Il favoloso mondo di Amelie - Liceo Classico Statale "Francesco
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Il favoloso mondo di Amelie - Liceo Classico Statale "Francesco
Liceo classico “F.Scaduto”- Bagheria-PON 2010-Vedere il pensiero:imparare la filosofia con i film–prof .D. Aiello SCHEDA DI ANALISI DEL FILM Classe II C Alunno Dario Lo Buglio Data 23/05/2010 Il film Componenti Informazioni Titolo Il favoloso mondo di Amelie Titolo originale Le fabuleux destìn d’Amelie Poulain Regista Jean Pierre Jeunet Genere Commedia Attori principali Audrey Tautou, Mathieu Kassovitz Sceneggiatura Guillaume Laurant Fotografia Bruno Delbonnel Musica Yann Tiersen Data di produzione 25/06/2001 Durata 120 minuti (circa) Paese/i di produzione Francia/Germania Premi 4 Premi Cèsar 2002 (miglior film, miglior regista, miglior colonna sonora, migliore scenografia). 3 Premi Lumière 2002 (miglior film, migliore sceneggiatura, migliore attrice (Audrey Tautou) 3 European Film Awards 2001 (miglior film, miglior regista, miglior fotografia BAFTA alla migliore sceneggiatura originale Independent spirit Awards 2002 (miglior film straniero) 2 Swann al festival di Cabourg 2001 (miglior regista, miglior attore (Mathieu Kassovitz) Kansas City Film Critics Circle Awards 2002 (miglior film straniero) Nomination all Oscar come miglior film straniero. Sceneggiatura: La sceneggiatura è originale ed è forse proprio per questo che il film abbia tuttora un così grande successo dopo diversi anni. La storia: A Parigi la giovane Amélie (Audrey Tautou) lavora come cameriera in un caffè di Montmartre, il "Café des 2 Moulins", e vede la propria vita trascorrere serena, tra una visita all'anziano padre vedovo e alcuni piacevoli passatempi (spezzare la crosta della Crème brûlée col cucchiaino, far rimbalzare i sassi sul Canal SaintMartin, immergere le dita nei legumi ecc.) che riempiono la sua quotidianità. Il giorno della morte della principessa Lady D ritrova per caso una scatoletta dietro una piastrella di un muro del suo appartamento. Con grande stupore la apre, trovando al suo interno dei piccoli ricordi e giocattoli, e intuisce che molto probabilmente si tratta di una scatoletta nascosta decenni prima da un bambino che abitava nello stesso appartamento. Amélie cerca di ottenere informazioni dalla portinaia per scoprire a chi fosse appartenuta la scatola, e dopo lunghe ricerche riesce ad ottenere il nome che le serve: Dominique Bredoteau. Amélie rintraccia tutti gli abitanti di Parigi che portano questo nome, ma non riesce a trovare il possessore della scatoletta; quando decide di rinunciare interviene in suo soccorso "L'uomo di vetro". "L'uomo di vetro" è un vicino di casa di Amélie, di professione fa il pittore e deve questo soprannome ad una malattia congenita: le sue ossa tendono a frantumarsi con una facilità anormale, per questo non esce quasi mai di casa e tutto nella sua casa è imbottito per evitare urti. "L'uomo di vetro" indirizza Amélie dalla persona giusta, in quanto il cognome che cerca non è Bredoteau bensì Bretodeau. Amélie riesce con uno stratagemma a riconsegnare la scatoletta all'uomo senza farsi scoprire. L'uomo ritrova così i tempi della sua infanzia, dimenticati da tempo. Entrando casualmente nello stesso bar in cui Amélie sostava le racconta cosa gli è accaduto, ignaro che sia lei l'artefice di ciò, aggiungendo che vorrebbe provare a ricucire i rapporti con la figlia (con cui non parla da anni) e il nipote che non ha mai visto. Amélie rimane talmente colpita dalla reazione di Bretodeau che decide, dopo una notte insonne, di dedicare il suo tempo a "rimettere a posto le cose" che non vanno nelle vite di chi le sta vicino. Con l'aiuto di un'amica hostess fa credere al padre, il quale dalla morte della moglie è sempre più chiuso in sé stesso, che il suo amato nano da giardino stia girando il mondo in vacanza. Alla portinaia che ha perso il marito dopo una fuga romantica con l'amante fa pervenire una lettera, accuratamente creata utilizzando pezzi di lettere originali in un collage, tale da