella di Edward Montagu, II Conte di Manchester48. Il contrasto nacque con un ordine non eseguito, la causa non fu la mancanza di disciplina di Lilburne, ma un semplice equivoco, interpretando come un’autorizzazione all’attacco una semplice battuta scherzosa. Il Conte di Manchester non volle ascoltare spiegazioni, lo insultò pubblicamente, minacciandolo di farlo impiccare per indisciplina. Davanti a tale onta Lilburne paventò le sue dimissioni ma Cromwell lo convinse a non lasciare l’esercito, salvo servirsi più tardi di lui come testimone contro la campagna contro il Conte di Manchester. Quando si costituì il Nuovo Modello, rifiutò di assumere posti di responsabilità, che richiedevano il giuramento al Covenant. Il 30 aprile lasciò il comando dei dragoni, e tornò alla vita civile, continuò a combattere, ma con armi diverse. Trovò subito un seguito presso la locanda del Mulino a Vento. I contatti con il suo amico e comandante Oliver Cromwell non cessarono, a pochi mesi dal suo abbandono, lo incaricò di portare a Westminster un rapporto sull’ultima vittoria conseguita. John eseguì la missione, il parlamento non fu generoso con lui, infatti rimase invischiato in un intrigo di gelosie tra settari, e il 19 luglio del 1645 fu arrestato nella Westminster Hall, per voto della Camera dei Comuni, gli uomini che votarono per il suo arresto, furono gli stessi per cui si era battuto per anni: Bastwick e Prynne. Nel gennaio del 1645 pubblicò un pamphlet dal titolo “Copie of Letter”, dove attaccava duramente William Prynne, e lo sfidava a discutere apertamente con l’autore le divergenze sul tema della tolleranza religiosa. Prynne si batteva per l’uniformità della religione con tutti i poteri della magistratura civile per darle forza di legge. Le parole del pamphlet riflettono il credo anabattista: “Nessun parlamento, concilio, sinodo, imperatore, re o magistrato... ha la minima autorità e giurisdizione sul regno spirituale di Cristo o sui Suoi sudditi, perché, signore, lasciate che ve lo dica, è prerogativa incomunicabile soltanto di Gesù Cristo l’essere il Re dei Suoi Santi e il legislatore della sua chiesa e del suo popolo, e il regnare nelle anime e nelle coscienze degli eletti”. Il finale afferma che “perseguitare per motivi di 48 Politico e militare inglese (1602-1671); lord-luogotenente del Huntingdonshire e del Northamptonshire (1642). 25 coscienza”, che lo faccia Laud o Prynne, è sempre “opera dell’Anticristo”. Prynne andò dal parlamento chiedendo vendetta in nome del Covenant. Il Comitato delle Inchieste convocò Lilburne per questo e altri pamphlet, le accuse furono poi lasciate cadere. Entrò poi in contrasto con lo speaker dell’altro ramo del Parlamento, la Camera dei Lord, il Generale Conte di Manchester, che lo aveva fustigato e minacciato della forca, invano perorò verso quel ramo del parlamento le richieste legittime del pagamento degli arretrati di paga della sua petizione e per il risarcimento dei danni inflittigli dalla Camera Stellata. Ormai per ogni torto si appellava con i suoi pamphlet direttamente al pubblico, così in questo periodo dette alle stampe due nuovi pamphlet: “La giustificazione del giusto49“ del giugno 1646, e “La libertà del libero vendicata50” sempre del giugno del 1646 che sostenevano, con il chiaro intento di provocatorio una presunta fede realista del Conte di Manchester. Fu così chiamato a rispondere davanti ai Lord riuniti sotto la stessa presidenza di del Conte, egli protestò illegittimità del procedimento, nel quale il giudice era anche attore, e si rifiutò di rispondere a ogni domanda. Basandosi sulla Magna Carta sostenne che doveva essere giudicato dai suoi pari, in altre parole sostenne che la Camera dei Lord non aveva giurisdizione su un non-nobile, chiedendo la protezione dei Comuni. Di risposte i Lord lo spedirono in prigione a Newgate, rimane il dato, che nessuno prima di lui aveva mai contestato il diritto dell’una o dell’altra camera di erigersi a corte penale. Chiamato a comparire davanti ai Lord l’11 luglio del 1646, si rifiutò di inginocchiarsi, e di scoprirsi il capo, tappandosi le orecchie alla lettura dell’accusa. Poi attaccò i giudici: “Tutto ciò che vi proponevate quando ci spingeste a combattere era dunque soltanto di scavalcare e togliere di sella i nostri vecchi oppressori e tiranni per salire al loro posto e schiacciarci sotto i vostri piedi51”. A tali dichiarazioni i Lord risposero condannandolo ad una multa di 2000 sterline e sette anni di detenzione nella Torre, e alla perdita del diritto di ricoprire cariche civili o militari, ordinando che i suoi scritti fossero pubblicamente bruciati dal boia. Questa sorte può sembrare la fine della sua lotta, ma non fu che l’inizio di un moto rivoluzionario che partendo dalla sua cella, in soli tre anni spazzo via la Camera dei Lord. L’umile figura che si rifiuta di inginocchiarsi davanti ai Pari d’Inghilterra è l’esempio del coraggio, ma anche della tradizione anabattista, dove solo davanti a Dio è lecito e doveroso inginocchiarsi. Numerose furono le petizioni presentate dai compagni, dalla moglie e dagli amici, innumerevoli i libelli. Il resto della sua tormentata vita, si concluse prima con l’esilio nel 1652, ritorno fugace in patria nel 1653, altri due anni di 49 The Just Mans Justification. “The Free-mans Freedome Vindicated” 51 N.H. Brailsford, I livellatori e la rivoluzione inglese, Milano, Il Saggiatore, 1962, Vol. I, pag. 124. 50 26 detenzione nel 1652, nel 1656 “La resurrezione di John Lilburne”, che segna la sua conversione al movimento quacchero e la sua definitiva scomparsa dalla vita politica. Morì di tisi a Eltham il 29 agosto 1657. 4.3 Il “Nuovo Modello” Il Nuovo Modello nacque il 15 febbraio del 1645 dalla riorganizzazione delle forze fedeli al parlamento, il cui comando fu affidato a Sir Thomas Fairfax, mentre Oliver Cromwell divenne luogotenente generale e comandante di tutta la cavalleria. Era costituito da 22.000 uomini che usando le parole di Cromwell erano “uomini che avessero il timor di Dio davanti a sé, e mettessero un po’ di coscienza in ciò che facevano52”. Alla sua costituzione non seguì l’immediato scioglimento delle milizie contadine preesistenti le quali furono in parte assorbite dal Nuovo Modello e in parte sollevate dall’incarico. La formazione sociale di quadri dell’esercito era costituita in gran parte dalla piccola nobiltà di campagna, ma vi erano anche numerosi yeoman53. Cromwell reclutò uomini convinti fermamente nelle azioni che stavano per intraprendere, capaci di sposare a pieno la causa parlamentare e che consideravano il servizio militare come un professione, superando l’idea di coscrizione. Infatti si appellò ai radicali indipendenti e al mondo settario, entrambi fermamente convinti nella lotta alla chiesa anglicana, identificata come strumento di satana. La retribuzione molto elevata fu finanziata con un’imposta mensile sulla proprietà immobiliare e personale, attribuita a ciascuna contea e quando una regione risultava morosa, l’esercito aveva il diritto di acquartierarsi a credito. Dal 1646 al 1649 oscillò, per i fanti dagli 8 pence, ad uno scellino e 5 pence, per il cavaliere la paga era di 2 scellini e 6 pence il giorno, mentre per gli ufficiali era di una sterlina il giorno. Occorre ricordare che la paga giornaliera per un coltivatore agricolo era in quell’epoca di 8 pence. Il trattamento economico così come il diritto di acquartierarsi, cd. free quarter, saranno temi di duro scontro tra l’esercito e il parlamento. La paga, sebbene alta, non copriva tutte le spese a cui doveva far fronte la truppa, poiché il soldato doveva a sue spese provvedere all’alloggio personale, e nel caso dei cavalieri anche del cavallo. Inoltre lo stipendio, spesso, era in ritardo, e come 52 N.H. Brailsford, I Livellatori e la rivoluzione inglese, Milano, Il Saggiatore, 1962, p. 178. 53 Piccoli proprietari terrieri, coltivatori o loro discendenti. A tal proposito Cromwell afferma la sua preferenza nei confronti di quest’ultimi rispetto a quelli che “voi chiamate un gentiluomo, e nulla di più, che cosa faceva nella vita civile prima di arruolarsi?”. 27 afferma Brailsford “gli uomini erano talmente al lumicino, che Lilburne narra di aver dovuto anticipare ai suoi dragoni l’occorrente per far ferrare le bestie54”. Questa è la prova che questi uomini non erano mercenari di truppa, ma servirono la causa parlamentare con fede e lealtà. Un esercito formato dal popolo le cui barriere sociali però erano ininfluenti sulla condotta dei singoli, infatti un qualsiasi soldato della truppa poteva diventare ufficiale. Le regole erano ferree, riprese in gran parte dal codice disciplinare dell’esercito svedese, però fuori servizio vigeva la parità o quasi che faceva crescere un fermento politico-culturale molte volte estraneo agli uomini di spada. Gli uomini della truppa si ritrovavano per condividere svaghi e letture sacre, addirittura nello stesso Consiglio dell’Esercito in presenza di Fairfax o di Cromwell, non era insolito assistere a riunioni di preghiera o dibattiti politici. Vi è qualcosa di rivoluzionario in questo esercito che formato da strati popolari combatte con le armi in pugno, “con le spade nelle nostre mani”, Brailsford dà una lettura molto importante su tale frase: “Nel secolo XVII essa era il simbolo di una soggezione di una classe all’altra lo strumento che assicurava ai «gentlemen» il dominio sui contadini e gli artigiani. Nei documenti che, sotto forma di petizioni o manifesti, giungevano dalla base dell’esercito, questa frase squilla così di frequente nelle perorazioni, che lascia nella nostra memoria un segno incancellabile55”. Il periodico dei Levellers, il “The Moderate”, narra una vicenda che può far capire lo spirito di questo esercito. Il numero del dicembre del 1648, racconta che durante l’occupazione di Londra in una locanda londinese, chiamata il cavallo bianco, alcuni cavalieri, guidati dal colonnello Rich indugiavano fuori dal portone, quando si videro rovesciare il contenuto di un vaso da notte, proveniente da una stanza proprio sopra l’entrata dove si stava consumando una festa, e occupata dal conte di Middlesex, lord Carre e dal colonello Spencer e da altri lord. La truppa rispose all’offesa chiedendo il motivo di così tanta inciviltà, e rilanciando il vaso segno dell’offesa, il conte sotto l’evidente segno dell’alcol minaccia i soldati con una pistola, a quel punto la truppa si precipita al piano disopra e a suon di pugni disarmano i lord e gli ufficiali. Il diritto di poter brandire una spada era il segno evidente di un cambiamento sociale in atto, volto a cancellare i soprusi normanni, ristabilendo l’uguaglianza in perfetto modello sassone. L’esercito parlamentare vinse grazie ad una serie di fattori quali: la maggiore efficacia di spostamento, un uso sapiente della tattica militare, l’impiego tattico dell’artiglieria; ma uno degli elementi centrali fu lo spirito di corpo formatosi nel Nuovo Modello il quale nacque e fu alimentato, come afferma Vittorio Gabrieli: “Dalla diffusa persuasione d’una missione nazionale ad 54 N.H. Brailsford, I Livellatori e la rivoluzione inglese, Milano, Il Saggiatore, 1962, p. 179. 55 N.H. Brailsford, I Livellatori e la rivoluzione inglese, Milano, Il Saggiatore, 1962, p. 181. 28 esso affidata dalla Provvidenza e trascendente il mero compito della sconfitta del nemico sul campo. Temperato dalla severa disciplina di guerra e orgoglioso delle sue vittorie, l’esercito cromwelliano finì col sentirsi investito dalla rappresentanza di tutto il popolo e conscio di aver difeso con le armi in pugno quelle che riteneva le sue libertà storiche civili e religiose contro la volontà assolutistica di Carlo I, reclamò ben presto il diritto e la responsabilità di decidere l’assetto definitivo che avrebbe dovuto avere il paese una volta terminate le ostilità56”. Questa coscienza maturò grazie all’opera del partito livellatore che penetrò facilmente nel Nuovo Modello. Vi fu una sorta di rapporto sinergico, i livellatori divennero così lo strumento di collegamento con il popolo. Richard Baxter57 afferma a proposito: “una gran parte di danno è stato fatto dai pamphlet abbondantemente diffusi di Overton e Lilburne, di cui i soldati dispersi nei loro quartieri di alloggio, quando non v’è nessuno a contraddirli, si nutrono con avidità”. Anche alcuni pubblicisti di parte regia attaccano il New Model in questo contesto: “E’ tutto un Lilburne da capo a fondo, e più incline a dettar legge che a riceverla58” e “il soldato tiene costantemente la spada in una mano, e una delle epistole di Lilburne nell’altra”. Una volta acquisito questa coscienza, e cessati i combattimenti l’esercito divenne il protagonista sullo scenario politico, basta pensare ai Dibattiti di Putney, dove si nota lo scollamento tra parlamento ed esercito, segno che l’opera dei livellatori era stata più che efficace. A poco a poco la divergenza tra gli interessi degli ufficiali da un lato e della truppa dall’altro si fece sentire, la compattezza e la fermezza che era il suo punto di forza venne meno. Nel marzo del 1647 la delusione si tramutò in rabbia alla notizia della decisone del parlamento di sciogliere il Nuovo Modello e sostituirlo con nuove forze da destinare al servizio interno e da spedire in Irlanda. Questa fu la motivazione dei fatti che seguirono nell’estate del 1647. 4.4 L’occupazione di Londra, il patto del popolo e i dibattiti di Putney. Cessati i combattimenti tra l’esercito e il parlamento si creò una frattura dall’aprile del 1647 dovuta alla convinzione che gli interessi delle truppe non erano considerati dagli ufficiali e dal parlamento. 56 V. Gabrieli, Puritanesimo e libertà, Einaudi, 1956, p. XXI. Richard Baxter (12 Nov. 1615 - 8 Dic. 1691) fu un importante teologo puritano dell’epoca. Sostenitore di una visione mitigata di calvinismo e amiraldismo, egli elabora un’eclettica via di mezzo fra le dottrine della grazia riformata, arminiana e cattolica, interpretando il Regno di Dio nei termini delle idee politiche a lui contemporanee. 58 In: W. Orme, The life and times of Rev. Richard Baxter, Boston, 1831, I, p. 37. 57 29 La situazione si aggravò alla notizia del progetto di scioglimento del Nuovo Modello sostenuta dal gruppo presbiteriano59 accompagnata anche dalla mancata corresponsione degli arretrati della paga. Infatti l’intenzione era quella di sostituire l’esercito con nuove forze da destinare alla conquista dell’Irlanda e al servizio interno. Le forze armate reagirono duramente a tale provocazione sequestrando Carlo I, interrompendo così il corso delle trattative tra realisti e parlamentari di cui Carlo era prigioniero. Il 5 giugno 1647 presso Cambridge il New Model proclamò in “The Solemne Engagement of the Armie”, manifesto adottato alla unanimità dai reggimenti riuniti in cui Henry Ireton afferma: “Noi non siamo disposti né a scioglierci o a dividerci volontariamente, né a lasciarci sciogliere o dividerci su comando60”. Il testo prevedeva che fossero date solide garanzie circa le loro richieste e un’elezione democratica di un Consiglio rappresentativo dell’esercito. L’Impegno Solenne si concentrò sui torti subiti in passato e ebbe come unico obiettivo quello di minare la credibilità del gruppo presbiteriano, promettendo di non sciogliersi fino all’accoglimento delle loro richieste politiche ed economiche61. I presbiteriani rifiutarono le richieste e davanti all’insubordinazione dell’esercito denunciarono i responsabili come traditori e nemici dello stato. Il parlamento mise sotto accusa la minoranza indipendente che si riparò presso l’esercito e dichiarò come nemici quanti avevano difeso la libertà del Paese ma l’indignazione dell’esercitò aumentò quando la Camera dei Comuni trattenne sotto scorta armata il colonnello Lilburne. Il 16 luglio vi fu un dibattito provocato da un memoriale diretto due giorni prima allo stesso Firefax dai rappresentati degli ufficiali e dai soldati, “The Humble address of Agitators of the Army to Firefax” in cui si sostenne la necessità di una marcia sulla capitale a cui seguiva una lista di richieste che il parlamento doveva soddisfare tra cui ristabilire il vecchio Comitato Direttivo della milizia civica, sottoporre le forze armate al comando sir Thomas Firefax, mettere in libertà e compensare i prigionieri illegalmente trattenuti in carcere, in particolare John Lilburne e Richard Overton ed infine pagare puntualmente le truppe. Anche se favorevoli alla presentazione di tali richieste Cromwell e Ireton erano contrari all’occupazione di Londra. Cromwell era ottimista circa l’esito favorevole delle trattative tra le Camere e l’esercito convinto che l’uso della forza potesse mettere a 59 Capeggiato da Denzil Holles. Wood House, p.401-401. 61 Le richieste degli arretrati ammontavano a quarantatré settimane di paga per la cavalleria e a diciotto per la fanteria per un valore pari a 331.000 sterline, le richieste politiche consistevano in una legge di sanatoria per gli atti di guerra e assistenza a favore dei feriti, degli orfani e delle famiglie dei caduti (cfr. S.R.Gardiner, History of the great civil war,1642-1649, Londra, nuova edizione, Longmans , 1884, vol. III, p.227). 