tecniche di orientamento e manipolazione del

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tecniche di orientamento e manipolazione del
TECNICHE DI ORIENTAMENTO E MANIPOLAZIONE
DEL PENSIERO DI MASSA
Di Marco Scalabroni per Explico
INDICE
La comunicazione oggi
Sondaggi e opinione pubblica
Privacy e marketing
Aziende e marketing
Pag.
Pag.
Pag.
Pag.
2003
I diritti d'autore della pubblicazione appartengono a Marco Scalabroni.
Tale opera è rilasciata sotto un regime di copyleft, il che significa che potete copiare, utilizzare o distribuire il
contenuto a patto che sia citato l’autore ed il link di provenienza: www.explicoitalia.com
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1
La comunicazione oggi
I media, ossia i mezzi di comunicazione, si collocano all’intersezione
di
tre
ordini
comunicare,
di preoccupazioni:
da
inscriversi
in
innanzitutto
una
una
dimensione
volontà
di
antropologica
intrinseca all’umanità, quindi uno sviluppo tecnico, che si identifica
in un primo tempo con l’invenzione della scrittura e con i progressi
delle
tecniche
di
argomentazione
nell’antichità,
infine
una
combinazione di circostanze storiche che consentono alla volontà di
comunicare di attualizzarsi attraverso degli strumenti tecnicamente
efficaci.
La dinamica dello sviluppo e della crescita d’influenza dei media e
l’importanza che hanno assunto in certe epoche (la nascita delle
Città-stato in Mesopotomia, la Repubblica romana, il Rinascimento),
così come il relativo declino di cui sono stati oggetto in altre (il
basso Medio Evo, per esempio), si pongono nell’esatto punto in cui
s’intrecciano queste tre dimensioni.
Fin dall’antichità le tecniche utilizzate per comunicare erano
sospettate
di
essere
uno
strumento
di
manipolazione
dei
comportamenti, così come della “verità”.
Già allora alcuni le consideravano “un mero strumento, al servizio
di non importa quale causa”, mentre altri vedevano in esse la fine
di ogni autentica conoscenza.
La
retorica
ebbe
una
prima
deviazione
“tecnicistica”
con
l’insegnamento dei sofisti (intorno al 450 a.C.), i quali sostenevano
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l’onnipotenza della parola e dell’argomentazione, parallelamente ad
una filosofia secondo la quale non esiste una “verità in sé”, ma solo
delle opinioni relative.
I sofisti utilizzarono figure retoriche imparate a memoria come
strumenti sterili e formali al servizio del potere.
Prendendo a pretesto questa deviazione dei “tecnologi”, come li
definiva Aristotele, Socrate e Platone condannarono qualsiasi forma
di organizzazione del discorso che non poggiasse preventivamente
sulla ricerca della verità.
Per Platone la retorica non era un’arte di comunicare, ma solo un
gioco
stilistico,
il
cui
scopo
era
di
raggiungere
una
certa
piacevolezza della forma.
Si può affermare che nell’antichità gli intellettuali facevano ricorso
alla scrittura e alla retorica non come strumenti di comunicazione,
ma come mezzi di divulgazione della verità a vantaggio di chi era in
grado di riconoscerla.
La questione dibattuta e per certi versi ancora da stabilire risiede
nel come e nel quando la comunicazione assume il valore centrale
che oggi ha nella nostra società.
Il filosofo Gianni Vattimo, fine osservatore della “società della
comunicazione”, non dice nulla delle sue origini, se non che forse
essa incarna alcuni ideali del secolo dei Lumi.
Jean-Francois Lyotard non va oltre l’indicazione di una traccia,
ovvero
il
parallelismo
tra
la
fine
delle
“grandi
esaltazioni”
ideologiche e alcuni caratteri della modernità, tra cui il vorticoso
sviluppo dei new media.
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Non può essere convincente il paradigma determinista propagato
da Marshall MacLuhan, secondo il quale le tappe dello sviluppo della
comunicazione (scrittura, stampa, media moderni) sono alla base
delle grandi trasformazioni sociali e culturali.
