I comitati etici nel nuovo Regolmento europeo. - Ricerc

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I comitati etici nel nuovo Regolmento europeo. - Ricerc
I COMITATI ETICI NEL NUOVO REGOLAMENTO EUROPEO
SULLE SPERIMENTAZIONI CLINICHE
Antonio Rimedio*
Keywords
Ethics committees, clinical trials, EU regulation, pluralism.
Abstract
Ethics Committees in the new European Regulation on clinical trials
The stated intent of the EU Regulation (No. 536/2014) is the simplification of procedures
and the determination of the time necessary to approve clinical trials with medicinal
products. The process of “scientific review” plays an important role involving coordination
between all member States concerned, leading to a shared report at European level. In
contrast, the process of "ethical review" remains limited within each Member State: Ethics
Committees are likely to become bureaucratic organizations, which control "compliance"
with national laws. Despite the statements of principle, the safety, dignity and well-being of
the subjects enrolled in a clinical trial are not guaranteed in the same way for all European
citizens. With regard to impact of new Regulation in Italy, the author defends the pluralism
of Ethics Committees, a resource to be protected and enhanced.
I comitati etici nel nuovo Regolamento europeo sulle sperimentazioni cliniche
Il dichiarato intento del Regolamento UE (n. 536/2014) è lo snellimento delle procedure e
la certezza dei tempi di approvazione delle sperimentazioni cliniche con medicinale. Un
ruolo di primo piano riveste la “revisione scientifica”, sulla quale è previsto un
coordinamento tra tutti gli Stati membri interessati, allo scopo di produrre una relazione
condivisa a livello europeo. E invece la “revisione etica” rimane limitata a ciascuno Stato
membro: i comitati etici rischiano di diventare organismi burocratici, che controllano le
“conformità” rispetto alle legislazioni nazionali. Nonostante le enunciazioni di principio, la
sicurezza, la dignità e il benessere dei soggetti arruolati in una sperimentazione clinica non
sono garantiti allo stesso modo per tutti i cittadini europei. Riguardo alle ripercussioni del
nuovo Regolamento in Italia, l’autore difende il pluralismo dei comitati etici, una risorsa da
tutelare e valorizzare.
Come auspicato da diversi stakeholder del farmaco, il nuovo Regolamento si
propone di semplificare e dare tempi certi alle procedure di valutazione
delle sperimentazioni cliniche, per consentire ai cittadini europei di
avvalersi di cure sempre più avanzate e ai paesi UE di tornare ad essere
competitivi nell’attirare gli investimenti delle Multinazionali del farmaco,
* Presidente del Comitato etico Interaziendale A.S.O. “S. Croce e Carle” di Cuneo, AA.SS.
LL. CN1, CN2, ASTI; Consulta di Bioetica onlus, sezione di Torino.
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tenendo conto che proprio gli Stati membri UE sono tra quelli che
spendono maggiormente nel consumo dei farmaci innovativi. 1
Importante per la gestione trasparente del flusso di informazioni tra i
promotori e gli Stati membri, nonché tra i diversi organismi nazionali
coinvolti nella valutazione degli studi sperimentali, è l’istituzione di una
banca dati, accessibile mediante un unico portale UE e consultabile da
parte di tutti gli Enti di ricerca interessati, pubblici e privati.
Tuttavia il nuovo Regolamento presenta limiti che in ambito etico
risultano particolarmente rilevanti. Paiono incisive, a tal proposito, le
osservazioni presentate dalla Commissione per le libertà civili, la giustizia e gli
affari interni alla Proposta di regolamento del luglio 2012: «La proposta
riconosce di avere un impatto di rilievo sui diritti fondamentali e precisa
che li rispetta. Tuttavia non contiene un meccanismo tale da garantire
tale rispetto». 2 In più occasioni avremo modo di evidenziare la
discrepanza tra principi affermati e procedure idonee a garantirne
l’attuazione. A questo primo limite, se ne aggiungono altri due, che
derivano dalla stessa matrice procedurale: l’aver diviso gli aspetti etici da
quelli scientifici e l’aver ristretto la valutazione etica a livello di singolo
Stato membro.
1. Procedure per l’autorizzazione di una sperimentazione
clinica
L’art. 1 precisa gli ambiti di applicazione del Regolamento: «Il presente
regolamento si applica a tutte le sperimentazioni cliniche condotte
nell’Unione. Esso non si applica agli studi non interventistici [detti
anche osservazionali]». Sono intese come sperimentazioni cliniche tutte
Regolamento (UE) N. 536/2014 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 16 aprile 2014
sulla sperimentazione clinica di medicinali per uso umano e che abroga la direttiva
2001/20/CE. Prima di essere emanato nella sua forma definitiva, è stato diffuso
in bozza come Proposta di regolamento - 17 luglio 2012, per consentire a tutte le
parti interessate e alle istituzioni degli Stati membri UE di presentare
osservazioni in merito.
2 Parere della Commissione per le Libertà civili, la giustizia e gli affari interni sulla Proposta
di Regolamento - 9 aprile 2013, emendamento 2, sul sito http://eur-lex.europa.eu.
1
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Interventi e dibattiti
quelle che impiegano medicinali per uso umano, perciò rimangono
escluse le sperimentazioni sui dispositivi medici, ricomprese nel più
generico ambito degli studi clinici e per le quali è in fase di predisposizione
un ulteriore intervento normativo europeo. È fatto esplicito divieto per
le «sperimentazioni cliniche di terapia genica che portino a modifiche
dell’identità genetica del soggetto», mentre viene lasciata ai singoli Stati
la regolamentazione riguardo a certi gruppi speciali di medicinali, come
quelli derivati da cellule umane o animali, quelli usati a fini abortivi o
contenenti sostanze stupefacenti (art. 90). Privilegiando la categoria di
“intervento”, piuttosto che quella di “rischio”, il Regolamento pone una
distinzione netta tra le sperimentazioni cliniche (interventistiche) e gli studi
non interventistici; prevede, inoltre, talune semplificazioni per le
sperimentazioni cliniche a basso livello di intervento, così denominate in quanto
comportano «rischi o oneri aggiuntivi minimi per la sicurezza dei
soggetti rispetto alla normale pratica clinica in qualsiasi Stato membro
interessato» (art. 2, paragrafo 2.3).3
Nel caso di una sperimentazione che interessa più stati membri UE si ha
la valutazione congiunta, che prevede la designazione di uno Stato membro
relatore da parte del promotore oppure da parte degli Stati membri interessati
sulla base di un previo accordo: questo ruolo assume rilevanza nella fase di
ammissibilità del fascicolo di domanda e nella successiva fase di valutazione
della parte I del fascicolo, che presuppongono la consultazione di tutti gli
Stati membri interessati tramite il portale UE. Per le sperimentazioni «a
basso livello di intervento», il promotore individuerà uno degli Stati membri
in cui si sono prodotte le evidenze di impiego del medicinale in fase
sperimentale. In caso di sperimentazione clinica condotta in un solo Stato
membro, il ruolo di relatore è ovviamente ricoperto da questo stesso Stato
e l’esame viene condotto da organismi interni secondo modalità e tempi
previsti dal Regolamento.
