La Riforma Autotrasporto

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La Riforma Autotrasporto
LA RIFORMA DELL’AUTOTRASPORTO
(Intervento di Luigi Sestieri – Segretario generale dell’A.N.I.T.A.)
Il decreto legislativo 21 novembre 2005, n. 286, emanato in
attuazione della legge 32/2005, interviene a modificare una disciplina
creata nel 1974 dalla legge 298 ed attuata dopo nove anni con il DM 18
novembre 1982, che dal 1° gennaio dell’anno successivo rese operative
in Italia le tariffe obbligatorie.
Quella che oggi viene comunemente indicata come una
liberalizzazione, è in realtà una nuova disciplina che rende libera solo la
determinazione del corrispettivo del servizio di trasporto delle merci, ma
individua nuove regole, molto più efficaci, per la definizione dei rapporti
contrattuali fra i vettori ed i loro clienti.
Le tariffe obbligatorie hanno condizionato per oltre vent’anni il
mercato dell’autotrasporto, incentrando l’attenzione esclusivamente sul
fattore costo, ma tralasciando di apprezzare le caratteristiche di qualità
del servizio. La tendenza generalizzata è stata fin dall’inizio quella di
ricercare un prezzo al minimo della forcella, applicando tutti gli sconti
ammessi e, con l’andar del tempo, applicando anche riduzioni del tutto
illegittime.
Questo approccio ha portato alle distorsioni, che tutti conoscono,
della concorrenza esasperata fra vettori che si offrivano sul mercato
senza tener conto neanche dell’esigenza di coprire i costi di esercizio, e
spesso con la riserva mentale di rivalersi in un secondo momento sul
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committente con la richiesta delle differenze fra i prezzi praticati e le
tariffe obbligatorie.
Dal canto suo, buona parte dell’utenza ha approfittato di questa
degenerazione della concorrenza ricercando – tranne nei casi in cui la
qualità del servizio rivestiva un interesse prevalente rispetto al prezzo –
il vettore che si offriva a tariffe inferiori, mettendo in atto tutele per
evitare il contenzioso attraverso l’interposizione di intermediari veri o
fittizi.
L’aspetto più evidente della nuova disciplina è che non sarà più
possibile basare la propria competitività su questi elementi, perché al
centro del rapporto fra il vettore ed il suo cliente viene posto il rispetto
delle regole fondamentali che devono essere osservate dai contraenti, i
quali sono tutti chiamati a rispondere della loro eventuale violazione.
Anche questa è una peculiarità non secondaria della nuova
disciplina. Il sistema delle tariffe obbligatorie aveva infatti due difetti
fondamentali. Innanzi tutto l’enorme difficoltà dei controlli, previsti
attraverso la verifica che la pubblica Amministrazione avrebbe dovuto
effettuare sulla base delle lettere di vettura e delle copie del giornale di
bordo (quest’ultimo caduto quasi subito nel dimenticatoio). Tali
documenti – effettuando un calcolo per difetto – avrebbero dovuto
arrivare in un numero superiore alle quarantamila copie al mese (circa
duemila copie per ogni giorno lavorativo) per entrambi i documenti, in
ciascuno degli Uffici provinciali della Motorizzazione. Una marea di
carta che all’inizio invase effettivamente gli uffici, i quali non sapevano
neanche dove archiviarla e di cui era evidentemente impossibile il
controllo puntuale.
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L’altro difetto, che si è nel tempo trasformato in uno strumento di
contenzioso esasperato, era costituito dal fatto che i controlli venivano
fatti solo su richiesta del vettore allo scopo di ottenere le differenze
tariffarie. Non vi era quindi – se non marginalmente – un interesse della
pubblica Amministrazione ad irrogare sanzioni che condizionassero in
qualche modo i comportamenti dei contraenti.
Adesso, con la nuova legge, vettori e utenti rischiano insieme
l’applicazione di sanzioni che possono essere irrogate a seguito di un
controllo che può essere effettuato anche su strada, da tutti gli agenti a
ciò abilitati.
