Analisi della normativa in materia di gestione integrata della

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Analisi della normativa in materia di gestione integrata della
Analisi
della
normativa
in
materia
di
gestione integrata della zona costiera:
opportunità per lo sviluppo di una pesca e
una acquacoltura sostenibili in Italia.
Progetto
Normativa comunitaria e impegni internazionali per la Gestione
Integrata della Zona Costiera: opportunità per lo sviluppo di una pesca
e una acquacoltura sostenibili in Italia.
Primo Programma Triennale della Pesca e dell’Acquacoltura
2007 – 2009 (prorogato a tutto il 2012).
1
Sommario
1.
Introduzione .............................................................................................................................................. 4
1.1 Premessa ................................................................................................................................................. 4
1.2 Strumenti giuridici internazionali nella tutela e gestione delle coste ..................................................... 5
1.3 Convenzione di Barcellona ...................................................................................................................... 7
1.4 La dimensione del problema: la gestione integrata delle coste e la regolazione; istituzioni, soggetti e
interessi coinvolti........................................................................................................................................... 9
1.5 Guida alla lettura del documento .......................................................................................................... 13
2.
Il Protocollo GIZC ..................................................................................................................................... 15
2.1 Introduzione .......................................................................................................................................... 15
2.2 Predisposizioni del Protocollo GIZC relative all’adeguamento richiesto alle politiche dei settori
correlati alla costa e alla regolazione delle attività costiere ....................................................................... 24
2.3 Predisposizioni del Protocollo GIZC relative ai processi di governance ................................................ 43
2.4 Predisposizioni del Protocollo GIZC relative alla pianificazione spaziale della zona costiera ............... 47
2.5 Predisposizioni del Protocollo GIZC relative alla Cooperazione Regionale ........................................... 49
3.
La Raccomandazione GIZC ....................................................................................................................... 55
3.1 Introduzione .......................................................................................................................................... 55
3.2 Indicazioni della Raccomandazione GIZC sull’adeguamento delle politiche dei settori correlati alla
costa e sulla regolazione delle attività costiere........................................................................................... 60
3.3 Indicazioni della Raccomandazione GIZC sui processi di governance ................................................... 61
3.4 Indicazioni della Raccomandazione GIZC sulla pianificazione spaziale della zona costiera .................. 64
3.5 Indicazioni della Raccomandazione GIZC sulla Cooperazione Regionale .............................................. 66
4.
La Direttiva Quadro per la Tutela dell’Ambiente Marino ........................................................................ 67
4.1 Introduzione .......................................................................................................................................... 67
4.2 Predisposizioni della Direttiva Quadro sulla Strategia per l'Ambiente Marino relative all’adeguamento
richiesto alle politiche dei settori correlati alla costa e alla regolazione delle attività costiere ................. 70
4.3 Predisposizioni della Direttiva Quadro sulla Strategia per l'Ambiente Marino relative ai processi di
governance .................................................................................................................................................. 75
4.4 Predisposizioni della Direttiva Quadro sulla Strategia per l'Ambiente Marino relative alla
pianificazione spaziale della zona costiera .................................................................................................. 79
4.5 Predisposizioni della Direttiva Quadro sulla Strategia per l'Ambiente Marino relative alla
Cooperazione............................................................................................................................................... 80
5.
Pianificazione dello Spazio Marittimo (PSM) nell’Unione Europea: COM (2010/771) e COM (2013/133)
82
5.1 Introduzione .......................................................................................................................................... 82
5.1 Le politiche dei settori correlati alla costa e la regolazione delle attività costiere e Pianificazione dello
Spazio Marittimo ......................................................................................................................................... 85
2
5.2 I processi di governance e la Pianificazione dello Spazio Marittimo ..................................................... 88
5.3 La Cooperazione Regionale nella Comunicazione sulla Pianificazione dello Spazio Marittimo ............ 90
Riferimenti Bibliografici e Fonti utilizzate ....................................................................................................... 92
Allegato 1: ACRONIMI...................................................................................................................................... 95
3
1. Introduzione
1.1 Premessa
Al fine di definire le problematiche, nonché gli aspetti normativi, introdotti dalle
diverse discipline riguardanti la Gestione Integrata delle zone costiere, e di
capire i possibili impatti “pratici” che le stesse riverseranno sui compiti e
responsabilità del MIPAAF, sembra legittimo fare un breve excursus normativo
che possa far capire meglio il perché si sia giunti a dover normare tale
disciplina.
Solo dagli anni ottanta si è diffusa una maggiore consapevolezza internazionale
dei problemi riguardanti le zone costiere, in quanto aree “sensibili”, in cui si
concentrano attività spesso tra loro conflittuali ed in cui si registra un’eccessiva
densità demografica. Turismo, acquacoltura, pesca, diporto nautico e porti
turistici,
trasporti
marittimi
e
intermodali
e
connesse
infrastrutture,
sfruttamento di giacimenti petroliferi e minerari, proprietà pubblica e privata
rientrano tra quei molteplici usi il cui sviluppo “irresponsabile” mina fortemente
lo sviluppo sostenibile dell’ambiente costiero.
Pur
esistendo,
(diversamente
ovviamente,
una
molteplice
caratterizzate,
per
esempio,
varietà
dalla
di
zone
geografia
del
costiere
paese,
dall’orientamento della costa, dal valore economico delle risorse costiere, dalla
concentrazione della popolazione e delle infrastrutture e dal livello di sviluppo
del paese), esse vanno comunque intese come sistemi interattivi mare-terra,
dinamici e fragili, da tutelare attraverso l’elaborazione di più complete e
approfondite tecniche di pianificazione e gestione in grado di affrontare, in
modo complessivo ed integrato, i problemi dell’articolazione delle competenze
istituzionali, delle possibili fonti di impatto sul territorio costiero e degli
interventi necessari.
La materia della pianificazione territoriale delle zone costiere è caratterizzata,
ancora in molti paesi, da una sovrapposizione di norme giuridiche nazionali,
con
competenze
frammentate
e
carenze
di
orientamento
dovute
al
perseguimento di obiettivi tra loro contraddittori.
La mancata elaborazione di una gestione integrata delle zone costiere, a causa
dei vincoli ordinamentali di ciascun paese, si ravvisa anche nel nostro
4
ordinamento. Infatti, nonostante la ormai nota crisi della rigida categoria del
demanio marittimo, non si è ancora pervenuti ad un effettivo “assorbimento”
giuridico del concetto di gestione integrata delle zone costiere ed, a monte,
all’individuazione normativa di una nozione elastica zona costiera. Come meglio
si evidenzierà avanti, gli strumenti internazionali di soft law susseguitesi negli
anni - e volti ad indirizzare i singoli Stati ad adottare normative interne in
grado di assicurare una gestione integrata delle aree costiere (attraverso
l’individuazione
approfondita
dei
principi,
degli
obiettivi
e
di
modalità
procedurali) - non si sono rivelati sufficienti a promuovere l’implementazione di
questo nuovo e diverso metodo di gestione. Da qui è emersa, di recente,
nell’ambito del sistema di Barcellona, l’esigenza di adottare un nuovo
strumento normativo regionale appositamente dedicato alla gestione integrata
delle aree costiere e, soprattutto, di carattere vincolante
- essendosi
dimostrata utopistica, negli anni, l’adozione volontaria da parte dei singoli Stati
degli orientamenti e delle raccomandazioni in materia.
1.2 Strumenti giuridici internazionali nella tutela e gestione delle coste
Nell’ambito della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (Montego
Bay 1982), pur non rinvenendosi espliciti riferimenti alle problematiche relative
alle
coste,
non
mancano
i
riferimenti
all’area
costiera
nel
contesto
dell’ambiente marino. Così, l’art. 194, par. 5, prevede che le misure prese per
proteggere e preservare l’ambiente marino “includono quelle necessarie a
proteggere e preservare ecosistemi rari o dedicati, come pure l’habitat di
specie in diminuzione, in pericolo o in via di estinzione e altre forme di vita
marina”. La Convenzione di Montego Bay copre, inoltre, le aree costiere come
gli estuari (art. 1.4), le foci dei fiumi (art. 9), le baie (art. 10), i porti (art. 11),
l’inquinamento da fonti terrestri (art. 207). L’espressione area costiera si
rinviene, ancora, in altre norme della Convenzione, quali l’art. 211, 1 e 7
relativo all’inquinamento da navi e l’art. 221 relativo alle misure atte ad evitare
l’inquinamento derivato da incidente in mare.
La Convenzione sul diritto del mare costituisce la base internazionale per il
perseguimento
delle
finalità
di
protezione
5
e
lo
sviluppo
sostenibile
dell’ambiente marino e costiero e delle sue risorse e, in quanto tale, viene
richiamata dal Programma di Azione “Agenda 21” (approvato, com’è noto, dalla
comunità internazionale nella Conferenza delle Nazioni Unite su Ambiente e
Sviluppo, tenutasi a Rio de Janeiro nel 1992) che ha dato, appunto, un forte
input alla materia.
La gestione integrata delle aree marine e costiere è, infatti, espressamente
considerata una delle principali componenti del concetto di sviluppo sostenibile,
come strumento in grado di accrescere il benessere delle comunità costiere e
mantenere l’integrità ecologica e la diversità biologica. In particolare, il
Capitolo 17 di Agenda 21, relativo alla protezione degli oceani, di tutti i tipi di
mare compresi i mari chiusi e semichiusi e le zone costiere e la protezione,
l’utilizzazione razionale e la valorizzazione delle loro risorse viventi, indirizza gli
Stati costieri verso nuovi approcci integrati alla gestione delle aree costiere, a
livello
globale,
regionale
e
nazionale,
attraverso
metodi
e
strumenti
interdisciplinari, partecipativi, e responsabilizzanti.
Da qui, è seguita tutta una serie di altre importanti iniziative promosse, a
livello universale e regionale, dalle organizzazioni internazionali interessate ad
una corretta gestione delle coste e volte a sottolineare la necessità di elaborare
ed
applicare
una
strategia
globale
di
gestione
integrata
e
durevole
dell’ambiente costiero, che tenga conto delle interazioni tra ambiente,
patrimonio
socio-culturale
e
le
comunità.
E’
sufficiente
citare
la
raccomandazione dell’OCSE, C(92)114 del 23 luglio del 1992, dedicata appunto
alla gestione integrata delle zone costiere; ancora, il Codice di condotta della
FAO per una pesca responsabile del 1995, il cui art. 10 è interamente dedicato
alla integrazione della pesca nella gestione delle aree costiere; nonché il
modello normativo sulla gestione sostenibile delle aree costiere ed il Codice
Europeo di condotta applicabile alle aree costiere elaborati dal Consiglio
d’Europa nel 1999, volti ad ispirare le normative nazionali nel perseguire
l’integrazione a livello territoriale ed istituzionale, una corretta pianificazione e
formulazione legislativa e la cooperazione internazionale tra le aree costiere
transfrontaliere.
6
In accordo con le raccomandazioni di Rio, importanti strumenti sono stati
adottati in ambito regionale e, in particolar modo nell’area del Mediterraneo
che ci interessa direttamente. Con riferimento al c.d. sistema di Barcellona del
1976 dato dalla Convenzione sulla protezione dell’ambiente marino del
Mediterraneo e dai suoi Protocolli, è già significativo come con gli emendamenti
del 1995 si sia provveduto a modificare il titolo della stessa convenzione
includendovi anche il riferimento alle regioni costiere (Convenzione sulla
protezione dell’ambiente marino e del litorale del Mediterraneo). Tra le
modifiche più significative si segnalano quelle concernenti l’art. 4 della
Convenzione che, completamente riformulato, include chiaramente tra gli
obblighi gravanti sugli Stati parte, quello di promuovere una gestione integrata
delle zone costiere, tenendo in considerazione la protezione delle aree di
interesse ecologico e l’uso razionale delle risorse naturali.
1.3 Convenzione di Barcellona
Le Parti contraenti la
Convenzione per la Protezione dell’Ambiente Marino e
della Regione Costiera del Mediterraneo (Barcellona 1976-1995), ossia i 21
Stati del bacino del Mediterraneo e la Comunità Europea, hanno adottato il
Protocollo
denominato
sulla
gestione
Protocollo)
integrata
della
nell’ambito
zona
della
costiera
(d’ora
Conferenza
innanzi
diplomatica
plenipotenziaria tenutasi a a Madrid nei giorni 20 e 21 gennaio 2008.
La Convenzione di Barcellona costituisce l'accordo quadro per la protezione del
Mediterraneo a cui si ricollegano i Protocolli aggiuntivi (ad oggi nel numero di
sette), i quali sono degli strumenti giuridici che completano la Convenzione,
assicurandone l'applicazione concreta nei vari settori, con la specificazione di
quei principi in essa enunciati e in riferimento ai diversi tipi di inquinamento e
sistemi di gestione.
Conformemente a quanto previsto all’art. 4 della Convenzione di Barcellona
che obbliga le Parti contraenti a promuovere la gestione integrata della zona
costiera, in occasione della 13ma riunione delle Parti Contraenti della
Convenzione di Barcellona (Catania, 2003), è stato deciso di predisporre un
7
nuovo Protocollo volto alla creazione di un sistema di gestione integrata delle
aree costiere.
In occasione della riunione tenutasi a Portoroz nel 2005, le Parti contraenti
hanno quindi preso atto della bozza di progetto di Protocollo GIZC predisposta
dal Segretariato, affermando l’urgente necessità di arrestare ed invertire il
continuo processo di degradazione della zona costiera mediterranea.
A seguito dei cinque successivi incontri del Gruppo di lavoro, composto da
esperti tecnico-giuridici nominati dalle Parti contraenti, il Protocollo è stato
approvato in occasione della 15ma riunione delle Parti Contraenti (Almeria Spagna, 15-18 gennaio 2008) e quindi trasmesso, per la sua adozione, alla
Conferenza diplomatica plenipotenziaria (Madrid, 20-21 gennaio 2008), nel cui
ambito il Protocollo è stato aperto alla firma delle Parti.
Fatta eccezione per la Turchia che ha mantenuto le proprie riserve sollevate
durante i negoziati, il Protocollo ha riscontrato un unanime consenso. Delle 22
Parti della Convenzione di Barcellona ben 15, originariamente, tra cui l’Italia,
hanno firmato il Protocollo e sei (Unione Europea , Francia, Spagna, Slovenia,
Albania e Siria) hanno provveduto alla ratifica dello stesso che, come previsto
al suo articolo 39, entra in vigore il trentesimo giorno successivo al deposito
del sesto strumento di ratifica, accettazione, approvazione o adesione.
Si ritiene opportuno ricordare che il contenuto del Protocollo, anche se non
ancora ratificato, ad oggi, dall’Italia, si pone alla stregua delle regole di diritto
comunitario recepite nella decisione dell’Unione Europea di adesione al
Protocollo e, come tale, lo Stato italiano è tenuto al suo rispetto, non in quanto
diritto internazionale, ma in quanto norme comunitarie.
8
1.4 La dimensione del problema: la gestione integrata delle coste e la
regolazione; istituzioni, soggetti e interessi coinvolti
Le
attività
di
pesca ed acquacoltura
non possono
essere
considerate
separatamente da molti altri settori ed attività, che insistono su spazi e
dimensioni territoriali e marini sostanzialmente corrispondenti e tra cui si
determina un oggettivo concorso, spesso tradotto in conflitto. Per altro verso,
pesca, acquacoltura ed attività concorrenti nei medesimi spazi presentano linee
oggettive o tendenziali di complementarietà. Sia il rilevato concorso, sia la
frequente conflittualità, sia la possibile complementarietà hanno connotati
normalmente economici, ma più frequentemente ambientali.
I problemi di complessità e di conflitto che da tutto questo derivano non
possono essere risolti in senso normativo statico, ossia con gli strumenti
classici e formali della legislazione. I caratteri della generalità ed astrattezza
infatti, pur se variamente temperati, non possono corrispondere alla dinamica
di combinazioni, conflittualità e composizioni, che naturalmente discendono
dalla stessa esistenza di molteplici interessi in spazi ristretti e comunque
determinati. Le soluzioni istituzionali ed amministrative, di organizzazione e di
processo, hanno finora rappresentato il campo concettuale e funzionale per
affrontare tali problemi.
Comunque il profilo concettuale, le articolazioni definitorie e le esperienze di
gestione
programmata
ed
integrata
delle
coste
muovono
da
questo
presupposto. Esso però spesso non viene chiaramente percepito e svolto fin
nelle fasi pregiudiziali della progettazione delle politiche e della pur sempre
necessaria legislazione di principio. Proprio questo dato sembra aver finora
limitato il successo di esperienze al riguardo.
E peraltro certo che, nel quadro delle normali istituzioni internazionali, statali o
infrastatali, non è facilmente attuabile l’idea di affidare ad un’unica istituzione o
potere l’effettiva, efficace ed efficiente rappresentazione, amministrazione e
gestione della pluralità degli interessi di cui si tratta. Naturalmente siffatta
ipotesi sarebbe vieppiù astratta qualora si volesse individuare questa autorità
in quella cui compete principalmente la cura di uno solo degli interessi., ad
esempio la pesca, pur se prevalente in un area o fascia costiera determinata e
9
pur in presenza nella storia delle istituzioni comunitarie di una linea evolutiva
non secondaria, che ha visto la trasformazione del Commissario per le attività
di pesca (e della relativa struttura) in Commissario per la pesca e affari
marittimi.
Dunque, resta il bisogno di ricercare un luogo istituzionale e/o un meccanismo
procedurale in cui i diversi interessi in concorso, conflitto e correlazione
possano oggettivamente confrontarsi ed essere ponderati tenendo ovviamente
presenti gli obiettivi indicati in via generale dall’ordinamento. Insomma sembra
essere maturo il tempo per attuare i principi giuridici anche attraverso duttili e
molteplici strumenti e tecniche di “regolazione”.
È da considerare che in Italia oltre al Ministero delle politiche agricole,
alimentari e forestali, numerosi altri Ministeri sono istituzionalmente e
problematicamente coinvolti nelle questioni costiere, anche dopo l’articolazione
delle competenze operata a partire dalle riforme della fine degli anni ‘90:
— il Ministero, ora nuovamente unificato, delle infrastrutture e dei
trasporti, competente per la gestione e le politiche portuali, per
la navigazione, per la sicurezza e per i rapporti internazionali
nonché per il demanio marittimo residuato gestionalmente allo
Stato;
— il Ministero dello sviluppo economico, a cui competono gli indirizzi e
i principali controlli sulle attività industriali in affaccio sulle coste
e sul mare, tra le quali le attività di produzione e di trasporto dei
derivati del petrolio e del gas e gran parte delle attività di
produzione di energia elettrica;
— il Ministero dell’economia e delle finanze, che impersona la
proprietà
demaniale
della
linea
costiera
appartenente
per
definizione allo Stato e che indirizza la complessa e irrisolta
politica dei canoni d’uso degli spazi demaniali marittimi da parte
delle molte imprese operanti per definizione in affaccio sul mare;
— il Ministero della difesa, che ha competenze riguardanti i porti
militari, gli arsenali militari, i fari e i segnalamenti marittimi e le
servitù militari;
10
— il Ministero per i beni e le attività culturali, che conserva
competenze importanti per la tutela del paesaggio costiero e per
la c.d. archeologia marina;
— il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali,
competente per la sanità portuale e per la gestione d’insieme
delle acque di balneazione;
Si ricordi da ultimo, non certo per ordine di importanza, che con la
legge n. 233/2006 il Ministero dell’ambiente e della tutela del
territorio
ha
aggiunto
alla
sua
denominazione
il
“mare”,
alimentando l’ipotesi della costituzione nel suo ambito di una
importante unità amministrativa per il settore e quella della
ridefinizione di una politica, non solo amministrativa, per il
settore stesso.
Indicati i comparti ministeriali sicuramente interessati al tema, ad
essi vanno peraltro aggiunte varie istituzioni pubbliche tra cui:
— ventiquattro autorità portuali, numerose aziende pubbliche e
“corporazioni” pubbliche operanti nei porti;
— autorità e corpi speciali preposti alla vigilanza, alla sicurezza ed
alla
polizia
delle
aree
costiere
e
del
mare
territoriale,
specificamente il Corpo delle Capitanerie di Porto;
—
Agenzia del demanio e Agenzia del territorio;
— istituzioni ed agenzie pubbliche specializzate negli studi geologicogeografici, naturalistici ed ambientali delle aree costiere e nella
previsione-prevenzione degli impatti ambientali di opere ed
interventi
in
vista
della
“regolazione”
di
settore:
Istituto
superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), le
Agenzie regionali per la protezione dell’ambiente (Arpa), Istituto
di ricerca sulle acque (Irsa-Cnr), istituti geografici dello Stato;
— alcune Università, già impegnate nell’approfondimento di aspetti
particolari del tema generale;
— 15 Regioni e 645 Comuni costieri.
11
Sono poi da considerare tra le altre le organizzazioni portatrici di
interessi che hanno preminente presenza sulla fascia costiera,
quali:
— Associazione porti italiani (Assoporti);
— Confederazione italiana armatori (Confitarma);
— Sindacato italiano balneari della Confederazione Generale Italiana
delle Imprese, delle Attività Professionali e del Lavoro Autonomo
(Confcommercio);
— Federazione Italiana Imprese Balneari della Confesercenti;
— Associazione Nazionale delle Cooperative di Pesca - LegaPesca,
Federcoopesca-Confcooperative, Unione nazionale cooperative
italiane della pesca (Unci Pesca), Federpesca, Associazione
Generale Cooperative Italiane - Settore Agro Ittico Alimentare AGCI AGRITAL — Associazione nazionale depositi costieri olii
minerali (Assocostieri);
— Associazione nazionale delle imprese elettriche (Assoelettrica);
— Unione petrolifera;
— Confindustria.
12
1.5 Guida alla lettura del documento
Solitamente le analisi dei testi giuridici di normative si sviluppano attraverso
una analisi sequenziale dei diversi articoli e delle diverse sezioni in cui essi
sono riportati nei testi stessi. Nella analisi presentata in questo documento si è
preferito adottare l’approccio proposto da Rochette e colleghi (Rochette et al.
2012): articoli, sezioni e disposizioni corrispondenti vengono considerate e
analizzate
dopo
essere
state
riunite
in
quattro
gruppi
principali,
che
corrispondono ai quattro ambiti principali che l’approccio di una gestione
integrata della zona costiera va a coprire e influenzare.
-
Il
primo
gruppo
comprende
tutte
le
predisposizioni
relative
all’adeguamento richiesto alle politiche dei settori correlati alla costa e
alla regolazione delle attività costiere (ad esempio il rafforzamento delle
politiche ambientali, l’applicazione di norme più rigorose per l'agricoltura
e/o
l'edilizia,
la
individuazione
di
codici
di
buone
prassi
per
l'acquacoltura, etc);
-
Il secondo gruppo comprende le predisposizioni relative ai processi di
governance,
come
ad
esempio
nuove
forme
di
coordinamento
istituzionale e la promozione della partecipazione pubblica;
-
Il terzo gruppo comprende le predisposizioni relative alla pianificazione
del territorio, quindi l’elaborazione dei piani urbanistici, la pianificazione
spaziale a livello Regionale e marino;
-
Il quarto gruppo comprende le predisposizioni relative alla Cooperazione
Regionale
attraverso
lo
scambio
di
esperienze,
e
le
iniziative
transfrontaliere
Questa metodologia di analisi per gruppi è in parte giustificata dal fatto che le
normative prese in esame in questo documento presentano delle parti molto
eterogenee tra loro così come i loro contenuti, e quindi è possibile che
predisposizioni relative ad un argomento molto simile siano distribuite in più
parti del testo. Questo fatto se da una parte risponde all’esigenza di dettagliare
il più possibile e di non mortificare le istanze di settori anche molto diversi tra
13
loro, dall’altra rende estremamente difficile capire come i portatori di interessi
e le parti coinvolte direttamente nella implementazione ed attuazione della
normativa debbano operare nella quotidianità e possano declinare i principi e
gli obiettivi della normativa in riferimento alle specificità locali e contingenti. In
secondo luogo, questo approccio facilita certamente il confronto tra quanto si è
ritenuto
stimolante
a
scopo
di
analisi
per
confrontare
i
contenuti
prevalentemente teorici delle normative in esame con quanto già disponibile
nella letteratura esistente, in esperienze sul campo ed eventuali esperimenti
pilota.