sembrare vera e fattale pervenire come se fosse andata perduta per anni, dando così l'illusione all'anziana signora che prima di morire il marito abbia disperatamente cercato di mettersi in contatto con lei. Organizza dei pesanti scherzi ad un crudele fruttivendolo che tormenta costantemente il suo garzone, facendogli credere di essere impazzito. Riesce a far innamorare una sua collega rassegnata ad una vita da single di un geloso e ossessivo frequentatore del bar. Diffonde le frasi dell'amico Hipolito, uno scrittore fallito cliente del "Café des 2 Moulins", per la città (recitando suoi versi al controllore del treno o scrivendoli su un muro). Nel frattempo incontra lo sguardo di un ragazzo, Nino (Mathieu Kassovitz), che ha l'hobby di collezionare fototessere mal riuscite buttate dai rispettivi proprietari. Amélie se ne innamora perdutamente. La seconda volta che Amélie vede il giovane raccogliere i frammenti da terra lui scatta improvvisamente ad inseguire un uomo, perdendo dalla motoretta una borsa con un album delle fototessere raccolte. Nel cercare di restituire l'album all'amato Nino Amélie è impegnata a risolvere "Il mistero delle fototessere", ovvero l'immagine di un uomo che sistematicamente, con la stessa espressione vuota, si scatta delle fototessere nella stazione dei treni per poi gettarle. È la stessa persona che inseguiva Nino quando perde il suo prezioso album. A causa di taluni fraintendimenti Amélie ingelosita non vorrà essere avvicinata da Nino; sarà soltanto un messaggio in videocassetta dell'"Uomo di vetro" a convincerla di prendere la decisione più importante della sua vita: spingersi a fare del bene anche a se stessa, quindi unirsi a Nino, da cui è fatalmente attratta (anche per le affinità che hanno reso in un certo senso "parallele" le complicate infanzie dei due giovani sognatori, come è spiegato dalla voce narrante fuori campo, una sorta di protagonista senza volto di quest'opera cinematografica). Alla fine di tutto riuscirà ad essere felice, avendo aiutato i suoi cari e avendo trovato l'amore. Spazio e tempo del film: Il periodo storico è quello del mese di Agosto/Settembre del 1997. Possiamo sapere ciò perché il 31 agosto del 1997, periodo in cui morì la principessa Diana, Amelie guarda il telegiornale e apprende la terribile notizia. Il film è quasi interamente girato a Parigi con qualche scena di qualche paesino vicino. Per gli interni invece c’è da dire che quest’ultimi sono stati girati anche in Germania in uno studio dove erano stati creati apposta per il film. All’inizio la voce narrante ci parla di una Parigi degli anni 70 dove viveva la piccola Amelie ma dobbiamo considerare solamente che si svolge tra il mese d’Agosto e il mese di Settembre del 1997. Protagonista: La giovane Amelie ci viene presentata fin da piccola come una bambina che è da sempre vissuta in un mondo tutto suo , ideato da lei stessa, dove tutto è perfetto e come vuole lei. Proprio per questo riusciamo a capire come la sua personalità, la sua gioia di vivere e di agire siano dettate da questo mondo che la tiene sempre impegnata e affaccendata. Lei è una ragazza decisamente alta e slanciata ma non eccessivamente attraente (da questo particolare si vede ancora come il film abbia avuto un successo enorme nonostante l’attrice non fosse una tra le solite “pupe” dei film) con un taglio di capelli che stranamente stà ritornando di moda dopo diversi decenni. Lei lavora in una bar nel centro di Parigi (des deux moulains) dove convive con personaggi altrettanto strani e la sua vita è incentrata dall’entrare e uscire da questo suo luogo di ritrovo dal quale derivano tutte le sue avventure. «Amélie ha sei anni. Come tutte le bambine, vorrebbe che suo padre l'abbracciasse ogni tanto ... Ma lui ha contatto fisico con lei solo durante il controllo medico mensile. La piccina, sconvolta da tanta eccezionale intimità, non riesce a contenere il batticuore. Perciò il padre la crede affetta da un'anomalia cardiaca. A causa di questa malattia fittizia, la piccola Amélie non va a scuola. È sua madre