3
La correlazione tra livello di intervento e categorie di rischio dell’OCSE viene esplicata nei
“considerando” iniziali (11) e (12). Da più parti si è osservato che le disposizioni del
Regolamento dovrebbero essere allineate a quelle della Convenzione di Oviedo, ratificata da
numerosi Stati membri dell’UE, il cui articolo 17 introduce il concetto di «rischio minimo».
Le specificità delle sperimentazioni cliniche a basso livello di intervento sono evidenziate nel
“considerando” (11).
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PROCEDURE PER L’AUTORIZZAZIONE
DI UNA SPERIMENTAZIONE CLINICA
1.
Convalida del fascicolo di domanda (art. 5)
Il fascicolo viene presentato dal promotore in due distinte sezioni: parte I e
parte II.
Lo Stato membro relatore convalida la domanda, tenendo conto delle
osservazioni espresse dagli altri Stati membri interessati.
Chi
convalida
Due sono gli elementi da controllare:
1. se la domanda rientra nell’ambito di applicazione del
regolamento, ovvero, riguarda una “sperimentazione clinica” o
una “sperimentazione a basso livello di intervento”;
Elementi da
valutare
2. se il fascicolo risulta completo.
- entro 10 gg. dalla presentazione del fascicolo di domanda –
comunicazione al promotore mediante portale UE;
- fino ad un max. di ulteriori 10 gg. in caso di richiesta di
integrazione del fascicolo o di chiarimenti e ulteriori 5 gg. per la
ricezione delle osservazioni e pubblicazione della decisione.
10 gg. + eventuali 15 gg. (“autorizzazione tacita” in caso di
mancato rispetto dei tempi)
Tempi
2.
Relazione di valutazione – parte I del fascicolo di domanda (art. 6)
Lo Stato membro relatore:
Chi valuta
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-
coordina i contatti con gli altri Stati membri interessati,
raccoglie e valuta le osservazioni presentate sul portale
UE;
-
redige una relazione di valutazione che vale per tutti gli altri Stati
membri interessati, i quali possono dissociarsi in riferimento a
specifiche condizioni previste all’art. 8;
-
la sperimentazione viene dichiarata: accettabile alla luce dei
requisiti stabiliti, accettabile a determinate condizioni elencate,
non accettabile.
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Interventi e dibattiti
Elementi
della
parte I
L’esame riguarda i seguenti aspetti:
1. i benefici terapeutici e per la salute pubblica previsti dalla
sperimentazione, considerando:
- le caratteristiche dei medicinali sperimentali e le
conoscenze in merito;
- la rilevanza della sperimentazione clinica rispetto ai
soggetti partecipanti, l’affidabilità e la robustezza dei dati
che si intendono ottenere, tenendo conto degli approcci
statistici, del disegno della sperimentazione clinica e
della metodologia usata (compresi le dimensioni del
campione e la randomizzazione, il medicinale di
confronto e gli endpoint);
2.
3.
4.
i rischi e gli inconvenienti per il soggetto;
le misure di sicurezza previste;
la conformità ai requisiti in materia di fabbricazione e
importazione dei medicinali sperimentali e ausiliari,
nonché ai requisiti di etichettatura;
5.
la completezza e l’adeguatezza del dossier per lo
sperimentatore.
-
entro 45 gg. dalla data di convalida della domanda la
relazione di valutazione deve essere presentata al
promotore attraverso il portale UE;
-
ulteriori 50 gg. sono previsti per la consultazione di esperti,
nel caso di utilizzo di specifici medicinali;
Tempi
fino ad un max. di ulteriori 31 gg. in caso di richiesta di
informazioni aggiuntive.
45 gg. (95 gg.) + eventuali 31 gg.
Relazione di valutazione – parte II del fascicolo di domanda
(art. 7)
-
3.
Chi valuta
Ogni singolo Stato membro elabora una relazione di valutazione, che
presenta attraverso il portale UE. La legislazione di ciascuno
Stato indica l’organismo addetto a tale compito.
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L’esame riguarda i seguenti aspetti:
1. conformità ai requisiti in materia di consenso informato, stabiliti
dal capo V (artt. 28-35);
Elementi
della
parte II
2. indennizzo dei soggetti arruolati e retribuzione degli
sperimentatori;
3. modalità di arruolamento dei soggetti;
4. conformità in materia di protezione dei dati personali;
5. idoneità degli sperimentatori e delle strutture presso cui è
condotta la sperimentazione;
6. assicurazione per il risarcimento di eventuali danni;
7. norme applicabili in materia di raccolta, conservazione e uso
futuro dei campioni biologici del soggetto.
-
Tempi
4.
entro 45 gg. dalla data di convalida della domanda, la relazione
di valutazione deve essere presentata al promotore attraverso il
portale UE;
fino ad un max. di ulteriori 31 gg. in caso di richiesta di
informazioni aggiuntive.
45 gg. + eventuali 31 gg.
NB. Le valutazioni sulla parte I e II si svolgono in parallelo, perché i
rispettivi tempi sono computati a partire dalla convalida del fascicolo
di domanda.
-
Decisione sulla sperimentazione clinica (art. 8)
È prevista una «decisione unica amministrativa» che ciascuno Stato
assume sotto forma di:
Modalità
1. autorizzazione,
2. autorizzazione a determinate condizioni,
3. rifiuto di autorizzazione che avviene in presenza di:
motivi che riguardano la parte I della relazione (art. 8, par.
2);
mancato rispetto delle conformità previste nella parte II
della relazione;
parere negativo del comitato etico designato.
Ogni Stato membro deve prevedere una procedura di ricorso avverso
il rifiuto di autorizzazione (art. 8, par. 4).
-
Tempi
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entro 5 gg. dalla data di comunicazione al promotore degli esiti
della parte II della relazione.
5 gg.
