Impatto dell`invecchiamento della popolazione sull`organizzazione

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Impatto dell`invecchiamento della popolazione sull`organizzazione
Rassegne
Impatto dell’invecchiamento della popolazione
sull’organizzazione socio-sanitaria: necessità
di un nuovo modello di assistenza continuativa
Umberto Senin, Antonio Cherubini, Patrizia Mecocci
Population aging is characterized by a marked increase in the number of subjects aged 80 years
or more (the oldest old). In this group frailty is extremely common. Frailty is a recently identified
condition resulting from a severely impaired homeostatic reserve, that places the elderly at the highest risk for adverse health outcomes, including dependency, institutionalization and death, following
even trivial events. Geriatric medicine proposes an original methodology for the management of
frail elderly subjects, the so called “comprehensive geriatric assessment”, as well as a model of longterm care. These have been shown to reduce the risk of hospitalization and nursing home admission, with a parallel decrease in expenses and an improvement in the patient’s quality of life. The
effectiveness of the long-term care system depends on: 1) the availability of all the services that
are necessary for the frail elderly, both in the hospital and in the community; 2) the presence of
a coordinating team, the comprehensive geriatric assessment team, that develops and implements the individualized treatment plans, identifies the most appropriate setting for each patient
and verifies the outcomes of the interventions; 3) the use of common comprehensive geriatric assessment instruments in all the settings; 4) the gerontological and geriatric education and training of
all the health care and social professionals.
(Ann Ital Med Int 2003; 18: 6-15)
Key words: Comprehensive geriatric assessment; Frail elderly; Long-term care.
di una nuova entità clinica, con una propria base eziopatogenetica ed un proprio corredo fenomenologico, per la
quale recentemente la gerontologia e la geriatria hanno proposto una specifica metodologia di valutazione, nonché
protocolli di intervento ed assistenziali elaborati ad hoc.
Le principali caratteristiche dell’anziano con sindrome da
fragilità (frail elderly) sono riportate in tabella I. Esse sono sostanzialmente espressione di un’elevata labilità omeostatica da ricondurre alla presenza di riserve funzionali
estremamente ridotte (“omeostenosi”) della quale esemplificativo è il cosiddetto “scompenso a cascata” (Fig. 3)4.
Si tratta di un paziente con caratteristiche biologiche e
funzionali di un invecchiamento avanzato, contemporaneamente affetto da più malattie e quindi costretto ad assumere più farmaci, spesso con i segni della denutrizione, a rischio di perdita dell’autonomia funzionale, se non
già disabile, in condizioni socio-economiche frequentemente disagiate (Fig. 4).
In realtà questi elementi, anche quando tutti presenti nello stesso soggetto, non sono sempre sufficienti per individuare la sindrome da fragilità. La diagnosi è infatti ancora
oggi sostanzialmente affidata alla “esperienza clinica” più
che a definiti criteri oggettivi, dal momento che nessuno di
quelli fino ad oggi proposti si è rivelato soddisfacente.
Il convincimento è comunque che alla fragilità l’anziano
arrivi dopo un lungo percorso, che passa attraverso fasi
progressive, quale risultato di una sinergia negativa di nu-
Lo scenario di riferimento
L’invecchiamento della popolazione, caratterizzato da
un prevalente aumento della componente più anziana
(Fig. 1), sta comportando una crescita esponenziale di
soggetti malati cronici e disabili, così come un progressivo allungamento dell’aspettativa di vita in condizioni di
cronicità e disabilità.
L’Italian Longitudinal Study on Aging (ILSA) promosso dal Consiglio Nazionale delle Ricerche, ha dimostrato come la disabilità, soprattutto quella grave, rappresenti una realtà assai comune nella popolazione ultraottantenne (Fig. 2)1,2 da attribuire ai seguenti fattori:
• l’invecchiamento, che di per sé comporta una progressiva riduzione delle capacità funzionali;
• la sedentarietà, che ha un forte impatto negativo sulle capacità funzionali dell’anziano ed è estremamente diffusa
in età avanzata3;
• l’elevata prevalenza in questo segmento di popolazione
di condizioni e malattie croniche invalidanti;
• la maggiore sopravvivenza dell’anziano anche in condizioni di malattia e disabilità.
Un’altra condizione tipica di questo segmento di popolazione è la cosiddetta sindrome da fragilità. Si tratta
Sezione di Gerontologia e Geriatria, Dipartimento di Medicina
Clinica e Sperimentale, Scuola di Specializzazione in Geriatria
(Direttore: Prof. Umberto Senin), Università degli Studi di Perugia
© 2003 CEPI Srl
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Umberto Senin et al.
TABELLA I. Conseguenze della sindrome clinica da fragilità.
