Finanza e Responsabilità sociale

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Finanza e Responsabilità sociale
“Responsabilità sociale:
la nuova frontiera dell’impresa bancaria”.
Intervento di apertura di
Maurizio Sella, Presidente di Abi
al convegno: Finanza e responsabilità sociale
Milano, 10 febbraio 2003
Camera di Commercio
Struttura generale
1. La responsabilità sociale delle imprese: una nuova frontiera per le aziende
2. Le banche e la responsabilità sociale.
3. Strumenti di rendicontazione.
4. L’attività di Abi
5. Agenda di Abi per il futuro
1. La responsabilità sociale delle imprese: una nuova frontiera per le aziende
C’è ormai diffusa consapevolezza sul fatto che la corporate social responsibility – CSR o
responsabilità sociale delle imprese (RSI) denota qualcosa di altra importanza che va ben oltre
le politiche aziendali di “immagine” o le attività filantropiche dell’impresa. La responsabilità
sociale fa invece specifico riferimento a scelte strategiche e ad atteggiamenti operativi che
vanno al di là della realtà giuridica ed affondano le proprie radici nel core business di una
impresa traducendosi poi, come ogni elemento strategico, nella coerenza degli operatori, nella
attività quotidiana, nella progettualità per il futuro. In questo modo innovativo di “essere
impresa”, l’azienda assume come proprio riferimento non più solo gli azionisti, ma tutti
coloro che sono interessati dalle ed alle attività poste in essere dall’impresa.
Negli ultimi anni le strategie aziendali si sono sempre più orientate ad ottenere “valore” non
soltanto dal profitto economico, ma anche attraverso la ricerca di un corretto bilanciamento
delle aspettative dei diversi stakeholder, ovvero di tutti coloro con cui l’impresa intreccia
relazioni quotidiane: clienti, dipendenti, azionisti, fornitori, concorrenti, istituzioni e organi di
controllo, la comunità circostante e l’ambiente stesso su cui influisce l’attività di tali soggetti.
La responsabilità sociale implica così un approccio multi-stakeholder nella gestione strategica
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dell’impresa e nei sistemi di governance che tenga conto delle diverse e a volte discordanti
aspettative dei molteplici stakeholder e le sappia trattare in modo equo.
Questo obiettivo va crescendo di rilevanza con l’estendersi dei confini della responsabilità
sociale dell’imprenditore e di come questa viene percepita dalla collettività. Le imprese che si
sono per lungo tempo concentrate sull’efficienza economica, limitandosi a garantire la
massima tutela allo stakeholder “preferenziale” – l’azionista – sono ora impegnate a tenere in
crescente considerazione le diverse esigenze degli stakeholder, relative, ad esempio, alla
correttezza nei rapporti e nelle condizioni di lavoro lungo tutta la catena della produzione, alla
sicurezza, all’impatto sull’ambiente. Tutto ciò consente all’impresa di migliorare le capacità
di relazionarsi con gli interlocutori esterni tramite la possibilità di valorizzare, proprio nei
confronti di tali interlocutori, le attività svolte dall’azienda ed i risultati ottenuti, a vantaggio
di tutti, nella gestione di questi nuovi aspetti.
Interagire con questi attori ed ottimizzare l’impatto prodotto dalla propria attività sul contesto
“esterno” consente all’impresa che adotta tale approccio di conquistarsi condizioni di
accettabilità e di piena operatività – una sorta di “consenso ad operare” - e di individuare
anche notevoli margini competitivi nel rapporto con gli stakeholder, laddove l’impresa riesca
a conciliare ed integrare le proprie competenze e capacità economiche con quelle di natura
sociale ed ambientale. Il valore aggiunto, così prodotto, si esprime anche in termini di
credibilità e di reputazione.
In questo senso la responsabilità sociale attiene l’attività d’impresa nella sua essenza, nel suo
senso profondo. Direi, di più, che la responsabilità sociale è essenzialmente una questione di
mission e di politica, prima ancora che di strategia e di organizzazione – anche se tutti questi
aspetti sono necessari e, da soli, non sufficienti.
Mi convinco sempre più, infatti, che la responsabilità sociale non sia qualcosa che riguarda i
soli confini, seppur allargati, della gestione aziendale: essa è forse uno strumento per un
disegno più ampio, più sostenibile, appunto, in un ottica di medio-lungo periodo a vantaggio
di tutti i soggetti che operano nella società. Il principale contesto di riferimento dell’impresa è
di certo quello economico, ma esso stesso è a sua volta parte di una dimensione più ampia su
cui riflette benefici e svantaggi prodotti dalla sua attività. Pensiamo, ad esempio, al contesto
ambientale su cui incidono le azioni quotidiane di ognuno di noi.
