La tirannia degli idoli nella società contemporanea
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La tirannia degli idoli nella società contemporanea
La tirannia degli idoli nella società contemporanea “Diciamo sì all’amore e no all’egoismo, diciamo sì alla vita e no alla morte, diciamo sì alla libertà e no alla schiavitù dei tanti idoli del nostro tempo”. Papa Francesco Siamo fatti come lui. Possiamo mille volte tradire, tentare di cancellare questa immagine di Dio che è in noi, ma rimane al fondo del nostro essere, la certezza che solo donandoci possiamo trovarci. Chi si perde si trova. Ci porta a lambire tutta la vertiginosa profondità dell’origine che sta all’inizio del nostro esistere nel mondo. Il contrario della fede religiosa non è l’ateismo, bensì l’idolatria. L’ateismo è possibile solo a parole, nelle filosofie, ma non nella pratica. Di fatto, all’uomo si apre una alternativa: o l’adesione al Dio vivo e vero o la dipendenza da un idolo. Dopo la ribellione a Dio, montato in superbia per istigazione di Satana, che è “menzognero e padre della menzogna” (Gv 8, 44), l’uomo è permanentemente tentato di distogliere il suo sguardo dal Dio vivo e vero per volgerlo agli idoli (I T s l , 9), cambiando “la verità di Dio con la menzogna” ( R m 1, 25); viene allora offuscata anche la sua capacità di conoscere la verità e indebolita la sua volontà di sottomettersi a essa. E così, abbandonandosi al relativismo e allo scetticismo, (G v 18, 38), egli va alla ricerca di un’illusoria libertà al di fuori della stessa verità. (Veritatis splendor, n. 1) 1. Ma in che cosa consiste questo «volgere lo sguardo agli idoli», questa idolatria così profonda? Tradizionalmente si intende per idolatria l’adorazione d’immagini (dal greco eidolon, immagine, e latreuo, servire, adorare) raffiguranti animali o altro. Di per sé non è idolatrico servirsi d’immagini simboliche della divinità; lo diventa se si adora l’immagine in sé, come se fosse lo stesso dio. L’idolatria, in questo senso, è fiorita spesso nell’antichità fra il popolo facilmente superstizioso. In termini rigorosi, la teologia morale definisce l’idolatria come «culto indebito attribuito a una creatura». Quando l’adorazione è cosciente, l’idolatria è peccato gravissimo, come si vede nell’Antico Testamento per gli Ebrei che passavano al culto degli idoli sotto l’influenza dei popoli circostanti. Concupiscenza e Idolatria La concupiscenza è un termine che possiede diverse sfumature a seconda degli ambiti in cui viene utilizzato. Nella definizione più comune la concupiscenza indica la brama di possesso e la debolezza intrinseca della natura umana che porta l'uomo a commettere il peccato, di qualunque natura esso sia. San Giovanni distingue tre tipi di smodato desiderio o concupiscenza: concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita. 1 la (1 Gv Maestro che cosa devo fare di buono per ottenere la vita eterna? (mt 19,16). Al giovane che gli rivolgeva questa domanda Gesù rispose:”Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti”. Ed egli chiese: «Quali?». Gesù disse: «Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, onora il padre e la madre, ama il prossimo tuo come te stesso». Il giovane gli disse: «Ho sempre osservato tutte queste cose; che mi manca ancora?». Gli disse Gesù: «Se vuoi essere perfetto, và, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; poi vieni e seguimi». Udito questo, il giovane se ne andò triste; poiché aveva molte ricchezze. Cosa sono i comandi che Gesù ricorda al giovane? Essi non sono altro che i dieci comandamenti, cioè la Legge donata da Dio al popolo d’Israele nel contesto dell’Alleanza mediante Mosè. Sono i comandamenti dell’Amore di Dio (i primi tre) e dell’amore del prossimo (gli altri sette). Essi sono il cammino da seguire per vivere la nostra vita liberi dalla schiavitù del peccato. 2,16); il nono comandamento: “non desiderare la donna d’altri” proibisce la concupiscenza carnale; il decimo la concupiscenza dei beni altrui. Con parole chiarissime al linguaggio contemporaneo le tre concupiscenze si riassumono nello slogan: potere (superbia della vita), denaro (l’avarizia con il bramare la roba degli atri) e sesso (l’uso sfrenato del sesso), talmente emergenti oggi e anche giustificate come conquista di civiltà da precipitare la ribellione dell’uomo in una situazione peggiore di quella del tempo del diluvio. Come possiamo evitare di entrare nel circolo perverso delle tre concupiscenze? Gesù ci ha consegnato le tre virtù cristiane: castità, povertà e obbedienza, che trovano riscontro nelle tre virtù teologali (amore, speranza e fede). Con la virtù della castità combattiamo l’uso sfrenato del sesso. La castità non nega l’amore e meno che meno la sessualità; invece lo esalta perché coltiva nella persona il desiderio prioritario non del piacere, ma del farsi dono all’altro. La virtù teologale della carità illumina il rapporto di amore tra un uomo e una donna. • Con la virtù della povertà combattiamo non l’uso ma l’abuso dei beni di questo mondo. La povertà tiene viva la virtù teologale della speranza. • Con la virtù dell’obbedienza si annienta la superbia come stile di vita, l"io" al centro. L’obbedienza ci guida a mettere al centro di ogni nostra decisione o azione, Dio e la sua volontà. L’obbedienza illumina la virtù teologale della fede Da un certo punto di vista concupiscenza e idolatria quasi si identificano, si danno insieme; eppure, tra di esse v’è chiara differenza: la prima è una tendenza del cuore che può essere convertita al vero bene dalla grazia; l’idolatria invece è sempre un fatto negativo ed è il vissuto profondo di chi non contrasta le concupiscenze e finisce per riporre il proprio amore soltanto su sé stesso, e trattare le altre persone come mezzi e non come fine. I santi hanno sempre concupiscenza, ma trovano sempre più la via per evadere dal carcere dell’idolatria, non con le loro forze, ma con il sostegno indispensabile della “grazia” (forza trainante delle Spirito Trinitario nel cuore dell’uomo), 2 che li rende capaci di smascherarla e portarla al Cristo redentore. L’idolatria è invece operante quando si rimane chiusi al dono di Dio, riponendo, di fatto, il fine ultimo in sé stessi; essa è pertanto incompatibile con un cammino di santità. L’idolatria indicata, nella Veritatis splendor prima citata può essere intesa in un senso molto ampio: ◊ o come un’idolatria radicale