Stato di salute psicofisica estremamente instabile
Elevato rischio di rapido peggioramento delle condizioni generali e delle capacità funzionali in corso di eventi acuti, anche di modesta entità
Elevato rischio di ospedalizzazioni ripetute
Elevato rischio di complicanze
Guarigione dopo un evento acuto tardiva e spesso incompleta
Elevato rischio iatrogeno
Elevato rischio di cadute e fratture
Necessità di lunghi periodi di tempo per il raggiungimento della stabilizzazione clinica ed, ancor più, per un soddisfacente recupero funzionale
Elevato rischio di perdita dell’autosufficienza e di istituzionalizzazione
Elevata mortalità
FIGURA 1. Popolazione italiana 1950-2000 (dati ISTAT).
FIGURA 3. Nell’anziano fragile una non corretta pratica clinica può innescare una serie concatenata di eventi negativi (scompenso a cascata) che possono portare il paziente ad un punto di
non ritorno (scompenso terminale)4,5.
IVU = infezione delle vie urinarie.
FIGURA 2. Prevalenza nei due sessi della difficoltà nelle attività basilari della vita quotidiana (ADL - fare il bagno, vestirsi, usare la toilette, spostarsi, continenza di feci e urine, alimentarsi) (A) e nelle attività strumentali della vita quotidiana
(IADL - usare il telefono, fare la spesa, preparare i pasti, curare
la casa, fare il bucato, spostarsi fuori casa, assumere farmaci,
usare il denaro) (B) in base all’età1,2.
merosi fattori – infiammatori, metabolici, funzionali, psicologici, ecc. –, che accentuando la perdita conseguente
all’invecchiamento delle capacità omeostatiche dei differenti
organi ed apparati, ed in particolare dei grandi sistemi integrativi (immunitario, psiconeuroendocrino), portano il
soggetto ad una condizione di estrema vulnerabilità5.
È partendo da questa ipotesi che la ricerca gerontologica
sta profondendo numerose risorse economiche ed umane
FIGURA 4. Elementi che individuano l’anziano fragile (frail
elderly).
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Ann Ital Med Int Vol 18, N 1 Gennaio-Marzo 2003
nella speranza di arrivare ad acquisire elementi di conoscenza che consentano l’attivazione di programmi di prevenzione, in grado di contrastare efficacemente questa condizione nella quale la moderna medicina geriatrica ha
identificato le basi più solide della sua specificità e l’obiettivo primario del suo intervento.
In particolare:
- è generalmente una figlia, già alle soglie della senilità,
ad avere cura dei propri genitori o suoceri molto anziani
(una donna di 60 anni su 3 ha ancora in vita la madre di
età compresa tra 80 e 90 anni);
- questo compito viene spesso svolto ininterrottamente giorno e notte, 7 giorni su 7, per diversi anni;
- frequentemente il familiare che svolge in prima persona tale gravoso impegno (caregiver) va incontro ad uno
scadimento del proprio stato di salute psicofisica (cosiddetto stress del caregiver).
Il motivo di tale realtà, se da una parte è storicamente
da attribuire al ruolo centrale della famiglia nel soddisfare i bisogni che nascono al proprio interno, dall’altra è da
ricondurre al fatto che l’organizzazione socio-sanitaria
vigente è riconducibile ad una società che aveva bisogni
assistenziali diversi, determinati primariamente dalle malattie acute infettive che falcidiavano la popolazione infantile e giovane adulta, laddove, quando presente, la cronicità era solitamente di breve durata e la disabilità sostanzialmente si identificava negli invalidi di guerra o civili. La popolazione anziana, e soprattutto molto anziana,
era numericamente irrilevante e quando si ammalava aveva breve aspettativa di vita.
Ma vi è un altro elemento da considerare: l’anziano
malato cronico, disabile e/o fragile, è anche paziente “non
remunerativo” per le strutture sanitarie ed assistenziali, sia
pubbliche che private, data la sua complessità, l’estrema
instabilità delle sue condizioni cliniche, l’eterogeneità
dei suoi bisogni, che ne rendono impossibile l’inserimento in ben definite categorie diagnostiche, oltre ad essere spesso “disturbante” e quindi scomodo da gestire.