che le fa da maestra. Privata del contatto con altri bambini, sballottata tra lo stress della madre e il padre orso, Amélie si rifugia in un mondo da lei inventato. In questo mondo, i dischi in vinile sono preparati come crêpes e la moglie del vicino, in coma da mesi, in realtà ha scelto di esaurire, in una volta, tutte le sue ore di sonno. L'unico amico di Amélie si chiama Capodoglio. Purtroppo, l'ambiente familiare ha reso il pesciolino rosso nevrastenico e incline al suicidio. E siccome i tentativi di suicidio del Capodoglio non fanno che aumentare lo stress materno, s'impone una decisione. Per consolare Amélie, la madre le regala una Kodak instamatic di seconda mano. Un vicino approfitta dell'ingenuità di Amélie per farle credere che il suo apparecchio sia difettoso: provoca incidenti ... Avendo scattato foto tutto il pomeriggio, la sera l'assale un dubbio atroce ... Si accascia davanti alla tv, schiantata dalla responsabilità per un maxi tamponamento, due deragliamenti e un disastro aereo. Qualche giorno dopo, Amélie capisce che il vicino l'ha presa in giro e decide di vendicarsi.... in compenso, coltiva un gusto particolare per i piccoli piaceri, tuffare la mano in un sacco di legumi ... e far rimbalzare i sassi sulla superficie del canale Saint Martin ... oppure rompere la crosta della crème brülée con la punta del cucchiaio ..» Qualsiasi tentativo di riprendere la personalità di Amèlie è del tutto vano di fronte alla magnificenza di questa divertente, insolita ma raffinata descrizione del suo personaggio dataci dalla geniale voce narrante iniziale. Significato globale del film Il mondo non è favoloso ma noi possiamo renderlo tale prendendoci cura delle persone che amiamo: sembra questa la morale di fondo del sublime film di Jeunet. Amèlie non è un angelo sceso sulla terra ma una donna comune amante della giustizia fino a diventare vendicativa per conto altrui. Amèlie, ad esempio, è capace di far viaggiare in giro per il mondo un monolitico nano da giardino per insegnarci che la vita è una e va vissuta fino in fondo, e che se può viaggiare un pupazzone di ceramica può farlo anche il proprio papà, eremita in casa. Di conseguenza il mondo descritto deve per necessariamente essere diverso da quello cui siamo abituati. Non a caso la fiaba e il soprannaturale si fondono tra loro in un mondo apparentemente reale ma che invece non lo è. A noi appaiono personaggi apparentemente normali ma appena ci soffermiamo un momento ad osservare ciò che fanno e come si comportano ci viene da pensare come tutto sia irreale e assurdo: il giovane con l’hobby di raccogliere fototessere gettate via, un papà eremita in casa che in continuo lavoro costruisce il mausoleo alla moglie scomparsa, la protagonista che pensa al bene e alla felicità degli altri piuttosto che alla sua. Così il mondo descritto ci appare distorto e irriconoscibile. E il messaggio stà proprio in questo particolare: possiamo con la fantasia rendere nostro il mondo che ci circonda per come più ci piace. Così la filosofia del film è quella di non considerare il mondo nel quale viviamo come scontato poichè è (e deve essere sempre) viva la convinzione che è possibile trasformare la realtà che ci circonda senza dover per forza interpretarla e subirla come siamo abituati a fare. E i dialoghi in tutto ciò aiutano molto e senza la loro minuziosa semplicità non avremmo lo stesso effetto: basti pensare al dialogo iniziale del narratore esterno che oltre a introdurci la storia (come il prologo di una tragedia greca) ci racconta la filosofia di questo mondo senza essere troppo esplicito così che solo dopo una lunga e raffinata analisi è possibile cogliere i piccoli particolari che durante il film si ingigantiscono quasi a diventare veri e propri ideali di vita. Ho usato il termine tragedia poichè all’interno del film la tristezza e la malinconia sono molto presenti ma sono così mescolati in questa pentola di emozioni,stravaganza, felicità ed allegria che forse non c’è ne rendiamo neanche conto. Un altra interessante deduzione ricavabile da