Deviazioni spaziotemporali in Laurence Sterne e Prosper
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Deviazioni spaziotemporali in Laurence Sterne e Prosper
§ PARAGRAFO RIVISTA DI LETTERATURA & IMMAGINARI Paragrafo Rivista di Letteratura & Immaginari pubblicazione periodica coordinatore FRANCESCO LO MONACO Redazione FABIO CLETO, DANIELE GIGLIOLI, MERCEDES GONZÁLEZ DE SANDE, FRANCESCO LO MONACO, FRANCESCA PASQUALI, VALENTINA PISANTY, LUCA CARLO ROSSI, STEFANO ROSSO, AMELIA VALTOLINA Segreteria di Redazione STEFANIA CONSONNI Ufficio 211 Università degli Studi di Bergamo P.za Rosate 2, 24129 Bergamo - tel: +39-035-2052744 / 2052706 email: [email protected] - web: www.unibg.it/paragrafo webmaster: VICENTE GONZÁLEZ DE SANDE La veste grafica è a cura della Redazione La responsabilità di opinioni e giudizi espressi negli articoli è dei singoli collaboratori e non impegna la Redazione Questo numero è pubblicato con il contributo del Dipartimento di Lettere, Arti e Multimedialità © Università degli Studi di Bergamo ISBN – 978-88-95184-97-5 Sestante Edizioni / Bergamo University Press Via dell’Agro 10, 24124 Bergamo tel. 035-4124204 - fax 035-4124206 email: [email protected] - web: www.sestanteedizioni.it Stampato da Stamperia Stefanoni - Bergamo Paragrafo IV (2008) Sommario INCONTRI §1. GIOVANNI SOLINAS, La critica tra dialogo e conflitto. Conversazione con Romano Luperini 9 FIGURE §2. NICCOLÒ SCAFFAI, Fortuna e sfortuna di un poeta editore. Inediti di Domenico Buratti 31 §3. PAOLA DI MAURO, Da dandy. L’intellettuale dada contro la guerra 55 §4. GABRIELE BUGADA, La pazzia del tiranno. Ritratti di un potere bandito 73 QUESTIONI §5. LUIGI MARFÉ, In viaggio con Erodoto. Appunti per una tipologia dell’anti-turismo contemporaneo 99 §6. GIANPAOLO IANNICELLI, Tra le crepe della memoria. Dinamiche e criticità del processo di trasmissione del passato 113 STERNIANA §7. STEFANIA CONSONNI, Schemi di costruzione spaziale del tempo in Tristram Shandy 135 §8. STEFANO A. MORETTI, “Quell’inquieto calesse”. Deviazioni spaziotemporali in Laurence Sterne e Prosper Mérimée 163 I COLLABORATORI DI QUESTO NUMERO 183 NUMERI ARRETRATI 185 § 8 Stefano A. Moretti “Quell’inquieto calesse” Deviazioni spaziotemporali in Laurence Sterne e Prosper Mérimée 1. Il buffone sull’altalena Le parole, che l’autore, come tutti gli autori, scriveva predicando da sé, furono frantese da due inglesi che andavano nel cortile considerando quell’inquieto calesse. Ugo Foscolo, Viaggio sentimentale di Yorick lungo la Francia e l’Italia, 1813 “Se un turista esotico […] ce lo chiedesse, sarebbe arduo spiegare in breve la rapida e durevole fortuna europea del Viaggio Sentimentale”. Così Giancarlo Mazzacurati apriva Il fantasma di Yorick, scritto sull’eredità formale e filosofica del Viaggio Sentimentale di Laurence Sterne.1 Se però quell’esotico turista fosse un viaggiatore nel Tempo, proveniente dalla quarta o dalla quinta dimensione, forse sarebbe lui a spiegare che il mezzo che ha impiegato per raggiungerci è molto simile, se non identico, a quello che Yorick sceglie per compiere il suo viaggio attraverso la Francia e l’Italia. Ma andiamo con ordine, cominciando – come si conviene – dalla Prefazione. 1.1. Un nuovo vecchio Veicolo2 Una carrozza senza cavalli è l’impossibile mezzo di trasporto di cui si serve 1 Giancarlo Mazzacurati, “Il fantasma di Yorick”, in Laurence Sterne, Un viaggio sentimentale, Napoli: Cronopio, 1991, II, pp. 153-91; ora in Id., Il fantasma di Yorick. Laurence Sterne e il romanzo sentimentale, Napoli: Liguori, 2006, pp. 41-71. Per alcuni suoi assunti fondamentali, il saggio di Mazzacurati è all’origine di buona parte delle riflessioni che seguono. 2 Mantengo l’uso sterniano della maiuscola per evidenziare il carattere astratto, quasi di categoria filosofica, che il termine veicolo assume in questo contesto. PARAGRAFO IV (2008), pp. 163-182 164 / STEFANO A. MORETTI Yorick per intraprendere un viaggio inedito, ‘sentimentale’; un viaggio introspettivo e retrospettivo, sobbalzante – il primo inciampo è già nel matter better della prima frase – per le strade della mente più che su quelle che attraversano le campagne francesi.3 Non solo resoconto o memoria di un viaggio, ma viaggio esso stesso, indagine rivolta a sondare delicate questioni relative al Sé, il Viaggio sentimentale pone al vaglio della critica la possibilità stessa di comunicare le proprie emozioni e percezioni; comunicazione che seppur possibile sarà sempre e comunque ‘traduzione’, traslazione e trasporto di una materia tanto volatile e volubile da rischiare di dissolversi – come una delicata pergamena – al primo contatto con l’aria.4 Se è impossibile uscire da sé comunicando agli altri ciò che proviamo e pensiamo, impossibile è anche viaggiare, uscire dai propri confini, siano essi corporei o nazionali. Assunto paradossale, per dare avvio a un racconto di viaggio, eppure è questa la tesi che Yorick, riprendendo e in buona misura parodiando un sermone del vescovo Joseph Hall,5 sembra sostenere nella celebre Prefazione scritta a viaggio e romanzo iniziato in una carrozza ferma nel cortile di un’osteria di Calais. Non una carrozza qualsiasi, ma una vecchia désobligeante6 abbandonata nell’angolo più remoto della corte colpisce la fantasia e il capriccio di Yorick che “trovandola in passabile armonia con il [suo] stato d’animo” decide di entrarvi per scrivere il suo viaggio. Serrandosi dentro la carrozza, tirando la tendina di taffeta nero per non 3 Yorick “viaggiava in Francia, ma la strada incrociava spesso la sua mente, e le principali avventure non coivolgevano briganti o precipizi ma le emozioni del cuore”. Virginia Woolf, “The Sentimental Journey”, in Id., The Common Reader, Second Series (1932), trad. it. di Vittoria Sanna, Il lettore comune. Seconda serie, Genova: il nuovo Melangolo, 1996, p. 85. 4 Sull’emblematico capitolo The Translation (il XXV secondo la numerazione del Foscolo) si vedano almeno Martin C. Battestin, “A Sentimental Journey and the Syntax of Things”, in J. C. Hilson, M. M. B. Jones e J. R. Watson (a cura di), Augustan Worlds: Essays in Honour of A. R. Humphreys, Leicester: Leicester University Press, 1978, pp. 223-39 (che definisce il Viaggio un libro “di ostacoli e traduzioni d’ogni genere”); Jean Jacques Mayoux, “Laurence Sterne”, in John Traugott (a cura di), Sterne: A Collection of Critical Essays, New York: Cliffs, 1968, p. 118 e Joseph Chadwick, “Infinite Jest: Interpretation in Sterne’s A Sentimental Journey”, Eighteenth-Century Studies, 12:2, 1978-1979, p. 205. Laddove non altrimenti indicato la traduzione è mia. 5 Joseph Hall, Quo Vadis? A Just Censure of Travel, As It is Commonly Undertaken by the Gentelmen of Our Nation, London, 1617; si veda Laurence Sterne, A Sentimental Journey through France and Italy by Mr. Yorick, a cura di Gardner D. Stout jr., Berkeley, University of California Press, 1967, pp. 332-36. D’ora in poi la sigla ASJ [Stout] farà riferimento a questa edizione. 