60 30 repentaglio le amicizie del Nuovo Modello nel Parlamento. L’ala più radicale composta dagli agitatori caldeggiava l’occupazione di Londra condividendo la visione dei Livellatori civili per i quali il Parlamento, strumento arbitrario e tirannico, difensore degli interessi dei suoi componenti, doveva essere democratico con la conseguente abolizione del potere di veto della Camera dei Lord, la semplificazione e umanizzazione delle leggi, la soppressione delle decime e della pena detentiva per i debitori insolventi e forme di decentramento amministrativo. Overton espone tali obiettivi in un prezioso pamphlet stampato il 16 luglio “Appello dall’organo rappresentativo degenere, i Comuni di Inghilterra, al Corpo rappresentato, il libero popolo in generale e… a Sir Thomas Firefax e a tutti gli ufficiali e soldati al suo comando in specie”. Perché non è il fatto di sedere sui banchi o di stare in piedi nell’aula di Westminster a renderli membri del Parlamento o rendere parlamentari autorevoli e vincolanti le loro leggi o decreti, ma assolvere il proprio mandato parlando e agendo per il bene e la salvaguardia del popolo. Lo stesso Lilburne dalla prigione da alle stampe l’opera “Jonah’s Cry” composto da una serie di lettere personali tra Lilburne e Cromwell che hanno come effetto quello di rendere pubbliche gli insulti e le opinioni di Cromwell su statisti e alti ufficiali con il chiaro intento di pregiudicare i rapporti con quest’ultimo. L’opera, però, si chiude con una serie di lettere dai toni di ammirazione nei confronti del futuro lord protettore. Si può comprendere il risentimento di Lilburne quando si accorse che per Cromwell e per il resto degli alti ufficiali non era che una pedina nel loro gioco politico. Il 6 agosto l’esercito con l’appoggio di membri radicali insediati nella capitale occupò Londra facendo fuggire i capi della fazione presbiteriana e reintroducendo nel Parlamento gli alleati Indipendenti . Importante è la testimonianza del capitano Bernardino Guasconi che inviò al Granduca di Toscana Ferdinando II una “relazione” delle storie di Inghilterra per informarlo sulla cattura del re e dell’occupazione di Londra, dei quali era stato testimone. Il Guasconi descrive come le truppe fossero disposte alla battaglia e che disponessero di un totale di diciottomila fanti, settemila cavalieri e quarantacinque pezzi di cannone: “E bisogna confessare il vero sono li soldati comunemente tutti sopra i venti anni e raramente se ne troveranno che passino quaranta di risoluta continenza essendo ordinaria alla Nazione inglese la buona mina. Da per me confesso non aver visto in vita mia una scelta di gente simile a questa, l’ordine delle quali sendo fuor dall’ordinario, raramente marciando si vede alcuno sortir dalle file, onde ordinato arriva che a mezzo miglio dall’armata non si trova pure un soldato fuori dalle truppe, la modestia ed obbedienza delle quali è tal segno che 31 difficilmente in un giorno si potria intendere un soldato bestemmiare o essere imbriaco62.” Una volta insediatosi a Londra il governo civile venne spodestato dall’autorità militare e l’organizzazione democratica dell’esercito tentò di raggiungere un’intesa con il re il quale si illuse di poter fare leva sul dualismo creatosi tra il Parlamento e il New Model Army. Carlo I respinse le richieste costituzionali offerte dal Consiglio dell’esercito che prevedevano strumenti di tutela e diritti per i cittadini e privilegi per il parlamento, ma la figura del re seppur diminuita nei suoi poteri manteneva la facoltà di veto sulle leggi. Queste posizioni erano dettate dall’ala moderata dell’esercito tra cui Cromwell che ad ogni costo cercarono un compromesso con la monarchia, però non poteva non essere vista con sospetto dai gruppi radicali che richiedevano una riforma di carattere democratico. I dibattiti che si svolsero a Putney, vicino Londra, dal 28 ottobre al primo novembre, nel Consiglio Generale dell’Esercito mostrano un’assemblea democratica formata da ufficiali, soldati e elementi civili, frutto dell’organizzazione dei Levellers a Londra e in varie contee. Due sono le visioni, la prima radicale che ha come obiettivo la creazione di una democrazia laica e la seconda, capeggiata da Cromwell, aveva come unica meta estendere il consenso per raggiungere una pace duratura. Come afferma Vittorio Gabrieli, “a un esame attento dello svolgimento dei dibattiti, la tattica temporeggiatrice di Cromwell e Ireton che, strettamente alleati nell’isolamento crescente in cui si trovano di fronte ai loro antagonisti, riescono a differire per un’intera giornata la discussione delle proposte recate dagli agenti dei reggimenti, preannuncia l’esito finale della riunione63”. Il 29 ottobre, dopo la cerimonia della preghiera, ebbe inizio la discussione del “Patto del Popolo” dove si soffermarono lungamente sulla richiesta del principio del suffragio universale. Il primo novembre, trascorsi due giorni di pausa, riprende il dibattito sul rapporto presentato da Ireton teso a giungere un consenso con gli agenti dei reggimenti per mantenere il diritto di veto del re alla Camera dei Lord. Il Consiglio Generale dell’Esercito, nonostante la sua natura democratica, doveva comunque sottostare al rigido codice militare. Secondo Gabrieli questo fu un modo per Cromwell per sfuggire ai principi democratici e far annullare il voto della maggioranza troncando ogni trattativa con il re evitando di convocare l’adunata generale dell’esercito affinché il Patto del Popolo non venisse imposto da essa al Parlamento. Le repressioni e le purghe nei confronti dei membri dissenzienti delle armate segnò il 62 Bernardino Guasconi, Relazione del rivolgimento avvenuto in Inghilterra nel 1647, Firenze, edita da G. Gargani, 1886 63 Vittorio Gabrieli, Puritanesimo e libertà, Torino, Einaudi, 1956, p. XXXI. 32 destino dell’esperimento democratico nel Nuovo Modello pur non soffocando del tutto le ambizioni democratiche e libertarie “seminate” dai Levellers le quali riemersero negli ammutinamenti del 1649 con la riproposta dei soldati ed ufficiali del Patto del Popolo. 33 §5. La seconda guerra civile e l’epurazione di Pride Dopo la battaglia di Oxford del 1646, la guerra sembrava concludersi. Il parlamento s’impegnò a portare a termine le riforme volte ad abbattere il precedente regime,infatti il clero passò da un modello statale a un modello presbiteriano. In compenso il re aveva perso gran parte del potere divenendo solo un simbolo senza l’appoggio della vecchia aristocrazia. Tutte le forze che di fatto avevano contribuito alla vittoria parlamentare, come gli Indipendenti e i Levellers, reclamavano l’abolizione della monarchia e l’instaurazione di un regime repubblicano, ma la maggioranza parlamentare presbiteriana guidata da Denzil Holles si oppose con fermezza, temendo, infatti, che il decadimento della casa reale portasse a riforme più radicali, magari in senso democratico. Anche i realisti non accettarono la figura di un re, privo di gran parte dei suoi poteri ed ostaggio dell’aristocrazia possidente, di conseguenza il monarca Carlo chiese la restaurazione del vecchio ordine. Nel maggio 1647, il parlamento sotto la pressione dei presbiteriani intima a Cromwell lo scioglimento dell’esercito il quale fu costretto a far ricorso all’esercito per garantire che i diritti rivoluzionari conquistati con le armi fossero effettivamente tradotti. Davanti alla minaccia di scioglimento del New Model Army, Cromwell abbandonò Londra ricongiungendosi con i suoi uomini nella località di Putney. A giugno il New Model Army chiese lo scioglimento della Camera dei Comuni e nuove elezioni. Come trattato nei capitoli precedenti, dal 28 ottobre all’11 novembre i rappresentanti dell’esercito si riunirono per decidere la linea da seguire; il dibattito fu guidato dai Levellers che proposero il Patto del Popolo chiedendo una costituzione repubblicana, elezioni a suffragio universale maschile, libertà religiosa, una piena uguaglianza formale dei cittadini, abolizione dell’uso delle concessioni di monopoli. Cromwell riuscì a non far approvare il Patto del Popolo annullando il voto democratico e rompendo ogni trattativa con il Parlamento e con il re. Nel novembre del 1647 Carlo I fuggì in Scozia, convincendo gli scozzesi a riprendere le armi contro l’Inghilterra. Il 26 dicembre del 1647 il re firmò un Impegno Solenne con gli scozzesi promettendo loro, in cambio dell’aiuto a riprendere il trono, il riconoscimento per tre anni dell’assetto presbiteriano e la repressione delle sette. Alla provocazione dell’esercito i presbiteriani reagirono ricucendo il rapporto con la corona fino alla richiesta della restaurazione di Carlo; quest’ultimo, forte dell’appoggio presbiteriano in patria, invase con il suo esercito l’Inghilterra. Nell’aprile del 1648 Cromwell riunì il Consiglio dell’Esercito, invitando i membri ad un’analisi degli atti compiuti “per vedere se vi potessero scoprire alcune 34 iniquità”. Gli ufficiali riconobbero come unico sbaglio l’aver insistito con “quelle maledette trattative carnali col re a spingere il Signore a lasciarci”. L’incubo di una guerra fratricida inquietava gli animi degli ufficiali e il loro dilemma morale comportò l’attribuzione di ogni responsabilità sulla condotta di Carlo I. Fu, forse in quel momento che iniziò a prendere piede l’idea che la condanna a morte del re potesse lavare l’onta di aver versato sangue fraterno. Dopo due anni di pace, la guerra ebbe inizio e la seconda guerra civile fu combattuta con una crudeltà inaudita, si pensi all’assedio di Colchester o all’uso inumano di vendere i prigionieri o avversari politici come schiavi. “A quell’epoca la tratta degli schiavi si faceva con carne sia bianca sia nera, dopo la battaglia di Worcester, 1500 scozzesi furono ceduti ai mercanti della Guinea e destinati alle miniere africane: si ignora quanti sopravvissero e per quanto tempo... alla metà del 1655, circa 8000 prigionieri di guerra fossero stati trasportati nelle Barbados, 4000 in altre piantagioni, 800 nella Guadalupa francese, e un numero imprecisato altrove64”. Durante la seconda guerra civile, l’esercito fu più sicuro di sé, combatté duramente macinando vittorie come a Lancashire e nel Galles meridionale, regioni dove la presenza realista era sempre stata forte. Mentre l’esercito si spostava prima nel Galles, nel Kent, poi nell’Essex, scoppiarono rivolte altrove, costringendo il comando a distaccarne una parte per presidiare il territorio, così ogni volta dovette combattere in condizioni di inferiorità numerica. Di fronte al successo costante dell’esercito, le speranze dei presbiteriani e dei realisti si riaccesero con l’invasione dell’esercito scozzese il quale guidato da James Hamilton, primo Duca di Hamilton, e forte di 8.600 uomini marciò fino allo sfinimento. Il 17 agosto del 1648 nonostante la forte inferiorità numerica Oliver Cromwell sconfisse a Preston gli Scozzesi e le formazioni realiste, costringendole a deporre le armi e catturando lo stesso Carlo I. In questo periodo le iniziative del partito livellatore furono scarse, forse perché il momento drammatico non si prestava a critiche; scelsero un profilo più mite volto a tenere unita la compagine repubblicana. Degna di nota è la petizione presentata il 1° agosto del 1648 dal partito ai Comuni e firmata da oltre diecimila simpatizzanti che reclamava il rilascio di John Lilburne. La Camera approvò la cassazione della sentenza inflitta dalla Camera Stellata, dando a Lilburne non solo la libertà, ma anche un indennizzo per le sofferenze subite; Lilburne una volta in libertà riallacciò immediatamente i rapporti con Cromwell. Inviò una lettera al futuro Lord Protettore, reo di averlo “dimenticato” in prigionia: “Se avessi voluto … vendicarmi della dura e quasi mortale prigionia subita, avrei potuto recentemente cogliere numerose occasioni per ripagarvi a dovere, ma mi sono rifiutato sdegnosamente di farlo, specialmente per il fatto che vi trovate in 64 S. R. Gardiner, Civil War, p. 207. 35 cattive acque; e questo vi sia di assicurazione, che se mai vi attaccherò, sarà quando sarete al sommo della potenza, qualora abbandoniate la retta via della verità e della giustizia. Ma se vi rimarrete con perseveranza e imparzialità, io rimarrò il vostro, sino all’ultima goccia di sangue nel mio cuore (malgrado ogni vostra recente ostilità nei miei riguardi)65”. Nel 1649 ricordando l’episodio dirà con ironia: “Salva un ladro dalla forca, e per tutta ricompensa egli sarà il primo ad impiccarti”, del resto i rapporti tra i due sono sempre stati molto complessi dettati dalla forte emotività. L’11 settembre del 1648 i Levellers in accordo con gli Indipendenti presentarono un documento, definito poi “Grande Petizione dell’11 Settembre” che poneva al centro dell’ordinamento la Camera dei Comuni, anche se vi furono particolari segni innovatori, poiché si trattò in sostanza di una mediazione tra i due partiti artefici della vittoria. La sovranità dei Comuni, disciplinata dalle clausole 1, 2 e 3 prevedendo comunque una forma monarchica sebbene mitigata, proclamano la sovranità dei Comuni, respingono il potere di veto del re e della Camera dei Lord, chiedono parlamenti annuali. La clausola 25 chiede il giudizio degli “autori e promotori capitali delle guerre passate o presenti, molti dei quali sono in vostro potere” nella clausola 6 si dichiara “egualmente soggetti ad ogni legge della nazione, fatta o da fare, tanto i re, le regine, i principi, i conti, i duchi, quanto tutte le persone; in modo che tutte anche le più elevate, temano e guardino con terrore venerando la pubblica quiete e i diritti privati personali o reali, né si attestino a calpestarli” La clausola 4 regola la questione religiosa: “Ci aspettavamo che sottraeste le questioni di religione e di culto al potere coercitivo o restrittivo di qualunque autorità sulla terra e riservaste all’autorità sovrana il solo potere non coercitivo di stabilire un modo pubblico di venerazione del Signore, in modo da evitare per sempre un’abbondanza di sciagure, persecuzioni e rimorsi”. La clausola 23 prosegue condannando: “L’esempio di passati parlamenti tirannici e superstiziosi nell’emanare decreti, ordinanze o leggi e nel fissare leggi riguardanti opinioni o cose sovrannaturali, definendole ora bestemmie ora eresie”. La clausola 16 infine elimina le decime, invitando a mantenere i ministri pubblici in modo più equo. La clausola 5 pone il divieto della coscrizione obbligatoria “che abdicaste, in voi e in tutti i rappresentanti futuri, al potere di arruolare con la forza o costringere chicchessia a servire in guerra, perché nessuna cosa, più di questa è contraria alla libertà”. Altre clausole riguardano l’esigenza di riforma della giustizia come la numero 7 che sottrae alla giurisdizione della Camera dei Lord i non nobili, o la clausola numero 8 sostenuta con fermezza dai livellatori “tutti i processi devono avvenire 65 “Lettera di J. Lilburne”, 3 agosto 1648, in: N.H. Brailsford, I livellatori e la rivoluzione inglese, Milano, Il Saggiatore, 1962, vol. I p. 385. 36 mediante giuria. Nessuno deve essere sottoposto a domande pregiudizievoli per la sua incolumità”, la numero 8 vieta la prigionia per debiti ed infine la numero 15 introduce il principio delle pene graduate in base alla gravità dei reati. Sono introdotti anche altri provvedimenti di natura economico-sociale, come l’abolizione delle compagnie monopolistiche, la sostituzione delle accise con imposte dirette, provvedimenti clemenziali come l’amnistia a favore dell’esercito, o la clausola 12 che prevede l’abbattimento di recinzioni di brughiere e terreni comuni, solo se eseguite di recente. La clausola 18 esprime a chiare lettere il sentimento nei confronti della proprietà, facendo assumere ai Comuni: “per voi e per ogni parlamento futuro, l’impegno di non abolire la proprietà, di non livellare le tenute, e di non rendere tutte le cose comuni”. Da tale testo spiccarono tre principi cardine del pensiero livellatore: la sovranità indiscussa della Camera dei Comuni, la tolleranza religiosa basata su uno stato laico e la tutela presente e futura del diritto di proprietà, sia nei confronti di terzi sia nei confronti dello stato. Le trattative con i presbiteriani e i realisti tenutesi a Newport naufragarono, poiché il timore che i livellatori potessero distruggere la nobiltà era troppo forte. L’esercito compilò la “Remostrance”, un colossale documento composto da settanta pagine da indirizzare ai Comuni, con cui si attribuì le vittorie del parlamento a Dio e ai costumi morigerati dei “Santi”. In molti punti il testo appare molto simile ai principi espressi con la “Grande Petizione dell’11 Settembre”, infatti si accettò la sovranità popolare, la supremazia della Camera dei Comuni, si riprese l’idea dei livellatori di un re elettivo66, omettendo però il divieto di coscrizione, il pagamento delle decime, l’imprigionamento dei debitori. Si rinviò poi l’emanazione di una costituzione su modello del Patto del Popolo, non ad un’assemblea eletta direttamente dal popolo, ma allo stesso parlamento. Su questo ultimo punto i Livellatori raggiunsero un prezioso accordo, mediando e riuscendo ad ottenere che tale Patto fosse realizzato da un comitato formato da sedici persone, rappresentative delle forze leali, quattro per ciascuna forza, e comprendendo l’esercito, gli Indipendenti, i Levellers, i parlamentari fedeli. All’avvio delle trattative tra le parti vincitrici, il 16 novembre Fairfax a nome dell’esercito iniziò una negoziato con Carlo, chiedendo al monarca concessioni minime, come il controllo da parte di un Consiglio di Stato (organo esecutivo) sulle forze armate e la rinuncia al diritto di nomina delle alte cariche del regno. All’evasività del re, rispose il Consiglio degli ufficiali approvando la “Remostrance” che rinviava a giudizio Carlo, la quale fu presentata ai Comuni, dopo settimane di silenzio causato da continui rinvii, segno evidente che l’ennesima trattativa era fallita. L’esercito ruppe gli indugi, il 6 dicembre truppe 66 J. Lilburne aveva da sempre sostenuto la natura elettiva della monarchia inglese. 37 comandate da Thomas Pride67 occuparono la Camera dei Comuni provvedendo all’epurazione di tutti i deputati presbiteriani: è la cd. “Pride’s Purge68. Il 30 gennaio del 1649 il “parlamento tronco69“ giudicò il re per alto tradimento e lo condannò a morte. La sentenza, che recò la firma di Oliver Cromwell, fu eseguita il 9 febbraio. Il 19 maggio il parlamento dichiarò ufficialmente la fine della monarchia e instaura la repubblica. 67 Militare inglese durante la guerra civile fu capitano sotto il comando del conte di Essex per diventare ben presto colonnello. Pride si distinse alla battaglia di Preston (1648). Oltre all’occupazione di Londra e alla celebre “purga”, Pride fu anche uno dei giudici al processo che condusse alla condanna a morte di Carlo I, durante l’Interregno comandò la fanteria a Dunbar a Worcester, fatto cavaliere nel 1656, si oppose allo stesso Cromwell al conferimento della dignità reale. 68 “Purga di Pride”. 69 Cd. “Rump Parliament”. 