HTML 2 (F)PDF Project

Transcript

HTML 2 (F)PDF Project
:: www.filmfestivalpopoliereligioni.it :: [email protected]
______________________________________________________________________________________
A lezione dal regista di “Amélie” :: Venerdi, 2 giugno 2006
Incontro con Jean Pierre Jeunet
“Ero con Jodie Foster, nel caffé parigino dove è ambientato Amélie. Dovete sapere che dopo il successo di
Amélie in quel bar ogni 6 minuti arrivano dei ragazzi in pellegrinaggio. Io e Jodie eravamo proprio davanti ad
uno di questi ragazzi con la macchina fotografica, che ci guardava. Ho pensato: forse ci ha riconosciuto,
quando lui ci fa: ‘scusate, potete spostarvi?’”. A parlare è Jean Pierre Jeunet, che de Il favoloso mondo di
Amélie è il regista, e che si trovava nel caffé con la diva hollywoodiana per parlare del suo nuovo film, Una
lunga domenica di passioni storia d’amore ambientata sullo sfondo della prima guerra mondiale, che è stata
presentato in anteprima nazionale il 1 febbraio 2005 a Terni, al Fiamma d’Essai, in un incontro organizzato
dal corso di studi in Scienze della formazione in collaborazione con Umbria film commission. A presenziare
alla proiezione lo stesso Jeunet, che si è trattenuto a lungo con gli studenti per rispondere alle loro domande
su questa nuova opera. “Non ascoltate troppo quello che vi dicono gli insegnanti - ha detto Jeunet salutando
la platea - ma cercate di fare tanti film”.
Le sue opere tendono molto alla poesia, a scapito del realismo...
“Non mi interessa di riprodurre una situazione realistica quando faccio un film. Un film ‘di cronaca’ come Erin
Brokovic, ad esempio, può interessarmi come spettatore, ma non come regista”.
Ha trovato difficoltà a raccontare un pezzo della storia di Francia di cui ancora molti non vogliono
sentir parlare?
“No, devo dire che ormai certi problemi sono superati. Gli unici che ci hanno davvero creato problemi sono
stati gli ecologisti. Hanno preteso che ripiantassimo ogni cespuglio tolto e si sono lamentati perché il rumore
delle granate svegliava le ranocchie”.
Il film è stato ‘accusato’ dai francesi di essere americano...
“Questo è un film francese al 100%: il cast e la produzione sono francesi, è stato girato in Francia, racconta
una storia francese ed è stato girato in lingua francese. La Warner Bros, che deteneva i diritti dal libro, ha
finanziato il 35% della produzione e l’ha distribuito. Tutto qui”.
Lei ha lavorato in America, ma ci tiene molto ad essere considerato un regista europeo.
“E’ importante mantenere la nostra identità culturale. Non dobbiamo cercare di copiare i film d'azione
all’americana. Dobbiamo cercare di raggiungere la loro qualità tecnica mantenendo la nostra qualità. E’
quello che fanno i nostri grandi registi: Almodovar, Von Trier, Kusturica, Nanni Moretti”.
Lo sguardo di Mathilde è un po’ ingenuo, come quello di Amélie…
“Sono personaggi a cui piace giocare con il caso. E’ un atteggiamento che è tipico degli adolescenti, ed è
anche il mio. Comunque è Audrey Tautou che è capace di rendere così questo tipo di personaggi. Con lei
lavoro bene perché siamo simili, diamo molto spazio alla spontaneità”.
Sta già lavorando al prossimo film?
1/2
“Non ho progetti. Ho rifiutato di girare il quinto episodio di Harry Potter e spero di non dovermene pentire”.
Una storia d’amore sullo sfondo della grande guerra
di Eleonora Bonoli
Una lunga domenica di passioni non è solo la storia d’amore tra due giovani francesi che si trovano a vivere
in uno dei periodi più bui della storia, ma anche il racconto, per immagini e sensazioni, di come la speranza
riesca a battere lo scetticismo. Il film, tratto dal romanzo di Sebastien Japrisot, è ambientato sul finire della
prima guerra mondiale quando Mathilde, la giovane protagonista (interpretata da Audrey Tautou), viene a
sapere che Manech (Gaspard Ulliel), il grande amore della sua vita, è stato condannato a morte da una corte
marziale per automutilazione, insieme ad altri quattro soldati francesi, e abbandonato nella “terra di nessuno”,
la zona tra le trincee francesi e tedesche. Le prime notizie che giungono alla giovane sembrano non lasciare
speranza ad un ritorno del ragazzo.
Nonostante questo, i sentimenti di Mathilde e la sua certezza di ritrovare vivo il fidanzato, prendono il
sopravvento sulla razionalità a cui zii e avvocati cercano di richiamarla e così, la ragazza, inizia un
peregrinare tra città e personaggi legati più o meno direttamente al giovane, per ritrovarlo.
Scena dopo scena, il regista fa conoscere allo spettatore la protagonista e il suo mondo interiore, dominato
da piccoli rituali ed escamotage che possano aiutarla a capire quello che potrà accadere. Mathilde è quindi
sempre in attesa di un segnale che le indichi quanto sia importante continuare la sua ricerca, segnali che
arrivano quasi sempre piuttosto confusi.
E la realtà le si rivela poco a poco, e allo spettatore non vengono date certezze fino all’ultima scena del film,
quando la perseveranza della ragazza verrà premiata. La storia va avanti tra le vicissitudini di Mathilde, che
non si lascia scoraggiare nonostante le notizie contraddittorie che le giungono, e i flashback dove imperversa
una guerra devastante, in cui lo spazio per i sogni sembra essere lasciato a chi, probabilmente, è destinato
alla morte.
Dai mostri di “Alien” alla Parigi anni ‘20
Con Una lunga domenica di passioni, Jean-Pierre Jeunet arriva al suo quinto lungometraggio. Nato nel
1955, il regista inizia la sua avventura nel mondo del cinema a 18 anni, dopo aver lavorato come operaio in
una ditta di telefoni. Appassionato di fumetti, si dedica in un primo momento alla realizzazione di
cortometraggi d’animazione con cui vinse anche due premi César. Il primo film, diretto con Marc Caro, del
1992, è Delicatnessen. Sempre affiancato da Caro, Jeunet realizza tre anni dopo La città dei bambini perduti
mentre del 1997 è Alien, la clonazione. Il grande successo arriva nel 2001, con Il favoloso mondo di Amelie,
candidato all’Oscar come miglior film straniero.
2/2