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Interventi e dibattiti
2. L’assenza della revisione etica nella Proposta di regolamento
La Proposta di regolamento del 17 luglio 2012 non cita mai il comitato
etico nel corpo degli articoli, facendone cenno soltanto nel punto 3.2
della Relazione introduttiva:
La proposta di regolamento, diversamente dalla direttiva 2001/20/
CE, non stabilisce quale organismo o quali organismi all’interno di
uno Stato membro approvi (o no) una sperimentazione clinica. La
proposta di regolamento pertanto non regolamenta né armonizza
nel dettaglio il funzionamento dei comitati etici, né impone una
cooperazione sistematica a livello operativo tra i comitati etici
nell’UE, né limita l’ambito della valutazione dei comitati etici agli
aspetti puramente etici (scienza ed etica sono inscindibili).
L’idea di fondo è che spetti a ciascuno Stato membro definire la struttura
organizzativa più idonea a valutare le sperimentazioni cliniche, nel
rispetto delle procedure di autorizzazione previste dal Regolamento.
Con riferimento agli aspetti scientifici e tecnici compresi nella parte I del
fascicolo, la procedura di esame prevede la consultazione degli Stati
membri interessati, perché si presume che il confronto e la cooperazione
possa avvenire su dati oggettivi, confrontabili e misurabili; invece, con
riferimento agli «aspetti di carattere intrinsecamente etico o
nazionale/locale» compresi nella parte II, ogni valutazione viene lasciata
ai singoli Stati membri:
Gli aspetti etici riguardano, in particolare, la necessità di ottenere il
consenso informato del soggetto o del rappresentante legale.
Indipendentemente dal rischio che la sperimentazione clinica può
comportare per il paziente, il semplice fatto che il trattamento sia
parte di una sperimentazione rende necessario - da un punto di vista
etico - ottenere il consenso informato del soggetto. Pertanto, gli
aspetti legati al consenso informato non rientrano nella
cooperazione tra gli Stati membri, ma sono valutati individualmente
da ciascuno Stato membro. Di conseguenza, mentre la normativa in
materia di sperimentazioni cliniche e, in particolare, la revisione della
direttiva 2001/20/CE, è compatibile con il principio di sussidiarietà,
vi sono limiti fissati dai trattati che devono essere presi in
considerazione (Proposta di regolamento, Relazione, punto 3.14).
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Due sono gli elementi che meritano di essere evidenziati: si afferma, in
primo luogo, che «gli aspetti etici riguardano, in particolare, la necessità di
ottenere il consenso informato»; in secondo luogo, che questi aspetti «non
rientrano nella cooperazione tra gli Stati membri». Fuorviante è la
concezione che porta ad identificare la valutazione etica di una
sperimentazione clinica con la procedura del consenso informato, e quindi
a ritenerla incompatibile con il principio di sussidiarietà, come se i principi
etici non avessero titolo ad essere inclusi nella «normativa in materia di
sperimentazioni cliniche». Di contro a questa posizione è necessario
ribadire che la valutazione etica, lungi dal limitarsi alla “fattibilità locale” di
una sperimentazione clinica, deve interessare il disegno scientifico di uno
studio (il cosiddetto “razionale”), senza limiti o remore di sorta, essendo
chiamata a soppesare gli obiettivi primari e secondari, i criteri di
arruolamento, il rapporto rischio/ beneficio dei trattamenti sperimentali e
l’impiego di risorse umane e strumentali alla luce dei principi di dignità
dell’uomo, di beneficità, di non maleficità e di equità delle cure.
Ancor più insidiosa è la giustificazione giuridica dell’esclusione degli
elementi etici dall’ambito di cooperazione tra Stati membri UE. Nella
Relazione introduttiva alla Proposta di Regolamento si afferma che «nel
disciplinare le sperimentazioni cliniche, l’Unione esercita la propria
competenza concorrente conformemente all’articolo 4, paragrafo 2, del
TFUE», perché le sperimentazioni si propongono di provare la qualità e la
sicurezza dei medicinali per uso umano, aspetti previsti esplicitamente
dall’articolo 168, paragrafo 4c, del TFUE.4 Dal momento che gli aspetti
etici non rientrano nella fattispecie contemplata, devono rimanere di stretta
pertinenza nazionale, al pari delle norme sulla designazione del
rappresentante legale e sulla responsabilità civile. Che i principi etici, in
generale, non entrino nell’ambito della legislazione cosiddetta
“concorrente”, può essere un dato giuridico da accettare, anche se non
condivisibile. È sotto gli occhi di tutti che la Convenzione sui diritti umani e la
biomedicina (4 aprile 1997), denominata Convenzione di Oviedo, non è stata
4 Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea 2012/C 326/01 (abbrev. TFUE),
versione consolidata, sul sito http://eur-lex.europa.eu.
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ratificata da tutti gli Stati membri UE e alcuni di questi, tra i quali l’Italia,
non hanno completato le procedure per renderne effettivi i principi.5 Ma
nel discorso specifico delle sperimentazioni cliniche il punto di vista deve
essere del tutto diverso, perché la valutazione degli aspetti etici riguarda
prioritariamente la «tutela delle persone che si prestano ad una ricerca»,
come viene asserito nella Convenzione di Oviedo (artt. 16-17) e nella
Dichiarazione di Helsinki (punto 9). 6 Del resto, questa priorità viene
esplicitata come «principio generale» nell’art. 3 della Proposta, che troviamo
invariato nella versione definitiva del Regolamento:
Una sperimentazione clinica può essere condotta esclusivamente se:
a) i diritti, la sicurezza, la dignità e il benessere dei soggetti sono
tutelati e prevalgono su tutti gli altri interessi; nonché b) è progettata
per generare dati affidabili e robusti (art. 3).
Pertanto, se la protezione dei soggetti e la tutela del loro benessere
prevale su ogni altro interesse, questi aspetti rientrano a pieno titolo nella
fattispecie prevista dall’art. 114, paragrafo 3, del TFUE, che intende
garantire ai cittadini europei un «livello elevato di protezione» in materia
di sanità, sicurezza, protezione dell’ambiente e dei consumatori. Gli
«standard elevati di qualità e sicurezza dei medicinali utilizzati», che il
Regolamento esplicitamente persegue (“considerando” 82), non
possono essere disgiunti dalla valutazione dell’impatto che ciascun
disegno sperimentale ha sulla persona arruolata.
5
6
L’Italia ha recepito la Convenzione di Oviedo nel proprio ordinamento giuridico con la
legge 28 marzo 2001, n. 145, ma non ha ancora notificato l’adesione presso la Segreteria
Generale del Consiglio d’Europa, secondo quanto prescritto dall’art. 34 della Convenzione
stessa.