ed esistenziale, consapevole o inconsapevole, • o come un’idolatria della sicurezza, ‼ o come idolo della vittoria * o come una idolatria della discriminazione che distrugge il genere umano, ♪ o come idolatria del vivere quotidiano, che si può definire “della contingenza”, perché la si rinviene in moltissimi modi di vivere e di lavorare di uomini e donne della società contemporanea. • 2 La grazia è l'azione assolutamente libera dell'amore di Dio per la salvezza degli uomini nella persona e nell'opera di Gesù Cristo. Attraverso l'incarnazione del Figlio di Dio in Gesù, avvenuta per puro amore, la grazia si manifesta come una persona storica concreta. Il Dio-uomo Gesù Cristo, che attua in sé la relazione più stretta fra Dio e l'uomo, compie un'opera salvifica universale che è fonte di comunione: con la sua morte e risurrezione egli media una remissione dei peccati e una nuova creazione, efficaci per tutti gli uomini e capaci di stabilire una nuova comunione salvifica degli uomini con Dio. Per mantenere viva la nuova comunione fondata tra Dio e l'uomo, il Padre e il Figlio inviano lo Spirito come amore e come comunicazione personale nel cuore degli uomini: lo Spirito opera interiormente come forza trainante e sostegno permanente, per portare a compimento la grazia di Gesù Cristo. Quale ausilio concreto per mediare questa grazia, lo Spirito di Dio aduna tutti gli uomini che credono in Cristo nella Chiesa. Questa è a sua volta inviata a trasmettere la grazia di Cristo mediante la parola salvifica efficace del Vangelo e mediante i segni salvifici efficaci dei Sacramenti Idolatria esistenziale L’idolatria esistenziale è un esito negativo (come vedremo) della così detta dicotomia esistenziale, con la quale s’intende un vissuto individuale che può subire tagli e lacerazioni in qualunque momento della vita. I primi passi mossi sulla via dell’individuazione di sé stesso in virtù dell’autoconsapevolezza, apportano all’uomo indipendenza e razionalità, ma al tempo stesso lo rendono in grado di percepire la propria solitudine, la propria separazione dai suoi simili e da un mondo nei confronti del quale egli percepisce la propria impotenza. L’insicurezza, l’ansia esistenziale che ne derivano, lo pongono di fronte all’alternativa tra il rinnegare la propria umanità, barattando la libertà conquistata con nuove dipendenze e costrizioni che si trasformeranno nei suoi idoli, ed il progredire sulla strada intrapresa, quella dell’indipendenza e della libertà positiva, che sola può permettergli la propria realizzazione 3. Il progressivo distacco dall’originaria unità con la natura, il suo emanciparsi da quei legami che al tempo stesso lo opprimono e gli danno sicurezza, conduce l’uomo alla conquista di una sempre maggiore libertà. Ma tale libertà, come si può osservare nell’uomo moderno che può considerarsi sommariamente emerso dalle costrizioni della società pre-individualistica, rimane una libertà negativa, quella che Fromm definisce libertà da, che costituisce la precondizione, ma non si identifica, con quella libertà positiva, libertà di, che sola può consentire all’uomo il pieno sviluppo delle sue potenzialità. Il peso di questa libertà negativa lo costringe dunque ad affrontare il paradosso della propria esistenza. E le soluzioni che egli può dare sono riconducibili fondamentalmente a due sole alternative: egli può relazionarsi attivamente al mondo attraverso le proprie facoltà umane di ragione e di amore, oppure inseguire disperatamente la sicurezza rigettandosi nella natura dalla quale è venuto, nelle sue origini di essere animale e pre-individuato, e a spese della propria integrità fuggire dalla libertà conquistata. Se consideriamo il processo di individuazione come la via della libertà incontriamo le “figure dell'alienazione” che predispongono alla idolatria. Impedimento potente al processo di individuazione è la fissazione alla madre, che può essere considerata secondo due punti di vista: da un punto di vista psicogenetico essa è la prosecuzione nella vita adulta dell'attaccamento infantile; da un punto di vista funzionale attuale essa costituisce "one of the 'spiritual' answers to human existence" una delle risposte spirituali all’esistenza umana. 4 Cioè si può vedere la fissazione alla madre anche come una risposta al problema dell'esistenza, un tentativo di risolvere la sua dicotomia esistenziale. Non è solo il bambino impotente e indifeso che si trova nella necessità che qualcuno provveda ai suoi bisogni, ma anche l'adulto, di fronte alla complessità e difficoltà della vita, spesso cerca appoggio e aiuto, fino a sottomettersi a qualcuno che gli prometta totale protezione. Un adulto può sentirsi come un bambino, impaurito dalla solitudine e dalle responsabilità, e può cercare rifugio nella fantasia di un "soccorritore magico (magic helper" Ibid, p. 42) che si prenda cura di lui, che lo conforti e che si offra come figura onnipotente e onnisciente, un idolo, in cui credere e in cui riporre completa fiducia. L'anelito ad una figura onnipotente cui affidarsi e sottomettersi spinge ad una via regressiva l'essere umano che tema il suo cammino di individuazione. Il fenomeno del transfert rivela il tipo di strategia di sopravvivenza adottato da una persona e il tipo di idolo a cui si rivolge. Il transfert (o traslazione) è un meccanismo mentale per il quale l'individuo tende a spostare schemi di sentimenti e pensieri da 3 4 Erich Fromm. Dalle Origini alla Libertà. http://www.homolaicus.com ERICH FROMM-L'Arte di Amare.-OSCAR-MONDADORI, 1992, p. 40 una relazione significante ‘passata’ a una persona coinvolta in una relazione interpersonale ‘attuale’, con un processo largamente inconscio. Vi fu un tempo in cui gli idoli erano animali, astri del cielo, fenomeni atmosferici, manufatti umani. Nel secolo che si è chiuso si sono manifestati in varie figure di dittatori e nel "culto della personalità" dei paesi comunisti. Oggi essi sono il denaro, il potere, il successo e anche valori morali che vengono alienati e poi proiettati, come l'onore, la famiglia, la patria. A livello privato possono diventare idoli l'insegnante, il medico, il capufficio. Idoli del grande pubblico sono gli uomini politici, i campioni dello sport, i cantanti, i divi dello spettacolo. Il bisogno di idoli ostacola il processo di individuazione e favorisce il conformismo 5 sociale. Idolatria della sicurezza 1. La sicurezza dei granai pieni: “Uno della folla gli disse: “Di’ a mio fratello che divida con me l’eredità”. Ma egli rispose: “Uomo, chi mi ha costituito giudice o arbitro tra di voi? “. E disse loro: “Guardatevi da ogni avarizia, poiché non è dall’abbondanza dei beni che uno possiede che è al sicuro la vita”. E disse loro una similitudine: “Il campo di un uomo ricco diede copiosi frutti ed egli pensava tra sé dicendo: Che farò, poiché non ho dove riporre i miei raccolti? E disse: farò così: abbatterò i miei granai e ne edificherò di più grandi e porterò lì tutto il mio grano e i miei beni e dirò alla mia anima: Anima mia, hai molti beni, riposati per molti anni; riposati, mangia, bevi, godi. Ma Dio gli disse: “Stolto, questa notte stessa verranno a prendere la tua anima, e quello che hai preparato di chi sarà?