Scenari Overviews - Processo Penale e Giustizia

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Scenari Overviews - Processo Penale e Giustizia
Processo penale e giustizia n. 6 | 2015
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Processo penale e giustizia n. 6 | 2015
Scenari
Overviews
SCENARI | NOVITÀ LEGISLATIVE INTERNE
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NOVITÀ LEGISLATIVE INTERNE
NATIONAL LEGISLATIVE NEWS
di Carla Pansini
LA RIFORMA DELLA PROFESSIONE DI AVVOCATO (DECRETO 12 AGOSTO 2015, NN. 143 E 144)
L’articolato mosaico per l’attuazione della riforma della professione di avvocato ha aggiunto due nuove
tessere.
Si tratta del decreto 12 agosto 2015, n. 143 recante il Regolamento concernente disposizioni relative alle
forme di pubblicità dell’avvio delle procedure per l’esame di Stato per l’abilitazione all’esercizio della professione di
avvocato, a norma dell’articolo 47, comma 7, della legge 31 dicembre 2012, n. 247 e del decreto 12 agosto 2015, n.
144 contenente il Regolamento recante disposizioni per il conseguimento e il mantenimento del titolo di avvocato
specialista, a norma dell’articolo 9 della legge 31 dicembre 2012, n. 247; entrambi del Ministero della Giustizia.
L’opera di restailing in campo forense è iniziata con la l. 31 dicembre 2012, n. 247 recante la Nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense (e già in vigore dal 2 febbraio 2013) la quale, oltre a dettare regole direttamente operative, conteneva tre deleghe al Governo per la disciplina dell’esercizio della
professione forense in forma societaria (art. 5), per il riordino della difesa d’ufficio (art. 16) e, infine, per
adottare un testo unico finalizzato alla riorganizzazione delle disposizioni vigenti in materia (art.64).
Inoltre, prevedeva una serie di provvedimenti di attuazione, la maggior parte assegnati al Ministero
della Giustizia e che, stando alla legge, avrebbero dovuto vedere la luce entro il 2 febbraio 2015. Altri
regolamenti (fra cui la predisposizione del nuovo Codice deontologico) spettavano, invece, al Consiglio
forense che li ha varati nel biennio 2013-2014.
Il primo punto della delega, ovvero la disciplina delle società professionali – al quale avrebbe dovuto essere dedicato un apposito decreto legislativo – è confluito del disegno di legge sulla concorrenza,
attualmente in esame alla Camera dei Deputati. Alle modifiche della difesa di ufficio si è data, invece,
attuazione con il d.lgs. n. 6/2015 (v. Diddi, in Questa rivista, n. 3/2015).
La pubblicità delle procedure relative all’esame di Stato e come ottenere il titolo di specialista sono le
materie disciplinate dagli ultimi due decreti ministeriali in commento, usciti in Gazzetta Ufficiale il 15
settembre scorso.
Altri sette decreti sono in via di approvazione: è, difatti, cominciato l’iter che prevede i pareri del
Consiglio nazionale forense, del Consiglio di Stato e del Parlamento su vari temi complementari.
Tra questi, all’esame delle Camere c’è uno dei provvedimenti più attesi, quello che detta i requisiti
che un avvocato deve rispettare per rimanere iscritto all’Albo, con l’obiettivo di verificare e garantire
l’esercizio «effettivo, abituale e prevalente» della professione.
Work in progress, quindi, per una materia estremamente complessa e delicata, che costituisce diretta
estrinsecazione del principio di inviolabilità del diritto di difesa di cui all’art. 24 Cost.
Gli ultimi regolamenti approvati sono contestuali, anche se presentano una differente entrata in vigore.
Il primo, come detto, disciplina le forme di pubblicità dell’avvio delle procedure per l’esame di Stato
per l’abilitazione all’esercizio della professione di avvocato ed è in vigore dal 30 settembre scorso.