Allora, la questione che desidero sottoporre alla vostra attenzione è relativa al valore reale
generato dall’attività di impresa che non può misurarsi solo attraverso il calcolo del valore
aggiunto economico, ma necessita necessariamente di un’integrazione con riguardo agli
aspetti ambientali e sociali.
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Ad esempio: un’attività imprenditoriale che produca brillanti risultati economici distruggendo
o danneggiando in modo irreversibile risorse naturali, crea un effettivo valore economico per
il proprio Paese?
Oppure un’impresa che, pur profittevole e al tempo attenta agli equilibri ambientali, tuttavia
incrini la rete delle relazioni sociali con i propri dipendenti e con la comunità in cui opera,
crea o distrugge valore?
E’ vero valore la ricchezza economica creata a scapito delle dimensioni ambientale e sociale?
Ed, ugualmente, quanto sono importanti – e sono certo che lo siano - le modalità attraverso le
quali l’impresa genera il valore che crea?
La questione centrale diventa perciò quella della definizione effettiva del valore. Si quantifica
puntualmente il valore economico ma sono incerti, ad oggi, i confini dei concetti di valore
ambientale e valore sociale e della loro misurazione. Non a caso si stanno sempre più
diffondendo forme di rendicontazione ambientali e sociali integrate in un bilancio di esercizio
a tre dimensioni secondo la Triple bottom line, un triplice indicatore di fondo della
performance delle imprese da misurare non solo più in termini di mero profitto ma anche
sulla base del contributo che esse apportano alla prosperità economica, alla qualità ambientale
e al capitale sociale del Paese in cui operano. L’obiettivo è quello di arrivare ad un’unica
sintesi, che dia conto delle relazioni reciproche tra il valore ambientale, sociale ed economico
creato o distrutto.
Presumibilmente, in quest’ottica, gli strumenti della CSR, oltre a rappresentare buone prassi
di management innovativo si collegano alla visione stessa di un’azienda, ai suoi valori, alla
sua identità e di conseguenza alle attività quotidiane che, sulla base di questi presupposti, si
compiono. Peraltro, l’idea stessa che esista una pluralità di soggetti cui l’attività d’impresa
debba render conto è un elemento relativamente nuovo nella cultura manageriale che va
sempre più diffondendosi, consolidandosi.
Si tratta proprio di un nuovo modo di “essere impresa” che richiede, necessariamente, nuove
culture e nuove abilità; servono condivisione e consolidamento all’interno del mondo
imprenditoriale, una stessa formazione ad hoc diretta a far sì che il management, i dipendenti
ed i collaborato possano comprendere, interiorizzare e contribuire a trasferirlo nella cultura
delle aziende di appartenenza. Ciò consente di creare la consapevolezza dei problemi e delle
scelte implicite nel nuovo modello e connesse alle strategie economiche dell’impresa. Così
come è necessario che anche gli altri portatori d’interesse migliorino le proprie capacità di
relazione nei confronti delle imprese.
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Questa “chiamata in causa” delle aziende sembra essere senza appello, se è vero che si
avverte, oggi più che mai, l’esigenza di uno sviluppo sostenibile, incompatibile, per
definizione con il degrado delle risorse naturali, con la povertà ed il declino economico, la
violazione della dignità e libertà umana.
Questo approccio sembra destinato ad essere sempre più valorizzato e premiato dal mercato
laddove le ultime ricerche dimostrano una grande sensibilità dei cittadini estremamente attenti
alla qualità “totale” dei prodotti che acquistano, preferendo un marchio o un’azienda anche
sulla base di comportamenti attribuiti alle imprese, fino ad essere disposti a “pagare di più”
per prodotti che rispettino determinate caratteristiche. Le stesse borse sembrano “punire”
comportamenti scorretti delle imprese che si ripercuotono nelle quotazioni di borsa. Sulla
spinta di questi cambiamenti, la CSR è avviata a divenire sempre più un obiettivo che
l’impresa dovrà condividere con i propri “vicini di casa” se vorrà costruire efficacemente il
consenso nei confronti delle proprie attività.
L’argomento è di particolare attualità e vede già impegnate le banche ed Abi, nella
convinzione che un approccio positivo alla responsabilità sociale, su un’ottica volontaria, e la
sua adozione tra gli asset strategici dell’azienda stessa, costituisca un vantaggio per le imprese
in termini di redditività, credibilità e reputazione.
E’ una nuova sensibilità che Abi condivide con le Associate.
2. Le banche e la responsabilità sociale.
Il sistema finanziario è infatti fortemente coinvolto in questo nuovo modo di “essere
impresa”: il ruolo di intermediazione tra l’offerta e la domanda di denaro ha di per sé un
impatto significativo sulla società, in quanto funge da motore dell’economia e dello sviluppo.