L’ultima revisione della Dichiarazione di Helsinki (WMA Declaration of Helsinki – Ethical
Principles for Medical Research Involving Human Subjects) è stata effettuata ad opera
dell’Associazione Medica Mondiale (World Medical Association – WMA) a Fortaleza,
Brasile, nell’ottobre 2013, pubblicata su World Medical Journal, n. 5, ottobre 2013, vol. 59 e
su JAMA n. 20, novembre 2013, vol. 310. Prendiamo atto che il “considerando” (80) fa
ancora riferimento alla versione del 2008, sebbene il Regolamento definitivo porti la data
del 16 aprile 2014. La traduzione italiana, a cura di Gaia Marsico, è consultabile sul sito
https://retecomitatietici.apss.tn.it.
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3. L’inserimento della revisione etica nella versione definitiva del
Regolamento
Il mancato riferimento alla valutazione di un comitato etico si pone in
aperta difformità rispetto alla Dichiarazione di Helsinki, come fa notare in
modo particolare il Parlamento europeo:
La previa approvazione sul piano etico è una condizione necessaria
per qualunque sperimentazione clinica. Secondo la dichiarazione di
Helsinki, la ricerca su un soggetto può essere intrapresa solo se il
progetto di ricerca è stato approvato dall’organismo competente a
seguito di un esame multidisciplinare in merito alla sua accettabilità
etica.7
7
Progetto di risoluzione legislativa del Parlamento europeo sulla proposta di regolamento del
Parlamento europeo e del Consiglio concernente la sperimentazione clinica di medicinali per uso
umano e che abroga la direttiva 2001/20/CE, emendamento 2 - Motivazione, sul sito
http://www.europarl. europa.eu. La Dichiarazione di Helsinki prevede l’esame
preventivo di un comitato etico di ricerca (punto 23). Secondo la Convenzione di
Oviedo il progetto di ricerca deve essere approvato «dall’organismo competente a
seguito di un esame che sia indipendente sul piano della sua pertinenza
scientifica, compresa una stima dell’importanza dello scopo della ricerca, nonché
di un esame pluridisciplinare della sua accettabilità sul piano etico» (art. 16). Si
confronti anche il Protocollo addizionale alla Convenzione sui diritti dell’uomo e la
biomedicina, relativo alla ricerca biomedica (25 gennaio 2005), artt. 7, 9.
Anche altre Commissioni si sono espresse in modo analogo al Parlamento
europeo. Si riporta, a titolo di esempio, quanto viene detto nella “Breve
relazione” introduttiva al Parere della Commissione per l’industria, la ricerca e l’energia,
formulato in data 21 marzo 2013: «Il relatore teme che la proposta così come
formulata indebolisca il ruolo attuale dei comitati etici, senza fornire una base
giuridica adeguata per un analogo organismo di valutazione indipendente.
L’Unione dovrebbe mostrare il dovuto rispetto per i diritti umani, la sicurezza
dei pazienti e norme rigorose in materia di valutazione etica, reintroducendo nel
regolamento i comitati etici indipendenti. L’articolo 28, paragrafo 2, recita che “I
diritti, la sicurezza e il benessere dei soggetti prevalgono sugli interessi della
scienza e della società”. Per raggiungere tali obiettivi, è necessario che
l’autorizzazione da parte degli Stati membri sia subordinata alla decisione del
comitato etico interdisciplinare indipendente, responsabile ai sensi del diritto
nazionale» (sul sito http://www.europarl.europa.eu).
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Il Parlamento europeo, dunque, richiede che venga introdotto un
«esame multidisciplinare», condotto da un comitato etico indipendente.
Nel rispetto delle procedure già previste, tale esame viene auspicato su
due livelli: a livello di Stato membro relatore per gli aspetti da considerare
nella relazione sulla parte I; a livello di ciascuno Stato membro interessato
per gli aspetti previsti nella relazione sulla parte II.8 Accogliendo in parte le
proposte del Parlamento europeo e di altri Enti, la versione definitiva del
Regolamento introduce la revisione etica:
Una sperimentazione clinica è soggetta a una revisione scientifica ed
etica e deve essere autorizzata secondo quanto previsto dal presente
regolamento.
La revisione etica è realizzata da un comitato etico conformemente
al diritto dello Stato membro interessato. La revisione da parte del
comitato etico può comprendere, per ciascuno Stato interessato, a
seconda dei casi, aspetti trattati nella parte I della relazione di
valutazione per l’autorizzazione di una sperimentazione clinica di cui
all’art. 6 e nella parte II di tale relazione di valutazione ai sensi
dell’articolo 7 (art. 4).
La distinzione tra revisione scientifica e revisione etica di una sperimentazione
clinica si va ad aggiungere a quella tra gli elementi della parte I, per i quali è
prevista la «valutazione congiunta», e gli elementi della parte II, di stretta
competenza nazionale. Queste distinzioni non si sovrappongono, perché la
valutazione etica non interessa solo la parte II, come taluni commentatori
sommariamente interpretano, ma si estende anche agli aspetti pertinenti
della parte I, per quanto il collegamento tra le due parti del fascicolo venga
ammesso con evidenti esitazioni: la valutazione etica «può comprendere»
aspetti della parte I e della parte II, viene ristretta a «ciascuno Stato membro
interessato», è condizionata al darsi o meno di non precisate circostanze («a
seconda dei casi»). Siamo ben distanti dal riconoscimento dell’inscindibilità
di scienza ed etica.
In questo quadro è dato rilevare, altresì, una significativa incoerenza
procedurale: il Regolamento riconosce ai comitati etici di ciascuno Stato
8
Progetto di risoluzione legislativa del Parlamento europeo sulla proposta di regolamento, cit.,
emendamento 79.
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membro una competenza “allargata” agli aspetti della parte I, per l’esame
dei quali è prevista la consultazione di tutti gli Stati membri interessati,
tuttavia non prevede che sugli aspetti etici concernenti la stessa parte I si
possa attivare una cooperazione tra tutti i comitati etici nazionali designati.