È una spiegazione parziale, perché se si descrive l’uomo moderno
come il puro prodotto delle tecniche che utilizza lo si trasforma in
un giocattolo passivo in balìa degli avvenimenti.
In realtà il tema dell’individuo che vive solo, circondato da
molteplici “robot”, tenendosi in contatto con i suoi simili solo
mediante “macchine per comunicare”, non ha atteso lo sviluppo
della telematica e delle reti informatiche per essere formulato con
grande chiarezza, almeno vent’anni prima della loro effettiva
scoperta da parte degli ingegneri.
Già negli anni quaranta il padre della “cibernetica”, Norbert Wiener,
aveva preconizzato buona parte dello sviluppo futuro dei mezzi
tecnologici.
Se è vero che “l’uomo ha sempre comunicato”, oggi però la
comunicazione è di fatto un valore a sé stante: l’uomo non
comunica più per vivere, ma vive per comunicare.
Una delle tendenze attualmente più marcate è quella che spinge gli
individui
verso
una
crescente
personalizzazione
delle
proprie
esigenze.
A queste dinamiche di demassificazione presenti nel corpo sociale le
aziende
rispondono
con
l’abbandono
delle
regole
della
standardizzazione e della serialità.
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Gli strumenti più idonei a soddisfare tale esigenza sono quelli offerti
dal direct marketing (direct mail, telemarketing, new media) che
consente
di
selezionare
messaggi
e
pubblico
adeguando
la
comunicazione alle esigenze individuali dei destinatari.
Le potenzialità aperte da Internet e dai CD- Rom spingono verso la
one to one comunication, cioè verso la ricerca di una comunicazione
interattiva e mirata sul singolo individuo.
Il simbolo di questa comunicazione “personale” è costituito dal
cellulare.
Secondo l’Istat, dal 1997 al 2002 il numero delle famiglie italiane
che non ha una linea fissa e in cui si usa solo il telefonino è passato
dall’1,8% al 13,1 %.
Quasi tre milioni di famiglie italiane usano solo il cellulare e non
hanno telefono fisso.
In Italia 84 persone su cento hanno un telefono cellulare (in Europa
siamo secondi solo al Lussemburgo).
Secondo Luigi De Vecchis, amministratore delegato di Siemens
Mobile Italia, “nelle seconde case si preferisce sempre più il
cellulare alla linea fissa e con l’avvento del prepagato è cambiato il
rapporto interno alla famiglia. I genitori pur di tenersi in contatto
con i figli gli regalano il cellulare fin da ragazzini. Questo è ormai un
dato culturale che fa prevedere un incremento del “mobile” in
futuro, favorito da foto, audio e video”.
La svolta che secondo alcuni ha impresso l’acceleratore all’acquisto
dei cellulari, è avvenuta nel 1999, allorché Wild per prima, seguita
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poi dagli altri gestori, ha cancellato l’addebito dello scatto alla
risposta.
Maria
Malucelli,
docente
di
Psicologia
Clinica,
sostiene
che
“l’aumento considerevole dei cellulari che circolano in ogni famiglia
è un dato che denota quanto si abbia bisogno di attivare un sistema
di controllo su se stessi e sugli altri. Se è vero che il telefonino ti
può aiutare in situazioni di pericolo è anche vero che ormai è
diventato troppo spesso uno strumento per colmare una sensazione
di vuoto e solitudine”.
In questo contesto la telefonata diventa gesto automatico, fino al
parossismo dell’ossessione: basta pensare a quanti ragazzi sperino
quasi nel rosso al semaforo per poter “messaggiare”.
Sempre
secondo
la
Malucelli,
si
è
ormai
passati
ad
una
comunicazione che privilegia l’informazione e poco l’emozione, non
tenendo conto affatto dei tempi dell’io: penso, sento e mi
comporto.
Non è escluso tuttavia che tra “fisso” e cellulare le parti non
possano in futuro invertirsi.
Quest’anno la Telecom ha lanciato infatti un nuovo tipo di telefono
di casa, con uno schermo doppio rispetto a quello dei cellulari di
ultima generazione, schermo con il quale è possibile parlare in
video oppure lasciare giù lo schermo e parlare al telefono
normalmente.