Proprio per il fatto che le istituzioni finanziarie ricoprono questo delicato ruolo di snodo per
quasi tutti i percorsi di allocazione delle risorse, la loro attività provoca significativi
contraccolpi sulle dinamiche sociali di una comunità, per i propri impatti diretti ed indiretti, e
a seconda del grado di responsabilità/coinvolgimento con cui viene svolta.
In questo contesto, per le imprese bancarie e finanziarie i nuovi scenari che si delineano
rappresentano un’occasione per esercitare ed accreditare all’esterno il ruolo di una classe
dirigente responsabile dello sviluppo del Paese, uno sviluppo economico sostenibile.
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Non c’è dubbio, infatti, che lo sviluppo sostenibile ha bisogno del supporto dei mercati
finanziari, sia per assicurare che il flusso esistente di capitali possa essere diretto in via
preferenziale a progetti di sviluppo che, ad esempio, minimizzano il danno per l’ambiente, sia
per indirizzare specificamente capitali su progetti diretti a incrementare il grado di
sostenibilità dell’intero sistema economico. O ancora, i temi dell’accesso al credito ed ai
servizi finanziari di base, gli effetti della gestione più o meno socialmente responsabile del
risparmio – oggetti delle tavole rotonde di oggi pomeriggio - determinano significativi
contraccolpi sulle dinamiche sociali di una comunità.
Finanza e responsabilità sociale
Il caso degli Investimenti Socialmente Responsabili (ISR), tema della prima tavola rotonda, è
un esempio emblematico in termini di sostenibilità: infatti, crea valore economico, ambientale
e sociale nella misura in cui considerazioni di carattere sociale, etico ed ambientale rientrano
nei processi di selezione e gestione dei titoli d’investimento.
Dal punto di vista dei risparmiatori, la domanda e le scelte di investimento responsabile
corrispondono all’esigenza di indirizzare i propri risparmi verso imprese che rispettano
determinati requisiti. Dal punto di vista degli investitori, gli ISR prevedono l’utilizzo di criteri
ambientali e sociali come elementi per ottimizzare le scelte di portafoglio. Tali criteri
vengono così affiancati ad altri, arricchendo la tradizionale analisi finanziaria con la
valutazione di alcuni dei più importanti asset intangibili che tanto influenzano il valore
dell’impresa.
L’applicazione di criteri ambientali e sociali nell’attività di analisi finanziaria “classica”
permette di individuare i settori che potrebbero conoscere una fase di declino o al contrario di
sviluppo perché incapaci/capaci di soddisfare i bisogni di una società che cambia
rapidamente, e quindi garantire la riuscita sul mercato dell’impresa stessa.
Ad esempio, pensiamo al successo di quelle aziende che sono state in grado per prime di dare
soluzioni positive, tecnologicamente avanzate, ai consumi di energia, o a quelle impegnate
nella ricerca scientifica. E, ancora, variabili quali la crescita della motivazioni del personale,
la commercializzazione di prodotti e servizi ad alto valore aggiunto ecologico e sociale, la
riduzione della conflittualità con gli attori, la gestione ottimale dei rischi di incidenti
ambientali, possono ragionevolmente incidere sulla curva dei costi e su quella dei ricavi e,
complessivamente, sulla reputazione dell’impresa. Queste variabili possono avere impatto sul
valore delle aziende e sul prezzo delle azioni sul mercato.
Questo scenario comporta che analisti finanziari, società di rating ed investitori istituzionali
richiedano sempre più frequentemente alle società quotate, tra cui le banche, ulteriori
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informazioni, oltre alle scritture contabili tradizionali e agli indicatori finanziari classici che
sembrerebbero non essere più sufficienti, da sole, a descrivere la situazione di un’impresa e le
sue prospettive. Non a caso, l’integrazione di variabili ambientali e sociali nell’analisi
finanziaria figura nelle attività di specifiche agenzie e società di rating ad hoc che compiono
valutazioni complessive della responsabilità sociale delle imprese. Nel 1998, ad esempio,
Lombard Odier & CIE, banca svizzera specializzata nei servizi di asset management
personalizzati, ha creato un sistema di rating (Lombard Odier Sustainable Growth RatingLOSG) che permette la piena integrazione tra l’analisi economico-finanziaria e gli aspetti
legati alle prestazioni ambientali e alla responsabilità sociale, riportati negli strumenti di
rendicontazione sociale e ambientale.