Nei confronti di questa nuova popolazione di malati, la
cui numerosità ha assunto le dimensioni di una vera e propria “epidemia”, la nostra società offre di fatto ancora oggi un modello assistenziale che poggia sui seguenti elementi:
• la famiglia: si tratta però di un istituto in via di disgregazione, sia per la riduzione del numero dei figli per coppia (in media 1.4) che, soprattutto, per la sempre minore
disponibilità della donna all’assistenza, a causa del suo progressivo inserimento nel mondo del lavoro;
• l’ospedale: è di fatto ancora la struttura sanitaria di riferimento. Esso però, oltre a non essere stato concepito e
realizzato dal punto di vista architettonico, organizzativo
e funzionale per accogliere questa tipologia di pazienti, si
trova in una fase di progressiva modificazione del ruolo,
sempre più orientato verso la cura dell’acuzie e l’offerta
di prestazioni diagnostico-terapeutiche ad elevata tecnologia ed impegno, anche in rapporto all’introduzione del
sistema di finanziamento basato sui diagnosis-related
L’anziano fragile è oggi considerato il paziente
geriatrico per antonomasia
Scrive infatti Hazzard6 nell’introduzione al suo famoso Trattato di Geriatria: “Alla domanda: chi è il tipico paziente geriatrico? La risposta è: pensa al più anziano, al
più malato, al più complicato ed al più fragile dei tuoi pazienti ... Questo paziente è affetto di solito da multiple malattie e deficit funzionali, la presentazione è spesso atipica, i suoi problemi di salute sono cronici, progressivi, solo in parte reversibili...”.
Ed analogamente afferma Linda Fried: “l’identificazione, la valutazione ed il trattamento dell’anziano fragile costituiscono il fondamento della medicina geriatrica”5.
Tipico esempio di anziano fragile è quello affetto da demenza. Si tratta infatti di un paziente altamente complesso per la molteplicità dei bisogni, che sono sociali e sanitari
insieme e continuamente variabili nel tempo, per la disabilità via via crescente fino alla totale perdita di ogni autonomia, per l’enorme necessità di risorse economiche, psicologiche, fisiche e di tempo necessarie ad assisterlo7. Sono
questi gli elementi che, unitamente alla rilevante dimensione epidemiologica della demenza (Fig. 5)8, frutto
dell’invecchiamento intenso e veloce della popolazione,
hanno portato le società occidentali a considerare questa
patologia una vera e propria emergenza socio-sanitaria.
Il modello assistenziale attuale
Nei confronti dell’anziano malato cronico, disabile e/o
fragile, il carico assistenziale viene oggi, in Italia, per la
massima parte sostenuto dalla famiglia.
FIGURA 5. Prevalenza della demenza in Europa8.
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Umberto Senin et al.
group che lo porta sempre più ad evitare pazienti con necessità di cura a lungo termine ed a bassa complessità clinica9;
• i servizi assistenziali territoriali: pur rappresentando la
proposta più logica per i bisogni dell’anziano malato cronico disabile e/o fragile sono del tutto carenti e non progettati ad hoc. L’assistenza domiciliare non prevede spesso una reale integrazione socio-sanitaria e fornisce interventi solo parcellari e discontinui (tipica è la sospensione del servizio nelle ore notturne e nei giorni festivi!); i
servizi riabilitativi sono insufficienti ed in alcune aree
del tutto assenti; le strutture di assistenza a medio e lungo termine sono rare, distribuite in maniera disomogenea,
il più delle volte prive dei necessari requisiti; il collegamento funzionale fra le varie strutture e servizi socio-sanitari di fatto non esiste per cui non è possibile l’attivazione di alcun progetto assistenziale e, tanto meno, la verifica dei risultati raggiunti; la professionalità degli operatori è generalmente insufficiente e comunque, nella
maggioranza dei casi, non è frutto di una formazione specifica;
• il medico di medicina generale: è il soggetto su cui poggia la responsabilità delle risposte sanitarie ai bisogni di
questi anziani, sia quando “degenti” nel proprio domicilio, sia quando ospiti in strutture residenziali; anch’egli però
manca dell’idonea preparazione in quanto formatosi in una
Accademia che fino ad oggi ha completamente ignorato
questa tipologia di pazienti.
Questo è quanto da tempo riconosciuto nel mondo anglosassone come chiaramente denunciato in questo editoriale pubblicato già nel 1989 su JAMA “L’insegnamento della medicina in questi ultimi 50 anni ha avuto come oggetto principale la cura del paziente ricoverato
nell’ospedale per acuti. Questo modello, se è appropriato per un paziente di 35 anni, lo è molto meno per uno di
80. Continuando ad occuparsi del malato acuto, trascurando le problematiche più complesse della conservazione e del miglioramento dell’autonomia funzionale
nell’individuo disabile, il sistema di formazione del medico non ha saputo rispondere ad un importante bisogno
sociale”10.
Di quanto il sistema assistenziale vigente sia profondamente inadeguato ne sono dimostrazione esemplificativa:
- il numero via via crescente di anziani non autosufficienti
assistito da “badanti”, il più spesso provenienti da altri paesi, con le ovvie difficoltà di adattamento reciproco legato alla differente lingua e cultura;
- il fatto che le case di riposo, progettate per dare ospitalità negli ultimi anni di vita ai vecchi bisognosi, poveri e
soli, sono diventate veri e propri “mini-ospedali”, un con-
centrato di cronicità, disabilità, sofferenza psicofisica,
senza avere adattato le caratteristiche strutturali, organizzative e funzionali alla diversa tipologia degli ospiti
(Tab. II);
- l’assenza di uno specifico capitolo di spesa nel Bilancio
dello Stato per la non autosufficienza, che porta oggi ad
ipotizzare la creazione di fondi integrativi data la ineludibilità del problema.
