i requisiti per l`accreditamento delle strutture sanitarie tra

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i requisiti per l`accreditamento delle strutture sanitarie tra
I REQUISITI PER L’ACCREDITAMENTO
DELLE STRUTTURE SANITARIE
TRA FEDERALISMO E NORME TECNICHE
Arch. Braccio Oddi Baglioni
Vicesegretario C.N.E.T.O.
Prof. Silvano Dubini
Componente della giunta C.N.E.T.O.
Professore di Bioingegneria della
Facoltà di Ingegneria di Firenze
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23/07/2002
INDICE
Premessa.......................................................................................................................................... 3
Classificazione delle strutture ............................................................................................................. 5
Comparazione fra la legislazione nazionale e quella regionale ................................................................ 6
Requisiti minimi strutturali ................................................................................................................. 7
Area di degenza .................................................................................................................................................................... 7
Reparto operatorio ............................................................................................................................................................... 8
Punto nascita – blocco parto ............................................................................................................................................. 10
Normativa antincendio ..................................................................................................................... 11
Rispondenze rispetto al Dlgs 626/94 ................................................................................................. 13
Requisiti minimi impiantistici ............................................................................................................ 16
Ricambi dell’aria e ricircolo ............................................................................................................................................. 16
Purezza dell’aria ................................................................................................................................................................. 17
Contaminazione dell’aria................................................................................................................................................... 19
Efficienza dei filtri............................................................................................................................................................... 19
Sovrapressione..................................................................................................................................................................... 19
Vestizione ............................................................................................................................................................................. 20
Verifiche periodiche............................................................................................................................................................ 20
Considerazioni finali......................................................................................................................... 21
Bibliografia ..................................................................................................................................... 22
Tabelle allegate ............................................................................................................................... 24
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Premessa
Il DPR 14/01/1997 è l’ultimo atto, in ordine di tempo, di una legislazione nazionale volta a
riordinare la normativa tecnica del settore ospedaliero.
Nel 1939 con il D.C.G. del 20 luglio “Approvazione delle istruzioni per le costruzioni edilizie” fu
promulgata la prima legge nazionale nel settore e vennero individuati, per la prima volta, gli
standards da applicarsi nella costruzione degli edifici ospedalieri. E’ necessario arrivare al 1986
con il D.P.C.M. del 27 giugno “Atto di indirizzo e coordinamento dell’attività amministrativa
delle regioni in materia di requisiti delle case di cura private” per vedere ridefiniti alcuni di
questi standards ma riferiti al privato. L’anno successivo alcune regioni legiferarono sulla
materia fra cui la regione Lazio con la L.R. n°64 del 31/12/1987 “Norme per l’autorizzazione, la
vigilanza e le convenzioni con le case di cura private” che precisa ulteriormente alcune
specifiche, molte delle quali tuttavia sono mutuate dal D.P.C.M. dell’anno prima.
L’importanza dell’attuale DPR 14/01/1997 [1] che è un atto di indirizzo e coordinamento rivolto
alle Regioni e alle Provincie autonome, risiede nella necessità di fissare requisiti minimi validi in
tutto il territorio nazionale e per tutte le Strutture Pubbliche e Private.
Per lo Stato vige infatti la necessità di tutelare i cittadini in egual misura e in qualunque
regione essi si trovino, svolgendo l’indispensabile funzione di coordinamento e indicando i
requisiti minimi a cui le regioni devono attenersi per legiferare in merito alla autorizzazione e
all’accreditamento delle Strutture Sanitarie.
Prima della approvazione definitiva del DPR 14/1/1997 è circolato fra gli addetti ai lavori una
bozza di DPR molto dettagliata soprattutto per i requisiti strutturali ed architettonici delle
strutture ospedaliere che indicava parecchi parametri dimensionali; detto documento sarà
citato nel seguito di questa relazione come “bozza DPR”.
Invece a seguito del DPR 14/01/1997 molte regioni hanno legiferato sui requisiti minimi
necessari per accedere all’autorizzazione e/o all’accreditamento come la tab.1 mostra.
Tuttavia occorre considerare che in Europa sta progressivamente cambiando l’orientamento
normativo verso i requisiti tecnici e di sicurezza delle opere. Infatti all’obbligo senza condizioni
ed eccezioni, di qualche anno fa, di adottare le prescrizioni tecniche indicate dalle norme e dai
regolamenti, sta entrando una nuova prassi quale modalità ordinaria per rispondere ai requisiti
essenziali di sicurezza e di efficienza: la valutazione del rischio e delle esigenze del processo e
l’adozione di tutte quelle soluzioni tecniche che la comunità scientifica (detto anche stato
dell’arte) indica come idonea nella fattispecie. Ciò nonostante a livello delle caratteristiche
tecniche che i manufatti devono avere, le prescrizioni delle norme tecniche costituiscono senza
dubbio un autorevole riferimento e spesso una prescrizione di rispetto della regola d’arte ma
comunque senza il carattere di obbligatorietà.
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L’obbligatorietà è invece relativa ai “requisiti essenziali” che coerentemente all’evoluzione
normativa in atto non possono che essere dichiarazioni di principio quali ad esempio “essere
correlate alla tipologia e al volume delle attività erogate” espressione tipica delle Normativa
nazionale spesso ripresa da quelle regionali nell’Accreditamento delle strutture sanitarie,
oppure “essere progettati e fabbricati in modo che la loro utilizzazione non comprometta lo
stato clinico e la sicurezza dei pazienti” della direttiva europea sui dispositivi medici, tanto per
citarne solo due. Questo nuovo scenario cambia l’atteggiamento sia del Progettista che del
Gestore in quanto queste due categorie professionali non sono più chiamate al rispetto
pedissequo di prescrizioni tecniche ma all’analisi del “processo” di cui il manufatto è parte
integrante, e a garantire, nei modi che lo stato dell’arte prevede, la sicurezza, l’efficacia e
l’efficienza del manufatto.
I due protagonisti a cui si fa riferimento sono da una parte il Progettista che deve ideare il
manufatto che soddisfa predefinite esigenze funzionali e di sicurezza risolvendo tutti i problemi
costruttivi, di manutenzione, di gestione e di futuro smaltimento e dall’altra parte il Gestore
che deve valutare: il processo che intende svolgere con il manufatto e indicare le condizioni
specifiche, i livelli di sicurezza richiesti, gli esiti attesi, ecc.