38 §6. L’epoca repubblicana e le nuove istanze di Lilburne Il 20 gennaio del 1649 re Carlo I venne processato e condannato per alto tradimento. La sentenza di morte pronunciata dal tribunale rivoluzionario fu un evento epocale, ma non fece altro che tradurre in linguaggio giuridico formale ciò che era già stato decretato sul piano politico. Se Ireton e Harison erano certi e sicuri della condanna alla pena capitale, Cromwell e Fairfax furono più titubanti. I livellatori pur nella tragedia della condanna mantennero la loro coerenza, giacché in un pamphlet datato 1647 “Regal Tyrannie discovered” John Lilburne chiedeva la destituzione del re, il suo processo e la sua condanna a morte, richieste anche nella Grande Petizione dell’11 settembre del 1648. Sicuramente il partito livellatore non poteva che riconoscere l’esigenza di un processo e di una condanna di Carlo I infatti, nell’opera “Legall Fundamentall Liberties” Lilburne affermava che tutti i leader del movimento erano favorevoli a tale decisione che fu approvata dal consiglio rappresentativo partito anche se emergono forti dubbi sulla coesione unanime di tale scelta. Brailsford afferma: “Alla vigilia della purga di Pride, mentre la delegazione livellatrice trattava con Ireton e Harrison sul destino del Patto del Popolo, Walwyn sia stato decisamente contrario alla marcia dell’esercito su Londra … Qualche mese dopo, rimuginando gli avvenimenti dell’inverno appena trascorso nella quiete del carcere della Torre, Walwyn pronunziò il più dignitoso di tutti i commenti contemporanei sulla fine del regno di Carlo, approvando i Comuni per aver messo fine alla sua «usurpazione», ma rammaricandosi che lo avessero ucciso perché la sua era una «tirannia ereditiera»70”. Secondo Walwyn l’unico crimine commesso da Carlo I era quello di aver seguito le orme paterne, e si consola “forse, grazie questo esempio, altri re sapranno di non essere padroni ma sudditi della legge71”. Se Walwyn ebbe qualche incertezza, Overton dalle colonne del “The Moderate” approvò in pieno il processo e la condanna del re definendolo “l’atto supremo di giustizia che l’Inghilterra abbia mai conosciuto72“. Lilburne, invece, pur approvando l’esecuzione del re, sosteneva che il diritto a giudicarlo non spettava né al Lungo Parlamento, poiché aveva esaurito il suo mandato, neppure al Parlamento Rump73, occorreva eleggere al più presto una camera rappresentativa, eletta su base democratica così come esposto 70 N.H. Brailsford, I Livellatori e la rivoluzione inglese, Milano, Il Saggiatore, 1962, vol. II p. 503. 71 W. Walwyn, Tyranipocrit, 1649, pp. 54-56. 72 R. Overton, The Moderate, 6-13 marzo, 1649. 73 Anche se letteralmente significa sedersi, può essere attribuito il termine superstite, ovvero ancora in grado di sedersi nel parlamento e da riferirsi al gruppo di parlamentari rimasti in carica dopo che Cromwell ebbe epurato la maggioranza presbiteriana, espellendone 121 membri nel 1648. 39 nel Patto del Popolo. Inoltre sosteneva che la figura dell’Alta Corte di Giustizia era un tribunale straordinario, di natura squisitamente politica, lamentandone la sua faziosità ricordava la posizione dei livellatori: un parlamento non può condannare se ciò non è previsto da nessuna legge, principio che già Ulpiano affermava “Nullum crimen, nulla poena sine praevia lege poenali” e che sarà il cardine del diritto moderno. Secondo Lilburne il re aveva il diritto come ogni altro cittadino di essere giudicato da una magistratura ordinaria, per questo senso di equità e di legalità egli offrì il suo aiuto per la difesa dei tre capi realisti, Holland, Hamilton e Capel, intuendo forse che le tutte le battaglie a favore della libertà sarebbero state spazzate via da una dittatura militare. L’idea repubblicana era nell’essenza stessa del Nuovo Modello e dei Levellers richiamando principi da sempre sostenuti come la sovranità del popolo, il parlamento unicamerale, il suffragio universale maschile, l’elezione dei magistrati e dei parroci. Nel pensiero livellatore la monarchia è l’origine di ogni oppressione e nonostante tutto non potevano che guardare con favore l’esecuzione del re. Una volta eseguita la sentenza di morte, si aprì per la neonata repubblica uno scenario inquietante, poiché l’Irlanda unita74 per la prima volta si ribellava alla riconquista, nelle campagne e nelle provincie nacque un sentimento ambiguo nei confronti di Carlo I, la morte aveva cancellato il ricordo sgradito di un principe incapace, e prese posto nelle coscienze l’immagine del martire regale. Nel Commonwealth, complice il clima che pregiudicò i raccolti, salì un onda di profonda sfiducia che ben presto si tradusse in una crisi economica. La disoccupazione e la fame, accompagnate da sfiducia dovuta dall’esecuzione del re e dal pessimismo della classe possidente, facevano presagire il peggio. Il giornale dei Levellers, il “The Moderate” illustra la situazione pubblicando con una serie corrispondenze dalla provincia: “Molti del contado … gridano che non trovano impiego, mentre le loro famiglie muoiono di fame… e chiedono all’Esercito e al Parlamento di prendere sollecite misure per mettere al lavoro tutti i poveri75” tale corrispondenza viene da un’area tipicamente industriale come il Somerset. La situazione non migliorava nelle campagne, un altro corrispondente, descrive la situazione da Lancaster: “Non abbiamo pane da mettere in bocca… i poveri muoiono d’inedia76”. Di fronte a questa realtà, il Parlamento Rump non diminuì gli effettivi dell’esercito, con il chiaro scopo di evitare ogni pericolo di rivolte e con l’idea di riconquistare al più presto l’Irlanda. Mantenere un alto numero di militari implicava un costo 74 La rivolta comprendeva sia la gentry protestante del sud sia la maggioranza cattolica confederata. 75 The Moderate, 3-10 aprile. 76 Ibid. (13 aprile). 40 enorme che gravava interamente sulle popolazioni già piegate dalle imposte indirette, soprattutto dell’accisa. I livellatori proposero di ricorrere ad un imposizione diretta, per alleggerire il popolo dall’enorme carico fiscale, ma il parlamento rifiutò il suggerimento, temendo l’impopolarità tra le classi possidenti. Per lo stesso motivo evitò di agire contro la corruzione che dilagava tanto a Westminster, quanto nelle contee, addirittura per mantenere o comprare la fedeltà di politici e guerrieri si spinse a elargire prebende e privilegi. Il malumore tra i contribuenti crebbe ulteriormente quando si discusse l’elezione del nuovo organo esecutivo. Il parlamento scelse uomini rispettabili, quasi tutti appartenenti alla nobiltà possidente. L’unico che non apparteneva al ceto possidente era il generale Philip Skippon, che comunque era un conservatore, due pur essendo grandi proprietari erano vicini al movimento livellatore: colonnello Henry Marten, e Thomas Grey, Lord Grey of Groby. Vi erano quattro conti, due dei quali erano appartenuti alla Camera Stellata, diciassette erano pari, o primogeniti dei pari, o appartenevano alla piccola nobiltà. L’organo si componeva poi di sei avvocati o giudici superiori, e due aldermanni della City. Solo undici membri erano regicidi, mentre i restanti ventidue membri biasimavano la condanna del re. Il nuovo organo così formato per rassicurare l’opinione pubblica più conservatrice prese il nome di Consiglio di Stato, sostituendo l’antico Consiglio Privato. Le differenze tra i due organi erano davvero minime, il Consiglio di Stato manteneva gli stessi poteri, tra cui quello di convocare, interrogare e incarcerare chiunque, e aveva potere di vita o di morte, ma la nomina, non era più regia, ma parlamentare. Il motivo per cui la neonata Repubblica Inglese non si tradusse in un regno di terrore, come accadde in Francia, era da ricercare anche nelle idee promosse dai livellatori i quali si batterono per un costante richiamo alla tradizione, a governo limitato e all’invito ai soldati di fare uso della forza limitato alla giusta causa. Il 26 febbraio del 1649 nella Camera dei Comuni Lilburne illustrò un progetto contenente una serie di proposte tra cui l’abolizione integrale delle decime e anche Henrt Marten presentò un disegno di legge volto all’abolizione dell’imprigionamento per debiti, ma furono resi vani dall’abile opposizione dei giuristi. Il Parlamento non rimase indifferente alle critiche e intraprese dal 15 gennaio una politica di forte repressione, con la soppressione delle stampe e delle pubblicazioni autorizzate, con la punizione non solo degli autori, ma anche dei tipografi, librai, e il sequestro dei torchi. Lo stesso Fairfax fu incaricato ad utilizzare l’esercito con funzioni di polizia militare. Alla minaccia i livellatori risposero compatti con una serie di petizioni e la prima del 19 gennaio rivolta ai comuni aveva come obiettivo la difesa della libertà di stampa sottolineando che non vi è libertà o sovranità popolare laddove vi è censura. 41 Gli indipendenti cercarono con ogni mezzo di controllare il dissenso livellatore, offrendo loro cariche lautamente pagate. E’ lo stesso Lilburne ad affermarlo nel suo “Legall Fundamentall Liberties77” dove spiega il suo rifiuto, giacché non poteva servire un “parlamento da burla” né accettare che la sua retribuzione venisse “dalle viscere e dagli stomaci vuoti”. Nei livellatori vi è la concezione profonda che il governo sia un male fino ad arrivare a quella di rigetto totale come quella di Walwyn che la definisce non cristiana. I livellatori, intuito l’evolversi della situazione, cercarono con ogni mezzo di evitare l’avvento di una dittatura militare, adottando l’unica strategia possibile ossia impedire a Cromwell di controllare interamente l’esercito facendo circolare tra la truppa una petizione per modificare il rigido codice militare e riformare la legge marziale. La suddetta proposta derivante da civili su questioni disciplinari attinenti all’esercito era intollerabile per gli alti gradi delle forze armate infatti, nella seduta del 22 febbraio il Consiglio Generale degli ufficiali limitò il diritto dei soldati a presentare petizioni. I Grandi dell’esercito invitarono lo stesso Cromwell a punire con leggi severe chi alimentava la sedizione nell’esercito. Queste minacciose conclusioni fecero prendere la penna a Lilburne che compose uno dei più importanti pamphlet “Englands New Chains Discovered78” (l’analisi di tale testo sarà affrontata più avanti vedi cap. 7) che presentò ai Comuni il 26 febbraio. Inoltre l’autore fu autorizzato a parlare per presentare le sue richieste, sintomo che la forza del partito era divenuta ormai temibile. La proposta dei livellatori fu ascoltata dall’esercito e il 1° marzo otto cavalieri si presentarono a Fairfax una petizione, dove riprendendo “Englands New Chains Discovered” affermavano di essere: “soldati inglesi chiamati a difendere le libertà d’Inghilterra, non mercenari stranieri venuti per danno a massacrare il popolo” ricordando a Fairfax che un tempo aveva sostenuto che “l’essere soldati non ci priva dei nostri diritti di cittadini79”. I soldati furono arrestati, tre fecero formale atto di sottomissione, gli altri cinque furono condannati a morte, pena poi convertita nella destituzione con disonore. L’azione dei Levellers s’incentrò in quella che oggi potremmo definire disobbedienza civile, affliggendo pamphlet, incitando la popolazione civile a non pagare le accise e a fornire alloggio a credito all’esercito. Lo stesso Henry Marten inviò emissari per esortare il popolo a non pagare quelle che definiva imposte irragionevoli. 77 “Libertà legali fondamentali”. “Le nuove catene dell’Inghilterra disvelate”. 79 La drammatica vicenda è raccolta nell’opera N.H. Brailsford, I Livellatori e la rivoluzione inglese, Milano, Il Saggiatore, 1962, vol. II, pp. 519-520. 78 42 La decisiva rottura con gli Indipendenti cromwelliani avvenne con due pamphlet il 21 e il 24 marzo. Nel primo ad opera di Overton “The Hunting of the Foxes from New-Market and Triploe Heaths to Whitehall, By five small Beagles (late of the Armies)80 vi è una difesa accanita del diritto dei soldati di esprimere le loro idee politiche domandando la ragione del divieto alla truppa di partecipare alla vita politica e del motivo per cui tale imposizione non era estesa anche agli ufficiali. Overton predice che l’usurpazione del Consiglio di Stato finirà per diventare una nuova monarchia. Il secondo pamphlet ad opera di Lilburne è la parte seconda di “Englands New Chains Discovered”, in un tono rabbioso si scaglia su Cromwell e sui Grandi, definiti opportunisti alla caccia del potere, che lavorano al solo scopo di rendere l’esercito uno strumento personale, trasformando il Nuovo Modello in “una banda di sanguinari e inumani massacratori di uomini81”. L’opera si chiude con due inviti alla Camera dei Comuni: adottare il Patto del Popolo e di conseguenza procedere quanto prima all’elezione di un nuovo parlamento; il secondo era che l’esercito fosse sottoposto a un organo elettivamente rappresentativo del popolo. 6.1 La repressione di Cromwell Cromwell rispose con una fermezza insolita al duro attacco contenuto nella “Englands New Chains Discovered” seconda parte,infatti il 27 marzo del 1649 la Camera dei Comuni approvò una mozione di condanna del testo. Il testo “Englands New Chains Discovered” venne giudicato “scandaloso e sedizioso … di contenuto oltremodo falso, scandaloso e riprovevole … in alto grado sedizioso e sovversivo del presente governo così come il Parlamento l’ha proclamato e stabilito, e mira a suscitare discordie nell’Esercito, a scatenare una nuova guerra nel Paese, e ad impedire la liberazione ora in corso dell’Irlanda82”. La condanna si estese anche agli autori del pamphlet, giudicati rei di alto tradimento appoggiata anche Cromwell e Sir Arthur Haslerig. Il cardine delle accuse s’incentrò sulla natura sovversiva volta ad ammutinare l’esercito, con l’invito al termine delle requisitorie al Consiglio di Stato di scoprirne gli autori. Durante la notte del 28 marzo quattro distaccamenti di cavalleria, forti di 100-200 80 “La caccia dell volpi da Newmarket e Triploe Heaths fino a Whitehall da parte di cinque piccoli Beagles già dell’esercito”. 81 J. Lilburne, “Libertà fondamentali”, in: V. Gabrieli, Puritanesimo e libertà, Torino, Einaudi, 1956, p. 231 82 La mozione è contenuta in: N.H. Brailsford, I Livellatori e la rivoluzione inglese, Milano, Il Saggiatore, 1962, vol II, p. 527. 43 uomini, circondarono le abitazioni di Lilburne, Overton, Walwyn, e Thomas Prince83 arrestandoli e scortandoli a Whitehall. Il Consiglio di Stato li interrogò, Lilburne li affrontò con sarcasmo e sdegno negando ai Comuni il diritto di costituirsi come tribunale e invocò la separazione dei poteri fra legislativo e giudiziario, mentre Overton propose una mediazione tra esercito e partito livellatore, tentando di ritrovare l’unità. Il presidente del Consiglio di Stato, Bradshaw, chiese individualmente a ciascuno se era l’autore del testo, ma tutti non risposero, rispettando il principio secondo cui nessuno può incriminare se stesso o i compagni. Il Consiglio approvò anche se per un solo voto la mozione di Cromwell che chiedeva che i quattro fossero inviati alla Torre di Londra. Nei giorni di prigionia furono numerosi i pamphlet tra cui quello di Walwyn “La fonte della calunnia rivelata84” e quello di Lilburne “Ritratto del Consiglio di Stato85”. Furono presentate molteplici petizioni, la prima alla fine di marzo che recava 10.000 firme, in cui si richiedeva la libertà o un equo processo per i prigionieri della Torre, la seconda più aggressiva raccoglieva le firme del solo quartiere di Westminster e si reclamava la libertà per i quattro detenuti colpevoli solo di aver tentato di “ ricondurre il potere militare a un’effettiva subordinazione all’autorità civile”. Altre petizioni vennero dal quartiere Southwark e dall’Essex, il 23 aprile alcune centinaia di donne portarono alla Camera una petizione firmata da 10.000 donne che chiedevano l’approvazione del Patto del Popolo oltre alla liberazione dei reclusi. Sostegno arrivò pure dalle file realiste, dalle pagine del quotidiano “Mercurius Pragmaticus86” che definì la Camera “i cannibali westmisteriani” invitando i livellatori a non farsi “menar per il naso”. Così iniziarono da parte realista gli approcci per un’alleanza con i livellatori. Il “Mercurius Pragmaticus” pubblicò anche un riassunto della prima parte del “Englands New Chains Discovered”. Le misure repressive messe in atto da Cromwell non erano dovute a dissidi personali, la causa della rottura fu la necessità di tenere unito l’esercito, nella prospettiva di invadere l’Irlanda. I livellatori non volevano nient’altro che l’applicazione del Patto del Popolo come presupposto minimo per garantire la libertà della Repubblica, condizione che non poteva essere accettata da un conservatore come Cromwell che temeva il suffragio universale maschile e il pericoloso decentramento. Il Lord Protettore aveva un’altra idea di Stato non una federazione di contee semiautonome difese da milizie cittadine come quella che delineava il Patto del 83 Grossista di formaggi e Tesoriere del partito livellatore. W.Walwyn, The Fountain of Slaunder Discovered, 1649. 85 J. Lilburne, The Picture of the Councel of State, 1649. 86 Mercurius Pragmaticus, numero del 20-27 marzo, 1649. 84 44 Popolo, ma un’Inghilterra imperiale. Nel 1649 più che verso le riforme promosse dal Patto del Popolo, il suo sguardo era rivolto verso l’Irlanda. 6.2 La lotta per la libertà dell’Irlanda La legge della politica di ogni tempo suggerisce che una guerra di conquista vada sempre mascherata come guerra di difesa, e Cromwell fece leva sulle paure inglesi, paventando lo spettro dell’invasione irlandese, proprio come sveva fatto Pym per rovesciare il Conte di Strafford. Questa mossa iniziò a farsi largo nella mente di Cromwell con il chiaro scopo di ricompattare la Repubblica e mettere con le spalle al muro i livellatori. O questi cessavano di seminare discordia e dissenso, o i “vili barbari” sarebbero piombati sull’Inghilterra, in un discorso tenuto alla Whitehall. Il 23 marzo del 1649 agli ufficiali affermò: “In brevissimo tempo essi saranno in grado di sbarcare le truppe in Inghilterra... Io preferirei essere invaso da forze realiste piuttosto che scozzesi, da forze scozzesi piuttosto che irlandesi, e credo che il pericolo maggiore fra tutti sia l’ultimo. Se li lasceremo condurre a termine la loro opera, essi faranno di noi un popolo più miserabile di questa terra, perché tutto il mondo conosce la loro barbarie87”. Il giorno successivo gli ufficiali si riunirono per decidere quali reggimenti destinare alla spedizione irlandese, e votarono una mozione per concedere al Comandante in Capo i poteri per trattare con il nemico, che si estendessero, fino alla possibilità di concludere una pace senza imporre condizioni umilianti, onde evitare lo sradicamento degli indigeni o lo spogliamento delle loro terre, offrendo la possibilità di una pace tollerabile. Questi poteri, votati e approvati, furono proposti dal colonnello Whalley, uomo onesto e ben pensante, con l’intenzione evidente di ricercare un compromesso con il partito livellatore. Come afferma il Brailsford “per quella campagna si richiedevano, oltre alle frasi umane, quattro reggimenti di cavalleria, quattro di fanteria, e cinque compagnie di dragoni88”. Per i Livellatori le parole e le buone intenzioni non potevano bastare, il compromesso fallì, se i Cromwelliani avevano rifiutato il Patto del Popolo, i Levellers non avevano nessuna ambizione di riconquistare l’Irlanda. In onor di verità occorre ricordare che nella mente di Cromwell si profilava un’invasione in grande, e per questo indusse il parlamento a votare per le forniture militari di sostentamento alla fanteria: duemila casacche e pantaloni e, in considerazione della modesta paga, altre duemila casacche supplementari. L’esercito già provato dal 87 N.H. Brailsford, I Livellatori e la rivoluzione inglese, Milano, Il Saggiatore, 1962, vol. II, p. 537. 