TABELLA II. Tipologia degli ospiti di una residenza per anziani a
Perugia nell’anno 2001 (dati personali).
Caratteristiche
clinico-assistenziali
Età media (anni)
Autosufficienti (%)
Disabili (%)
Lievi (in 1 ADL)
Moderati (in 2 ADL)
Gravi (in 3-5 ADL)
Totali
Demenza (%)
Immobilità
(confinamento
in letto/poltrona) (%)
Ictus (%)
Frattura femore (%)
Maschi
(n = 27)
Femmine
(n = 58)
Totale
(n = 85)
81.9
25.9
74.1
7.4
14.8
33.3
18.5
33.3
83.5
13.8
86.2
10.3
10.3
24.1
41.4
34.5
83.0
17.6
82.4
9.4
11.7
27.0
34.1
34.1
22.2
29.6
11.7
34.4
18.9
17.2
30.6
22.3
11.7
ADL = attività basilari della vita quotidiana.
La proposta della medicina geriatrica per l’anziano
fragile: il modello di assistenza continuativa
Sulla base di positive esperienze compiute in altri paesi, è possibile affermare che l’anziano malato cronico, disabile e/o fragile necessita di un sistema assistenziale ad
hoc, in grado di garantire risposte tempestive ed efficaci
a bisogni che sono nel contempo sociali e sanitari, nonché molteplici e mutevoli nel tempo11-15.
Il modello assistenziale proposto è quello dell’assistenza continuativa (AC), concepito per fornire risposte integrate, globali e continue nel tempo16. Esso infatti è
l’unico veramente in grado di prendersi cura di un paziente
nei confronti del quale interventi sporadici e/o settoriali
sono del tutto insufficienti, se non addirittura inutili.
Oltre a rispondere in maniera qualitativamente adeguata ai bisogni di questo paziente, questo modello si è anche dimostrato economicamente vantaggioso in quanto riduce l’ospedalizzazione impropria e, conseguentemente,
i costi dell’assistenza ospedaliera, che più di ogni altra voce incidono sulla spesa sanitaria (Tab. III)17-19.
Il modello di AC richiede la contemporanea disponibilità di definiti servizi e strutture che, lavorando in stretta
collaborazione con il medico di medicina generale, vengono a configurare, nel loro insieme, una funzione assi-
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TABELLA III. Impatto dell’attivazione di un sistema di assistenza continuativa per l’anziano sulla spesa sanitaria.
TABELLA IV. Caratteristiche di “fondo” dei servizi per l’assistenza
continuativa20.
In Italia oltre il 50% della spesa sanitaria è assorbita dall’assistenza ospedaliera
In Umbria il tasso di ricovero ospedaliero dei soggetti ≥ 65 anni è
pari al 39%, più del doppio rispetto a quello dei soggetti di età inferiore, con un tasso di ritorno (considerando solo il secondo ricovero) del 27% sul totale dei ricoveri, a causa della maggiore morbidità nell’anziano e della carenza di servizi alternativi16
È stata dimostrata, sia all’estero che nel nostro paese, la possibilità
di ridurre il tasso di ospedalizzazione dell’anziano, e quindi i costi
sanitari, attivando un modello di organizzazione socio-sanitaria “a
rete” capace di fornire assistenza continuativa
Esperienza della British Columbia18
dei posti letto per acuti: da 5.1 a 2.4‰ in 15 anni
Esperienza di Rovereto19
del 34% del numero dei ricoveri e della spesa ospedaliera in 1
anno
del 48% della spesa per l’istituzionalizzazione
Non devono essere di “seconda categoria”
No all’attivazione o accreditamento solo per motivazioni economiche (risparmio)
No ad un’offerta di bassa qualità secondo il principio che “qualsiasi cosa è meglio di niente”
Devono essere in grado di raggiungere specifici obiettivi
Caratteristiche architettoniche, organizzative e funzionali idonee
“Sicuro” collocamento in un sistema di servizi integrati
Devono essere sottoposti ad un forte controllo di qualità
Dimostrata capacità di raggiungimento degli obiettivi
Le tariffe devono essere in rapporto ai costi reali
Tipologia degli utenti
Complessità e durata dei trattamenti
Gli operatori devono avere una specifica formazione gerontologico-geriatrica
collegamento funzionale con i servizi territoriali. L’unità
geriatrica per acuti è quindi un’unità di degenza ospedaliera diversa da un tradizionale reparto di medicina21-24.
stenziale complessa, le cui caratteristiche di fondo sono
quelle riassunte in tabella IV20.