L’analisi della normativa in materia di gestione integrata della zona costiera
(GIZC) ha interessato: il Protocollo GIZC (Capitolo 2), la Raccomandazione
GIZC (Capitolo 3), la Direttiva Quadro per la Tutela dell’Ambiente Marino
(Capitolo
4)
e
le
due
Comunicazioni
della
Commissione
relative
alla
Pianificazione dello Spazio Marittimo (Capitolo 5). Ogni Capitolo è articolato in
sottocapitoli che raccolgono i risultati dell’analisi per gruppi di cui sopra.
14
2. Il Protocollo GIZC
2.1 Introduzione
I 21 Stati del Mediterraneo e la Comunità Europea hanno adottato il Protocollo
sulla gestione integrata della zona costiera (d’ora innanzi denominato
Protocollo) nell’ambito della Conferenza diplomatica plenipotenziaria tenutasi a
Madrid nei giorni 20 e 21 gennaio 2008. Delle 22 Parti della Convenzione di
Barcellona (convenzione per la protezione dell’ambiente marino e del litorale
del Mediterraneo, adottata a Barcellona il 16 febbraio 1976 e modificata il 10
giugno 1995), 9 (con l’ultima ratifica del Marocco) hanno provveduto alla
ratifica dello stesso che, come previsto al suo articolo 39, entra in vigore il
trentesimo giorno successivo al deposito del sesto strumento di ratifica. Si
ritiene opportuno ricordare che il contenuto del Protocollo, anche se non
ancora ratificato dall’Italia, si pone alla stregua delle regole di diritto
comunitario recepite nella decisione dell’Unione Europea di adesione al
Protocollo e, come tale, lo Stato italiano è tenuto al suo rispetto, non in quanto
diritto internazionale, ma in quanto norma comunitaria. Fondamentale assunto
contenuto nel Protocollo è che la pianificazione e la gestione delle zone costiere
rappresenta lo strumento indispensabile per la conservazione e lo sviluppo
sostenibile, nell’ottica di un approccio integrato a livello dell’intero bacino del
Mediterraneo e dei suoi Stati costieri, tenuto conto della loro diversità.
Il nuovo Protocollo della Convenzione di Barcellona risulta di particolare
importanza per il previsto coordinamento a livello internazionale, comunitario,
nazionale e locale delle preesistenti normative e sfere di competenza, al fine
della predisposizione di una coerente strategia che riguarda la zona costiera
(con una particolare attenzione per le zone umide e gli estuari, i boschi e le
foreste costiere, le dune, le isole). Si riconosce che la pianificazione e la
gestione
delle
zone
costiere
sia
lo
strumento
indispensabile
per
la
conservazione e lo sviluppo sostenibile di tale riconosciuta risorsa ecologica,
economica e sociale insostituibile, nell’ottica di un approccio integrato a livello
dell’intero bacino Mediterraneo e dei suoi Stati costieri, tenuto conto della loro
diversità ed in particolare delle specifiche necessità delle isole in relazione alle
loro caratteristiche geomorfologiche.
15
Per Gestione Integrata delle Zone Costiere (GIZC) si intende un processo
adattativo di gestione delle risorse ai fini di uno sviluppo sostenibile delle zone
costiere, che ha come obiettivo quello di approntare un raccordo trasversale
fra le varie politiche che hanno un’incidenza sulle regioni costiere e che si attua
attraverso la pianificazione e la gestione delle risorse e dello spazio costieri.
A tal fine, si rende necessario il coinvolgimento di tutti i responsabili delle
politiche locali, regionali, nazionali e sopranazionali e più in generale di tutti i
soggetti che con le proprie attività influenzano le regioni costiere, quindi non
solo i funzionari statali ed i responsabili delle politiche nazionali, ma anche, tra
gli altri, le popolazioni locali, le organizzazioni non governative e le imprese.
La GIZC non è solo una politica ambientale. Come ha ben evidenziato anche la
Commissione europea, la tutela degli ecosistemi naturali è indubbiamente uno
degli obiettivi principali della strategia, ma la GIZC si prefigge anche di
promuovere il benessere economico e sociale delle zone costiere e metterle in
condizione di ospitare comunità moderne e dinamiche. Nelle zone costiere,
questi
obiettivi
ambientali
e
socioeconomici
sono
intimamente
e
indissolubilmente legati.
Il Protocollo GIZC, quale accordo internazionale di carattere regionale, contiene
la prima definizione comune giuridicamente vincolante dell’espressione “area
costiera” (vedi infra, commenti all’articolo 3 del Protocollo).
Inoltre, di particolare importanza risultano essere le previsioni relative a:
Il principio giuridicamente vincolante di stabilire una zona di rispetto, dove non
è permesso edificare, applicabile a tutta la zona costiera, prevedendo al
contempo un meccanismo di adeguamento a tale principio;
i rischi che interessano la zona costiera, compresi i rischi derivanti dai probabili
effetti dei cambiamenti climatici in atto e futuri (quali il rischio di esondazione
per risalita del livello del mare; erosione; desertificazione, etc.), al fine di
sviluppare politiche per la prevenzione dei pericoli naturali;
l’adozione di adeguati strumenti e misure di politica del territorio, inclusi i
processi di pianificazione.
L’obiettivo che pertanto si vuole raggiungere con l’adozione del nuovo
Protocollo è di far si che la GIZC diventi gradualmente l'approccio normale per
16
trattare i problemi di gestione del litorale mediterraneo, anche attraverso
l’elaborazione, a livello nazionale e se del caso sub-nazionale, delle legislazioni
pertinenti, creando o rafforzando al contempo le capacità istituzionali.
Legislazioni che, al fine di proteggere una parte importante della zona costiera,
dovranno farne evitare una continua urbanizzazione ed industrializzazione,
anche stabilendo regole relative all'identificazione degli spazi naturali da
proteggere e organizzando la compatibilità degli usi della frangia litoranea.
Inoltre, a livello di regione del Mediterraneo è prevista l’organizzazione di
attività di cooperazione per l’elaborazione di metodologie di pianificazione più
adatte; per svolgere attività di formazione, di scambio d'informazioni e di
trasferimento di conoscenze; per incoraggiare e facilitare la cooperazione con
le istituzioni internazionali suscettibili di sostenere le politiche di gestione delle
regioni costiere.
Il Protocollo si pone, pertanto, quale fondamentale strumento giuridico per
garantire un futuro sostenibile dell’area costiera mediterranea, attraverso una
razionale pianificazione, un razionale uso delle risorse naturali compresa la
risorsa idrica, la riconciliazione dello sviluppo economico con il rispetto
dell’ambiente. Costituisce, perciò, un importante precedente per le Parti
Contraenti, fornendo una definizione di zona costiera e di gestione integrata di
zona costiera; introducendo aspetti di governance con l’obiettivo di garantire
coerenza tra le iniziative pubbliche e quelle private e tra i processi decisionali
delle autorità centrali, regionali e locali.
E’ inoltre importante rilevare che Il Protocollo GIZC, oltre ad essere
strettamente connesso con gli altri Protocolli della Convenzione di Barcellona
(soprattutto con i Protocolli LBS1, Dumping2 e SPA/BD3), concerne le stesse
tematiche trattate nella Raccomandazione europea GIZC4 e presenta ulteriori
interconnessioni con altri strumenti comunitari, in particolare con la Direttiva
1
Protocol for the Protection of the Mediterranean Sea against Pollution from Land-Based Sources
Protocol for the Prevention and Elimination of Pollution of the Mediterranean Sea by Dumping from Ships and
Aircraft or Incineration at Sea.
3
Protocol Concerning Specially Protected Areas and Biological Diversity in the Mediterranean.
4
Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio del 30 maggio 2002 relativa all’attuazione della gestione
integrata delle zone costiere in Europa (2002/413/CE) – Gazzetta ufficiale n. L 148 del 6/6/2002, pag. 24.
2
17
quadro sulle acque (2000/60/EC) 5 , la Direttiva quadro sulla strategia per
l’ambiente marino 2008/56/CE6, il Green Paper7 pubblicato dalla Commissione
Europea nel giugno 2006 e il successivo “Libro Blu 8 ” del giugno 2007, la
Comunicazione del 10 ottobre 2007, relativa a una politica marittima integrata
per l'Unione europea COM(2007) 575, la Comunicazione della Commissione al
Consiglio e al Parlamento europeo relativa ad “Una politica marittima integrata
per una migliore governance nel Mediterraneo” (COM/09/466 del 11 settembre
2009).
In particolare, anche con riferimento alla Raccomandazione del 30 maggio
2002 relativa all’attuazione della gestione integrata delle zone costiere in
Europa, l’Unione Europea ha depositato, contestualmente alla firma del
Protocollo, una dichiarazione in cui si riconosce che gli Stati Membri dell’Unione
Europea svolgeranno un ruolo guida nell’implementazione di molti obblighi
contenuti nel Protocollo, in linea con il principio di sussidiarietà.
Si fa, quindi, presente che, anche grazie al lavoro portato avanti dalla
delegazione italiana, il testo del Protocollo risulta sia coerente con il quadro di
iniziative
previste
dall’Unione
Europea,
in
particolare
con
la
citata
Raccomandazione UE del 2002 sulla gestione integrata delle zone costiere in
Europa (2002/413/CE), sia compatibile con i principi generali dell'ordinamento
e con la legislazione statale, con specifico riferimento agli aspetti più
direttamente attinenti alla protezione ambientale e alla salvaguardia delle
coste.
La Premessa - nell’affermare l’impegno di arrestare e di invertire il processo di
degradazione della zona costiera, quest’ultima da considerarsi quale patrimonio
naturale
e
culturale
comune
dei
popoli
del
Mediterraneo;
di
ridurre
significativamente la perdita della biodiversità degli ecosistemi costieri e di
adottare misure sostenibili che riducano l'effetto negativo dei fenomeni naturali
5
Direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, che istituisce un quadro per
l'azione comunitaria in materia di acque - Gazzetta ufficiale n. L 327 del 22/12/2000
6
Direttiva 2008/56/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 giugno 2008 che istituisce un quadro per l’azione
comunitaria nel campo della politica per l’ambiente marino (direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino) –
GU UE L 164 del 25/6/2008.
7
Libro verde della Commissione - Verso la futura politica marittima dell'Unione: oceani e mari nella visione europea.
[COM(2006) 275 def.- Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale].
8
The Blue Book - An Integrated Maritime Policy for the European Union (COM(2007) 575).
18
e dei rischi dovuti ai cambiamenti climatici - sostiene la necessità di adottare
uno specifico approccio integrato nella pianificazione e gestione delle zone
costiere, a livello dell’intero bacino Mediterraneo e dei suoi Stati costieri.
Pertanto, al fine di promuovere una efficiente governance e ai fini della
gestione integrata della zona costiera, si evidenzia la determinazione a
incentivare apposite iniziative nazionali, regionali e locali mediante una
coordinata attività di promozione, cooperazione ed associazione con i vari
attori interessati.
A tal fine si rende necessario il coinvolgimento di tutti i responsabili delle
politiche locali, regionali, nazionali e sopranazionali e più in generale di tutti i
soggetti che con le proprie attività influenzano le scelte e le politiche delle
regioni costiere.
Il Protocollo GIZC, stabilisce, tra le altre, le seguenti previsioni:
-
Il principio giuridicamente vincolante di stabilire una zona di rispetto,
dove non è permesso edificare, applicabile a tutta la zona costiera, prevedendo
al contempo un meccanismo di adeguamento a tale principio;
-
L’adozione di adeguati strumenti e misure di politica del territorio, inclusi
i processi di pianificazione.
Sostanzialmente, l’obiettivo prefissato è che la GIZC diventi gradualmente
l'approccio
normale
per
trattare
i
problemi
di
gestione
del
litorale
mediterraneo. Si può ragionevolmente affermare le attività di pesca ed
acquacoltura non possono essere considerate separatamente da molti altri
settori ed attività che insistono su spazi e dimensioni territoriali e marini
sostanzialmente corrispondenti. Per tale motivo, per l’impatto del Protocollo
sulle attività del Ministero e, quindi, sui rapporti di complementarietà e
conflittualità che nascono con altri Ministeri portatori di diversi interessi,
sempre toccati dalle norme ivi citate del Protocollo, è necessario analizzare
dettagliatamente il contenuto, analizzando gli articoli di maggiore interesse.
La base giuridica del Protocollo è costituita dalla Convenzione per la Protezione
dell’Ambiente Marino e della Regione Costiera del Mediterraneo del 1976-1995,
con riferimento anche ai seguenti strumenti giuridici internazionali che
riguardano la tutela del mare e della biodiversità nel quadro delle Nazioni
19
Unite: la Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare del 1982, la
Convenzione relativa alle Zone umide d’importanza Internazionale soprattutto
come Habitat degli Uccelli acquatici del 1971; la Convenzione sulla Diversità
Biologica del 1992; nonché la Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui
Cambiamenti Climatici, del 1992. Anche se non espressamente prevista dal
Protocollo, poiché non tutte le Parti del c.d. Sistema di Barcellona sono anche
Parti della Convenzione Europea del Paesaggio, si ritiene opportuno fare altresì
riferimento alla suddetta Convenzione, sottoscritta dallo Stato Italiano nel
2000 e ratificata con la legge n.14/2006.
Il testo del Protocollo sulla gestione integrata delle zone costiere del
Mediterraneo è suddiviso in sette parti (come da 4.2.2009 IT Gazzetta ufficiale
dell’Unione europea L 34/19):
PARTE I DISPOSIZIONI GENERALI
Articolo 1 Obblighi generali
Articolo 2 Definizioni
Articolo 3 Ambito di applicazione geografico
Articolo 4 Riserva di diritti
Articolo 5 Obiettivi della gestione integrata delle zone costiere
Articolo 6 Principi generali della gestione integrata delle zone costiere
Articolo 7 Coordinamento
PARTE II ELEMENTI DELLA GESTIONE INTEGRATA DELLE ZONE COSTIERE
Articolo 8 Protezione e uso sostenibile delle zone costiere
Articolo 9 Attività economiche
Articolo 10 Ecosistemi costieri particolari
Articolo 11 Paesaggi costieri
Articolo 12 Isole
Articolo 13 Patrimonio culturale
Articolo 14 Partecipazione
Articolo 15 Sensibilizzazione, formazione, istruzione e ricerca
PARTE III STRUMENTI PER LA GESTIONE INTEGRATA DELLE ZONE COSTIERE
Articolo 16 Meccanismi e reti di monitoraggio e osservazione
Articolo 17 Strategia mediterranea per la gestione integrata delle zone costiere
Articolo 18 Strategie, piani e programmi nazionali per le zone costiere
Articolo 19 Valutazione ambientale
Articolo 20 Politica fondiaria
Articolo 21 Strumenti economici, finanziari e fiscali
20
PARTE IV RISCHI CHE INTERESSANO LE ZONE COSTIERE
Articolo 22 Rischi naturali
Articolo 23 Erosione costiera
Articolo 24 Risposta ai disastri naturali
PARTE V COOPERAZIONE INTERNAZIONALE
Articolo 25 Formazione e ricerca
Articolo 26 Assistenza scientifica e tecnica
Articolo 27 Scambio di informazioni e attività di interesse comune
Articolo 28 Cooperazione transfrontaliera
Articolo 29 Valutazione ambientale transfrontaliera
PARTE VI DISPOSIZIONI ISTITUZIONALI
Articolo 30 Punti di contatto
Articolo 31 Relazioni
Articolo 32 Coordinamento istituzionale
Articolo 33 Riunioni delle parti
PARTE VII DISPOSIZIONI FINALI
Articolo 34 Relazioni con la convenzione
Articolo 35 Relazioni con i terzi
Articolo 36 Firma
Articolo 37 Ratifica, accettazione o approvazione
Articolo 38 Adesione
Articolo 39 Entrata in vigore
Articolo 40 Testi facenti fede
21
L’articolo 3 individua l’ambito geografico di applicazione del Protocollo nell’area
del Mare Mediterraneo, e in particolare nella zona costiera che ha come
delimitazione a mare il limite esterno delle acque territoriali delle Parti e come
delimitazione a terra il confine degli ambiti costieri di riferimento come definiti
dalle Parti, salva la possibilità, prevista al comma 2, di stabilire limiti differenti
con una dichiarazione che, in questo caso, dovrà essere trasmessa al
Depositario.
Articolo 3 Ambito di applicazione geografico
1. L’ambito di applicazione del protocollo è costituito dalla zona del mar
Mediterraneo quale definita all’articolo 1 della convenzione. Tale zona è inoltre
definita:
a) dal limite marittimo della zona costiera, costituito dal limite esterno del
mare territoriale delle parti; e
b) dal limite terrestre della zona costiera, costituito dal limite delle unità
costiere competenti definite dalle parti.
2. Qualora, entro i limiti della propria sovranità, una parte stabilisca limiti
diversi da quelli previsti al paragrafo 1 del presente articolo, all’atto del
deposito dello strumento di ratifica, accettazione, approvazione o adesione al
presente protocollo o in qualsiasi altro momento successivo essa trasmette
una dichiarazione al depositario nel caso in cui:
a) il limite marittimo sia inferiore al limite esterno del mare territoriale;
b) il limite terrestre sia diverso (superiore o inferiore) dai limiti del territorio
delle unità costiere quali definite in precedenza, al fine di applicare, tra gli
altri, l’approccio ecosistemico e i criteri economico-sociali e di considerare le
esigenze specifiche delle regioni insulari connesse alle loro caratteristiche
geomorfologiche e di tenere conto degli effetti negativi dei cambiamenti
climatici.
3. Le parti adottano o promuovono, al livello istituzionale adeguato, le azioni
necessarie per informare le popolazioni e le altre parti interessate circa
l’ambito di applicazione geografico del presente protocollo.
L’articolo 4 sulla riserva di diritti riporta la clausola di stile contenuta anche in
altri Protocolli, secondo cui ““nessuna disposizione del presente Protocollo, né
alcun atto adottato sulla base del medesimo, può pregiudicare i diritti, le
rivendicazioni o le posizioni giuridiche presenti o future delle Parti relative al
diritto del mare, in particolare la natura e l'estensione delle zone marine, la
delimitazione di tali zone tra gli Stati adiacenti o frontalieri, il diritto e le
modalità di passaggio attraverso gli stretti utilizzati per la navigazione
internazionale ed il diritto di passaggio innocente nel mare territoriale, nonché
la natura e l'estensione della giurisdizione dello Stato costiero, dello Stato di
bandiera e dello Stato di approdo”.
22
Ai sensi del comma 2 nessun atto o attività intrapresa in base al Protocollo
potrà costituire motivo per sollevare, sostenere o contestare rivendicazioni alla
sovranità o alla giurisdizione nazionale. Al comma 3 sono fatte salve le
disposizioni più rigorose sulla protezione e la gestione della zona costiera
contenute in altri strumenti giuridici o programmi nazionali o internazionali,
esistenti o futuri. Al comma 4 è previsto che quanto disposto dal Protocollo non
pregiudicherà le attività e le strutture destinate alla sicurezza e alla difesa
nazionale, le quali però dovranno, nei limiti di quanto sia ragionevole e
attuabile, essere realizzate o stabilite conformemente al Protocollo. Tale ultima
previsione presuppone pertanto un adeguamento dell’ordinamento interno, nei
limiti summenzionati, al fine di recepire i principi GIZC a cui uniformare la
normativa relativa alle attività e alle strutture destinate alla sicurezza e alla
difesa nazionale.
Articolo 4 Riserva di diritti
1. Nessuna disposizione del presente protocollo, né alcun atto
adottato sulla base del medesimo, può pregiudicare i diritti, le
rivendicazioni o le posizioni giuridiche presenti o future delle
parti relative al diritto del mare, in particolare la natura e
l’estensione delle zone marine, la delimitazione delle zone marine
tra gli Stati aventi coste opposte o adiacenti, il diritto e le
modalità di passaggio negli stretti utilizzati per la navigazione
internazionale e il diritto di passaggio inoffensivo nei mari
territoriali, nonché la natura e l’estensione della giurisdizione
dello Stato costiero, dello Stato di bandiera o dello Stato di
approdo.
2. Nessun atto o attività realizzata sulla base del presente
protocollo può costituire un motivo per far valere, sostenere o
contestare una rivendicazione di sovranità o giurisdizione
nazionale.
3. Le disposizioni del presente protocollo si applicano fatte salve
le disposizioni più rigorose in materia di tutela e gestione delle
zone costiere contenute in altri strumenti e programmi nazionali
o internazionali, esistenti o futuri.
4. Nessuna disposizione del presente protocollo pregiudica le
attività e le installazioni deputate alla sicurezza e alla difesa
nazionale; tuttavia le parti convengono che tali attività e
installazioni siano gestite o stabilite, per quanto ragionevole e
possibile, in modo conforme al presente protocollo.
23
2.2 Predisposizioni del Protocollo GIZC relative all’adeguamento richiesto alle
politiche dei settori correlati alla costa e alla regolazione delle attività costiere
Nel protocollo si richiede esplicitamente che la GIZC implementata nei Paesi
garantisca una valutazione ed integrazione delle attività e degli usi degli
ecosistemi e dei paesaggi costieri al fine di andare oltre l'approccio settoriale e
assicurare alle generazioni future la possibilità di beneficiare delle risorse ivi
presenti e dei relativi servizi ecosistemici. Gli strumenti che vengono indicati
sono politiche dei settori correlati alla costa che tengano in considerazione la
sua diversità e la sua fragilità, e una regolazione delle attività costiere che ne
mitighi l’impatto sulle componenti marine e terrestri. Strumenti che siano
quindi efficaci nel guidare lo sviluppo sostenibile, idonei ad integrare gli usi in
conflitto, e capaci di prevedere, ed eventualmente risolvere, le interrelazioni
tra i processi fisici e le attività umane.
Negli articoli 5 e 8, il Protocollo dispone di preservare il patrimonio naturale e il
patrimonio culturale dei territori costieri.
Articolo 5 Obiettivi della gestione integrata delle zone costiere
La gestione integrata delle zone costiere è finalizzata ai seguenti obiettivi:
a) agevolare lo sviluppo sostenibile delle zone costiere attraverso una
pianificazione razionale delle attività, in modo da conciliare lo sviluppo
economico, sociale e culturale con il rispetto dell’ambiente e dei paesaggi;
b) preservare le zone costiere a vantaggio delle generazioni presenti e future;
c) garantire l’utilizzo sostenibile delle risorse naturali, e in particolare delle
risorse idriche;
d) assicurare la conservazione dell’integrità degli ecosistemi, dei paesaggi e
della geomorfologia del litorale;
e) prevenire e/o ridurre gli effetti dei rischi naturali e in particolare dei
cambiamenti climatici, che possono essere provocati da attività naturali o
umane;
f) conseguire la coerenza tra iniziative pubbliche e private e tra tutte le
decisioni adottate da pubbliche autorità, a livello nazionale, regionale e locale,
che hanno effetti sull’utilizzo delle zone costiere.
L’articolo 5 in particolare individua gli obiettivi della GIZC, richiamando alla
necessità che, con riferimento ai benefici dei servizi ecosistemici e alla
disponibilità delle risorse costiere, le generazioni future abbiano le stesse
opportunità delle generazioni presenti. Vi è quindi la richiesta a che politiche di
settore pianifichino e regolino le attività umane prossime alla costa, facendo
forte riferimento ad una sostenibilità economica, sociale ed ambientale.
24
L’auspicata coerenza tra le iniziative pubbliche e le iniziative private, così come
tra le politiche adottate dalle amministrazioni pubbliche (nazionali, regionali e
locali), è qui indicato come elemento necessario per preservare l’integrità a
lungo termine di risorse ed ecosistemi utilizzati e sfruttati nell’immediato.
L’articolo
8,
sicuramente
tra
i
più
importanti,
contiene
il
principio
giuridicamente vincolante di una zona di rispetto per la protezione e l’uso
sostenibile delle zone costiere, a fronte peraltro di adeguati elementi di
flessibilità che tengono nella dovuta considerazione le diverse caratteristiche
geomorfologiche della costa e le specifiche necessità di ogni Parte.
Articolo 8 Protezione e uso sostenibile delle zone costiere
1. In conformità degli obiettivi e dei principi enunciati agli articoli 5 e 6 del
presente protocollo, le parti si adoperano per garantire l’uso e la gestione
sostenibili delle zone costiere, al fine di preservare gli habitat naturali, i
paesaggi, le risorse naturali e gli ecosistemi costieri, nel rispetto degli
strumenti giuridici regionali e internazionali.