Il metodo utilizzato, basato su una visione multistakeholder dell’attività dell’impresa stessa,
consente di disegnare un profilo delle società tenendo conto della rete complessa di relazioni
che lega le imprese agli altri portatori di interesse coinvolti nella propria attività. Tali
valutazioni sono di difficile determinazione univoca in quanto dipendenti dal sistema di valori
adottati. Tuttavia i diversi organismi specializzati raccolgono informazioni e le elaborano
secondo parametri generalmente condivisi – tra cui figurano anche raccomandazioni, indirizzi
e fonti normative internazionali ed europee, sui temi relativi alla responsabilità sociale - in
base ai quali esprimono giudizi e rating di compatibilità rispetto a criteri predefiniti ed
esplicitati. Analoghe analisi vengono svolte anche su società non quotate di cui viene
ugualmente disegnato un profilo rilevante in relazione a tali aspetti.
A livello internazionale ed in Italia figurano diverse società di ricerca e consulenza
specializzate che sono state peraltro censite da Abi nel suo primo monitoraggio dei consulenti
di servizi in materia di RSI e di ISR recentemente pubblicato.
Sulla base delle analisi
elaborate da queste agenzie, le aziende vengono o meno inserite in indici etici o ricevono una
sorta di attestato su comportamenti tenuti.
Certamente, il rapporto esistente tra la gestioni di variabili ambientali e sociali e le
performance aziendali è in continua evoluzione e dipende fortemente dall’attenzione di
investitori, risparmiatori e cittadini verso tali tematiche. Gli effetti di ciò si ripercuotono sugli
stessi mercati finanziari che “reagiscono” a notizie negative che riguardano contenziosi
particolarmente accesi relativi a questioni di responsabilità sociale.
Prodotti di gestione del risparmio socialmente responsabili
La gestione di fondi comuni d’investimento socialmente responsabili figura all’attenzione di
molte banche italiane che hanno già messo sul mercato prodotti di gestione del risparmio, in
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un mercato che, come sentiremo nella tavola rotonda, sta vivendo una interessante fase di
sviluppo.
Peraltro, dal monitoraggio sui fornitori di servizi svolto da Abi, in collaborazione con E.
Capital Partners, emergono interessanti spunti per il futuro. I soggetti censiti mostrano fiducia
riguardo alla diffusione e alla conoscenza dei concetti relativi alla CSR e allo sviluppo di
strumenti specifici come gli investimenti socialmente responsabili (ISR). Con specifico
riferimento a questi ultimi, è convinzione dei fornitori censiti che nel medio-lungo termine
essi continueranno a svilupparsi sia in termini di quantità, sia in termini di qualità e
trasparenza. Sempre tra questi soggetti è opinione diffusa che le imprese che si impegnano ad
anticipare ed accogliere la richiesta del mercato, finalizzata ad una maggiore trasparenza e
all’assunzione di comportamenti responsabili, potranno beneficiare di un valore aggiunto in
termini di costruzione di fiducia, rispetto e reputazione e quindi di soddisfazione e fedeltà del
cliente.
I fondi comuni di investimento ed i fondi pensione italiani svolgono la loro attività
nell’ambito di una regolamentazione che vede l’Italia in una posizione di avanguardia per
trasparenza nei confronti del pubblico, per cui eventuali iniziative della Commissione
Europea, tese a potenziare la disclosure sugli ISR da parte di detti fondi – come sollecitate
nella recente Comunicazione in materia del 2 luglio scorso – trovano gli operatori nazionali
già pronti.
Anche tramite la Federazione Bancaria Europea siamo peraltro pronti a portare il nostro
contributo di esperienze e di professionalità su questi temi nell’ambito delle tavole rotonde
dello European Multistakeholder Forum sulla CSR che la Commissione europea si appresta a
convocare.
Prodotti di raccolta socialmente responsabili
Nell’ambito complessivo della propria attività le banche hanno inoltre predisposto prodotti di
raccolta “ecologici” o etico-sociali. Sono ormai piuttosto comuni forme di raccolta con cui il
depositante, a seconda della tipologia di contratto, può rinunciare a parte della remunerazione
o della quota capitale depositata per destinarle a finanziare progetti che rispettino determinati
requisiti ambientali o sociali, o per farle investire in prestiti o partecipazioni al capitale di
iniziative etiche. La banca può contribuire, a sua volta, ad alimentare queste risorse
impegnandosi così, a fianco del cliente, a destinare parte degli interessi ad organizzazioni che
operano nel settore della tutela ambientale o della solidarietà sociale. Alcune banche offrono
prodotti assicurativi legati all’impatto ambientale e/o servizi di assistenza/consulenza
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manageriale e strategica per le imprese industriali che operano in settori eco-compatibili o che
sviluppano nuovi business.