Secondo
Riccardo
Ruggiero,
responsabile
della
rete
fissa
di
Telecom, “nel giro di qualche anno questo oggetto sarà diventato di
uso assolutamente comune.
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E quindi, quando si vorrà chiamare un collaboratore da un'altra
parte dell’Italia, si potrà vederlo e aiutarsi con la faccia (come
facciamo tutti) per rincuorarlo, complimentarlo o sgridarlo. Ma si
potrà anche fare il micione con la moglie o la fidanzata. La
rivoluzione è questa. Come ad un certo punto è morta la tv in
bianco e nero ed è arrivata quella a colori, così ad Aprile 2004
morirà il vecchio telefono e nascerà il video-telefono per tutti. Con
possibilità di mandare messaggini, anche con immagini, suoni,
ecc.”.
Tutti i sistemi di comunicazione concorrono a veicolare una mole
impressionante di informazioni, dinanzi alle quale c’è da chiedersi
se può esistere un margine per discernere e “scegliere” quali
sentiamo consone e interessanti e quali no.
Pensiamo infatti ad una pila di libri alta nove metri. Messa su carta,
è la quantità di parole e immagini che bersagliano ogni singolo
abitante del pianeta in un anno: ottocento milioni di caratteri, 40
volte l’opera completa di Shakespeare.
Il dato proviene da uno studio dell’università di Berkely, in
California, sulla mole di informazioni circolanti nel mondo.
Il totale porta qualcosa come 5 esabyte di dati, un numero che si
scrive con 18 zeri e che rappresenta il contenuto di centinaia di
miliardi di pagine dattiloscritte.
Se si considera il flusso dei dati in movimento, cioè quelli che
scorrono via telefono, radio, televisione, Internet, solo nel 2002
assommano a 18 esabyte.
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Il
termine
“mediaplanning”
indica
l’insieme
di
operazioni
di
selezione dei mezzi sui quali dovrà comparire una campagna
pubblicitaria, che deve rapportarsi con il quantum di comunicazione
moderno.
Eppure, non si può dire che la moderna comunicazione sia un treno
lanciato in discesa, secondo l’immagine di Popper.
Basti pensare alla cosiddetta informazione on-line, il costante
monitoraggio degli eventi del mondo da mettere a disposizione
degli utenti del web.
Essa è fatta da redazioni di giornalisti, pronta ad aggiornare
costantemente il lettore, con notizie nuove ad ogni minuto, con
servizi speciali e canali tematici di approfondimento.
Ma dopo il boom degli esordi, la crisi della new economy ha
trascinato con sé anche l’informazione on-line, con vere e proprie
crisi occupazionali.
I quotidiani italiani che intorno al 2000 avevano dato vita a
redazioni on-line con una media di 10 giornalisti, ora hanno
dimezzato il personale.
La crisi è dovuta principalmente alla drastica diminuzione degli
investimenti pubblicitari.
IAB Italia (Interactive Advertising Bureau), ACPonline (Associazione
delle
Concessionarie
di
Pubblicità
on-line)
e
PricewaterhouseCoopers (società che raccoglie ed elabora i dati per
conto di IAB E ACPonline) hanno fornito i dati relativi agli
investimenti pubblicitari su internet (considerando tutto il web, non
solo le pagine di informazione) nel 2002. I dati raccolti con le
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dichiarazioni di 22 concessionarie (che rappresentano la quasi
totalità degli operatori) rilevano che gli investimenti del 2002
ammontano
a
99.452,54
euro.