Vengono di seguito descritte la tipologia e le principali finalità dei servizi e delle strutture necessari per la realizzazione di un efficace modello di AC.
Day hospital geriatrico
È sezione dell’unità geriatrica per acuti, la cui funzione è quella di offrire all’anziano prestazioni diagnostiche,
terapeutiche e riabilitative che evitino il ricovero in regime di degenza. Esso deve prevedere spazi multipli, tra loro interdipendenti e strettamente connessi con gli altri
servizi dell’ospedale. In particolare devono essere presenti
ambulatori per visita medica geriatrica, ambienti attrezzati
per la valutazione della disabilità, ambulatori per la valutazione e la riabilitazione dei deficit cognitivi, per attività diagnostiche strumentali specifiche, nonché aree per
la fisiochinesiterapia e la terapia occupazionale23.
Unità geriatrica per acuti
Si tratta di un’unità di degenza ospedaliera con specifica competenza a trattare anziani fragili con problematiche mediche acute. Il suo paziente di elezione non è qualsiasi anziano con problematiche mediche internistiche
acute, ma piuttosto quello fragile con problematiche acute tipicamente geriatriche (ad esempio disturbi della cognitività e/o del comportamento e/o dell’affettività ad insorgenza acuta, rapida perdita dell’autonomia funzionale senza cause apparenti, cadute, sindrome da immobilizzazione, malnutrizione, ecc.). Trattandosi di un paziente ad altissimo rischio di rapido peggioramento dello stato di salute data la sua estrema labilità omeostatica
(scompenso a cascata), è indispensabile che tale unità si
collochi all’interno di una struttura ospedaliera che sia in
grado di fornire in maniera tempestiva tutti i servizi diagnostici e tutte le competenze specialistiche necessarie. Le
caratteristiche architettoniche e funzionali devono prevedere l’assenza di barriere architettoniche, la possibilità
di supervisione continua dei degenti da parte del personale,
servizi igienici attrezzati, area di fisiochinesiterapia, ecc.
Il personale è rappresentato da un team multidisciplinare
con specifica formazione gerontologica e geriatrica (geriatri, infermieri geriatrici, tecnici della riabilitazione, assistenti sociali, ecc.), numericamente idoneo ad assistere
pazienti così instabili e complessi senza soluzione di continuità, come purtroppo non avviene oggi nei giorni festivi
per il servizio riabilitativo. Essa deve essere inoltre in
Spedalizzazione domiciliare
Fornisce a domicilio prestazioni diagnostiche e terapeutiche normalmente effettuate in ospedale. Essa consente
sia di mantenere nel proprio ambiente anziani altrimenti
da ricoverare, sia di dimetterli più precocemente in quanto, essendo sotto la responsabilità assistenziale diretta del
presidio ospedaliero, viene ad essere garantita la continuità
della cura. La spedalizzazione domiciliare si rivolge particolarmente ai pazienti che vanno incontro a frequenti riacutizzazioni di patologie croniche, a quelli con necessità
di assistenza medica, rieducativa, psicologica a seguito di
interventi mutilanti (amputati, laringectomizzati, colostomizzati, ecc.) ed ai malati terminali20,25.
Assistenza domiciliare integrata
Ha il compito di soddisfare a domicilio le esigenze di
anziani con necessità di assistenza sia di tipo sociale (igie-
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Umberto Senin et al.
ne personale, pulizia dell’appartamento, pasti caldi, disbrigo di pratiche amministrative, ecc.), che sanitario. Il
suo obiettivo prioritario è quello di mantenere il più a lungo possibile l’anziano nel proprio ambiente familiare e di
ridurre i ricoveri ospedalieri, nonché rendere possibile
una più precoce dimissione dall’ospedale20,26-30.
sindrome da immobilizzazione mediante un piano globale di assistenza. Essa va quindi progettata ed organizzata
in modo da evitare che ai danni provocati dalla polipatologia e dalla disabilità si assommino quelli dovuti all’istituzionalizzazione, nella piena consapevolezza che: “L’assistenza fornita in una RSA testimonia il livello di civiltà
di una comunità. Qualsiasi intervento in quest’area è
quindi sempre accompagnato da problematiche complesse, che investono non solo la specificità del problema,
ma soprattutto le modalità e l’impegno con le quali una
certa convivenza civile decide di occuparsi della porzione più fragile dei concittadini anziani”33. La RSA rappresenta inoltre un’importante sede di formazione ed aggiornamento professionale continuo del personale sia paramedico che medico e di preparazione specifica del volontariato, degli obiettori di coscienza e del personale
delle cooperative di servizio che, a titolo diverso, operano nel settore dell’assistenza all’anziano.