“. Così avviene a chi ammassa tesori per sé e non è ricco presso Dio”. (Luca 12, 13-21) Questo brano del Vangelo mette bene in evidenza la radice profonda di quella che abbiamo chiamato “idolatria della sicurezza”. Questa radice consiste nell’illusione di poter scongiurare attraverso il possesso dei beni l’insicurezza esistenziale della condizione umana. Naturalmente, come dice Gesù, questa è un’illusione destinata all’insuccesso, perché la morte arriva per tutti. Perciò questa illusione di sicurezza è passata dal singolo individuo ad un gruppo di persone, ad una famiglia, ad una città, fino a diventare il sistema economico sociale, che oggi chiamiamo capitalismo. L’idolatria della sicurezza presenta queste due caratteristiche: - l’illusione di esorcizzare l’insicurezza esistenziale della vita umana; - la difesa di un benessere, del possesso di beni, di privilegi esclusivi, con tutti i mezzi possibili compresa la violenza, da parte di una piccola parte di umanità contro tutti gli altri considerati come nemici, ai quali non si riconosce nessun diritto. Il culto del denaro, del potere, del privilegio ha sostituito il culto di Dio. Questa forma di idolatria è stata organizzata all’interno di un sistema in cui il materialismo consumista è messo sul trono come un dio. La sottomissione e il servizio al denaro disumanizza le persone. L’idolatria è la negazione di ogni speranza del futuro. Coloro che trovano la loro sicurezza nello status quo si oppongono in tutti i modi a qualsiasi cambiamento e a un futuro diverso. L’idolatria è una menzogna e può perpetuarsi soltanto ingannando sempre più la gente; presenta l’ordine esistente come l’ordine naturale delle cose ed ogni cambiamento radicale come caos. 5 Con il termine conformismo si fa riferimento a una tendenza ad adeguarsi a opinioni, usi e comportamenti già definiti in precedenza e politicamente o socialmente prevalenti. Questo atteggiamento si può notare nei comportamenti più frequenti come nel modo di vestire o anche negli atteggiamenti comportamentali, o anche nelle idee e nei modi di pensare. L’ idolo della ‘vittoria’ Si racconta che Wellington, percorrendo la sera a cavallo il campo di Waterloo cosparso di cadaveri, dicesse che «dopo una battaglia perduta, la cosa più orribile è una battaglia vinta». Questa frase del vincitore di Napoleone ci fa sentire con forza come, in tanti o forse nella maggior parte dei casi, la vittoria può e deve essere sperata, perseguita e ove possibile ottenuta, ma non può essere mai amata. La vittoria, più che un bene, appare come un male necessario, come un male minore rispetto a mali più grandi che deriverebbero dalla sconfitta. Una vittoria, in certi casi, può far cessare una minaccia di distruzione, porre fine a una barbarie, difendere la libertà, ma non può mai dare la felicità. Quando la Seconda guerra mondiale si conclude, grazie a Dio, con la disfatta del Terzo Reich, è ovvio il senso di liberazione, di festa che prova l'umanità. Ma, proprio in quel momento, si dovrebbe sottolineare l’esigenza di svalutare la vittoria; di non farne un idolo, di non inebriarsene, perché nell'ebbrezza di vittoria, non a caso così coltivata e messa in scena da tutti i regimi totalitari, è forte la seduzione e la tentazione del Male per eccellenza, il Potere, l'istinto di dominare gli altri, piegarli, umiliarli e distruggerli; la perversa strategia di sopravvivere agli altri. Ẻ la superbia della vita la terza concupiscenza che riassume in sé tutte le guerre e gli stermini della storia umana. Il dio che guida come auriga il cocchio dell'eroe può essere spesso il dio danaro. Riguardo al rapporto tra la vittoria e la guerra, il più grande libro che sia mai stato scritto sulla guerra, l'Iliade, racconta una guerra vittoriosa per i greci, popolo cui appartiene l'autore di quel capolavoro. Nell'Iliade la guerra e la vittoria stessa sono certo una celebrazione del valore, ma sono pure un grande lutto, una manifestazione di morte più che di vita e questo vale per tutti, per i vincitori come per i vinti. Non solo chi racconta la guerra e la vittoria, ma spesso anche chi la fa e la produce rivela questa simbiosi di valore, necessità e volontà di vincere e malinconia di vincere. Forse l'unico modo di essere vincitori è saper accettare la propria sconfitta, le proprie sconfitte, pur continuando a combatterle senza compiacersi di esse. Non c'è nulla di più pericoloso che ritenersi vincitori. Ma la più vera e radicale risposta ai gridi di guerra l’ha data per tutti i tempi Gesù: “amate e perdonate i vostri nemici”, “siate come me miti e umili di cuore”, “a chi ti vuole togliere il mantello donagli la veste”, “a chi ti percuote su una guancia mostragli l’altra guancia”. Dal giusto divieto della “discriminazione” alla sua perversa “Idolatria” La discriminazione consiste in un trattamento non paritario attuato nei confronti di un individuo o un gruppo di individui in virtù della loro appartenenza ad una particolare categoria. Alcuni esempi di discriminazione possono essere il razzismo, il sessismo e l'omofobia. Di natura e contenuti specifici è la discriminazione etica. Quello della discriminazione di genere è un problema ad oggi ancora molto diffuso a livello globale, determinante per le politiche di progresso sociale. La distinzione concettuale di genere fa riferimento ai comportamenti sociali determinati dalla differenziazione sessuale e, per quanto possa apparire strano, il concetto di uguaglianza fra i sessi è relativamente recente (in alcuni casi ancora allo stato embrionale). Il diritto all’uguaglianza tra uomo e donna, infatti, è stato sancito nel 1948 