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29 aprile 2009 delle ore 03:10
MONET NEL CHIAROSCURO DEL SOL
LEVANTE
“Mi ci è voluto del tempo per comprendere le mie ninfee, le avevo piantate per il puro piacere di
averle; le coltivavo senza pensare affatto a dipingerle. Non ci si impregna di un paesaggio in un
giorno soltanto...”. Milano accoglie la primavera con i tormenti e le estasi del pittore a Giverny. A
Palazzo Reale...
Monet impressionista, Monet tormentato,
Monet giardiniere di fiori e dell’anima. Correva
l’anno 1883 quando il grande artista,
cinquantenne, acquistava la casa di Giverny, a
nord di Parigi, per trasferirsi definitivamente
lungo la Senna. Era celebre e amato, nel pieno
fulgore della sua attività. Aveva fondato,
chiamando “impressioni” i suoi primi quadri,
un movimento che aveva cambiato la storia
dell’arte. Eppure sentiva che il suo contributo
alla storia dell’arte non sarebbe venuto solo
dalle assolate terrazze a Sainte-Adresse, o dalle
macchie rosse dei papaveri nel verde, o ancora
dalle rarefatte atmosfere delle albe e dei
tramonti, con i loro giochi di luce sulle acque.
Il grande capolavoro, quello della vita, sarebbe
stata la sua passione di sempre: il giardino.
Trasformato da luogo di delizie e di aliti
profumati e roridi in pura utopia di paesaggio
spinto al parossismo. Dalla pittura en plein air
all’idea totalizzante - che lo assorbì fino alla
morte, avvenuta nel 1926 - di rifondare l’arte.
Partendo dai colori vivi e dai paesaggi senza
orizzonte delle stampe giapponesi per arrivare
ai limiti dell’astrattismo. Perfezionando,
emendando febbrilmente quella tavolozza che
Cesare Brandi definì come la “più ricca che sia
mai esistita”.
Quello di Monet fu un lavoro logorante, i suoi
quadri uno spasmo creativo. “Non dormo più
per colpa loro”, scrisse nel 1925, “di notte sono
continuamente ossessionato da ciò che sto
cercando di realizzare. Mi alzo la mattina rotto
di fatica. Dipingere è così difficile e torturante.
L'autunno scorso ho bruciato sei tele insieme
con le foglie morte del giardino.
Ce n'è abbastanza per disperarsi. Ma non vorrei
morire prima di aver detto tutto quel che avevo
da dire; o almeno aver tentato. E i miei giorni
sono contati”. E dire che il giardino dovrebbe
rilassare...
Di giardini e tra i giardini Claude Monet (Parigi,
1840 - Giverny, 1926) aveva già vissuto a
Vétheuil e poi ad Argenteuil. Ma Giverny, con
quella sua languida lontananza dal caos
cittadino e tutto quel verde liquido intorno,
divenne il suo sogno-incubo sospeso sul
chiaroscuro degli stagni ombreggiati dai salici
e ravvivati dalle azalee, il mondo fluttuante in
cui danzavano leggere libellule e ninfee. Questi
colori tenui, freschi come le acque, i salici
piangenti, le ninfee, i ponti giapponesi, i fiori
di ciliegio e gli iris viola, e la storia tormentata
che racchiudono, giungono da oggi a Milano
per la grande mostra, allestita nelle sale nobili
di Palazzo Reale, ideata e curata da Claudia
Zevi con il contributo di Jacques Taddei, Hélène
Bayou, Michel Draguet, Marco Fagioli e
Delfina Rattazzi.
Venti grandi tele prestate dal Museo Marmottan
di Parigi, la maggior collezione di opere del
maestro, dipinte tra il 1900 e il 1923 nel suo
esilio dorato, mentre là fuori si agitava il mondo
sconvolgente e roboante del Cubismo e le
avanguardie. Accanto alle tele, quasi a far da
controcanto, fotografie d’epoca del giardino di
Giverny come doveva apparire all’occhio del
“profano”. Indispensabile il confronto diretto
tra le opere del maestro e le stampe giapponesi
- di Hokusai e Hiroshige, dal Museo Guimet di
Parigi - che influirono sulla concezione estetica
e umorale nei suoi ultimi anni.
Le immagini dal mondo fluttuante, ukiyo-e
nella tradizione del Sol Levante, sono già state
viste a Milano in altre mostre, ma qui si potrà
assaporare - visto che il pittore ne fu il maggiore
collezionista - la lettura tutta particolare da lui
compiuta del paesaggio e della natura. Tra le
vedute del Monte Fuji e i fiori di Hokusai, sulle
acque e sui ponti di Hiroshige, nei giardini
giapponesi ritratti in preziose fotografie
ottocentesche dipinte a mano.
Monet e il Giappone. Il tempo delle Ninfee
Milano, Palazzo Reale
Orario: dal 22 - 27 aprile ore 9,30-22,30. Fino
al 21 giugno ore 9,30-19,30; lunedì ore
14,30-19,30; giovedì ore 9,30-22,30
Catalogo Giunti
Info: tel. +39 02875672; www.comune.milano.
it/palazzoreale
indice dei nomi: Delfina Rattazzi, Jacques
Taddei, Michel Draguet, Marco Fagioli, Claude
Monet, Claudia Zevi, Hélène Bayou,
Hiroshige, Hokusai
Di Monet la velatura malinconica e ossessiva
sarà compresa, in tutta la sua genialità, solo da
Picasso - che nel ‘44 ne riconobbe il contributo
come decisivo per la pittura moderna al pari di
quello di Cézanne - e dai grandi
dell’Espressionismo astratto. Che faranno
propri, di Monet, non solo l’estasi, ma anche il
tormento.
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elena percivaldi
*articolo pubblicato su Grandimostre n. 4. Te
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dal 29 aprile al 27 settembre 2009
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