In base ad un diverso modo di intendere l’etica, il Parlamento europeo
invita la Commissione ad agevolare «la cooperazione tra comitati etici e la
condivisione delle migliori prassi sulle questioni etiche, anche per quanto
riguarda le procedure e i principi della valutazione etica»9, compreso il
consenso informato, i cui «elementi fondamentali» dovrebbero
comunque entrare nella relazione sulla parte I, in quanto strettamente
legati al protocollo sperimentale.10 A tale scopo il Parlamento avanza la
proposta di istituire una piattaforma, a partecipazione volontaria, volta
a «incoraggiare la cooperazione e la condivisione delle migliori prassi tra
comitati etici». 11 Tale invito non è stato recepito, anche se il
“considerando” (6) del Regolamento definitivo mitiga la rigida
assertività della Proposta.12
Nel Regolamento definitivo la revisione etica viene introdotta “fuori
procedura” e il comitato etico è inteso come una sorta di “organismoponte” con caratteristiche specifiche:
Un organismo indipendente istituito in uno Stato membro a norma
del diritto di tale Stato membro e incaricato di fornire pareri ai fini
del presente regolamento che tenga conto della prospettiva dei non
Ivi. Si confronti anche l’emendamento 5 – Motivazione, laddove il Parlamento
europeo ribadisce che «gli Stati membri dovrebbero essere liberi di decidere i
settori nei quali intendono eventualmente cooperare».
10 Ivi, emendamento 96.
11 Ivi, emendamento 27 – Motivazione.
12 Si riporta il “considerando” (6) della Proposta di regolamento: «Gli Stati membri
interessati devono cooperare alla valutazione di una domanda di autorizzazione
a una sperimentazione clinica. Tale cooperazione non deve riguardare gli aspetti di
carattere intrinsecamente nazionale, né gli aspetti etici di una sperimentazione clinica,
quale il consenso informato» (corsivo nostro). Nella versione definitiva del
Regolamento il secondo periodo è così trasformato: «Tale cooperazione non
dovrebbe riguardare gli aspetti di carattere intrinsecamente nazionale come il
consenso informato».
9
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Interventi e dibattiti
addetti ai lavori, in particolare i pazienti o le loro organizzazioni» (art.
2, definizione 11).
Quindi il comitato etico è un organo “indipendente”, non soggetto
ad autorità preposte, e si differenzia da altri organismi di tipo tecnico,
perché deve prevedere al suo interno la presenza di «almeno un non
addetto ai lavori» (art. 9, comma 4). Questa presenza, pur minimale,
caratterizza il comitato etico nel senso del coinvolgimento e dell’ascolto
dei pazienti e delle loro associazioni, ma anche nel senso di un’apertura
ai bisogni della società. Nel “considerando” (18) si coglie chiaramente la
distinzione tra «l’organismo o gli organismi appropriati ai fini della
valutazione della domanda» e la «partecipazione dei comitati etici», la cui
attività non si conclude con una “relazione” da pubblicare sul portale
UE, ma con l’emissione di un “parere” unico, non soggetto all’obbligo
di pubblicazione e valido per l’intero territorio dello Stato membro
interessato (art. 8, par. 4). Tale “parere” assume carattere vincolante ai
fini della «decisione unica» di uno Stato membro e, qualora sia negativo,
giustifica il rifiuto di autorizzazione alla sperimentazione (art. 8, par. 4).
In ogni caso, lo Stato membro deve prevedere una procedura di ricorso,
pertanto il comitato etico ha l’obbligo di fornire le motivazioni del
“parere” espresso.
Non deve sfuggire l’imposizione dei tempi procedurali, che non
prevedono eccezioni ai fini del rilascio del “parere” da parte del
comitato etico:
Gli Stati membri garantiscono l’allineamento tra la tempistica e le
procedure per la revisione da parte del comitato etico con la
tempistica e le procedure per la valutazione della domanda di
autorizzazione a una sperimentazione clinica di cui al presente
regolamento (art. 4, comma 3).
Nel normare la valutazione etica, i singoli Stati membri devono garantire
l’allineamento con i tempi e le procedure previste. Il rispetto dei tempi
pare la vera chiave di volta di tutto il Regolamento.
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LA REVISIONE ETICA NEL NUOVO REGOLAMENTO
Ciascuno Stato membro designa il comitato etico indipendente,
idoneo ad emettere il parere (art. 2, par. 11 e art. 4).
I suoi componenti debbono garantire:
-
Chi valuta
Ambiti di
valutazione
assenza di conflitti di interesse;
indipendenza dal promotore, dal sito della
sperimentazione, dagli sperimentatori coinvolti, dai
finanziatori;
essere esenti da qualsiasi indebito condizionamento;
qualifiche ed esperienza necessarie;
competenze specialistiche riguardo a soggetti in
situazioni di emergenza, minori, incapaci, donne in
gravidanza e allattamento, particolari gruppi di
popolazione come gli anziani o persone affette da
malattie rare e ultra-rare.
Deve essere presente «almeno un non addetto ai lavori», con
riferimento a pazienti o ad organizzazioni di pazienti (art. 9 e
“considerando” 18 -19).
-
- sperimentazioni cliniche (art. 4): aspetti di pertinenza previsti
nella parte I e nella parte II della relazione di valutazione;
- emendamenti sostanziali (artt. 19, 20, 23).
Espressione di un parere che, ai sensi degli artt. 8, 19, 20, 23,
risulta:
Decisione
Tempi
-
valido per l’intero territorio di ciascuno Stato
membro interessato;
-
vincolante ai fini della decisione finale sulla
sperimentazione clinica;
-
indipendente rispetto alle valutazioni di ogni altro
organismo incaricato.
Allineamento con la tempistica prevista dal Regolamento.
4. La separazione tra revisione etica e revisione scientifica
L’enunciato dell’art. 4 esprime bene la distinzione tra le due tipologie di
revisione, proprio nel momento in cui si accinge a riconoscere un ruolo
specifico al comitato etico: «Una sperimentazione clinica è soggetta a
150
BIOETICA 1/2016
Interventi e dibattiti
una revisione scientifica ed etica …». La revisione scientifica riguarda gli
elementi da considerare nella parte I della relazione; mentre la revisione etica
riguarda aspetti compresi nella parte II, ma anche aspetti della parte I, e
perciò riveste le connotazioni di una valutazione indipendente e più estesa
rispetto alla valutazione di uno o più organismi tecnici. Questa indicazione,
paradossalmente, lascia in ombra l’obiettivo principale della revisione etica,
ovvero tutelare «i diritti, la sicurezza, la dignità e il benessere dei soggetti» e
vigilare perché tali elementi «prevalgano su tutti gli altri interessi», secondo
quanto previsto dal «principio generale» enunciato nell’articolo 3. Infatti,
tra gli elementi compresi nella parte I e nella parte II della relazione di
valutazione non troviamo citati «la dignità e il benessere dei soggetti»
arruolati. Tale osservazione propriamente formale consente di cogliere
bene la complicazione di una revisione etica che deve districarsi tra elementi
codificati in articoli diversi del Regolamento e inclusi nelle due distinte parti
della relazione di valutazione. Come ha giustamente fatto notare la
Commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni, l’enunciazione dei
principi etici avrebbe dovuto trovare seguito nell’ambito delle procedure
previste per la loro verifica.13
In Italia il Comitato Nazionale per la Bioetica (CNB) riconosce che «può
anche configurarsi una lettura del Regolamento favorevole alla scelta da
parte dello Stato di una separazione fra gli aspetti scientifici e gli aspetti etici
da assegnarsi separatamente, i primi a comitati scientifici e i secondi a
comitati etici». E nell’evidenziare i rischi di tale separazione, raccomanda
che «il comitato unico nazionale o i comitati etici per la sperimentazione
clinica si occupino della revisione sia degli aspetti concernenti l’art. 6
(parte I) che degli aspetti relativi all’art. 7 (parte II)», verificando più in
generale che «gli interessi dell’industria, della scienza e della società non
prevalgano sul benessere del soggetto».14 Tuttavia questa separazione
13
Parere della Commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni (9 aprile 2013),
emendamento 2. Nella “Motivazione” la Commissione precisa: «L’emendamento punta a
far sì che, in sede di valutazione di una domanda di autorizzazione alla sperimentazione
clinica, sia valutato anche il rispetto dei diritti fondamentali» (sul sito http://www.europarl.