con la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, ma in molte parti del mondo è tutt’ora inapplicato. Perché le donne, pur rappresentando oltre la metà della popolazione mondiale e svolgendo i 2/3 del lavoro globale, ricevono solo 1/10 del salario mondiale e usufruiscono delle risorse planetarie per un solo centesimo. In Cina, la tirannia della politica del figlio unico, imposta con mezzi crudeli dal regime politico, ha causato fino ad oggi la uccisione di 36 milioni di femmine con il risultato che ci sono trenta milioni di maschi in cerca di una donna; ciò favorisce la tratta di schiave e la prostituzione internazionale. Se si parla di femminicidio, bisogna segnalare due notizie. La prima è che il fenomeno - seppur diffuso - registra una diminuzione, nonostante possa sembrare il contrario secondo l’attuale risonanza mediatica. La seconda, è ancora più sbalorditiva: la rivoluzione sessuale iniziata nel ‘68 è complice del diffondersi della violenza sulle donne. Esiste una correlazione tra industria pornografica - che ha avuto nella rivoluzione sessuale il suo motore - e violenza sulle donne. Un recente studio pubblicato sulla rivista Violence and victims, curato dall’Università della Georgia negli Stati Uniti, riferisce che la pornografia procura nei maschi una spinta all’aggressività di stampo misogino. La misoginia (dal greco μισεω miseo, io odio e γυνη gyne, donna) indica l'odio o l'avversione nei confronti delle donne - generalmente da parte di uomini, più raramente da parte di donne. La pornografia crea dipendenza e, con essa, preoccupanti conseguenze. «La visione continua e ripetuta degli organi genitali maschili e femminili porta lentamente, senza che l’uomo/donna se ne accorga, ad una inibizione della capacità di eccitarsi mentalmente: lo stesso stimolo sensoriale continuamente ripetuto se all’inizio è eccitante, dopo un certo tempo non lo è più, e il cervello ha bisogno di stimoli superiori». Perciò, il “salto” a un livello di perversione maggiore è breve. «Si deve passare dai soliti film/giornali/siti pornografici “normali” a quelli per esempio con stupri e altre violenze sessuali, o sado-masochisti, o con animali, con bambini ecc.». E una volta che il cervello è assuefatto a certi abomini, in un’infernale viaggio dell’istinto verso gli abissi, «alcuni possono cercare sfogo fuori da questo “ambiente” ed esplodere in episodi di violenza, non solo contro le donne ma, cosa ancora più grave, anche su bambini e bambine» 6. L'omofobia è la paura e l'avversione irrazionale nei confronti dell'omosessualità e di persone gay, lesbiche, bisessuali e transessuali (LGBT), basata sul pregiudizio. Le lobby gay. L’égalité, gridata da Jean-Jacques Rousseau 224 anni fa in memorabili discorsi e realizzata a colpi di ghigliottina dai giacobini, è diventato progressivamente un dogma. Un dogma coattivo con il suo corollario: bisogna costringere l’uomo a essere libero dalla sottomissione alla civilizzazione tradizionale, e per farlo va idolatrato come soggetto razionale eguale, non in quanto creatura di Dio e titolare di commisurati diritti della persona, ma come numero individuo nella catena seriale degli altri numeri. E i numeri come gli angeli non hanno sesso. La risonanza mediatica abilmente orchestrata dalle lobby gay 7 ha creato l’idolo deleterio della discriminazione. L’amministrazione Usa del presidente Barack Obama ha presentato una richiesta formale alla Corte suprema per abolire una legge del 1996 che definisce il matrimonio come un’unione esclusivamente tra un uomo e una donna e che aveva circoscritto il matrimonio alle sole unioni eterosessuali. Si tratta del primo documento di un presidente Usa che appoggia le nozze gay di fronte all’alta corte. Con la decisione della Corte suprema americana (cinque a quattro, signori, è l’aritmetica del progresso!) si timbra, con qualche riserva di metodo e timidezza giuridica, il movimento che abolisce la differenza presente di genere tra le creature umane. 6 Vincenzo Puppo, violenza-contro-le-donne-tra-le-cause-anche-la-pornografia, medico-sessuologo del Centro Italiano di Sessuologia (CIS), lastampa.it/2012/11/21/scienza/benessere/lifestyle. 7 Il fiume di denaro che sostiene in tutto il mondo le rivendicazioni contro natura e in spregio alle norme morali e al bene comune delle lobby gay, provengono dalla fondazione di Bill e Melinda Gates. Bill Gates, fondatore e già presidente di Microsoft, è l'uomo più ricco del mondo Il matrimonio gay negli USA un errore di logica giuridica. 8 «La dichiarazione di incostituzionalità della Corte Suprema degli Stati Uniti del Defense of Marriage Act in quanto “deprivazione di libertà eque” in contrasto con il quinto emendamento sulla difesa delle libertà individuali, è un grave errore di logica giuridica, oltre che una lesione dalle conseguenze difficilmente calcolabili ad un istituto etico della società, prima ancora che giuridico, il matrimonio; istituto da sempre fondativo e strutturante un’ordinata convivenza sociale, le cui basi “naturali” (il legame eterosessuale orientato alla procreazione) riconosceva già il diritto romano, alla luce della semplice ragione naturale, e al netto di ogni illuminazione religiosa. […] Nell’assunto che le coppie eterosessuali e le coppie gay non siano discriminabili in base all’orientamento sessuale, nei loro diritti per accedere all’istituto familiare del matrimonio, che ogni persona avrebbe diritto a metter su (e questa sarebbe la presunta discriminazione da rimuovere), assistiamo ad un “uso ideologico e improprio, in diritto e in fatto”, di una transitività analogica, cioè di una commistione continua, di ciò che va riconosciuto a ‘coppia’, ‘famiglia’, ‘matrimonio’, che sono realtà affatto diverse, e richiederebbero istituti giuridici diversi, anche quando si voglia riconoscere a chi vi sia coinvolto (nella coppia, nella famiglia, nel matrimonio) una base comune, più o meno ampia, di eguali diritti. Al contrario, ciò che discende dalla pronuncia della Corte Suprema Usa è una sorta di “neutralizzazione” familiare dell’orientamento sessuale nella e tramite la famiglia, al fine di poter riconoscere eguali diritti ad eguali famiglie, riducendosi il legame alla pura affettività. Il che appunto non è, perché il legame di coppia, nelle sue basi affettive e sessuali, non è la famiglia. La famiglia è un legame sociale diverso dalla coppia affettivosessuale; tant’è che spesso