Centro diurno
Si rivolge soprattutto all’anziano con demenza. La sua
finalità è quella di dare sollievo alle famiglie impegnate
in un’assistenza spesso estenuante consentendo loro nel
contempo di mantenere i propri impegni di lavoro. Nel servizio operano assistenti sociali, terapisti occupazionali, musicoterapeuti, psicologi, fisioterapisti ed infermieri professionali5.
Residenza sanitaria assistenziale
La residenza sanitaria assistenziale (RSA) si colloca tra
i servizi socio-sanitari residenziali territoriali31,32. Nella sua
definizione l’aggettivo sanitaria sottolinea che si tratta di
una struttura propria del Sistema Sanitario Nazionale,
mentre il termine residenza indica la sua collocazione
extraospedaliera. Soggetti di elezione per la RSA sono: anziani prevalentemente non autosufficienti bisognosi di
assistenza e cura continuativa a lungo termine per la molteplicità e complessità dei loro bisogni; anziani che dopo
un evento acuto necessitano di un ulteriore periodo di
trattamento medico e riabilitativo da attuarsi in maniera
intensiva e continuativa; anziani con necessità di osservazione medico-infermieristica in attesa di un’idonea organizzazione ambientale e/o familiare che consenta loro
di tornare al domicilio o, comunque, temporaneamente accolti per ridurre il carico assistenziale delle famiglie (ospitalità solo diurna, solo notturna o comunque per periodi
limitati); malati terminali per i quali non è ipotizzabile nessuna ulteriore terapia o accertamento diagnostico. Il suo
organico dovrebbe essere composto dal medico specialista in geriatria, da operatori a valenza sanitaria (infermieri, terapisti della riabilitazione, logopedisti, terapisti occupazionali, podologi), a valenza sociale (assistenti sociali),
ed a valenza mista (psicologi, operatori di assistenza).
Gli obiettivi della RSA sono quelli di ottenere il massimo
recupero funzionale avendo come priorità, quando possibile, la restituzione del paziente al proprio contesto abitativo e/o familiare (riabilitazione globale), altrimenti
contrastare la caduta ad un grado di disabilità sempre
maggiore (riabilitazione di mantenimento), impedire con
ogni mezzo l’emarginazione e l’isolamento e favorire la
comunicazione interpersonale (riattivazione psicosociale),
prevenire nei totalmente disabili e stabilmente allettati la
Organizzazione del modello di assistenza continuativa
Perché l’AC sia in grado di raggiungere gli obiettivi per
cui è stata disegnata, realizzata e sperimentata, occorre che
le strutture ed i servizi che la compongono siano inseriti
in un modello a rete (Fig. 6), cioè in un vero e proprio circuito assistenziale che si faccia carico dell’anziano e della sua famiglia nel continuo evolversi dei bisogni20,34.
Fulcro di tale modello è un team operativo, la cosiddetta
unità di valutazione geriatrica (UVG), composta dal medico geriatra, dall’assistente sociale e dall’infermiere geriatrico, ai quali si affiancano, oltre al medico di medicina generale, altre figure professionali, in base alle diverse problematiche e necessità del soggetto.
FIGURA 6. Il modello “a rete” di assistenza continuativa
dell’anziano fragile.
ADI = assistenza domiciliare integrata; CD = centro diurno;
DHG = day-hospital geriatrico; RSA = residenza sanitaria assistenziale; SD = spedalizzazione domiciliare; UGA = unità geriatrica per acuti; UVG = unità di valutazione geriatrica.
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L’UVG ha il compito di valutare l’anziano in tutte le sue
componenti – fisica, psichica, funzionale, relazionale, sociale ed economica –, al fine di elaborare il piano individualizzato di assistenza, indirizzare il paziente verso le
strutture ed i servizi previsti dal sistema a rete, nonché verificare il raggiungimento degli obiettivi prefissati13,20,23.
Numerosi sono ormai gli studi condotti in differenti
ambiti assistenziali – ospedale per acuti, RSA, domicilio
– che hanno dimostrato l’efficacia di tale metodologia.
I risultati complessivi, valutati mediante metanalisi,
consentono allo stato attuale di concludere che la gestione dei pazienti con VMD porta ad evidenti vantaggi non
solo in termini di riduzione della mortalità, ma anche e soprattutto di qualità della vita.
È necessario tuttavia sottolineare che tali risultati sono stati ottenuti solo quando l’UVG non si è limitata alla sola valutazione ma ha avuto la possibilità di prendersi totalmente a carico i pazienti, seguendoli nel tempo (Tab. V)44.
L’efficacia della VMD all’interno dell’AC è stata confermata anche in Italia nello studio caso-controllo condotto
nella città di Rovereto19: è stato documentato un miglioramento dello stato funzionale e cognitivo nel gruppo di
anziani trattati, parallelamente ad una riduzione della spesa per l’assistenza sanitaria (Tab. III).