Rispetto
ai
dati
del
2001
(106.850,29 euro) si è rilevata una flessione del 6,9 per cento. I
banner costituiscono ancora la tipologia pubblicitaria più utilizzata,
anche se rispetto al 2001 le cifre di investimento su questa forma di
sponsor
sono
diminuite
del
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per
cento
rispetto
all’anno
precedente, mentre gli investimenti nella pubblicità via e-mail e
newsletter sono cresciuti del 17,7 per cento. «I dati raccolti
mostrano che è ancora in atto una evoluzione degli investimenti
sulle
principali
tipologie
disposizione
degli
ampiamente
previsto
di
investitori
nel
comunicazione
su
Internet.
passato,
si
pubblicitaria
Come
rileva
era
a
stato
nuovamente
la
contrazione del peso della comunicazione mediante banner (erano
circa l’80 per cento nel 1999 mentre oggi scendono al 49 per cento)
e
sponsorizzazioni
a
favore
di
altre
e
nuove
tipologie
di
comunicazione pubblicitaria che vanno nella direzione di una
progettualità più evoluta e più coerente con le caratteristiche del
mezzo. In notevole aumento anche l’e-mail advertising».
Secondo l’osservatorio della
pubblicità
su
internet di IAB e
ACPonline «i dati raccolti confermano che l’on-line è un mercato,
per la pubblicità, che non ha ancora raggiunto i livelli e le
aspettative di sviluppo adeguati alle sue potenzialità, soprattutto in
relazione alle crescite che le audience di internet hanno evidenziato
negli ultimi due anni. Questo fatto evidenzia che il mercato deve
ancora porre la giusta attenzione a questo mezzo relativamente
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nuovo, le cui dinamiche forse non sono ancora state interamente
comprese».
Visto che l’investimento pubblicitario è l’unica fonte di guadagno
per chi possiede un sito, si aspetta l’avvento di una forma
promozionale tipica del mezzo di comunicazione, «più evoluta e
coerente» in grado di riportare le aziende di credere nell’efficacia
dell’advertising in internet. Anche perché per ora non è possibile
stimare realmente che influenza produca la pubblicità in internet nei
clienti. Per vedere ciò bisognerebbe progettare una campagna
pubblicitaria solo attraverso il web, senza toccare altri network,
mentre oggi chi sponsorizza la propria merce o servizi via internet è
presente anche in altri mezzi. L’opinione diffusa tra gli investitori
rimane che fare pubblicità on-line non conviene.
E i contenuti dei “giornali” on-line, di che tipo sono? L’informazione
elettronica può essere accusata di essere generalista, di non fornire
un orientamento al lettore. Troppo frettolosa, notizie corte, molte
volte solo lanci delle agenzie di stampa, queste le caratteristiche
principali. D’altronde un sito web non può dedicare lo stesso
approfondimento
di
un
quotidiano,
però
lo
batte
nella
specializzazione. I siti d’informazione offrono dei canali tematici
riguardanti materie specifiche in cui attraverso una rapida ricerca si
può consultare un documento, come per esempio il testo di una
legge, che nei giornali cartacei non ci sono. Così l’informazione online ha due nature diverse. Offre la possibilità di consultare
velocemente cose più difficilmente reperibili su carta, ma per
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quanto riguarda gli avvenimenti immediati dà la notizia senza
commento. È un’informazione priva di orientamento, anche la
versione on-line dei quotidiani cartacei difficilmente tende a dare
una collocazione alle notizie. In questo modo l’informazione su
internet rimane inferiore a quella stampata, certo è in vantaggio
per quanto riguarda l’aggiornamento ma il suo servizio rimane
incompleto. La questione della mancanza di orientamento si collega
al problema economico. Se mancano i fondi logicamente si
restringono le redazioni e le possibilità di offrire un buon servizio.
L’informazione on-line deve sottostare alle regole dell’editoria. Sì
discute molto della libertà di internet. All’esordio si diceva:
«Finalmente il pensiero può circolare liberamente, senza sottostare
alle ferree regole del giornalismo tradizionale», senza preoccuparsi
del caos che troppa libertà rischiava di creare. La nuova legge
sull’editoria (62/2001) prevede la registrazione in tribunale delle
testate on-line, parificandole a quelle su carta. Con una distinzione
fondamentale
però:
non
tutti
i
siti
devono
registrarsi
obbligatoriamente. La legge sull’editoria è stata modificata da una
norma comunitaria che chiarisce: «l’obbligo di registrazione della
testata editoriale telematica si applica esclusivamente alle attività
per le quali i prestatori del servizio intendano avvalersi delle
provvidenze previste dalla legge 62/2001 o che comunque ne
facciano specifica richiesta». Traducendo, si fa distinzione tra siti
amatoriali di informazione prodotti da singoli, dalle pagine degli
editori dei grandi giornali nazionali, o comunque da chi intende
pubblicare un lavoro svolto da professionisti.