6 Scelgo la grafia francese corrente désobligeante, mentre in Sterne si trova sempre Désobligeant. “QUELL’INQUIETO CALESSE” / 165 vedere e per non essere visto, Yorick sospende il corso della narrazione e scrive la premessa teorica al proprio romanzo. Chiuso nella carrozza immobile Yorick interrompe il suo viaggio, elimina lo Spazio e il Tempo attorno a sé; contemporaneamente egli interrompe anche lo Spazio e il Tempo del racconto, ne devia il flusso verso la dimensione della narrazione postuma – benché il testo si finga viatico, scritto a viaggio appena iniziato – e verso quella della lettura. Ciò provoca una serie di cortocircuiti tra gli spazi e i tempi della scrittura, dello scrittore, della lettura e del lettore (Yorick che scrive a Calais e Sterne a Coxwold diversi anni dopo; il tempo che impieghiamo a leggere il brano di Sterne e il flusso spazio-temporale nel quale viviamo e che interrompiamo leggendo).7 Trasgredendo le norme convenzionali del récit narrativo Sterne non solo confonde e sorprende il lettore, ma ne invade lo spaziotempo, lo obbliga a fermarsi, tornare sui propri passi e riprendere la lettura, resa frammentaria e sobbalzante almeno quanto la narrazione. Mazzacurati percepì la frattura provocata dall’inserimento di questa prefazione postuma e ne segnalò l’effetto straniante come paradigma dei luoghi sterniani “in cui il testo viene adoperato come uno strano crocevia di apparizioni e sparizioni, un luogo di scambio tra le diverse dimensioni (interno/esterno, mente/corpo, tempo/spazio)”.8 Che sia l’opera stessa questo luogo di scambio, crocicchio tra varie dimensioni, è Sterne a indicarlo: l’opera è letteralmente “Veicolo”, macchina che subisce continui smontaggi e rimontaggi e che non ha pudore a mostrarsi nella nudità dei propri ingranaggi.9 In 7 Alle categorie di tempo della scrittura, dello scrittore, del lettore e della lettura (mutuate da Tzvetan Todorov e Oswald Ducrot, Dictionnaire encyclopédique des sciences du language, Paris: Seuil, 1972, p. 400 e adottate nell’analisi del Tristram Shandy da Loretta Innocenti, “La narratività come spazialità del tempo. A proposito del Tristram Shandy”, Lingua e stile, 13:1, 1978, pp. 41-57), mi pare in questo caso adeguato intrecciare il concetto di cronotopo bachtiniano. In Sterne lettura e scrittura non perdono mai la propria corporeità; come per i cronotopi, “il tempo acquista in essi un carattere sensibilmente concreto”. Michail Bachtin, Formi vremeni i chronotopa v romane (1937-38), trad. it. di Clara Strada Janovic, “Le forme del tempo e del cronotopo nel romanzo”, in Id., Estetica e romanzo (1979), Torino: Einaudi, 2001, p. 396. 8 Laurence Sterne, Un viaggio sentimentale, cit., II, p. 18n13. 9 In una nota del 21 giugno 1767 Sterne definisce il diario che stava scrivendo all’amata Eliza Draper e il Viaggio sentimentale “sicuri come le prime due ruote della mia carrozza”: Laurence Sterne, A Sentimental Journey through France and Italy and Continuation of the Bramine’s Journal, a cura di Melvyn New e William G. Day, Gainesville, University of Florida Press, 2002, p. 205. D’ora in poi la sigla ASJ [Florida] farà riferimento a questa edizione. 166 / STEFANO A. MORETTI un passo centrale della Preface: In the Désobligeant il neonato viaggiatore sentimentale ammette con buona dose d’ironia che per attirare l’attenzione su di sé senza essere considerato un viaggiatore vanesio serviranno appigli migliori che non “la Novità del mio Veicolo”.10 Sia Gardner Stout, sia Melvin New, nelle rispettive edizioni critiche dell’opera offrono soltanto le occorrenze di questa formula ambigua; è merito di Mazzacurati avervi riconosciuto non solo il senhal con cui Sterne si riferisce alla propria opera ma anche il fondamento stesso della poetica sterniana, l’idea dell’opera letteraria non solo o non tanto come vettore di significati e significanti, ma come macchinario poetico in movimento.11 I sobbalzi di questa macchina poetica si lasciano dietro due tracce contigue, una formale e – a detta di Šklovskij – rivoluzionaria,12 l’altra esistenziale e lirica.13 La frantumazione o la forzatura dell’intreccio, che affascinò i formalisti, è il frutto di un consapevole benché precoce superamento della geometria euclidea applicato alla narrazione, uno sperimentalismo che a noi evoca soluzioni da avanguardia cubista;14 in campo esistenziale, invece, il moto perpetuo della macchina poetica sterniana ricorda con insistenza ai propri passeggeri la loro mortalità, offrendo però in cambio alcune possibilità di salvezza: la promessa di una continuazione letteraria dell’esistenza da un lato e la possibilità di uscire dalla tirannia del Tempo e dello Spazio praticandovi dei varchi dall’altro; fessure attraverso le quali Virginia Woolf sbir10 ASJ [Stout], p. 82, che Foscolo traduce “la novità della mia vettura”; si veda il Viaggio Sentimentale di Yorick lungo la Francia e l’Italia, traduzione di Didimo Chierico [Ugo Foscolo] (1813), in Laurence Sterne, Viaggio Sentimentale, a cura di Giuseppe Sertoli, Milano: Mondadori, 1983, p. 21. D’ora in poi la sigla VS [Sertoli] farà riferimento a questa edizione. 11 ASJ [Florida], pp. 244-51 e Laurence Sterne, Un viaggio sentimentale, cit., II, p. 16n8. 12 Victor Šklovskij, “Tristram Shandy Sterne’a teorija romana” (1921), trad. it. Cesare G. De Michelis e Renzo Oliva, “Il romanzo parodistico. Tristram Shandy” in Id., Teoria della prosa, Torino: Einaudi, 1976, pp. 209-43; immensa la bibliografia che in seguito ne ha ripreso le intuizioni, mi limito all’ultimo in ordine di tempo: Carlo Ginzburg, “La ricerca delle origini. Rileggendo Tristram Shandy”, in Id. Nessuna isola è un’isola. Quattro sguardi sulla letteratura inglese, Milano: Feltrinelli, 2002, pp. 68-95. 13 Virginia Woolf, op. cit., p. 82. 14 Sul legame tra geometrie non euclidee, teorie delle n-Dimensioni e arti figurative si veda Linda Darlymple Henderson, The Fourth Dimension and Non-Euclidean Geometry in Modern Art, Princeton: Princeton University Press, 1983. Sterne aveva già nel Tristram Shandy dimostrato come, al contrario di quanto affermato da Archimede, la retta non è necessariamente la linea più breve che unisce due punti; si veda Laurence Sterne, The Life and the Opinions of Tristram Shandy, Gentlemen, a cura di I. Campbell Ross, Oxford: Oxford University Press, 1983, VI, XL, p. 379. D’ora in poi la sigla TS farà riferimento a questa edizione. “QUELL’INQUIETO CALESSE” / 167 ciava le profondità dell’animo.15 Quelli che Šklovskij chiama “grafici d’andamento della fabula”, “mappe” che denunciano un ironico e consapevole straniamento formale, sono per Mazzacurati come i tracciati di un sismografo sentimentale che vede e registra solo le emergenze emotive, condannando all’oblio tutto quanto asseconda il flusso ordinario degli eventi.16 Viste a bordo della nostra carrozza queste mappe sembrano essere anche la registrazione tipografica degli accidenti del cammino: indicando un’affinità tra l’incoerenza del pensiero e la disconnessione del manto stradale queste tracce segnalano una analogia tra esperienza mentale e percezione corporale, espressa nel tremito della mano che tenta di vergare parole e che invece scarabocchia. 