Prodotti di impiego
Tra i prodotti di impiego, sono stati predisposti strumenti di finanziamento per specifiche
categorie di imprese - ad esempio quelle ad alto valore ambientale e impegnate in processi di
certificazione ambientale – o cooperative e società del terzo settore. Tra le attività di impiego
ed i relativi prodotti etici proposte dalle banche figurano anche forme dirette ad agevolare
l’inclusione finanziaria di alcune fasce più deboli della popolazione, immigrati, soggetti a
basso reddito o a elevata valenza sociale. Peraltro, modifiche sociali e demografiche
intervenute nel contesto sociale attuale - come ad esempio l’immigrazione che rappresenta
una dimensione ormai strutturale della nostra società - hanno portato ad una domanda di
accesso ai servizi finanziari e al credito sempre più flessibile che richiede l’adeguamento
dell’offerta bancaria con criteri innovativi rispetto alle tradizionali categorie. Su questo tema,
che la stessa Commissione europea sta seguendo con grande interesse come confermerà
Dominique Bè, si concentrerà la seconda tavola rotonda del pomeriggio, dove verranno
illustrate le soluzioni per l’inclusione finanziaria dei diversi attori.
3. Strumenti di rendicontazione
La gestione di questi aspetti impone alle imprese l’adozione di adeguati strumenti di
contabilizzazione e rappresentazione dei risultati ad un pubblico ampio di attori, dagli
azionisti ai dipendenti, dai consumatori alle comunità locali. Codici etici, bilancio sociale ed
ambientale, consultazione con gli stakeholder, rapporti sulla corporate governance ed altre
forme di accountability sono strumenti di rendicontazione tramite cui l’impresa può fare
conoscere, ai suoi molteplici stakeholder, i valori e le attività da cui deriva ed in cui si
esplicita la propria strategia di responsabilità sociale. Tali strumenti si stanno diffondendo
rapidamente per soddisfare sia il bisogno dell’impresa di comunicare i suoi tratti differenziali,
sia il bisogno di informazioni da parte degli stakeholder.
La diffusione dei codici etici negli ultimi anni conferma come si stia diffondendo sempre più
l’idea di responsabilità sociale. Secondo indagini americane, nel 1980 solo l’8% delle 500
maggiori aziende secondo la classifica di Fortune risultavano adottare codici etici, nel 1985
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erano il 77% per arrivare ad oltre il 90% nel 1990. Una simile diffusione si va affermano
anche in Europa.
Tramite il Codice Etico, l’azienda enuncia l’insieme dei diritti, dei doveri e delle
responsabilità che una impresa assume nei confronti di tutti i suoi stakeholder e che si
impegna pubblicamente a rispettare. I contenuti, condivisi dall’alta direzione e da tutti i
collaboratori dell’impresa, si traducono poi nelle attività censite dal bilanc io sociale ed
ambientale, lo strumento contabile che fornisce un quadro organico delle interrelazioni dirette
tra l’impresa, l’ambiente e la comunità.
In questo contesto, l’impegno delle aziende va nella direzione di far sì che la credibilità, la
trasparenza, la conformità delle informazioni e dei dati alla reale situazione dell’impresa siano
osservabili e verificabili esternamente da tutti i propri interlocutori. La sfida per le imprese è,
e sarà sempre più rappresentata dalla tensione ad esprimere un approccio globale, in un
tentativo di sintesi che integri le dimensioni economica, ambientale e sociale. Molte aziende,
infatti, presentano i bilanci sociali insieme al bilancio d’esercizio, come due facce
complementari della stessa medaglia.
Questi strumenti sono volontari e non potrebbero essere altrimenti come è volontario, per
definizione, il modello della responsabilità sociale che le origina. Anzi, direi proprio che in
questo risiede anche un suo valore aggiunto: nel fatto che l’impresa decida, in maniera
autonoma e responsabile, di muoversi in questo senso. E’ infatti importante, come peraltro
ribadito dalla stessa Commissione, che tutte le iniziative in tema di responsabilità sociale
siano basate su principi di flessibilità, lasciando alle imprese la libertà di adottare strategie
autonome che tengano conto delle proprie specificità, anche con riferimento al contesto in cui
esse operano.
L’adozione di linee guida per il reporting sui temi della sostenibilità trova grande consenso
anche da parte degli investitori tradizionali e dalle agenzie di rating ambientale e sociale,
perché offrono ulteriori punti di riferimento per confrontare strategie, programmi e prestazioni
delle imprese quotate. Un’accountability più ampia, infatti, è una guida più completa ed
affidabile per unvestimenti oculati da parte degli azionisti.
Secondo una recente indagine circa il 30% delle società quotate in borsa redige il bilancio
sociale incluse molte delle società più importanti.