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Scarso investimento pubblicitario, riduzione delle redazioni, bassa
qualità dell’informazione. Così si presentano i siti investiti dalla crisi
dell’editoria on-line. Una serie di eventi concatenati, che hanno
portato l’offerta informativa della rete a basso livello, a fronte di un
offerta che ancora regge. I lettori del giornale on-line resistono,
continuano
a
cliccare
sulle
pagine
web
d’informazione,
lo
dimostrano il numero dei contatti che registrano i siti.
Secondo
i
calcoli
effettuati
da
Nuova
Audio
Web
(link:
http://www.ilte.net/mercati/tlc_e_internet/numeri.asp?CAT=ID&ID
=6) che ha monitorato i maggiori siti di informazione, nel maggio
scorso Repubblica.it ha avuto più di un milione di “visitatori” e il
Corriere.it 835mila. Anche Il Nuovo che nell’ultimo periodo ha
dovuto affrontare problemi dovuti al cambio di proprietà ha
ottenuto 300mila contatti, certo molti di meno rispetto ai due
maggiori
quotidiani
nazionali,
ma
dei
dodici
siti
presi
in
considerazione, occupa il settimo posto.
Ma quanto può durare l’affezione del lettore a dei siti, diventati così
poco informativi? Mentre gli editori attendono che il mercato
finanziario si riassesti e le aziende pubblicitarie ricomincino a
investire sulle pagine web, i notiziari on-line che non hanno chiuso i
battenti vegetano privi di ogni linfa vitale.
In Italia il segnale della crisi è dato dalla diminuzione dei quotidiani
in rete. Secondo l’osservatorio dell’informazione on-line (link:
http://www.ipse.com/) i quotidiani italiani presenti in internet a fine
2002 erano 102, tre in meno rispetto a un anno prima. Tra i 102
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presenti bisogna separare quelli che offrono un aggiornamento
costante durante le 24 ore, da quelli che riportano i contenuti del
giornale su carta. I primi sono: L’Unità, La Repubblica, Il Corriere
della Sera, La Stampa e Il Giorno, Il Resto del Carlino e La Nazione,
gli
ultimi
tre
uniti
all’interno
dello
stesso
sito
(link:
http://www.quotidiano.net/).
L’osservatorio Ipse.com ritiene che la diminuzione delle testate sia
da attribuire alla mancanza di investimenti pubblicitari. «I gruppi
editoriali (come Rcs, l’Espresso, il Sole 24Ore, Class, Caltagirone e
Monrif), che non si sono limitati a riproporre su Internet in modo
automatico i contenuti dei giornali su carta, ma hanno costituito
redazioni più o meno ampie per produrre contenuti ad hoc per la
rete, nel 2002 hanno dovuto fare i conti con la pesante flessione
della pubblicità on-line, principale fonte di ricavi per i giornali su
Internet. Dalla crisi, gli editori hanno cercato di uscire in due modi:
tagliando i costi (riducendo o eliminando le redazioni) e adottando
un diverso modello di business basato sugli abbonamenti on-line».
Le cose non vanno meglio per i siti che non portano il nome di un
giornale. Infatti,
sebbene
la
sopravvivenza
dei
quotidiani
in
versione on-line non produca guadagno per gli editori, essa viene
tenuta in vita e curata per garantire la presenza della testata su
Internet, ma lo stesso non è garantito per i portali che non sono
espressione immediata dei giornali di carta, o almeno hanno un
nome diverso.