1.2. L’infinito viaggio della (meta)narrazione Il “movimento aperto” della macchina narrativa è il moto impresso da Yorick al trabiccolo nell’atto di scrivere impetuosamente il proprio sermone introduttivo, un moto che sospinge la stesura del Viaggio e che al tempo stesso ha un riscontro nella dimensione interna alla narrazione, tanto che due viaggiatori inglesi un po’ maliziosi si avvicinano incuriositi.17 Anche l’aspetto più macchinale del montaggio narrativo trova una rispondenza nella carrozza monoposto: nel capitolo seguente la Prefazione, Dessein, l’oste di Calais, per dissuadere Yorick dall’acquistare quel triste e scortese carrozzino avverte il viaggiatore che esso è stato già montato e smontato due volte per attraversare il Moncenisio. La désobligeante riassume e racchiude dunque in sé tutte le caratteristiche del Veicolo sterniano, del suo libro e della sua scrittura, ne diviene – quasi per sineddoche – il simbolo. La piccola carrozza all’interno della quale l’opera è scritta è l’opera stessa in miniatura, buio anfratto all’interno del quale le percezioni del protagonista sono proiettate come ombre.18 Il “Nuovo Veicolo” scelto da Yorick 15 Sterne “ci conduce fino all’orlo di un profondo precipizio dell’anima; lanciamo uno sguardo su quell’abisso; ma subito ci distoglie indicandoci splendidi prati verdi dall’altra parte”: Virginia Woolf, op. cit., p. 87. 16 Giancarlo Mazzacurati, op. cit., p. 50. 17 La stesura e la lettura di un sermone di Yorick è associata all’immagine di una carrozza già in un celebre capitolo del Tristram Shandy (II, XV), ove il caporale Trim, sfogliando le pagine della Nouvelle manière de fortifications par écluses (1618) di Simon Stevin alla ricerca del passo dove l’inventore fiammingo descrive la sua famosa “carrozza a vela”, fa inavvertitamente cadere un sermone che Sterne pronunciò il 29 luglio 1750 a York (TS, II, XV, p. 95). 18 Estranea a gran parte della critica sterniana, questa interpretazione è accennata in una 168 / STEFANO A. MORETTI come vettore ed emblema per il proprio viaggio non è dunque la carrozza vis-à-vis, ma l’angusta monoposto.19 Se il Viaggio Sentimentale è “la porta che ci permette di giungere ad una comprensione profonda di Sterne”,20 possiamo ora ipotizzare che, per sua stessa volontà, sia la désobligeante – con la Prefazione che in essa si presume sia stata scritta – la stretta via d’accesso al Viaggio Sentimentale. All’ingresso di Yorick nella désobligeante la soluzione di continuità narrativa è segnalata dall’inizio di un nuovo capitolo e da un brusco mutamento di registro stilistico; il tono e la costruzione retorica s’impennano improvvisamente verso quelli, sempre a un passo dalla parodia, del sermone o del discorso accademico. Già si è notato come la discontinuità sia non solo narrativa, ma spaziotemporale: “Il Viaggiatore Sentimentale. E qui intendo di me – e però mi sto qui ora seduto a darvi ragguaglio del mio viaggio” dice Sterne.21 Il luogo di scambio, lo shifter spaziotemporale non è qui il testo nel suo insieme ma lo spazio chiuso della carrozza, il suo stretto sedile che trasporta, come una wellsiana macchina del Tempo, lo scrittore che ha viaggiato e il suo lettore dal cortile di Calais allo studio di Sterne a Coxwold. Utilizzo di proposito il termine jakobsoniano shifter per indicare la funzione che la désobligeante, come dispositivo narrativo e come mezzo di trasporto, riveste nella costruzione della tessitura spaziotemporale dell’opera: Sterne fà di una sgangherata carrozza monoposto un commutatore metaforico, uno scambio lungo i binari dello spaziotempo, a volte centripeto, come all’inizio della Prefazione, altre centrifugo, come nel caso citato.22 In maniera del tutto simile Sterne si avvale, sul piano tipografico, delnota di Remo Ceserani: “la carrozza è simbolo e contenitore del racconto (i sobbalzi e i dondolii del calesse in cui si svolge il viaggio, detto la désobligeante, ne ritmano non solo le avventure ma anche la scrittura […])”. Sub voce “Carrozza”, in Remo Ceserani, Mario Domenichelli e Pino Fasano (a cura di), Dizionario dei temi letterari, Torino: Utet, 2007, I, p. 379. 19 Al contrario di quanto afferma Jean-Claude Dupas, Sterne ou le vis-à-vis, Lille: PUL, 1984. 20 György Lukács, “Reichtum, Chaos und Form: Ein Zwiegespräch über Lawrence Sterne” (1911), trad it. di Sergio Bologna, “Ricchezza, caos e forme. Un dialogo su Laurence Sterne”, in Id., L’anima e le forme, Milano: SugarCo, 1972, p. 217. 21 VS [Sertoli], p. 19. 22 Il termine scambio rimanda al procedimento di débrayage / embrayage, che Algirdas Greimas e Joseph Courtès (in Sémiotique. Dictionnaire raisonné de la théorie du langage, Paris: Hachette, 1979, pp. 79-82) derivano da Roman Jakobson, “Overlapping of Code and Message in Language” (1950), trad. it. di Luigi Heilmann e Letizia Grassi, “Commutatori ed altre strutture semplici”, in Id. Saggi di linguistica generale, Milano: Feltrinelli, 2002, pp. 149-53. “QUELL’INQUIETO CALESSE” / 169 le ‘poco eleganti’ lineette per aprire squarci nella temporalità narrativa ordinaria e immettere il lettore nel discorso e nel flusso di pensieri dei suoi protagonisti;23 inserendosi negli interstizi del testo, grazie alle ferite che l’autore stesso procura al proprio testo, al lettore è concesso penetrare la nebbia delle ambiguità per scoprire che a lui è dato tessere la trama profonda, Sentimentale, del viaggio e rinvenire attraverso l’esperienza o l’interpretazione i nessi che formano la “sintassi delle cose”.24 L’esibita frammentarietà, sintomo di una poetica, è al tempo stesso la caratteristica peculiare della concezione sterniana dell’individuo; già nel Tristram Shandy l’uomo è paragonato dal padre di Tristram a un fragile e traballante Veicolo, continuamente sottoposto al rischio di perdere i suoi pezzi a causa dei violenti sobbalzi che il suo viaggio comporta.25 Per Sterne l’Io è un oggetto discontinuo e inafferrabile, proprio come la forma narrativa adibita a raccontarlo e che tenta di contenerlo;26 questa reiterata 23 “La funzione più importante della lineetta […] è di fornire Tristram di una ‘illogica’ giuntura tra differenti generi di discorso: tra passato e presente, tra evento narrativo e intervento dell’autore rivolto al lettore; tra un flusso di pensieri e un altro nella mente di Tristram”: Ian Watt, “The Comic Syntax of Tristram Shandy”, in Howard Anderson e John S. Shea (a cura di), Studies in Criticism and Aesthetics, 1660-1800, Essays in honour of Samuel Holt Monk, Minneapolis: UMP, 1967, pp. 315-31. Altro spazio e altra sede meriterebbe il raffronto con la funzione delle lineette nell’opera di Emily Dickinson, dove peraltro l’immagine della carrozza è ricorrente. Sull’argomento sono da vedere, oltre al saggio di Watt appena citato, Richard B. Moss, “Sterne’s Punctuation”, Eighteenth-Century Studies, 15:2, 1981-1982, pp. 179-200; Elizabeth Brunner, “Dashing Genius: Emily Dickinson and the Punctuation of Cognition”, <http://members.tripod.com/~ElizBrunner/Scholar/ DashOne.htm>; Brita Lindberg-Seyersted, The Voice of the Poet: Aspects of Style in the Poetry of Emily Dickinson, Cambridge: Harvard University Press, 1968; Id., Emily Dickinson’s Punctuation, Oslo: University of Oslo, 1976 e Peter Crumbley, Inflections of the Pen: Dash and Voice in Emily Dickinson, Lexington: University Press of Kentucky, 1997. 24 “poiché il sentimento è il primo / a prestare qualche attenzione / alla sintassi delle cose”: Edward E. Cummings, “VII” (1926), in Id, Complete Poems, New York: HBJ, 1980, p. 290; da questi versi ha preso avvio il lavoro di Battestin citato in precedenza. Il ruolo del lettore interprete è stato invece messo a fuoco in Joseph Chadwick, op. cit., p. 205. 