2. A tal fine, le parti:
a) istituiscono nelle aree costiere, a partire dal livello superiore di marea
invernale, una zona dove non è permesso edificare. Tenuto conto, tra l’altro,
delle aree direttamente e negativamente interessate dai cambiamenti climatici
e dai rischi naturali, la zona in questione non può avere larghezza inferiore a
100 metri, fatte salve le disposizioni di cui alla seguente
lettera b). Sono fatti salvi i provvedimenti nazionali che fissano tale misura in
modo più rigoroso;
b) possono adeguare, nel rispetto degli obiettivi e dei principi del presente
protocollo, le disposizioni summenzionate:
1) per i progetti di pubblico interesse;
2) nelle aree caratterizzate da particolari limiti geografici o ad altri vincoli
locali, connessi in particolare alla densità
di popolazione o a necessità sociali, in cui gli interventi individuali di edilizia
abitativa, urbanizzazione o sviluppo sono disciplinati da strumenti giuridici
nazionali;
c) notificano all’organizzazione i rispettivi strumenti giuridici nazionali recanti i
succitati adeguamenti.
3. Le parti si sforzano altresì di garantire che nei loro strumenti giuridici
nazionali siano integrati criteri per l’utilizzo sostenibile delle zone costiere. Tali
criteri, tenuto conto delle specifiche condizioni locali, comprendono in
particolare i seguenti aspetti:
a) l’individuazione e la delimitazione, al di fuori delle aree protette, di aree
libere in cui lo sviluppo urbano ed altre attività siano soggetti a restrizioni o,
se necessario, vietati;
b) la limitazione dell’estensione lineare dello sviluppo urbano e la creazione di
nuove infrastrutture di trasporto lungo la costa;
c) l’integrazione delle esigenze di tutela ambientale nelle regole di gestione e
di utilizzo del demanio marittimo pubblico;
d) il libero accesso del pubblico al mare e lungo la riva;
e) la limitazione e, se necessario, il divieto di circolazione e di parcheggio di
veicoli terrestri nonché di navigazione e di ancoraggio delle unità navali in
zone naturali terrestri o marine vulnerabili, comprese le spiagge e le dune.
25
Nel testo è infatti previsto un obbligo in capo alle Parti contraenti di stabilire
nelle aree costiere una zona, che non può essere inferiore a 100 metri, dove
non è permesso edificare. E’ fatta salva la possibilità di potere adeguare, nel
rispetto degli obiettivi e dei principi del Protocollo, tale previsione sia nel caso
di progetti di pubblico interesse, sia in aree caratterizzate da particolari limiti
geografici o altri vincoli locali, legati in particolar modo alla densità di
popolazione o a necessità sociali, in cui la possibilità di edificare case sparse,
l’urbanizzazione o lo sviluppo siano previsti da strumenti giuridici nazionali. Le
eventuali misure nazionali che stabiliscono tali adeguamenti devono essere
comunicate all’Organizzazione.
Al comma 3 si invitano le Parti ad includere, tra gli strumenti giuridici nazionali,
criteri per l’uso sostenibile della zona costiera, tra cui, tenuto conto delle
specifiche condizioni locali, a) l’individuazione e la delimitazione, al di fuori
delle aree protette, di aree libere in cui lo sviluppo urbano ed altre attività
siano limitati o proibiti; b) la limitazione dell'estensione lineare dello sviluppo
urbano e della creazione di nuove infrastrutture di trasporto lungo la costa; c)
l’integrazione degli aspetti ambientali nelle norme sul demanio marittimo; d) il
libero accesso al mare; e) la restrizione ovvero il divieto, nelle aree naturali
fragili terrestri o marine, di circolazione e di parcheggio di veicoli terrestri,
nonché di navigazione e ancoraggio delle unità navali.
Per quanto riguarda l’ordinamento italiano, la fascia di rispetto sottoposta a
vincolo paesaggistico è prevista dal Decreto Legislativo 22 gennaio 2004 n. 42.
– “Codice dei beni culturali e del paesaggio”, ai sensi dell'articolo 10 della legge
6 luglio 2002, n. 137, come corretto e integrato dal Decreto Legislativo 24
marzo 2006 n. 157. La larghezza di tale fascia di rispetto è di 300 metri dalla
linea di battigia, anche per i terreni elevati sul mare. Alcune Regioni hanno
adottato delle fasce di rispetto ancora più estese. Ad esempio, la Regione
Sardegna ha previsto una fascia di 2000 metri dalla linea di costa (Piano
paesaggistico regionale LR 25 novembre 2004, n 8, allegato alla Delibera G.R.
n. 36/7 del 5 settembre 2006 in cui è previsto il divieto di edificazione, pur
consentendo interventi nei centri abitati esistenti).
26
Ad eccezione delle aree classificate a “tutela integrale”, sono qui consentite
solo opere destinate a piccoli attracchi, alle attrezzature balneari ed ai
campeggi e loro servizi. Non possono comunque essere opere murarie. Nelle
zone umide, inoltre, è fatto divieto di qualunque tipo di costruzione, tranne
quelle per il mantenimento dello stato dei luoghi, dell’equilibrio ambientale e di
protezione
di
fauna
e
flora.
In
generale,
nella
zona
di
rispetto
l'Amministrazione competente può comunque autorizzare la costruzione di
edifici e strutture, imponendo prescrizioni dirette a garantire la compatibilità
paesistico ambientale delle opere da realizzare con i valori dell'area tutelata.
I principi generali a cui si deve attenere la gestione integrata della zone
costiere
sono
quelli
previsti
all’articolo
6,
con
particolare
riferimento
all’Approccio Ecosistemico alla pianificazione e alla regolazione delle attività
umane prossime alla costa, in modo da assicurarne lo sviluppo sostenibile. La
Politica comune della pesca (PCP) ha usato come riferimento l’Approccio
Ecosistemico già dal 2002. Esso è inoltre uno degli elementi fondamentali della
proposta per un nuovo regolamento di base per il settore (2011) in quanto
l’approccio ecosistemico alla gestione della pesca è in grado di garantire che i
benefici provenienti dall’uso di risorse acquatiche viventi siano elevati,
mantenendo però ridotti gli impatti delle operazioni di pesca sugli ecosistemi
marini, e comunque ad un livello tale da non compromettere il loro
funzionamento futuro, la diversità che li caratterizza e la loro integrità. Si
ritiene opportuno che, nell’adattamento del Protocollo GIZC all’ordinamento
italiano, sia considerata, tra i principi generali a cui si deve attenere la gestione
integrata della zone costiere, anche la valorizzazione del paesaggio e del
patrimonio culturale, tenendo conto dei principi espressi nel Codice Mondiale di
Etica del Turismo. Pertanto, si rinviene, in questo articolo, una serie di
disposizioni che impongono una partecipazione di diversi soggetti istituzionali.
È importante evidenziare anche come l’articolo 6 richiede di provvedere ad un
“adeguato ripristino dell’ambiente costiero” qualora si verificassero dei danni a
conferma che la protezione dell’ambiente è fondamentale per il protocollo,
costituendo così un forte riferimento di integrazione orizzontale (vedi oltre) tra
27
le attività che insistono sulla costa ed in particolare su quelle a vocazione
prettamente marino-costiera quale è quella degli imprenditori ittici.
Articolo 6 Principi generali della gestione integrata delle zone costiere
Nell’attuazione del presente protocollo, le parti si attengono ai principi di
gestione integrata delle zone costiere di seguito enunciati.
a) Occorre prendere in particolare considerazione il patrimonio biologico e le
dinamiche e il funzionamento naturali della zona intercotidale, nonché la
complementarità e l’interdipendenza della parte marina e di quella terrestre,
che costituiscono un’unica entità.
b) Occorre tener conto in maniera integrata di tutti gli elementi connessi ai
sistemi idrologici, geomorfologici, climatici, ecologici, socioeconomici e
culturali, in modo da non superare la capacità di carico delle zone costiere e
da prevenire gli effetti negativi dei disastri naturali e dello sviluppo.
c) Occorre applicare l’approccio ecosistemico alla pianificazione e alla gestione
delle zone costiere, in modo da assicurarne lo sviluppo sostenibile.
d) Occorre garantire una governance appropriata, che consenta alle
popolazioni locali e ai soggetti della società civile interessati dalle zone
costiere una partecipazione adeguata e tempestiva nell’ambito di un processo
decisionale trasparente.
e) Occorre garantire un coordinamento istituzionale intersettoriale dei vari
servizi amministrativi e autorità regionali e locali competenti per le zone
costiere.
f) Occorre elaborare strategie, piani e programmi per l’utilizzo del territorio
che tengano conto dello sviluppo urbano e delle attività socioeconomiche,
nonché altre politiche settoriali pertinenti.
g) Occorre tener conto della molteplicità e della diversità delle attività nelle
zone costiere e dare priorità, ove necessario, ai servizi pubblici e alle attività
che richiedono, in termini di uso e di ubicazione, l’immediata vicinanza al
mare.
h) Occorre garantire una distribuzione bilanciata degli usi sull’intera zona
costiera, evitando la concentrazione non necessaria e una sovraccrescita
urbana.
i) Occorre effettuare valutazioni preliminari dei rischi associati alle varie
attività umane e infrastrutture, in modo da prevenirne e ridurne gli impatti
negativi sulle zone costiere.
j) Occorre prevenire i danni all’ambiente costiero e, qualora essi si verifichino,
provvedere a un adeguato ripristino.
Questo fatto, oltre ad avere effetti diretti sulla regolazione delle attività di
Pesca
e
Acquacoltura,
costituisce
anche
un
elemento
utile
a
guidare
l’integrazione con altri settori lì dove questi dovessero avere effetti ed impatti
sulla capacità del sistema ecologico costiero di rimanere integro, in grado di
autosostenersi e quindi di fornire quelle risorse alieutiche (in termini di
quantità e diversità) oggetto delle attività di pesca e di acquacoltura.
All’articolo 13 si richiede quindi l’adozione di misure idonee alla conservazione
e tutela del patrimonio culturale delle zone costiere, incluso il patrimonio
culturale subacqueo. In particolare, al comma 2 si richiede che sia considerata
28
come opzione prioritaria la tutela in situ del patrimonio culturale; al comma 3
che gli elementi del patrimonio culturale subacqueo delle zone costiere rimossi
dall'ambiente marino siano conservati e gestiti in modo da salvaguardare la
loro preservazione nel lungo termine e non siano commercializzati, venduti,
comprati o scambiati come beni commerciali.
Articolo 13 Patrimonio culturale
1. In conformità degli strumenti nazionali e internazionali applicabili, le parti
adottano, individualmente o collettivamente, tutte le misure atte a preservare
e a tutelare il patrimonio culturale, in particolare archeologico e storico, delle
zone costiere, compreso il patrimonio culturale subacqueo.
2. Le parti assicurano che la conservazione in situ del patrimonio culturale
delle zone costiere sia considerata l’opzione prioritaria prima di procedere a
qualsiasi intervento sul patrimonio.
3. Le parti assicurano in particolare che gli elementi del patrimonio culturale
subacqueo delle zone costiere prelevati dall’ambiente marino siano conservati
e gestiti in modo da garantirne la conservazione a lungo termine e non
formino oggetto di vendita, acquisto o baratto come beni commerciali.
In materia ricordiamo la Convenzione UNESCO sul patrimonio culturale
subacqueo, approvata dalla 31ma Conferenza Generale UNESCO il 2 novembre
2001, anche grazie al rilevante contributo dell’Italia, che l’ha ratificata con
Legge n. 157 del 23 ottobre 2009. Tale Convenzione - qui richiamata nel suo
contenuto - ha come obiettivo la salvaguardia del patrimonio culturale delle
antiche civiltà del Mediterraneo, affinché, tra l’altro, non sia depredato il ricco
patrimonio culturale sottomarino presente nei nostri mari. La Convenzione,
inoltre, è richiamata in due leggi statali e precisamente all’art. 94 del codice
dei beni culturali e del paesaggio e all’art. 2 della legge n. 61/2006 sulla
istituzione di zone di protezione ecologica.
L’articolo 2 contiene le definizioni, in particolare quelle relative al termine
“Zona costiera” con cui si intende “l’area geomorfologica, situata ai due lati
della spiaggia, in cui l’interazione tra la componente marina e quella terrestre
si manifesta in forma di sistemi ecologici e di risorse complessi, costituiti da
componenti biotiche e abiotiche che coesistono e interagiscono con le comunità
antropiche e le relative attività socio-economiche9”.
9
Considerato quanto disposto dallo stesso Protocollo nel suo complesso, si specifica che le attività socioeconomiche comprendono altresì le attività culturali, che si riferiscono al patrimonio culturale (materiale e
29
Articolo 2 Definizioni
Ai fini del presente protocollo si intende per:
a) «parti»: le parti contraenti del presente protocollo;
b) «convenzione»: la convenzione per la protezione dell’ambiente marino e
del litorale del Mediterraneo, adottata a Barcellona il 16 febbraio 1976 e
modificata il 10 giugno 1995;
c) «organizzazione»: l’organismo di cui all’articolo 17 della convenzione;
d) «centro»: il centro di attività regionali per il programma di azioni
prioritarie;
e) «zona costiera»: l’area geomorfologica situata ai due lati della spiaggia, in
cui l’interazione tra la componente marina e quella terrestre si manifesta in
forma di sistemi ecologici e di risorse complessi costituiti da componenti
biotiche e abiotiche che coesistono e interagiscono con le comunità antropiche
e le relative attività socioeconomiche;
f) «gestione integrata delle zone costiere»: un processo dinamico per la
gestione e l’uso sostenibili delle zone costiere, che tiene conto nel contempo
della fragilità degli ecosistemi e dei paesaggi costieri, della diversità delle
attività e degli utilizzi, delle loro interazioni, della vocazione marittima di
alcuni di essi e del loro impatto sulle componenti marine e terrestri.
L’altra definizione particolarmente importante contenuta nell’articolo 2 è quella
relativa alla «gestione integrata delle zone costiere», per la quale vale la pena
evidenziare alcuni elementi importanti come la caratteristica di dinamicità del
processo di gestione, il riferimento alla fragilità dei paesaggi costieri (e non
solo degli ecosistemi costieri), e dell’indicazione a tenere conto, oltre che della
diversità delle attività e degli utilizzi (e loro interazioni), della vocazione
marittima
di
alcuni
di
essi.
Questo
esplicito
richiamo
alla
“vocazione
marittima”, di alcune attività umane prossime alla costa e usi delle risorse
costiere, esprime in modo chiaro come attività produttive quali Pesca e
Acquacoltura debbano essere oggetto di considerazioni particolari nel processo
di implementazione della gestione integrata della zona costiera in virtù di un
ruolo di per sé chiave nelle dinamiche, da quelle ecologiche a quelle produttive,
legate alla costa. La disposizione che l’adeguamento delle politiche dei settori
correlati alla costa e la regolazione delle attività costiere debbano assicurare la
conservazione dell’integrità dei paesaggi costieri, è richiamata in diverse parti
del protocollo (es. articolo 5 e articolo 8), ma viene espressamente enunciata
all’articolo 11.
immateriale), in considerazione dello stretto legame esistente tra risorse economiche e cultura locale delle
popolazioni.
30
Articolo 11 Paesaggi costieri
1. Le parti, riconoscendo il valore estetico, naturale e culturale specifico dei
paesaggi costieri, a prescindere dalla loro classificazione come aree protette,
adottano misure volte a garantire la protezione dei paesaggi costieri
attraverso interventi di legislazione, pianificazione e gestione.
2. Le parti si impegnano a promuovere la cooperazione regionale e
internazionale in materia di tutela paesaggistica e segnatamente l’attuazione,
ove opportuno, di azioni congiunte per i paesaggi costieri transfrontalieri.
Esso prevede, infatti, la protezione dei paesaggi costieri - considerati nel loro
valore
estetico,
naturale
e
culturale
-
attraverso
la
legislazione,
la
pianificazione e la gestione, nonché attraverso la cooperazione regionale ed
internazionale, in particolare con l’implementazione di azioni comuni per i
paesaggi
costieri
sostanzialmente
transfrontalieri.
Con
tale
ad altri trattati internazionali,
articolo
in
–
che
particolar
rimanda
modo
alla
Convenzione Europea del Paesaggio - si è riconosciuto che i paesaggi costieri
rappresentano l’attrazione principale del Mediterraneo e che la loro tutela,
attraverso adeguate misure legislative, gestionali e progettuali, deve rientrare
tra le priorità delle strategie di salvaguardia ambientale. Per quanto riguarda
l’Italia, si ricorda che con Legge 9 gennaio 2006 n. 14, si è provveduto alla
ratifica ed esecuzione della Convenzione europea sul paesaggio, fatta a Firenze
il 20 ottobre 2000. Pertanto, già con tale Convenzione l’Italia, insieme agli
Stati membri del Consiglio d'Europa, ha inteso promuovere la salvaguardia, la
gestione e la pianificazione del paesaggio, inteso come
parte del territorio,
così come è percepito dalla popolazione, il cui carattere deriva dall'azione di
fattori naturali e/o umani e delle loro interrelazioni. Il campo di applicazione
della Convenzione comprende i paesaggi terrestri, le acque interne e marine e
riguarda gli spazi naturali, rurali, urbani e periurbani. Tra le misure specifiche
che ogni Stato membro deve adottare, vi rientrano anche quelle tese ad
integrare il paesaggio nelle politiche di pianificazione del territorio, urbanistiche
e nelle politiche dei settori culturale, ambientale, sociale, economico e
certamente del settore Pesca e Acquacoltura.
Con l’art. 10 si intendono preservare le caratteristiche di quegli ecosistemi
costieri che si considerano particolari in quanto fragili e che come tali
richiedono l’adozione di misure specifiche.
31
Articolo 10 Ecosistemi costieri particolari
Le parti adottano misure volte a preservare le caratteristiche di alcuni
ecosistemi costieri particolari secondo le seguenti modalità.
1. Zone umide ed estuari Oltre a istituire zone protette intese a evitare la
scomparsa di zone umide ed estuari, le parti:
a) nell’ambito delle strategie, dei piani e dei programmi nazionali per le zone
costiere e all’atto del rilascio delle autorizzazioni, tengono conto della funzione
ambientale, economica e sociale delle zone umide e degli estuari;
b) adottano opportune misure volte a disciplinare o, se necessario, a vietare
l’esercizio di attività che possono avere effetti negativi sulle zone umide e
sugli estuari;
c) procedono, per quanto possibile, al ripristino delle zone umide costiere
degradate, al fine di ripristinare il loro ruolo positivo nei processi ambientali
costieri.
2. Habitat marini
Le parti, riconoscendo la necessità di proteggere le zone marine che ospitano
habitat e specie di elevato valore in termini di conservazione, a prescindere
dalla loro classificazione come zone protette:
a) adottano misure volte a garantire, mediante interventi di legislazione,
pianificazione e gestione, la protezione e la conservazione delle aree marine e
costiere, con particolare riguardo a quelle che ospitano habitat e specie di
elevato valore conservazionistico;
b) si impegnano a promuovere la cooperazione regionale e internazionale per
l’attuazione di programmi comuni di protezione degli habitat marini.
3. Foreste e boschi costieri
Le parti adottano misure volte a preservare e a sviluppare le foreste e i boschi
costieri, con particolare riguardo a quelli situati al di fuori delle aree
specialmente protette.
4. Dune
Le parti si impegnano a preservare e, ove possibile, a ripristinare in modo
sostenibile le dune e i cordoni dunali.
In particolare, sono considerate: (1) le zone umide e gli estuari, per cui si
richiede l’istituzione di apposite aree protette; la loro espressa considerazione
sia nelle strategie, nei piani e nei programmi costieri nazionali, sia nel rilascio
delle autorizzazioni; la regolamentazione ovvero il divieto di quelle attività che
possano influirvi negativamente; il ripristino delle zone umide costiere
degradate; (2) gli habitat marini, per cui si richiede la loro protezione e
conservazione non solo con l’istituzione di apposite zone protette, ma anche
attraverso la legislazione, la pianificazione e la gestione di dette aree; la
promozione dell’ulteriore e specifica cooperazione regionale ed internazionale
per la realizzazione di programmi comuni sulla protezione degli habitat marini;
(3) le foreste e i boschi costieri, per cui si richiede l’adozione di misure che
mirano a preservarli o a svilupparli, in particolare quelli ubicati all’esterno delle
aree specialmente protette; (4) le dune, per cui se ne richiede la preservazione
e il recupero. Questa disposizione interessa direttamente il settore di Pesca e
32
Acquacoltura dal momento che alcuni degli ambienti indicati come particolari e
per i quali si chiede l’elaborazione di specifici strumenti di protezione e
gestione sono tra i più produttivi e/o ambienti che svolgono un ruolo chiave nel
ciclo vitale di specie target.
Anche l’articolo 12 è particolarmente importante per il settore Pesca e
Acquacoltura. Esso impegna i Paesi a conferire speciale protezione alle Isole
che rappresentano porzioni di territorio che per intero sono in intimo contatto
con la costa dal punto di vista culturale, economico, geografico ed ambientale.
Le comunità ivi residenti sono anche quelle più legate al settore di Pesca e
Acquacoltura.
Articolo 12 Isole
Le parti si impegnano a conferire speciale protezione alle isole, comprese le
piccole isole, e, a tal fine:
a) a promuovere attività compatibili con l’ambiente in tali zone e ad adottare
misure speciali volte a garantire la partecipazione degli abitanti alla protezione
degli ecosistemi costieri, sulla base delle loro conoscenze e degli usi locali;
b) a tener conto delle caratteristiche specifiche dell’ambiente insulare e della
necessità di garantire un’interazione tra le isole nell’ambito delle strategie, dei
piani, dei programmi nazionali e degli strumenti di gestione per le zone
costiere, in particolare nel settore dei trasporti, del turismo, della pesca, dei
rifiuti e delle risorse idriche.
Ad
esse
viene
quindi
richiesto
di
promuovere
attività
eco-sostenibili,
partecipare in modo proattivo alla protezione degli ecosistemi costieri, in virtù
delle loro conoscenze e tradizioni locali. I paesi sono anche chiamati,
attraverso le strategie nazionali costiere, i piani, i programmi e gli strumenti di
gestione a favorire l’interazione tra le isole, in particolare in alcuni settori tra i
quali viene esplicitamente indicato quello della Pesca.
Anche al di fuori di aree protette il protocollo (articolo 8) chiede ai Paesi di
garantire che gli ecosistemi di particolare interesse vengano preservati,
attraverso l’individuazione “di aree libere in cui lo sviluppo urbano ed altre
attività siano soggetti a restrizioni o, se necessario, vietati” per la presenza di
aree umide, estuari, habitat marini e boschi e foreste costieri. I benefici che
l’istituzione di alcune aree marine protette ha determinato per il settore Pesca
e Acquacoltura, potrebbero quindi essere conseguiti anche al di fuori delle aree
marine protette facendo riferimento a questa disposizione.
33
L’articolo 16 sui meccanismi e le reti di monitoraggio e osservazione, reca la
previsione che eventuali nuovi meccanismi di monitoraggio ed osservazione
operino in coordinamento e siano complementari a quelli esistenti.
Articolo 16 Meccanismi e reti di monitoraggio e osservazione
1. Le parti utilizzano e rafforzano gli opportuni meccanismi di monitoraggio e
osservazione esistenti o, se necessario, istituiscono nuovi meccanismi. Inoltre
esse elaborano e mantengono regolarmente aggiornati inventari nazionali
delle zone costiere che comprendano, per quanto possibile, informazioni
riguardanti le risorse e le attività, le istituzioni, la normativa e gli strumenti di
pianificazione che possono interessare le zone costiere.
2. Al fine di promuovere lo scambio di esperienze scientifiche, dati e buone
pratiche, le parti partecipano, al livello amministrativo e scientifico adeguato,
a una rete delle zone costiere del Mediterraneo, in collaborazione con
l’organizzazione.
3. Al fine di agevolare l’osservazione regolare dello stato e dell’evoluzione
delle zone costiere, le parti definiscono di comune accordo un formato e un
procedimento di riferimento per la raccolta dei dati destinati agli inventari
nazionali.
4. Le parti prendono tutte le disposizioni necessarie per garantire l’accesso del
pubblico alle informazioni provenienti dai meccanismi e dalle reti di
monitoraggio e osservazione.
Devono, inoltre, essere regolarmente predisposti e aggiornati inventari
nazionali sulle zone costiere, che contengano le pertinenti informazioni sulle
risorse e le attività, le istituzioni, la legislazione e la pianificazione. Ai sensi del
comma 2 è richiesta la partecipazione ad una rete (network) della zona
costiera Mediterranea per promuovere lo scambio di esperienze scientifiche. Il
comma 2 prevede quindi la predisposizione concordata di apposito formato e
procedura di riferimento per la raccolta dei dati in inventari nazionali. Ai sensi
del comma 4, deve essere garantito il pubblico accesso alle informazioni
ottenute dai summenzionati meccanismi e reti di monitoraggio e osservazione.