questo film è quello della leggerezza. Il film tende in un certo senso ad far crescere pian piano una sorta di leggerezza di pensiero che diventa una vera e propria leggerezza di vità. Quasi come se fosse il peso della vita a causare ciò, Amelie è alla ricerca (e conduce) di una vita minimalista formata per esempio dai suoi piccoli piaceri che abbiamo già elencato. Forse solo così Amelie è in grado di dare un certo senso di leggerezza alla vita senza che il peso,l’inerzia e la opacità del mondo ricadano tutte sulle sue spalle. Sappiamo dalla tradizione che gli sciamani, a causa dei problemi della tribù (malattie ecc..), erano soliti trasportarsi in volo in un altro livello di percezione dal quale erano capaci di cambiare la realtà dei fatti; ed è così che Amelie fa. I temi che il film affronta L’amore La giovinezza Il destino (non a caso il titolo originale del film ricorre alla parola “destino”) La voglia di far del bene a tutti Giudizio personale Il film a mio parere è un duro colpo alla grande industria Americana o ,chi per lei, mantiene il primato dei capolavori cinematografici. Un cast decisamente sconosciuto (ovviamente apparte il genio Kassovitz quì in veste di attore) con una protagonista che alle spalle aveva si già qualche film in cui aveva partecipato e che in questo film supera se stessa diventando un idolo per la filmografia successiva. Infatti da questo film l’attrica ricevette una fortunata gloria che gli ha concesso molti altri film (il codice da Vinci per esempio). Il film è un caposaldo ormai della mia filosofia. Consiglio vivamente di prendere parte a questa fantastica storia poichè come si dice nel trailer: riuscirai a non cambiare? I costumi, i dialoghi , la colonna sonora e gli ambienti ricreati confluiscono tutti in un unico è grande capolavoro che ci fa vivere un esperienza del tutto nuova ed inaspettata del cinema Francese dalla quale nessuno ne esce invariato. é altresì adatto ad un dibattito scolastico poichè ben sappiamo come dai film nascano le generazioni dei giovani del domani. Così il film si propone anche di cambiare la nostra idea del mondo e ci insegna involontariamente a modificarlo pur sempre rispettando la sua natura di fondo. Facendo così dal film emerge una società senza problemi di nessun tipo dove tutti sono beati e contenti. Potrebbe come già detto sembrare tutta una favola ma considerando che non c’è niente di così tanto reale possiamo ben capire come questa società fiabesca sia il risultato di un innovativo progresso e rivoluzione dato non dalla repressiva violenza o da scontri su leggi morali ma dalla semplice arte della fantasia con la quale tutti possiamo rendere bello ciò che vogliamo. I personaggi del film non sono tra loro contrastanti poichè tutti i personaggi presentati , ad esclusione della protagonista, subiscono più o meno passivamente la grande rivoluzione di Amelie accettandola ed ritrovandosi sereni in questa. Di conseguenza il film non prova a domandarsi la causa di qualche problema sociale ma ripetutamente quasi in maniera frenetica ci da risposte e soluzioni che potrebbero essere adattate a tutto: la tranquillità la serenità e il comportamento da bravo buonista (nella tradizione purtroppo il buonista ormai è considerato come un ignavo dell’inferno di Dante, troppo disponibile con il nemico. Ma per risolvere il paradosso della lingua che ci pone in aspetto negativo un termine di per se positivo, il regista finalmente ci mostra cosa realmente sia essere buonisti e ci fa capire come sia un grande valore). Analizzando il saggio di Umberto Curi in “Ombre delle idee” su questo film sono riuscito a percepire e ad analizzare tutti gli aspetti più importanti di questo film di cui più o meno ho già parlato precedentemente. Sostanzialmente Amelie con una visione demiurgica che rende la realtà plasmabile, si impadronisce della vita degli altri per modificarla e per deciderne il destino. Il marxismo della fantasia è il termine più consono per questo film poichè l’attività marxista è presente ma non si basa sulla lotta (il marxismo