Per rendersi conto delle conseguenze di quanto sopra accennato si consideri, a titolo di
esempio, la purezza dell’aria in sala operatoria, che dipende sia dall’impianto di
condizionamento, di responsabilità del Progettista, ma anche e a volte prevalentemente dai
comportamenti degli operatori se non addirittura dalla vestizione dei medesimi, che dipendono
dal Gestore. Oppure si consideri l’annoso dilemma della separazione dei flussi fra materiali
sporchi e puliti, in passato risolto senza possibili eccezioni con il corridoio separato dello sporco
e del pulito, mentre oggi la normativa sull’accreditamento prevede anche una soluzione
organizzativa come ad esempio il confezionamento dei materiali.
A ulteriore conferma del ruolo attivo, indispensabile, e non delegabile del Gestore nell’indicare
le specifiche funzionali dei manufatti si consideri la recente norma tecnica sugli impianti
elettrici nei locali ad uso medico CEI 64-8 che recita: “la classificazione dei locali ad uso medico
e l’individuazione della zona paziente [a cui corrisponde una specifica tipologia di impianto
elettrico n.d.r.] devono essere fatte dal personale medico [non del progettista! n.d.r.] o in
accordo con l’organizzazione sanitaria”.
In conclusione vorremmo sottolineare come forse più che parlare di norme cogenti sarebbe
opportuno parlare di norme guida. Ma per fare questo è necessario che soprattutto gli enti
tutori aumentino la sensibilità nel valutare le cosiddette norme equivalenti.
Un esempio per tutti. Se un progettista in “scienza e coscienza” ritiene che l’altezza di alcuni
locali degli ospedali possano seguire la normativa degli uffici e cioè per i corridoi 2,40 m e per i
locali 2,70 m di altezza, non deve essere censurato dalla ASL, che rifacendosi ad un decreto
ormai datato, gli impone per tutti gli ambienti di lavoro 3,00 m di altezza!
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Classificazione delle strutture
Ritornando all’analisi del DPR 14/01/1997 ricordiamo che le strutture sono classificate in
relazione alla tipologia delle prestazioni sanitarie erogate e precisamente:
a) strutture che erogano prestazioni in regime di ricovero ospedaliero a ciclo e/o diurno
per acuti;
b) strutture che erogano prestazioni di assistenza specialistica in regime ambulatoriale,
comprese quelle riabilitative, di diagnostica strumentale e di laboratorio;
c) strutture che erogano prestazioni in regime residenziale, a ciclo continuativo e/o diurno.
All’interno di queste strutture operano le seguenti attività:
Per le strutture di tipo a):
-
pronto soccorso ospedaliero;
-
aree di degenza;
-
reparti operatori;
-
punto nascita – blocco parto;
-
rianimazione e terapia intensiva;
-
medicina nucleare;
-
attività di radioterapia;
-
day-Hospital;
-
day-Surgery;
-
gestione farmaci e materiale sanitario;
-
servizio di sterilizzazione;
-
servizio di disinfezione;
-
servizio mortuario.
Per le strutture di tipo b):
-
assistenza specialistica ambulatoriale;
-
servizi di medicina di laboratorio;
-
attività di diagnostica per immagini;
-
presidi ambulatoriali di recupero e rieducazione funzionale;
-
centri ambulatoriali di riabilitazione;
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-
centro di salute mentale;
-
presidi per il trattamento dei tossicodipendenti: centro ambulatoriale
Per le strutture di tipo c):
-
presidi di riabilitazione funzionale dei soggetti portatori di disabilità fisiche, psichiche e
sensoriali;
-
presidi di tutela della salute mentale: centro diurno psichiatrico e Day-Hospital
psichiatrico;
-
presidi di tutela della salute mentale: struttura residenziale psichiatrica;
-
strutture di riabilitazione e strutture educativo-assistenziale per i tossicodipendenti;
-
residenze sanitarie (R.S.A.).
Il D.P.R. 14/01/1997, per quanto riguarda i requisiti strutturali, dà indicazioni circa una serie di
dotazioni minime di ambienti per ogni attività con specifiche spesso carenti di
quell’approfondimento che ci si aspetterebbe da una normativa in tal senso.
Si è molto parlato di questa genericità anche alla luce del fatto che per la prima stesura del
sopra citato DPR 14/01/1997, che crediamo sia noto a tutti gli operatori, era invece molto più
analitica. Si ritiene che si sia voluto, con questa flessibilità, dare la possibilità ai legislatori
regionali di addentrarsi maggiormente nello specifico della materia e quindi permettere loro
una maggior autonomia, fatti salvi alcuni punti essenziali inderogabili, compresi quelli dettati
dalla normativa vigente, per esempio per quanto riguarda gli standard di sicurezza e igiene
ambientale.
In realtà, salvo casi sporadici, le legislazioni regionali non hanno fatto altro che “recepire” la
legislazione nazionale, non apportando quei contributi che sarebbero stati, nella maggior parte
dei casi, necessari.
Comparazione fra la legislazione nazionale e quella regionale
Nel presente articolo viene fatto un confronto fra le indicazioni tecniche della normativa
nazionale e quella regionale riferita all’autorizzazione e all’accreditamento delle Strutture
Sanitarie.
Il confronto avviene essenzialmente sui requisiti strutturali ed architettonici delle aree di
degenza, blocco operatorio e punto nascite.
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Per quanto riguarda il confronto sui requisiti impiantistici si è scelto l’impianto di trattamento
dell’aria dei locali critici, poiché tradizionalmente poco regolamentato nel nostro paese da una
normativa specifica.
Requisiti minimi strutturali
Area di degenza - [Tab.2]
La superficie minima indicata dal DPR 14/01/1997 è di 9 mq per posto letto sia per camera
singola sia per camera multipla al netto dell’area per i servizi igienici.
Piemonte e Marche indicano 9 mq per la camera singola, 7 mq per la camera multipla e 9 mq
per la camera multipla pediatrica, il Piemonte indica inoltre - valore questo sempre mutuato
dalla prima bozza del DPR 14/01/1997 - 12 mq per la camera singola con accompagnatore, la
Campania e il Molise indicano 9 mq per camera multipla, 12 mq per camera singola,
derogando, in caso di ristrutturazione, per la camera multipla, la Campania a 9 mq per il primo
letto e 7 mq per i letti successivi mentre la Calabria stabilisce, in caso di ristrutturazione, la
dotazione massima di 6 posti letto per camera
La provincia di Trento, il Friuli Venezia Giulia, la Liguria e la Toscana ripropongono i valori del
DPR 14/01/1997. Indicazioni diverse vengono date dalla Lombardia – 9 mq per camera singola
e 7÷9 mq per camera multipla - e dall’Emilia Romagna – 9 mq per camera multipla e 12 mq
per camera singola - ma con superficie dei servizi igienici inclusa (e l’indicazione per essi, da
parte della Lombardia, di una superficie minima di 2mq).