Tale
articolo,
pertanto,
prevede
il
diritto
d’accesso
alle
informazioni
sull’ambiente e la partecipazione del pubblico al processo decisionale in
materia ambientale, con un chiaro rimando ai contenuti della Convenzione di
Aarhus. Più in generale questo articolo pone l’attenzione sul fatto che una
efficace e adeguata gestione integrata della zona costiera richiede una
conoscenza seria e approfondita dei sistemi costieri al fine di sviluppare e
migliorare nel tempo le strategie di sviluppo e di regolamentazione delle
attività umane ivi presenti. Viene da sé che gli operatori del settore ittico, in
34
virtù della loro storica e capillare presenza negli ambienti costieri, possano
svolgere un ruolo importante nella organizzazione ed implementazione dei
migliori
meccanismi
di
monitoraggio
e
osservazione,
così
come
nella
formulazione e compilazione di banche dati esaustive e partecipazione e
funzionamento dell’auspicato network tra le coste mediterranee.
L’articolo 20 stabilisce che devono essere adottati adeguati strumenti e misure
di politica fondiaria, compresa la pianificazione, contemplando la riduzione
delle pressioni economiche, il mantenimento di spazi liberi e il pubblico accesso
al mare e lungo la spiaggia.
Articolo 20 Politica fondiaria
1. Al fine di promuovere la gestione integrata delle zone costiere, ridurre le
pressioni economiche, preservare le aree non urbanizzate e consentire
l’accesso del pubblico al mare e lungo la riva, le parti adottano idonei
strumenti e provvedimenti di politica fondiaria, compreso in materia di
pianificazione.
2. A tal fine, per garantire la gestione sostenibile del suolo pubblico e privato
delle zone costiere, le parti possono, in particolare, adottare meccanismi per
l’acquisizione, la cessione, la donazione o il trasferimento di superfici al
demanio pubblico e istituire servitù sulle proprietà.
Al comma 2 si elencano, in maniera esemplificativa ma non esaustiva, le azioni
che possono essere a tal fine poste in atto, tra cui l’acquisizione, la cessione, la
donazione o il trasferimento di superfici al demanio pubblico e istituire servitù
sulle proprietà.
Di particolare interesse per il settore di Pesca e Acquacoltura risultano essere
le predisposizioni del Protocollo in materia di valutazione dei rischi naturali e di
origine umana, conseguenti o meno ai cambiamenti climatici. L’articolo 22 reca
previsioni relativamente all’adozione di apposite politiche per la prevenzione
dei rischi naturali che, nel quadro delle strategie nazionali GIZC, dovranno
comprendere valutazioni di vulnerabilità e di pericolo delle zone costiere,
nonché misure di prevenzione, mitigazione e adattamento per far fronte agli
effetti dei disastri naturali, in particolare conseguenti ai cambiamenti climatici.
Già all’articolo 5 (vedi sopra), tra gli obiettivi della gestione integrata della
zona costiera c’è quello di prevenire e/o ridurre gli effetti dei rischi naturali e in
particolare dei cambiamenti climatici, che possono essere provocati da attività
naturali o umane; allo stesso modo all’articolo 6 (vedi sopra) tra i principi
35
generali viene ricordato di tener conto della capacità di carico delle zone
costiere al fine di prevenire gli effetti negativi dei disastri naturali e dello
Articolo 22 Rischi naturali
Nell’ambito delle strategie nazionali per la gestione integrata delle zone
costiere, le parti elaborano politiche di prevenzione dei rischi naturali. A tal
fine esse realizzano valutazioni di vulnerabilità e di rischio delle zone costiere
e adottano misure di prevenzione, mitigazione e adattamento intese a far
fronte alle conseguenze dei disastri naturali, in particolare dei cambiamenti
climatici.
sviluppo, e si richiede ai Paesi di effettuare valutazioni preliminari dei rischi
associati alle varie attività umane e infrastrutture, in modo da prevenirne e
ridurne gli impatti negativi sulle zone costiere; ancora all’articolo 8, relativo a
protezione e uso sostenibile delle zone costiere, si fa riferimento alle aree
direttamente e negativamente interessate dai cambiamenti climatici e dai rischi
naturali come elementi utili alla istituzione della zona dove (a partire dal livello
superiore di marea invernale) non sia permesso edificare.
Articolo 23 Erosione costiera
1. In conformità degli obiettivi e dei principi enunciati agli articoli 5 e 6 del
presente protocollo, le parti, al fine di prevenire e mitigare più efficacemente
l’impatto negativo dell’erosione costiera, si impegnano ad adottare le misure
necessarie per preservare o ripristinare la capacità naturale della costa di
adattarsi ai cambiamenti, includendo quelli provocati dall’innalzamento del
livello del mare.
2. Nell’esaminare nuove opere o attività nelle zone costiere, comprese le
opere marittime e gli interventi di difesa costiera, le parti tengono in
particolare considerazione gli effetti negativi dell’erosione costiera e i costi
diretti e indiretti che potrebbero derivarne. In relazione alle attività e alle
strutture esistenti, le parti adottano misure intese a ridurne al minimo gli
effetti sull’erosione costiera.
3. Le parti si impegnano a prevenire gli impatti dell’erosione costiera
attraverso la gestione integrata delle attività e segnatamente l’adozione di
misure specifiche per i sedimenti costieri e le opere costiere.
4. Le parti si impegnano a condividere i dati scientifici atti a migliorare le
conoscenze sullo stato, l’evoluzione e gli impatti dell’erosione costiera.
All’articolo 23 è richiesto l’impegno di adottare tutte le misure necessarie al
fine di prevenire o arginare il fenomeno dell’erosione costiera. Si prevede
infatti che, al fine di prevenirne e mitigarne gli effetti negativi, devono essere
adottate apposite misure per mantenere o ristabilire la capacità naturale della
costa di adattarsi ai cambiamenti, compresi quelli causati dall'aumento del
36
livello del mare. Al comma 2 si prevede che siano adottate misure per
minimizzare gli effetti negativi sull’erosione costiera che potrebbero derivare da
nuove o preesistenti attività e opere site nella zona costiera, compresa la
realizzazione di strutture a mare e opere di difesa costiera.
In particolare, poi, al comma 3 si prevede che, attraverso attività di gestione
integrata, compresa l’adozione di misure specifiche per i sedimenti costieri e le
opere costiere, debbano essere previsti e anticipati gli effetti dell’erosione
costiera. Infine, il comma 4 reca la previsione della condivisione dei relativi e
pertinenti dati scientifici (stato, evoluzione e impatti dell’erosione costiera).
Il riferimento ai rischi che minacciano le zone costiere appare quindi evidente
in più parti del Protocollo ed è naturale pensare a questo come un altro
elemento trasversale a quei settori che, come pesca e acquacoltura, si
svolgono in prossimità della posta e qui hanno parte (quando non tutte) le
infrastrutture di riferimento delle propria attività. Il richiamo ad agire in modo
integrato nella valutazione di questi rischi e nella scelta delle soluzioni di
mitigazione e/o prevenzione, richiede che ad esempio nel processo decisionale
da percorrere per (i) realizzare o meno un opera di ripascimento a contrasto
della erosione costiera, o per (ii) pianificare l’uso del suolo costiero di una area
che si prevede corra il rischio di essere sommersa in futuro, e per (iii) valutare
la capacità di carico di una data area, vengano coinvolti tutti i portatori
d’interesse e in particolare gli operatori del settore ittico. Inoltre, a livello
nazionale, è facile immaginare una diversità a livello locale dell’impatto dei
cambiamenti climatici e dei rischi ai quali il territorio risulta essere vulnerabile;
di conseguenza il coinvolgimento e il ruolo dei portatori di interesse dovrà
essere capace di adattarsi alle specificità locali.
L’articolo 9, per il settore Pesca e Acquacoltura, è certamente tra i più
significativi ed interessanti in quanto, al pari di quelli delle altre attività svolte
dall’uomo in prossimità della costa, è citato espressamente tra i settori che
devono assicurare l’uso sostenibile delle risorse naturali, rispettare i principi di
gestione integrata delle risorse idriche e di gestione sostenibile dei rifiuti,
adattarsi alla natura fragile delle zone costiere, proteggere le risorse marine
dall’inquinamento; predisporre indicatori di sviluppo finalizzati alla riduzione
37
delle pressioni al di sotto della capacità di carico, incentivare codici di buone
pratiche. Oltre a Pesca e Acquacoltura vengono esplicitamente indicati altri
settori/attività quali l’agricoltura, l’industria, il turismo, lo sport e altre attività
ricreative. Regolare le attività costiere e conciliare queste con la conservazione
degli ecosistemi è la disposizione che in un primo momento potrebbe suggerire
nuovi vincoli e limitazioni per attività che spesso entrano anche in contrasto
anche fra loro dovendo competere per risorse (es. spazio e acqua dolce). Al
contrario, questa disposizione rappresenta una opportunità di sviluppo che
integrando le necessità di settori diversi può dare stimolo ad individuare nuove
strategie e nuovi rapporti sinergici. Questo è certamente vero per settori come
pesca e turismo, acquacoltura e sport. Il richiamo a regolare le attività umane
sulla costa si estende anche alle attività ricreative e proprio nel caso di Pesca e
Acquacoltura è particolarmente urgente cercare e trovare un equilibrio con chi
pratica la pesca a scopo ricreativo. Inoltre nel testo si fa esplicito riferimento
alla necessità di dare priorità a quelle attività che per loro stessa natura
richiedono prossimità con la costa e che tradizionalmente sono ad essa
collegate. Il protocollo indica anche in modo estremamente chiaro di fare
riferimento a strumenti ad hoc in grado di conciliare lo sviluppo e la crescita di
queste attività con la sostenibilità ambientale a lungo termine. È quindi
necessario che il settore di Pesca e Acquacoltura partecipi attivamente alla
individuazione dei migliori strumenti per regolare, restringere ed in alcuni casi
proibire le attività che vengono realizzate in prossimità di una data porzione di
territorio costiero. In alcuni ambiti questo coinvolgimento è utile a favorire la
migliore integrazione del settore con gli altri che operano direttamente o
indirettamente sulle stesse risorse quali lo spazio (es. sviluppo urbano costiero,
costruzione di parcheggi per auto vicino le spiagge e i porti, regolazione del
traffico marittimo). In altri ambiti è direttamente coinvolto come nel caso
dell’acquacoltura e nel rilascio di mangimi e antibiotici nell’ambiente in
occasione della loro somministrazione agli allevamenti. In altri ambiti ancora il
settore potrebbe rappresentare un valido supporto a regolare altri settori quali
il turismo e le attività ricreative, promuovendone uno sviluppo sostenibile da
un punto di vista ambientale e sociale.
38
Articolo 9 Attività economiche
1. In conformità degli obiettivi e dei principi enunciati agli articoli 5 e 6 del presente
protocollo e tenuto conto delle pertinenti disposizioni della convenzione di Barcellona e
dei relativi protocolli, le parti:
a) accordano particolare attenzione alle attività economiche che richiedono la
prossimità immediata del mare;
b) provvedono affinché, nelle varie attività economiche, si riduca al minimo l’uso delle
risorse naturali e si tenga conto delle esigenze delle generazioni future;
c) garantiscono il rispetto della gestione integrata delle risorse idriche e di una
gestione sostenibile dei rifiuti;
d) provvedono affinché l’economia marittima e costiera rispetti la fragile natura delle
zone costiere e le risorse del mare siano preservate dall’inquinamento;
e) definiscono indicatori dello sviluppo delle attività economiche al fine di garantire
l’uso sostenibile delle zone costiere e ridurre le pressioni eccedenti la capacità di
carico;
f) promuovono codici di buone pratiche a livello di autorità pubbliche, operatori
economici e organizzazioni non governative.
2. Le parti convengono inoltre, per quanto riguarda le attività economiche di seguito
indicate:
a) agricoltura e industria:
di garantire un elevato livello di tutela ambientale nella scelta dell’ubicazione e
nell’esercizio delle attività agricole e industriali, al fine di preservare gli ecosistemi e i
paesaggi costieri e prevenire l’inquinamento del mare, dell’acqua, dell’aria e del suolo;
b) pesca:
i) di tener conto della necessità di proteggere le zone di pesca nella realizzazione di
progetti di sviluppo;
ii) di garantire che le pratiche di pesca siano compatibili con l’utilizzo sostenibile delle
risorse marine naturali;
c) acquacoltura:
i) di tener conto della necessità di proteggere le zone di acquacoltura e
molluschicoltura/crostaceicoltura nella realizzazione di progetti di sviluppo;
ii) di disciplinare l’acquacoltura controllando l’utilizzo dei fattori produttivi e il
trattamento dei rifiuti;
d) turismo e attività sportive e ricreative:
i) di incoraggiare un turismo costiero sostenibile che preservi gli ecosistemi, le risorse
naturali, il patrimonio culturale e i paesaggi costieri;
ii) di promuovere forme specifiche di turismo costiero, in particolare il turismo
culturale, rurale e l’ecoturismo, nel
rispetto delle tradizioni delle popolazioni locali;
iii) di disciplinare o, se necessario, vietare, l’esercizio di varie attività sportive e
ricreative, compresa la pesca ricreativa e la raccolta di molluschi;
e) utilizzo di risorse naturali specifiche:
i) di subordinare ad autorizzazione preventiva l’escavazione e l’estrazione di minerali,
compreso l’utilizzo di acqua di mare negli impianti di desalinizzazione e lo sfruttamento
di materiale inerte;
ii) di disciplinare l’estrazione di sabbia, compresi i sedimenti marini e fluviali e di
vietare tale attività laddove possa verosimilmente perturbare l’equilibrio degli
ecosistemi costieri;
iii) di monitorare le falde acquifere costiere e le zone dinamiche di contatto o
interfaccia tra acque dolci e salate,
che possono essere danneggiate dall’estrazione di acque sotterranee o da scarichi
nell’ambiente naturale;
f) infrastrutture, impianti per la produzione di energia, porti, opere e strutture
marittime:
di subordinare ad autorizzazione tali infrastrutture, impianti, opere e strutture, affinché
i loro impatti negativi sugli ecosistemi, i paesaggi e la geomorfologia costieri siano
ridotti al minimo o, se del caso, compensati da misure non finanziarie;
g) attività marittime:
di esercitare le attività marittime in modo da garantire la preservazione degli
ecosistemi costieri in conformità delle regole, norme e procedure previste dalle
pertinenti convenzioni internazionali.
39
L’integrazione tra le politiche che regolano le “attività costiere”, così come
richiesta dal protocollo GIZC, non implica necessariamente l'abbandono delle
politiche settoriali specifiche, quanto un loro adeguamento. Più che una
sostituzione delle normative e dei regolamenti vigenti, l’adozione della GIZC
dovrebbe evitare la frammentazione, e favorire le sinergie possibili tra settori
diversi, in particolare tra quelli che hanno effetti sullo sviluppo futuro della
zona di costa.
Articolo 18 Strategie, piani e programmi nazionali per le zone costiere
1. Le parti rafforzano o elaborano una strategia nazionale per la gestione
integrata delle zone costiere nonché piani e programmi di attuazione per le
zone costiere in conformità del quadro regionale comune e nel rispetto degli
obiettivi e dei principi di gestione stabiliti dal presente protocollo; esse
informano l’organizzazione circa il meccanismo di coordinamento predisposto
per tale strategia.
2. La strategia nazionale, basata sull’analisi della situazione esistente,
definisce gli obiettivi e stabilisce priorità debitamente motivate, identifica gli
ecosistemi costieri che necessitano di una gestione nonché tutti gli attori e i
processi pertinenti, specifica le misure da adottare e i relativi costi nonché gli
strumenti istituzionali e i mezzi giuridici e finanziari disponibili e fissa un
calendario di attuazione.
3. I piani e i programmi per le zone costiere, che possono essere specifici o
integrati in altri piani e programmi, precisano gli orientamenti della strategia
nazionale e attuano tale strategia a un livello territoriale adeguato; in
particolare essi stabiliscono, ove opportuno, le capacità di carico e le
condizioni per l’assegnazione e l’utilizzo della parte marina e della parte
terrestre delle zone costiere.
4. Le parti definiscono idonei indicatori al fine di valutare l’efficacia delle
strategie, dei piani e dei programmi di gestione integrata delle zone costiere
nonché lo stato di attuazione del protocollo.
A tal proposito, l’articolo 18 reca le previsioni relative alle strategie nazionali
per la gestione integrata della zone costiere e dei piani e programmi di
attuazione
costieri,
coerentemente
al
che
quadro
devono
di
essere
riferimento
implementati
di
cui
all’art
o
predisposti
17,
informando
l'Organizzazione circa il meccanismo di coordinamento in atto per tale
strategia. Ai sensi del comma 2, la strategia nazionale, che deve essere basata
sull'analisi della situazione esistente, deve: porre gli obiettivi; determinare le
priorità, indicandone le motivazioni; identificare le necessità di gestione degli
ecosistemi costieri; identificare tutti i soggetti coinvolti ed i procedimenti;
elencare le misure da intraprendere, il loro costo, gli strumenti istituzionali ed i
mezzi legali e finanziari disponibili; stabilire un programma di attuazione. In
40
particolare, ai sensi del comma 3 i piani e i programmi costieri devono
specificare gli orientamenti della strategia nazionale; attuare la strategia ad un
adeguato livello territoriale; determinare - inter alia e ove opportuno - sia la
capacità di carico (carrying capacity) sia le condizioni per la destinazione e
l’uso delle rispettive aree a mare e a terra delle zone costiere. Infine, a norma
del comma 4 devono essere definiti indicatori appropriati per valutare sia
l'efficacia delle strategie, dei piani e dei programmi di gestione integrata della
zona costiera, sia lo stato di attuazione del Protocollo.
Articolo 19 Valutazione ambientale
1. In considerazione della fragilità delle zone costiere, le parti provvedono
affinché il processo e gli studi di valutazione dell’impatto ambientale dei
progetti pubblici e privati che possono produrre effetti ambientali significativi
sulle zone costiere, e segnatamente sui loro ecosistemi, tengano conto della
particolare sensibilità dell’ambiente e delle interrelazioni tra la parte marina e
la parte terrestre delle zone costiere.
2. In base agli stessi criteri, le parti formulano, se del caso, una valutazione
ambientale strategica dei piani e dei programmi che interessano le zone
costiere.
3. Le valutazioni ambientali devono tenere conto degli impatti cumulativi sulle
zone costiere e in particolare delle capacità di carico di tali zone.
L’articolo 19, relativo alla valutazione ambientale, prevede che siano tenute
nella debita considerazione la specifica vulnerabilità dell'ambiente costiero e
l’interrelazione fra le parti marina e terrestre della zona costiera nelle
procedure per la valutazione d’impatto ambientale di quei progetti, siano essi
pubblici o privati, che possono avere significativi effetti sull’ambiente delle zone
costiere ed in particolare sui loro ecosistemi. Allo stesso modo, al comma 2 è
previsto che siano formulate le valutazioni ambientali strategiche dei piani e
programmi che interessano la zona costiera. Al comma 3 è previsto che le
valutazioni ambientali dovrebbero prendere in considerazione gli impatti
cumulativi sulle zone costiere, prestando la dovuta attenzione anche alle loro
capacità di carico. Questo riferimento alla capacità di carico è un elemento
importante dal momento che attraverso la valutazione della capacità di carico
tiene conto di tutte le attività produttive e non presenti su un territorio (e
quindi le attività di pesca e di acquacoltura) rappresentando quindi un forte
stimolo alla loro integrazione e alla individuazione di priorità utili al processo
decisionale da percorrere per arrivare alla loro opportuna pianificazione nel
41
tempo e nello spazio. Lo strumento codici di buone pratiche è inoltre una
opportunità per il settore in quanto è uno strumento del quale si avvale già
nell’ambito
ad
esempio
dell’igiene
alimentare
e
dell’allevamento
in
acquacoltura, e può fungere da mezzo di comunicazione verso l’esterno a
testimonianza di comportamenti corretti ed etici che sono in grado di
assicurare gli elevati standard di qualità richiesti dai consumatori nel rispetto
dell’ambiente.
42
2.3 Predisposizioni del Protocollo GIZC relative ai processi di governance
La governance, intesa come la capacità del sistema formato da politiche,
istituzioni e persone di affrontare i problemi di gestione e pianificazione, che lo
sviluppo di un territorio richiede, attraverso adeguati processi decisionali e
strumenti normativi, è certamente alla base del processo di implementazione
della
gestione
integrata
della
zona
costiera.
Le
disposizioni
relative
all’organizzazione e al funzionamento delle istituzioni competenti per la zona
costiera e per le attività che in essa vengono realizzate rivestono, infatti, un
ruolo cruciale per la buona riuscita dell’intero processo. In particolare viene
posta l’accento sull’importanza di consolidare i meccanismi di integrazione e
coordinamento, di fornire una completa ed adeguata informazione e di
assicurare l’opportuna partecipazione del pubblico e dei portatori di interesse.
Articolo 7 Coordinamento
1. Ai fini della gestione integrata delle zone costiere, le parti:
a) assicurano un coordinamento istituzionale, ove del caso attraverso idonei
organismi o meccanismi, al fine di evitare approcci settoriali e favorire un
approccio globale;
b) organizzano un adeguato coordinamento tra le varie autorità competenti
per le parti marine e terrestri delle zone costiere nei vari servizi
amministrativi, a livello nazionale, regionale e locale;
c) organizzano uno stretto coordinamento tra autorità nazionali e organismi
regionali e locali per quanto riguarda le strategie, i piani e i programmi
costieri nonché per le varie autorizzazioni all’esercizio di attività; tale
coordinamento può essere conseguito nell’ambito di organi consultivi comuni
o di procedure decisionali congiunte.
2. Le autorità nazionali, regionali e locali competenti per le zone costiere
collaborano, per quanto possibile, per migliorare la coerenza e l’efficacia delle
strategie, dei piani e dei programmi costieri.
Con l’articolo 7 il Protocollo richiede a tutti i Paesi di consolidare i meccanismi
di integrazione spaziale, cioè di superare l’approccio gestionale che separa
(parte acquatica e parte terrestre) la zona costiera, al fine di esaltare le
peculiarità di un territorio che, al contrario, unisce due ambiti intensamente
interconnessi tra loro, oltre che da un punto di vista fisico ed ecologico anche
da un punto di vista sociale ed economico. Allo stesso modo si richiede sia una
integrazione orizzontale tra settori di attività che insistono sulla costa, che una
integrazione verticale tra i livelli istituzionali (integrazione istituzionale) che
vanno dal locale al sovranazionale. La struttura ed il funzionamento del settore
43
di Pesca e Acquacoltura sono già in parte articolati in questa direzione,
prestandosi quasi naturalmente a questo genere di governance per le necessità
gestionali specifiche che il suo sviluppo e la sua sostenibilità presentano.
Appare evidente quindi che non solo il settore può adeguarsi con estrema
flessibilità a questo genere di predisposizioni del protocollo, ma esso potrà in
qualche modo fungere da modello per gli atri settori e favorire quindi una
accelerazione del processo. Lo stesso discorso vale per quanto riguarda (i) sia
l’integrazione scienza/management, richiesta tra gli attori chiamati a gestire e
a prendere decisioni sullo sviluppo sostenibile della zona di costa e le istituzioni
scientifiche in grado di fornire le opportune informazioni sulla base delle quali
le decisioni devono essere prese, (ii) che quella tra l’Italia e gli altri Paesi che si
affacciano sul Mediterraneo. Un elemento in grado di favorire l’integrazione
delle attività di Pesca e Acquacoltura con gli altri settori è naturalmente
l’efficace coinvolgimento dei portatori di interesse nei processi decisionali
finalizzati a pianificare e regolare lo sviluppo della zona costiera.
Articolo 14 Partecipazione
1. Al fine di garantire una governance efficace nell’intero processo di gestione
integrata delle zone costiere, le parti adottano le misure necessarie per
garantire l’adeguata partecipazione dei vari portatori di interesse, e
segnatamente:
— delle collettività territoriali e degli enti pubblici interessati,
— degli operatori economici,
— delle organizzazioni non governative,
— degli attori sociali, e
— dei cittadini interessati, alle fasi di elaborazione e attuazione delle
strategie, dei piani e programmi o progetti per le zone costiere e marine,
nonché al rilascio delle varie autorizzazioni. Tale partecipazione prevede, in
particolare, il ricorso ad organi consultivi, indagini o audizioni pubbliche, e può
assumere la forma di un partenariato.
2. Al fine di assicurare tale partecipazione, le parti forniscono le informazioni
in maniera adeguata, tempestiva ed efficace.