88 N.H. Brailsford, I Livellatori e la rivoluzione inglese, Milano, Il Saggiatore, 1962, vol. II, p. 539. 45 malcontento causato dagli arretrati nel 1647, votò per tre mesi di paga anticipata, e obbligazioni a copertura dell’ammontare complessivo degli arretrati dall’anno di costituzione del New Model89. Raccogliere tutto quel denaro era un’impresa davvero ardua, ma del resto non erano disposti ad arruolarsi per l’Irlanda se non alle condizioni approvate dai rappresentanti eletti all’interno dell’esercito, così l’elezione di Agitatori e della convocazione di un Consiglio Generale davvero rappresentativo del Nuovo Modello divennero nella primavera del 1649 richieste sempre più esplicite e insistenti. Ciò può sembrare strano ad un uomo dei giorni nostri, abituato alla coscrizione militare, ma, allora non vi erano coscritti, ma volontari accorsi sotto le armi per difendere il parlamento e la patria, e che non si potevano spedire in Irlanda senza il loro consenso. Per i livellatori civili l’avventura irlandese sollevava problemi anche più vasti, essi guardavano con orrore al cambiamento del Nuovo Modello, ormai divenuto un esercito mercenario e di carriera. Le loro idee e il loro codice morale non avevano confini, e si estendeva ben oltre i confini inglesi, considerando i cattolici irlandesi non come “vili barbari” ma, uomini come tutti gli altri. Questa nuova concezione della moralità internazionale troverà espressione nella primavera del 1649 con un pamphlet che affermava: “La bandiera dei soldati inglesi, sotto la quale rifugiarsi per saggezza e comprensione in questi luttuosi giorni di ritirata, da leggersi da ogni ufficiale onesto ai suoi soldati, e dai soldati l’uno all’altro90”. Gli storici sono concordi nell’attribuire tale pamphlet alla penna di Walwyn, il quale scuote il lettore con un richiamo all’apocalittica Dies Irae: “La giustizia divina non si accontenterà che sosteniate di aver ucciso in ubbidienza al vostro generale; nessuno potrà rispondere come in passato, che ha tolto la vita per quei giusti fini che sono i diritti e le libertà del popolo”. Successivamente l’opera esorta ad una riflessione: “Se siete saggi, fermatevi un momento... Certo sarà bene, prima di mettervi in cammino, che provvediate affinché i diritti e le libertà del popolo, in nome dei quali prendeste le armi in coscienza e giudizio, vengano precisati e garantiti dal Patto del Popolo, e non li lasciate all’arbitrio e alla mercé di un Consiglio di Stato, o di un Parlamento fittizio. Con questo appello Walwyn detta il percorso politico da intraprendere, per prima cosa la nomina di una rappresentanza effettiva dell’esercito, mediante libere elezioni. In un’altra parte mette la sovranità della coscienza in materia di condotta personale infinitamente al di sopra della giurisdizione dello Stato, anche se poggia su basi democratiche, affermando: “I vostri grandi ufficiali sono arrivati al punto, che voi doveste ubbidire ai loro comandi, anche se sono comandi di uccidere e massacrare, senza chiedere il 89 Costituitosi nel 1645. Così recita in lingua originale: “The English Soldiers Standard, to repair to from Wisdom and Understanding, in these doleful, back-sliding Times: to be read by every honest officer to his soldiers and by the soldiers to one another”. 90 46 perché, come la chiesa di Roma mantiene in ubbidienza cieca i miseri Papisti, così...essi vorrebbero tenere voi, in modo che vi lasciaste guidare (come cavalli) ora in un senso ed ora in un altro, ora in Irlanda ora in Scozia o altrove... Ma chi corre a uccidere il prossimo solo per il comando o per il giudizio altrui, o per il denaro, è condannato da se stesso come assassino nella sua coscienza, qualunque ne sia la causa; e, prima o poi, non sfuggirà ai giudizi di Dio”. Che tutto il partito livellatore condannasse una guerra di conquista, risulta nel New Engagement or Manifesto già nell’agosto del 1648, dove si chiedeva di riesaminare il problema irlandese in un’ottica di pace e collaborazione. L’atteggiamento tenuto dai livellatori potrà sembrare utopistico, sopratutto per il fatto, che lo scontro era già acceso tra le parti, le efferatezze già non si contavano più, sia dall’una che dall’altra parte. Se i livellatori si illudevano che l’ideale democratico contenuto nel Patto del Popolo avesse una tale forza persuasiva, i cromwelliani erano vittime di una cecità forse peggiore, scambiando gli irlandesi per selvaggi. Mentre il quartier generale era impegnato con la scelta91 dei reggimenti che dovevano imbarcarsi per l’Irlanda, i Levellers dettero alle pubblicazioni un nuovo manifesto costituito da diciotto domande, che brutalmente, mettevano in discussione il diritto di riconquistare l’Irlanda. Composto in una serie di domande, invitava i soldati ad opporsi alla spedizione e illustrava un piano per creare un libero stato irlandese. Del volantino non vi è traccia, poiché si poteva incorrere nel reato di alto tradimento per l’istigazione all’indisciplina dell’esercito, per questo non vi è copia. La sua ricostruzione è facile, poiché i cromwelliani, evidentemente turbati dalla diffusione, lo pubblicarono insieme con una lunga e minuziosa risposta sul “Moderate Intelligencer”. Occorre analizzare i punti essenziali di tale opera, anche per capire il fascino che esercitarono sull’esercito: 1- La terra o eredità che qualunque nazione ha goduto per tante centinaia d’anni.. non è forse un diritto che Dio e la natura le hanno dato? 3- Abbiamo noi il diritto di privare un popolo della terra che Dio e la natura gli hanno dato, e imporgli leggi senza il suo consenso? 5- E’ lecito considerare ribelli i conquistati, se, in un momento qualsiasi, cercano di liberarsi e riprendere ciò che è loro? 6- Che cosa furono mai Giulio Cesare, Alessandro Magno, Guglielmo Duca di 91 Scelta che avveniva con estrazione e sorte, il destino scelse: quattro reggimenti di cavalleria (di Ireton, Lambert, Scroop e Horton), quattro reggimenti di fanteria (di Deane, Hewson, Ewer e Cooke) e cinque compagnie di dragoni, in: N.H. Brailsford, I Livellatori e la rivoluzione inglese, Milano, Il Saggiatore, 1962, vol II, p. 545. 47 Normandia e ogni altro grande conquistatore del mondo, se non dei ladroni senza legge? E sottrarre leggi e libertà ai vicini, non è altrettanto ingiusto quanto derubarsi a vicenda fra compaesani? 9- Non è dovere di ogni uomo onesto impedire, per quel che può la spedizione ventilata? 10- Coloro che pretendono di essere liberi (come gli Inglesi adesso), non si rendono forse del tutto inescusabili usurpando le libertà d’altri? E il carattere di un vero patriota non è forse di lottare per la giusta libertà di tutti come per la sua? 12- Gli Inglesi non farebbero come hanno fatto gli Irlandesi se questi li spodestassero, e tiranneggiassero su di loro? 14- La guerra con L’Irlanda, se continuasse, non diverrebbe permanente e rovinosa per L’Inghilterra... E una conquista totale controbilancerà forse le ricchezze e il sangue che vi saranno spesi, considerando sopratutto la perdita eterna di chi muore in una contesa ingiusta? 15- Lo stato d’Inghilterra, ora nella pienezza della sua potenza, non dovrebbe mandare a proclamare l’Irlanda stato libero..non desideroso che d’essere in mutua lega ed amicizia, di cercare la pace e il benessere l’uno dell’altro... e ciò non sarebbe, sotto tutti gli aspetti, altrettanto vantaggioso allo stato e al popolo d’Inghilterra, quanto la loro conquista, tenuto conto della spesa? L’opera di Walwyn in un certo senso anticipa quello che sarà il pensiero illuminato di Locke, si può notare la stretta somiglianza sul tema religioso92, oppure si osservi, riguardo alla proprietà della terra, dove afferma: “Dio, che ha dato la terra in comune agli uomini, ha dato loro anche la ragione, onde se ne servissero nel modo più vantaggioso per la vita e il benessere loro... E per quanto tutti i frutti che essa naturalmente produce e gli animali che sostenta appartengono in comune all’umanità”. Se tale testo appare di forte innovazione, il partito di governo ripeterà fino alla noia la medesima litania che gli irlandesi sono assassini, e come tali da punire; e che essendo “selvaggi come gli indiani93” gli inglesi hanno il dovere di “domare quelle bestie feroci”, e se casomai avessero avuto dei diritti sulla loro 92 Epistola sulla tolleranza, scritta nel 1685, nella quale Locke alla paura nascente del ritorno al Cattolicesimo contrappone la ricerca della tolleranza religiosa, attraverso la separazione fra Chiesa e Stato. 93 E’ presumibile che il testo di risposta sul “Moderate Intelligencer” faccia riferimento ai pellerossa. 48 terra, questi sono andati perduti con il loro comportamento incivile nei confronti del possesso pacifico inglese. Viceversa i livellatori intuiscono che il vero patriota non è colui che strappa le altrui terre per arricchirsi, ma chi lotta per la giusta libertà di tutti come per la propria. Il rispetto del diritto di conservare le proprie terre e le proprie libertà e l’intuizione di vedere il mondo secondo i principi, aldilà dei confini nazionali, in questo contesto il pensiero livellatore può essere considerato d’avanguardia, essi rischiarono sempre l’impopolarità, finirono in galera, e sfidarono la corda del boia onde evitare la riconquista e il destino infausto che seguì l’occupazione dell’Irlanda. I livellatori non seppero, e non vollero mai essere intellettuali da salotto, alle motivazioni di “guerra preventiva” offerte da Cromwell, risposero con la praticità diplomatica, e proponendo un libero Stato D’Irlanda amico, e legato da saldi accordi di neutralità94, un linguaggio moderno, che evidenzia le conoscenze del do ut des diplomatico. La volontà da parte irlandese di trattare è dimostrata dalla corrispondenza intercorsa in quell’anno, fra padre Crelly, agente di Owen Roe O’Neill, e il Consiglio di Stato. Padre Crelly chiese un decreto di amnistia, e la tolleranza della fede cattolica in tutto il Commonwealth, in cambio dell’appoggio leale della repubblica. Il Consiglio di Stato respinse ogni richiesta, così la situazione precipitò verso i massacri di Drogheda e di Wexford, la politica di spoliazione delle terre, il tentativo di distruggere i Cattolicesimo, e tre secoli di sfruttamento agrario. Il clima era talmente teso, che bastò una semplice controversia economica, un plotone di cavalleria si rifiutò di raggiungere il luogo di raccolta, poiché non avevano ancora ricevuto una parte degli arretrati. Sei insorti furono condannati a morte, pena poi commutata per intercessione di Cromwell, con la sola eccezione di Robert Lockyer, leader politico della rivolta. Il Brailsford riporta un’edizione del cromwelliano “Moderate Intelligencer” dove Robert Lockyer viene descritto come “uomo pio, di grande ingegno, e molto amato”. I Levellers ne fecero ben presto una bandiera contro i soprusi cromwelliani, e con una petizione e una lettera firmata da Overton e Lilburne, fecero di tutto per salvargli la vita. Fu fucilato davanti alla cattedrale di S. Paolo, e ai componenti del plotone d’esecuzione disse prima di morire: “Non credevo albergaste in voi principi così barbari e pagani da ubbidire ai vostri ufficiali nell’uccidermi, quando io non ho difeso se non ciò che è il vostro bene”. Le sue esequie sollevarono una forte indignazione contro il militarismo, e per l’occasione fu stampato un altro volantino che conteneva in versione ridotta l’appello di Walwyn ai soldati che chiosava invitando i militari a “tenersi ciascuno al proprio posto, ed eleggere immediatamente un nuovo Consiglio di Agitatori”. 94 Inoltre si richiedevano un certo numero di porti, trasformabili in basi navali, da usare come garanzia dell’osservanza del trattato. Soluzione poi prevista nel primo accordo angloirlandese del 6 dicembre del 1921, che istituiva l’Eire, ma concedeva alla Gran Bretagna l’uso di Queenstown (Còbh), e di altri porti come basi navali. 49 All’appello risposero prontamente diversi reggimenti di cavalleria, primi fra tutti quelli di Scroop, Ireton e Harrison, e il reggimento di Scroop il primo maggio arrivato a Bristol per imbarcarsi, vi si fermò. E proprio da Bristol che viene un documento unico, intitolato The Soldiers Demand. Il fatto insolito è che non si tratta di documento scritto dai livellatori civili, ma di un testo attribuibile al reggimento di Scroop e nel quale si legge il risentimento contro la classe politica: “Se gli uomini non ricevono la paga e vanno in giro seminudi, la ragione può essere che i quattrini rimangono appiccicati alle dita degli ufficiali, mentre le vedove dei caduti devono accontentarsi di una pensione da mezza corona la settimana (nemmeno pagata); e il povero storpio senza braccia o senza gambe di dieci groats (1/3 di scellino), il denaro non gli basta nemmeno per un paio di grucce. Di tutto questo sono responsabili il generale e i Grandi, visto che controllano il parlamento. Ma è forse detto che i soldati debbano essere sempre agli ordini e andare dovunque essi li chiamino pena l’espulsione e la confisca degli arretrati? Sarebbe un’infamia se, per imporre la disciplina verso gli ufficiali, i soldati si fucilassero o si impiccassero a vicenda!”. L’appello prosegue e assume connotati non solo economici: “ Che cosa andiamo a fare in Irlanda, per combattere e massacrare un popolo ed una nazione (giacché i Grandi poggiano sulla crudeltà e l’assassinio della povera gente, che è tutto ciò di cui essi si gloriano), che non ci hanno fatto alcun male? Abbiamo guazzato fin troppo in questo fiume scarlatto di sangue innocente e Cristiano95”. Segno che l’opera dei livellatori era stata pienamente compresa. Il reggimento di Scroop il primo maggio del 1649 si rifiutò di marciare verso l’Irlanda, il loro scopo non era quello di iniziare una terza guerra civile, ma la convocazione di un Consiglio Generale dell’Esercito, che ascoltasse le lamentele degli Agitatori eletti, e ponesse riparazione alle ingiustizie. L’atmosfera s’infiammò quando anche altri quattro plotoni del reggimento di cavalleria di Ireton si unì alla protesta. Gli ammutinati non ebbero un comandante in capo, e dopo la fuga degli ufficiali, le operazioni furono dirette dal Consiglio degli Agitatori tratti dai sei reggimenti ribelli96, dopo dodici giorni di incertezze, l’11 maggio gli Agitatori lessero a Salisbury un proclama, che fu prontamente approvato, e che si limitava a chiedere di ristabilire “la nostra libertà vacillante”, eludendo ogni riferimento di carattere politico. Esso non ricordava il Patto del Popolo, sosteneva solamente illegittimità del sorteggio effettuato senza il preventivo consenso delle unità da destinare alla guerra irlandese, privasse i soldati delle libertà sancite nell’Impegno del 1647, inoltre insisteva sulle rivendicazioni economiche, e infine chiedeva la convocazione del Consiglio. Intanto nella contea 95 N.H. Brailsford, I Livellatori e la rivoluzione inglese, Milano, Il Saggiatore, 1962, vol. II p. 553. 96 Quattro di cavalleria (di Scroop, Ireton, Harrison e Horton), e due di fanteria (di Skippon e Ingoldsby). 50 di Oxford, un gruppo di livellatori brandì le armi sotto la guida del capitano97, i ribelli erano perlopiù da soldati del reggimento di cavalleria di Reynolds e qualche formazione locale dell’Oxfordshire. William Thompson pubblicò un manifesto, intitolato Englands Standard Advanced, tale testo contrasta con il proclama fatto dalle truppe a Salisbury, concentrandosi più sull’aspetto politico che sulle rivendicazioni dei soldati, e li chiama più alla ribellione che all’ammutinamento. In esso c’è la volontà di riorganizzare lo stato secondo il Patto del Popolo, e il giuramento di vendetta per i prigionieri nella Torre, termina con un proclama di solidarietà con gli ammutinati di Salisbury. La resistenza degli insorti dell’Oxfordshire durò poco, raggiunti a Banbury dal colonnello Reynolds furono ben presto dispersi, tranne Thompson che rifiutò la resa e dopo aver dato battaglia, si ritirò alla macchia insieme a un gruppo di fedelissimi. La notizia dell’ammutinamento livellatore di Salisbury, e delle sollevazioni dell’Oxfordshire gettò Londra nel panico, la guarnigione della Torre fu subito rafforzata e i suoi prigionieri isolati, la paura serpeggiava tra i puritani. A questo punto Fairfax e Cromwell idearono un piano tanto immorale quanto scaltro, inviarono il maggiore Francis White a negoziare, sicuri che il suo buon nome fosse da garanzia alla bontà delle trattative, nel frattempo avanzavano a marce forzate con il resto delle truppe lealiste, con il chiaro scopo di sorprendere i ribelli, prima che l’ammutinamento dilagasse. Le trattative continuarono senza sosta, arrivando anche a punti comuni, ma del resto queste erano solo un pretesto fittizio. La sera del 14 maggio gli ammutinati entrarono nella città di Bruford, dove gli era stato giurato dai lealisti che non sarebbero stati toccati, puntualmente nella notte, le truppe prendendo di sorpresa i livellatori piombarono sulla città. La vittoria di Cromwell sui Liveller su pressoché totale. Il mattino seguente un iracondo Cromwell vomitò su i prigionieri un sermone carico d’odio, dopo la corte marziale scelse quattro soldati da condannare a morte come monito dell’atto, decidendo per: il cappellano Denne, L’alfiere Thompson fratello minore del “Capitano” insorto nell’Oxfordshire, e i caporali Church e Perkins. L’unica nota degna di rilievo fu l’eroico gesto del “Capitano” William Thompson, che con un colpo di mano riuscì a liberare tre livellatori prigionieri, raggiunto da un plotone di cavalleria lealista in un bosco dell’Oxfordshire, combatté con tutte le forze prima di cadere. Fairfax e Cromwell furono salutati a Oxford come vincitori, e definiti Alteri Martis gemelli,98 e furono pregati di indossare la toga scarlatta dei dottori di diritto civile. Se la Londra puritana festeggiò l’evento e il pericolo scampato. L’altra capitale quella dei Levellers si gettò nello scoramento, anche se nessuno a Londra era responsabile della disfatta, restava il fatto che i livellatori avevano sfidato sul terreno della forza il governo rivoluzionario ed erano stati battuti. Questa 97 98 Anche se il suo reale grado era quello di caporale nell’esercito del Nuovo Modello. Definiti dal Public Orator: “Figli gemelli di marte”. 