25 “Sebbene l’uomo sia tra tutti il più bizzarro veicolo, – disse mio padre, – pure ha una struttura così fragile ed è così mal connesso, che gl’improvvisi sobbalzi e le scosse violente a cui è inevitabilmente sottoposto il questo scabroso viaggio, lo manderebbero a gambe levate e lo ridurrebbero in pezzi una dozzina di volte al giorno, se non fosse, fratello Tobia, per una segreta molla ch’è in noi...” Laurence Sterne, The Life and Opinions of Tristram Shandy, Gentleman (1760-1767), trad. it. di Antonio Meo, La vita e le opinioni di Tristram Shandy gentiluomo (1958), Milano: Mondadori, 1974, p. 204. D’ora in poi riferiremo a questo volume con la sigla TS [Meo]. 26 Questa vischiosità si riflette nelle numerose e opposte interpretazioni degli studiosi; Chadwick ad esempio ne evidenzia l’aspetto solipsistico, monadico, di “centro di coscien- 170 / STEFANO A. MORETTI scissione dell’Io mi pare si verifichi anche al termine del brano di cui ci stiamo occupando: interrompendo la scrittura Yorick “schizza fuori” dalla désobligeante, ma una parte di lui vi resta ‘dentro’ per continuare a scrivere il libro che stiamo leggendo. Mentre Yorick prosegue il proprio viaggio in un mondo di ectoplasmi, Sterne resta seduto al suo scrittoio e continua a proiettare, insieme a noi, le immagini del viaggio; la piccola carrozza funziona quindi come una camera ottica o un prisma attraverso il quale il fascio di luce del soggetto si rifrange in tutte le sue facce multicolori. Il mondo esterno, le persone che si incontrano, sono simili a un vetro riflettente, grazie al quale possiamo avere un’immagine dei nostri procedimenti mentali e dei nostri sentimenti e tentare infine di possederli; ma anche questa superficie sembra essere incrinata, lo specchio del mondo sembra essersi rotto irrimediabilmente in infiniti caleidoscopici riflessi.27 Questo carrozzino apparentemente dimesso deve aver lasciato un segno profondo nella memoria di un grande sterniano, E. T. A. Hoffmann, che scelse di rivestire di specchi la carrozza de La Principessa Brambilla. I passanti cercano di scoprire chi è l’ospite della fantastica vettura giunta a Roma per il Carnevale, ma tutto ciò che riescono a cogliere con lo sguardo è la loro stessa immagine riflessa e rifratta in mille direzioni differenti; la visione del passeggero resta preclusa e sorge ben presto il dubbio che tra i cuscini di velluto non sia seduto nessuno: il tentativo di vedere dentro di sé porta così alla scoperta di un Io in frantumi. L’introspezione, inevitabile all’interno della désobligeante, in Hoffmann è diventata impossibile; portiere specchiate ne precludono l’accesso, segno dell’inattingibilità dell’Io che il Romanticismo ha, nel frattempo, portato con sé.28 za” al cui interno anche l’Io del lettore è risucchiato e imprigionato; Mazzacurati vi scorge invece la “porosità” di una spugna che assorbe ottimisticamente tutte le sensazioni che il mondo le offre, nella certezza che un “Grande Sensorio” esista; i più, a partire da Stout, Battestin e Watt fino a Sertoli, leggono il Viaggio come una moderna peregrinatio che ha questi due poli come prima e ultima tappa. 27 Cfr. Joseph Lamb, “Language and Hartleian Associationism in A Sentimental Journey”, Eighteenth-Century Studies, 13:3, 1980, p. 290; Danielle Bobker, “Carriages, Conversation, and A Sentimental Journey”, Studies in Eighteenth-Century Culture, 35 (2006), pp. 243-66; e Carsten Meiner, “Voyage autour du carrosse. A Sentimental Journey de Laurence Sterne”, in Id., Le carrosse littéraire et l’invention du hasard, Paris: PUF, 2008, pp. 101-14. La metafora dello specchio rotto è già in Edward e Lilian Bloom, “Hostage to Fortune: Time, Chance, and Laurence Sterne”, Modern Philology, 85:4, maggio 1988, p. 500: “Sterne mostra un intarsio caleidoscopico di immagini incomplete, come nelle schegge di uno specchio rotto”. 28 “Il popolo accorreva da tutte le parti e voleva a tutti i costi guardare dentro la carrozza, ma non riusciva a vedere che il Corso e se stesso perché gli sportelli erano tanti spec- “QUELL’INQUIETO CALESSE” / 171 1.3. See-saw: frammentarietà e moto perpetuo Il ritmo sussultante della prosa, le frequenti interruzioni nello spaziotempo sono lo stratagemma con cui Sterne imprime alla sua vettura narrativa l’illusione di un moto perpetuo e perennemente incoativo, che blocca l’esistenza nella sua fase di gestazione e nascita esorcizzando così la caducità congenita del marchingegno umano, procrastinando la morte all’infinito. La désobligeante è forse la prima delle molte interruzioni, brusche virate e inciampi nello Spazio e nel Tempo che Yorick incontra per via; una pietra d’inciampo ancora piccola se confrontata con il masso – un “frammento” di montagna, a ben guardare – che nell’ultimo capitolo impedisce a Yorick il valico delle Alpi, lo obbliga a passare la notte nella stessa stanza con una dama piemontese e lo intrappola per sempre in un viaggio che non giungerà mai a destinazione.29 Queste frequenti barriere sono lo strumento di cui il soggetto sterniano si avvale per riflettere su di sé le proprie sensazioni, i propri pensieri e confrontarli con i nostri, lasciandoci liberi di interpretarli secondo la nostra inclinazione.30 Questi rari momenti permettono un contatto con l’altro, il ritorno alla semplicità della Natura che, per Sterne, è ancora oggetto di fede; sono petrae scandali in cui il Viaggiatore Sentimentale inciampa e grazie alle quali per pochi istanti si riconosce. Ritmo e interruzioni liberano il Veicolo e i suoi passeggeri restituendoli a una dimensione altra, dove Spazio e Tempo si dissolvono. Virginia Woolf amava Sterne per questo suo volo a zig-zag, da libellula, che permette al lettore di gettare uno sguardo nell’abisso dentro di sé e un attimo dopo di volgere lo sguardo ai pascoli smaglianti che fiancheggiano la strada. Il movimento saltellante di questa carrozza senza cavalli non è però un vago sobbalzo o dondolio, ma un see-saw, un’altalena: “E le sue fila mi guidano a dirittura (ove il su e giù [see-saw] di questa désobligeante mi lasci tirare innanzi) sì alle efficienti che alle finali cause de’ viaggi”.31 chi. Più d’uno, vedendosi riflesso a quel modo credeva già di star seduto dentro quella splendida carrozza e dalla gioia usciva completamente di sé”: Ernst Theodor Amadeus Hoffmann, Prinzessin Brambilla (1820), trad. it. di Alberto Spaini, La principessa Brambilla, in Id., Romanzi e racconti, Torino: Einaudi, 1969, III, p. 418. 29 Anche la narrazione di Tristram è, a detta dei già citati Edward e Lilian Bloom, costellata di continui inciampi: “Tristram stesso […] inciampa per giorni e notti nell’incongruo movimento di uno zigzagare obliquo” (op. cit., p. 499). 30 Joseph Chadwick, op. cit., passim. 31 VS [Sertoli], p. 19. 