di lotta) ma bensì sulla fantasia. Amelie è cresciuta in casa poichè il padre era convinto di un anomalia nel suo cuore. Di conseguenza lei studiava in casa senza contatti con altri bambini e senza nessuno con cui divertirsi; così Amelie si crea un mondo tutto suo dove potersi divertire. Ma una volta uscita di casa poichè ormai era troppo grande e doveva trovarsi un lavoro, Amelie si sente come attaccata dal mondo esterno e sfodera la sua arma micidiale per difendersi: la fantasia trasformatrice. Rende il mondo esterno il suo mondo che ha sempre conosciuto. Però questo mondo non è applicabile su di lei poichè è plausibile che Amelie ,crescendo in isolazione, si sia convinta di non meritare niente e quindi decide di riscattarsi facendo di tutto per gli altri e niente per se stessa. Ma il finale ci sorprende molto poichè solo alla fine, dopo tanta esitazione, applica la sua fantasia trasformativa sulla sua vita sentimentale rompendo tutto questo filo logico che per lei era stato una tortura per tutta la sua vita. In questo saggio viene anche riproposta la figura di mago che si rispecchia nel personaggio di Amelie. Questa affermazione può essere data poichè il famoso Giordano Bruno ci da una definizione di mago che è alquanto insolita: egli ci dice che è mago il “sapiente dotato della capacità di agire”. Così il mago differisce dai saggi, dai filosofi, o dai teologi che sono solo sapienti e che non sanno agire. Il mago consiste nella conoscenza combinata all’azione. Ed è proprio vero che Amelie sia una maga dunque da non intendere come capace di grandi sortilegi o dalle cui mani escono palle di fuoco ma è da intendere come un personaggio diverso dal solito e capace di fare ciò che nessuno fino a quel momento aveva fatto. Ma l’ultimo particolare divertente ma allo stesso tempo geniale è come Amelie somigli tanto ad Alice nel paese delle meraviglie: circondata da un mondo similissimo al nostro ma che non ne fa completamente parte neanche se fosse una esile appendice. In Alice però questo mondo è presente fin dall’inizio, viene scoperto già bello e pronto. Per questo possiamo dire che Amelie in certi tratti supera addirittura le fiabe poichè lei il mondo se lo costruisce da se. Il Linguaggio del cinema Il narratore è Sia interno che esterno Il ritmo del montaggio è Vario Gli effetti di luce e l’uso del colore Il colore e gli effetti di luce sono quelli più curati in questo film. Quasi come fossero collegati il regista ci descrive una Montmartre che si identifica pienamente con il quadro di Renoir dipinto dall’uomo di vetro. Piena di colore e un pò all’antica come a volerci fare percepire una parigi che è presente nella nostra mente come la Parigi idillicca della coppola e dell’arte. Facendo così il regista il regista riesce a rendere l’ambiente fiabesco arricchito poi dagli effetti speciali di cui parleremo tra poco. La colonna sonora e in particolare Grazie alle atmosfere sognanti e quasi da ninna nanna di Yann Tiersen il film prosegue con un ritmo piacevole aggrazziato e pieno di allegria. Yann Tiersen in questo film crea il suo capolavoro dove la fisarmonica (strumento che ci rimanda sempre alla idealistica immagine di Parigi presente nella nostra testa) con i suoi valzer, con le sue tarantelle e con i suoi lente riesce a trasmetterci un emozione mai vista prima d’ora. Scene in cui gli effetti sonori,musicali , di luce e colore sono complementari e funzionali ad ottenere particolari risultati Senz’altro la scena più significativa in questo senso è quella in cui Amelie sente di essere in pace con il mondo e, passeggiando per una Montmartre già descritta e arricchitta da una simpatica ed allegra composizione musicale, vuole in un certo senso condividere con noi questo suo benessere Prendi in esame le tecniche cinematografiche Ancora una volta il regista francese adopera effetti speciali che arrivano fino alla computer grafica non per stupirci con grandiosità ma facendo leva sui sentimenti, sul cuore dello spettatore medio troppo spesso mortificato dalle megaproduzioni senza anima