51 esperienza fu uno dei tanti motivi per cui molti scelsero in seguito di rifugiarsi tra le braccia del pacifismo quacchero. John Lilburne dalla Torre di Londra vergò la sua critica dei ribelli: “Quanto alla ribellione del reggimento di Scroop, a torto se ne attribuisce la responsabilità a me, che non inciterò mai i soldati o altri a pronunciarsi se non sul nostro Patto stampato del 1° maggio del 1649... una volta snudate le spade contro il loro generale essi avrebbero dovuto gettar via il fodero e preferir di combattere contro di lui piuttosto che trattar con lui, decisi a non concedere né chiedere quartiere”.99 L’unico che seguì le indicazioni postume di Lilburne fu il “Capitano” Thompson, che fece del Patto del Popolo la sua bandiera e che non concesse né domandò tregua. 6.3 Nuovo programma del partito livellatore e la versione definitiva del Patto del Popolo Le vicende di Burford decretarono la completa subordinazione del Nuovo Modello all’alto comando di Cromwell. In quel periodo i prigionieri della Torre elaborarono un nuovo programma per il partito livellatore, redigendo in due settimane la terza100 e definitiva versione del Patto del Popolo mandata alle stampe 1° maggio del 1649. Il testo conteneva una prefazione “A Manifestation101” ad opera di Walwyn, sottoscritta da tutti e quattro i prigionieri. L’opera di Walwyn è un’esortazione di pace: “Pace e libertà è il nostro disegno; dalla guerra non abbiamo mai guadagnato né desideriamo guadagnare nulla102”, egli non solo cercò di cancellare quelli che furono i pregiudizi sul partito livellatore, rigettando le accuse di anarchia e affermando che l’essersi battuti contro un governo tirannico non faceva di loro degli anarchici. Walwyn respinse anche le accuse di 99 J. Lilburne, Legall Fundamentall Liberties, in: V. Gabrieli, Puritanesimo e libertà, Einaudi, 1956, p. 448. 100 La prima versione fu elaborata dall’esercito a Putney e messo a tacere da Cromwell e Ireton e, successivamente, dichiarato eversivo della costituzione della Camera dei Comuni, fu rielaborato da Lilburne nell’autunno del 1648 e fu oggetto di discussione comune di un comitato di sedici persone che rappresentavano: i Levellers, gli Indipendenti, il Nuovo Modello, e membri leali del Parlamento. Tale documento doveva servire da base per le trattative successivamente fallite con Carlo I. 101 W. Walwyn, Un manifesto, 1649. 102 W. Walwyn, La giusta difesa di Walwyn, in: Vittorio Gabrieli, Puritanesimo e Libertà, pp. 258-259. 52 comunismo103, prendendo le distanze dai Diggers che si facevano chiamare i “veri livellatori”. A questa comunanza tra i due movimenti rispose con una lettera lo stesso Lilburne: “A mio avviso questa presunzione di livellare le proprietà e gli uffici è così ridicola e pazzesca, che non si può immaginare che un uomo di senno, ragione o intelligenza sia così abbrutito dal vino da sostenere un simile principio, perché esso, se praticato, distruggerebbe non solo qualunque industria, ma abbatterebbe le stesse fondamenta della generazione e sussistenza … Circa la laboriosità e il valore, grazie ai quali le società umane sono mantenute e preservate, chi si darebbe pena di ciò che, quando l’abbia prodotto, non è più suo, ma dev’essere egualmente condivi soda ogni pigro, stolto, ozioso avvinazzato 104?”. Le idee circa forme di comunismo, comunitarismo o egualitarie appaiono chiare, possiamo ritrovare la difesa della proprietà anche nella clausola 18 contenuta nella “Grande Petizione dell’11 Settembre” (vedi cap. 5). Come afferma Brailsford “il partito diede l’impressione che per esso la proprietà fosse un diritto sacro, paragonabile all’immunità del cittadino dalla costrizione in materia di coscienza105”. Come ultimo atto, Walwyn spiegò come mai lui e gli altri prigionieri hanno redatto una nuova versione del Patto del Popolo, la cui ultima redazione era più adatta al nuovo clima politico. Inoltre era necessaria la stampa e la diffusione tra il popolo in modo che gli stessi elettori potessero sottoscriverla con la conseguente presentazione in parlamento. Il patto rappresentò non solo le tutele e le necessità del popolo medio, degli artigiani e dei contadini elaborate da puri dottrinari ma come ha affermato Vittorio Gabrieli: “La loro fermezza nel voler fissare e delimitare in una costituzione scritta i poteri del governo e i diritti inalienabili dei cittadini, assegna ai Levellers non solo la posizione di precursori nella storia del pensiero costituzionale democratico, ma ne fa forse gli unici assertori della supremazia della legge in un momento in cui regnava assoluta la forza della spada106”. Il testo definitivo chiamato “Patto del Libero Popolo Inglese proposto come offerta di pace a questa afflitta nazione107”, inizia trattando il tema dell’elettorato. 103 Anche se il termine più idoneo sarebbe quello di comunitarismo secondo l’accezione di alcune sette del seicento, che si richiamavano alla comunione dei possessi e che ispirarono Gerrard Winstanley. 104 J. Lilburne, Colonel John Lilburne his Apologeticall Narration, 3 aprile 1652. 105 N.H. Brailsford, I livellatori e la rivoluzione inglese, Milano, Il Saggiatore, 1962, vol. II, p. 571. 106 V. Gabrieli, Puritanesimo e libertà, Einaudi, 1956, p. XL. 107 “An Agreement of the Free People of England”, 1649, testo completo in lingua originale in D. M. Wolfe, Leveller Manifestoes of Puritan Revolution, New York, Nelson, 1944, pp. 400-410, trad. it. completa in: V. Gabrieli, Puritanesimo e libertà, Einaudi, 1956, pp. 153164 da cui riportiamo le citazioni. 53 Il punto I afferma la sovranità indiscussa del popolo esercitata attraverso una rappresentanza di quattrocento persone, la cui derivazione è “da giusta legge naturale” che attribuisce il diritto di voto a tutti gli uomini di età maggiore di anni ventuno, purché non siano “di condizione servile o ricevano l’elemosine o abbiano servito l’ex re con le armi o con contributi volontari”.Alcuni autori hanno visto in tale limitazione una sorta di richiamo di natura censitaria, anche se sembra più facile concludere che gli autori fossero dell’avviso che tali condizioni pregiudichino una scelta cosciente ed effettivamente libera. Inoltre l’articolo prevede un salario stabile per ciascun deputato, dimostrazione dell’effettivo desiderio di far partecipare anche i ceti più umili alla vita politica nazionale. Al punto III troviamo un principio importante, il divieto della possibilità di essere eletto deputato ai membri delle forze armate e ai pubblici ufficiali per evitare, come era successo, che membri del parlamento potessero ricorre a loro piacimento all’uso intimidatorio della forza militare. Il VII punto affronta la questione della durata del parlamento, il quale deve esercitare i suoi poteri per la durata di un anno, e “una volta radunato rimarranno in sessione senza intervallo per quattro mesi almeno”, con lo scopo di evitare il crearsi di caste o ceti parlamentari, che controllassero in maniera stabile la vita politica del paese. Il punto IX elenca i poteri dell’organo centrale, ovvero il parlamento quali: 1. Mantenimento della pace e del commercio estero. 2. Salvaguardia della vita, dell’incolumità, della proprietà e dei beni e dei diritti affermati nella petizione del 1628. 3. All’imposizione delle tasse che riguardano quei beni e quei diritti indicati nei punti precedenti. Quest’articolo è centrale nella visione dello stato secondo i livellatori, il punto I fornisce l’idea di una visione federale per quanto concerne la pace; il richiamo al commercio estero non deve tradire e far pensare ad una subordinazione ai rapporti internazionali, quanto ad uno strumento per facilitare i rapporti tra i popoli, tesi che si riproporrà nella prima metà del 1800 Anti-Corn Law League108. Negli altri due punti si toccano i diritti fondamentali quali la vita e la proprietà, richiamando anche la Petition of Rights del 1628, vincolando una limitazione di tali diritti non all’arbitrio di un monarca, ma al voto di un parlamento eletto a suffragio universale. 108 Lega contro la legge sul grano, 1838. Associazione costituita in Inghilterra per iniziativa di Richard Cobden e John Bright al fine di ottenere l’abolizione del dazio di importazione sui cereali. Raggiunto lo scopo originario nel giugno 1846, si batté inoltre per revocare di altri provvedimenti di carattere protezionistico, contribuendo così all’affermarsi della concezione liberoscambista. Criticò anche la politica imperialista inglese, sostenendo un approccio più economico che bellico, operando attraverso il commercio e il mercato rivolto alla “salutare propensione verso la pace”. 54 Il Punto X “non diamo potere o il mandato ai detti nostri rappresentanti di mantenere in vigore o di fare qualsiasi legge o imporre giuramenti o patti” da cui possa derivare una qualsiasi sanzione o vietare a chiunque “di professare la propria fede o d’esercitare il culto religioso secondo la sua coscienza”. In queste poche righe si afferma l’avversione ai giuramenti quelli processuali, poiché nessuno può essere chiamato ad accusare se stesso in virtù di un giuramento. Il principio baluardo del partito livellatore sarà riaffermato anche nel V emendamento 109 della Costituzione americana, inoltre è riferito al Covenant, o Patto religioso che nel 1644 fu esteso a tutta l’Inghilterra. Vi erano anche motivi religiosi, infatti il giuramento era vietato per gli anabattisti110 di stretta osservanza come più tardi i quaccheri. Altro principio è quello espresso nel punto XI che vieta al parlamento “di arruolare o costringere chicchessia a prestar servizio in guerra, sul mare o per terra”. Si pone il divieto assoluto dell’uso della coscrizione, principio espresso anche precedentemente ed inviso alla visione imperiale di Ireton o di Cromwell. Il XIII punto elimina ogni “privilegio o immunità di qualunque persona … in virtù di patenti, proprietà, concessioni, carte, o diplomi”. Si chiedeva il ripristino di quelli che dovevano essere i diritti e le proprietà reali e non dati dalla corruzione o dall’accaparramento a spese di altri. Per il XIV, nessuno può essere condannato “ove non sia fatta prima una legge”. Si attua un principio cardine del moderno diritto penale Nullum crimen, nulla poena sine praevia lege poenali, massima Ulpianea raccolta nel Digesto. XV “Nessun Parlamento ha il potere di punire o far punire, una o più persone”. Pieno principio della separazione dei poteri, il parlamento perde la sua funzione di tribunale, talvolta anche “politico” come accadde allo stesso Lilburne o a Carlo I. Nel XVIII si sancisce il divieto per il parlamento di creare o mantenere leggi che “proibiscono o restringono la facoltà di chiunque di commerciare o trafficare con qualsiasi luogo d’oltremare”. E’ l’affermazione di un diritto pieno al libero commercio anche in caso di conflitti o attriti internazionali che non possono pregiudicare i diritti dei singoli. XIX il parlamento non avrà “il potere di mantenere l’accisa o dazi su nessun tipo di cibo o altra merce o derrata, oltre quattro mesi dopo l’inizio del prossimo parlamento … questi modi gravosi e dispendiosi non dovranno mai più essere ripristinati”. I livellatori avevano intuito che per risolvere crisi economica in atto in quel periodo occorreva rilanciare il commercio, tale punto si pone come principio indissolubile che pone i beni dei singoli al riparo dalle spese pubbliche. 109 Il quinto emendamento recita: “Nessuno potrà essere costretto nel corso di un procedimento penale, a testimoniare contro se stesso”. 110 Il divieto di giurare deriva dal passo: Matteo 5, 33-37. 55 XXI introduce l’abolizione parziale della pena di morte, in vigore solo per i delitti di omicidio o per i delitti più gravi. Inoltre introduce il principio di pena graduale rispetto alla gravità del reato. Il XXIII punto elimina le decime e sancisce il divieto di reintrodurre ogni mantenimento del clero, restando comunque un diritto inderogabile la possibilità di finanziare liberamente ogni fede che un individuo desideri. XXV introduce la necessità per i reati che prevedono condanne gravi come la pena di morte, di confisca dei beni o di mutilazione, di una delibera di una giuria composta da dodici elementi eletti dal popolo. Il XXVI punto vieta ai cattolici, ovvero i “fautori della supremazia del Papa (o d’altra straniera)” l’impossibilità di ricoprire alcun ufficio di Stato. Questo concetto di tolleranza espresso anche da John Locke esclude di fatto i cattolici dalla vita politica, ma fa in ogni modo salvi gli altri diritti, compreso quello di esprimere la loro fede. Il divieto si giustifica con la concezione tipica dell’epoca e del luogo che vede nei cattolici individui, comunque sottoposti ad un’autorità straniera e oltretutto invisa, come quella papale. Il XXIX attua un piano di decentramento e democrazia militare, lasciando alle contee il compito di arruolare, equipaggiare e pagare le truppe, comandate da ufficiali eletti dagli elettori locali rimandando allo stato centrale la nomina dei generali e degli ufficiali superiori. Se da un lato la propaganda livellatrice punta sempre ad un concetto di nazionalismo, come l’idea della conquista normanna attingendo da un’ orgoglio etnico, dall’altra ha obbiettivi tutt’altro che imperiali, concependo uno stato che assomiglia più ad una federazione di contee unite da un parlamento molto indebolito rispetto ai suoi poteri originari. Il XXX è l’ultimo punto dove si fa riferimento al divieto assoluto di emendare il Patto del Popolo e di “livellare i beni degli uomini, abolire la proprietà privata o introdurre la comunità dei possessi”. Tali disposizioni sono poste come immutabili, la cui modifica è vietata, e chi tenti di distruggere tale patto “incorrerà nella pena prevista per alto tradimento”. 6.4 I Diggers Il primo aprile del 1649 vide la nascita di due comunità di Diggers o zappatori costituite da gruppi insediatesi nel Surrey, non molto lontano dalla città di Londra. Guidati da Gerard Winstanley, che armati di zappe e vanghe iniziarono a coltivare la terra, con l’obbiettivo di instaurare una comunità di possessi. Anche se nati dalle ceneri del partito livellatore, si trattava di due movimenti diversi, che ponevano rivendicazioni estranee al movimento livellatore. S Harold J. Laski indica subito le differenze tra i due movimenti: “Lilburne rappresentava il popolino della città, che 56 sentiva che i grandi affaristi non erano meno nemici suoi del re o del vescovo”; Winstanley parla a nome del nuovo proletariato privo di terra giunto improvvisamente alla coscienza che la proprietà era sua nemica111”. Dunque non appartenevano al ceto lavoratore o piccolo proprietario dei Levellers, ma a quella parte di popolo formata da nullatenenti e diseredati. I livellatori si posero da subito un unico obiettivo, il valore imprescindibile dell’individualismo, il diritto alla libertà, avanzando proposte intese ad eliminare i vincoli della autorità statale, limitandone l’attività in favore della proprietà e della persona. I Diggers avevano invece una concezione di libertà legata alla comunità, in una dimensione olistica dei valori e dei diritti. La vicinanza tra i due movimenti sta nel fatto che entrambi fondano le loro pretese nel diritto naturale, utilizzando la religione come dimostrazione della bontà delle loro proposte. Potremmo pensare che quello biblico fosse l’unico linguaggio che conoscessero le masse dell’epoca e ciò può essere considerato senza dubbio valido per il movimento degli zappatori, ma non per i livellatori che come gruppo socio-culturale ebbe la forza di promuovere istanze laiche, cercando di separare la dimensione religiosa da quella politica. Il linguaggio utilizzato da Winstanley appare rude, teologico, con il chiaro scopo di penetrare nelle coscienze di un ceto che era privo di ogni tipo di cultura, che non fosse quella appresa nelle chiese. Su Winstanley si hanno poche notizie, è noto che non ebbe una parte attiva nella rivoluzione e che a causa della guerra, ormai ridotto in povertà, abbandonò Londra ritirandosi nel Surrey. Ritiratosi in una vita di stenti, maturò in lui una crisi religiosa che trasformò la sua concezione non solo di chiesa, ma di ogni rapporto umano. Lo spettacolo di intolleranza offerto dagli indipendenti lo allontanò da ogni forma o istituzione ecclesiastica. Probabilmente il fallimento delle istanze poste dai livellatori fece maturare in lui l’idea di soluzioni più radicali, che ricomprendessero l’intera collettività, fino ad arrivare alla trance112 mistica, aveva sentito la voce di Dio dirgli: “Lavorate insieme. Mangiate il pane insieme”. Winstanley decise di annunciare il messaggio ricevuto sia a voce che affidandolo alla stampa e si propose anche di metterlo in pratica traducendolo con la coltivazione in comune della terra. Nella sua opera centrale “Il piano della legge della libertà” del 1652 egli afferma un’unica soluzione per pacificare e rendere libera la Repubblica d’Inghilterra, il libero godimento della terra. Il grande problema che travaglia gli spiriti al giorno d’oggi sta nel definire in che cosa consista la vera libertà, onde la repubblica d’Inghilterra possa essere fondata in pace. Alcuni dicono: “Consiste nella libertà di commercio, nella soppressione di 111 Harold J. Laski, Le origini del liberalismo europeo, Firenze, La nuova Italia Firenze, 1936. 112 Così come dallo stesso Winstanley affermato nell’opera The New Law of Righteousnes (La nuova legge di giustizia, 1649). 