172 / STEFANO A. MORETTI La désobligeante si muove quindi zigzagando, in disequilibrio a trecentosessanta gradi, attraverso tutte e quattro le direzioni e le Dimensioni. È però anche un’altalena onomastica, dato che il nome stesso del gioco sale e scende tra presente (o infinito) e passato: vedo-vidi, che tradotto alla lettera ci mostra come il movimento della désobligeante abbia ancora una volta a che fare sia con il viaggio nel Tempo – e nei tempi – sia con lo sconcertante paesaggio che quel viaggio ci lascia, per un breve attimo, scorgere. Questa altalenante carrozza, come il più celebre ‘gioco’ sterniano, il cavalluccio di zio Tobia, è un dispositivo grazie al quale Sterne guadagna alla sua Macchina poetica un moto perpetuo, a sé e ai propri lettori un altalenante e ironico viaggio tra Cielo e Inferno. Nel Discorso sul funzionamento meccanico dello spirito, pubblicato anonimo nel 1704, Jonathan Swift parodiava così i seguaci dei predicatori moderni, che promettono di sciogliere lo spirito dalle catene del corpo con una ‘operazione meccanica’: “Per prima cosa costoro rivolgono dentro i globi oculari tenendo socchiuse le palpebre. Poi stando seduti, si dondolano di continuo, come se fossero su un’altalena, emettendo ad intervalli regolari lunghi mugolii, prolungando il suono alla medesima intensità e scegliendo il momento in cui il predicatore vien meno”.32 È arduo pensare che Sterne, con l’immagine della ‘carrozza altalena’, non intendesse rimandare il lettore al geniale Frammento di Swift, considerando che la ciarlatanesca “operazione spirituale” dei Moderni consiste nel preferire, come Veicolo di ascesa al Cielo, un asino ad una carrozza, dove l’asino raffigura i Maestri illuminati e il cavaliere i suoi fanatici uditori: Si narra che, dovendo far visita in Paradiso, a Maometto fossero offerti vari veicoli per condurcelo, quali carri di fuoco, cavalli alati e berline celesti, e che lui li rifiutasse tutti, scegliendo di essere trasportato in cielo dal proprio asinello. […] Non c’è altro paese al mondo che sia dotato di tanta abbondanza di mezzi comodi e sicuri per fare un simile viaggio, e moltissimi di noi non vogliono altro veicolo che non sia quello di Maometto.33 32 Johnathan Swift, Discourse Concerning the Mechanical Operation of the Spirit. In a Letter To a Friend. A Fragment (1704), trad. it. di Attilio Brilli, “Discorso sul funzionamento meccanico dello spirito. Lettera a un amico (Frammento)”, in Id., Meditazione su un manico di scopa e altre satire, Milano: Archinto, 2008, p. 75. Poco oltre, egli individua l’origine di queste estasi altalenanti nei riti di iniziazione femminile del vicino oriente; l’argomento merita uno spazio ben più ampio, ho voluto però richiamarlo all’attenzione perché sia presente quando si parlerà della carrozza di Cenerentola. 33 Ivi, pp. 65-66. Swift elenca inoltre quattro motivi di sortita dell’anima dal corpo (profezia o ispirazione divina, possessione diabolica, immaginazione o spleen dovuto a “QUELL’INQUIETO CALESSE” / 173 Il pamphlet di Swift è pretestuosamente il frammento di una lettera anonima. A un’eterodossa e ironica questione teologica si associa quindi, come in Sterne, una riflessione sullo strumento letterario.34 La frammentarietà narrativa è legata all’altalenante moto del Veicolo narrativo anche in uno scritto del terzo conte di Shaftesbury: Questa maniera di scrivere è così ammirata e imitata nella nostra epoca che a stento abbiamo idea di qualsiasi altro modello. […] Tutto corre alla stessa nota, e batte esattamente sempre la stessa misura. Nulla, si vorrebbe pensare, potrebbe essere più tedioso di questo passo uniforme. La strada per Amble o per Canterbury non è, ne sono persuaso, più noiosa per un buon cavaliere di quanto questo altalenare dei saggisti non sia per un abile lettore. L’accorto compositore di un brano corretto è come un abile viaggiatore, che con esattezza misura il suo viaggio, considera il terreno, preordina le sue tappe, gli intervalli, le soste e le intenzioni, sino alla conclusione della sua impresa, che egli felicemente raggiunge dove inizialmente si era prefisso quand’era partito.35 Benché la Prefazione del Viaggio Sentimentale sembri rispondere direttamente a questo brano, le Riflessioni di Shaftesbury – come il Discorso di Swift – non sono mai state considerate tra le sue fonti dirette;36 meriterebbero invece la nostra frequentazione, come lucide e insospettabili antesignane della forma saggio novecentesca e postmoderna. L’attenzione alle origini, agli ingredienti di quella vasta e antica farmacia che è per Sterne la letteratura, non è quindi da intendersi come il tentativo anacronisticause naturali, entusiasmo religioso frutto di una “operazione meccanica”); una casistica che pare ricalcare, non senza ironia, le celebri maniai platoniche (Platone, Fedro, 244b245a e 249d-e). Scritto poco dopo La battaglia dei libri, questo libello è con ogni evidenza un ulteriore attacco al ‘partito’ dei Moderni. Per una accurata ricostruzione della ben nota querelle si veda Marc Fumaroli, Les abeilles et les araignées. La querelle des Anciens et des Modernes (2001), trad. it. di Graziella Cillario e Massimo Scotti, Le api e i ragni. La disputa degli Antichi e dei Moderni, Milano: Adelphi, 2005. 34 Come non pensare, parlando di asini, linee rette e deviazioni letterarie, al celebre passo shandiano: “se uno storiografo potesse tirar diritto per la sua strada come un mulattiere nel condurre il suo mulo” (TS [Meo], p. 28). 35 Anthony Ashley Cooper, terzo conte di Shaftersbury, Characteristicks of Men, Manners, Opinions, Times (1714), Farnborough: Gregg, 1968, III, pp. 25-26. 36 La conoscenza da parte di Sterne di questi brani è indubbia; basti dire che, alla morte, egli possedeva quattro diverse edizioni dell’opera di Shaftesbury (numerate nel catalogo della sua biblioteca 963, 1416, 1653, 2382) e di Swift (nelle miscellanee numerate 1524 e 1620). Cfr. Charles Whibley (a cura di), A Facsimile Reproduction of a Unique Catalogue of Laurence Sterne’s Library, London: Tregaskis-Wells, 1930, pp. 39, 55, 59, 62, 63 e 89. 174 / STEFANO A. MORETTI co di confinare il Viaggio Sentimentale nei limiti del proprio secolo; è semmai rassegna e notazione di alcune ennesime merci delle molte che il Veicolo sterniano contrabbanda alla posterità.37 1.4. Il carro di Elia Come hanno notato tutti i curatori del Viaggio Sentimentale dopo Gardner Stout, la “Novità del Veicolo” è presente già nella dedica del sermone intitolato Il caso di Elia e la vedova di Zarepta, pronunciato dal reverendo Sterne il venerdì di Pasqua del 1747.38 Può stupire che Sterne tratti la Carità alla stregua di un genere letterario o di una forma narrativa, come farà poi per il romanzo di viaggio; in realtà il sermone, che ebbe all’epoca molto successo e fece incassare parecchie sterline alla parrocchia di York, è condotto in maniera piuttosto tradizionale e segue scrupolosamente il canone dell’eloquenza. Com’è noto sono altri due i sermoni che più hanno influenzato la composizione della Prefazione. Nella désobligeante: Il figliol prodigo scritto nel 1765 e il Quo Vadis? del vescovo Hall, pubblicato nel 1617. È però quantomeno curioso che il testo ove la metafora del veicolo sterniano appare per la prima volta sia dedicato al profeta Elia. Abbiamo visto che anche in Swift, tra i “Veicoli” che si immaginano offerti a Maometto e da lui rifiutati, ci sono “[c]arri infuocati e portantine celesti”; si potrebbe a questo punto ipotizzare, con più mezzi e spazio a disposizione, una ‘linea irlandese’ e rintracciare così un destino sotterraneo e insulare del profeta chiamato da Dio su un carro di fuoco, con fuggevoli ma frequenti emersioni in epoche e ambienti apparentemente lontani, come la letteratura omiletica irlandese e l’Ulisse di Joyce.39 Un’altra apparizione del carro di Elia, nata in seno all’anticlericalismo francese dell’Ottocento, sarà la laconica chiusa del secondo testo di cui ora ci occuperemo. 