L’accertamento delle responsabilità è giustamente disciplinato da
regole che impediscono la presunzione di colpevolezza, ma sono regole
che, se correttamente applicate, possono raggiungere lo scopo di
reprimere ogni tipo di abuso, portando così ad un effetto preventivo di
dissuasione dal commetterne, che incide sia sul vettore – che resta il
soggetto più esposto al controllo e alla sanzione – sia su coloro che
hanno disposto il trasporto, i quali vengono tutti chiamati in causa ed
hanno quindi l’interesse a garantirsi che i loro contraenti siano tutti in
regola e rispettosi delle norme sulla sicurezza della circolazione e sulla
sicurezza sociale.
Si tratta quindi di instaurare nuovi rapporti fra i vettori ed i loro
clienti, basati sulla qualità del servizio e sulla conoscenza di tutti i
soggetti coinvolti nelle operazioni commerciali e materiali collegate al
trasporto, poiché ognuno rischia conseguenze per le inadempienze degli
altri, fino alla confisca della merce che il proprietario potrebbe subire
anche se incolpevole. Questo potrebbe avvenire, infatti, se avesse ad
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esempio affidato il trasporto ad un intermediario che non abbia
controllato la regolarità dell’iscrizione all’Albo del trasportatore o, nel
caso di un vettore estero, non abbia accertato che questi fosse provvisto
delle necessarie autorizzazioni per effettuare il trasporto affidatogli.
Questa è un’altra importantissima novità introdotta dalla nuova
disciplina. Le tariffe obbligatorie, infatti, si applicavano esclusivamente
ai trasporti in ambito nazionale e, anche in quest’ambito, solo ai vettori
italiani, poiché il sistema di controllo attraverso le lettere di vettura da
inviare all’Ufficio provinciale competente in base alla sede dell’impresa,
in caso di cabotaggio stradale rendeva impossibile il controllo sui vettori
stranieri.
In un momento come l’attuale, in cui la concorrenza dei vettori
esteri, ed in particolare di quelli neocomunitari ed extracomunitari, è
agguerritissima soprattutto per quanto riguarda i prezzi dei servizi, la
responsabilizzazione di tutti i soggetti della filiera, indipendentemente
dalla loro nazionalità e dal tipo di trasporti effettuati (nazionali o
internazionali), appare quanto mai opportuna per garantire che non si
inneschino processi di concorrenza sleale basati sulla violazione delle
norme di sicurezza.
Pur essendo incentrata sulla responsabilità, la nuova normativa
ha comunque confermato il principio, sancito fin dal 1985, della
limitazione della responsabilità del vettore per la perdita o l’avaria della
merce, ad evitare che il trasportatore si possa trovare a sua insaputa
chiamato a risarcire danni di entità assai elevata nel caso in cui il
mittente non abbia comunicato il valore reale della spedizione.
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L’abrogazione del sistema tariffario obbligatorio rischiava infatti
di provocare l’applicazione immediata dell’art. 1693 del Codice civile
che dichiara illimitatamente responsabile il vettore nei casi suddetti, con
il conseguente calcolo del danno sulla base dell’art. 1696, che fa
riferimento al prezzo corrente delle cose trasportate al momento della
riconsegna.
La norma internazionale, contenuta nella convenzione CMR,
limita la responsabilità al valore di 8,33 Diritti Speciali di Prelievo per
ogni chilogrammo lordo di merce trasportata, pari approssimativamente
a 10,05 Euro. Per i trasporti nazionali sottoposti al regime tariffario
obbligatorio, la legge n. 450 del 1985, come successivamente modificata
dalla legge n. 162 del 1993, prevedeva un limite pari a 26 centesimi di
Euro per ogni chilogrammo di portata utile del veicolo, consentendo che
le parti stabilissero di comune accordo un limite superiore. Per i trasporti
nazionali non sottoposti al regime obbligatorio delle tariffe a forcella, il
limite era di 6,20 Euro per chilogrammo di merce trasportata, anch’esso
derogabile d’accordo fra le parti.
Il decreto di attuazione della legge 32/2005 ha riconfermato il
limite previsto dalla Convenzione CMR per i trasporti internazionali,
portandolo invece, per quelli nazionali, a 1 Euro per ogni chilogrammo
di merce trasportata, eliminando necessariamente la differenza
precedentemente
prevista,
basata
sull’applicabilità
delle
tariffe
obbligatorie al singolo trasporto.