57 tutte le patenti, licenze e restrizioni”; ma questa è una libertà soggetta alla discrezione d’un conquistatore. Altri dicono: “Vera libertà si ha quando i ministri possono predicare e il popolo ascoltare chi vuole, senza restrizioni o obblighi di astenersi o aderire a una data forma di culto”; ma questa è una libertà instabile. Altri dicono: “E’ vera libertà avere tutte le donne in comune, e poter soddisfare tutte le brame e gli ingordi appetiti”; ma questa è libertà degli animali irragionevoli e lussuriosi che conduce alla rovina. Altri infine dicono: “La vera libertà è che il fratello maggiore sia padrone della terra, e il fratello maggiore sia il suo servo”; ma questa non è che una mezza libertà, e ingenera mormorazioni, guerre e litigi. Tutte queste sono libertà; ma conducono alla schiavitù, e non sono la vera «libertà fondamentale» che fonda nella pace la repubblica. La vera libertà repubblicana consiste nel libero godimento della terra. La vera libertà risiede là dove l’uomo trova nutrimento e sostentamento, e cioè nell’uso della terra. Poiché, come l’uomo è composto dei quattro elementi della creazione: Fuoco, Acqua, Terra e Aria, così egli è sostenuto dai corpi composti di questi quattro, che sono i frutti della terra; e senza di essi non può vivere113. Per Winstanley il cardine della libertà era nell’assicurare la libertà dallo sfruttamento dell’uomo, riconoscendo un unico diritto naturale, quello di vivere e lavorare insieme. La loro azione si basava sul costruire una serie di fattorie sulle terre che fino ad allora erano di uso collettivo, una forma di comunitarismo. Il suo pensiero non è di assoluta originalità, poiché la visione di un comunismo utopico era già stata ipotizzata prima, e meglio da Thomas More114. Anche Samuel Hartlib in “The famus kingdom of Macaria115” pone al centro della sua opera la questione della proprietà. Occorre osservare che Winstanley a differenza del pensiero marxista fonda la sua battaglia non su la forza, o su la lotta di classe, ma cercando di far leva sugli animi umani attraverso principi religiosi, non scordiamo che l’anabattismo come concezione sociale era ancora vivo nel mondo settario inglese. L’esperimento dei Diggers durò poco più di un anno, l’esercito di Cromwell e i tribunali inglesi spazzarono via le comunità sorte. Nonostante i Diggers si facessero chiamare “I veri Livellatori” evidenti sono le differenze tra i due movimenti, una vicinanza appare invece con la rivolta contadina tedesca di Thomas Münzer. Nell’opera di Mario Tronti si può osservare direttamente come possa essersi sbagliato Friedrich Engels nell’opera “L’evoluzione dal socialismo 113 G. Winstanley, “Il Piano della Legge della libertà”, in: Vittorio Gabrieli, Puritanesimo e libertà, Einaudi, 1956, pp. 314-315. Il volume riporta integralmente il testo. 114 Nella sua opera più famosa, L’Utopia, pubblicata nel 1516, dove nell’immaginaria isola di Utopia, la proprietà privata è vietata per legge e la terra deve invece essere coltivata, alternandosi ogni due anni, da ciascun cittadino, nessuno escluso, dove tutti hanno un lavoro con turni di 6 ore al giorno. 115 Dove era vietato possedere più terra di quanto potesse coltivare, e dove la produzione era regolata, i beni della corona e della chiesa nazionalizzati. 58 dall’utopia alla scienza” nel riferirsi ai Livellatori come precursori del pensiero socialista. Ci pare che quello che Engels dice dei Livellatori vada attribuito invece ai Veri Livellatori, uno dei nomi con cui si indicarono gli Zappatori116. L’originalità del pensiero di Winstanley non sta tanto nell’opera di idealizzazione di strutture e funzioni di uno stato socialista, bensì nell’aver ipotizzato legame tra libertà, giustizia economica, nel concepire una dimensione ugualitaria di libertà. 6.5 Vittoria e fine del partito livellatore La risposta alla nuova versione del Patto del Popolo fu affidata ad un pamphlet “Le frodi di Walwyn, ovvero i Manifestatori manifestati”. L’opera, scritta da un gruppo di teologi battisti e indipendenti, segna la rottura con il partito livellatore sferrando un duro attacco a Walwyn, accusato di essere un gesuita che ha corrotto i suoi compagni, ma il testo si scaglia anche contro l’offerta di pace proposta dai livellatori, definendoli blasfemi e atei. Nel 1649 vi fu un forte avvicinamento tra realisti e livellatori e ogni settimana nei giornali clandestini dei realisti si chiedeva appoggio e aiuto per abbattere la tirannia. Edward Hyde, primo conte di Clarendon affermava di preferirli ai presbiteriani giudicati troppo affamati di potere. Questa vicinanza non deve sconvolgere, perché più volte i livellatori si erano schierati a favore di un re eletto dal popolo secondo gli usi antichi, e malgrado una naturale preferenza per il Commonwealth avrebbero accettato anche una monarchia costituzionale con un re vincolato dal Patto del Popolo. “Si e per quel che mi concerne, debbo dichiararvi che preferirei mille volte vivere sotto un Re ben vincolato e regolato senza tirannia, che sotto un qualsiasi governo con tirannia117”. La tirannia del governo dei “Santi” iniziò a stringersi anche sull’intero partito, nel maggio del 1649 venne approvato il “Treason Act”, un arma di repressione e censura che vietava ogni stampato contrario al governo e proibiva ogni diritto di critica, pena il reato di alto tradimento. Si profilava così un regime dominato da un unico partito che conservava il suo potere grazie al controllo sulla propaganda e sull’uso della forza militare e di polizia. Numerosi in quel periodo furono i testi contro i prigionieri della Torre e contro tutto il livellatori, bollati come atei, 116 Alessandro Piazzi, Mauro Segatori, Mario Tronti, Stato e rivoluzione in Inghilterra, Milano, Il Saggiatore, p. 179. 117 N.H. Brailsford, I livellatori e la rivoluzione inglese, Milano, Il Saggiatore, 1962, Vol. II p. 600. 59 comunisti, accomunandoli a Diggers, attacchi alla cieca che ignoravano i contenuti della “Grande Petizione dell’11 settembre del 1648” o della “Versione definitiva del Patto del Popolo”. L’idea che Oliver Cromwell fosse un tiranno e che alla fine reclamasse perfino la corona si fece largo tra i livellatori che ancora si riunivano presso la locanda dell’Osso di Balena, i quali proposero una convenzione nazionale per la ratifica dei principi fondamentali del Patto del Popolo. Il partito fece eleggere due rappresentanti per ogni contea mandandoli a Londra dove incontratesi, decisero di non appoggiare né gli uomini al potere, né il principe Carlo. “Se dobbiamo avere un Re, per parte mia preferirei il Principe che chiunque altro al mondo, a causa dei suoi larghi titoli di diritto … purché avvenga non per conquista ad opera di stranieri118”. Il processo a John Lilburne tenutosi il 25 ottobre del 1649 si concluse con la sua assoluzione e la scarcerazione che avvenne nel silenzio degli organi ufficiali del Commonwealth, e nonostante i venti di guerra provenienti dalla Scozia, Lilburne decise di ritirarsi dalla scena politica, dedicandosi alla vita familiare, ritirandosi nel quartiere di Southwark presso Londra dove venne eletto rappresentante del “Common Cuncil”. In seguito vi fu un riavvicinamento tra Cromwell e Lilburne, infatti il pericolo di un’invasione scozzese suscitava non poche paure nelle mente dei livellatori, paure non solo politiche ma anche religiose. Cromwell usò la sua influenza per far approvare dal “Rump Parlament” un indennizzo di 1500 sterline. Il gesto di Lilburne non è un atto di abiura delle sue idee, ma di difesa di quelli che erano prima di tutto i suoi principi religiosi, d’altronde il principe Carlo che muoveva venti di guerra aveva giurato di estirpare ogni eresia e le ragioni per sostenere La Repubblica Inglese non mancarono. Con l’indennizzo intraprese la carriera forense, e a seguito di alcune cause di natura politica intraprese un polemica contro il comitato responsabile dei sequestri, e il 30 luglio del 1651 pubblicò un pamphlet di accusa contro un membro del “Rump”,ma fu condannato dalla Camera dei Comuni il 15 gennaio 1652 con la multa di tremila sterline e la condanna a morte per “fellonia” se alla scadenza di trenta giorni si fosse trovato in Inghilterra, anche se nessuna accusa specifica fu mai mossa nei suoi confronti, né fu mai chiamato a difendersi. Esiliato ad Amsterdam e poi a Bruges, lontano dalla famiglia, fece vita di stenti, entrò nelle simpatie di alcuni realisti come duca di Buckingham mantenendo comunque fermi i suoi principi. Alla notizia dello scioglimento del “Rump”, Lilburne decise di mettere fine all’esilio tornando a Londra. Il 14 giugno scrisse una lettera al Lord Generale, priva dell’ardore passato, con cui chiedeva di vivere tranquillo in obbedienza alle leggi,però fu scritta come spiegò più tardi per compiacere la moglie. 118 N.H. Brailsford, I livellatori e la rivoluzione inglese, Milano, Il Saggiatore, 1962, vol. II p. 607. 60 “deciso a vivere tranquillo e sottomesso al governo presente come chicchessia, non avendo … altra intenzione … che di vivere devotamente in pace con la mia povera e dissestata famiglia, e di studiare il modo di servire la repubblica se coloro ai quali il governo è affidato mi riterranno atto”. Cromwell diede l’ordine di arrestarlo e imprigionato a Newgate tentò di appellarsi al governo e al parlamento dei Santi, ma il processo fu comunque fissato il 13 luglio. Overton insieme a quel che rimaneva del partito lo appoggiò con fermezza, Walwyn fu incarcerato come misura preventiva. Lilburne sostenuto dal popolo attaccò il tribunale ribadendo che la legge deve rispettare “il diritto comune, la comune giustizia, la comune ragione”, un’ accusa sommaria non poteva essere tradotta in pena di morte. La giuria lo proclamò non colpevole pagando, però, caro questo sgarbo al Consiglio di Stato. Lilburne non fu scarcerato e il parlamento dei Santi il 27 agosto lo fece trasferire nella Torre, per evitare rivolte o atti sediziosi. Il Consiglio di Stato fece ricorso all’Alta Corte di Giustizia che privo di giuria popolare e sotto l’ordine di Cromwell lo confinò nell’esilio nell’isola di Jersey. Due mesi dopo il 23 maggio, pubblicò l’ultimo testo politico da leader del partito livellatore, “A Declaration to the Free-born people of England”, in cui con amarezza e sconforto afferma che “una vera e perfetta libertà non può essere raggiunta in questo mondo”, nel testo non vi è traccia di critiche specifiche, ma si afferma che il compito di ogni governo è quello di ritardare l’avvento della libertà a favore della schiavitù completa. La sua ultima opera è “La resurrezione di John Lilburne” del 1656 che segna la sua conversione al movimento dei quaccheri e la sua scomparsa dalla vita politica. Morì ad Eltham il 29 agosto del 1656 durante uno dei brevi permessi di libertà provvisoria concessi per vedere la famiglia, e nonostante qualche intervento e qualche scritto l’anno successivo il partito livellatore cessò la sua attività con la sua morte. 61 §7. Analisi dei testi I testi analizzati di seguito sono opera di due grandi leader del partito livellatore,John Lilburne e Richard Overton. Il primo “England’s new chains discovered”, redatto da John Lilburne è un pamphlet che presentò alla Camera dei Comuni , il 26 febbraio del 1649, lo stesso giorno della consegna della petizione dei soldati contro la legge marziale. A Lilburne fu concesso di parlare ai Comuni pur non essendo la prima volta che si presentava in tale sede, ma fu la prima volta che egli parlò da leader del partito livellatore, sintomo che il movimento stava assumendo una certa importanza nel paese. La seconda opera analizzata è “An arrow against all tyrants” scritta da Richard Overton, il 12 ottobre del 1646, e come ha notato Laski: “mentre si trovava in carcere Newgate, benché radicale proclamò la sua fede ardente in un inviolabile individualismo119”. In questa sensazionale opera emerge fin dalla prima riga una difesa appassionata della proprietà individuale richiamando i principi del diritto naturale. 7.1 England’s new chains discovered di John Lilburne Il 26 febbraio del 1649, John Lilburne datte alle stampe “England’s new chains discovered” (Le catene dell’Inghilterra disvelate). Il testo si apre con una critica alla degenerazione dell’uso arbitrario del potere che in quel periodo esercitava il “Rump Parlament”, appellandosi alla lotta comune passata e alla libertà sperata e mai raggiunta: “ha dato motivi validi per sperare che davvero è loro intenzione sia rivolta alla libertà e la prosperità, ma il loro modo di agire è spesso sbagliato, e attraverso la fretta o l’errore di giudizio, coloro che si ritengono i migliori, fino ad ora sono stati molte volte indotti in errore, a danno di coloro che gli concedono fiducia tanto da lasciarli in una condizione più vicina alla schiavitù nonostante la speranza che li avrebbero portati alla libertà”. In tale situazione di incertezza Lilburne richiama l’attenzione su sette punti centrali su cui occorre al più presto trovare un’ accordo: 1. Indica la preoccupazione e la richiesta alla Camera dei Comuni che non vi sia un intervallo tra questo Parlamento che è attualmente in 119 Harold J. Laski, Le origini del liberalismo europeo, Firenze, La nuova Italia Firenze, 1936, p. 116. 62 carica e il futuro di prossima elezione, per evitare che in tale intervallo il potere possa risiedere tutto nelle mani del Consiglio di Stato. 2. Lilburne muove una critica al Patto del Popolo che prevedeva un parlamento che durasse in carica due anni e che rimanesse in sessione per solo sei mesi, ma in quei diciotto mesi, privi di un parlamento in sessione, il potere si sarebbe concentrato nelle mani del solo Consiglio di Stato, proponendo sessioni più lunghe del Parlamento, per evitare che il Consiglio di Stato si sottraesse al controllo dei rappresentanti del popolo, “che eviterà tutti quei pericoli temuti da un Consiglio di Stato, come avviene attualmente con questo che è costituito” 3. Richiede una modifica dei metodi di costituzione delle corti di giustizia che devono essere composte da dodici uomini giurati e uguali al reo. Lilburne richiama il sommo principio di uguaglianza di fronte alla legge che deve essere applicata ad ogni uomo del Commonwealth, indipendentemente dal rango o dall’appartenenza al Parlamento. 4. Nessuna persona in virtù di qualsiasi mandato, concessione, brevetti, laurea, o la nascita, deve essere privilegiata o essere vincolata. “anche i Lord come gli altri siano responsabili personalmente e matrimonialmente, come per ragione e coscienza dovrebbero essere”. 5. “Sono molto insoddisfatto da ciò che è espresso nel Patto del Popolo nel punto concernente la materia di religiosa, tale argomento appare molto oscuro e pieno di perplessità e dovrebbe essere più semplice e chiaro escludendo ogni forma di intromissione o intimidazione (intermeddling) dei parlamenti in tale materia”. 6. Qui Lilburne afferma come sia “assolutamente necessario che ci sia nel Patto del Popolo” una limitazione della Camera dei Lord, mancante nel Patto stesso, e identificandola di fatto come organo centrale la Camera dei Comuni. Questa parte evidenzia la visione costituzionale del partito che pone al centro dell’ordinamento un 63 parlamento non biennale ma annuale, eletto a suffragio universale maschile, con funzioni legislative e di controllo e limitazione del Consiglio di Stato120. 7. L’ultimo punto offre la possibilità a Lilburne di effettuare un’argomentazione più ampia, indicando misure da adottare in campo economico come: l’abolizione delle decime, delle accise e dei diritti doganali; togliere tutte le concessioni alle società monopoliste. Quando affronta il tema delle imposte e dell’imposizione vincolistica del mercato il linguaggio si fa aggressivo; parlando delle tasse e dei dazi afferma che esse sono volte a generare “grande oppressione all’industria del paese e ostacolo del lavoro … quei ladroni che spremono e sfruttano la povera gente e la classe media, e ostacolando il commercio”. Successivamente l’oggetto della polemica si sposta sul diritto penale, attaccando l’istituto dell’incarcerazione per debiti, colpevole di aver distrutto la vita di molte famiglie e incapace di assicurare il capitale alla parte lesa. In materia si pone l’obiettivo di creare “un sistema nuovo e meno invadente e più rapido evitando il carcere preventivo che ha rovinato intere famiglie, per decidere le controversie debiti. Tutto questo era previsto già nel Patto del Popolo che non avete applicato”. Lilburne si dice “stupefatto e sorpreso di vedere che, nonostante le produzioni dei più alti concetti di libertà che mai questa nazione - o qualsiasi altro popolo del mondo - hanno portato alla luce, nonostante il sangue versato per ottenere queste libertà, nonostante le molte vittorie e ottenute grazie all’intervento miracoloso Dio che si è compiaciuto di onorare la nostra giusta causa” il Parlamento abbia taciuto “queste nostre libertà di nascita”. Questo punto, seppur marginale dal punto di vista programmatico, esprime il concetto fondamentale caro al giusnaturalismo, richiamando alla libertà non come concessione, ma come diritto naturale di ogni uomo. L’autore continua attaccando in maniera indiretta Cromwell, Ireton e Fairfax accusati di non voler applicare il Patto del Popolo al solo scopo di instaurare una dittatura nonostante il desiderio e le necessità della gente. “Quando noi consideriamo le torture che il popolo in generale a sofferto attraverso il decadimento del commercio e la l’aumento del prezzo del cibo, moltissime famiglie (attraverso disgrazie e violenze inerenti alla guerra) non hanno nulla a sostenerle sennò la speranza di libertà e di una Repubblica ben organizzata. Mentre 120 Tali posizioni saranno poi riprese dal politico inglese Charles James Fox (1749–1806) e successivamente adottata dal movimento cartista nella prima metà del 1800. 64 un Patto del popolo è stato scritto e approvato, nonostante il vostra collaborazione. E tutti gli uomini aspettano la sua approvazione. Nonostante queste aspettative non c’è la volontà di applicare il Patto del Popolo, anzi c’è l’intenzione di piegare le speranze della gente e in segreto raggiungere un dominio sulla Repubblica”. Le critiche che seguono sono molte: la prima in materia di giustizia, giudicando inadeguata la composizione dell’Alta Corte di Giustizia, richiedendo che essa comprenda una giuria popolare; Successivamente critica l’operato del Governo artefice dell’ “arresto dei nostri torchi di stampa accuratamente previsto, e l’ordinanza più grave e irragionevole emanata dal parlamento, fatta ed eseguita come al tempo di Holles e Stapleton”, qui la polemica si scaglia contro il provvedimento del “Rump Parlament” che rispolverando un’ordinanza del settembre del 1647, aprì ad una nuova fase di censura di ogni sorta di critica, sopprimendo le pubblicazioni non autorizzate, imbavagliando la stampa con misure repressive che andavano dalla multa alla fustigazione. Un altro importante rimprovero è mosso al Consiglio di Stato che “detiene poco meno di un potere senza limiti” criticando il fatto che gran parte dei membri del neonato organo deplorassero o biasimassero la messa a morte di Carlo, Lilburne afferma che il Consiglio di Stato è composto in larga misura da persone legate al vecchio regime monarchico. “Cinque erano membri della Camera dei Lord - e la maggior parte di essi, si sono rifiutati di approvare la condanna del re - due di loro erano giudici della Camera Stellata, e sostenitori del regime tirannico”. Nell’”England’s new chains discovered” affronta,poi, l’argomento dell’esercito, soffermandosi sul potere degli ufficiali superiori di plasmarlo secondo i loro scopi con la scelta e promozione dei comandanti delle diverse unità non secondo il merito, ma secondo una logica politica, e demoralizzando il resto della truppa con una legge marziale durissima. Mette in guardia la popolazione civile del rischio che il controllo dell’esercito cada in mano di pochi, e richiede al parlamento di soddisfare le richieste dei soldati circa gli arretrati, di mitigare la legge marziale, e di garantirne i diritti politici, assicurando loro la facoltà di promuovere petizioni. Il testo si chiude proponendo lo scioglimento del Consiglio di Stato, accusato di tirannia, poiché è “rischioso che le stesse persone conservino a lungo il comando supremo di un potere militare … origine in ogni tempo di tutte le tirannie”. 