europa.eu).
14 Comitato Nazionale per la Bioetica, Mozione sull’attuazione del regolamento (U.E.) N. 536/2014,
approvata in data 25 settembre 2015, sul sito: http://www.governo.it/bioetica. Sullo stesso
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151
Antonio Rimedio
nel nuovo Regolamento è un dato di fatto, perché la relazione sulla parte I
non prevede nessuna valutazione a carattere etico. La separazione
dell’esame delle due parti risulta così netta che la valutazione della parte II,
su scelta del promotore, può subire uno slittamento temporale di due anni,
permanendo invariata la validità scientifica del progetto sperimentale
presentato (art. 11). Nonostante le dichiarazioni di principio, all’interno del
Regolamento revisione etica e revisione scientifica rimangono distanti e
separate. Forme di interazione tra comitati etici e organismi tecnici
potranno essere favorite all’interno di ciascuno Stato membro.
5. La revisione etica rimane ristretta ai confini di ciascuno
Stato membro
Del tutto anomalo risulta il pregiudizio che l’etica non debba oltrepassare i
confini nazionali in un Regolamento che intende armonizzare i criteri e i
tempi della valutazione delle sperimentazioni cliniche a livello infraeuropeo, essendo già disponibili dichiarazioni o documenti condivisi a
livello mondiale. A fondamento della Dichiarazione di Helsinki si pone il
principio della validità internazionale dei principi enunciati, la cui
applicazione non può subire condizionamenti o restrizioni previste da
disposizioni nazionali:
Si devono prendere in considerazione le disposizioni legislative e
regolamentari del paese o dei paesi in cui la ricerca deve essere eseguita così
come le norme e gli standard internazionali, tuttavia questi non devono
essere autorizzati a ridurre o eliminare alcun punto enunciato in questa
Dichiarazione utile a proteggere i soggetti coinvolti nella ricerca (punto 23).
Pur caratterizzata da modelli epistemologici diversi da quelli della scienza,
l’etica va considerata in un’ottica di condivisione e cooperazione. Esiste
infatti una universalità dell’etica, che si esprime nella tensione alla
realizzazione di valori da condividere e partecipare tra le diverse Nazioni,
particolarmente nel processo di globalizzazione in atto nella nostra
epoca.
sito si può consultare la Dichiarazione del CNB sulla “Proposta di Regolamento” del 17 luglio 2012,
approvata in data 26 ottobre 2012.
152
BIOETICA 1/2016
Interventi e dibattiti
In realtà, l’orientamento del Regolamento risponde all’obiettivo di
snellire l’approvazione di un protocollo sperimentale, evitando possibili
“intralci” dovuti alle diversità di valutazione e ai differenti modelli di
riferimento dei comitati etici in ciascuno Stato membro: decisioni riguardo
ad eventuali difficoltà sollevate dall’esame etico non devono rallentare, né
condizionare le scelte degli altri Stati membri.15 Si tratta di un vero e proprio
atto di resa di fronte alle molteplici legislazioni degli Stati europei, che
mantengono posizioni differenti in materia di sicurezza e di assistenza
sanitaria, e quindi garantiscono standard diversificati nella “normale pratica
clinica”, concetto strategico ai fini della valutazione di una sperimentazione.
Questi elementi di disparità affiorano, in particolare, laddove il
Regolamento esplicita le motivazioni dell’eventuale diniego di un singolo
Stato membro alle conclusioni contenute nella relazione sulla parte I. La
prima motivazione prevede la circostanza in cui, «a causa della
partecipazione alla sperimentazione clinica, un soggetto riceverebbe un
trattamento di livello inferiore rispetto alla normale pratica clinica nello
Stato membro interessato» (art. 8, par. 2a). Si ammette che in alcuni Stati il
livello di trattamento previsto da una sperimentazione potrebbe essere
inferiore rispetto alla normale pratica clinica, almeno in taluni settori della
cura, con la conseguente assenza di un comune gold standard di riferimento.
Non sorprende, quindi, che tra le motivazioni di un rifiuto figurino
«osservazioni relative alla sicurezza di soggetti, all’affidabilità e alla
robustezza dei dati» (art. 8, par. 2c). Eppure, in presenza di osservazioni
motivate e comprovate, il diniego dovrebbe essere fatto proprio da tutti
15
Ci sorprende il dubbio che l’etica possa essere intesa come elemento di “intralcio”,
secondo quanto sostiene apertamente lo psicologo canadese Steven Pinker,
esponente di rilievo dell’odierna psicologia evoluzionistica (cfr. l’intervista di
Giuliano Aluffi a S. Pinker, La bioetica ostacola la ricerca, in «Repubblica», 27 agosto
2015). Affini alle tesi di Pinker paiono talune esternazioni che hanno caratterizzato
il dibattito sul ruolo dei comitati etici in Italia: «Perché va ribadito, e non siamo i
primi a dirlo, che la bioetica è diventata un specie di moderna inquisizione e i
bioeticisti sono spesso l’equivalente di preti (“preti secolari” sono stati chiamati in
un articolo sull’American Journal of Bioethics) che si compiacciono di rituali
burocratici che non solo non hanno nulla a che vedere con i rischi per la salute e
la tutela del paziente, ma possono causare sofferenze e morte» (G. Corbellini e M.
De Luca, I limiti della bioetica. Per un comitato al passo coi tempi, in «Il Sole 24 Ore», 24
maggio 2015).