37 “Continueremo a fatturare nuovi libri come i farmacisti fatturano le loro misture, solo travasandole da un recipiente all’altro?” (TS [Meo], p. 243); ironica ruberia sottratta a Burton: “come farmacisti facciamo nuove miscele ogni giorno e vuotiamo un vasetto in un altro”. Robert Burton, “Democritus Junior to the Reader”, in Id., The Anathomy of Melancholy (1621), a cura di Floyd Dell e Paul Jordan-Smith, New York: Tudor, 1955, p. 18. 38 Laurence Sterne, The Sermons of Laurence Sterne: The Text, a cura di Melvyn New, Gainesville: Florida University Press, 1996, p. 40. 39 Un esempio emblematico del destino irlandese di Elia e di Enoch è l’omelia Da brón flatha nime; cfr. Enrica Salvaneschi, “Enoch in terra d’Irlanda: due testi extra-vaganti”, in Carlo Angelino e Enrica Salvaneschi (a cura di), Synkrisis. Testi e studi di filosofia del linguaggio religioso, Genova: il Melangolo, 1984. Il celebre ratto compare nel capolavoro joyciano nella sezione XIII, Cyclops, al termine della quale Leopold ascende alla gloria celeste col nome di ‘ben Bloom Elijah’. Cfr. James Joyce, Ulysses (1922), London: Penguin, 1986, pp. 281-83. “QUELL’INQUIETO CALESSE” / 175 2. L’attrice cenerentola Cenerentola qui non è un soprannome, proprio e inadeguato, ma aggettivo; non è personaggio, non è persona – ma qualità di persona, e quindi come in procinto di regredire, di disfarsi della cenere costitutiva del nome suo inventato. Enrica Salvaneschi, In vano, 2004 Il 14 giugno 1829 sulle pagine della Revue de Paris compare anonimo La carrozza del Santissimo Sacramento, breve pièce del ventisettenne Prosper Mérimée. L’anno seguente sarà accolta, con L’occasione, nella seconda edizione del Teatro di Clara Gazul, commediante spagnola. La fantomatica attrice spagnola cui è attribuita la composizione della raccolta teatrale è in realtà la maschera indossata da Mérimée per il proprio debutto letterario: il volto della commediante effigiata in alcune rare copie del volume è a guardare meglio quello del giovane Prosper. Egli stesso dissemina con arguzia gli indizi necessari a riconoscerlo; persino nel titolo si è voluto vedere l’anagramma di Etienne Jean Delécluze, autore del ritratto di Clara Gazul, mentore con Lingay e Stendhal del giovane Mérimée.40 La carrozza del Santissimo Sacramento è l’unica tra le otto brevi commedie di Clara Gazul ad aver avuto fortuna, sui palcoscenici e sulla carta stampata. Ad esclusione del primo, clamoroso fiasco del 1850 la pièce ha goduto, in patria e all’estero, di un interesse crescente, dovuto in gran parte alla storica messinscena di Jacques Copeau, Louis Jouvet e Valentine Tessier al Théâtre du Vieux Colombier nel marzo del 1920.41 La vicenda rappresentata da Mérimée ha ispirato numerose riletture, teatrali, musicali, letterarie e cinematografiche, da La Périchole di Meilhac e Halévy musicata da Offenbach e La carrozza del Santissimo Sacramento di Maurice Vaucaire sino a La carrozza d’oro, film di Jean Renoir del 1952 con Anna Magnani. Fortuna pari se non persino maggiore ha avuto la figura della protagonista di questo atto unico, Camila Perichole, trasposizione letteraria dell’at40 Samuel Borton, “A Note on Prosper Mérimée: Not de Clara Gazul But Delécluze”, Modern Language Notes, 75:4, 1960, p. 337, legge come anagramma ‘approssimato’ il titolo di Mérimée, in cui rintraccia due serie di lettere che compongono il cognome del pittore Delécluze (Le Théatre de Clara Gazul / Le Théatre de Clara Gazul). L’anagramma di Gazul, personaggio dei Romances moriscos novelescos, compare in modo evidente ne La Guzla del 1827. 41 In Italia resta invece poco conosciuta, benché tradotta nel 1993 da Guido Davico Bonino e nel 1997 da Carlo Terron. 176 / STEFANO A. MORETTI trice peruviana Micaela Villegas, fonte di ispirazione per numerosi autori, tra i quali Thornton Wilder e Luis Alberto Sánchez.42 Il saynete43 è ambientato a Lima, nell’appartamento del viceré del Perù don Andres de Ribera.44 La sua nuova splendida carrozza è appena giunta dal continente, ma un attacco di gotta, costringendolo in poltrona, gli impedisce di usarla per andare al battesimo di un cacicco convertito e mostrarsi in tutta la sua vanitosa ricchezza. L’attrice Camila Perichole, sua amante, sopraggiunge con grande strepito decisa ad avere per sé la carrozza e mettere così in scacco la vecchia marchesa Altamirano, sua “nemica capitale”.45 Don Andres, benché riservasse una scena di gelosia all’amata, scoperta a tradirlo con un militare, il capitano Hernán Aguirre, e con il torero mulatto Ramón, cede infine al capriccio e assiste dalla finestra allo scandalo provocato dalla Perichole: la sua carrozza lanciata di gran carriera verso la cattedrale taglia la strada a quella dell’odiata marchesa, che si ribalta tra il clamore della folla. Il dottor Tomas d’Esquivel, scampato all’incidente, lamenta con don Andres lo “scandalo enorme” di cui è stato testimone e vittima e chiede che la Perichole paghi per l’onta causata. Alla funzione da poco terminata pochi hanno prestato attenzione; persino il vescovo ha dimenticato di far promettere al padrino di educare cristianamente l’indio convertito. Il vescovo in persona entra in scena e tenendo per mano l’attrice celebra un nuovo beffardo rito, l’improvvisa redenzione della commediante. In un inatteso slancio di carità cristiana Camila Perichole ha deciso di donare la ‘sua’ nuova carrozza ai poveri preti appiedati, che la useranno per raggiungere i moribondi e prestare loro gli estremi conforti della religione. Rispetto alle fonti Mérimée presenta lo scandalo della carrozza dorata sotto una luce del tutto diversa; reinventando delle figure reali, le osserva con uno sguardo disincantato, quasi acre, e al tempo stesso profondamente umano. Dalla lettura del diario del capitano Basil Hall egli poté ricavare poco più che un aneddoto sprezzante sulla fantasia di una comme42 Si vedano Thornton Wilder, The Bridge of San Luis Rey, New York: Boni, 1927 e Luis Alberto Sánchez, La Perricholi, México: Leyenda, 1944. 43 Il saynete è una breve forma teatrale, comica o brillante, utilizzata soprattutto da Ramón de la Cruz nel XVIII secolo. Sul suo uso in Mérimée si veda Pierre Trahard, La jeunesse de Prosper Mérimée, Paris: Champion, 1925, p. 112. 44 Don Manuel de Amat Junient, Planella, Aimeric y Santa-Pau – questo il vero nome del vicerè – fu governatore del Perù dal 1761 al 1775; secondo le fonti storiche dalla relazione con Micaela ‘Perricholi’ Villegas ebbe anche un figlio. 