7.2 An arrow against all tyrants di Richard Overton 65 Durante la prigionia a Newgate nel 1646, Overton scrive “Una freccia contro tutti i tiranni e le tirannie” richiamando in maniera molto forte il diritto naturale quale fondamento del “diritto di proprietà”, affermando: “Ad ogni individuo in natura è data una individuale proprietà che non può essere invasa o usurpata da alcuno. Ciascuno in quanto individuo, ha una proprietà indivuale, altrimenti non sarebbe un individuo; per questo motivo nessuno può pretendere di privare qualcuno senza che vi sia una manifesta violazione e affronto ai principi naturali e alle leggi di equità e giustizia tra uomini”. Overton continua sostenendo che nessun uomo ha potere sui diritti e le altrui libertà, altrimenti si potrebbe definire “un invasore di diritti”; il testo poi continua: “Per diritto di nascita tutti gli uomini sono eguali e in quanto tali, hanno uguale diritto di proprietà, e alla libertà. In quanto creati da Dio in questo mondo, ciascuno ha una naturale e innata libertà e proprietà -infatti ciò è stato scritto nel cuore di ogni uomo mai sarà cancellato- e finché saremo vivi, ognuno ugualmente gode di questo privilegio o suo diritto di nascita e la stessa natura divina lo rende libero”. In seguito a questo, sostiene che nessun uomo vorrebbe essere privato di questi diritti con la forza, anzi è proprio il suo istinto naturale che gli impone di preservarsi dai danni e dai disturbi. L’origine dei diritti degli uomini, secondo Overton, non è direttamente da Dio, come affermano i re, ma dal diritto naturale, che a sua volta è stato impiantato nell’uomo da Dio. Questo diritto ha quindi una natura comunque divina, ma di origine indiretta. Da questa condizione originaria di uguaglianza, ciascuno esercita i propri diritti: “All’inizio Dio ha impiantato questi diritti nelle creature e da ciò quei poteri procedono immediatamente e niente altro. E niente di più potrebbe essere trasmesso di quanto implichi una migliore esistenza, benessere o salvezza. E questa è la prerogativa dell’uomo e niente più. Non più di questo può essere dato o ricevuto: comunque tutto ciò porta ad un migliore esistenza, maggiore sicurezza e libertà, e non di più; chi cede di più pecca contro la sua carne e chi prende di più è ladro e rapinatore della sua specie: poiché ogni uomo racchiude in sé il re, il prete, il profeta nella sua sfera naturale in cui nessuno altro potrebbe partecipare se non per delega, consenso o rappresentanza del detentore del diritto naturale e della libertà”. Tali diritti sono comunque ceduti nella misura in cui si può venire a una ragionevole contrattazione, evitando in ogni modo abusi e tormenti. Overton pone come esempio quello del “maestro di scuola”, a cui spetta per delega sia il diritto di regolare che quello di ordinare, ma che comunque può essere rimosso dai genitori, per “negligenza o abuso e potrebbe essere conferita ad un altro” la medesima carica di responsabilità e di potere. Infatti nessun genitore dà mai un potere così assoluto e illimitato sui propri figli”. Lo stesso ragionamento è applicato nei confronti dei 66 deputati, che non possono avere un potere illimitato e discrezionale, il popolo infatti potrebbe opporsi alla tirannnia del parlamento negli stessi modi, per le stesse ragioni per cui ha già combattuto contro il re. Overton riconduce al popolo quello che fu definito il “diritto regio” e che potremmo oggi definire sovranità. Il testo di Overton prosegue con un’aspra polemica verso la Camera de Comuni, impegnata a rafforzare il proprio potere, invece di salvaguardare il paese da ogni forma di tirannia e oppressione. Egli afferma che questa garanzia è la minima ricompensa per chi ha combattuto per la libertà, poi riferendosi ai deputati, dichiara che questa audacia, nella difesa dei diritti e delle libertà, è giustificata: “Per natura noi siamo i figli di Adamo e da lui abbiamo ereditato legittimamente la proprietà naturale, diritti e libertà, i soli che noi richiediamo … Noi desideriamo i diritti e le prerogative del genere umano e sicuramente voi non potrete negarceli, siamo uomini e dobbiamo voler vivere come uomini. Se ci negherete ciò che ci spetta, questo paese sarà meno sicuro per voi e per i vostri posteri, come per noi e i nostri posteri”. Dopo questo deciso avvertimento invita direttamente i deputati a fornire il loro aiuto per combattere i mali del paese, come gli abusi e le usurpazioni della Camera dei Lord e del clero presbiteriano. La critica alla Camera dei Lord si basa sull’uso persecutorio che al tempo si faceva di tale ramo del parlamento, spesso usato come tribunale politico. Il procedimento risulta, infatti, essere in totale violazione dell’articolo 29 della Magna Carta che recita “nessuno uomo libero non può essere processato, condannato se non da giudizio dei suoi pari e dalla legge del paese”, Overton fa giustamente notare che se i pari d’Inghilterra processano un uomo comune, non possono che risultare usando le sue parole “incompetenti, illegali, ineguali, giudici impropri” elencando anche ulteriori motivi della illiceità di tali processi: 1. Egli affermò che nessun uomo può essere imprigionato o catturato se non secondo i principi del Common law, dello statute law o secondo le consuetudini di Inghilterra. Ed essendo la libertà personale, il bene più prezioso per la vita umana, occorre che vi sia una ragione valida per privarlo di tale diritto. 2. “Nessun uomo può essere spodestato, estromesso dal possesso della sua libertà assoluta, o della sua libertà, se non in base alle limitazioni poste dalla sola legge”. 3. “Nessun uomo può essere messo a morte o distrutto, se non in base di un verdetto fatto da una giuria di suoi pari, secondo le leggi del Paese”. 67 Overton riprende commentando l’articolo 29 della Charta Magna che non potrebbe riferirsi solo al periodo monarchico essendoci l’espressione “secundum legem et consuetudinem Angliae” (dopo la legge e la consuetudine inglese), tale riferimento è da intendersi come “legem terra”, da riferirsi alla tradizione giuridica inglese che da sempre e alla base di ogni polemica dei livellatori. Citando una serie di precedenti giuridici121 Overton controbatte alle accuse di Edward Coke che esclude la presenza nell’ordinamento di una giuria di dodici pari che potessero avere pieno potere e autorità. Il leader del partito livellatore afferma che nonostante le leggi e le tutele offerte dalla tradizione giuridica e dal Common law i “nostri Lord in parlamento assumono su di loro il potere di giudicare e sentenziare sulla gente comune anche se non sono loro pari e di multare e imprigionare etc. Non contenti, essi inviano perfino uomini armati invadendo le loro case e assalendo le persone, saccheggiandoli. Recentemente, l’11-08-1646 l’ordine illegale è perpetrato anche contro di me”. Per difendersi da tali abusi il libero suddito dovrebbe procedere e trattare questi usurpatori come ladri, assassini, criminali della legge e del diritto comune, così come promulgato dalla Magna Carta, egli efferma che se il re è privo di tali poteri arbitrali, tanto meno lo sono i Lord che non possono violare la libertà e la sicurezza della vita degli inglesi. Overton afferma che anche lui si sente violato nei suoi diritti naturali, dati dal Common law, negando ai Lord il potere di giudicarlo, condannarlo e di usargli violenza, conclude domandandosi: “Perché dunque si dovrebbe accettare l’organo di rappresentanza che viola la legge e sopportare questi lord fino a che non distruggano noi e le nostre leggi?”. L’autore invita a ridestarsi, e aprire gli occhi contro gli usurpatori, che pensano solo ai loro interessi, e che si sono arrogati ogni diritto naturale, attribuendosi il titolo di Suprema Corte di Giustizia, hanno modificato titoli e patenti date dal re, ponendosi al di sopra di esso. Egli aggiunge che tali modifiche possono spettare solo ad un parlamento veramente eletto e rappresentativo della sovranità del popolo. Overton attribuisce con forza il potere di legiferare ad un unico organo, il parlamento che si pone al di sopra del re e di ogni organo esecutivo, e di ogni lord. Il parlamento diviene secondo il suo pensiero il centro dell’ordinamento, e in esso risiede il potere sovrano. I rappresentanti eletti non possono disporre a loro piacimento di tale potere, né possono cederlo, né trasferirlo, non risiedendo in loro tale potere. 121 Come il caso di Simon de Beresford, un plebeo accusato di omicidio del padre del sovrano, avvenuto nel quarto anno del regno di Eduardo III, fu giudicato secondo la volontà del re da conti e baroni, ma in tale caso la Camera dei Lord si appellò al monarca sostenendo l’abusività di tale procedimento, poiché l’uomo non era a loro “pari e uguale”. Il verdetto fu emesso comunque dal parlamento solo perché il crimine di cui era accusato Simon de Beresford “distruzione di sangue reale” attribuiva la giurisdizione anche ai pari. 68 “l’ombra di una cosa non può essere la cosa stessa ne sostanzialmente ne virtualmente; ecco perché ciò che al di fuori dei rappresentanti non è rappresentanza a e quindi non del regno o delle persone, non tanto come in ombra in una cosa. Pertanto il potere sovrano che si estende non più dal rappresentato al rappresentante e illegittima e illegale. E incapace quindi di poter vincolare le persone”. Overton in opposizione alle teorie assolutiste sostiene che nel monarca non risiede ogni potere, ma solo quello esecutivo, poiché il potere sovrano risiede nel popolo, attribuendo così il potere legislativo al parlamento. L’ arrogarsi il potere di giudicare, ponendosi al di sopra del parlamento deve essere considerato un atto di alto tradimento, e sono l’oggetto di della sua personale battaglia. Dalla prigionia di Newgate, l’autore scaglia anche una “freccia” contro i membri del clero presbiteriano colpevoli e artefici delle usurpazioni e definiti dallo stesso: “lupi voraci ma anche leoni ruggenti che vanno su e giù alla ricerca della preda divorando quello che possono” accusandoli di insanguinare l’Inghilterra con il martirio del “Popolo di Dio” massacrato per il solo fatto di opporsi al clero pontificio o episcopale, e chiedendo con forza l’abolizione delle decime, paragona il clero presbiteriano all’inquisizione spagnola. Gli oppositori del clero presbiteriano afferma Overton rischiano di essere “inseriti nel loro calendario spagnolo dell’inquisizione fatta da veri criminali o perché hanno un anima assassina, papale e anticristiana …iscrivendo sulle loro guancie il marchio della lettera B – il nuovo marchio presbitero della bestia: vedere il diavolo di nuovo tra di noi in forma nuova, non come un angelo di luce ma anche nella forma della lettera B. Dal potere del belzebù presbitero, il buon Signore ci liberi tutti e che tutti dicano Amen”. Overton afferma che i presbiteriani dovrebbero accettare di vivere con tolleranza, amore e mansuetudine secondo la carità cristiana invece di condannare e giudicare. Appellandosi alla ragione li invita a non macchiarsi del sangue degli indipendenti, anabattisti, brownisti, poiché tali atti nuocerebbero al paese non solo nel presente, ma pregiudicherebbe anche le generazioni future. “Se noi non vi interessiamo, preoccupatevi dei vostri posteri. Non posso che supporre che nessuno di voi vorrebbe l’impiccagione dei figli nel caso dovessero risultare indipendenti, anabattisti, brownisti – io non posso giudicarvi così innaturali e disumani verso i vostri figli … Quanto dovremmo aspettare perché vi sia la pace? non abbiamo aspettato abbastanza in questi 6anni, e ora dobbiamo restare pacifici e attendere finché non saremo tutti imprigionati, impiccati e bruciati ?”. 69 Il testo si chiude con un invito al partito presbiteriano a sedare e a calmare il rancore e attraverso la grazia di Dio li prega di ricucire un dialogo con le altre fazioni nel loro interesse e quello del paese e dei posteri. 70 §8. Locke e i livellatori C’è un profondo legame tra il pensiero di Locke e quello dei livellatori, che emergono in tutti i testi soprattutto nelle varie edizioni del “Patto del Popolo”. Le opere di Lilburne, Walwyn e Overton si focalizzano su temi importanti: il diritto di proprietà, e la tolleranza religiosa. Da una base individualistica-artigiana poggiata su una fiducia assoluta nell’uomo comune, i livellatori esprimeranno un pensiero anticipatore di quella filosofia che di lì a qualche decennio prenderà piede con Locke, il quale in maniera più matura e più completa affermerà, sia il diritto naturale e imprescindibile della proprietà e di conseguenza il diritto si esercitare il libero commercio, sia affermando con forza il principio della tolleranza religiosa. 8.1 La tolleranza Il pensiero filosofico del ‘600 dimostra un’emancipazione dall’autorità teologica dalle note laiche e razionali. L’idea di Dio è sempre presente e si pone al centro delle dispute, superando l’approccio dogmatico e clericale: esso rompe il binomio con un’autorità costituita e si concentra su una visione mistica e individualista. Con Cartesio, Pascal e Giordano Bruno si sviluppa un approccio razionale che alimenta un forte spirito critico. Di fronte all’incertezza prende vita l’idea della tolleranza che, come afferma Lasky, era “l’unica posizione razionale che un filosofo potesse adottare sapendo la misura nella quale l’uomo può essere deluso122”. Questo non deve far supporre che il liberalismo, che poggia le sue radici proprio in questo secolo, si traduca in scetticismo o in relativismo: Carlo Lottieri ha affermato che è erroneo ritenere “che il liberalismo implicherebbe una prospettiva morale sostanzialmente relativista, in virtù della quale l’autonomia della società civile e del mercato poggerebbero sull’assenza di principi etici universali123”. E Sergio Belardinelli aggiunge: “Non è detto che il modo migliore di rendere omaggio alla tolleranza sia quello scettico o indifferente di chi pensa che la verità non esiste124”. 122 Harold J. Laski, Le origini del liberalismo europeo, Firenze, La nuova Italia Firenze, 1936, p. 90. 123 Carlo Lottieri, “Per una critica lockiana della filosofia liberale contemporanea”, in Rivista internazionale di Filosofia del Diritto, 2000, V serie, LXXVII, fasc. I. 124 Sergio Belardinelli, “Con quale liberalismo?”, Studi perugini, anno I, n.1, gennaiogiugno 1996, p. 293. 71 Un’altra giustificazione, può essere data dallo sfiancamento causato dalle interminabili guerre alle sette. Quindi l’intolleranza si poneva come un ostacolo alla tranquillità della vita, della ricchezza e degli affari, infatti le persecuzioni e le migrazioni verso l’America o verso l’Olanda, causarono ingenti perdite agli stessi paesi intolleranti. Nel’600 si fa largo l’idea che il sistema teocratico sia un impedimento alla libertà e all’individualismo ed emergono proprio in questo periodo i contrasti con la Chiesa Cattolica o nel caso della rivoluzione inglese con la Chiesa d’Inghilterra. L’idea della separazione tra stato e chiesa fu necessaria non solo per esigenze economicofilosofiche, ma anche per pretese di natura religiosa. Pietro Adamo ricorda il ritorno, nel 1612 in Inghilterra, del gruppo battista guidato da Thomas Helwys che ebbe una gran fortuna all’epoca della rivoluzione: “il contributo dei battisti alla giustificazione teorica della tolleranza fu notevole. Nelle loro pagine si ritrovano i fondamenti dei più importanti argomenti degli apologeti della libertà di coscienza all’epoca della Rivoluzione125”. L’argomento cardine del movimento battista era appunto la tolleranza: “il re è un uomo mortale, non è Dio, e quindi non ha potere sulle anime immortali dei suoi sudditi per fare leggi e ordinanze per loro, né per porre su di loro signori spirituali126”. Lo stesso Richard Overton si pensa che appartenesse alla congregazione battista di Londra, John Lilburne era membro di una chiesa separatista, William Walwyn pur non appartenendo ad alcuna chiesa costituita, frequentava ambienti separatisti. Tali adesioni avevano delle forti ricadute nell’approccio filosofico-politico del loro pensiero, soprattutto nella questione della tolleranza. Il partito livellatore recepì lo spirito del mondo settario londinese anche se il tema della tolleranza religiosa spaccò il fronte settario, dividendo tra chi voleva l’intervento dei magistrati e dell’autorità civile in caso di violazione dei valori cristiani e chi, come i livellatori, auspicava per una separazione totale tra stato e chiesa, lasciando a quest’ultima la sola giurisdizione morale. In tutte le versioni del “Patto del Popolo”, in tutte le petizioni promosse e in ogni pamphlet, il movimento livellatore sposa l’idea di una tolleranza religiosa piena, fondata su una legge naturale. Come ricorda Pietro Adamo, “lo stesso Lilburne, in carcere riscoprì il common law e sir Edward Coke fornì un indispensabile tassello al nuovo vocabolario a partire da England Birth-Right Justified, pubblicato nell’ottobre del 1645. Nel libello il principio della libertà dei singoli (compresa quella religiosa) veniva strettamente legato alla legge di natura e al diritto di 125 Pietro Adamo, La libertà dei santi. Fallibilismo e tolleranza nella rivoluzione (16401649), Milano, Franco Angeli, 1997, p. 87. 126 T. Helwys, A Short Declaration of th Mistery of Iniquity 1612. 