Meglio sarebbe stato, probabilmente, individuare il limite in 0,83
Diritti Speciali di Prelievo (praticamente equivalenti a 1 Euro), creando
in questo modo un automatismo di adeguamento del limite di
responsabilità – sia in aumento che in diminuzione – all’andamento del
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valore dei DSP. La scelta di individuare il valore assoluto di 1 Euro,
infatti, renderà indispensabile
l’adozione di nuove disposizioni
legislative qualora si presenti l’esigenza di futuri aggiornamenti del
limite.
E’ comunque la conferma di una certezza circa il rischio cui va
incontro il vettore qualora il committente non dichiari un valore
superiore della merce che gli ha affidato, consentendogli in tal modo di
stipulare, se lo ritiene opportuno, una polizza a copertura del rischio.
E’ opportuno rammentare, a questo proposito, che non esiste un
obbligo di stipulare tale tipo di assicurazione. Teoricamente,infatti,
questo era previsto dall’art. 10 del DPR 32/76 di attuazione del Titolo I
della legge 298/74, previa emanazione di un decreto dei Ministri
dell’Industria e dei Trasporti che avrebbe dovuto dettare le condizioni di
polizza ed i premi di questa assicurazione, che però non è stato mai
emanato. Tale prescrizione, inoltre, derivava dall’elencazione dei
requisiti per l’iscrizione all’Albo dettata dall’art. 13 della legge 298/74,
che è stato abrogato dal decreto legislativo 395/2000 sull’accesso alla
professione. E’ evidente, tuttavia, che anche in assenza di un obbligo,
sussiste l’opportunità di stipulare una polizza a copertura dei rischi
derivanti dalla perdita o avaria delle merci trasportate, come ormai
correttamente entrato nell’uso.
Sempre al fine di garantire il rispetto delle regole da parte del
vettore e di effettuare la relativa verifica da parte del committente, il
decreto legislativo prevede che, al momento della revisione annuale dei
veicoli, l’impresa sia tenuta a produrre una certificazione circa la
permanenza dei requisiti di iscrizione all’Albo. Questa norma, una volta
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a regime, consentirà di avere la certezza della regolare iscrizione
dell’impresa anche attraverso il semplice controllo della carta di
circolazione del veicolo da cui risulti l’avvenuta revisione, anche se il
riferimento sarà legato alla data della revisione stessa. La norma tuttavia,
imporrà una verifica perlomeno annuale sulla permanenza dei requisiti,
oggi effettuata in maniera discontinua e non omogenea dalle diverse
Province cui è demandata la tenuta degli Albi provinciali.
Un’altra importante garanzia è data dalla disposizione che
prevede, in caso di locazione, che a bordo del veicolo debba essere
presente – oltre alla copia del contratto di locazione – anche una copia
del certificato di iscrizione all’Albo dell’impresa locataria dal quale
possano desumersi eventuali limitazioni all’esercizio dell’attività. Sarà
così possibile accertare che la locazione di un veicolo della massima
portata non sia effettuato da parte di impresa iscritta all’Albo con
limitazioni circa la massa o la tipologia dei veicoli, evitando così che il
trasporto possa essere affidato ad impresa non titolare della iscrizione
necessaria, con il rischio già ricordato delle sanzioni pecuniarie e della
sanzione accessoria della confisca della merce.
Anche questa norma, quindi, va nel senso di combattere la
concorrenza sleale che imprese prive dei requisiti della capacità
finanziaria e della capacità professionale, indispensabili per l’accesso
alla professione con veicoli di qualunque tipo e portata, possono oggi
portare alle imprese in regola approfittando della difficoltà dei controlli e
delle norme transitorie sull’accesso alla professione, che concedono a
queste imprese 48 mesi di tempo per dare la dimostrazione del possesso
dei requisiti suddetti.
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L’ultima disposizione per le imprese di autotrasporto, dettata dal
decreto, può non apparire legata alle altre norme in esso contenute, ma in
realtà ha con esse una stretta connessione. Si tratta della qualificazione
dei conducenti, che il decreto prevede in applicazione della Direttiva
2003/59/CE.
Il recepimento tempestivo della Direttiva, attraverso i decreti
dirigenziali la cui emanazione è prevista entro il 24 luglio 2006 – in
anticipo rispetto al termine del 10 settembre previsto dalla direttiva
stessa – consentirà un’ulteriore selezione delle imprese, le quali potranno
operare esclusivamente avvalendosi di conducenti qualificati, siano essi
lavoratori dipendenti o autonomi. La qualificazione dei conducenti dovrà
essere accertata sia in fase iniziale sia attraverso una successiva
formazione periodica che avrà cadenza quinquennale.