3. I portatori di interesse che intendono contestare decisioni, atti o omissioni
soggetti alle disposizioni in materia di partecipazione stabilite dalle parti in
relazione a piani, programmi o progetti riguardanti le zone costiere devono
avere accesso a procedure di mediazione o conciliazione e a possibilità di
ricorso amministrativo o giurisdizionale.
All’articolo 14, relativo alla partecipazione (con tale termine includendo, inter
alia, organi consultivi, indagini e dibattiti pubblici, partenariato), si richiede
infatti l’adozione delle misure necessarie per assicurare il coinvolgimento dei
portatori di interessi nelle fasi di formulazione e implementazione delle
44
strategie,
piani,
programmi
o
progetti
costieri
e
marini,
nonché
nei
procedimenti per il rilascio delle autorizzazioni. Segue un elenco esemplificativo
ma non esaustivo dei citati soggetti, comprendente le comunità territoriali e gli
enti
pubblici
coinvolti;
gli
operatori
economici;
le
organizzazioni
non
governative; gli attori sociali; il pubblico coinvolto. Si precisa, la comma 2, che
al fine di garantire la partecipazione le informazioni devono essere fornite in
modo adeguato, tempestivo ed efficace. Al comma 3, inoltre, si richiama
l’attenzione sull’opportunità di rendere facilmente accessibili a chiunque i
metodi di risoluzione efficace delle controversie relative ai piani, programmi o
progetti concernenti le zone costiere, ed in particolare si richiamano le
procedure di conciliazione o di mediazione ed il diritto al ricorso amministrativo
o legale.
Articolo 15 Sensibilizzazione, formazione, istruzione e ricerca
1. Le parti si impegnano a realizzare, a livello nazionale, regionale o locale,
attività di sensibilizzazione sulla gestione integrata delle zone costiere e a
sviluppare pertinenti programmi educativi e attività di formazione e pubblica
istruzione su questo tema.
2. Le parti organizzano, direttamente, nell’ambito di una cooperazione
multilaterale o bilaterale o con l’aiuto dell’organizzazione, del centro o delle
organizzazioni internazionali interessate, programmi educativi e attività di
formazione e pubblica istruzione sulla gestione integrata delle zone costiere
intesi a garantirne lo sviluppo sostenibile.
3. Le parti promuovono la ricerca scientifica interdisciplinare sulla gestione
integrata delle zone costiere e sulle interazioni tra le attività e il loro impatto
sulle zone costiere. A tal fine esse devono istituire o sostenere la creazione di
centri di ricerca specializzati. Tale ricerca è finalizzata, in particolare, ad
approfondire le conoscenze sulla gestione integrata delle zone costiere, a
contribuire all’informazione del pubblico e ad agevolare il processo decisionale
a livello pubblico e privato.
L’articolo 15, rubricato sensibilizzazione, formazione, istruzione e ricerca,
prevede che siano adottate, a livello nazionale, regionale e locale, attività di
sensibilizzazione, formazione ed educazione sulla gestione integrata della zona
costiera, nonché che siano organizzate a livello nazionale, multilaterale o
bilaterale, programmi educativi, di formazione e d’istruzione pubblica sulla
gestione integrata delle zone costiere. Al comma 3 è previsto che siano
intraprese attività di ricerca scientifica interdisciplinare, anche attraverso la
creazione di centri di ricerca specializzati, sia sulla gestione integrata, sia
sull’interazione tra le attività antropiche e i loro impatti sulle zone costiere.
45
Anche con riferimento a questo tipo di integrazione tra attività produttiva e
conoscenza scientifica, il settore Pesca e Acquacoltura può vantare esperienze
significative
e
offrire
quindi
un
efficace
riferimento
all’implementazione delle disposizioni contenute all’articolo 15.
46
concreto
2.4 Predisposizioni del Protocollo GIZC relative alla pianificazione spaziale della
zona costiera
Nel protocollo GIZC, tutte le predisposizioni relative alla pianificazione spaziale
della zona costiera dovrebbero essere incardinate su obiettivi e priorità
individuati dalla strategia nazionale della gestione integrata delle zone costiere
di ciascun Paese. In questo caso si può parlare di “obbligo di risultati” da
assolvere attraverso strumenti appropriati. Ci sono già evidenze dell’utilità di
istituire delle agenzie dedicate come è il caso della francese Conservatoire de
l’Espace Littoral et des Rivages Lacustres (CELRL - French coastal protection
agency), della Tunisina Agence Nationale pour la Protection du Littoral (APAL –
National agency for coastal protection) e della italiana Agenzia conservatoria
delle coste della Sardegna. All’articolo sulla Politica fondiaria (articolo 20, vedi
sopra) si chiede ai Paesi di ridurre le pressioni economiche, preservare le aree
non urbanizzate e consentire l’accesso del pubblico al mare e lungo la riva,
attraverso idonei strumenti e provvedimenti di pianificazione del territorio e
politica fondiaria, anche prevedendo l’acquisizione, la cessione, la donazione o
il trasferimento di superfici al demanio pubblico e l’istituzione di servitù sulle
proprietà. Ma è agli articoli 17 e 18 che viene indicato come affrontare e
gestire la pianificazione del proprio territorio costiero. L’articolo 17 sulla
Strategia mediterranea per la gestione integrata delle zone costiere, prevede
che le Parti debbano definire, con la collaborazione del PAP/RAC, un quadro di
riferimento regionale comune per l’GIZC, da implementarsi sia con piani
d'azione regionali e altri strumenti operativi, sia con le singole strategie
nazionali, tenendo altresì in considerazione la Strategia Mediterranea per lo
Sviluppo Sostenibile.
Articolo 17 Strategia mediterranea per la gestione integrata delle zone
costiere
Le parti si impegnano a cooperare al fine di promuovere lo sviluppo
sostenibile e la gestione integrata delle zone costiere, tenendo conto della
strategia mediterranea per lo sviluppo sostenibile e, se necessario,
integrandola. A tal fine le parti definiscono, con l’aiuto del centro, un quadro
regionale comune per la gestione integrata delle zone costiere del
Mediterraneo, che sarà attuato mediante idonei piani d’azione regionali e altri
strumenti operativi, nonché nell’ambito delle rispettive strategie nazionali.
47
È in conformità al quadro regionale che i Paesi sono tenuti ad elaborare la
strategia nazionale per la gestione integrata delle zone costiere, e a
comunicare chiaramente il relativo meccanismo di coordinamento predisposto.
La strategia nazionale (articolo 8, vedi sopra), deve identificare tutti gli attori e
i processi pertinenti, specifica le misure da adottare e i relativi costi nonché gli
strumenti istituzionali e i mezzi giuridici e finanziari disponibili, fissando un
calendario di attuazione. Significativo è che i piani e i programmi della
strategia stabiliscono anche le condizioni per l’assegnazione e l’utilizzo della
parte marina e della parte terrestre delle zone costiere. Nella strategia
nazionale devono essere rappresentati tutti i settori, le cui politiche di sviluppo
dovrebbero integrarsi realmente in base ai principi e agli obiettivi del Protocollo
senza
arrivare
a
inefficaci
e
sterili
compromessi.
Il
settore
Pesca
e
Acquacoltura è chiamato oggettivamente a contribuire in modo significativo
alla elaborazione delle strategie nazionali per la gestione integrata delle zone
costiere, rappresentando probabilmente l’attività produttiva più interconnessa
con tutte le attività (produttive e non) svolte in prossimità della costa, o
indirettamente legate ad essa. In realtà questa necessità può benissimo essere
interpretata come una opportunità per il settore, dal momento che il processo
che porterà alla elaborazione della strategia rappresenta una preziosa
occasione di confronto con gli altri settori “costieri” per evidenziare e risolvere
quelle interferenze e criticità tra settori, che spesso ostacolano una gestione
delle risorse e degli ecosistemi costieri capace di preservarne la disponibilità,
l’integrità e il funzionamento futuri.
48
2.5 Predisposizioni del Protocollo GIZC relative alla Cooperazione Regionale
L’articolo 32 attribuisce il coordinamento istituzionale di quanto previsto nel
Protocollo all’Organizzazione, con il supporto del PAP/RAC (Priority Actions
Programme Regional Activity Centre), a cui potranno essere affidate le
specifiche funzioni. Al comma 2 è prevista la cooperazione con organizzazioni
non governative le cui attività siano attinenti a quelle previste dal Protocollo.
Articolo 32 Coordinamento istituzionale
1. All’organizzazione compete la responsabilità di coordinare l’attuazione del
presente protocollo. A tal fine essa si avvale dell’aiuto del centro, al quale può
delegare le seguenti funzioni:
a) assistere le parti nella definizione di un quadro regionale comune per la
gestione integrata delle zone costiere del Mediterraneo in conformità
dell’articolo 17;
b) stilare relazioni periodiche sullo stato e sull’evoluzione della gestione
integrata delle zone costiere del Mediterraneo al fine di agevolare l’attuazione
del protocollo;
c) procedere allo scambio di informazioni e alla realizzazione di attività di
interesse comune in conformità dell’articolo 27;
d) aiutare le parti che lo richiedano:
— a partecipare alla rete delle zone costiere del Mediterraneo in conformità
dell’articolo 16;
— a elaborare e attuare le loro strategie nazionali di gestione integrata delle
zone costiere in conformità dell’articolo 18;
— a cooperare nell’ambito di attività di formazione e di programmi di ricerca
tecnica e scientifica in conformità dell’articolo 25;
— a coordinare, ove del caso, la gestione delle zone costiere transfrontaliere
in conformità dell’articolo 28;
e) organizzare le riunioni dei punti di contatto in conformità dell’articolo 30;
f) espletare qualsiasi altra funzione ad esso assegnata dalle parti.
2. Ai fini dell’attuazione del presente protocollo, le parti, l’organizzazione e il
centro possono stabilire congiuntamente una cooperazione con le
organizzazioni non governative operanti in settori attinenti al presente
protocollo.
La cooperazione a livello internazionale si è rivelata essere un elemento
fondamentale per il conseguimento degli obiettivi di normative sovranazionali
inerenti
mari
chiusi
e/o
semichiusi.
La
cooperazione
è
prevista
dalla
Convenzione di Barcellona stessa (es. scambio di dati e informazioni) e il
Protocollo rinforza la richiesta a coordinare la gestione delle zone costiere
transfrontaliere in conformità dell’articolo 28. All’articolo 28, sulla cooperazione
transfrontaliera, è infatti richiesto il coordinamento delle strategie, piani e
programmi costieri nazionali che riguardano le zone costiere di Stati contigui,
con il coinvolgimento dei competenti organi amministrativi nazionali.
49
Articolo 28 Cooperazione transfrontaliera
Le parti si impegnano, direttamente o con l’aiuto dell’organizzazione o delle
organizzazioni internazionali competenti, a coordinare a livello bilaterale o
multilaterale, ove del caso, le strategie, i piani e i programmi nazionali
riguardanti zone costiere contigue. A tale coordinamento partecipano gli enti
amministrativi nazionali competenti.
In questo caso il protocollo potrebbe diventare una interessante e potente
“sponda normativa” per arrivare a cooperare con i Paesi Mediterranei non
Europei che al momento risultano particolarmente competitivi sul mercato dei
prodotti del settore pesca e acquacoltura in virtù del fatto che sono regolati in
materia da normative meno restrittive di quanto prescritto a livello europeo.
Questa considerazione è oltremodo opportuna anche in riferimento all’articolo
29, in particolare per quelle situazioni in cui le scelte gestionali fatte da un
paese per ad esempio le risorse alieutiche, hanno evidenti effetti sulla
disponibilità e sulla qualità delle stesse risorse per i paesi vicini.
Articolo 29 Valutazione ambientale transfrontaliera
1. Nell’ambito del presente protocollo le parti, prima di autorizzare o
approvare piani, programmi o progetti che possono produrre effetti negativi
significativi sulle zone costiere di altre parti, cooperano mediante notifiche,
scambi di informazioni e consultazioni alla valutazione degli impatti ambientali
di detti piani, programmi e progetti, tenuto conto dell’articolo 19 del presente
protocollo e dell’articolo 4, paragrafo 3, lettera d), della convenzione.
2. A tal fine le parti si impegnano a cooperare all’elaborazione e all’adozione di
idonei orientamenti per la definizione delle procedure di notifica, scambio di
informazioni e consultazione in tutte le fasi del processo.
3. Ove opportuno, le parti possono concludere accordi bilaterali o multilaterali
ai fini dell’efficace applicazione del presente articolo.
L’articolo 29, infatti, prevede la cooperazione nella valutazione ambientale
transfrontaliera, ossia relativamente a quei piani, programmi e progetti che
possono avere conseguenze dannose sulle zone costiere di altre Parti,
attraverso comunicazioni, scambio di informazioni e consultazioni. Al comma 2
si richiede la cooperazione per l’elaborazione ed adozione di adeguate linee
guida per la definizione delle procedure di comunicazione, scambio di
informazioni e consultazione in tutte le fasi del processo, anche attraverso
l’adozione, laddove necessario, di accordi bilaterali o multilaterali. L’articolo 1
contiene gli obblighi generali per le Parti contraenti di predisporre un quadro
comune per la gestione integrata della zona costiera Mediterranea e, a tal fine,
50
di adottare le necessarie misure per la cooperazione regionale.
Articolo 1 Obblighi generali
Conformemente alla convenzione per la protezione dell’ambiente marino e del
litorale del Mediterraneo e ai suoi protocolli, le parti istituiscono un quadro
comune per la gestione integrata delle zone costiere del Mediterraneo e
adottano le misure necessarie per rafforzare la cooperazione regionale in tale
settore.
L’articolo 27 prevede la cooperazione per lo scambio di informazioni sull'uso
delle migliori pratiche ambientali. In particolare, il comma 2 prevede che
devono essere a) definiti gli indicatori per la gestione costiera, tenendo in
considerazione quelli esistenti e cooperare nell'impiego di tali indicatori; b)
fissate e quindi aggiornate le valutazioni dell'uso e della gestione delle zone
costiere; c) intraprese attività di interesse comune, come progetti dimostrativi
di gestione integrata della zona costiera, ossia elaborare progetti pilota di
GIZC.
Articolo 27 Scambio di informazioni e attività di interesse comune
1. Le parti si impegnano, direttamente o con l’aiuto dell’organizzazione o delle
organizzazioni internazionali competenti, a cooperare allo scambio di
informazioni sull’uso delle migliori pratiche ambientali.
2. Con l’aiuto dell’organizzazione, le parti devono in particolare:
a) definire indicatori di gestione delle zone costiere, tenendo conto di quelli
esistenti, e cooperare all’utilizzo di tali indicatori;
b) effettuare valutazioni dell’utilizzo e della gestione delle zone costiere e
aggiornare le valutazioni esistenti;
c) realizzare attività di comune interesse, quali progetti dimostrativi di
gestione integrata delle zone costiere.
La cooperazione deve essere finalizzata in particolare a trasferire e diffondere
le best practices da un Paese all’altro, diffondere e trasferire. In questo senso
un ruolo estremamente significativo lo hanno i progetti dimostrativi che
possono rappresentare modelli di riferimento per quanto riguarda le criticità
che si possono incontrare nella implementazione della GIZC in un Paese e le
soluzioni che di volta in volta vengono adottate per porvi rimedio. Un esempio
sono certamente i progetti CAMP (da Coastal Area Management Programmes)
coordinati dal Priority Actions Programme Regional Activity Centre (PAP/RAC).
L’articolo 25, sulla formazione e ricerca, richiede la cooperazione nella
formazione di personale specializzato nella gestione integrata delle zone
51
costiere, attraverso un’adeguata preparazione tecnico-scientifica delle nuove
figure professionali, supportata, a livello internazionale, dallo scambio di
informazioni e dati, nonché dal coordinamento dei programmi di ricerca
nazionali. L’articolo non comporta oneri diretti a carico del bilancio dello Stato.
Articolo 25 Formazione e ricerca
1. Le parti si impegnano, direttamente o con l’aiuto dell’organizzazione o delle
organizzazioni internazionali competenti, a cooperare alla formazione del
personale scientifico, tecnico e amministrativo nel settore della gestione
integrata delle zone costiere, in particolare al fine di:
a) individuare e rafforzare le capacità;
b) sviluppare la ricerca scientifica e tecnica;
c) promuovere centri specializzati nella gestione integrata della zona costiera;
d) promuovere programmi di formazione destinati ai professionisti locali.
2. Le parti si impegnano, direttamente o con l’aiuto dell’organizzazione o delle
organizzazioni internazionali competenti, a promuovere la ricerca scientifica e
tecnica sulla gestione integrata delle zone costiere, in particolare attraverso lo
scambio di informazioni scientifiche e tecniche e il coordinamento dei rispettivi
programmi di ricerca su materie di interesse comune.
L’articolo 26 richiede il ricorso, direttamente o con l’aiuto dell’Organizzazione o
delle organizzazioni internazionali competenti, alla
cooperazione
per fornire
assistenza tecnica e scientifica, ivi incluso l’accesso a tecnologie compatibili con
l’ambiente e il loro trasferimento.
Articolo 26 Assistenza scientifica e tecnica
Ai fini della gestione integrata delle zone costiere le parti si impegnano,
direttamente o con l’aiuto dell’organizzazione o delle organizzazioni
internazionali competenti, a cooperare al fine di fornire assistenza tecnica e
scientifica e altre possibili forme di assistenza alle parti che lo richiedano,
anche per quanto riguarda l’accesso a tecnologie ecocompatibili e il
trasferimento di tali tecnologie.
Il Protocollo richiede che venga implementata una cooperazione internazionale
su alcuni ambiti specifici come:
educazione e informazione attraverso
programmi educativi e attività di formazione e pubblica istruzione sulla
gestione integrata delle zone costiere; la formazione di un network (al livello
amministrativo e scientifico adeguato), tra le zone costiere del Mediterraneo,
finalizzato a promuovere e favorire lo scambio di esperienze scientifiche, dati e
buone pratiche; la protezione dei paesaggi, in particolare attraverso azioni
congiunte tra Paesi su paesaggi costieri transnazionali; la protezione di habitat
marini.
52
L’articolo 24 stabilisce che, per far fronte ai disastri naturali, sia promossa la
cooperazione internazionale e siano adottate le misure necessarie per
contrastare in modo tempestivo i loro effetti. A tal fine, dovranno essere
coordinati i sistemi di rilevamento, avviso e comunicazione per garantire la
immediata trasmissione delle informazioni sui disastri naturali di maggior
rilievo e, al contempo; dovranno essere comunicati all'Organizzazione le
autorità nazionali competenti per diffondere e ricevere tali informazioni; dovrà
essere promossa la cooperazione a tutti i livelli per fornire prontamente
assistenza umanitaria in risposta ai disastri naturali che interessano le zone
costiere del Mar Mediterraneo
Articolo 24 Risposta ai disastri naturali
1. Le parti si impegnano a promuovere la cooperazione internazionale per far
fronte ai disastri naturali e a prendere tutte le misure necessarie per
contrastarne tempestivamente gli effetti.
2. Le parti si impegnano a coordinare l’utilizzo dei mezzi di rilevamento,
allarme e comunicazione di cui dispongono, facendo ricorso ai meccanismi e
alle iniziative esistenti, per garantire nei tempi più brevi possibili la
trasmissione di informazioni urgenti sulle catastrofi naturali gravi. Le parti
notificano all’organizzazione le autorità nazionali competenti a fornire e
ricevere tali informazioni nell’ambito dei pertinenti meccanismi internazionali.
3. Le parti si impegnano a promuovere la cooperazione reciproca e la
cooperazione tra autorità nazionali, regionali e locali, organizzazioni non
governative e altre organizzazioni competenti al fine di predisporre
tempestivamente un’adeguata assistenza umanitaria in risposta alle catastrofi
naturali che colpiscono le zone costiere del Mediterraneo.
Nella prevenzione e gestione di eventi quali gli tsunami, i terremoti (anche
sommersi) e le eruzioni vulcaniche, il Protocollo chiede una cooperazione
internazionale. Come per la definizione della setback zone, e per il meccanismo
adottato nel coordinamento della strategia nazionale, anche in questo caso il
Protocollo chiede ai Paesi che venga comunicato esplicitamente l’autorità
nazionale competente per l’individuazione, il sistema di controllo e la
comunicazione dei disastri naturali.
Al pari degli altri Protocolli della Convenzione di Barcellona, all’articolo 31 viene
definito il sistema di reporting. Esso prevede infatti che dovranno essere
predisposte delle relazioni sull'attuazione del Protocollo e sulle misure adottate,
la loro efficacia ed i problemi riscontrati nella loro attuazione, nonché sulla sua
implementazione, relazioni queste da sottoporre alle riunioni ordinarie delle
53
Parti Contraenti nella forma ed entro le scadenze stabilite durante gli incontri.
Le attività previste dall’articolo rientrano tra le attribuzioni del Ministero
dell’ambiente - Direzione Generale protezione della natura e del mare e,
pertanto, non comportano oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato.
Articolo 31 Relazioni
Le parti presentano relazioni sull’attuazione del presente protocollo alle
riunioni ordinarie delle parti contraenti, nella forma e con la frequenza da esse
stabilite. Le relazioni specificano le misure adottate, il loro grado di efficacia e
le difficoltà incontrate nella loro attuazione.
Infine, nell’articolo 35 è previsto che le Parti coinvolgeranno, qualora se ne
verifichi la necessità, gli Stati e le Organizzazioni internazionali che non sono
Parti Contraenti del Protocollo nelle attività di implementazione dello stesso.
Inoltre, è previsto che le Parti non intraprenderanno azioni in contrasto con i
principi e gli obiettivi del Protocollo.
Articolo 35 Relazioni con i terzi
1. Le parti invitano gli Stati che non sono parti e le organizzazioni
internazionali a cooperare, all’occorrenza, all’applicazione del presente
protocollo.
2. Le parti si impegnano ad adottare opportune misure, conformi al diritto
internazionale, intese a garantire che nessuno intraprenda attività che
contrastino con i principi e gli obiettivi del presente protocollo.
Nel caso del Settore Pesca e Acquacoltura, particolarmente significativo
sarebbe
il coinvolgimento
di Organizzazioni internazionali
quali
l’ICCAT
(International Commission for the Conservation of Atlantic Tunas) e la General
Fisheries
Commission
for
the
Mediterranean
all’applicazione del presente protocollo.
54
(GFCM)
per
cooperare
3. La Raccomandazione GIZC
3.1 Introduzione
Nel Diritto Comunitario la Raccomandazione è un atto non vincolante, diretto
agli Stati membri, che invita a conformarsi a specifiche linee politiche, lì dove
non
sia
possibile
Raccomandazione
e/o
del
necessario
ricorrere
Parlamento
Europeo
a
e
norme
del
vincolanti.
Consiglio
La
relativa
all'Attuazione della gestione integrata delle zone costiere in Europa è stata
adottata
dal
Consiglio
e
dal
Parlamento
Europeo
il
30
Maggio
2002
(2002/413/CE). Da indagini e studi precedenti l’Unione europea registrava un
significativo aumento della pressione antropica sulle risorse costiere, in
particolare dovuta ad un incremento della popolazione costiera, ad uno
sviluppo delle infrastrutture in prossimità della costa e ad un turismo di massa
concentrato
dall’esigenza
in
di
specifici
periodi
attuare,
tenendo
dell’anno.
conto
La
delle
Raccomandazione
specificità
locali
nasce
(attività
economiche, usanze tradizionali, disparità di istituzioni e governance) da
integrare su scala più ampia, una gestione delle zone costiere che sia
sostenibile a livello ambientale, equa a livello economico, responsabile a livello
sociale, sensibile a livello culturale.