Il decreto dà ulteriori indicazioni, e precisamente:
-
non più di 4 p.l. per camera;
-
almeno 1 servizio ogni 4 p.l.;
-
almeno il 10% delle stanze di degenza deve ospitare un solo letto;
-
un locale per visita e medicazioni;
-
un locale, per ogni piano di degenza, per il personale di assistenza diretta;
-
uno spazio per la caposala;
-
un locale per i medici;
-
un locale per il soggiorno;
-
un locale deposito materiale pulito;
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-
un locale deposito attrezzature;
-
un locale per ogni piano degenza per materiale sporco, dotato di vuotatoio e
lavapadelle;
-
una cucina di reparto;
-
servizi igienici per il personale;
-
sala attesa visitatori;
-
un bagno assistito;
-
l’indicazione che per le degenze pediatriche devono essere previsti spazi di soggiorno e
svago ad uso esclusivo dei bambini, proporzionati al numero e deve essere previsto lo
spazio per la presenza dell’accompagnatore;
-
l’indicazione che per le degenze psichiatriche deve essere previsto un locale specifico
per colloqui/visite specialistiche e soggiorno in relazione al numero di p.l.;
-
l’indicazione che nei locali di degenza per malattie infettive va attuato l’adeguamento
previsto dalla legge 135/90 e successive modifiche e integrazioni.
Reparto operatorio – [Tab.3]
Circa la superficie delle sale operatorie il DPR 14/01/1997 indica che “i locali e gli spazi
devono essere correlati alla tipologia e al volume delle attività erogate”.
Le linee guida ISPESL indicano una superficie minima di 30 mq per le sale per interventi
con media assistenza e un minimo di 36 mq per sale per interventi di alta specialità.
La regione Piemonte indica una superficie non minore di 20 mq per sale per piccoli
interventi e non minore di 36 mq per sale per interventi ad alta specialità. La Lombardia
indica genericamente almeno 30 mq. La regione Toscana e la Calabria indicano una
superficie non inferiore a 25 mq per piccoli interventi e un minimo di 30 mq per gli altri
interventi, ed inoltre la necessità di n°2 sale operatorie fino a 50 posti letto e di un’ulteriore
sala per ogni successivi 50 p.l.; la regione Marche indica una superficie non minore di 20
mq per piccoli interventi, non minore di 30 mq per interventi con media assistenza e non
minore di 40 mq per interventi di alta specialità. La regione Campania indica una superficie
non inferiore a 25 mq per piccoli interventi, non inferiore a 30 per interventi di media
assistenza e non inferiore a 36 mq per interventi chirurgici in discipline ad alta specialità. Il
Molise indica una superficie minima di 30 mq derogando a 25 mq per specialità chirurgiche
che possano ammettere dimensioni minori; in ogni caso prevede n°2 sale operatorie per
una dotazione fino a 50 p.l., n°3 sale per strutture da 50 a 100 p.l. chirurgici e n°1 sala per
ogni ulteriori 40 p.l. (o frazione di 40) nelle strutture con una dotazione superiore ai 100
p.l. chirurgici. Per strutture esistenti e già autorizzate è ammessa una dotazione diversa
purchè non inferiore a 1 sala operatoria ogni 100 p.l..
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Le altre regioni si adeguano al DPR 14/01/1997. C’è da dire che mentre appaiono
ragionevoli i dati dimensionati, lasciano un po’ più perplessi i dati sul numero di camere
rispetto ai posti letto poiché non si fa nessun accenno alle Day Surgery che modificano
fortemente il rapporto sala/posti letto, se è vero che tradizionalmente il 50% degli
interventi si fa o si potrebbe fare in Day Surgery.
Comunque si può dire che in questo caso le legislazioni regionali forniscono indicazioni più
precise rispetto al DPR 14/01/1997.
Nella prima stesura del decreto venivano inoltre date indicazioni circa la tipologia dei
materiali: venivano raccomandate pareti lisce e raccordate tra loro, rivestimenti per
pavimenti e pareti a tutt’altezza di tipo lavabile, disinfettabile e impermeabile agli agenti
contaminanti; pavimenti e pareti con angoli arrotondati, in particolare veniva raccomandata
l’antistaticità del pavimento. Raccomandazione questa ripresa da qualche Regione.
Tornando al discorso normativo, sarebbe ora di fare chiarezza sul pavimento conduttivo
nelle sale operatorie: tutti sappiamo che considerato il non uso ormai da decenni di gas
anestetici esplosivi il pavimento conduttivo in camera operatoria non è più indispensabile,
tuttavia a tutt’oggi alcuni organi di controllo sequestrano sale operatorie che non hanno il
pavimento conduttivo.
Tornando all’esame delle esperienze regionali c’è da dire che talvolta il non servirsi degli
esperti, pur presenti nel territorio nazionale, porta le Regioni a qualche errore tecnico:
come la regione Campania che dopo aver prescritto alcune specifiche da cui si concludeva
che erano accreditabili solo le strutture con i pavimenti in gomma escludendo qualsiasi
altro materiale, è stata costretta a precisare il significato dell’espressione “pavimento di
tipo monolitico”, termine per il quale si deve intendere: “pavimento privo di discontinuità,
perfettamente lavabile, decontaminabile, non assorbente” e a specificare inoltre che questo
pavimento, con raccordo arrotondato alle pareti, è richiesto quale requisito minimo in tutti
gli ambienti dove si effettuano prestazioni sanitarie
Le linee guida ISPESL fornisce inoltre indicazioni sulla larghezza delle porte (min 80 cm),
sulla dimensione delle vie di fuga (min 1,20 m di larghezza e h ≥ 2 m), sulla larghezza delle
vie di circolazione (da valutare secondo le modalità stabilite dai VVF) e sulla larghezza dei
corridoi (≥ 2 m) con la raccomandazione di utilizzo di elementi paracolpi.
Il DPR 14/01/1997 dà inoltre le seguenti ulteriori indicazioni:
-
spazio filtro di entrata degli operandi;
-
zona filtro personale addetto;
-
zona preparazione utenti;
-
zona risveglio utenti;
-
deposito presidi e strumentario chirurgico;
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-
deposito materiale sporco.