Recentemente sono state elaborate da parte di un gruppo di ricercatori e clinici che operano all’interno della
Società Italiana di Gerontologia e Geriatria, il Laboratorio
di Epidemiologia Clinica della Sede dell’Istituto Nazionale
di Ricerca e Cura per l’Anziano di Firenze e la Società
Italiana di Medicina Generale “Linee guida sull’utilizzazione della valutazione multidimensionale per l’anziano
fragile nella rete dei servizi”45. L’iniziativa, finanziata
nell’ambito dei progetti di Ricerca Finalizzata del Ministero
della Salute, aveva come obiettivo verificare in che misura
i risultati conseguiti con l’applicazione della VMD apparsi
nella letteratura degli ultimi anni fossero traducibili in una
serie di raccomandazioni applicabili alla realtà del Sistema
Sanitario Nazionale Italiano, nel profondo convincimen-
Metodologia operativa nel modello
di assistenza continuativa:
la valutazione multidimensionale geriatrica
Il corretto funzionamento dell’AC richiede l’utilizzo di
una metodologia originale, la valutazione multidimensionale (VMD) geriatrica35-37 traduzione letterale dell’americano comprehensive geriatric assessment38-40. Essa, oltre che momento valutativo-diagnostico, rappresenta lo
strumento per la cura ed assistenza del paziente.
La VMD è stata definita infatti come “... valutazione
multidisciplinare, con la quale vengono identificati e
spiegati i molteplici problemi dell’individuo anziano,
vengono valutate le sue limitazioni e le sue risorse, vengono definite le sue necessità assistenziali e viene elaborato un programma di cura complessiva per commisurare gli interventi a tali necessità ...”41.
Tale metodologia si differenzia pertanto dall’approccio
medico tradizionale in quanto esplora in maniera sistematica la salute fisica, lo stato cognitivo, psicoemozionale
e funzionale, la condizione socio-economica e l’ambiente di vita, consentendo di costruire il piano individualizzato di intervento ed assistenza.
La VMD, che oggi si avvale anche di supporti informatici42,43, è considerata lo strumento tecnologico della
medicina geriatrica.
TABELLA V. Metanalisi dei risultati degli studi nei quali la valutazione multidimensionale geriatrica è stata sperimentata in diversi ambiti assistenziali44.
Tipo di studio
Risultati a 12 mesi
Mortalità
Ospedale
GEMU (n = 6)*
IGCS (n = 8)*
Territorio
HAS (n = 7)*
HHAS (n = 3)*
OAS (n = 4)*
Tutti i trial (n = 28)
Nuovi ricoveri
Dimissioni a domicilio
Miglioramento
FF
SC
-35%
NS
NS
NS
+68%
NS
+72%
NS
+100%
+71%
-14%
NS
NS
-14%
-16%
NS
NS
-12%
NS
+49%
NS
+26%
NS
NS
NS
NS
NS
NS
NS
+41%
FF = funzione fisica; GEMU = geriatric evaluation and management unit: unità di valutazione geriatrica (UVG) ospedaliera che esegue sia la valutazione multidimensionale che l’intervento e continua a seguire i pazienti anche dopo la dimissione; HAS = home assessment services: UVG a domicilio; HHAS
= home hospital assessment services: UVG in spedalizzazione domiciliare; IGCS = inpatient geriatric consultation services: UVG ospedaliera che esegue solo la valutazione multidimensionale in consulenza; OAS = outpatient assessment services: UVG ambulatoriale; SC = stato cognitivo.
* numero di studi originali considerati.
12
Umberto Senin et al.
to che solo con l’introduzione di tale metodologia sarà possibile migliorare i percorsi e guidare le strategie assistenziali per questa tipologia di pazienti.
Conclusioni
L’invecchiamento della popolazione ha comportato un
profondo cambiamento nei bisogni assistenziali in rapporto
ad un sensibile aumento di soggetti malati cronici e disabili ed all’emergere di una nuova categoria di pazienti, quali sono i cosiddetti anziani fragili caratterizzati da estrema instabilità clinica, elevato rischio di rapido scadimento dello stato di salute e del livello di autonomia funzionale.
Nei confronti di questi soggetti, il modello socio-sanitario attuale non è in grado di fornire risposte adeguate.
Da qui la necessità, avvertita in tutti i paesi del mondo occidentale che stanno vivendo la nostra stessa transizione
demografica, di un nuovo modello in grado di fornire
AC a lungo termine grazie all’attuazione di una rete di
strutture e servizi tra di loro funzionalmente integrati.
La metodologia operativa necessaria per il corretto funzionamento di questa rete è la cosiddetta VMD geriatrica validata da numerosi studi, alcuni dei quali condotti anche nel nostro paese.