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Esperienza significativa nel panorama dei giornali on-line è Il Nuovo
(link: http://www.ilnuovo.it/), quotidiano di informazione presente
esclusivamente sul web. Non ha alcun corrispettivo cartaceo. Nato
nell’ottobre 2000 come nuova frontiera del giornalismo non ha mai
pienamente raggiunto il suo obiettivo. Oggi il portale vive una
situazione di crisi. Ha appena affrontato il cambio di proprietà, (da
EBiscom è passato a Hdc di Crespi) e da tempo ha dovuto
rinunciare alle ambizioni originarie, per esempio il telegiornale via
web, esperimento che non ha avuto fortuna. «Il primo quotidiano
indipendente», come recita la testata, doveva essere il progetto
multimediale che consolidava il rapporto tra informazione e Internet
in Italia. Ora non naviga in buone acque, c’è stato il cambio di
proprietà a gennaio del 2003 e la redazione è stata ridotta a causa
della
chiusura
del
telegiornale.
Si
trattava
di
un
notiziario
accompagnato da immagini rimasto in vita due anni, che non ha
avuto il successo prospettato dagli ideatori. I giornalisti, tutti
professionisti, essendo la testata regolarmente registrata, sono
meno di quaranta. Non si è ancora arrivati al licenziamento del
personale, ma nonostante che dal punto di vista informativo Il
Nuovo riesca ancora a far concorrenza alle testate on-line dei
grandi quotidiani, mancano gli investimenti pubblicitari, mancano
quindi le premesse per sviluppare il progetto. Peggiorata anche la
situazione di Kataweb. A cause dei problemi finanziari de l’Espresso
e dei conseguenti restringimenti, oggi la redazione del portale è
ridotta a non più di trenta giornalisti, la metà di quanti ce ne
fossero all’inizio. Gli spostamenti in altre testate del gruppo si
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stanno verificando da un anno a questa parte, quando l’editore ha
deciso che Kataweb pesava troppo nel bilancio in rosso del gruppo.
Gli ex giornalisti dell’on-line, non sono stati licenziati, ma inseriti
all’interno di altre redazioni, per esempio in quella di Repubblica.it,
o nelle testate locali di Repubblica.
Originariamente,
oltre
alle
“news”,
il
rullo
di
informazione
aggiornato costantemente, Kataweb ospitava una serie di canali di
approfondimento su varie materie. Piano piano, i canali stanno
diminuendo. Aprendo Kwcinema non si trova nulla. C’è scritto che il
canale si sta rinnovando, ma in realtà la redazione cinema non
esiste più. Questo è stato uno dei tagli effettuati. Il canale cinema,
come il canale scuola, erano considerati dei doppioni del sito di
Repubblica, (dello stesso gruppo) così è stato uno dei primi ad
essere
eliminato.
Anche
il
canale
musica
è
stato
ridotto
drasticamente. Rimane on-line perché ha un contratto con la
compagnia di telefonia mobile Wind, per l’invio degli sms con
notizie di musica, ma non va oltre questo. Rimangono i concerti live
via web, ma dall’originario sito ricco di iniziative, di notizie per tutti
gli appassionati di musica è rimasto ben poco. D’altra parte la
redazione del settore musica drasticamente diminuita non può
garantire un servizio completo.
Kataweb è andato in rete a fine gennaio ’99, quando il gruppo de
l’Espresso
ha
deciso
di
puntare
su
Internet.
La
“missione”
dell’operazione era «sviluppare tutte le potenzialità pubblicitarie e
commerciali offerte dalla rete». Così aveva annunciato il gruppo nel
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lontano
1999,
quando
l’apertura
del
sito
di
informazione
rappresentava per il consiglio d’amministrazione presieduto da
Carlo Caracciolo, un’ottima opportunità per «coprire tutte le aree di
attività e di sviluppo del settore con la massima flessibilità, anche
mediante alleanze strategiche e azionarie».
Già nel 2000 Kataweb aveva fatto chiudere il bilancio del gruppo
editoriale in rosso, il sito aveva perso 71 milioni di euro, dimezzati
poi a fine 2001. La causa di questo disastroso bilancio il calo del
fatturato pubblicitario. Così si è decisa un massiccio intervento di
ristrutturazione nell’area Internet del gruppo. Nel 2002 sono state
chiuse le attività all’estero di Kataweb e si è proceduto al
progressivo
disimpegno
dell’e-commerce.