Attraverso la Raccomandazione 2002/413/CE, il Parlamento Europeo ed il
Consiglio hanno infatti sollecitato gli Stati membri sotto diversi aspetti relativi
alla gestione della costa, molti dei quali vedono il coinvolgimento del MIPAAF,
che si possono riassumere nei seguenti:
a) Definire in cooperazione con le Autorità Regionali, una strategia
nazionale di applicazione dei principi di gestione integrata delle zone
costiere. Naturalmente, il MIPAAF, in questo ambito, dovrà esprime e
partecipare
attivamente
alla
definizione
della
strategia
nazionale,
coinvolgendo i vari attori regionali, tenendo in considerazione i seguenti
aspetti:
-
Provvedere attivamente al coordinamento per le materie di propria
competenza;
-
Utilizzare strumenti di pianificazione per una corretta gestione del
demanio marittimo;
55
-
Provvedere alla stipula di contratti o accordi con gli utenti di settore;
-
Realizzare una corretta integrazione con le Istituzioni competenti a
regolare i rapporti della costa e terraferma;
-
Attuare eventuali disposizioni comunitarie;
-
Partecipare a programmi eventuali di formazione dei dipendenti del
proprio settore al fine di favorire l’applicazione dei principi di
gestione integrata delle coste.
b) Mantenere una prospettiva “olistica” tenuto conto che le zone costiere
rappresentano entità complesse. Il litorale, per esempio, è influenzato da
sistemi
idrologici,
geomorfologici,
socio-economici,
istituzionali
e
culturali. Il MIPAAF, pertanto, dovrà essere coinvolto in ogni azione che
sia
diretta
alla
buona
gestione
delle
coste,
tenendo
in
giusta
considerazione tutti i fattori che possano interagire tra terraferma e
mare.
c) Compiere, in cooperazione con le Autorità Regionali, una valutazione
globale approfondita per individuare i soggetti e le istituzioni, tra cui il
MIPAAF, che potranno e dovranno influenzare la pianificazione e la
gestione delle zone costiere.
d) Assicurare una prospettiva di lungo periodo che punti allo sviluppo delle
aree costiere. Il MIPAAF, nell’ottica di assicurare uno sviluppo, non a
breve, quindi, ma a lungo periodo, delle zone costiere, dovrà prevedere
progetti che necessitano una programmazione di un periodo rilevante,
con il rischio dell’incertezza del raggiungimento del risultato: da qui, si
rende
necessario
far
riferimento,
per
tutti
i
progetti
GIZC
che
seguiranno, dei principi della precauzione e della prevenzione. In
quest’ottica, ben si atteggiano, studi di settore e ricerche, come quelli
portati avanti dal gruppo di lavoro di cui faccio parte, che consentono,
anche attraverso progetti pilota, di capire i possibili impatti delle
56
strategie GIZC su tutti gli attori, istituzionali e non, coinvolti nel nuovo
sistema di gestione.
e) Anche per altri due principi quali, la costruzione di una elastica gestione,
che si fondi su una base scientifica e su conoscenze sempre aggiornate,
nonché sul mantenimento della specificità locale, che deve partire da una
conoscenza approfondita delle caratteristiche tutte del territorio, uno
studio quale quello di cui al precedente punto d) rappresenta, per il
MIPAAF, uno strumento assai utile per rispondere alle sfide che dovrà
affrontare.
f) Consentire la partecipazione di tutte le parti interessate. Il MIPAAF,
pertanto, nelle materie di propria competenza, dovrà assicurare la
partecipazione dei vari enti non governativi, organizzazioni ed individui
portatori di interessi economici, sociali e ambientali, in modo da
arricchire il processo conoscitivo di elementi utili ad identificare le
problematiche concrete delle specifiche aree costiere.
g) Sostenere e coinvolgere le Amministrazioni competenti. Premesso che il
nostro ordinamento giuridico statale distingue sovente tra leggi che si
applicano al versante terrestre e leggi che si applicano al versante
marino della fascia costiera, il MIPAAF, interagendo con il Ministero
dell’Ambiente, dovrà cercare di coordinare le diverse politiche ed
assicurare la coerenza e la compatibilità dei molteplici strumenti di
natura regolamentare ed amministrativa incidenti sulle zone costiere.
Un principio espresso dalla Raccomandazione molto significativo è quello di
assicurare una prospettiva di lungo periodo, che punti dunque ad uno sviluppo
delle aree in questione duraturo sotto il profilo economico ed occupazionale e
sostenibile sotto il profilo ambientale, tenendo conto delle necessità non
soltanto delle generazioni presenti ma anche di quelle future. La gestione
integrata dovrebbe dunque avere un orizzonte temporale lungo: ciò implica la
57
necessità di programmare ed agire in condizioni di maggior incertezza e quindi
anche la necessità di far riferimento oltre che al criterio-principio della
prevenzione a quel lo della precauzione. Ancora, costruire una gestione elastica
ed adattabile, che si fondi su una base scientifica solida e su dati e conoscenze
costantemente aggiornati e che sia corrispondentemente in grado di rispondere
ai mutamenti della realtà e delle conoscenze. La complessità propria dei
sistemi ecologici e di risorse costituenti le zone costiere e la loro continua
evoluzione richiedono a loro volta un sistema di gestione in grado di adattarsi
progressivamente al mutare della realtà ed all’evolversi delle conoscenze. Un
altro principio molto importante è quello di mantenere la specificità locale,
partendo da una conoscenza approfondita delle caratteristiche fisiche, sociali,
culturali, istituzionali ed economiche dell’area e costruendo soluzioni fondate su
quelle
specifiche
caratteristiche,
dal
che
dovrebbe
conseguire
il
ruolo
fondamentale della partecipazione degli interessi sul territorio e delle istituzioni
locali. Al pari del precedente è il principio di rispettare i processi naturali e la
capacità di assorbimento degli ecosistemi (vedi dopo) al fine di rendere le
attività umane “più rispettose dell’ambiente, responsabili sul piano sociale e
valide da un punto di vista economico a lungo termine”, ciò che richiede una
gestione
sostenibile
delle
risorse
naturali
marine
e
costiere.
La
Raccomandazione richiede la partecipazione di tutte le parti interessate (enti
non governativi, organizzazioni ed individui portatori di interessi economici,
sociali, ambientali, etc.) al processo di gestione, arricchendo così il processo
conoscitivo di elementi utili ad identificare le problematiche concrete delle
specifiche aree costiere, condividendo la costruzione di motivazioni e di
responsabilità, infine contribuendo a ridurre la conflittualità tra le parti
interessate, nonché ad elaborare soluzioni efficaci ed effettive, al pari del
Protocollo GIZC. Per il Settore di Pesca e Acquacoltura risluta particolarmente
interessante il princio secondo cui i Paesi membri sono tenuti a sostenere e
coinvolgere tutte le amministrazioni competenti nei diversi settori e ai diversi
livelli in modo da coordinare le diverse politiche ed assicurare la coerenza e la
compatibilità
dei
molteplici
strumenti
di
natura
regolamentare
ed
amministrativa incidenti sulle zone costiere. Di norma, infatti, gli ordinamenti
58
giuridici statali distinguono tra leggi che si applicano al versante marino della
fascia costiera e leggi che si applicano al versante terrestre, leggi che
riguardano uno specifico settore ambientale o socio-economico senza prendere
in considerazione globalmente gli altri settori o profili afferenti alle zone
costiere.
A
tale
diversificazione
normativa
corrisponde
inoltre
una
frammentazione delle competenze con conseguenti problemi di coordinamento
e coerenza delle diverse politiche ed azioni di gestione.
Il testo della Raccomandazione GIZC è suddiviso in sei capitoli: Capitolo I Un
approccio strategico; Capitolo II Principi; Capitolo III Valutazione nazionale;
Capitolo
IV
Strategie
nazionali;
Capitolo
Presentazione della relazione e riesame.
59
V
Cooperazione;
Capitolo
VI
3.2 Indicazioni della Raccomandazione GIZC sull’adeguamento delle politiche dei
settori correlati alla costa e sulla regolazione delle attività costiere
Nel capitolo III (Valutazione nazionale), nella richiesta di condurre o aggiornare
una valutazione dei soggetti principali, leggi e istituzioni che influenzano la
gestione della zona costiera, vengono indicati i settori da considerare (lista
comunque non esaustiva): pesca e acquacoltura, trasporti, energia, gestione
delle risorse, tutela delle specie naturali e degli habitat, patrimonio culturale,
occupazione, sviluppo regionale nelle aree rurali e urbane, turismo e settore
ricreativo, industria e settore estrattivo, gestione dei rifiuti, agricoltura e
istruzione. Tra le altre azioni viene inoltre richiesto di fare il punto delle
politiche e delle misure legislative applicabili nei suindicati settori. Nel capitolo
I (Un approccio strategico), si danno alcuni elementi su come le politiche dei
settori correlati alla costa e la regolazione delle attività costiere debbano
adeguarsi per dare attuazione alla gestione integrata delle zone costiere
attraverso un quadro di riferimento concertato a livello europeo. Gli Stati
membri, infatti vengono invitati ad adottare un approccio strategico basato su
protezione dell’ambiente costiero, riconoscimento della minaccia rappresentata
dai cambiamenti climatici, difesa degli insediamenti costieri e del loro
patrimonio culturale, opportunità economiche e possibilità di impiego sul lungo
periodo, un sistema sociale e culturale soddisfacente, la conservazione delle
comunità costiere isolate e la promozione della loro coesione. Anche nel
Capitolo II (Principi), nel richiedere la formulazione di una strategia nazionale,
vengono forniti i principi che dovrebbero ispirare l’adeguamento delle politiche
settoriali e la regolazione delle attività prossime alla costa al fine di garantire la
buona gestione delle risorse e degli ecosistemi costieri individuando e
valorizzando al massimo le buone prassi da seguire in ciascun settore. I settori
sono chiamati a disciplinarsi con riferimento alle sinergie eventualmente
riscontrabili con altri settori nell’ottica di una prospettiva globale di ampia
portata capace di includere l’interdipendenza e la diversità dei sistemi naturali,
ma soprattutto quella delle attività umane che esercitano un impatto sulle zone
costiere. Politiche e regolazione delle attività dovrebbero poi fare riferimento
ad una base scientifica solida per quanto riguarda l’evoluzione delle zone
60
costiere, così da assicurare la capacità di adattarsi in modo graduale
all’evoluzione dei problemi e delle conoscenze. Sempre nel Capitolo II, la
Raccomandazione indica l’esigenza di fare ricorso ad un sistema di diversi
strumenti diretti a favorire la coerenza tra gli obiettivi delle politiche settoriali e
tra pianificazione e gestione, che sarebbe certamente a beneficio di un efficace
adeguamento delle politiche dei settori correlati alla costa e di una regolazione
delle attività costiere adeguata.
3.3 Indicazioni della Raccomandazione GIZC sui processi di governance
Nel Capitolo I viene auspicato il migliore coordinamento possibile delle misure
adottate da tutte le autorità interessate, sia marittime che terrestri, nella
gestione dell’interazione mare-terra. Nel Capitolo III la valutazione nazionale,
finalizzata ad aggiornare la fotografia della struttura e del funzionamento della
governance
costiera
dei
Paesi
europei,
deve
riguardare
tutti
i
livelli
amministrativi, individuando se e come vengano considerati e valorizzati gli
interessi, il ruolo e le preoccupazioni dei cittadini, delle organizzazioni non
governative e del settore economico. Sempre nello stesso capitolo si invita a
garantire che venga adottato l’approccio ecosistemico che è in grado di
supportare la gestione sostenibile delle risorse naturali assicurandone la
capacità
di
rinnovo
attraverso
la
conservazione
dell’integrità
e
del
funzionamento dei sistemi ecologici a beneficio tanto della componente marina
che di quella terrestre. Anche nel Capitolo II si fa riferimento all’impiego dei
processi naturali e al rispetto della capacità di assorbimento degli ecosistemi
per rendere le attività umane più rispettose dell’ambiente, responsabili sul
piano sociale e valide da un punto di vista economico a lungo termine,
attraverso una governance che sia in grado di coinvolgere tutte le parti
interessate quali partner economici e sociali, organizzazioni che rappresentano
i residenti delle zone costiere, organizzazioni non governative e il settore
economico, nel processo di gestione; facendo riferimento, tra le altre
possibilità, ad accordi e basata su responsabilità condivise. Nello stesso
Capitolo viene esplicitata la necessità di articolare una rete di organi
amministrativi competenti a livello nazionale, regionale e locale, creando o
61
mantenendo tra di loro vincoli appropriati con l’obiettivo di migliorare il
coordinamento delle varie politiche esistenti. Questo per poter rispondere alla
necessità di istituire, ove del caso, un partenariato con e tra le autorità
regionali e locali. Anche nel caso della Raccomandazione (Capitolo II) si indica
quale caratteristica fondamentale della gestione integrata della zona costiera
quella di rendere conto delle specificità locale e della grande diversità delle
zone costiere europee, per poter rispondere alle loro necessità concrete con
soluzioni specifiche e misure flessibili. Specifici processi di governance sono in
grado di assicurare tutto questo; nel Capitolo IV (Strategie nazionali) si
richiede infatti, nell’ambito della strategia nazionale che ciascun Paese membro
deve elaborare, di individuare i ruoli dei diversi soggetti amministrativi che nel
paese o nella regione sono responsabili per le attività e le risorse concernenti
le zone costiere, nonché i meccanismi che ne promuovano e facilitino un’azione
coordinata.
Questa
analisi
dei
diversi
ruoli
dei
soggetti
amministrativi
permetterebbe infatti un controllo e monitoraggio adeguati, una strategia
adeguata ed efficace e, non meno importante la coerenza delle azioni da
implementare. Sempre nello stesso capitolo si invitano i Paesi membri ad
individuare la miglior combinazione di strumenti in grado di garantire
l’attuazione dei principi, che la Raccomandazione riporta al Capitolo II,
nell’ambito del quadro giuridico e amministrativo nazionale, regionale o locale
e ad definire il modo in cui adeguati programmi di formazione e istruzione a
livello nazionale possono favorire l’applicazione dei principi di gestione
integrata nelle zone costiere. Nello sviluppare le proprie strategie nazionali
GIZC (Capitolo IV), e con riferimento ai processi di governance (strutturazione
e funzionamento dei soggetti amministrativi coinvolti) nella Raccomandazione
si richiede inoltre di considerare l’opportunità di sviluppare programmi
strategici per le coste a livello nazionale per promuovere la gestione integrata
e assicurare quindi il controllo della futura urbanizzazione e dello sfruttamento
delle zone non urbane rispettando nel contempo le caratteristiche naturali
dell’ambiente costiero. Al Capitolo VI (Presentazione della relazione e riesame)
si fa esplicito riferimento a come la governance di ciascun paese deve essere in
grado di interagire con la Commissione in materia di GIZC e relativamente al
62
monitoraggio e valutazione del conseguimento degli obiettivi preposti e della
integrazione dei principi ispiratori della Raccomandazione. Gli Stati membri
sarebbero quindi tenuti a trasmettere alla Commissione le esperienze raccolte
in seguito all’attuazione Raccomandazione, attraverso specifiche Relazioni. Tali
relazioni, accessibili anche al pubblico, devono includere una serie di
informazioni quali: (i) i risultati della valutazione approfondita compiuta a
livello nazionale; (ii) la o le strategie proposte a livello nazionale per
l’attuazione della gestione integrata delle zone costiere; (iii) un riassunto delle
azioni intraprese, o da intraprendere, per attuare la o le strategie nazionali;
(iv) una valutazione dell’impatto previsto che la o le strategie possono
esercitare sullo stato delle zone costiere; (v) una valutazione dell’attuazione
della legislazione e delle politiche comunitarie aventi un impatto sulle zone
costiere.
63
3.4 Indicazioni della Raccomandazione GIZC sulla pianificazione spaziale della
zona costiera
In materia di pianificazione spaziale della zona costiera, già al Capitolo I si
richiede che vengano garantiti adeguati spazi liberi accessibili al pubblico per
attività ricreative e per ragioni estetiche. Da questo punto di vista al Capitolo
II, che enuncia i principi ai quali la gestione integrata dovrebbe ispirarsi, si fa
riferimento al fatto che la GIZC dovrebbe avere una prospettiva globale di
ampia portata sia tematica che geografica, e che dovrebbe prevedere un
sistema di diversi strumenti (vedi sopra) che favorisca la coerenza anche tra
pianificazione e gestione del territorio costiero. Secondo la raccomandazione
europea, una buona gestione delle zone costiere si basa su alcuni specifici
“principi”, tra cui quello di mantenere una prospettiva “olistica” di ampia
portata (tematica e geografica): le zone costiere sono entità complesse,
confine fisico, interfaccia tra terra e mare, aree soggette a dinamiche il più
delle volte molto più veloci di quelle coinvolgenti altri spazi nonché a rischi e
problemi che possono avere origini anche remote. Per principio “olistico” si
intende che, le proprietà di un sistema non possano essere spiegate
esclusivamente tramite le sue componenti, di fatti, in particolare nel caso del
litorale, lo stesso è influenzato da una molteplicità di fattori intercorrelati e
legati a loro volta a sistemi o sub-sistemi idrologici, geomorfologici, socioeconomici, istituzionali e culturali aventi diverse dimensioni e dinamiche. Una
buona gestione delle coste deve dunque tener conto di quei fattori e dei relativi
effetti diretti, indiretti e cumulativi su una zona, peraltro non definibile a priori
in quanto caratterizzata da un grado di interazione tra terraferma e mare,
variabile a seconda delle specifiche realtà considerate. Quanto alla ampiezza
della “portata tematica” si è già detto che la raccomandazione europea
richiama, senza intenti esaustivi, una serie di settori ed aree che debbono
essere considerati. Non viene invece definita in alcun modo la portata
geografica e neppure fornita una definizione di area o zona costiera.
Diversamente, il Protocollo sulla gestione integrata delle zone costiere del
Mediterraneo fornisce una definizione di zona costiera, che peraltro non
consente di stabilire precisamente l’ambito giuridico di applicazione del
64
Protocollo. Quest’ultimo viene stabilito nell’art. 3 del Protocollo stesso: esso è
compreso tra il limite esterno del mare territoriale e il limite delle unità costiere
competenti come definite dagli Stati aderenti, naturalmente per il versante
terra. E’ peraltro consentito alle Parti di stabilire limiti diversi. La pianificazione
spaziale della zona costiera potrebbe anche essere inclusa in strategie o in
programmi geograficamente più estesi atti a promuovere la gestione integrata
di un’area più ampia (Capitolo IV), che assicurino comunque il controllo della
futura urbanizzazione e dello sfruttamento delle zone non urbane rispettando
nel contempo le caratteristiche naturali dell’ambiente costiero. Nel Capitolo IV
si fa esplicito riferimento alla opportunità di istituire meccanismi per l’acquisto
di terreni e per l’istituzione di aree pubbliche demaniali al fine di consentire
l’accesso del pubblico per attività ricreative, fatta salva la protezione delle zone
sensibili; ed ancora di concludere contratti o accordi volontari con gli utenti
delle zone costiere compresi accordi in materia ambientale conclusi con
l’industria, prevedere incentivi economici e fiscali e ricorrere a meccanismi
regionali di pianificazione dello sviluppo. Sempre nello stesso Capitolo si chiede
di rafforzare o mantenere le legislazioni, le politiche e i programmi nazionali e,
se del caso, regionali o locali, che riguardano nel contempo le aree marine e
terrestri delle zone costiere. Ed anche per quanto riguarda la pianificazione
spaziale costiera da includere nelle startegie nazionali, la Raccomandazione
chiede di individuare provvedimenti atti a promuovere le iniziative dal basso
verso l’alto e la partecipazione del pubblico e prevedere gli opportuni sistemi
per il monitoraggio delle zone costiere e la diffusione al pubblico delle
informazioni che lo riguardano. Tali sistemi dovrebbero raccogliere e fornire
informazioni nelle forme più adatte alle esigenze dei decisori nazionali,
regionali e locali, in modo da facilitare la gestione integrata. A tal fine possono
servire come base, fra l’altro, i lavori dell’Agenzia europea dell’ambiente. I dati
dovrebbero essere messi a disposizione del pubblico conformemente alla
normativa comunitaria in materia.
65
3.5 Indicazioni della Raccomandazione GIZC sulla Cooperazione Regionale
La Raccomandazione invita gli Stati a definire la strategia nazionale in
cooperazione con le autorità regionali interne ed eventuali organizzazioni
interregionali e individuando le organizzazioni interregionali e le strutture di
cooperazione pertinenti. La Cooperazione Regionale, da perseguire attraverso
azioni strategiche, coordinate e concertate anche a livello locale, così come
attraverso azioni, che siano coerenti a livello europeo, comprese quelle in
favore della collaborazione e della consultazione con organizzazioni marittime
regionali o organizzazioni internazionali, in particolare per affrontare i problemi
delle zone costiere transfrontaliere. In particolare, al Capitolo V (Cooperazione)
si invitano gli Stati membri ad incoraggiare, avviare o mantenere un dialogo ed
applicare le convenzioni in vigore con i paesi vicini, inclusi i paesi terzi che
fanno capo al medesimo mare regionale, per istituire meccanismi atti a
promuovere
un
transnazionali.
miglior
Inoltre
coordinamento
essi
dovrebbero
delle
soluzioni
collaborare
ai
attivamente
problemi
con
le
istituzioni comunitarie e con le altre parti interessate delle zone costiere per
agevolare la progressiva elaborazione di un approccio comune alla gestione
integrata delle zone costiere e esaminano la necessità di istituire un forum
europeo dei soggetti interessati delle zone costiere (esaminando la possibilità
di
avvalersi
delle
istituzioni
e
delle
convenzioni
già
esistenti).
La
Raccomandazione indica anche di identificare le fonti di finanziamento durature
(Capitolo VI) per le iniziative di gestione integrata delle zone costiere laddove
necessario, e valutare come sfruttare al meglio i meccanismi di finanziamento
esistenti sia a livello comunitario che nazionale; e di (sempre Capitolo VI) f)
definire i meccanismi atti ad assicurare l’attuazione e l’applicazione integrali e
coordinate delle normative comunitarie e delle politiche che hanno un’incidenza
sulle
zone
costiere,
ivi
compreso
all’atto
comunitarie.
66
del
riesame
delle
politiche
4. La Direttiva Quadro per la Tutela dell’Ambiente Marino
4.1 Introduzione
Nel Diritto Comunitario la Direttiva è un atto di carattere normativo che vincola
gli Stati membri destinatari per quanto riguarda obblighi di risultato: questo
può essere conseguito attraverso la forma e i mezzi scelti liberamente dai
Paesi
membri.
Le
Direttive
comunitarie
non
possono
essere
applicate
parzialmente, una volta adottate, devono essere successivamente recepite da
ciascuno Stato membro e attuate con legge nazionale. Nell'adozione delle
misure di portata nazionale che consentono di conformarsi ai risultati previsti
dalla direttiva, lo Stato deve inoltre comunicare la forma e i mezzi attraverso i
quali la direttiva è stata recepita. La Direttiva Quadro sulla Strategia per
l'Ambiente Marino (2008/CE/56, MSFD) 10 prevede che ogni Stato Membro
sviluppi una strategia per il conseguimento o il mantenimento del Buono Stato
Ambientale (“Good Environmental Status”, GES) dell’ambiente marino entro il
2020. Con il Decreto Legislativo n. 190/201011 di recepimento della Direttiva,
l’Italia dispone del contesto giuridico per affrontare organicamente una
protezione dei suoi mari basata sulla conoscenza effettiva dello stato
dell’ambiente su scala nazionale. La prima fase di tale processo è la
valutazione iniziale (art. 8 ).
Sul piano dei contenuti della valutazione iniziale, il decreto stabilisce che
vengano considerati i seguenti tre aspetti (art. 8, c. 1):
a) un'analisi degli elementi, delle caratteristiche essenziali e dello stato
ambientale attuale della regione marina, sulla base dell'elenco indicativo degli
elementi riportati nella tabella 1 dell'allegato III;
b) un'analisi dei principali impatti e delle pressioni che influiscono sullo stato
ambientale della regione o sottoregione marina, sulla base dell'elenco
indicativo degli elementi di cui alla tabella 2 dell'allegato III, la quale tenga
conto delle tendenze rilevabili e consideri i principali effetti cumulativi e
sinergici, e delle valutazioni pertinenti, effettuate in base alla vigente
legislazione comunitaria;
10
Direttiva 2008/56/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 17 giugno 2008 che istituisce un quadro per l’azione comunitaria nel campo
della politica per l’ambiente marino (GU L 164 (2008), p. 19)
11
Decreto legislativo 13 ottobre 2010, n. 190. Attuazione della direttiva 2008/56/CE che istituisce un quadro per l'azione comunitaria nel campo
della politica per l'ambiente marino. (GU n. 270 del 18-11-2010)
67
c) un'analisi degli aspetti socio-economici dell'utilizzo dell'ambiente marino e
dei costi del suo degrado
La valutazione iniziale dello stato ambientale marino è da effettuare sulla base
dei dati e delle informazioni esistenti (art. 8, c. 1) e l’operazione di raccolta dei
dati/informazioni è sostenuta dalla previsione che “le amministrazioni dello
Stato, i soggetti pubblici e privati che, nell’esercizio delle proprie attività,
producono o detengono dati e informazioni utili ai fini della valutazione di cui al
comma 1 sono tenuti, su richiesta del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del
Territorio e del Mare, a metterli a disposizione (…)” (art. 8, c. 2). Il Buono
Stato Ambientale è il concetto chiave della MSFD e quindi del Decreto. Tale
status ambientale è da conseguirsi per ciascuna delle tre sub-regioni marine
individuate per l’Italia: i) Mediterraneo occidentale, ii) Adriatico, iii) Ionio e
Mediterraneo centrale.