BIOETICA 1/2016
153
Antonio Rimedio
gli altri Stati membri interessati, perché la sicurezza dei soggetti,
l’affidabilità e la robustezza dei dati sono gli obiettivi prioritari del
Regolamento. Si rischia di avvalorare nella stessa Europa il criterio del
“localmente” sicuro, che apre a scenari diversificati di valutazione delle
stesse richieste di sperimentazione e che lascia alle industrie farmaceutiche
la possibilità di scegliere Paesi membri UE, nei quali il livello di sicurezza è
fissato su parametri meno elevati.
Potrebbe ripresentarsi all’interno dell’Europa, pur in misure diverse, il
divario tra Paesi europei e Paesi extraeuropei, rispetto ai quali il
Regolamento prevede che una sperimentazione clinica deve essere
condotta «in conformità a principi equivalenti a quelli stabiliti dal presente
regolamento in materia di diritti e sicurezza dei soggetti e affidabilità e
robustezza dei dati ottenuti» (art. 25, par. 5). Il criterio dell’equivalenza è stato
criticato come troppo vago e indeterminato dal Parlamento europeo: «I
principi etici della dichiarazione di Helsinki e gli orientamenti del CIOMS
devono essere rispettati in tutte le sperimentazioni, comprese quelle
condotte al di fuori dell›Unione europea». 16 Ancora una volta
l’emendamento viene ignorato, perché lo stesso Regolamento non è in
grado di garantire a livello comunitario una omogena applicazione di quei
principi e parametri di valutazione. Gaia Marsico ha individuato un
insanabile contrasto tra la Dichiarazione di Helsinki e il nuovo Regolamento
europeo: «Due culture, due linguaggi diversi, lontanissimi tra di loro». 17
Questa lontananza si misura, particolarmente, sugli intenti di fondo che
danno respiro ai contenuti dei due documenti.
6. Una possibile soluzione organizzativa per l’Italia:
una rete regionale di comitati etici
L’Italia deve farsi trovare pronta ad affrontare le sfide poste dal nuovo
Regolamento europeo, anche perché è prevedibile una concorrenza tra gli
Stati dell’Unione, che porterà a valorizzare le eccellenze della ricerca
Progetto di risoluzione legislativa del Parlamento europeo sulla proposta di regolamento, cit.,
emendamento 149.
17 G. Marsico, La dichiarazione di Helsinki, intervento del 25 novembre 2014, sul sito
https:// retecomitatietici.apss.tn.it.
16
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BIOETICA 1/2016
Interventi e dibattiti
scientifica medica e farmacologica presenti in ciascuno Stato membro
UE. Un Promotore avrà tanto più interesse ad avviare la richiesta di
autorizzazione alla sperimentazione clinica in Italia, e quindi ad
individuarla quale stato membro relatore, quanta più garanzia avrà che
gli organismi deputati a validare gli aspetti etici e scientifici dello studio
clinico siano in grado di rispondere con tempestività e competenza di
giudizio. L’Italia ha finora svolto un ruolo non trascurabile nel settore
della ricerca clinica con il concorso di numerosi fattori, tra i quali la
presenza di eccellenze tra gli istituti di ricerca e la peculiare caratteristica
del Servizio Sanitario Nazionale che si fa carico della tutela della salute
per tutti i cittadini.
Troppo frettolosamente taluni osservatori hanno attribuito le
responsabilità del paventato rallentamento delle sperimentazioni cliniche in
Italia all’eccessivo numero dei comitati etici, alle gravose spese che i
promotori/sponsor devono sostenere, alla non uniformità dei criteri di
valutazione, all’eccesso di regionalismo e di burocrazia, tralasciando le ben
più pesanti carenze del finanziamento pubblico dei centri di ricerca, che
devono far ricorso a personale precario e a fondi messi a disposizione da
Fondazioni private e Associazioni di malati.18 Certamente occorre rivedere
l’organizzazione dei comitati etici in Italia, ma l’applicazione del nuovo
Regolamento europeo non comporta necessariamente l’istituzione di un
solo comitato etico a livello nazionale, come sostenuto da talune voci nel
dibattito italiano, perché ogni scelta organizzativa è lasciata alla normativa
dei singoli Stati membri (art. 4).19
18
Sulla base dei dati diffusi dall’AIFA, i dati delle sperimentazioni cliniche con medicinali in
Italia «sono abbastanza confortanti», pur riferiti al 2013, anno di cambiamenti significativi
all’interno dei comitati etici per l’applicazione del DM 8.2.2013 (AIFA, La Sperimentazione
clinica dei medicinali in Italia, 13° Rapporto nazionale, 2014, “Presentazione”, sul sito
http://www.agenziafarmaco.gov.it). Anche i dati preliminari riferiti al 2014 danno valori
sostanzialmente stabili, come anticipato dal direttore dell’AIFA, Luca Pani, nell’articolo
Comitati etici? Uno ma buono, in «Il Sole 24 Ore», 10 maggio 2015, p. 29. Le critiche agli attuali
comitati etici sono state avanzate, particolarmente, da Luca Pani, Gilberto Corbellini e
Michele De Luca negli interventi riportati nella nota successiva, sottoscritti da diversi
stakeholder, tra i quali Farmindustria, convinti che la burocrazia favorita dai CE rappresenti
l’ostacolo principale allo sviluppo della ricerca e quindi al beneficio per i pazienti.