Molte imprese bancarie hanno adottato bilanci sociali, come diverse banche hanno avviato
processi innovativi di gestione delle proprie attività quotidiane allineati a standard di
certificazione e rendicontazione socio-ambientale. Obiettivo della certificazione è proprio
quello di aiutare il cliente a verificare le caratteristiche di un prodotto, di un servizio o di un
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processo che gli viene presentato dall’impresa a garanzia che il prodotto/servizio/processo in
questione sia conforme a specifiche definite.
Gli strumenti di accountability e la stessa certificazione rappresentano, anche per le istituzioni
finanziarie, un valido strumento per affermare la propria responsabilità sociale di impresa. I
vantaggi sono molteplici. Intanto, di per sé, essi comportano una serie di adempimenti da
parte dell’impresa, che ne migliorano le performance. Ma, al tempo stesso, costituiscono
un’ulteriore opportunità per definire e manifestare chiaramente il proprio “posizionamento” ,
offrendo un vantaggio, non meno importante, in termini di immagine, in quanto testimoniano
l’impegno progressivo della banca su questioni che il mercato percepisce rilevanti.
4. L’attività di Abi
L’attività svolta da ABI negli ultimi anni conferma la convinzione che l’approccio positivo
alla CSR costituisca il nuovo modo di “essere” dell’impresa, un processo che va costruito
giorno dopo giorno nel confronto tra l’impresa e la società con cui scambia relazioni e con cui
si condividono obiettivi comuni.
Ripercorro velocemente i passi fatti da Abi su questi temi, che corrispondono alla
realizzazione concreta della nostra “visione” di responsabilità sociale .
*
A maggio 2001 Abi ha presentato un Modello di redazione del bilancio sociale,
specifico per il settore del credito, che permette di rendere omogenei e confrontabili tra loro i
bilanci sociali delle singole banche, con l’ausilio di un Gruppo di lavoro appositamente
costituito. Il mondo del credito cooperativo aveva già in precedenza messo a punto propri
schemi di rendicontazione sociale ed ambientale. La creazione di uno standard di processo per
il settore bancario risponde alla nostra convinzione che gli strumenti di accountability,
volontari ed aziendali per definizione, costituiscono un’occasione per il vertice dell’impresa
di un confronto costruttivo con in propri interlocutori, da cui possano scaturire iniziative
concrete tese a potenziare e valorizzare i valori di riferimento, gli aspetti sociali ed etici delle
proprie esperienze e delle singole attività dell’impresa.
In ciò risiede l’importanza del delineare l’identità aziendale (i valori, la missione, l’assetto
istituzionale-organizzativo, il disegno strategico dell’impresa), e del rendere evidente le
modalità di formazione e di distribuzione tra i diversi interlocutori del valore aggiunto creato
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dalla complessa interdipendenza tra l’attività dell’impresa e i suoi numerosi interlocutori.
Consapevoli della necessità di consolidare ed implementare i propri obiettivi, Abi ha creato
un Osservatorio sul bilancio sociale diretto a approfondire le prassi applicative del reporting
per aggiornare ed innovare il modello.
*
Ad ottobre 2001, l’Associazione ha aderito al Forum per la Finanza Sostenibile,
associazione la cui missione è la promozione della cultura della responsabilità sociale e dello
sviluppo sostenibile presso la comunità finanziaria italiana. L’ingresso nel Forum risponde
alla nostra convinzione che da un’approccio multi-stakeholder determini valore aggiunto nella
gestione dell’impresa che sappia tenere conto delle diverse aspettative dei molteplici
stakeholder. Infatti, proprio in un’ottica multistakeholder, la partecipazione al Forum è aperta
a tutti i soggetti privati, gli enti o le organizzazioni, pubbliche o private, con o senza fini di
lucro, che condividono gli scopi del Forum. Attualmente infatti siedono al tavolo del Forum,
accanto ad esempio a Abi, Ania, Banca Popolare di Milano, MPS-Banca Verde, Federcasse,
San Paolo Imi, Unicredito italiano, Ing, Unipol, alcune associazioni rappresentative della
società civile come Cittadinanzattiva, Wwf Italia, Sodalitas, Fondazione Choros, agenzie di
rating sociali ed ambientali come Avanzi e E. Capital Partners.
*
L’importanza del confronto con gli stakeholder era peraltro già stata intuita da Abi,
che dal 1996, forse precorrendo i tempi, ha costituito un tavolo con le associazioni dei
consumatori come sede dedicata in cui vengono analizzate le tematiche e le problematiche di
maggior interesse nei rapporti fra banche e clientela, con l’obiettivo di perseguire il continuo
miglioramento dei servizi offerti e di intercettare le domande espresse dai clienti.