45 Utilizzo per i passi in italiano la versione di Guido Davico Bonino in Prosper Mérimée, La Carrozza del Santo Sacramento, Macerata: Liberilibri, 1993. “QUELL’INQUIETO CALESSE” / 177 diante capricciosa e spendacciona che, per mettere alla prova il proprio ascendente sull’amico governatore, lo obbliga a farsi costruire una carrozza decidendo, altrettanto capricciosamente, di donarla alla curia.46 L’invenzione scenica rivela invece una tessitura abile e delicata; con piglio maturo egli ordisce la trama e dispone un impeccabile meccanismo teatrale che supera l’anticlericalismo e l’épater le bourgois ponendo questioni sociali e politiche di rilievo, quali la libertà dei subalterni nelle colonie, l’indipendenza femminile, il rapporto tra attrice e cortigiana nella società borghese. La beffarda scenetta è anche una riflessione estetica e ontologica sullo statuto della verità nell’arte, sulla evanescente e proteiforme identità della commediante, e al tempo stesso teologica, sulla possibilità – qui ironizzata – della Grazia. Anche la carrozza di Mérimée è petra scandali; come la désobligeante di Sterne essa taglia la strada al regolare flusso degli eventi, su di essa i valori consueti inciampano e vengono per un breve lasso di tempo annullati, le identità dei personaggi e le convenzioni sociali si confondono. Lo scontro tra la carrozza della Perichole e quella della marchesa – assente nei resoconti storici e probabilmente preso a prestito a Calderón47 – è un gesto intenzionale; la sfida all’avversata marchesa non è soltanto l’ennesimo affronto nella scaramuccia tra due donne vanitose, ma un atto deliberato contro l’aristocrazia coloniale. La notorietà e l’avvenenza sono per l’attrice armi di seduzione tanto quanto l’imprevedibilità, libertà garantitale da uno statuto sociale ambiguo, meticcio. Quando don Andres minaccia di incarcerarla Camila risponde che “ci sarebbe una rivolta a Lima se la Perichole finisse in prigione”;48 la consapevolezza del potere conferito dal ruolo di mantenuta, la conquista attraverso la seduzione dell’indipendenza 46 Basil Hall, Extracts from a Journal, written on the coasts of Chili, Peru and Mexico, Edinburgh: Constable, 1825, vol. I, pp. 238-41, individuato come fonte da George Hainsworth, “Autour du Carrosse du Saint-Sacrement: Basil Hall, La Araucana et l’Histoire générale des voyages”, Zeitschrift für franzosische Sprache und Litteratur, 2, 1972, pp. 14152. Mérimée ha certamente letto Hall nell’edizione originale: se in francese la carrozza è “un brillante equipaggio dal gusto antico” (Basil Hall, Voyage au Chili, Pérou et au Mexique, Paris: Bertrand, 1825, I, p. 223), nell’originale è “una grande, pesante, vecchia carrozza gilt (dorata)” (Basil Hall, Extracts from a Journal, cit., I, p. 239), come nella pièce “un’attrice su una carrozza doré (dorata)” (Prosper Mérimée, Le Carrosse du Saint-Sacrement, cit., p. 240). I corsivi sono miei. 47 Il racconto di un incidente tra due carrozze è l’avvio di Cuál es major perfección? di Calderón de la Barca, citato da Mérimée in esergo alla Carrozza. 48 Prosper Mérimée, La Carrozza del Santo Sacramento, cit., p. 43. 178 / STEFANO A. MORETTI economica e il tentativo di metterla a frutto per superare le barriere che quello stesso ruolo impone, sono i tratti di molte Margherite Gauthier che durante il Secondo Impero provocheranno la preoccupazione di non pochi padri e moralizzatori. Il nobile o il borghese à la Armand Duval che ama una cortigiana o un’attrice senza mantenerla rischia di sovvertire la rigida gerarchia sociale e sessuale così come la donna che possiede da sé il danaro per sostenere le proprie passioni e i propri capricci; per la società essi sono entrambi una minaccia.49 Per il mondo borghese esiste tuttavia un pericolo ancora maggiore dello scandalo in sé ed è l’uso dello scandalo che le attrici cortigiane del Secondo Impero fanno o tentano di fare. Possiamo scorgere il germe anche di questo male nel gesto della Perichole che sporgendosi dal finestrino ordina al cocchiere di tagliare la strada alla marchesa per fare ed essere scandalo. La scorribanda dell’attrice è però anche uno scandalo dell’identità. Una commediante conduce per definizione un’esistenza proteiforme se non addirittura schizoide, in ogni caso indefinibile secondo i parametri identitari consueti. La consapevolezza della Perichole e di Mérimée in questo senso è lampante; al viceré che le ricorda di non essere “un vescovo, […], un uditore o una marchesa, per andare in carrozza” Camila replica di essere di volta in volta “l’infanta d’Irlanda, la regina di Saba, la regina di Thomiris, Venere e santa Giustina, vergine e martire”.50 Il travestimento di Mérimée è qualcosa di più che un mero vezzo romantico, il gioco di un enigmista erudito o la maschera presa a prestito da un esordiente timoroso; la scelta di indossare i panni di una commediante spagnola che a sua volta interpreta il ruolo di una nota attrice peruviana del Settecento è, ancora, come riflettersi in uno specchio rotto. L’essenza femminile sarà sempre per Mérimée una preda inafferrabile, desiderata e temuta ad un tempo, in cui egli vedrà incarnato il contrasto insanabile tra verità e finzione.51 Per questo Mérimée partecipa al dibattito sul Vero solo nella misura in cui esso gli dà modo di perseguire la propria indagine sulle donne e le fornisce una cornice teorica. Benché le sue scelte formali e contenuti49 Un utile raffronto può essere quello con Michel Foucault, La volonté de savoir, Paris: Gallimard, 1976, pp. 161-73. 50 Prosper Mérimée, La Carrozza del Santo Sacramento, cit., p. 37. 51 Guido Davico Bonino, “Introduzione”, in Prosper Mérimée, La Carrozza del Santo Sacramento, cit., pp. xiv-xv. Il motto di Mérimée, va ricordato, sarà sempre mémneso apistéin (ricordo di non credere): Prosper Mérimée, Théâtre de Clara Gazul, Romans et nouvelles, éd. par Jean Mallion et Pierre Salomon, Paris: Gallimard, 1978, p. lv. “QUELL’INQUIETO CALESSE” / 179 stiche siano state recepite come l’esempio di una nascente nuova generazione di scrittori romantici, esse non sembrano essere lo scopo ma il mezzo del suo fare letteratura; nei suoi ritratti femminili egli ci restituisce non solo il prodotto di una riflessione estetica, ma anche il nodo irrisolto di una cogente questione privata. L’ultima parola, nella Carrozza del Santo Sacramento, è lasciata ad un anonimo pretino. Fino ad allora il canonico ha assistito in disparte agli ultimi sviluppi della vicenda, è entrato al seguito del vescovo ma non ce ne siamo neppure accorti. Mentre il suo superiore saluta e sorride alla ‘redenta’ Perichole, egli ha l’onore della morale finale: “Signorina, questa carrozza sarà per voi come il carro di Elia, vi porterà dritto in cielo”.52 L’ammiccante presenza del vescovo sulla scena venne ritenuta scandalosa dagli spettatori della prima rappresentazione del 1850, che abbandonarono la sala e fischiarono gli attori. Mérimée non solo si disinteressò completamente della messa in scena, ma tentò pure, con garbo ma con decisione, di impedirla. La sua tormentata assenza di fiducia nelle donne e nella verità si intreccia a una forse altrettanto tormentosa assenza di fede.53 La redenzione della Perichole è certo una parodia, come ironico è il rimando all’episodio biblico del carro di Elia; tuttavia in essi si cela il dubbio e, con il dubbio, la speranza. La carrozza d’oro non perde quindi del tutto la valenza soteriologica che anche altri Veicoli, a cominciare proprio dal carro di Elia, hanno avuto. Nella mitologia classica e nelle