19 In questo senso si esprime Luca Pani: «Se vogliamo portare in Italia sperimentazioni
davvero di valore (dal punto di vista scientifico ma anche economico) dobbiamo
BIOETICA 1/2016
155
Antonio Rimedio
Il Comitato Nazionale per la Bioetica (CNB) ha preso chiara posizione
su questo punto, riconoscendo che l’assetto organizzativo relativo alla
valutazione etica delle sperimentazioni cliniche può portare a diverse
soluzioni possibili: «comitato etico unico nazionale; comitati etici
nazionali in numero limitato per aree disciplinari specializzate; comitato
etico
di riferimento nazionale/internazionale e di coordinamento per i
comitati etici territoriali e/o settoriali».20 Tra queste opzioni il CNB priconcentrare le competenze dei comitati etici in uno solo nazionale, che rappresenti e deliberi
per tutte le sperimentazioni italiane. […] La proposta di dotarsi rapidamente di un unico CE
nazionale discende dal Regolamento (UE) n. 536/2014», che prevede espressamente
«un’unica valutazione per Stato membro, quindi tutti i sistemi basati su una rete di CE per
ciascuno studio dovranno essere progressivamente smantellati» (Comitati etici? Uno ma buono,
cit.). Occorre chiarire che «un’unica valutazione» è effettivamente prevista dal Regolamento,
dal quale però non discende, in senso univoco e in modo necessario, «la proposta di dotarsi
rapidamente di un unico CE nazionale». Nell’intervento di Pani si fa riferimento a possibili
aperture di collaborazione del comitato unico nazionale con altri comitati etici di eccellenza
del territorio, ma rimane confuso il contesto organizzativo della distribuzione delle
competenze. Sulla linea di L. Pani si sono schierati Gilberto Corbellini e Michele De Luca,
nel già citato intervento, I limiti della bioetica, del 24 maggio 2015. In un successivo articolo
L. Pani ribadisce la sua posizione sul «coinvolgimento di un solo comitato etico (...an Ethics
Committee...) nel team di valutazione di “tutte” le sperimentazioni cliniche su farmaci per uso
umano, comprese quelle monocentriche e puramente nazionali» e più avanti sostiene che
«l’ulteriore riduzione dei CE è di fatto la migliore garanzia di tutela per i pazienti italiani» (Il
paziente al centro. Il nuovo Regolamento europeo non lascia dubbi: serve un solo comitato etico in grado di
coordinare i pareri su tutti gli studi clinici, in «Il Sole 24 Ore», 26 luglio 2015, p. 26).
Nel corso del dibattito sviluppatosi durante l’estate 2015, autorevoli voci di diverso
schieramento hanno difeso il pluralismo dei comitati etici: A. G. Spagnolo, Un unico parere e
tanti comitati, in «Il Sole 24 Ore», 14 giugno 2015, p. 28; A. Anzani e G. Pozza, A chi giovano
i comitati etici?, in «Il Sole 24 Ore», 28 Giugno 2015, p. 29. Maurizio Mori, nel prendere parte
al dibattito, ha ribadito il ruolo fin qui svolto dai comitati etici in Italia:
«Perché, quindi, non abolire i comitati etici tout court? La risposta è stata data da Alfreda
Anzani e Guido Pozza: perché, pur con tutti i loro limiti e difetti, i comitati etici sono presìdi
per la “salvaguardia dei diritti del paziente” e resta forte l’esigenza di “un dibattito pubblico
su questi temi” che non sia ristretto alle mura del cenacolo degli “esperti”. […] Da noi il
lavoro per i comitati è stato fatto quasi esclusivamente a titolo volontario, sulla scorta
dell’entusiasmo mostrato da tanti operatori sanitari mossi dal senso di collaborazione. Su
questo hanno ragione ancora una volta Anzani e Pozza quando dicono che “la pluralità, o
per meglio dire la capillarità dei CE [...] è una ricchezza che non va dissipata”» (Torniamo alle
origini, in «Il Sole 24 Ore», 19 luglio 2015, p. 27). Questi e altri successivi interventi sono
consultabili sul sito del Centro Studi «Politeia» http://www.politeia-centrostudi. org e sul
sito di RICERC@, la rete italiana dei comitati etici, https://retecomitatietici. apss.tn.it.
20 Comitato Nazionale per la Bioetica, Mozione sull’attuazione del regolamento (U.E.) N.
536/2014, cit.
156
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Interventi e dibattiti
vilegia l’ultima: «un comitato etico per la sperimentazione clinica – con
strutture adeguate – con la funzione di riferimento per l’Italia a livello
internazionale e di coordinamento di un numero limitato di comitati etici
territoriali e/o settoriali con competenze per aree terapeutiche per la
valutazione di sperimentazioni nazionali e internazionali». 21 In tal modo
l’Italia, oltre a conservare le esperienze finora fatte, «potrebbe entrare nel
network che – a livello europeo – riunisce gli Stati che hanno già effettuato
il coordinamento dei comitati etici».
È da ritenersi condivisibile la proposta del CNB con alcune sottolineature. Il Comitato etico nazionale dovrebbe effettivamente «assumere il
ruolo di osservatorio efficace, autorevole, capace di comunicare con gli altri
comitati etici»; svolgere attività di coordinamento e di armonizzazione;
intervenire a supporto, oppure in sostituzione, laddove i comitati
“territoriali” non rispondano ai requisiti richiesti in termini di competenze
o non rispettino i tempi previsti dal Regolamento. L’organizzazione
“territoriale” non può che rinviare all’organizzazione “regionale”, dal
momento che centri di eccellenza nelle specialità cliniche più diffuse sono
attivi in tutte le Regioni: per sopperire ad eventuali carenze potrebbero
essere favoriti accordi per istituire organismi interregionali.
L’organizzazione “settoriale”, ovvero per specialità, potrebbe essere
adottata, in funzione complementare, con riferimento a specifici centri di
ricerca per malattie rare o in presenza di sperimentazioni con particolari
tipologie di farmaci. Una eventuale normativa nazionale dovrebbe
prevedere la valutazione unitaria delle due parti del fascicolo di una
sperimentazione ad opera di comitati a composizione “multidisciplinare”,
dotati delle necessarie competenze tecnico-amministrative e designati, sulla
base di criteri trasparenti, ad emettere il “parere unico” a livello nazionale.
Del resto, già oggi in Italia i Promotori scelgono i centri di ricerca
cui affidare il coordinamento nazionale della sperimentazione e,
quindi, il Comitato etico deputato ad emettere il “parere unico”, che
21
Ivi. Non distante è la posizione espressa dalla Consulta della Società scientifiche per la
prevenzione del rischio cardiovascolare: «Piuttosto che un CE nazionale, soluzione che allo
stato attuale ci sembra poco realistica, la riduzione del numero dei CE e l’attribuzione della
responsabilità di ogni studio a un unico comitato, ha l’indubbio vantaggio di assicurare una
maggiore efficienza al sistema» (G. Corrao, Bioetica, il comitato che vorrei, in «Il Sole 24 Ore», 9
novembre 2015, p. 17).
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nelle sperimentazioni con farmaco prevede già allo stato attuale la
preliminare valutazione della Commissione Tecnico Scientifica dell’AIFA.
Prima di smantellare la rete attuale dei comitati etici, è necessario
considerare tutte quelle tipologie di “studi clinici” ai quali il nuovo
Regolamento non si applica, come gli studi sui dispositivi medici e gli studi
non interventistici, e assicurare continuità a tutte le funzioni che gli attuali
Comitati etici esercitano. Una rete più snella, su base regionale, dei comitati
per la sperimentazione potrebbe indurre a valorizzare, a livello territoriale, la
funzione dei comitati per la consulenza etica, con una composizione in grado di
rappresentare il pluralismo della società attuale.
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