La seconda fase è la determinazione del buono stato ambientale (GES) (art. 9).
Il GES è da determinarsi sulla base di 11 descrittori qualitativi dell’ambiente
marino che fanno riferimento a molteplici aspetti degli ecosistemi marini, tra
cui la biodiversità, l’inquinamento, l’impatto delle attività produttive (allegato
I).
La
decisione
della
Commissione
europea
del
1°
settembre
2010
(2010/477/UE)12 delinea l'approccio da adottare per la determinazione del GES
delineando 26 criteri e 56 indicatori associati agli 11 descrittori. Tali criteri e
indicatori comprendono una combinazione di elementi relativi allo stato,
impatti e pressioni. Mentre alcuni criteri sono già adeguatamente sviluppati e
operativi, per altri è necessario allo stato attuale un ampliamento delle
conoscenze scientifiche e si rimanda perciò ad una futura revisione della
Decisione della CE. La terza fase è la definizione dei traguardi ambientali (art.
10) che aiuteranno a rilevare i progressi nel processo di conseguimento del
buono stato ambientale. Le fasi successive sono: l’elaborazione e attuazione di
programmi di monitoraggio (art.11) per la valutazione continua dello stato
ambientale, in funzione dei traguardi ambientali (entro il 15 luglio 2014) e
infine la predisposizione di programmi di misure (art.13) identificati per il
12
Decisione della Commissione 2010/477/UE del 1 settembre 2010 sui criteri e gli standard metodologici relativi al buono stato ambientale delle
acque marine
68
conseguimento o il mantenimento del buono stato ambientale (entro il 2015),
tenendo
conto
dell’impatto
socio-economico
delle
misure
proposte.
I
programmi dovranno essere operativi entro il 2016.
I rilievi generali per ciascuno di questi elementi sono definiti nel testo della
direttiva, insieme ad altre prescrizioni relative alle eccezioni, raccomandazioni
per
un’azione
comunitaria,
comunicazioni
e
valutazione
della
CE
e
l’aggiornamento, relazioni e informazione al pubblico. La MSFD ha una natura
“olistica” e considera perciò gli aspetti di coerenza con tutte le politiche
tematiche e settoriali suscettibili di provocare effetti sull’ambiente marino,
l’obiettivo della direttiva va inquadrato nel perseguimento di una gestione
adattativa, cioè di un “equilibrio dinamico” tra un “buono stato ambientale”
delle acque marine e uno sviluppo “sostenibile”, mediante l’uso appropriato sia
delle risorse marine sia dell’ambiente marino.
Il testo della Direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino è suddiviso
in sei capi: Capo I Disposizioni Generali; Capo II Strategie per l’Ambiente
Marino: Preparazione; Capo III Strategie per l’Ambiente Marino: Programmi Di
Misure; Capo IV Aggiornamento, Relazioni e Informazione del Pubblico; Capo V
Disposizioni Finali. Secondo la metodologia proposta si riportano le sezioni, gli
articoli, e le disposizioni nei quattro gruppi principali proposti da Rochette et al
(2012).
69
4.2 Predisposizioni della Direttiva Quadro sulla Strategia per l'Ambiente Marino
relative all’adeguamento richiesto alle politiche dei settori correlati alla costa e
alla regolazione delle attività costiere
(3)
L’ambiente marino costituisce un patrimonio prezioso che deve essere protetto,
salvaguardato e, ove possibile, ripristinato al fine ultimo di mantenere la biodiversità e
preservare la diversità e la vitalità di mari ed oceani che siano puliti, sani e produttivi.
A tale proposito la presente direttiva dovrebbe, fra l’altro, promuovere l’integrazione
delle esigenze ambientali in tutti gli ambiti politici pertinenti e costituire il pilastro
ambientale della futura politica marittima dell’Unione europea.
(9)
Per realizzare tali obiettivi occorre un quadro legislativo trasparente e coerente. Tale
quadro dovrebbe contribuir e alla coerenza delle diverse politiche e promuovere
l’integrazione delle preoccupazioni ambientali in altre politiche, quali la politica
comune della pesca, la politica agricola comune ed altre pertinenti politiche
comunitarie. Il quadro legislativo dovrebbe fornire un quadro globale d’azione e far sì
che le azioni adottate siano coordinate, coerenti e ben integrate in relazione a quelle
previste da altri atti normativi comunitari e accordi internazionali.
La Direttiva intende promuovere l’integrazione delle esigenze ambientali in
tutti gli ambiti politici pertinenti e costituire il pilastro della futura politica
marittima dell’Unione europea. Lo sviluppo e l’attuazione della Direttiva, volto
a preservare gli ecosistemi marini, agisce in coerenza con il quadro legislativo
esistente a livello comunitario e, data la natura transfrontaliera dell’ambiente
marino, in stretto coordinamento tra gli Stati membri e Paesi terzi nell’ambito
degli Accordi internazionali vigenti.
Tenuto conto del fatto che l’obiettivo generale della Direttiva è la preservazione
degli ecosistemi marini attraverso un approccio ecosistemico che riguardi tutte
le attività umane che hanno un impatto sull’ambiente marino, di seguito
elenchiamo le politiche comunitarie, direttive, azioni e Accordi internazionali
richiamati nel testo della Direttiva stessa.
1.
La Direttiva individua nella istituzione di aree marine protette e di reti
coerenti di tali aree uno strumento importante a tal fine. Tale impegno da
parte degli Stati membri è previsto in base all’obbligo di designare i siti Natura
2000 in virtù delle direttive “Habitat” (92/43/CEE) e “Uccelli” (79/409/CEE);
70
costituisce anche un impegno assunto dall’UE in seno alla Convenzione sulla
Diversità Biologica (CBD) (Decisione 93/626/CEE), nonché, per l’Italia, dal
Protocollo
sulle
aree
specialmente
protette
e
la diversità biologica in
Mediterraneo dell’UNEP-MAP.
Impegni
internazionali
e
obblighi
quali
la
derivano
nell’ambito
Convenzione
sulle
di
specie
numerosi
altri
migratorie
Accordi
(CMS)
e
l’ACCOBAMS sulla tutela dei cetacei nella regione mediterranea e aree
limitrofe, la Convenzione di Berna e la Convenzione di Washington (CITES) per
la tutela delle specie. Altri tavoli internazionali sul tema sono quelli concernenti
la istituzione di aree marine protette in alto mare, aperti in sede UNDOALOS
(UN Division for Ocean Affairs and the Law of the Sea) e presso l’IMO
(International Maritime Organization) con lo sviluppo delle Aree Marine
Particolarmente Sensibili (PSSA).
2.
In tema di protezione dell’ambiente marino dall’inquinamento per il
Mediterraneo, la Convenzione di Barcellona e i suoi protocolli attuativi
(Dumping, Nuovo Protocollo Emergency, Land Based Sources, SPA/BIO)
definiscono una serie di obblighi ed impegni al cui adempimento la Direttiva
deve contribuire. Inoltre, il programma di misure deve tener conto di quanto
realizzato con l’esecuzione delle Direttive 2000/60/CE, che istituisce un quadro
per l’azione comunitaria in materia di acque, della Direttiva 91/271/CEE del
Consiglio sul trattamento delle acque reflue urbane e della Direttiva 2006/7/CE
del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla gestione della qualità delle
acque di balneazione.
3.
Altro tema importante che vede l’integrazione delle diverse politiche
comunitarie con la Direttiva in parola, riguarda la Pesca. Al fine di conseguire i
propri obiettivi la Direttiva adotta misure volte a disciplinare la gestione della
pesca sulla base di pareri scientifici nell’ambito della politica comune della
pesca, quale definita nel regolamento CE n.2371/2002 del Consiglio, relativo
alla conservazione e allo sfruttamento sostenibile delle risorse della pesca. La
Direttiva, per permettere il mantenimento o il ripristino dell’integrità, della
71
struttura e del funzionamento degli ecosistemi e, se del caso, per proteggere,
tra l’altro, le zone di riproduzione, allevamento e alimentazione, considera, tra
le misure da adottare, la chiusura totale di talune zone alle attività di pesca.
Tabella 1. Politiche comunitarie, Direttive, azioni e Accordi internazionali richiamati nel testo
della Direttiva,il loro recepimento in Italia e le Autorità amministrative di riferimento
Riferimento
nella
Direttiva
2008/56/CE
Introduzione
punti 6,18
Introduzione
punto 6
Direttiva citata
Contenuto
Recepimento
Autorità
amministrativa
di riferimento
Direttiva 92/43/CEE
(Direttiva Habitat),
del 21 maggio 1992
Conservazione degli
habitat naturali e
seminaturali e della
flora e della fauna
selvatiche
Regolamento D.P.R. 8
settembre 1997 n.
357, modificato ed
integrato dal D.P.R.
120 del 12 marzo
2003
Ministero
dell’ambiente e
della tutela del
territorio e del
mare (MATTM)
Conservazione degli
uccelli selvatici
Legge n. 157 dell'11
febbraio 1992
integrata dalla Legge 3
ottobre 2002, n.221
MATTM,
Ministero delle
politiche
agricole,
alimentari e
forestali
(MiPAAF),
Regioni
MATTM
Direttiva
79/409/CEE
(Direttiva Uccelli
selvatici), del 2
aprile 1979
Introduzione
punto 7
Decisione Del
Consiglio
(93/626/CEE),
del 25 ottobre 1993
Relativa alla
conclusione della
Convenzione sulla
diversità biologica
Legge 14 febbraio
1994, n. 124 ratifica
ed esecuzione della
convenzione sulla
biodiversità, con
annessi, fatta a Rio de
Janeiro il 5 giugno
1992. ecologia.
Introduzione
punto 12
Direttiva
2000/60/CE, del
Parlamento
europeo e del
Consiglio, del 23
ottobre 2000
Istituisce un quadro
per l'azione
comunitaria in
materia di acque
D.Lgs 152/2006
“Norme in materia
ambientale”
MATTM
Decisione
98/392/CE del
Consiglio, del 23
marzo 1998
Relativa alla
conclusione,
dell’UNCLOS
(Convenzione delle
Nazioni Unite sul
diritto del mare) e
dell’accordo del 28
luglio 1994
sull’attuazione della
parte XI della
convenzione.
D. Lgs. 689/1994
Ministero degli
Affari Esteri
(MAE)
Introduzione
punto 17
72
Riferimento
nella
Direttiva
2008/56/CE
Introduzione
punto 19
Introduzione
punto 19
Direttiva citata
Decisione
77/585/CEE, del
Consiglio
(Convenzione di
Barcellona), del 19
settembre 1977
Decisione
1999/802/CE,
(Convenzione di
Barcellona), del
Consiglio, del 14
dicembre 1999
Introduzione
punto 19
Decisione
83/101/CE, del
Consiglio, del 12
marzo 1983
Introduzione
punto 19
Decisione
1999/801/CE, del
Consiglio, del 14
dicembre 1999
Contenuto
Recepimento
Autorità
amministrativa
di riferimento
Convenzione sulla
protezione
dell’ambiente marino
e del litorale del
Mediterraneo
Ratificata il 3 febbraio
1979 con Legge
25.1.1979, n. 30.
MATTM
ved. Tab. 2
MATTM
ved. Tab. 2
MATTM
ved. Tab. 2
MATTM
Modifiche del 1995
della convenzione
sulla protezione
dell’ambiente marino
e del litorale del
Mediterraneo
Protocollo relativo alla
protezione del mare
Mediterraneo
dall’inquinamento di
origine tellurica
Modifiche al
protocollo relativo alla
protezione del mare
Mediterraneo
dall’inquinamento di
origine tellurica
Art. 13
punto 2
Direttiva 91/271/CE
del Consiglio, del 21
maggio 1991
Trattamento delle
acque reflue urbane.
Art. 13
punto 2
Direttiva 2006/7/CE
del Parlamento
europeo e del
Consiglio, del 15
febbraio 2006
Gestione della qualità
delle acque di
balneazione
Regolamento CE
2371/2002 del
Consiglio, del 20
dicembre 2002
Conservazione e allo
sfruttamento
sostenibile delle
risorse della pesca
nell’ambito della
politica comune della
pesca
Introduzione
punto 39
La Direttiva in Italia è
stata recepita prima
dal D. Lgs. 152/99 e
adesso dal D. Lgs.
152/06.
Decreto Legislativo 30
maggio 2008, n. 116 Attuazione della
direttiva 2006/7/CE
relativa alla gestione
della qualità delle
acque di balneazione
e abrogazione della
direttiva 76/160/CEE.
MATTM
Ministero del
lavoro, della
salute e delle
politiche sociali
MiPAAF, Regioni
Tabella 2. Ratifica da parte dell’Italia della Convenzione di Barcellona e dei suoi Protocolli
73
Strumento legale
Convention for the Protection of the Mediterranean Sea
against Pollution,
amended as
Convention for the Protection of the Marine
Environment and the Coastal Region of the
Mediterranean
(Barcelona Convention)
The Protocol for the Prevention of Pollution of the
Mediterranean Sea by Dumping from Ships and Aircraft
(Dumping Protocol),
amended as
The Protocol for the Prevention of Pollution of the
Mediterranean Sea by Dumping from Ships and Aircraft
or Incineration at Sea
(Dumping Protocol)
The Protocol concerning Co-operation in Combating
Pollution of the Mediterranean Sea by Oil and other
Harmful Substances in Cases of Emergency
(Emergency Protocol)
The Protocol concerning Co-operation in Preventing
Pollution from Ships and, in Cases of Emergency,
Combating Pollution of the Mediterranean Sea
(Prevention and Emergency Protocol)
The Protocol for the Protection of the Mediterranean
Sea Against Pollution from Land-based Sources,
amended as
The Protocol for the Protection of the Mediterranean
Sea Against Pollution from Land-based Sources and
Activities
(LBS Protocol)
The Protocol Concerning Mediterranean Specially
Protected Areas
(SPA Protocol)
The Protocol concerning Specially Protected Areas and
Biological Diversity in the Mediterranean
(SPA & Biodiversity Protocol)
Protocol for the Protection of the Mediterranean Sea
Against Pollution Resulting from Exploration and
Exploitation of the Continental Shelf and the Seabed and
its Subsoil
(Offshore Protocol)
Protocol on the Prevention of Pollution of the
Mediterranean Sea by Transboundary Movements of
Hazardous Wastes and their Disposal
(Hazardous Wastes Protocol)
Protocol on Integrated Coastal Zone Management
(ICZM Protocol)
74
Firma
Ratifica
16-02-1976
3-02-1979
Adozione
modifiche
07-09-1999
16-02-1976
3-02-1979
7-09-1999
16-02-1976
3-02-1979
25-01-2002
17-05-1980
4-07-1985
3-04-1982
4-07-1985
10-06-1995
7-09-1999
14-10-1994
1-10-1996
21-01-2008
7-09-1999
4.3 Predisposizioni della Direttiva Quadro sulla Strategia per l'Ambiente Marino
relative ai processi di governance
(11)
Ogni Stato membro dovrebbe pertanto elaborare per le proprie acque marine una
strategia per l’ambiente marino che, benché specificamente concepita per le acque
nazionali, rispecchi la prospettiva globale della regione o sottoregione marina
interessata. Le strategie per l’ambiente marino dovrebbero condurre alla realizzazione
di programmi di misure finalizzati al conseguimento o al mantenimento di un buono
stato ecologico. Tuttavia, non dovrebbe essere fatto obbligo agli Stati membri di
adottare misure specifiche qualora non esista un rischio significativo per l’ambiente
marino o qualora i costi siano sproporzionati tenuto conto dei rischi per l’ambiente
marino, purché la decisione di non intervenire sia adeguatamente motivata.
(20)
I paesi terzi con acque marine nella stessa regione sottoregione marina di uno Stato
membro dovrebbero essere invitati a partecipare al processo previsto dalla presente
direttiva, facilitando in tal modo il conseguimento di un buono stato ecologico nella
regione o sottoregione marina interessata.
(21)
Ai fini del conseguimento degli obiettivi della presente direttiva è essenziale garantire
l’integrazione degli obiettivi di conservazione, delle misure di gestione e delle attività
di monitoraggio e valutazione previste per le misure di protezione spaziale, come le
zone speciali di conservazione, le zone speciali di protezione o le zonemarine protette.
Art. 19 Consultazione e informazione del pubblico
1. In conformità della normativa comunitaria vigente in materia, gli Stati membri
provvedono affinché a tutti i soggetti interessati sia offerta la tempestiva ed effettiva
possibilità di partecipare all’attuazione della presente direttiva, associando, ove
possibile, gli organi o le strutture di gestione esistenti, compresi le convenzioni
marittime regionali, i comitati consultivi scientifici e i consigli consultivi regionali.
Come strumenti di governance la direttiva obbliga a forme di coordinamento al
fine di garantire sia l’integrazione spaziale attraverso misure di gestione che la
partecipazione dell’attuazione della direttiva attraverso la consultazione ed
informazione del pubblico.
La direttiva quadro tiene in considerazione le diversità ambientali presenti nei
vari sistemi: la diversità delle condizioni, dei problemi e delle esigenze delle
varie regioni o sottoregioni marine che compongono l’ambiente marino nella
comunità e, a livello nazionale, delle acque territoriali, richiede soluzioni
differenziate e specifiche. Di tale diversità si deve tener conto in tutte le fasi di
preparazione delle strategie per l’ambiente marino, ma soprattutto durante la
75
formulazione, la pianificazione e l’attuazione delle misure volte a conseguire un
buono stato ambientale delle acque marine a livello delle regioni e sottoregioni.
Per la Direttiva le Regioni marine sono:




Mar Baltico
Oceano Atlantico nordorientale
Mar Mediterraneo
Mar Nero
Nel Mar Mediterraneo le sottoregioni sono:




Mar mediterraneo occidentale
Mare Adriatico
Mar Ionio e Mar Mediterraneo Centrale
Mar Egeo Orientale
Data la natura transfrontaliera dell’ambiente marino, gli Stati membri sono
chiamati a cooperare per garantire che le relative strategie siano elaborate in
modo coordinato per ogni regione o sottoregione marina. Dal momento che le
regioni o sottoregioni marine sono condivise sia con altri Stati membri che con
paesi terzi, si dovranno compiere tutti gli sforzi possibili, nella definizione e
nella attuazione delle strategie marine, per porre in essere uno stretto
coordinamento con tutti gli Stati membri e i paesi terzi interessati. Ove ciò sia
praticabile e appropriato, per garantire tale coordinamento ci si dovrà avvalere
delle strutture istituzionali esistenti nelle regioni o sottoregioni marine, in
particolare
delle
convenzioni
marittime
76
regionali,
quali,
per
l’Italia,
la
Convenzione di Barcellona ed i suoi Protocolli attuativi. Poiché, inoltre,
un’azione
a
livello
internazionale
è
indispensabile
al
fine
di
ottenere
cooperazione e coordinamento, è opportuno che in attuazione della presente
direttiva, si rafforzi ulteriormente la coerenza dell’intervento a livello della
Comunità e di ciascuno degli Stati membri nell’ambito di accordi internazionali.
L’effettiva attuazione della direttiva richiede che i programmi di misure siano
basati su una conoscenza approfondita dello stato dell’ambiente marino in una
determinata zona e siano quanto più possibile rispondenti ai bisogni delle
acque in questione per ogni area sistemica ambientale che abbia proprie e
differenziate caratteristiche da considerare, nel rispetto della prospettiva più
ampia della regione o sottoregione marina interessata. È, pertanto, necessario
provvedere alla messa a punto a livello nazionale di un quadro adeguato, che
includa la ricerca marina e le operazioni di monitoraggio, atto a consentire
un’elaborazione consapevole delle politiche conseguenti. A livello nazionale,
come a livello comunitario, il sostegno alla ricerca correlata dovrebbe, quindi,
essere costantemente contemplato nelle politiche di ricerca e di sviluppo.
In considerazione del dinamismo e della variabilità naturale degli ecosistemi
marini e dato che le pressioni e gli impatti cui sono soggetti possono variare in
funzione
dell’evoluzione
delle
varie
attività
umane
e
dell’impatto
dei
cambiamenti climatici, la determinazione di un buono stato ambientale può
dover essere adeguata nel corso del tempo. È, quindi, necessario che i
programmi di misure per la protezione e la gestione dell’ambiente marino siano
flessibili e capaci di adattamento e tengano conto degli sviluppi scientifici e
tecnologici. La direttiva prevede, pertanto, l’aggiornamento periodico delle
strategie per l’ambiente marino. Prevede, inoltre, la pubblicazione dei
programmi di misure e dei relativi aggiornamenti, nonché l’adempimento di
tutte le azioni occorrenti per assicurare la partecipazione attiva del pubblico
alla
definizione,
all’attuazione
e
all’aggiornamento
delle
strategie
per
l’ambiente marino. Sotto l’aspetto degli strumenti attuativi considerati, la
direttiva si caratterizza per privilegiare gli strumenti di pianificazione, di
coordinamento e di concertazione. La coerenza con le altre politiche settoriali
rilevanti, quali trasporti, pesca, turismo, infrastrutture, ricerca ed altre, è
77
perseguita attraverso l’integrazione e la cooperazione nell’adeguamento e
nell’aggiornamento
di
tali
politiche
settoriali
e
nella
definizione
delle
componenti attuative della direttiva stessa: la definizione di buono stato
ambientale, la determinazione dei traguardi ambientali, la individuazione del
sistema di monitoraggi e, in particolare, la definizione dei programmi di
misure, che costituiscono lo strumento operativo di conseguimento del GES,
ma che, per loro natura, dovranno formare “sistema” con tutti gli strumenti
operativi già in essere relativi alle specifiche politiche settoriali, inserendosi in
modo armonico in un contesto complessivo, mirante a formare una “politica
marittima integrata”, sull’esempio di quella perseguita dall’Unione europea. Per
quanto riguarda il coinvolgimento del pubblico gli Stati Membri provvedono
affinché a tutti i soggetti interessati sia offerta la tempestiva ed effettiva
possibilità di partecipare ai processi di definizione del programma di misure,
comprensivo delle attività di mantenimento, associando, ove possibile, gli
organi o le strutture di gestione esistenti, comprese le Convenzioni marittime
regionali, i comitati consultivi scientifici e i consigli consultivi regionali e gli
stakeholders. Inoltre gli Stati membri conferiscono alla Commissione, i diritti di
accesso e di utilizzo dei dati e delle informazioni, risultanti dalle valutazioni
iniziali e dai programmi di monitoraggio conformemente alle Direttive
2007/2/CE (INSPIRE) e 2003/4/CE.
Tabella 3. Direttive richiamate nel testo della Direttiva, il loro recepimento in Italia e le
Autorità amministrative di riferimento
Introduzione
punto 38,
Art. 19
Direttiva 2007/2/CE
(INSPIRE) del
Parlamento e del
Consiglio, del 14
marzo 2007
Istituisce
un’infrastruttura per
l’informazione
territoriale per
l’informazione
territoriale nella
Comunità europea
Articolo 19
Direttiva 2003/4/CE
del parlamento
europeo e del
Consiglio, del 28
gennaio 2003
Accesso del pubblico
all’informazione
ambientale
78
D. Lgs.27 gennaio
2010, n. 32 Attuazione della
direttiva 2007/2/CE,
che istituisce
un'infrastruttura per
l'informazione
territoriale nella
Comunità europea
(INSPIRE)
MATTM
D.Lgs 195/2005 in
vigore dal 8/10/2005
MATTM
4.4 Predisposizioni della Direttiva Quadro sulla Strategia per l'Ambiente Marino
relative alla pianificazione spaziale della zona costiera
(21)
Ai fini del conseguimento degli obiettivi della presente direttiva è essenziale garantire
l’integrazione degli obiettivi di conservazione, delle misure di gestione e delle attività
di monitoraggio e valutazione previste per le misure di protezione spaziale, come le
zone speciali di conservazione, le zone speciali di protezione o le zone marine
protette.
La presente direttiva si applica a tutte le acque marine compresi il fondale e il
sottosuolo, situate al di là della linea di base che serve a misurare l’estensione
delle acque territoriali fino ai confini della zona su cui uno Stato membro ha
e/o esercita diritti giurisdizionali, in conformità dell’UNCLOS, escluse le acque
adiacenti ai paesi e ai territori indicati nell’allegato II del trattato e ai
dipartimenti e alle collettività territoriali francesi d’oltremare alle
acque
costiere quali definite nella direttiva 2000/60/CE, il loro fondale e sottosuolo,
nella misura in cui aspetti specifici dello stato ambientale dell’ambiente marino
non siano già trattati nella presente direttiva o in altra normativa.