religioni arcaiche, tradizioni in cui le idee di soprannaturalità e di vita ultramondana non implicano una promessa di salvazione o di vita eterna ma un processo di rigenerazione, il viaggio di un carro o di una carrozza fuori dal Tempo e dallo Spazio ha assunto un valore diverso, sempre però legato al passaggio da uno stato dell’esistenza marginale e incompleto a uno stato superiore. Il carro di Elia trova il suo corrispettivo nei riti di passaggio legati ai culti orfici, praticati a Roma ancora nella tarda età imperiale, nel ratto di Persefone. L’immagine arcaica del carro di Proserpina giunge con grande vitalità sino all’età moderna, dove, perduto il suo valore iniziatico, si intreccia alla vicenda di Cenerentola.54 Tra le molte analogie 52 Prosper Mérimée, La Carrozza del Santo Sacramento, cit., p. 73. “Dio mi sembra molto probabile […]. Quanto all’altro mondo, stento molto di più a credervi”. Lettera alla signora de la Rochejaquelein del 7 novembre 1859, citata in Prosper Mérimée, Théâtre de Clara Gazul, Romans et nouvelles, cit., p. lv. 54 Il legame profondo che unisce Kore a Cenerentola non riguarda solo l’antropologia delle religioni ma anche la psicoanalisi, come si evince da Adalinda Gasparini, La luna 53 180 / STEFANO A. MORETTI strutturali che rendono salda questa parentela, la funzione svolta dalla carrozza o dal carro nella vicenda simbolica ed esistenziale delle due fanciulle è una delle più importanti. La carrozza è ancora una volta ‘Veicolo’ verso una dimensione senza Tempo, di segregazione e sterilità: mentre Persefone è rinchiusa nelle ‘case ammuffite’ di Ade il tempo naturale si arresta, i fiori e le messi smettono di crescere; tornando alla luce ella fonderà un nuovo Tempo, quello delle stagioni, fatto di continue morti e rinascite. Nella prima apparizione letteraria di Cenerentola, Lo Cunto de li Cunti di Giambattista Basile, gli echi dei riti di passaggio sono ancora tutti ben udibili: Zezolla, uccisa la prima madrina, vive davvero nell’Inferno della cenere, ma una volta trasformata dalla fata è come una regina tra dodici paggi, dodici come i mesi dell’anno che lei governa.55 C’è in Basile un dettaglio che lega in modo indissolubile la casta fanciulla delle origini a numerose e meno caste fanciulle delle letterature europee: alla sua terza metamorfosi Cenerentola “fu vestita superbamente e messa in una carrozza d’oro, con tanti servi intorno che sembrava una puttana sorpresa durante il passeggio e circondata di sbirri”.56 La festa a cui tutti si recano per tre volte nel racconto e in occasione della quale il re si innamora di Cenerentola non è il ballo tramandatoci dalle versioni posteriori della favola ma il giorno della festa, la domenica. Cenerentola, come la Perichole si reca in chiesa con una carrozza d’oro e come lei sembra o forse è una cortigiana. C’è però anche un altro elemento comune tra le due vicende: vedendosi seguita ancora una volta dal servo del re Cenerentola chiede al cocchiere di andare più veloce; la carrozza si mette a correre pazzamente e, mentre lei perde una pianella, vola via. Superati i limiti del Tempo, Cenerentola infrange anche quelli dello Spazio. nella cenere. Analisi del sogno di Cenerentola, Pelle d’Asino, Cordelia, Milano: Franco Angeli, 1999, pp. 35-52 e passim. Sui riti di iniziazione femminile si vedano a titolo d’esempio Arnold van Gennep, Les rites de passage, Paris: Nourry, 1909, e Mircea Eliade, Initiation, Rites, Sociétés secrètes. Naissance mystique, Paris: Gallimard, 1976. 55 Zezolla il secondo giorno è “fatta bella come a no sole” su una carrozza tirata da sei cavalli. Nella antica smorfia napoletana il sei, che è anche il numero della novella all’interno della prima giornata, indica tra altre cose anche la Luna. 56 Giambattista Basile, Lo Cunto de li Cunti, ovvero lo trattenimento de’ peccerille (1634), trad. it. di Michele Rak, Milano: Garzanti, 1986, p. 133. “QUELL’INQUIETO CALESSE” / 181 3. Au bout du souffle Le parole – così immagino spesso – sono piccole case, con cantina e soffitta. […] Salire e discendere, nelle parole stesse. Questa è la vita del poeta Gaston Bachelard, La poetica dello spazio, 1992 Benché apparentemente differenti, i viaggi metaforici della désobligeante e della carrozza d’oro provocano tutte e due quella che Mircea Eliade chiamerebbe un’altalenante “uscita dal Tempo”.57 Entrambe alternano discese nei recessi dell’Io e brusche risalite verso un improbabile altro mondo; entrambe partecipano alla medesima rivolta contro il tempo cronologico. Salendo a bordo di queste due carrozze il lettore è portato alla Quinta Dimensione di cui parla Norbert Elias nel suo Saggio sul tempo; qui egli prende consapevolezza del carattere prettamente umano, convenzionale, dello spaziotempo e può finalmente scioglierne i legami, rendendo così praticabile l’accesso a concezioni temporali differenti, non necessariamente sottomesse al dominio degli orologi.58 La lettura, la scrittura, l’insolito e sobbalzante viaggio di un’immaginaria carrozza sono uscite dal tempo, “maglie rotte” nella trama dell’esistenza direbbe Montale; in quanto tali permettono di partecipare per quel che è possibile a ciò che resta del “tempo del mito” e consentono di immaginare una melodia sacra di cui possiamo ormai intendere solo degli echi confusi.59 Ci troviamo così di fronte a un bivio decisivo, la scelta tra quale via intraprendere in questa ‘altalena’ esistenziale e letteraria: l’introspezione o la fuga nell’Eterno, il buio abitacolo della désobligeante o l’incontro con l’altro, la cenere del camino o la carrozza d’oro. Aby Warburg individuò nell’alternarsi di queste due strade simmetriche l’essenza stessa della nostra vita, equiparandolo al ritmo del respiro: “L’ascesa con Elio verso il sole e la discesa con Proserpina agli inferi simboleggiano due fasi, che appartengono inseparabilmente al ciclo della vita, proprio come l’alternarsi del respiro. […] Sta a noi riuscire a prolungare, con l’aiuto di Mnemosyne, questo intervallo del respiro”.60 La scelta è illusoria, impossibile, per57 Mircea Eliade, Aspects du mythe (1963), trad. it. di Giovanni Cantoni, Mito e realtà, Roma: Borla, 2007, p. 226. 58 Norbert Elias, Über die Zeit. Arbeiten zur Wissenssoziologie II (1984), trad. it. di Antonio Roversi, Saggio sul tempo, Bologna: Mulino, 1986, p. 45. 59 Mircea Eliade, op. cit., p. 227. 60 Aby Warburg, citato in Ernst Hans Gombrich, Aby Warburg: An Intellectual Bio- 182 / STEFANO A. MORETTI ché abissi di dolore e vette di gioia sono fasi inalienabili del nostro essere; abbiamo però la possibilità, attraverso la letteratura, il viaggio, il dialogo e lo scandalo che talvolta essi producono, di trovare in questo continuo dondolìo un punto d’equilibrio o di disequilibrio: a questo valgono le carrozze di Sterne e di Mérimée che abbiamo, per un breve tratto, seguito. Lo scarto cruciale, il voltare della clessidra sembra dunque risolversi nell’istante di un respiro, o meglio nell’attimo in cui, dopo che un respiro s’è appena concluso e un altro sta per nascere, l’esistenza subisce un breve arresto, un’apnea. graphy (1970), trad. it. di Alessandro Dal Lago e Pier Aldo Rovatti, Aby Warburg. Una biografia intellettuale (1983), Milano: Feltrinelli, 2003, p. 206.