Con esso si stabilisce unicamente che il decreto del Ministro della giustizia con il quale vengono indetti gli esami di Stato per l’abilitazione all’esercizio della professione di avvocato deve essere pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana «almeno novanta giorni prima della data fissata
per l’inizio delle prove scritte». Inoltre, per agevolare la conoscibilità del decreto, si stabilisce che il Ministero della giustizia e il Consiglio nazionale forense, entro dieci giorni dalla pubblicazione in Gazzetta, inseriscano il testo nei rispettivi siti internet.
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Tutto qui, accompagnato dalla solita “clausola di invarianza finanziaria”, che blinda le casse dello
Stato, escludendo che dall’attuazione del decreto derivino “nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”.
Più articolato è, invece, il decreto contenente il regolamento che disciplina le modalità per diventare
specialista e che entrerà in vigore il 14 novembre prossimo.
In primis, vengono individuati due percorsi alternativi per il conseguimento e il mantenimento del titolo: la frequentazione di corsi biennali o la comprovata esperienza nel settore. Vengono, poi, tassativamente elencate le aree di specializzazione, imponendo all’avvocato di sceglierne non più di due.
Sotto il primo profilo, il conseguimento del titolo di “avvocato specialista” in uno dei settori di specializzazione previsti dall’art. 3 del decreto è subordinato alla presentazione, da parte del soggetto interessato, di una domanda presso il consiglio dell’ordine d’appartenenza che, un volta verificata la regolarità della documentazione allegata all’istanza, la trasmette al Consiglio nazionale forense.
I requisiti richiesti sono:
a) l’aver frequentato negli ultimi cinque anni con esito positivo corsi di specializzazione di cui all’art.
7, oppure l’aver maturato una comprovata esperienza nel settore di specializzazione ai sensi dell’art. 8
del decreto in commento;
b) non aver riportato, nei tre anni precedenti la presentazione della domanda, una sanzione disciplinare definitiva, diversa dall’avvertimento, conseguente ad un comportamento realizzato in violazione
del dovere di competenza o di aggiornamento professionale;
c) non aver subito, nei due anni precedenti la presentazione della domanda, la revoca del titolo di
specialista.
I corsi di specializzazione da frequentare per il riconoscimento del titolo saranno quelli organizzati
dai Dipartimenti – o dalle strutture di raccordo – di giurisprudenza delle università legalmente riconosciute e inserite nell’apposito elenco del Ministero dell’istruzione, università e ricerca, il quale dovrà
svolgere una preventiva opera di verifica della conformità dei relativi programmi didattici dei corsi a
quanto disposto dal regolamento e alle linee generali elaborate a norma del comma 2. All’uopo sarà istituita presso lo stesso Ministero una commissione permanente, composta da due magistrati ordinari
nominati dal predetto Ministero, due avvocati nominati dal Consiglio nazionale forense e due professori universitari in materie giuridiche di prima e seconda fascia, anche a tempo definito, nominati dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca. Compito precipuo della commissione è quello di
elaborare «le linee generali per la definizione dei programmi dei corsi di formazione specialistica», tenendo conto di non ben individuate «migliori prassi in materia» (art. 7). L’incarico di componente della
commissione (assolutamente gratuito, salvo il rimborso delle spese) avrà durata quadriennale.
L’organizzazione pratica dei corsi è, poi, subordinata alla stipula da parte del Consiglio nazionale
forense o dei consigli dell’ordine degli avvocati di apposite convenzioni con i dipartimenti o le altre
strutture di raccordo, «per assicurare il conseguimento di una formazione specialistica» orientata
all’effettivo esercizio della professione nel settore di specializzazione.
Regole stringenti sono, poi, dettate per l’individuazione dei componenti del comitato scientifico e
dei docenti dei corsi di specializzazione: questi ultimi dovranno essere individuati esclusivamente «tra i
professori universitari di ruolo, ricercatori universitari, avvocati di comprovata esperienza professionale abilitati al patrocinio avanti le giurisdizioni superiori, magistrati che abbiano conseguito almeno la
seconda valutazione, e, per particolari esigenze e per le sole materie non giuridiche, il cui carico non potrà superare un quinto del totale, esperti di comprovata esperienza professionale almeno decennale nello specifico settore di interesse» (art. 7.8).