Le regioni recepiscono queste indicazioni, Piemonte, Marche e Campania inseriscono una
sala gessi per le unità di ortopedia traumatologica.
La regione Campania, sempre nel documento di rettifica chiarisce il significato della frase
“devono essere garantiti percorsi interni differenziati per sporco e pulito…” all’interno del
reparto operatorio, intendendo che “..per le strutture esistenti i percorsi interni differenziati
per sporco e pulito devono essere garantiti attraverso specifici interventi strutturali, ove
possibile, ovvero tramite idonee procedure organizzative alternative”.
E qui dobbiamo dire che rischiamo veramente di fare un passo indietro di cinquant’anni: la
prescrizione continua a proporre come soluzione principale la separazione dei percorsi puliti
e sporchi differenziati all’interno del gruppo operatorio. Ciò non è più seguito in nessuna
parte del mondo. Negli ultimi viaggi fatti dal CNETO in Germania, Spagna e Francia si è
visto che nessuno di questi paesi adotta la differenziazione fra corridoio pulito e sporco e al
contrario quelli più avanzati come la Germania, adotta la differenziazione fra corridoio
pulito e corridoio sterile che per le alte specialità ha un valore ben maggiore.
Punto nascita – blocco parto – [Tab.4]
I requisiti vengono articolati rispetto gli spazi per degenza e al blocco parto vero e proprio.
Per quanto riguarda la degenza, oltre agli spazi specifici individuati per l’area di degenza
indifferenziata, il DPR 14/01/1997 richiede la dotazione dei seguenti ambienti:
-
area di assistenza neonatale in continuità con l’area di Ostetricia e Ginecologia,
privilegiando il rooming-in;
-
il n° di culle rapportato al volume di attività svolta;
-
n°1 culla per patologia neonatale lieve;
-
n°1 incubatrice.
La regione Piemonte e le Marche danno indicazione di uno spazio per ogni culla non
inferiore a 2 mq, ogni locale inoltre deve contenere un numero di culle non superiore a 20.
Per la regione Toscana, la Calabria e la Campania devono essere assicurate 8 culle ogni
500 parti e comunque, a prescindere dal volume di attività, devono essere garantite come
minimo 8 culle per neonati sani, per la Lombardia devono essere assicurate 15 culle ogni
1000 parti.
La regione Piemonte e le Marche richiedono un’area dotata di locale per culle mobili. Il
Piemonte richiede che l’area garantisca la recezione di un numero di culle 25% superiore al
numero di posti letto dell’Ostetricia; individua inoltre la necessità di un locale per visita
neonati, un locale per allattamento e uno per preparazione biberon.
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Il DPR 14/01/1997 per quanto riguarda la superficie della sala parto indica che “i locali e gli
spazi devono essere correlati alla tipologia e al volume delle attività erogate”, indicazione
ripresa da tutte le regioni tranne le Marche che individua una superficie minima di 20 mq.
Anche qui ci sia permessa qualche osservazione a margine: ha senso parlare di parto
obbligatoriamente soltanto nella “sala parto”? Non sarebbe stato opportuno notare come,
escludendo i parti a rischio per cui è più opportuna una vera e propria sala operatoria, per i
parti fisiologici si va affermando una linea di tendenza di parti in camera che ha
quantomeno la stessa dignità del parto in sala parto?
Vengono poi individuati dal decreto i seguenti requisiti:
-
zona filtro per le partorienti;
-
zona filtro personale addetto;
-
locale travaglio;
-
isola neonatale, localizzata all’interno della sala parto o comunicante con questa;
-
una sala operatoria in assenza di blocco operatorio che deve garantire le stesse
richieste per il gruppo operatorio;
-
zona osservazione post-partum;
-
deposito presidi e strumentario chirurgico;
-
servizi igienici per le partorienti;
-
locale lavoro infermieri;
-
deposito materiale sporco;
-
spazio attesa per accompagnatore.
Requisiti questi recepiti dalle regioni.
Normativa antincendio
Citeremo adesso alcune problematiche relative alla normativa antincendio ben sapendo che,
per fortuna, la bozza di regolamento relativa agli ospedali è lungi da essere approvata. Ma la
presenza di autorevoli esponenti della commissione che sta elaborando la normativa ci
consente di fare alcune dissertazioni che speriamo siano recepite nella redigenda norma che ha
l’intento, certamente lodevole, di unificare i comportamenti dei comandi provinciali dei VVF
nell’esame dei progetti che oggi si muovono con un’autonomia spesso preoccupante, cosicché
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quello che è approvato a Roma non lo è a Caserta e le norme equivalenti per Milano non lo
sono per Bologna.
Purtroppo la bozza attuale tiene poco conto dei problemi dell’efficienza della struttura
ospedaliera e la compatibilità fra le norme antincendio e la normale funzionalità del nosocomio.
I principali problemi rilevati in questa bozza riguardano:
-
la superficie della compartimentazione: considerando che la divisione fra due
compartimenti attigui deve essere fatta attraverso filtri a prova di fumo o spazi
all’aperto, è difficile pensare a un blocco operatorio inferiore a 500 mq (superficie
indicata dalla “Regola tecnica di prevenzione incendi”) che sarebbe ovviamente limitato
nella funzionalità da una sua divisione;
-
il fatto che ai piani interrati non vi possano essere aree aperte ai visitatori (cosa questa
che contrasta con la più basilare norma di buona progettazione ospedaliera che prevede
l’ubicazione ai piani interrati di una serie di servizi di diagnosi e cura, quali la radiografia
e la radioterapia);
-
l’impossibilità di posizionare negli edifici destinati a degenza apparecchiature ad alta
energia (si arriverebbe quindi a curare un degente con acceleratore lineare facendolo
passare in giardino!);
-
il fatto
che tutte le scale (necessariamente a prova di fumo) a servizio degli edifici
destinati alle degenze devono addurre direttamente all’esterno: oltre ad una evidente
difficoltà distributiva, se sono a prova di fumo sembrerebbe sufficiente che adducano ad
un altro compartimento;
-
la necessità che tutti gli ascensori e montacarichi siano a prova di fumo, cosa che può
non essere necessaria se sbarcano all’interno di filtri a prova di fumo;
-
il fatto che tutti i montalettighe debbano addurre direttamente all’esterno, cosa
chiaramente in contrasto con la normale attività della struttura ospedaliera;
-
la previsione di un affollamento a posto letto nelle aree di degenza pari a 3 che
considerando 1 il degente, 1,5 il personale, vuol dire prevedere visitatori pari 0,5 che
specie dove viene praticata la limitazione nell’orario delle visite appare poco previdente;
-
la richiesta per i locali adibiti a deposito di una ventilazione naturale se pur ridotta,
impedendo così l’utilizzo di quegli spazi ciechi meno adatti ad altre funzioni sanitarie,
anche in considerazione del fatto che dovrebbe essere comunque previsto un impianto
di rivelazione incendi e, addirittura, se superiore a 300 mq un impianto di spegnimento
automatico che dovrebbe quindi contenere il rischio; questa prescrizione sullo
spegnimento automatico è molto critica considerando che si tratta di locali presidiati e
che notoriamente il funzionamento dell’impianto di spegnimento automatico anche
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accidentale costituisce un grave danno per le apparecchiature e l’impiantistica in
genere;
-
un impianto di spegnimento automatico su tutta l’attività per ospedali con oltre 300 p.l.,
con un ingiustificabile aumento di costi senza significativi benefici in termine di
riduzione dei rischi.