Questa nuova disciplina offrirà non solo maggiori garanzie sulla
sicurezza della circolazione, ma consentirà allo stesso tempo ai
conducenti dei veicoli industriali di tenere distinte – ai fini della
sottrazione dei punti patente – le violazioni commesse nell’esercizio
dell’attività professionale da quelle commesse alla guida della propria
autovettura personale, fermo restando che qualora il conducente incorra
in sanzioni che prevedono la sospensione del titolo di abilitazione alla
guida, ne deriverà necessariamente l’impossibilità di condurre qualsiasi
tipo di veicolo finché l’interessato non avrà nuovamente ottenuto la
patente nei modi previsti dal Codice della Strada.
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Queste, per sommi capi, le novità della nuova disciplina. E’
adesso interessante soffermarsi con attenzione sulle due principali
opportunità che questa offre alle imprese di autotrasporto ed ai loro
clienti.
L’opportunità più rilevante, come già risulta evidente da quanto
detto, è quella di modificare le stesse basi del rapporto fra il vettore ed il
suo cliente. La maggiore responsabilità che i due contraenti devono
assumersi tenderà a favorire i rapporti diretti fra committente e
trasportatore, riducendo al massimo i passaggi di intermediazione oggi
molto diffusi. Ogni passaggio in più, infatti, espone a maggiori pericoli
l’utente primario, il quale rischia di perdere il controllo della filiera, non
conoscendo direttamente tutti i soggetti che la compongono e tra questi
soprattutto il vettore che, eseguendo materialmente il trasporto, più lo
espone a responsabilità condivise.
E’ questa una vera rivoluzione per il mondo dell’autotrasporto,
dove l’intermediazione è sempre stata presente in modo pesante, tanto da
meritarsi la qualificazione di “intermediazione parassitaria”. Attraverso
questa pratica l’utente primario talvolta ha anche rispettato le tariffe
obbligatorie, ma il vettore, specie se piccolo imprenditore o addirittura
monoveicolare, ha quasi sempre ricevuto un corrispettivo largamente al
disotto del minimo della forcella con punte che hanno visto riduzioni
anche superiori al 30%.
La conseguenza aberrante della vecchia disciplina è stata quella
di favorire nei fatti l’intermediazione poiché, avvalendosene, l’utente
primario – in caso di violazione del minimo tariffario – poteva mettersi
al riparo dal rischio di sanzioni o rivalse, in quanto le disposizioni
attuative del decreto sulle tariffe obbligatorie prevedevano quale
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“mittente tariffario” soltanto colui che aveva il rapporto diretto con il
vettore e quindi, in presenza di intermediari, solo questi ultimi erano
soggetti ai rischi suddetti.
Dal canto loro, molti intermediari hanno costituito società ad hoc,
con il capitale minimo previsto dalla legge, per esporsi nella misura
minore possibile. Talvolta società di questo tipo sono state
strumentalmente costituite anche da utenti primari, al chiaro scopo di
precostituirsi valide difese contro eventuali conseguenze derivanti dalla
violazione delle norme della disciplina obbligatoria.
La nuova legge modifica radicalmente questa situazione,
risalendo inequivocabilmente a tutta la filiera, individuandola con
precisione e prevedendo la responsabilità soggettiva – oltre che del
vettore – del committente, del caricatore e del proprietario della merce, i
quali vengono ancora meglio identificati dal decreto legislativo di
attuazione.
Nessuno di questi soggetti ha più la possibilità di scaricare i
rischi né le sanzioni su un terzo, e questo porterà inevitabilmente a
rapporti più diretti attraverso una più severa selezione dei vettori cui
affidare i trasporti, emarginando in questo modo le imprese di trasporto
che non offrono tutte le garanzie circa la regolarità della loro posizione;
regolarità che dovrà essere preventivamente accertata e in assenza della
quale si applicheranno le pesanti sanzioni pecuniarie previste dall’art. 26,
comma 2 della legge 298/74, alle quali consegue automaticamente la
confisca della merce.