Purtroppo tale modello di AC per l’anziano fragile,
seppure fatto proprio dagli ultimi Piani Sanitari Nazionali
e da numerosi Piani Sanitari Regionali, a tutt’oggi ha
avuto una realizzazione solo parziale e limitata, prima
ancora che per le ristrettezze di bilancio, per una mancanza
di “cultura” nei confronti della fascia più debole della popolazione.
È pertanto auspicabile che un paese altamente civile come sicuramente è il nostro adegui il suo sistema assistenziale ai bisogni dell’anziano fragile vincendo le tante resistenze e le inerzie che ostacolano la realizzazione
di un cambiamento non più procrastinabile.
Proposta di un piano di attivazione
di assistenza continuativa
Sulla base delle evidenze disponibili e delle esperienze internazionali e nazionali è possibile prospettare il seguente piano di attivazione di un sistema di AC. Esso prevede necessariamente la realizzazione di tutti gli elementi
sotto indicati, nella piena consapevolezza che interventi
parcellari o solo parziali ne vanificherebbero l’efficacia:
1. individuazione del paziente di elezione: è l’anziano
con sindrome da fragilità (frail elderly) nei confronti del
quale l’attuale organizzazione socio-sanitaria è assolutamente carente;
2. attivazione dei servizi ospedalieri e territoriali rispondenti a specifici standard strutturali, funzionali ed organizzativi: dal momento che l’assistenza all’anziano va
garantita nelle sedi più appropriate e privilegiando il domicilio, la rete dei servizi dovrebbe mantenersi all’interno dell’area di competenza di ciascun distretto;
3. messa “in rete” dei servizi di AC attraverso l’attivazione
di una UVG territoriale in ciascun distretto;
4. attivazione di una UVG ospedaliera per la dimissione
programmata in regime di AC: opera su richiesta da parte dei vari reparti, divisioni, unità operative per definire,
mediante VMD, i bisogni assistenziali dell’anziano fragile
dimissibile; concorda con la UVG territoriale il regime assistenziale idoneo (spedalizzazione domiciliare, assistenza domiciliare integrata, RSA, servizi di riabilitazione,
ecc.); collabora con i servizi della AC all’elaborazione e
realizzazione del piano individualizzato di assistenza;
5. utilizzo all’interno della rete di comuni strumenti di
VMD e di protocolli di intervento standardizzati, specifici
per ogni ambito assistenziale;
6. attivazione in ciascuna ASL di un archivio informatizzato degli anziani fragili in regime di AC che consenta la
creazione di un osservatorio epidemiologico (per il monitoraggio del flusso dei pazienti nei diversi ambiti assistenziali, la valutazione dei risultati, l’analisi dei costi, ecc.);
7. attivazione di corsi di formazione continua gerontologico-geriatrica del personale operante nei diversi ambiti
assistenziali;
8. attivazione di corsi di formazione per familiari di anziani in AC e per personale di assistenza non specializzato,
italiano e straniero (badanti);
9. attivazione di un tavolo di lavoro permanente con il
Terzo Settore, sindacati pensionati, associazioni di volontariato.
Riassunto
L’invecchiamento della popolazione è caratterizzato
dall’aumento prevalente degli ultraottantenni (oldest old).
In questo gruppo di soggetti è estremamente frequente la
cosiddetta sindrome clinica da fragilità. Essa esprime una
condizione di estrema instabilità omeostatica che mette
l’anziano a rischio di gravi complicanze, perdita dell’autosufficienza, istituzionalizzazione e morte anche per
eventi di per sé di modesta entità. Nei confronti dell’anziano fragile la medicina geriatrica propone un’originale
metodologia di valutazione, la cosiddetta valutazione
multidimensionale, ed un modello di assistenza continuativa che si sono dimostrati in grado non solo di ridurre il numero di ricoveri in ospedale ed in istituzioni residenziali, con conseguente riduzione dei costi sanitari, ma
anche di migliorare la qualità della vita del paziente. L’efficacia del modello di assistenza continuativa è però su-
13
Ann Ital Med Int Vol 18, N 1 Gennaio-Marzo 2003
bordinata: 1) all’attivazione di tutti i servizi necessari
all’anziano fragile, sia in ospedale che nel territorio; 2) al
loro coordinamento da parte di un’unità di valutazione geriatrica che ha il compito di elaborare il piano individualizzato di assistenza, indirizzare il paziente nelle strutture e servizi previsti dall’assistenza continuativa e verificare l’efficacia degli interventi; 3) all’utilizzazione della
valutazione multidimensionale in tutti gli ambiti assistenziali; 4) alla specifica formazione gerontologico-geriatrica di tutti gli operatori.
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Manoscritto ricevuto il 27.8.2002, accettato il 14.12.2002.
Per la corrispondenza:
Prof. Umberto Senin, Sezione di Gerontologia e Geriatria, Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università degli Studi, Policlinico
Monteluce, Via Brunamonti 51, 06122 Perugia. E-mail: [email protected]
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