Sono invece positive altre misure che fino ad oggi non erano obbligatorie, ad esempio:
-
l’obbligatorietà di utilizzare per gli isolamenti dei componenti impiantistici alloggiati in
intercapedini solo materiali incombustibili;
-
l’adozione di meccanismi automatici attivati dai rivelatori di fumo per l’esclusione dei
ventilatori o la chiusura comandata delle serrande tagliafuoco;
-
l’obbligatorietà dell’installazione di impianti di diffusione sonora per la comunicazione di
massa nel corso di emergenze;
-
l’attesa definizione dell’idonea collocazione degli idranti UNI 45, all’interno dei filtri a
prova di fumo;
-
l’uso esclusivo di lance per idranti del tipo a getto frazionato o nebulizzato, che
aumenta i margini di sicurezza per l’operatore chiamato ad utilizzare l’idrante in caso di
incendio.
Inoltre è positivo l’invito ai singoli comandi provinciali ad effettuare rigorosi controlli
periodici, indipendentemente da eventi calamitosi, attuale unica causa della presenza dei
VVF in una struttura ospedaliera.
Per quando riguarda la normativa antincendio, come pare evidente, il lavoro da fare è
ancora molto.
Rispondenze rispetto al Dlgs 626/94
In conformità con le odierne aspettative sociali, l’ospedale contemporaneo deve presentare
requisiti d’avanguardia terapeutica e di innovazione tecnologica, ma deve anche rispondere alla
domanda complessa di sicurezza, igiene, comfort e qualità ambientale. La ricerca continua
della qualità indica, fra i principali requisiti che una struttura ospedaliera deve presentare,
quello di essere un luogo sicuro.
Sotto tale aspetto va posta l’attenzione al fatto che l’ospedale contemporaneo si sta
rinnovando in quanto unisce alla ormai tradizionale funzione di degenza ordinaria anche il
concetto di attività di ricerca e di terapia ad alto livello. Ciò comporta l’apporto di nuove
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tecnologie diagnostiche e terapeutiche e l’impiego di nuovi materiali e di nuove tecniche che
richiedano un’attenta valutazione del rischio sia all’interno della struttura per pazienti,
operatori e visitatori, che all’esterno a causa dei residui, dei rifiuti, dei fumi e dei gas medicali.
In fase metaprogettuale il progetto edilizio ospedaliero va quindi studiato nella sua globalità
per quanto concerne gli aspetti sociali, organizzativi, funzionali, strutturali, impiantistici e
ambientali e ovviamente economici-finanziari.
Molti aspetti ergonomici concorrono a determinare la qualità ambientale di un organismo
edilizio ospedaliero che trova negli ordinamenti del D.lgs 629/94 [2] le linee guida per il
miglioramento della sicurezza e la salvaguardia della salute dei lavoratori nel proprio luogo di
lavoro.
Con l’entrata in vigore del decreto è avvenuta una radicale reinterpretazione dei concetti di
prevenzione e sicurezza anche nell’ambito ospedaliero.
Tali concetti si imperniano, da una parte, sull’identificazione precisa della figura del datore di
lavoro come responsabile primo e promotore della prevenzione e, dall’altra, sulla fattiva e
indispensabile collaborazione dei lavoratori nel rendere concreta l’opera preventiva.
Tale impostazione stravolge la precedente, rivolta esclusivamente al rispetto formale delle
prescrizioni di sicurezza di tipo tecnico-impiantistica.
Un altro importante contributo innovativo del D.lgs 626/94 risiede nel considerare aspetti di
natura ergonomica per le attività di progettazione e controllo degli ambienti destinati al lavoro,
questo perché l’ergonomia ha messo in evidenza come lo stress sia un indicatore di disagio
dell’uomo nel sistema in cui opera, dovuto alla pressione eccessiva di uno o più fattori nocivi
alla sua condizione psicofisica.
Disposizioni del D.lgs 626/94 inerenti la sicurezza sono state anche recepite dalla linea guida
ISPESL [3] relative ai reparti operatori.
Fondamentalmente le indicazioni principali ed in ogni caso comuni a tutte le attività e non solo
al blocco operatorio, si possono così riassumere:
-
le vie di circolazione e di emergenza, insieme alle relative uscite, devono risultare
sgombre da qualsiasi ostacolo od impedimento;
-
i luoghi di lavoro, gli impianti ed i dispositivi devono essere sottoposti a manutenzione
programmata in modo da ridurre i difetti più o meno nascosti che possono interessare
la sicurezza e la salute;
-
i luoghi di lavoro, gli impianti ed i dispositivi devono essere sottoposti a pulizia secondo
un programma prefissato;
-
gli impianti ed i dispositivi che interessano la sicurezza devono essere controllati e
sottoposti a manutenzione periodica.