*
Condividendo tale sensibilità con gli Associati, a febbraio 2002, il Comitato Esecutivo
ha autorizzato ABI ad estendere il proprio campo di osservazione agli aspetti connessi ai temi
della CSR. Nell’ambito di questa nuova attività, a maggio 2002 è stato avviato uno specifico
progetto sulle tematiche connesse alla responsabilità sociale, volto a contribuire a sviluppare
cultura su tali temi all’interno del sistema bancario e finanziario e allo stesso fine è stato
creato con le banche un Gruppo di lavoro “Responsabilità sociale delle imprese” (cui
partecipano rappresentanti dei principali gruppi bancari italiani) quale punto dedicato allo
scambio di idee, riflessioni e contenuti.
*
I primi frutti del lavoro del Gruppo sono state due pubblicazioni dirette a rispondere a
specifiche esigenze emerse nel corso dei lavori: “Responsabilità sociale d’impresa: concetti e
strumenti per le banche” e l’“Annuario 2003 della Responsabilità sociale d’impresa: i
fornitori di servizi della RSI”, cui facevo cenno prima. Il primo, una sorta di “glossario ” redatto con la società di consulenza Avanzi - costituisce un documento di primo
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approfondimento diretto a promuoverne la conoscenza e la diffusione all’interno del settore
bancario e finanziario, consentendone la diffusione all’interno delle singole aziende bancarie.
Sono descritti i concetti generali e gli strumenti più diffusi per attuarla. Obiettivo del
documento è anche quello di fornire un primo quadro di riferimento su tali temi, non
esistendo attualmente in Italia uno strumento del genere. Il testo è strutturato in ordine
alfabetico per consentire la più agile consultazione. L’Annuario nasce, invece, con lo
specifico obiettivo di offrire alle banche ed al mercato una prima ricognizione dei fornitori di
servizi specializzati, per consentire di effettuare una scelta informata e consapevole di
professionisti cui rivolgersi per dare avvio all’attuazione di politiche di responsabilità sociale
e alla creazione di strumenti finanziari socialmente responsabili.
*
Sempre in questo contesto di pubblicazioni, Abi sta inoltre lavorando ad un ulteriore
approfondimento di taglio accademico – a cura di un panel di professori - su linguaggio,
concetti e strumenti della responsabilità etica e sociale dell’impresa. L’obiettivo sarà quello di
realizzare un’opera rivolta al mondo delle imprese, delle professioni e della comunità
scientifica che rappresenti un modello di sintesi dell’universo concettuale sul tema, sostenuto
dal mondo bancario.
*
Tali iniziative di divulgazione, formazione, scambio di contributi e di good practices
rientrano tra le attività che l’Associazione intende continuare a svolgere in tema di CSR, nella
consapevolezza che sollecitare la discussione e lo scambio di informazione tra le imprese
bancarie, anche rafforzando la conoscenza di specifiche esperienze e di buone pratiche
aziendali costituisce un momento importante di crescita comune, come peraltro ricordato
anche dalla stessa Commissione nella comunicazione in tema di luglio scorso.
*
Sempre in questo contesto, si collocano le diverse iniziative formative sono state già
realizzate tramite ABI-Formazione sul bilancio sociale e quelle allo studio per un piano di
formazione per tutto il personale bancario sui temi della responsabilità sociale, con particolare
riferimento alle implicazioni derivanti dall’attività bancaria. Siamo infatti consapevoli della
rilevanza che assumono in ogni impresa le risorse umane e di come sia strategico per
l’impresa potere attirare e contare su uno staff di persone motivate che si sentano orgogliose
di condividere i valori aziendali.
*
L’adesione di Abi a questo importante appuntamento di oggi è un’ulteriore passaggio
della nostra strategia. Abbiamo aderito di slancio in una costruttiva, mi auguro,
collaborazione con Sodalitas, cui va il merito, insieme ad Impronta etica ed Isvi della
realizzazione di questa tappa italiana della maratona. Europea.
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*
In ordine cronologico, il passo più recente è la nostra adesione al tavolo Q-RES, la
qualità della responsabilità etico-sociale d’impresa, progetto promosso dal CELE – Centre for
Ethics, Law & Economics dell’Università di Castellanza diretto dal Prof. Sacconi). L’attività
del tavolo è finalizzata a definire strumenti in grado di promuovere la responsabilità eticosociale d’impresa ed a promuovere la definizione di uno standard – certificabile a livello
internazionale - che ne tuteli la reputazione e l’affidabilità sulla base delle “Linee-guida QRes”. Tali linee guida sono state elaborate nell’ambito di un primo anno di lavoro e che
comprendono un insieme completo e integrato di sei strumenti per la gestione della
responsabilità etico-sociale d’impresa: Visione e Missione, Codice Etico, Formazione Etica,
Sistemi Organizzativi di Attuazione e Controllo, Rendicontazione Etico-Sociale e Verifica
Esterna. Anche in questo caso, di tratta di tavolo misto dove imprese, associazioni
professionali, società di consulenza ed organizzazioni non profit si confrontano su temi di
interesse comune.