E’ da augurarsi che questo impianto normativo rappresenti un
deterrente sufficiente a favorire un rapporto diretto fra committente e
vettore, il quale ultimo sarà a sua volta tenuto ad osservare puntualmente
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tutte le disposizioni sull’attività di autotrasporto merci, se vorrà
mantenere la sua clientela offrendole le necessarie garanzie.
E’ bene evidenziare che gli stessi principi si ritrovano nel testo
del nuovo Regolamento comunitario sui tempi di guida e di riposo dei
conducenti, che andrà in approvazione nel prossimo mese di aprile e
comporterà, fra l’altro, l’obbligo dell’installazione del cronotachigrafo
elettronico sui nuovi veicoli immatricolati dopo il ventesimo giorno dalla
sua pubblicazione.
Tra le novità più rilevanti del nuovo regolamento vi è infatti sia
la responsabilità delle imprese di trasporto per le infrazioni commesse
dai propri dipendenti sul territorio di un altro Stato membro o di un
Paese terzo, sia la corresponsabilità degli altri soggetti.
In tale ottica “Le imprese, i caricatori, gli spedizionieri, (…), i
subappaltatori e le agenzie di collocamento (di lavoro interinale) di
conducenti
si
assicurano
che
gli
orari
di
lavoro
concordati
contrattualmente siano conformi al presente regolamento”.
Nel capitolo relativo alle sanzioni, inoltre, si legge: “Gli Stati
membri provvedono affinché un sistema di sanzioni proporzionate, che
possono includere sanzioni pecuniarie, si applichi nei casi di
inosservanza del presente regolamento o del regolamento (CEE) n.
3821/85 da parte delle imprese o dei caricatori, spedizionieri, ecc….”.
Il concetto è ancora rafforzato nel progetto che adegua alla nuova
normativa la Direttiva 88/599/CEE, prevedendo una nuova direttiva che
sarà pubblicata contemporaneamente al nuovo Regolamento, al fine di
coordinare i controlli sul rispetto dei tempi di guida e di riposo.
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Nell’allegato relativo alle verifiche presso le imprese, il progetto prevede
che “Nel caso venga accertata un’infrazione durante la catena di
trasporto, gli Stati membri possono, se opportuno, verificare la
corresponsabilità di altri soggetti che hanno istigato o in altro modo
contribuito a commettere tale infrazione, ad esempio caricatori,
commissionari di trasporto o subappaltatori, compresa la verifica che i
contratti per la fornitura di servizi di trasporto siano conformi alle
disposizioni dei Regolamenti (CEE) n. 3820/85 e n. 3821/85”.
La forma contrattuale diventa pertanto, nella nuova disciplina sia
nazionale che comunitaria, un ulteriore elemento importante di garanzia
reciproca per le parti.
La legge non prevede l’obbligo della forma scritta, perché a
fronte dell’obbligo si sarebbe dovuta ancora una volta prevedere la
nullità dei contratti non stipulati in forma scritta, con il rischio di
riproporre tutti i problemi ed il contenzioso creati nel passato dalle
norme della legge n. 162 del 1993. Ma la nuova disciplina favorisce la
stipulazione di contratti scritti a garanzia di entrambe le parti,
prevedendo anche gli elementi essenziali che debbono comparire nel
documento, in mancanza dei quali – anche di uno solo di quelli previsti –
il contratto si intenderà come stipulato non in forma scritta e non
produrrà quindi gli effetti positivi previsti in sede di accertamento delle
responsabilità.
E’ logico, quindi, che la sussistenza degli elementi essenziali del
contratto dovrà essere verificata preventivamente dai contraenti, i quali
vorranno garantirsi ciascuno per la sua parte, ad evitare conseguenze
negative in caso di controlli.
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Al fine di facilitare l’uso della forma scritta nella stipulazione dei
contratti, la riforma prevede l’emanazione di un decreto dirigenziale per
la determinazione di modelli contrattuali tipo.
Il decreto dirigenziale, che porta la data del 1° febbraio 2006, è
stato pubblicato in Gazzetta il 7 dello stesso mese e porta in allegato
quattro modelli riferiti rispettivamente al caso dell’effettuazione di una
singola prestazione di trasporto, di una pluralità di prestazioni, di servizi
previsti da accordi volontari e di prestazioni da parte di subvettori.