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Per quanto riguarda la sicurezza antincendio la normativa prevede per il blocco operatorio
quanto segue:
-
che la struttura in cui è ubicato il blocco operatorio sia in possesso del Certificato di
Prevenzione Incendi (C.P.I.) oppure del Nulla Osta Provvisorio (N.O.P.);
-
poiché il reparto operatorio è un luogo di lavoro vi è l’obbligo della valutazione del
rischio d’incendio e la nomina dei lavoratori incaricati dell’attuazione delle misure
d’emergenza, e sono presenti i seguenti punti:
1) Riduzione della probabilità d’insorgenza di un incendio ponendo particolare
attenzione ai seguenti aspetti:
-
deposito ed utilizzo di materiali infiammabili e facilmente combustibili;
-
utilizzo di fonti di calore;
-
impianti ed apparecchi elettrici;
-
presenza di fumatori;
-
lavori di manutenzione e di ristrutturazione;
-
rifiuti e scarti combustibili
2) Garanzia dell’efficienza dei sistemi di protezione antincendio sottoponendo a
sorveglianza, manutenzione programmata e controllo periodico dell’efficacia;
-
le vie d’uscita e le relative porte;
-
le attrezzature per l’estinzione degli incendi;
-
i sistemi di rilevazione ed allarme antincendio
3) Informazione e formazione adeguata dei lavoratori sui rischi d’incendio curando in
particolare:
-
l’informazione antincendio;
-
la formazione antincendio;
-
le esercitazioni antincendio;
-
le istruzioni scritte su misure antincendio
4) Predisposizione del piano di emergenza
Deve essere redatto un piano di evacuazione e di intervento che tenga conto dei
rischi d’incendio in funzione dei rischi specifici presenti nel reparto operatorio.
5) Designazione degli addetti al servizio antincendio ed alle emergenze
Il datore di lavoro nomina gli addetti all’interno della propria azienda tenendo conto
delle caratteristiche psico-fisiche e delle capacità dei dipendenti stessi
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6) Formazione specifica per gli incaricati della gestione della prevenzione incendi
E’ necessario che tale personale sia istruito attraverso il corso specifico previsto
dalla norma e consegua l’attestato di idoneità rilasciato dal Comando dei Vigili del
Fuoco.
Requisiti minimi impiantistici
Il DPR 14/1/1997 prescrive per ciascuna struttura determinati requisiti impiantistici senza fare
distinzione fra i vari locali in cui la struttura è articolata. Si ritiene ragionevole interpretare che
le prescrizioni impiantistiche si riferiscano, come la buona tecnica suggerisce, non
indistintamente a tutti i locali della struttura ma ai soli locali con presenza del paziente o di
particolari attività che giustifichino la prescrizione tecnica. Un esempio per tutti per chiarire il
concetto.
Il Servizio Mortuario è articolato in vari locali ma solo in alcuni di essi vi può essere la presenza
del cadavere del paziente. La prescrizione tecnica di prevedere la temperatura ambientale a
18°C, giustificata dalla necessità di ridurre i meccanismi biochimici di degrado del materiale
biologico, è ragionevole solo per i locali con possibile presenza del cadavere ma non certo negli
altri locali quali magazzini, spogliatoi, studi, attese, ecc., che costituiscono parte integrante
del servizio.
Ricambi dell’aria e ricircolo – [Tab.5]
Per ricambi dell’aria in un locale (misurati in volumi del medesimo locale all’ora) si intende il
volume di aria immessa nel locale in un’ora. Questa aria può essere o “tutta aria esterna”
ovvero interamente presa dall’esterno dell’edificio o con “ricircolo“ ovvero mescolando una
quota di aria esterna con un’altra parte di aria presa dagli stessi locali dopo opportuno
ritrattamento.
La questione è una delle più problematiche in Italia perché soprattutto nelle sale operatorie
(dove è richiesto per motivi termici e di flusso d’aria almeno 20-25 vol/ora), una precedente
normativa [4] prescriveva esplicitamente “tutta aria esterna” sebbene altre autorevoli
normative straniere consentivano il ricircolo sotto precise condizioni.
Sull’argomento la tabella 5 riporta il confronto fra la normativa nazionale e le normative
regionali sull’accreditamento.
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Come si può notare le indicazioni per alcuni parametri sono sostanzialmente condivise fra le
Regioni (esempio i ricambi di aria esterna) mentre su altri parametri (esempio il ricircolo) le
prescrizioni sono molto diverse.
La proposta C.N.E.T.O. potrebbe essere così sintetizzabile :
•
Ricambi con aria esterna. Sono condivisibili i valori di 15 vol/ora per le sale operatorie e di
6 vol/ora per il punto nascita e la rianimazione, perché questi flussi garantiscano la idonea
diluizione dei gas inquinanti ( non eliminabili con ordinari filtri anche se ad alta efficienza).
Sembra tuttavia eccessivo che il servizio mortuario debba essere trattato con 15 vol/ora di
aria esterna; si ritiene più ragionevole prevedere la ventilazione dei soli locali con presenza
del cadavere magari con 6 vol/ora condividendo tutta l’aria esterna per eliminare gli odori
notoriamente non trattenuti dai filtri ordinari.
Anche per quanto riguarda il servizio di sterilizzazione sembra eccessivo che tutto il
“servizio di sterilizzazione” venga condizionato con 15 vol/ora di aria esterna; si ritiene più
ragionevole prevedere un ricambio con aria esterna tipico di un normale locale di lavoro,
imponendo giustamente un limite nella massima temperatura ambientale (definendo però
come e dove misurarla) e lasciare al Progettista impiantistico di scegliere i ricambi in
funzione dei carichi termici e delle soluzioni impiantistiche adottate per dissipare il calore
direttamente dalle autoclavi.
•
Ricircolo. Prevedere il ricircolo è di fatto l’unica strada percorribile per ottenere i ricambi
necessari per garantire i flussi unidirezionali previsti nelle sale operatorie “pulite” (tab.7) e
per garantire una elevata purezza dell’aria da parte del particolato fine.
Infatti è noto che nella sala operatoria la presenza di operatori immettano un gran numero
di particelle (fino a un milione al minuto per individuo [5] se non adeguatamente vestito)
per cui solo il filtraggio con filtri ad alta efficienza di un grande flusso d’aria può trattenere
detto particolato.
In funzione del grado di purezza dell’aria richiesta della sala, si devono disporre ricambi
d’aria sempre maggiori e non è raro raggiungere valori di 40 vol/ora e oltre.
L’elevato numero di ricambi consente anche, a parità di calore ambientale da dissipare
dalla sala, di ridurre la variazione di temperatura fra ambiente e aria immessa evitando
così le fastidiose e pericolose “lame di aria fredda” che investono gli operatori.
E’ evidente che detti livelli di ricircolo non sono praticamente ottenibili con tutta aria
esterna per cui, coerentemente con buona parte della normativa straniera, si ritiene
ragionevole consentire il ricircolo dell’aria, purché dallo stesso locale.
Purezza dell’aria
E’ notoriamente il parametro fisico più importante per classificare l’asetticità della sala
operatoria sia perché i microrganismi sono sempre associati al particolato dell’aria, sia perché
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la purezza dell’aria prevista per la sala operatoria è molto maggiore della purezza dell’aria negli
altri locali del blocco operatorio e dell’ospedale, come è schematizzato in tab.6.