o dalle becere commediacce natalizie. E se lo stupore arriva è per le geniali invenzioni visive ma anche, o soprattutto, per lo sguardo tenero della splendida protagonista. Puntando quindi su abat-jour animate e foto e quadri che parlano, gli effetti speciali svolgono una funziona innovativa e geniale allo stesso tempo. Considera la recitazione degli attori e chiarisci se è Naturale con un pò di enfasi nelle parti più importanti Sequenza, a tuo avviso, più importante e particolarmente significativa o indimenticabile La sequenza più particolare e più importante a mio avviso (e lo disco senza ombra di dubbio) è la sequenza iniziale dove ci vengono mostrati tutti i vari personaggi con le loro storie e che attraverso un banale gioco del “cosa piace fare e cosa non” ci vengono mostrati nelle loro debolezze e nelle loro virtù nei loro pregi e nei loro difetti. Storia del cinema Chi è il regista Jean-Pierre Jeunet nasce a Roanne nella Loira, in Francia il 3 settembre 1953. All'età di diciassette anni Jeunet comincia a lavorare presso le poste francesi; con i guadagni successivamente acquista la sua prima cinepresa 8mm. Amatorialmente, inizia a girare alcuni cortometraggi e impara le tecniche dell'animazione agli Cinemation Studios. Conosce Marc Caro, al festival d'Annecy, con il quale intraprenderà una lunga collaborazione, della quale le prime produzioni pubblicamente criticate sono i cortometraggi L'èvasion e Le Manège; quest'ultimo gli merita nel 1981 il premio Cesar per il miglior corto. Jeunet comincia a dirigere i suoi primi spot pubblicitari e video musicali. Nel 1984 vince nuovamente il Cesar per Pas repos pour Billy Brakko, cortometraggio ispirato ai fumetti di Caro. Nel 1990, Jeunet, Caro e il produttore Claudie Ossard cercano le basi su cui far nascere il film Delicatessen. Contemporaneamente, Jeunet vince numerosi premi per il suo cortometreggio Foutaises: il suo primo lavoro insieme all'attore Dominique Pinon che interpreterà molti dei suoi personaggi. In Foutaises Jeunet presenta il concetto del "Mi piace, non mi piace", che sarà usato in Il favoloso mondo di Amelie. Dopo l'uscita di Delicatessen e di La città dei bambini perduti, la 20th Century Fox scrittura Jeunet come regista per il quarto film della famosa saga Alien: Alien - la clonazione. Jeunet apre la sua carriera nel nuovo secolo con Il favoloso mondo di Amelie: un successo, detentore del titolo di film francese con maggiori incassi al botteghino, che lo porta rapidamente ad una grande fama e che gli permetta di ottenere la parte di regista per Una lunga domenica di passioni, film basato su un racconto di Sèbastien Japrisot. Nel 2005 viene annunciato che Jeunet ha accettato di dirigere l'adattamento del romanzo di Yann Martel Vita di Pi per la 20th Century Fox. Il progetto americano viene giudicato però dalla Fox troppo oneroso e accantonato. Nel 2009 esce il sesto lungometraggio del regista: Micmacs à tire-larigot. Per questa commedia satirica il regista aveva inizialmente scelto come protagonista Jamel Debbouze (premio per l'interpretazione a Cannes nel 2006 per Indigènes), salvo poi optare per Dany Boon, a casua di divergente artistiche con Debbouze. Jean-Pierre Jeunet (Roanne, 3 settembre 1953) è un regista e sceneggiatore francese. La sua cinematografia è da sempre caratterizzata da un gusto barocco e da una forte componente estetica, elementi che lo hanno portato alla ribalta anche oltreoceano e che hanno trovato la loro consacrazione nel suo film più famoso, Il favoloso mondo di Amelie. Filmografia: Regista Delicatessen (1991) La città perduta (1995) Alien: la clonazione (1997) Il favoloso mondo di Amélie (2001) Una lunga domenica di passioni (2004) Micmacs à tire-larigot (2009) Fonti: Dati del regista e dati generali del film (anno di produzione ecc...): www.wikipedia.com Spunti per un analisi approfondita: • Italo Calvino – Lezioni Americane (Leggerezza, Rapidità) – Mondadori,Milano 1999 • Umberto Curi,Ombre delle idee. Filosofia del cinema da American Beauty a Parla con lei, , Pendragon , Bologna 2002