fattualmente prescinde dalla presenza in essa di un legame di coppia affettivo-sessuale. Facciano o no famiglia, la pregnanza della differenza, anche per rispetto al dato esistenziale che vi si rappresenta, tra le coppie gay e le coppie eterosessuali resta tutta in piedi. E l’istanza di uno stesso istituto giuridico di protezione sociale, il matrimonio, per legami di coppia differenti, non ha quindi quel fondamento antidiscriminatorio che pretende. Né ci si può appellare per questa estensione del matrimonio alle coppie gay ai diritti della persona singola, perché il matrimonio è istituto giuridico che tutela le persone nella loro associazione in vista di un terzo, il figlio; cioè la loro naturalità procreativa, non la loro singolarità desiderante.» La pretesa di uniformare e rendere neutro ciò che neutro e uniforme non è, vuol dire imporre un’equivalenza che non trova fondamento né antropologico né culturale. Non possiamo condividere la deriva di una società che, avvalendosi ideologicamente della teoria del gender, vuole garantire un’uguaglianza eliminando la differenza. Dopo tre millenni in cui la famiglia è sempre stata quella tra un uomo ed una donna, oggi è in corso una battaglia su scala mondiale per scardinare questo fondamento antropologico della società. È in atto una promozione organizzata a livello planetario della teoria del gender. Intanto dobbiamo parlare di diverse teorie del gender, non ce n’è una sola, e questo può confondere: ci sono teorie post-marxiste, o che vengono dal femminismo radicale, che sostengono che le differenze tra uomo e donna dipendono dai canoni della società e devono essere smantellate, mentre la comunità transgender sostiene che il genere è semplicemente quello in cui una persona si identifica. Il momento di svolta, si è verificato in occasione della Conferenza mondiale dell’Onu sulle donne a Pechino, nel 1995. Nella seconda versione del documento preparatorio 8 Eugenio Mazzarella NOZZE GAY Un errore di ragione. (Professore ordinario di filosofia teoretica presso l'Università degli Studi di Napoli Federico II.) 27 giugno 2013 www.il sussidiario.it che fu diffusa a marzo di quell’anno, il termine gender compariva quasi in ogni paragrafo. La cosa passò inosservata. I rappresentanti del mondo pro-life che seguivano i lavori erano concentrati sul problema dell’aborto e non si accorsero del fronte nuovo che si apriva. Mentre era già tutto chiaro, dall’assenza di riferimenti alla maternità, al ruolo di moglie o marito. Tutto era già proiettato al di là delle definizioni di uomo e donna. Da lì il concetto di gender, di identità di genere, è entrato virtualmente in ogni politica delle Nazioni Unite. L’ideologia del gender è una delle più grandi truffe che sono mai state architettate a danni dell’umanità. Cosa recita in sostanza tale tesi, inventata negli anni ’90? Non si è uomini e donne perché nati con certe identità fisiche, ma lo si è solo se ci si riconosce come tali. Quindi il sesso (sex) costituirebbe un corredo genetico, biologico e anatomico, mentre il genere (gender), rappresenta una costruzione culturale, che può essere anche contrario al sesso: se voglio sentirmi donna sarò donna e il giorno dopo posso sentirmi uomo, e allora sarò uomo. Oppure se mi gira posso essere gay, lesbo, trans, bisex e via con una scelta di ben altri “17 generi”, secondo la “Australian human rights commission”. E’ ovvio che tale sciocchezza sia una scheggia impazzita della rivoluzione sessantottina, fa parte anch’essa della ribellione all’autorità, cioè verso tutto quello che ci definisce e che però non è in nostro possesso, come appunto la nostra natura umana. Così è nata questa favola per illudersi di decidere noi chi siamo veramente, eliminando qualsiasi antecedente. La tesi del gender ha anche una chiara origine ateista in quanto è ribellione anche contro Dio, non a caso recentemente Benedetto XVI ha detto in proposito: «La Chiesa ribadisce il suo grande sì alla dignità e bellezza del matrimonio come espressione di fedele e feconda alleanza tra uomo e donna, e il no a filosofie come quella del gender si motiva per il fatto che la reciprocità tra maschile e femminile è espressione della bellezza della natura voluta dal Creatore». 9 Le differenze tra femmine e maschi nel comportamento, nei gusti e nel modo di giocare dei bambini, sono addirittura già presenti fin dalla nascita. Questi sono il risultato della precoce esposizione del cervello agli effetti del testosterone secreto dai testicoli (che determineranno la formazione anatomica degli organi sessuali maschili) o alla sua assenza nelle femmine. L’azione degli ormoni sessuali ha un effetto 9 Philippe Ariño, omosessuale dichiarato da quando aveva 17 anni. Due anni fa, Philippe lascia il compagno con cui stava dal 2009. Nel suo blog L'Araignée du desert, il “ragno del deserto” ci tiene a precisare: “Da allora ho abbracciato la via della continenza che la Chiesa chiede alle persone omosessuali”, in un mondo “sessocentrico” in cui i vocaboli “astinenza” e “castità” appaiono relitti di un passato morto e sepolto alla maggior parte delle persone, qualsiasi sia il loro orientamento sessuale. Racconta che che si è sentito pienamente accolto per quello che è, semplicemente come una persona. Prima di iniziare il percorso che propone la Chiesa non ero felice, e vedevo che non lo erano nemmeno molte delle persone che mi stavano intorno e ho deciso, per la prima volta, di obbedire a quello che la Chiesa chiede alle persone omosessuali. Da quel momento ho scoperto non solo un'unità che non avevo mai avuto prima, ma soprattutto mi sono sentito amato senza dover rinnegare quello che sono. Ho capito che la mia vera identità è quella di uomo e di figlio di Dio, e questo è l'essenziale, poi viene il mio desiderio affettivo, che non nego, perché esiste, ma la Chiesa, dividendolo dalla pratica, lo riconosce e non mi forza a rinnegarlo. Ma non è più il fulcro attorno al quale ruota la mia vita: per la prima volta mi sono sentito veramente felice e responsabile. . Mi sono accorto che quando una persona si riduce a identificarsi nel suo desiderio omosessuale si annienta, allontanandosi da se stesso e dagli altri, mentre la continenza permette di essere pienamente me stesso ma al contempo libero dalla violenza e dalla schiavitù della pratica fisica. La pratica omosessuale è violenta perché annulla completamente la differenza oggettiva tra i sessi che invece la Chiesa è ormai l'unica a far notare. La legge di Hollande è in realtà violentissima, perché banalizza la differenza tra i sessi mettendo tutte le coppie allo stesso livello. Paradossalmente, la legge contro l'omofobia per eccellenza è la più omofoba di tutte: è come se fosse un “contentino” per le coppie omosessuali che ora possono scimmiottare qualcosa che loro, per natura, non potranno mai essere. È una sorta di presa in giro che aggiunge una lacerazione alla ferita di quanti vivono con coscienza la loro vita. Nell'ossessione di equiparare i diritti, si è cancellato con un colpo di spugna ciò che non potrà mai essere uguale. direzionale perché modifica la funzione cerebrale in modo permanente durante un periodo critico delle sviluppo pre-natale e subito post-natale che si manterrà anche nell’età adulta. 