Per quanto riguarda questo aspetto il DPR 14/01/1997 richiede semplicisticamente determinati
valori di efficienza di filtrazione dell’aria oltre che di temperatura e di umidità.
A seguito del DPR 14/01/1997 le Regioni, nella loro autonomia, si sono attivate per meglio
precisare queste indicazioni generali. Ad esempio la Regione Lombardia con la DGR 6/47077
[6] ha recepito le indicazioni del DPR 14/01/1997 ma ha fissato altri parametri quali la
classificazione del locale ai fini del particolato, utilizzando la codifica secondo gli standard USA
(Federal Standard 209/E) e l’eventuale analisi della carica microbica dell’aria.
Nel 2000 è stata divulgata la linea guida ISPESL [3], con la quale si colma il vuoto normativo,
per il nostro Paese, per quanto riguarda il trattamento dell’aria, fissando più precisi e puntuali
caratteristiche tecniche e indicando i parametri da tenere sotto controllo; puntualizzando cioè
le prescrizioni del DPR 14/01/1997.
Le indicazioni riportate della linea guida ISPESL ricalcano sostanzialmente lo stato dell’arte
condivise dalla comunità scientifica e ampiamente descritta dalla normativa tecnica del settore
fra cui segnaliamo:
-
ISO 14644-1 (1999) [7]: relativa alla classificazione degli ambienti e contaminazione
controllati
-
ISO 14644-2 (2000) [8]: relativa ai controlli e al monitoraggio dell’aria
-
ISO Working Draf 14644-3 [9]: relativa ai metodi di misura
-
Farmacopea [10] Good Manufacturing Practice: relativa ai processi con materiali sterili
Le indicazioni della guida ISPESL, che si riferiscono alle sale operatorie, costituiscono tuttavia
un autorevole riferimento anche per tutti gli altri locali ad alto rischio di infezione come le
rianimazioni e le camere di degenza dei pazienti immuno depressi dei centri trapianti, tanto per
citarne solo alcuni.
Un’altra lacuna nella normativa del nostro paese relativa alla purezza dell’aria della sala
operatoria, era quella di considerare sullo stesso piano di rischio microbiologico tutti gli
interventi chirurgici senza evidenziare quelli notoriamente più rischiosi.
Questa generalizzazione ha portato di fatto a orientare gli impianti e i comportamenti (come
vedremo in seguito) sugli standard meno impegnativi in quanto sarebbe stato del tutto
incompatibile con la funzionalità, adottare gli standard di alte prestazioni anche per i
numerosissimi interventi per i quali detti standard sarebbero stati sprecati.
In generale la purezza dell’aria viene classificata a livello normativo con delle sigle il cui
significato tecnico è abbastanza equivalente sia nella normativa USA (Federal Standard) sia in
quella internazionale (ISO).
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La linea guida ISPESL classifica gli interventi chirurgici in due famiglie (chirurgia puliti e
chirurgia generale) indicando per ciascuna di esse la classe di purezza dell’aria, che è qui
riportata in tab.7.
Le prescrizioni in merito alla purezza dell’aria della normativa nazionale e regionale
sull’accreditamento sono riportate nella tabella 8 dalla quale emerge una certa disomogeneità
di prescrizioni.
La proposta C.N.E.T.O. si articola come segue:
Contaminazione dell’aria
E’ condivisibile suddividere le sale operatorie in funzione del reale rischio biologico presente
nell’attività chirurgica come effettuato dalle linee guida ISPELS e qui riportato in tab.7.
Si ritiene inoltre opportuno utilizzare la classificazione delle norme internazionali con tutti i
relativi rimandi tecnici.
Efficienza dei filtri
In considerazione dei costi di acquisto e soprattutto dei vantaggi derivanti in fase di
manutenzione di un solo filtro dell’aria ad alta efficienza si propone di uniformare l’efficienza
dei filtri di tutti i locali critici sul 99,97% anche se le esigenze del punto nascita e della
rianimazione sono oggettivamente minori rispetto a quelle della sala operatoria.
Sovrapressione
Scopo della sovrapressione di un locale rispetto a quelli adiacenti è quello di garantire la
direzione dell’aria essenzialmente nel caso di apertura delle porte. L’effetto che si vuole
ottenere è un flusso garantito di aria dai locali più puliti verso i locali meno puliti.
Questa affermazione facilmente condivisibile in astratto è spesso considerata ininfluente sul
piano pratico, mentre secondo misure sperimentali del particolato recentemente pubblicate
[11] si riscontra una grande influenza addirittura da come si apre o si chiude la porta come
riportato in tab.9.
Il valore molto alto di contaminazione dell’aria della sala operatoria in caso di chiusura
repentina della porta è spiegato dal risucchio di aria esterna che è fortemente contaminata
rispetto all’aria della sala operatoria come già mostrato in tab.6.
Nonostante l’importanza del parametro della sovrapressione per garantire la purezza dell’aria
della sala operatoria, la normativa nazionale e regionale, riportata in tab.10, è molto scarna.
La proposta C.N.E.T.O. è quella di attirare l’attenzione sia dei Progettisti che dei Gestori di sale
operatorie su questo argomento, confermare il dato ISPESL magari aumentandolo pur di
garantire il valore indicato.
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Vestizione
La Farmacopea [10] introduce una assoluta novità nello scenario normativo nazionale in tema
di purezza dell’aria, richiamando l’attenzione sul fatto che l’operatore umano è un grande
generatore di particelle inquinanti [5] e che con una opportuna vestizione si può ridurre la loro
emissione nell’ambiente.
La Farmacopea classifica le seguenti tipologie di vestizione e le collega alla classe di purezza
dell’aria dei vari locali
Classe A/B: Cuffia a totale copertura di capelli, barba e baffi con lembi da infilare nel collo
della tuta; mascherina protettiva per evitare la dispersione di particelle umide. Adeguati guanti
sterilizzati in gomma o plastica, senza talco e calzature sterilizzate o disinfettate. L’orlo dei
pantaloni deve essere infilato nelle calzature e le maniche della tuta nei guanti. La tuta
protettiva non deve cedere fibre o particelle di materiale (tipicamente del tipo “tessuto non
tessuto”) e deve trattenere le particelle cedute dal corpo. Questa vestizione è prevista per gli
interventi di chirurgia pulita di cui alla tabella 7. Una vestizione assimilabile alla classe A/B è
riportata in tab.11.