L’organizzazione dei corsi dovrà avere una durata almeno biennale e prevedere la didattica non inferiore a 200 ore; dovrà assicurare la composizione mista e l’adeguata qualificazione del corpo docente,
nonché un monte ore di didattica frontale non inferiore a 100; saranno obbligatori la frequenza ai corsi
(ancorché nella misura minima dell’ottanta per cento della durata del corso) e l’espletamento di almeno
una prova, scritta e orale, al termine di ciascun anno di corso, volta ad accertare l’adeguato livello di
preparazione. Peraltro, le lezioni in cui si articolano i corsi potranno essere svolte anche a distanza con
modalità telematiche.
Diverso è l’iter per ottenere il riconoscimento del titolo unicamente sulla base della comprovata
esperienza. In questo caso, il Consiglio nazionale forense convoca l’istante per sottoporlo ad un colloquio – obbligatorio – sulle materie comprese nel settore di specializzazione, solo all’esito positivo del
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quale si otterrà il conferimento del titolo. L’avvocato, tuttavia, dovrà altresì dimostrare – mediante la
produzione di documentazione, giudiziale o stragiudiziale, comprovante che l’avvocato ha trattato nel
quinquennio incarichi professionali fiduciari rilevanti per quantità e qualità, almeno pari a quindici per
anno – di avere «maturato un’anzianità di iscrizione all’albo degli avvocati ininterrotta e senza sospensioni di almeno otto anni» e «di avere esercitato negli ultimi cinque anni in modo assiduo, prevalente e
continuativo attività di avvocato in uno dei settori di specializzazione» individuati nel decreto.
Il titolo di avvocato specialista, quindi, verrà conferito dal Consiglio nazionale forense in ragione del
percorso formativo previsto dall’art. 7 o della comprovata esperienza professionale maturata dal singolo avvocato, ma si intenderà conseguito, comunque, solo con l’iscrizione nell’elenco.
Commette illecito disciplinare colui che spenderà il titolo di specialista senza averlo conseguito.
È compito dei consigli dell’ordine formare e aggiornare gli elenchi degli avvocati specialisti sulla base dei settori di specializzazione, nonché renderli accessibili al pubblico anche tramite consultazione telematica.
Il titolo, una volta conseguito, è revocabile dal Consiglio nazionale forense, a seguito di comunicazione del Consiglio dell’Ordine, in caso di irrogazione di una sanzione disciplinare definitiva, diversa
dall’avvertimento, «conseguente ad un comportamento realizzato in violazione del dovere di competenza o di aggiornamento professionale», nel caso di «mancato adempimento degli obblighi di formazione continua ovvero dell’obbligo di deposito nei termini della dichiarazione e della documentazione
per il mantenimento dell’iscrizione nell’elenco (art. 9, comma 1).
Il Consiglio nazionale forense, comunque, anche di propria iniziativa o su segnalazione del consiglio
dell’ordine o di terzi può avviare il procedimento per la revoca del titolo di avvocato specialista nei casi
di grave e comprovata carenza delle specifiche competenze del settore di specializzazione; in questo caso, tuttavia, dovrà preliminarmente sentire l’interessato.
Una clausola di salvaguardia è, comunque, prevista per gli avvocati meno ligi: «la revoca del titolo
non impedisce di conseguirlo nuovamente».
Un’ultima riflessione va fatta in ordine alle aree di specializzazione. Il decreto ne elenca diciotto,
piuttosto variegate, che abbracciano settori che vanno dal «diritto dell’ambiente» a quello dell’Unione
europea, al «diritto delle relazioni familiari, delle persone e dei minori», ai «diritti reali, di proprietà,
delle locazioni e del condominio» sino a quello «dell’informatica». L’avvocato potrà specializzarsi solo
in due settori.
Quello che, però, appare carente è una differenziazione di alcune aree del diritto penale, all’interno
del quale, viceversa, ci sono delle branche che forse necessitano di maggiore e specifica specializzazione: il diritto penale minorile, ad esempio, è una di queste (peraltro, è richiesta una specializzazione ad
hoc per l’iscrizione nelle liste dei difensori di ufficio tenuta presso i Tribunali per i minorenni) o, anche,
il diritto penale tributario.
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