10 L’orientamento sessuale e l’identità di genere sono risultati essere correlati a variazioni anatomiche dei nuclei dell’ipotalamo (alla base del cervello) che sono risultati più piccoli negli omosessuali. 11 Questi reperti sono coerenti con il concetto che l’orientamento sessuale e l’identità di genere dipendono da componenti biologiche notevoli e sconfessano la concezione che il genere sia plasmato dalla società. «Discriminare non è sempre qualcosa di cattivo, poiché è semplice atto di giustizia trattare in modo diverso cose diverse. Riconoscere le differenze non significa discriminare, mentre ricorrere ai criteri di eguaglianza e non discriminazione in maniera assoluta può giustificare qualsiasi esito, come quelli di cancellare le diversità di genere o di inventare “nuovi diritti” quali il diritto al figlio, o a disconoscerlo dopo averlo voluto con la fecondazione in vitro (parto anonimo). Definire discriminazione una qualsiasi differenza è dunque un falso egualitarismo in cui non esistono più volti, ma tutto è indistinto, amorfo, intercambiabile e funzionale. Cancellare le differenze reali non è inclusione ma confusione». 12 ”L’amore è amore”, ha detto il Presidente Obama. Non sappiamo quanto abbia ragione, ma la famiglia, certo basata sull’amore, è altro, molto altro. Alla riproduzione e alla cura dei figli l’amore da solo non basta, serve la complementarietà fisica e spirituale di un uomo e di una donna. Di fronte a questo, i tanto invocati diritti individuali contano più o meno del benessere dei figli? contano più o meno del futuro e dell’equilibrio della società? A queste domande non rispondono né i giudici americani, né i benpensanti di casa nostra. Di certo da ora in poi sarà chiesto alle famiglie di tutto il mondo un surplus di impegno e di intelligenza per rispondere a questa congiura contro il matrimonio. La sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti rappresenta l’approvazione ufficiale, da parte di un’autorità civile, di un peccato morale contro natura che dovrebbe essere invece pubblicamente condannato in nome del bene comune. Quando si arriva a definire bene ciò che è male, normale ciò che è anormale, virtù ciò che è vizio, ci si è davvero ormai inoltrati - come affermava Giovanni Paolo II nella sua enciclica Evangelium vitae del 30 marzo 1995 – “sulla strada delle degenerazione più inquietante e della sua più tenebrosa cecità morale”, i cui gravi effetti negativi nella società dalla legittimazione di questo grave male morale, come il comportamento omosessuale istituzionalizzato, non tarderanno a farsi sentire. Discriminazione etica L’Europa del 2013 Negli ultimi anni, diversi elementi testimoniano dei cambiamenti in corso nell’ambito della politica, dell’economia e del diritto. Si assiste ad esempio a una moltiplicazione dei diritti. I cosiddetti ‘nuovi diritti’ – i diritti individuali – che sono proprio il frutto di una società in cui impera l’individualismo, ove tutto quello che è possibile, deve essere reso lecito attraverso il diritto. Questi stessi nuovi diritti sembrano essersi sviluppati parallelamente all’espansione della logica dell’economia nelle nostre società. Di fatto, Doreen Kimura (psicobiologa della Simon Fraser University), Sex Differences in the Brain. Copyright 1999 Scientific American, Inc. 11 Nel 1991, Simon Levay del Salk Institute for Biological Studies in San Diego, e Jiang-Ning Zhou e coll. del Netherlands Institute of Brain Research in Amsterdam riportavano che uno dei nuclei interstiziali dell’ipotalamo anteriore, che in genere è più grande nei maschi che nelle femmine, è più piccolo nei maschi omosessuali rispetto ai maschi eterosessuali. 12 Vittorio Possenti, (filosofo docente presso l’Università Cà Foscari di Venezia), Difesa della giusta differenza. Avvenire, 11 dicembre 2012 10 l’attuale crisi economica e le sue risposte, mostrano chiaramente quanto molto spesso l’economia sta diventando il metro di valutazione di norme e sottrae spazi di decisioni alle persone (e alle democrazie): è spesso il programma economico (e non le questioni di società) ad essere l’ago della bilancia nelle elezioni politiche. Insomma l’economia è diventata l’autostrada attraverso la quale entrano i diritti individuali, il cui paradigma di riferimento è un carattere che non prevede l’interrogativo su che cosa sia la verità. Allo stesso tempo, questo stesso sistema mostra già ora i suoi limiti. L’esperienza quotidiana mostra come questi stessi diritti non riescono a compiere quanto promettono. E’ particolarmente significativo notare come spesso si utilizzi un linguaggio ispirato al diritto - il diritto alla salute riproduttiva per giustificare l’aborto o il diritto all’autodeterminazione o alla morte attiva assistita per giustificare l’eutanasia per affermare una prassi, una cultura della morte che in definitivo è il tentativo dell’uomo di sostituirsi a Dio nell’essere padroni della vita anziché semplici amministratori. Idolatria mediatica. La correttezza politica e ideologica è un mostro dai molti tentacoli, che ha afferrato e imprigionato, fino a soffocarla, l’intelligenza media del pubblico, basta fare la prova Twitter. Mandagli 140 caratteri dotati di una qualche autenticità psicologica, logica, morale, e vedrai quanto fiele sarà vomitato. Certe verità, una volta affermate come idoli della piazza, non sopportano l’emergere delle contro-verità. La reazione è di silenzio e nascondimento oppure di rigetto e odio. Su Twitter compaiono molte cattiverie inutili e un’affermazione potrebbe scatenare un universo di risposte negative. La