72 cittadinanza127”, anche Overton nella “Remostrance” del 1646, affermò utilizzando i toni tipici delle propaganda dei Levellers, che le leggi di intolleranza religiosa derivavano non dalla tradizione giuridica inglese, ma dall’imposizione normanna. Overton si pose in atteggiamento fortemente critico verso gli esponenti del partito presbiteriano: “Voi non possedete più potere di quanto il popolo possa correttamente affidarvi. Quindi tutte le implicazioni di quelle mozioni riguardanti lo stabilimento della religione mostrano che in questo caso, come in molti altri, noi restiamo sotto il giogo normanno di un potere arbitrario del quale dovremo liberarci128. Anche Walwyn afferma che i diritti derivano non dalla fede religiosa, ma dallo stesso status di cittadinanza, equiparando “il blasfemo, il pagano, l’ebreo, il turco e l’anticristiano”. Secondo Prynne, tali dottrine poggiavano su una: “logica e teologia antimonarchica, antiparlamentare e anarchica” che avrebbe distrutto “ i fondamenti stessi di ogni governo e ogni relazione naturale, civile o ecclesiastica129”. Occorre notare che nel “Patto del Popolo” nella sua versione definitiva del 1° maggio del 1649, si possono ritrovare riferimenti diretti al tema della tolleranza religiosa: Come in precedenza osservato al punto decimo si afferma “non diamo potere o il mandato ai detti nostri rappresentanti di mantenere in vigore o di fare qualsiasi legge o imporre giuramenti o patti” da cui possa derivare una qualsiasi sanzione o vietare a chiunque “di professare la propria fede o d’esercitare il culto religioso secondo la sua coscienza”. Trattando il tema della tolleranza religiosa pone in evidenza due tutele fondamentali: la prima imponendo il divieto di introdurre il Covenant e la seconda è rivolta verso i cittadini che per motivi religiosi non potevano fare atto di giuramento, come nel caso degli anabattisti. Il ventiseiesimo punto vieta ai cattolici, ovvero ai “fautori della supremazia del Papa (o d’altra straniera)” l’impossibilità di ricoprire alcun ufficio di Stato. Tale precetto potrebbe suscitare qualche perplessità circa il desiderio di tolleranza espresso dal movimento livellatore, che pur escludendo di fatto i cattolici dalla vita politica, tutela gli altri diritti compreso quello di esprimere la loro fede. Il divieto si giustifica con la concezione tipica dell’epoca e del luogo che vede i cattolici come individui sottoposti ad un’autorità straniera e oltretutto invisa, come quella papale. Il “Patto del Popolo” priva lo stato del potere di regolare la vita religiosa, introducendo una concezione individualistica della vita religiosa. Pur con delle 127 Adamo Pietro, La libertà dei santi. Fallibilismo e tolleranza nella rivoluzione (16401649), Milano, Franco Angeli, 1997, p. 343. 128 Richard Overton, A Remostrance of Many Thousand Citizens , p.13. 129 W.Prynne, “A Full Reply”, in: Truth Triumphing over Falshood, an Antiquity over Novelty, John Dawson, Micheal Sparke sr., London 1645, pp. 111-112. 73 differenze, il tema della tolleranza religiosa può essere considerato un filo conduttore che lega il pensiero livellatore con quello lockiano. John Locke compie l’opera di codificazione della dottrina liberale sostenendo che gli uomini nati liberi devono organizzarsi con istituzioni basate sul consenso e la volontà. L’ideale lockiano si poggia sulla concezione che il sovrano deve astenersi dalle dispute religiose negandogli il potere di intervenire nella sfera religiosa personale di ogni individuo. “Se sono nati superiori agli altri uomini per potenza, sono loro pari per natura; né il diritto né l’arte del governo comportano necessariamente la conoscenza certa di alcune cose, e tanto meno della vera religione130”. Nel Saggio sulla tolleranza del 1667 viene esplicitamente affermato che esistono alcune libertà in cui l’individuo non può subire nessuna limitazione di pensiero e di azione da parte dello Stato. Queste sono le opinioni filosofiche e il culto divino. La giustificazione di questo pensiero si ha nella “Lettera sulla tolleranza” del 16851686, che sarà il cardine per i sostenitori del principio della tolleranza dei secoli successivi e dove il filosofo afferma la separazione tra Chiesa e Stato per quanto riguarda le finalità, le funzioni e i poteri che ad essi rispettivamente competono. Occorre precisare, come sostiene il Lottieri, che il filosofo inglese “in materia di tolleranza religiosa egli adotta un ben preciso punto di vista. Nel momento medesimo in cui assume quelle stesse posizioni che oggi appaiono più indifendibili (si pensi, in particolare, alla netta chiusura verso i papisti o gli atei) Locke manifesta comunque che la sua idea di società libera presuppone l’esistenza della verità e la convinzione che essa debba guidare i nostri comportamenti131”. Katharine Chidley afferma che l’esclusione dei cattolici fu sostenuta con le ragioni tipiche del pensiero protestante: “ci sono molti motivi per cui a chi ha spesso tentato di portare alla rovina questo Regno con complotti e tradimenti, non sia concessa la libertà132”. Nella lettera sulla tolleranza il filosofo inglese afferma: “nella tolleranza io vedo il più importante distintivo della vera chiesa133“, la verità del messaggio di fede risiede quindi non negli strumenti repressivi, ma nella “forza e l’efficacia di una vera religione di salvezza, nella persuasione134”. La chiesa ha come obiettivo la salvezza dell’anima che dipende esclusivamente dalle convinzioni interiori dell’individuo, non può in nessun modo essere indotta con la forza. L’autorità religiosa non può richiedere l’intervento del magistrato per realizzare con le armi 130 John Locke Lettera sulla tolleranza, Firenze, La Nuova Italia, 1978 (1685-6), p.32. Carlo Lottieri, “Per una critica lockiana della filosofia liberale contemporanea”, in Rivista internazionale di Filosofia del Diritto, 2000, V serie, LXXVII, fasc. I. 132 Katharine Chidley, The iustification, p. 20, pp. 36-37. 133 John Loke, Lettera sulla tolleranza, Firenze, La Nuova Italia, 1978 (1685-6), p. 3. 134 John Loke, Lettera sulla tolleranza, Firenze, La Nuova Italia, 1978 (1685-6), p. 10. 131 74 ciò che non riesce a ottenere con la parola. La Chiesa può legittimamente espellere dal proprio seno mediante la scomunica coloro che non condividono i dogmi e i riti che essa propone come mezzi di salvezza: ma lo scomunicato non deve assolutamente perdere i diritti civili di cui gode come cittadino. Lo Stato viene concepito come un’ associazione di individui che ha come scopo la tutela del diritto naturale alla vita, alla libertà e alla proprietà, escludendo che nelle autorità civili risieda la verità, o che esse siano orientate verso la ricerca di un ethos. Una visione del tutto vicina a quella dei Levellers, che pur sostenendo con forza la verità e la fede, escludono la religione dall’orbita di competenza dello stato, riconducendola nella sfera originale e intima dell’individuo. 8.2 La proprietà Contrariamente all’idea che vuole i livellatori quali fautori del pensiero comunitarista, emerge una linea di strenua difesa della proprietà privata, che si evince non solo nelle note d’apertura dell’opera di Overton “An arrow against all tyrants”, ma anche in tutti i testi e le petizioni proposte dal partito dei Levellers. Osservando da vicino le opere e le battaglie del movimento, notiamo la forte tutela del diritto di proprietà, si pensi alla seconda versione del “Patto del Popolo”, redatta nell’ottobre del 1647 insieme all’esercito e al partito indipendente, o la più significativa versione “definitiva” del 1° maggio del 1649, dove il partito livellatore senza interferenze o intromissioni di terzi, detta la linea programmatica ideale di una futura Repubblica d’Inghilterra. In questa ultima versione emerge una linea di profonda irremovibilità non solo nel godimento della libera proprietà, ma una decisa avversione alle pratiche emergenti in quel periodo ad opera dei Diggers che, si facevano chiamare “True Levellers”, dal quale il movimento ha sempre preso le distanze con fermezza. Come precedentemente ricordato, lo stesso Lilburne in una lettera chiarì le differenze tra due movimenti: “A mio avviso questa presunzione di livellare le proprietà e gli uffici è così ridicola e pazzesca, che non si può immaginare che un uomo di senno, ragione o intelligenza sia così abbrutito dal vino da sostenere un simile principio, perché esso, se praticato, distruggerebbe non solo qualunque industria, ma abbatterebbe le stesse fondamenta della generazione e sussistenza … Circa la laboriosità e il valore, grazie ai quali le società umane sono mantenute e preservate, chi si darebbe pena di ciò che, quando l’abbia prodotto, non è più suo, ma dev’essere egualmente condiviso da ogni pigro, stolto, ozioso avvinazzato135”. 135 J. Lilburne, Colonel John Lilburne his Apologeticall Narration, 3 aprile 1652. 75 E anche Walwyn che pur nutrendo una certa simpatia personale per le teorie egualitarie, quando parlava o scriveva a nome del partito, lo faceva in un ottica di tutela assoluta nei confronti della proprietà, condannando con fermezza le accuse di “comunismo” mossegli dai cromwelliani. Il movimento non ha mai mirato all’uguaglianza degli averi, o al livellamento delle distinzioni sociali, ma come ha affermato George Holland Sabine: “essi si opponevano al privilegio politico da parte della nobiltà e al vantaggio economico ottenuto con i monopoli del commercio, o al monopolio professionale goduto dagli avvocati. Sembra che l’obiezione mirasse esclusivamente al privilegio legalmente riconosciuto e non alla ineguaglianza sociale ed economica come tale136”. E quando i livellatori fanno riferimento al termine eguaglianza, lo fanno esclusivamente riferendosi ad una eguaglianza di ordine formale, traducendo il loro pensiero in una filosofia di carattere individualistica ben lontana dal modello di tipo socialista. E anche quando posero in discussione la legittimità dei possessi, lo fecero solo contro i profittatori della guerra, che avevano acquisito la loro proprietà con il tradimento e con la corruzione. In quel caso si trattò non solo di ridistribuire le terre alla comunità, ma anche di punire una minoranza di uomini senza scrupoli che con l’imbroglio e con la violenza si appropriarono dei terreni. L’epiteto livellatori affibbiatogli dai loro detrattori, conduce all’erronea idea che essi volessero livellare e sopprimere le differenze di ceto o di ricchezza: opinione alimentata anche da Ireton per spaventare il ceto latifondista. I livellatori cercarono di combattere tale credenza con ogni mezzo, soprattutto nella terza versione del “Patto del Popolo”, dove una tutela piena e completa si articola su diversi aspetti comprendendo non solo la proprietà terriera ma anche la libertà del commercio e degli affari, ritenuti diritti naturali posti a fondamento della libertà individuale. Si pensi al punto nono del patto che elenca i limiti del futuro parlamento: 1. Mantenimento della pace e del commercio estero. 2. Salvaguardia della vita, dell’incolumità, della proprietà e dei beni e dei diritti affermati nella petizione del 1628. 3. All’imposizione delle tasse che riguardano quei beni e quei diritti indicati nei punti precedenti. Ebbene in tutti e tre i punti affermati, possiamo notare il richiamo alla tutela della proprietà e del commercio, garantendo una difesa nei confronti di terzi, al contempo una tutela contro l’insaziabile tassazione. Anche il punto diciottesimo, che vieta al parlamento di creare leggi che “proibiscono o restringano la facoltà di chiunque di commerciare o trafficare con qualsiasi luogo d’oltremare”, si pone come strumento per garantire un pieno diritto 136 G. H. Sabine, Storia delle dottrine politiche (A History of Political Theory), Milano, Hoepli, 1951, p. 387. 76 di commercio, vietando allo stato di intervenire negli affari dei cittadini. E non è un caso che il “Patto del Popolo si chiuda con il punto trentesimo, con il quale si fa divieto assoluto di “livellare i beni degli uomini, abolire la proprietà privata o introdurre la comunità dei possessi”. Secondo Sabine il loro individualismo si spingeva sino al punto che “desideravano un sistema costituzionale che proteggesse l’individuo nei suoi diritti fondamentali anche contro i suoi stessi rappresentanti137”, infatti nella terza e definitiva versione del “Patto del Popolo” alcuni diritti come quello della proprietà sono immodificabili. Il pensiero livellatore si pone quindi come un movimento che ha per obiettivo costante la garanzia della proprietà, anche quando si oppone ai procedimenti arbitrari del parlamento che violano le libertà individuali sancite dal diritto naturale e dalle legge comune: imponendo oneri e imposte, arruolando e dando il diritto di acquartierarsi all’esercito a spese dei cittadini, distruggendo il piccolo commercio imponendo monopoli legali. La tutela della proprietà avviene proponendo uno strumento che diverrà il simbolo del secolo successivo: il contratto sociale. Attraverso il “Patto del Popolo” i livellatori intendevano porre le basi per un ridimensionamento dello stato centrale. La visione di uno stato limitato non è che una delle tante similitudini con il pensiero lockiano, così come l’idea di uno stato frutto del consenso preventivo e collettivo, nato non per limitare i diritti, ma per tutelarli. Come ha affermato Emanuele Castrucci: “I diritti naturali, per Locke e a differenza di Hobbes, non sono quindi oggetto di un rinuncia totale al momento del contratto originario, ma continuano anche in seguito ad esso a sussistere come basi della libertà, economica e politica del cittadino borghese138”. Del resto anche per Locke il motivo per cui gli uomini si uniscono in stati e si assoggettano ad un governo è la salvaguardia della loro libertà e proprietà. Nel “Secondo trattato sul governo civile - Saggio concernente la vera origine, l’estensione ed il fine del governo civile” Locke afferma: “essendo gli uomini tutti naturalmente liberi, uguali e indipendenti, nessuno può essere rimosso da tale stato, ed essere sottomesso al potere politico altrui senza il suo consenso. Consenso che gli permetterà di accordarsi con gli altri uomini onde unirsi e mettersi in società, per la loro conservazione, per la sicurezza reciproca, la tranquillità della vita, per il pacifico godimento della loro proprietà privata e per essere maggiormente al riparo dagli insulti di chi volesse nuocere e far loro del male” (VII, 95). 137 G. H. Sabine, Storia delle dottrine politiche (A History of Political Theory), Milano, Hoepli, 1951, p. 392. 138 Emanuele Castrucci, Antologia di testi classici del pensiero giuridico-politico moderno, Firenze, Firenze-Editing, 2006, p. 208. 77 Nell’apertura del testo di Richard Overton “An arrow against all tyrants”, si ha subito un rimando a quelli che saranno i temi centrali del pensiero lockiano: “Ad ogni individuo in natura è data naturalmente una individuale proprietà, che non può essere invasa o usurpata da nessuno. Ciascuno in quanto individuo, ha una proprietà individuale, altrimenti non sarebbe un individuo; per questo motivo nessuno può pretendere di privare qualcuno senza che vi sia una manifesta violazione e affronto ai principi naturali e alle leggi di equità e giustizia tra uomini”. Libertà e proprietà sono dunque temi cari ad entrambi; comparando il testo di Overton con questo brano del “Secondo trattato sul governo civile. Saggio concernente la vera origine, l’estensione ed il fine del governo civile” ecco come si esprime Locke: “Benché la terra e tutte le creature inferiori siano comuni a tutti gli uomini, ciascuno a tuttavia la proprietà della sua persona: su questa nessuno ha diritto alcuno all’infuori di lui. Il lavoro del suo corpo e l’opera delle sue mani, possiamo dire, sono propriamente suoi. Qualunque cosa dunque egli tolga dallo stato in cui la natura la creata e lasciata, a essa incorpora il suo lavoro, e vi intesse qualcosa che gli appartiene, e con ciò se l’appropria”. Evidente appare il raffronto tra questa parte citata da Overton in “An arrow against all tyrants” dove si specifica ancora questo concetto: “Per diritto di nascita tutti gli uomini sono eguali e in quanto tali, hanno uguale diritto di proprietà, e alla libertà. In quanto creati da Dio in questo mondo, ciascuno ha una naturale e innata libertà e proprietà -infatti ciò è stato scritto nel cuore di ogni uomo mai sarà cancellato - e finché saremo vivi, ognuno ugualmente gode di questo privilegio o suo diritto di nascita e la stessa natura divina lo rende libero”. In questo brano ripreso dell’opera lockiana, il “Secondo trattato sul governo civile. Saggio concernente la vera origine, l’estensione ed il fine del governo civile”, ecco come con parole diverse si afferma lo stesso pensiero: “Dio che ha dato la terra in comune agli uomini, ha dato loro anche la ragione, onde se ne servissero nel modo più vantaggioso per la vita e il benessere loro … E per quanto tutti i frutti che essa naturalmente produce e gli animali che sostenta appartengano in comune all’umanità, … pure dato che tutto ciò è inteso all’utilità degli uomini dev’esserci di necessità un mezzo di appropriarselo in un modo o nell’altro, prima che possa essere d’un qualche beneficio ad un singolo individuo”. La corrispondenza appare evidente. Certo il testo di Overton non è elegante o espressivo come quello di Locke, d’altronde avevano formazioni culturali molto diverse. In entrambi i testi però si offre la giustificazione naturale della proprietà, anteriore ad ogni tipo di convenzione sociale. Come hanno affermato Alessandro Piazzi, Mauro Segatori e Mario Tronti “certamente i Livellatori furono tra i primi a teorizzare un diritto naturale alla proprietà, che sussiste a prescindere dalla società e che non implica più i 78 tradizionali doveri verso di essa dell’epoca medioevale: e in questo senso essi sono pienamente i precursori della tradizione “whig” e di Locke”.139 139 AA.VV., Stato e rivoluzione in Inghilterra, Il Saggiatore, p.164. 79 L’autore Giovanni Giorli, laureatosi in giurisprudenza nell’Università di Siena, è da sempre uno studioso e appassionato del pensiero liberale. L’istituto Lo Switzerland Institute in Venice è un istituto sorto per iniziativa di Luigi Marco Bassani, Carlo Lottieri e Daniele Velo Dalbrenta al fine di affrontare – particolarmente in ambito accademico – i temi del diritto di secessione e della concorrenza istituzionale, da un lato, e della libertà e della proprietà, dall’altro. L’obiettivo è promuovere e sostenere ricerche che favoriscano una crescente legittimazione di quelle iniziative politiche che meglio possono favorire la libertà d’impresa e l’autogoverno, traendo lezione anche dall’esperienza storica della Svizzera. Il riferimento alla società elvetica nasce non solo dall’intenzione di operare a cavallo tra il Ticino e il Veneto, ma anche perché i promotori considerano la società svizzera un modello da imitare e un’occasione di riflessione per l’intera Europa, e più specificamente per le aree di lingua italiana. Scopo dell’istituto è mostrare come quella svizzera sia una sorta di “utopia realizzata”: un modello imperfetto, naturalmente, ma che può aiutare a dirigersi nella giusta direzione. 80