Anche se il decreto specifica in maniera esplicita che i contratti
tipo hanno valore indicativo per le parti, le quali mantengono la facoltà
di scegliere altre formulazioni contrattuali purché contengano gli
elementi essenziali di cui all’articolo 6 del decreto legislativo, i modelli
allegati portano già degli elementi di chiarezza di indubbio interesse.
Allo scopo di fornire ancora maggiori garanzie reciproche, la
legge prevede la possibilità di stipulare accordi collettivi di diritto
privato fra le rappresentanze dei vettori e dei committenti. In questo caso
i
contratti
che
discendono
dagli
accordi
dovranno
essere
obbligatoriamente nella forma scritta e questo darà alle parti contraenti
una garanzia doppia, poiché il contratto darà applicazione ad un accordo
i cui contenuti non potranno assolutamente prescindere dal rispetto di
tutte le regole sulla sicurezza della circolazione e sulla sicurezza sociale
richiamate dalla legge.
Anche gli accordi, quindi, mutano sostanzialmente la loro
funzione nei rapporti fra utenti e vettori. Con le tariffe a forcella gli
accordi erano previsti come sistema per derogare alla disciplina
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obbligatoria e, tranne in pochi casi in cui sono serviti allo scopo di
regolare al meglio le condizioni per l’effettuazione di taluni tipi di
trasporti aventi caratteristiche davvero particolari, il più delle volte sono
stati utilizzati per legittimare l’esecuzione dei servizi a livelli ben
inferiori al minimo tariffario, perché quello era il reale prezzo dettato dal
mercato.
Oggi, invece, gli accordi diventano un vantaggio reale e concreto
per entrambe le parti perché serviranno a fornire le garanzie sufficienti a
dimostrare che i contratti stipulati per la loro applicazione tengono conto
di tutte le regole di sicurezza.
Il vettore saprà con certezza che in quei settori non potrà essergli
chiesto di rischiare sanzioni per non aver osservato limiti e prescrizioni
di legge; il committente, dal canto suo, saprà di aver stipulato un
contratto in virtù di un accordo sottoscritto fra le rappresentanze delle
due parti, che – se applicato seriamente – costituisce in sé la
dimostrazione di aver rispettato tutte le prescrizioni sulla sicurezza della
circolazione e sulla sicurezza sociale.
Negli accordi potranno infatti essere previste formulazioni dei
contratti che vincolino le parti in maniera esplicita all’osservanza di tutte
le regole. Potranno inoltre essere introdotti meccanismi che tengano
conto dei fattori di costo e di produttività per la determinazione del
corrispettivo dei servizi, nonché regole per l’adeguamento dei prezzi in
funzione della variazione di tali fattori.
Ma la determinazione del corrispettivo dovrà essere sempre
lasciata alle parti che stipulano i singoli contratti, poiché le regole
comunitarie vietano di stipulare accordi collettivi nei quali sia
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determinato un prezzo uguale per tutte le imprese che lo applicano, ma
consentono di fissare tutte le regole che le parti sono tenute ad applicare.
La nuova disciplina prevede inoltre la costituzione di organismi
di verifica della corretta applicazione degli accordi, con la partecipazione
della pubblica Amministrazione, nonché procedure di raffreddamento
delle vertenze con l’obbligo di ricorrere ad un tentativo di conciliazione
affidato ad un soggetto terzo, nominato dal Ministero delle infrastrutture
e dei trasporti.
Alle maggiori garanzie che le parti si offriranno attraverso la
stipulazione degli accordi, si aggiungerà quindi anche una certezza dei
rapporti attraverso il controllo del rispetto dell’accordo, unita
all’assicurazione che tali rapporti non potranno essere forzati attraverso
azioni di autotutela senza un preventivo tentativo di soluzione
concordata anche attraverso l’intervento di un mediatore.
Non più, quindi, accordi per derogare alle norme dettate
dalla legge, bensì nuovi accordi per garantire il rispetto delle regole.
La differenza è certamente sostanziale e merita di essere posta
nel giusto risalto con la massima evidenza, poiché può rappresentare uno
degli elementi chiave della riforma, portando effetti positivi per tutti i
soggetti che operano sul mercato del trasporto e sull’intera economia
nazionale, per la quale la mobilità delle merci rappresenta un fattore
essenziale.
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