La necessità di uno standard di certificazione che tenga conto di tutti i modelli esistenti in una
sintesi costruttiva risponde all’esigenza di rendere comprensibili a tutti gli stakeholder e
confrontabili tra loro le attività in cui l’azienda esplicita i propri comportamenti di
responsabilità sociale. I comportamenti, i fatti, rappresentano per l’impresa un fattore
primario di costruzione della propria credibilità e reputazione, da cui derivano la selezione ed
il gradimento del mercato. Si instaura così un circuito “virtuoso”: la reputazione consente ai
suoi stakeholder sia interni (collaboratori e management) che esterni (fornitori, clienti,
investitori, le comunità locali, i partner) di fidarsi e di cooperare con l’azienda. Per l’impresa,
accumulare reputazione significa costruire valore ed al tempo stesso permettere agli
stakeholder di discriminare tra chi merita e chi non merita la loro fiducia.
5. L’agenda di Abi per il futuro.
Il tema della responsabilità sociale è certamente cresciuto di rilevanza, nella sensibilità del
mondo bancario e nella sensibilità dei nostri interlocutori.
Come professione bancaria abbiamo intrapreso un cammino che vogliamo proseguire con
determinazione e convinzione.
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Siamo consapevoli di volere instaurare processi e modelli innovativi che richiedono un
percorso di maturazione culturale ed organizzativo nelle nostre aziende. Ed è certo che questo
cammino richiede del tempo. Non si tratta di attività o eventi estemporanei.
Il nuovo modo di “essere impresa” deve essere interiorizzato nel management, nei dipendenti,
nei nostri stakeholder, nella convinzione che il successo e l’innovazione dell’impresa si basa
oggi, in parallelo alle prestazioni economiche, sulla capacità dell’impresa di intercettare le
domande della società anche sotto il profilo della responsabilità sociale ed ambientale. E’
ormai evidente che la stessa dinamica di un mercato sempre più globale e competitivo
richieda alle aziende una particolare attenzione alla sostenibilità dello sviluppo.
Abi intende svolgere questo compito con il massimo impegno, condividendo questo nuovo
modo di essere impresa con i suoi dipendenti e collaboratori e i suoi principali stakeholder:
gli Associati.
L’impegno di Abi per il futuro prevede di affiancare e condividere con le banche il cammino
intrapreso, nel fornire gli strumenti utili ad integrarli nel core business e nella gestione delle
singole aziende; nel sollecitare la promozione di nuovi prodotti e servizi adatti ad intercettare
il bisogno di sostenibilità che proviene da imprese, cittadini, istituzioni; nell’elaborare e
condividere esperienze e proposte; nel consolidare network nazionali e internazionali al fine
di condividere esperienze e proposte e diventare sempre più protagonisti nel dibattito su
questi temi.
L’obiettivo è quello di migliorare sempre più i rapporti ed il clima di fiducia con i propri
stakeholder, fornendo il contributo importante delle imprese bancarie, quale segmento attivo e
propulsivo dell’intera comunità.
La “posta in gioco” è veramente alta.
Sono importanti, anzi necessarie, iniziative di collaborazione e di partnership innovative tra
tutti i soggetti interessati, tra i diversi attori: imprese, cittadini, istituzioni, organizzazioni
della società civile.
L’intervento delle Autorità pubbliche, come quello ribadito oggi dal Ministro Maroni, deve
assolvere al ruolo importante di favorire un confronto aperto tra tutte le parti interessate, al
fine di apportare al progetto presentato le esperienze ed i contributi già maturati nel nostro
Paese in materia di CSR. E’ inoltre importante che sia stata confermata anche dal Governo
italiano, in linea con le posizioni europee, l’impostazione della responsabilità sociale in
un’ottica di autoregolazione. Non, quindi, un’imposizione esterna di doveri aggiuntivi, ma un
ulteriore incentivo al dialogo tra le imprese e gli stakeholder.
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Le banche, dal canto loro, saranno in grado di innovare i propri schemi di gestione, di creare
una nuova cultura imprenditoriale capace di esprimere una visione che sappia progettare il
futuro e non soltanto guardare al giorno per giorno, in un’ottica di breve respiro.
Alla comunità bancaria, ai nostri stakeholder di riferimento, chiediamo di condividere questa
visione, di collaborare ad un progetto che mira a costruire la nuova impresa per il futuro.
Un grazie particolare, infine, agli organizzatori di questo evento, per avere consentito
momenti di riflessione su temi di così grande rilievo.
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