79
4.5 Predisposizioni della Direttiva Quadro sulla Strategia per l'Ambiente Marino
relative alla Cooperazione
(13)
Data la natura transfrontaliera dell’ambiente marino, gli Stati membri dovrebbero
cooperare per garantire che le relative strategie siano elaborate in modo coordinato
per ogni regione o sottoregione marina. Dal momento che le regioni o sottoregioni
marine sono condivise sia con altri Stati membri che con paesi terzi, gli Stati membri
dovrebbero compiere tutti gli sforzi possibili per porre in essere uno stretto
coordinamento con tutti gli Stati membri e i paesi terzi interessati. Ove ciò sia
praticabile e appropriato, per garantire tale coordinamento ci si dovrebbe avvalere
delle strutture istituzionali esistenti nelle regioni o sottoregioni marine, in particolare
delle convenzioni marittime regionali
(14)
Gli Stati membri aventi confini nella stessa regione o sottoregione marina contemplata
dalla presente direttiva in cui lo stato del mare sia talmente critico da richiedere un
intervento urgente dovrebbero adoperarsi per concordare un piano d’azione che
comprenda l’avvio anticipato dei programmi di misure. In tali casi, la Commissione
dovrebbe essere invitata a valutare la fornitura di azioni di sostegno agli Stati membri
per i loro maggiori sforzi volti a migliorare l’ambiente marino, facendo della regione in
questione un progetto pilota.
(16)
Poiché un’azione a livello internazionale è indispensabile al fine di ottenere
cooperazione e coordinamento, è opportuno che la presente direttiva rafforzi
ulteriormente la coerenza dell’intervento della Comunità e degli Stati membri
nell’ambito di accordi internazionali.
Art. 6 Cooperazione regionale c. 2
Ai fini dell’istituzione e dell’attuazione delle strategie per l’ambiente marino, gli Stati
membri, all’interno di ogni regione o sottoregione marina, si adoperano, avvalendosi
dei pertinenti consessi internazionali, tra cui rientrano i meccanismi e le strutture delle
convenzioni marittime regionali, per coordinare i loro interventi con i paesi terzi che
esercitano la loro sovranità o giurisdizione sulle acque della stessa regione o
sottoregione marina.
La Direttiva Quadro sulla Strategia marina richiede (art.5) che gli Stati Membri
che condividono una stessa regione o sub regione debbano cooperare per
assicurare che, all’interno della regione/sub regione, le misure necessarie a
conseguire gli obiettivi della Direttiva, in particolare i diversi elementi delle
strategie marine nazionali riportati negli articoli 8, 9, 1, 11 e 13 (dalla
valutazione iniziale fino ai programmi di misure), siano coerenti e coordinate.
Per ottenere il coordinamento regionale richiesto la Direttiva (art. 6) indica di
utilizzare,
laddove
appropriato
e
fattibile)
80
le
strutture
istituzionali
di
cooperazione
regionale
esistenti,
quali
le
Convenzioni
Regionali
Marine
(Regional Sea Conventions –RSC). In tale contesto quindi gli Stati membri
devono coordinare le proprie azioni, per quanto possibile, sulla base di
programmi e attività pertinenti, elaborate nell’ambito di strutture risultanti da
accordi internazionali.
Il ruolo delle Convenzioni Marine Regionali è pertanto particolarmente
significativo in tale processo. La regione Mediterranea si trova in una situazione
particolare rispetto alle altre regioni marine (Baltico e Mare del Nord/Atlantico
Est) dove i paesi contraenti le RSC HELCOM e OSPAR, appartengono quasi tutti
alla Unione Europea (UE).
La Convenzione di Barcellona (UNEP/MAP) è
costituita da 22 Parti Contraenti (21 Stati + la CE), di cui attualmente solo 7
Stati appartengono all’UE e sono quindi tenuti ad applicare la Direttiva Quadro
nei tempi e modalità stabilite dalla CE:
La Convenzione di Barcellona ha stabilito recentemente (2008) ed iniziato
(2010) un Progetto denominato “Ecosystem Based Approach” (ECAP), i cui
principi fondamentali sono in linea con la Direttiva.
81
5. Pianificazione dello Spazio Marittimo (PSM) nell’Unione Europea:
COM (2010/771) e COM (2013/133)
5.1 Introduzione
Nel Diritto Comunitario la Comunicazione è un documento di riflessione, privo
di carattere normativo ed efficacia giuridica, che la Commissione pubblica
quando desidera esporre le proprie considerazioni su un tema di attualità. La
PSM è comunemente definita un processo nel quale le autorità pubbliche
analizzano e stabiliscono la distribuzione spaziotemporale delle attività umane
nelle zone marine per conseguire obiettivi ambientali, economici e sociali. La
Comunicazione 2010/771 Pianificazione dello spazio marittimo nell'UE –
risultati ed evoluzione futura e la Comunicazione 2013/133 Proposta di
Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un quadro per la
pianificazione dello spazio marittimo e la gestione integrata delle zone costiere
sono la risposta all’esigenza di istituire un quadro di riferimento comune e
coerente per la pianificazione dello spazio marittimo e terrestre per mitigare i
conflitti ed esaltare le sinergie tra settori e attività in competizione per lo
spazio marittimo e costiero (es. infrastrutture per uso di energia da fonti
rinnovabili, acquacoltura, trasporti). Queste due Comunicazioni rivestono un
ruolo
estremamente
significativo
nell’ambito
della
"politica
marittima
integrata", definita come la politica dell'Unione intesa a promuovere un
processo decisionale coordinato e coerente al fine di ottimizzare lo sviluppo
sostenibile, la crescita economica e la coesione sociale degli Stati membri, in
particolare per quanto riguarda le regioni costiere, insulari e ultraperiferiche
dell'Unione nonché i settori marittimi, grazie a politiche coerenti nel settore
marittimo e alla cooperazione internazionale in materia. Attraverso il primo
documento, la Commissione ha delineato il contesto della PSM nell'UE, mentre
con il secondo documento la Commissione propone di stabilire, attraverso una
Direttiva specificatamente dedicata, un quadro comune per la pianificazione
dello spazio marittimo e la gestione integrata della zona costiera al fine di
promuovere lo sviluppo e la crescita sostenibili delle attività marittime e
costiere e contemporaneamente garantire un uso sostenibile delle risorse
marine e costiere.
82
Il testo della Comunicazione sulla Pianificazione dello Spazio Marittimo nell’UE
è suddiviso in 7 Capitoli: 1. Introduzione; 2. Perché un'azione UE in materia di
PSM?; 3. Seminari; 4. Sviluppi della PSM dopo la comunicazione "Tabella di
Marcia"; 5. Contesto attuale a livello dell'UE; 6. Sviluppi concettuali della PSM
a
livello
dell'UE;
7.
Conclusioni
e
prospettive
future.
Il
testo
della
Comunicazione con la proposta di Direttiva del Parlamento europeo e del
Consiglio che istituisce un quadro per la pianificazione dello spazio marittimo e
la gestione integrata delle zone costiere è suddiviso in 3 Capitoli: 1. Contesto
della proposta (Contesto generale, Motivazione e obiettivi della proposta,
Coerenza con altre politiche); 2. Consultazione delle parti interessate e
valutazione d'impatto (Consultazione pubblica, Valutazione d'impatto); 3.
Elementi giuridici della proposta (Sintesi delle misure proposte, Base giuridica,
Principio di sussidiarietà e valore aggiunto, Principio di proporzionalità, Scelta
dello strumento, Illustrazione dettagliata della proposta). La proposta si
articola in due parti: la Direttiva e un Allegato con e le informazioni relative
alle autorità competenti che gli Stati membri devono trasmettere alla
Commissione. La proposta della Direttiva prevede 20 articoli: l'articolo 1
definisce l'oggetto della direttiva, l'articolo 2 definisce il campo di applicazione
della direttiva, l'articolo 3 definisce i termini utilizzati nella direttiva, l'articolo 4
riguarda l'elaborazione dei piani di gestione dello spazio marittimo e delle
strategie di gestione integrata delle zone costiere a livello degli Stati membri,
l'articolo 5 riguarda gli obiettivi dei piani di gestione dello spazio marittimo e
delle strategie di gestione integrata delle zone costiere a livello degli Stati
membri, l'articolo 6 specifica i requisiti minimi comuni per i piani di gestione
dello spazio marittimo e le strategie di gestione integrata delle zone costiere,
l'articolo 7 specifica i requisiti minimi per i piani di gestione dello spazio
marittimo, l'articolo 8 specifica i requisiti minimi per le strategie di gestione
integrata delle zone costiere, l'articolo 9 dispone la partecipazione del pubblico
all'elaborazione dei piani di gestione dello spazio marittimo e delle strategie di
gestione integrata delle zone costiere, l'articolo 10 riguarda la raccolta dei dati
e lo scambio di informazioni a sostegno dei piani di gestione dello spazio
marittimo e delle strategie di gestione integrata delle zone costiere, l'articolo
83
11 dispone la valutazione degli effetti ambientali dei piani di gestione dello
spazio marittimo e delle strategie di gestione integrata delle zone costiere,
l'articolo 12 riguarda la cooperazione bilaterale e multilaterale tra gli Stati
membri al fine di garantire un'attuazione coerente a livello delle zone costiere
e delle regioni o sottoregioni marine, l'articolo 13 riguarda la cooperazione con
i paesi terzi, l'articolo 14 stabilisce le disposizioni per la designazione delle
autorità competenti per l'attuazione della direttiva, l'articolo 15 dispone che gli
Stati membri presentino alla Commissione una relazione di attuazione e che la
Commissione riferisca al Parlamento europeo e al Consiglio in merito ai
progressi compiuti nell'attuazione della presente direttiva, l'articolo 16 illustra
le specifiche operative e le tappe necessarie per l'attuazione della presente
direttiva in merito alle quali la Commissione può adottare atti di esecuzione,
l'articolo 17 stabilisce le modalità del controllo esercitato dagli Stati membri
sulla Commissione nell'esercizio delle sue competenze di esecuzione, l'articolo
18 fissa le norme di recepimento della presente direttiva da parte degli Stati
membri, l'articolo 19 dispone che la direttiva entri in vigore il ventesimo giorno
successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea,
l'articolo 20 indica gli Stati membri come destinatari della direttiva.
84
5.1 Le politiche dei settori correlati alla costa e la regolazione delle attività
costiere e Pianificazione dello Spazio Marittimo
Nella proposta di Direttiva, la "zona costiera" viene definita come l'area
geomorfologica situata su entrambi i lati del litorale, avente come limite
marittimo il limite esterno dei mari territoriali degli Stati membri e come limite
terrestre il limite definito dagli Stati membri nelle loro strategie di gestione
integrata delle zone costiere; mentre per "acque marine", vengono definite le
acque, il fondale e il sottosuolo quali definiti all'articolo 3, paragrafo 1, della
direttiva 2008/56/CE. La concorrenza per lo spazio della zona costiera e delle
acque marine è ormai molto forte e per la sua gestione e pianificazione occorre
tener conto degli interessi dei diversi utenti (es. trasporti marittimi, lo
sfruttamento del petrolio e del gas, l'estrazione di sabbia e ghiaia, le energie
rinnovabili, la pesca, l'acquacoltura, il turismo e la tutela dell'ambiente). La
PSM è certamente lo strumento integrato ed equilibrato utile a fornire una
stabilità e una prevedibilità di lungo periodo, nonché per gestire la concorrenza
per lo spazio nelle zone di uso più intensivo. Al 3.2 della COM(2010/771) si
chiarisce
che
la
PSM,
quando
venisse
applicata,
deve
prendere
in
considerazione tutte le specificità di una zona (dimensioni, densità e carattere
degli usi marittimi, vulnerabilità ambientale, struttura amministrativa e
politica). Agli articoli 7 e 8 della COM (2013/133) si fa riferimento ai seguenti
usi/attività: rotte di trasporto marittimo; tracciati per cavi e condutture
sottomarini; zone di pesca; siti di acquacoltura; siti di conservazione della
natura; uso di risorse naturali specifiche, inclusi gli impianti per l'estrazione di
energia e la produzione di energia rinnovabile; sviluppo di infrastrutture,
impianti energetici, porti, opere marittime e altre strutture comprese le
infrastrutture verdi; agricoltura e industria; pesca e acquacoltura; ripristino e
gestione di ecosistemi costieri, servizi ecosistemici e siti naturali, paesaggi
costieri e isole; mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici. Viene da
sé che una zona soggetta a svariati usi marittimi intensivi deve essere
soggetta a un processo di PSM più dettagliato rispetto a una zona nella quale si
svolge un numero inferiore di attività. Le politiche dei settori correlati alla costa
e la regolazione delle attività costiere, nell’ambito della Pianificazione dello
85
Spazio Marittimo, dovrebbero adeguarsi al fine di conciliare interessi settoriali
spesso divergenti e favorire a che lo spazio marino e le sue risorse siano
utilizzati in maniera efficiente e sostenibile, attraverso decisioni adottate sulla
base di dati scientifici attendibili. Inoltre una implementazione adeguata di una
efficace PSM porterebbe un importante beneficio per le attività economiche in
generale dal momento che, con una maggiore certezza del diritto per gli
investitori,
incoraggerebbe
COM(2010/771),
al
3.9
lo
con
sviluppo
economico.
riferimento
alla
necessità
Sempre
di
nella
integrare
il
monitoraggio e la valutazione degli aspetti socioeconomici, ambientali e
amministrativi nel processo di pianificazione e gestione, richiede che questi
sistemi di monitoraggio e valutazione devono tenere in dovuta considerazione
il fatto che i processi afferenti all'ambiente naturale marino e i diversi usi dello
spazio marittimo impiegano scale spaziotemporali differenti. Se debitamente
articolati,
infatti,
essi
possono
concorrere
al
conseguimento
forse
più
interessante della PSM in materia di politiche dei settori correlati alla costa e la
regolazione delle attività costiere: la riduzione dei conflitti tra settori e la
creazione di sinergie tra le differenti attività produttive e non. Come detto
prima questo discenderebbe da un incoraggiamento agli investimenti in virtù di
aumentata
prevedibilità
e
trasparenza.
Contemporaneamente
verrebbe
garantita la protezione dell’ambiente senza rinunciare alla possibilità di
sfruttare le opportunità che alcune zone costiere e marine offrono ad essere
sfruttate anche per più usi contemporaneamente. Allo stesso modo, all’articolo
5 della COM (2013/133) vengono illustrati gli obiettivi dei piani di gestione
dello spazio marittimo e delle strategie di gestione integrata delle zone costiere
che applicando anch’essi (vedi sopra) un approccio ecosistemico, agevolano la
coesistenza e prevengono i conflitti tra attività settoriali concorrenti nelle acque
marine e nelle zone costiere. Alcuni di questi obiettivi fanno chiaro riferimento
a specifici settori come quello di favorire lo sviluppo sostenibile e la crescita del
settore della pesca e dell'acquacoltura, anche sotto il profilo dell'occupazione,
sia nello stesso settore che nei settori connessi. Altri obiettivi sono quelli
relativi
alla
sicurezza
degli
approvvigionamenti
energetici
dell'Unione
promuovendo lo sviluppo di fonti di energia marina, lo sviluppo di energie
86
nuove e rinnovabili, l'interconnessione delle reti energetiche e l'efficienza
energetica (e questo è un punto molto importante e significativo per il settore
Pesca e Acquacoltura); allo sviluppo del trasporto marittimo (rotte di
navigazione efficaci ed economicamente efficienti in tutta l'Europa, anche dal
punto di vista dell'accessibilità dei porti e della sicurezza dei trasporti). Un altro
degli obiettivi elencati all’articolo 5 che interessa direttamente il settore è
quello relativo alla conservazione, alla tutela e al miglioramento dell'ambiente
nonché all’uso oculato e razionale delle risorse naturali, in particolare al fine di
conseguire un buono stato ecologico, mettere freno alla perdita di biodiversità
e al degrado dei servizi ecosistemici e ridurre i rischi di inquinamento. Agli
articoli 7 e 8 della COM (2013/133) vengono indicati, rispettivamente, i
requisiti minimi specifici per i piani di gestione dello spazio marittimo, e i
requisiti minimi specifici per le strategie di gestione integrata delle zone
costiere. Si richiede quindi che i piani di gestione dello spazio marittimo
contengano almeno una mappatura delle acque marine che individua la
distribuzione spaziale e temporale, effettiva e potenziale, di tutte le attività
marittime. Allo stesso modo, le strategie di gestione integrata delle zone
costiere comprendono almeno un inventario delle misure esistenti applicate
nelle zone costiere e un'analisi del fabbisogno di ulteriori azioni per conseguire
gli obiettivi (articolo 5).
87
5.2 I processi di governance e la Pianificazione dello Spazio Marittimo
Anche la MSP, al pari della GIZC, richiede un adeguamento della governance,
dovendo le politiche, le istituzioni, le persone e il tipo di relazioni (struttura e
funzionamento) fra di essi aumentare sviluppare la capacità di affrontare i
problemi di gestione e pianificazione dello spazio marittimo richiede, attraverso
adeguati processi decisionali e strumenti normativi. Certamente anche in
questo caso si conseguirebbe il vantaggio di aumentare il coordinamento
orizzontale e vertical tra soggetti amministrativi e istituzionali attraverso la
messa a punto e l’uso di un unico strumento per pianificare e gestire lo
sviluppo e la crescita sostenibili dei settori economici marini e delle attività ad
essi correlate. La COM(2010/771) al punto 3.3, indica come estremamente
importante il passaggio finalizzato a definire gli obiettivi della PSM a livello
nazionale o regionale: esso deve essere considerato un processo che inizia con
un accordo su obiettivi strategici, a loro volta definiti successivamente da
obiettivi operativi, ossia quantitativi e chiaramente misurabili. Gli obiettivi
devono essere basati su prospettive di lungo periodo e devono guardare al
futuro. Sempre nella COM(2010/771), punto 3.4, ai Paesi membri viene
indicata la necessità di Elaborare la PSM in modo trasparente, dal momento
che la trasparenza è alla base della responsabilità e della legittimità. A tal fine
è necessario che il sistema di governance individui tutti i decisori e le parti
interessate e sia i grado di rendere chiare tutte le fasi del processo. Allo stesso
modo, le aspettative in merito al processo decisionale devono essere trattate in
modo adeguato e i motivi delle decisioni adottate nel processo devono essere
comunicati e giustificati alle parti interessate. Queste (punto 3.5) devono
essere coinvolte nel processo di PSM sin dalle prime fasi. Allo stesso punto si
evidenzia come sia indispensabile garantire un dibattito aperto fra i diversi
settori al fine di individuare i conflitti e i mezzi di coesistenza; fondamentale: è
importante assegnare ruoli e responsabilità, stimolando l'interazione fra i
gruppi di parti interessate e non solo fra i decisori e le parti interessate.
Sempre con riferimento alla governance è importante evidenziare come la COM
(2013/133) all’articolo 6 (Requisiti minimi comuni per i piani di gestione dello
spazio marittimo e le strategie di gestione integrata delle zone costiere)
88
richieda che i piani di gestione dello spazio marittimo e le strategie di gestione
integrata delle zone costiere debbano essere coordinati fra loro, se non sono
integrati. All’articolo 9 (Partecipazione del pubblico) si stressa la necessità
(comune alle altri documenti normativi analizzati) che gli Stati membri
predispongano le modalità di partecipazione del pubblico per permettere a tutti
i portatori di interesse di contribuire all'elaborazione dei piani di gestione dello
spazio marittimo e delle strategie di gestione integrata delle zone costiere.
89
5.3 La Cooperazione Regionale nella Comunicazione sulla Pianificazione dello
Spazio Marittimo
Dalla COM(2010/771) si evince che gli sviluppi negli Stati membri procedono a
velocità diverse e i processi di PSM che ne risultano sono verosimilmente molto
diversi tra loro. Probabilmente in virtù del fatto che lo sviluppo dei processi di
PSM da parte degli Stati membri è in corso, ma è volto a soddisfare esigenze
specifiche, secondo percorsi e tempi diversi. Nella Comunicazione viene quindi
esplicitato che sarebbe proficuo sviluppare tempestivamente un approccio o un
quadro di riferimento comune per la PSM a livello unionale e che la
cooperazione transfrontaliera ne è una componente essenziale (opzioni non
vincolanti, scambio delle migliori pratiche, progetti transfrontalieri, studi e
ricerche, orientamenti). Uno dei benefici più significativi di una adeguata ed
efficace PSM implementata nell’ambito di un quadro di riferimento comune e di
impegni normativi analoghi è quello, quindi, di una aumentata e migliore
cooperazione fra Stati a livello di Regione, in particolare in corrispondenza delle
zone marine transfrontaliere. Garantire l'applicazione della PSM in tutti gli Stati
membri favorirebbe una crescita sostenibile nei settori marittimi. Il punto 3.8,
COM(2010/771), è specificamente dedicato alla Cooperazione e consultazione
transfrontaliere, in esso si richiede che i Paesi membri identifichino i referenti e
i gruppi (decisori, parti interessate, ricercatori, ecc.) nei paesi coinvolti per
elaborare una PSM transfrontaliera efficace che sviluppi una visione comune
basata sull'esame degli interessi comuni (rete elettrica offshore, pesca,
trasporti, ecc.). L’articolo 12 proposto dalla COM (2013/133) è dedicato
espressamente alla Cooperazione con gli altri Stati membri. In esso si richiede
che ogni Stato membro che si affaccia su una zona costiera o una zona
marittima di un altro Stato membro coopera per garantire che i piani di
gestione dello spazio marittimo e le strategie di gestione integrata delle zone
costiere siano coerenti e coordinati nell'intera zona costiera o regione e/o
sottoregione marina in questione. Questa cooperazione deve essere realizzata
attraverso strutture regionali di cooperazione istituzionale che si occupino della
zona costiera o della regione o sottoregione marina interessata, o una rete
specifica di autorità competenti degli Stati membri che si occupi della regione
90
e/o sottoregione marina in questione. All’articolo 13 si fa riferimento alla
Cooperazione con i paesi terzi e richiede agli Stati membri che confinano con
una zona costiera o una zona marittima di un paese terzo di adoperarsi per
cooperare sui piani di gestione dello spazio marittimo e le strategie di gestione
integrata delle zone costiere nella regione o sottoregione marina interessata e
nella zona costiera corrispondente. All’articolo 6 (Requisiti minimi comuni per i
piani di gestione dello spazio marittimo e le strategie di gestione integrata delle
zone costiere) tra i requisiti minimi viene indicata una efficace collaborazione
transfrontaliera tra gli Stati membri e tra le autorità nazionali e le parti
interessate delle relative politiche settoriali. Inoltre i piani e le strategie di cui
sopra devono includere e considerare gli effetti transnazionali sulle acque
marine e sulle zone costiere soggette alla sovranità o alla giurisdizione di paesi
terzi situati nella stessa regione o sottoregione marina e nelle zone costiere
corrispondenti e garantirne la gestione in cooperazione con le autorità
competenti di tali Paesi.
91
Riferimenti Bibliografici e Fonti utilizzate
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prime esperienze. Rivista Quadrimestrale Di Diritto Dell’ambiente Numero 1/2011
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92
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93
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http://www.pap-thecoastcentre.org/
http://www.plancoast.eu/
http://www.plancoast.eu/files/baltcoast_final_report.pdf
94
Allegato 1: ACRONIMI
CBD Convention on Biological Diversity
CEA Croatian Environment Agency
COP Conference of Parties
EcAp Ecosystem Approach
ECHR European Court of Human Rights
EIA Environmental Impact Assessment
EPA Environmental Protection Act
IDDRI Institute for Sustainable Development and International Relations
ICZM Integrated Coastal Zone Management
IOC Intergovernmental Oceanographic Commission
MEPPPC Ministry of Environmental Protection, Physical Planning and Construction
MFA Marine Fisheries Act
MPS Marine Protection Strategy
NGO Non Governmental Organisation
NPA Nature Protection Act
NPIS Nature Protection Information System
OECD Organisation for Economic Co-operation and Development
PCA Protected Coastal Area
PMD Public Maritime Domain
PAP/RAC Priority Actions Programme Regional Activity Centre
PPBA Physical Planning and Building Act
SEA Strategic Environmental Assessment
SINP State Institute for Nature Protection
SSD Strategy for Sustainable Development
UNEP/MAP United Nations Environment Programme / Mediterranean Action Plan
UNESCO United Nations Education, Science and Culture Organisation
UNFCCC United Nations Framework Convention for Climate Change
UNDO United Nations Development Programme
WMO World Meteorological Organisation
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