Classe C: Copertura per capelli, barba e baffi. Tuta pantalone ad uno o due pezzi con chiusura
ai polsi e collo alto, che non cedano fibre o particelle di materiale. Adeguate scarpe e
sottoscarpe. Questa vestizione è prevista per gli interventi di chirurgia generale di cui alla
tabella 7. Una vestizione assimilabile alla classe C è riportata in tab.11.
Classe D: Copertura per capelli e barba. Camice protettivo. Adeguate scarpe e sovrascarpe.
Una vestizione assimilabile alla classe D è riportata in tab.11 ed è tipica delle attività
accessorie di sala operatoria.
Per rendersi conto dell’influenza della vestizione sulla purezza dell’aria si consideru la tab.11
dalla quale emerge che la qualità dell’aria di una generica sala operatoria dipende
sensibilmente non solo dal tipo di vestizione degli operatori ma anche dal loro numero.
Si ritiene che nel nostro Paese siano generalmente rispettati gli standards per la chirurgia
generale mentre occorre maggior attenzione per la chirurgia pulita oltre ovviamente rispettare
l’ovvia prescrizione che prevede il cambio d’abito ogni volta che si entra nel (e si esce dal)
blocco operatorio.
Verifiche periodiche
Una caratteristica diffusa con particolare rilievo in molta normativa tecnica degli ultimi anni è il
richiamo all’importanza della manutenzione correttiva e della pianificazione della manutenzione
preventiva quale miglior strumento oggi conosciuto per garantire nel tempo le primitive
caratteristiche di qualità e di sicurezza di qualsiasi processo tecnologico.
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Nel caso specifico del trattamento dell’aria la line aguida ISPESL precisa puntualmente le
verifiche periodiche da effettuare che sono riportate in tab.12 insieme alle scorse prescrizioni
regionali.
La posizione C.N.E.T.O. è di totale condivisione delle indicazioni ISPESL e dell’auspicio che esse
vengano adottate da tutte le Regioni nonché realmente messe in pratica.
Considerazioni finali
Vorremmo sottolineare a conclusione della nostra relazione quale è l’opinione del CNETO sulla
problematica dei requisiti minimi. Abbiamo già detto che preferiremmo che norme cogenti
fossero sostituite con la valutazione e la riduzione del rischio attraverso provvedimenti tecnici,
previsti da normative d’indirizzo. Occorre cioè responsabilizzare il Progettista e permettergli di
adattare i provvedimenti più adatti alla situazione reale anche considerando che la maggior
parte degli interventi sono di recupero del patrimonio edilizio esistente.
A questo proposito riteniamo che tutti gli indici quantitativi indicati nelle norme debbano avere
una certa tolleranza nel caso di edifici esistenti per non rendere insanabile o non accreditabile
gran parte del patrimonio edilizio esistente.
Sulle prescrizioni che per loro natura devono essere cogenti, è opportuno che esse siano
fortemente condivise dalla comunità scientifica al fine di evitare il contenzionso così frequente
con gli enti tutori (Uffici tecnici comunali, Aziende Sanitarie, Vigili del Fuoco, ecc.) che
comporta per il Progettista o l’accettazione acritica di soluzioni tecniche irrazionali, oppure la
strada incerta di un confronto tecnico impari sul piano decisionale e comunque lungo e
defatigante.
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Bibliografia
[1]
DPR 14/01/1997:
“Approvazione dell’atto di indirizzo e coordinamento alle regioni e alle autonome di
Trento e di Bolzano, in materia di requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi minimi
per l’esercizio delle attività sanitaria da parte delle strutture pubbliche e private”
(1997)
[2]
Decreto Legislativo n°626 del 19/09/1994 (s.m.i.)
“Attuazione delle direttive 89/391/CEE, 89/654/CEE, 89/655/CEE, 89/656/CEE,
90/269/CEE, 90/270/CEE, 90/394/CEE e 90/679/CEE riguardanti il miglioramento della
sicurezza e della salute dei lavoratori sul luogo di lavoro”
(1994)
[3]
Guida ISPESL
“Linee guida per la definizione degli standard di sicurezza e di igiene ambientale dei
reparti operatori”
(2000)
[4]
Circolare Ministero dei Lavori Pubblici n°13011 del 22/11/1974
“Requisiti Fisici-tecnici per le Costruzioni Edilizie Ospedaliere-Proprietà termiche,
Igrometriche, di Ventilazione e di Illuminazione”
(1974)
[5]
Pasquarella C., Savino A., Pitzurra M.:
“Contaminazione microbica dell’aria in sala operatoria”
Tecnica Ospedaliera gen; pp.64-70; febb. pp 65-72 (1995)
[6]
DGR Lombardia n°6/47077 del 17/12/1999:
“Approvazione delle linee guida sulla Prevenzione e sicurezza nelle Sale Operatorie”
(1999)
[7]
ISO 14644-1:
“Cleanrooms and associated controlled environments. Part 1: Classification of air
cleanlines”
(1999)
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22
[8]
ISO 14644-2:
“Cleanrooms and associated controlled environments. Part 2: Specifications for testing
and monitoring to prove continued compliance with ISO 14644-1”
(2000)
[9]
ISO Working Draft 14644-3
“Metrology and test methods”
[10]
Commissione Europea Direzione Generale III – Industria prodotti farmaceutici
e cosmetici
“Le discipline relative ai medicinali nell’Unione Europea volume 4. Guida alle norme per
la buona fabbricazione.
Allegato 1 – fabbricazione medicinali sterili”
(1999)
[11]
F. Dubini, S. La Mura, C. Costantino, S. Dubini
“La gestione dell’aria nei locali a contaminazione controllata”
Progettare per la Sanità n°68, pp.36-45 (2002)
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Tabelle allegate
-
Tabella 1 – Normativa regionale sui requisiti per l’autorizzazione e/o l’accreditamento
-
Tabella 2 – Requisiti strutturali - degenze
-
Tabella 3 – Requisiti strutturali – blocco operatorio
-
Tabella 4 – Requisiti strutturali – blocco parto
-
Tabella 5 – Ricambi, ricircolo
-
Tabella 6 – Valori tipici di contaminazione dell’aria
-
Tabella 7 – Classificazione sale operatorie
-
Tabella 8 – Purezza dell’aria
-
Tabella 9 – Contaminazione in sala operatoria in prossimità della porta
-
Tabella 10 – Sovrapressione
-
Tabella 11 – Contaminazione dell’aria di sala operatoria (ISO 7)
-
Tabella 12 – Verifiche periodiche
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