rete talvolta può rivelarsi una trappola, può scoprire oltre 2 mila scrittori ombra che invadono letteralmente il social network. E può anche far capire quanto si è inadatti al suo linguaggio se decine di migliaia di follower smettono di seguirti. Le Forze di Difesa Israeliane, sono in questi giorni impegnate in una serie di azioni militari contro Hamas - Ne abbiamo visto gli effetti sui giornali. Questa volta i militari d’Israele hanno deciso di fare qualcosa di diverso dal solito per raccontare la propria versione della storia: niente conferenze stampa, ma piuttosto tweet. L’uso degli hashtag (termine della lingua inglese derivante dalla fusione delle parole hash, cancelletto e tag, etichetta) accomuna in modo inquietante l’annuncio della campagna militare alle migliaia di banali tweet dei fan degli One Direction, ed in effetti #Gaza, #Hamas e #Israel sono puntualmente diventati trending topic per ore dopo la pubblicazione del comunicato. L’uso del social media in questo caso è spregiudicato. Tra i vari Tweet ci sono aggiornamenti in tempo reale sulle operazioni di combattimento, descrizioni delle rappresaglie da parte di Hamas e dettagli sulle misure difensive adottate. Il web da, il web toglie. Rapidità e trasparenza, doti essenziali della comunicazione via internet, ma se un pensiero anche storicamente corretto, pubblicato su Tweet è sottoposto a strumentalizzazioni su una frase estrapolata, la persona è inesorabilmente esposta al massacro mediatico della ‘macchina del fango’. Idolatria della ‘contingenza’o della vita normale quotidiana L’idolatria in senso altamente pervasivo si specifica nel suo riferimento a un idolo, cioè a qualcosa di «intermedio» tra l’io e gli altri, atto a catturarne il consenso. Si può identificare con una realtà materiale o spirituale; può essere legata all’agire o al possedere, a quel che si fa per gli altri o a quello che gli altri fanno per noi. Normalmente non c’è bisogno di disprezzare Dio per vivere aggrappati al proprio idolo, ma se le circostanze impongono una scelta, l’idolatria rivela la sua vera faccia. Per esempio, sono molte le ragazze contrarie al divorzio che, ormai non più giovanissime e senza un fidanzato, circuite da uomini sposati, diventano divorziste, rompendo con tradizioni e legami antichissimi. Sant’Agostino percepisce bene che il fenomeno idolatrico va al di là dell’idolatria cosciente. Parla infatti di gente che «adora i propri fantasmi», oppure «senza saperlo amano le cose temporali fino al punto di attendere da esse felicità» (De vera religione, PL 34, 153). L’assoluto idolatrico è più che altro assestato nella superbia della vita, però l’idolo, pur esigendo tutto, anche la vita, per quanto lo riguarda, lascia tanti campi liberi alla soddisfazione delle altre due concupiscenze. Il vero Dio, invece, non lascia spazio alle tre concupiscenze. Forse anche per questo l’idolatria ha sempre un seguito di grandi masse, perché lascia una apparente libertà su tante brame e piaceri. Gl’idoli più comuni sono il lavoro per l’uomo e il marito e i figli per la donna 13. Realtà validissime, ma non ultime (nel senso che non sono quelle determinanti per la salvezza dell’anima), diventano la molla che dà senso all’esistenza. Non dovrebbe essere difficile percepire tutto ciò nella vita normale e quotidiana. La stessa Bibbia ci dice che il lavoro per l’uomo porta le conseguenze della condanna: «Con il sudore del tuo volto mangerai il pane» (Gn 3,19); e così l’uomo e i figli per la donna. «Moltiplicherò i tuoi dolori e le tue gravidanze, con dolore partorirai i tuoi figli. Verso tuo marito sarà il tuo istinto, ma egli ti dominerà» (Gn 3,16). L’uomo per il suo lavoro è capace di qualsiasi sacrificio, così come la donna per i suoi cari. Gli antichi sudavano fisicamente assai più di un professionista moderno, eppure non è il sudore fisico che interessa considerare, bensì la fatica sempre precaria di mantenersi al centro della considerazione altrui; se un professionista perde un cliente sente un’inquietudine profonda, col timore di perderne altri e di fallire: è questo il «sudore» indotto dal peccato originale. Dietro il lavoro c’è sempre il legame significativo con gli altri, il problema del consenso radicale. Molti potrebbero pensare di essere fuori da un problema idolatrico perché non vanno in cerca di successo. Ma è pur vero che l’idolatria più comune nell’uomo — con tutto il suo corredo di rapporti significativi — proviene dal lavoro, come fonte di consenso. È di somma importanza scoprire che ogni lavoro o responsabilità, dalla più semplice e onesta a quelle di alto richiamo, dal lavoro del professionista a quello dello studioso, del teologo, del sacerdote, del giornalista, del politico, nasconde la propria idolatria, il bisogno acuto di amore che lega in qualche «chiesa segreta». Ogni idolo crea una gerarchia propria di valori.. L’adesione necessaria e imperiosa della volontà al fine ultimo fa sì che tutto ciò che riguarda l’idolo si radicalizzi cioè diventi assoluto, mentre il resto rimane relativo, marginale, anche se riguarda il vero Dio e si tratta di un credente affetto da mediocrità spirituale. Così si caricano di assoluto i dettagli del lavoro, o della casa, o, per i giovani, i rapporti di amicizia. Tante divisioni familiari, o nel lavoro, sono dovute alla diversa polarizzazione degli assoluti; ciò che è assoluto per la moglie è relativo per il marito. Per altro verso, tutti possono sperimentare la tenacia e addirittura la frenesia e l’ossessione nel perseguire alcuni obiettivi quando l’assoluto viene contrastato. San Paolo dice di mortificare la parte di noi che appartiene alla terra, fra cui cita «quella avarizia insaziabile che è idolatria» (Col 3, 5): l’idolatria non si ferma mai nel perseguire il suo obiettivo, anche quando sembra momentaneamente appagata; basta un piccolo inconveniente che viene a contrastare le sue pretese per vederla scattare immediata e imperiosa. In quell’avarizia si possono mettere tante cose, più o meno nobili. Si può vedere la dimensione idolatrica nella frenesia che a volte accompagna il bisogno di «successo» che c’è in tutti noi, a ogni livello, anche apostolico. Per il successo si fanno sacrifici immensi, non solo nello sport o nei massacri delle guerre, ma quotidianamente, dove c’è un bisogno recondito di affermazione. Oppure, al contrario: finché il bisogno di un consenso è soddisfatto si vive tranquillamente (una famiglia solida, un lavoro valido, un apostolato fiorente), senza minimamente dubitare che ciò non basta davanti a Dio 13 Ugo Borghello, Liberare l’Amore, Edizioni Ares pp.65ss e davanti agli uomini; il culto dell’idolo copre e sopporta molta indifferenza e molta mediocrità; ma se l’idolo cade insorgono sofferenze inconsolabili. L’idolo diventa così l’alleato dell’Anticristo. Infatti non c’è solo il problema del peccato, ma di come esso dia origine alle iniziative di una malizia superiore. La Scrittura mette in luce la capacità di ingannare propria dell’Anticristo, fino a farsi passare per sacerdote: «Prima infatti dovrà venire l’apostasia e dovrà esser rivelato l’uomo iniquo, il figlio della perdizione, colui che si contrappone e s’innalza sopra ogni essere che viene detto Dio o è oggetto di culto, fino a sedere nel tempio di Dio, additando sé stesso come Dio» (2 Ts 2, 3-4). Certamente la malizia che ci circonda si serve del consenso radicale per ingannarci 14. Angoscia. La frustrazione dell’uomo che non si sente profondamente amato da Dio, può rimanere a livello di mediocrità se l’idolatria è ben compensata, oppure si trasforma in ansia o addirittura in angoscia, con tentazioni di suicidio. L’uomo peccatore è sempre esposto all’angoscia; l’idolo può sempre infrangersi, con conseguenze angoscianti. Se fosse facile cambiare il fine ultimo idolatrico si metterebbe facilmente il cuore in pace con una scelta alternativa, ma il fine ultimo non si cambia per una semplice scelta della volontà. Tanta gente che relega la pratica religiosa ai margini dell’esistenza, quando una disgrazia o i casi della vita abbattono l’idolo, possono cercare consolazione nella fede, ma in genere non la trovano: il cuore rimane legato a un interesse egoistico, senza una vera ricerca di Dio. Chi cerca Dio per consolarsi non cerca Dio, ma sé stesso. Chi invece in qualche modo, più genuino, ha cercato Dio già da prima, se sopraggiunge la sventura può svegliarsi più facilmente a una reale conversione. Alla fine si capirà meglio come la vera salvezza dall’angoscia, quando l’idolo si infrange, è l’incontro con cristiani ben uniti che sappiano accogliere il malcapitato nella loro comunione di amore 15. Idolatria & responsabilità morale. Se ognuno capisse il fenomeno idolatrico attraverso la consapevolezza della propria idolatria e quindi sperimentasse come ci sia impossibile, nonostante mille tentativi, di uscirne perché, solo nello Spirito Santo si può dire «Gesù è il Signore», (1 Cor 12, 3), allora capirebbe che in tanti casi non è questione di virtù o difetti, bensì di idolatria o di amore vero. La presenza di un condizionamento ultimo, spesso ignorato dagli uomini, ridimensiona notevolmente la responsabilità personale, ma non la toglie. Sempre la Chiesa ha sostenuto sia la libertà e responsabilità dell’uomo sia un asservimento esistenziale alla colpa, che rende necessaria l’opera della salvezza. Tre elementi confluiscono in questa sintesi: la nostra prerogativa di creature essenzialmente libere; la tristezza esistenziale del nostro asservimento alla colpa; la gioia di essere stati affrancati in virtù dell’unico Salvatore di tutti. Ciò appare anche dalle condanne di Lutero, Giansenio e Baio (che negano la libertà dell’uomo) e di Pelagio (che nega la necessità della grazia per fare il bene); e anche dall’illusione dell’illuminismo che presume di poter favorire una autentica moralità senza ricorso a Dio. Ma tutto ciò non va contro l’evidenza massima della responsabilità e della libertà; ed è importante che rimanga ben scolpito. «Nessuno, se sano di mente, può dubitarne: il peccato suppone sempre una concreta ed effettiva libertà; non può ritenersi reo di una cattiva azione chi non è realmente in grado di fare altrimenti» 16. Giovanni Paolo II ribadisce questo aspetto della vita morale (Veritatis splendor, nn. 57-60). 14 15 16 Ibidem, pp 67-70 Ibidem, pp. 71ss G. BIFFI, «Liberti di Cristo», Jaca Book, Milano 1996, p. 40. Inoltre è da evitare l’errore sempre più diffuso che fa pensare a una diminuita importanza della moralità oggettiva 17. Sono molti i tentativi fatti dalla filosofia moderna e dalla psicanalisi per rendere soggettivo tutto il valore delle azioni, relativizzando i princìpi immutabili della morale. I cosiddetti «maestri del sospetto» hanno fatto credere che tutte le nostre azioni sono ipocrite, riuscendo però soltanto a non credere più nella verità oggettiva e anche a diseducare la vera soggettività, scatenando l’«individualismo di massa» (l’obbligatoria «libertà» del conformismo idolatrico). In realtà, il senso della verità oggettiva, l’educazione ai valori positivi, rimane di primaria importanza. La responsabilità morale è legata alla coscienza 18, alla presenza ‘innata’ dei primi princìpi del bene nel nostro intimo, e all’educazione, che, per quanto possa essere falsata dalla cultura, mantiene sempre una misura oggettiva della nostra responsabilità. Tuttavia, il Signore vuole fare affidamento sulla nostra cooperazione nell'azione evangelizzatrice: ciascuno deve sforzarsi quotidianamente di far conoscere nel suo ambiente questo messaggio di salvezza e collaborare all’opera redentrice. Perché, come rimarca san Josemaría, (Omelia Il fine soprannaturale della Chiesa, 28-V-1972). non dobbiamo dimenticare che la coscienza può deformarsi colpevolmente, indurirsi nel peccato e fare resistenza all’azione salvifica di Dio. Da qui deriva la necessità di predicare la dottrina di Cristo, le verità della fede e le norme morali; ne deriva anche la necessità dei Sacramenti, istituiti tutti da Cristo come cause strumentali della sua grazia e come rimedi alle miserie proprie del nostro stato di natura decaduta (San Tommaso d’Aquino, S. Th. q. 62, a. 1 e q. 61, a 2). 17 Riconoscere l’oggettività dei principi morali è di fondamentale importanza nell’ambito del comportamento di una persona e delle sue responsabilità. I principi morali sono oggettivi, cioè uguali per tutti gli uomini, perché sono dettati da Dio e sono impressi nel cuore dell'uomo come legge naturale e sono gradualmente riconoscibili da una coscienza retta e bene informata. Questi principi sono anche contenuti nei dodici comandamenti della Bibbia e sono stati completatati dalle beatitudini elencate da Gesù nel discorso della montagna. 18 Benedetto XVI (Joseph Ratzinger) Elogio della coscienza. La verità interroga il cuore. Editore Cantagalli, 2008.