I
costi
operativi
di
Kataweb sono scesi del 58 per cento e l’organico è sceso di 152
unità (Nel 2000 i dipendenti erano più di 400). I numerosi tagli al
sito hanno prodotto la riduzione delle perdite, a fine 2002 attestate
intorno ai 17milioni di euro. A settembre 2002 Rodolfo De
Benedetti,
amministratore
l’attaccamento
del gruppo
delegato
a
della
Kataweb.
Cir,
ha
«Crediamo
espresso
in
questo
business - ha affermato De Benedetti – abbiamo ridotto i costi fissi
in modo drastico quest’anno e continueremo a farlo. Ci sono
peraltro segnali di miglioramento della raccolta pubblicitaria in
Internet, anche se per adesso sono deboli». La perdita sta
diminuendo sempre più (nei primi tre mesi del 2003 ammontava a
3,4 milioni di euro), ma Kataweb, seppure ancora in linea, non è un
sito informativo completo, manca della completezza che lo avevano
caratterizzato come uno dei maggiori portali di informazione
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italiani, per completezza, originalità e innovazione dei contenuti, e
di certo non ha esaudito i “sogni” de l’Espresso per il quale è
diventato una fonte di perdita.
E che futuro c’è per Caltanet? Il portale di Caltagirone, che da aprile
2000, quando è approdato in rete doveva diventare «il sito che
semplifica la vita». Fino ad ora ha complicato quella dei suoi
dipendenti. La testata, che non è mai stata registrata in tribunale,
ha assunto il personale di redazione, non con un contratto
giornalistico, ma con quello dei metalmeccanici. Caltanet è rimasto
al verde e nel corso del 2002 ha licenziato nove persone. Ora la
situazione è complicata, la proprietà non si esprime chiaramente
nei confronti dei dipendenti rimasti. Potrebbero essere licenziati
tutti e chiudere il sito o rimanere tutto com’è.
Il sito si presenta scarno e assolutamente poco informativo. La
parte delle notizie è ridotta ad una serie di lanci dell’agenzia
«AdnKronos», una redazione non esiste più. La collaborazione con il
Messaggero e il Mattino, grazie alla quale l’informazione avrebbe
occupato uno spazio importante del sito, non è mai avvenuta.
Doveva esserci una collaborazione tra i giornalisti di Caltanet e
quelli dei quotidiani, nella stesura di articoli da riversare in rete. Il
Mattino e il Gazzettino si sono rifiutati di spedire le loro notizie su
Internet e il sito è rimasto abbandonato a se stesso. Con non più di
50 persone tra tecnici e giornalisti, nei giorni d’oro, cioè appena
iniziata l’avventura, era difficile garantire un livello di informazione
tale da entrare in concorrenza con le testate on-line più “cliccate”.
2003
I diritti d'autore della pubblicazione appartengono a Marco Scalabroni.
Tale opera è rilasciata sotto un regime di copyleft, il che significa che potete copiare, utilizzare o distribuire il
contenuto a patto che sia citato l’autore ed il link di provenienza: www.explicoitalia.com
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Che dire ora che l’unica attività giornalistica consiste nell’inserire
nel sistema editoriale delle notizie già confezionate?
Ma Caltanet non ha mai avuto come obiettivo principale la
creazione di un sito d’informazione modello. È stato progettato e
lanciato in rete in fretta per quotare in borsa il gruppo Caltagirone.
Questo lo scopo dei proprietari, raggiunto nel giugno 2000. Da
allora gli investimenti sul sito si sono ristretti sempre più.
Caltagirone è stato denunciato dalla Fnsi, la Federazione nazionale
della stampa, per non avere rispettato la legge sull’editoria.
Assumere giornalisti con un contratto da metalmeccanici è contro le
regole. Se si fa informazione si deve sottostare alle leggi in materia.
Questo il parere della Fnsi. Senza la registrazione viene meno la
tutela dei dipendenti, che come nel caso di Caltanet si sono trovati
senza un posto di lavoro da un momento all’altro, perché il gruppo
era in crisi economica.
Quello della tutela dei giornalisti dell’on-line e delle garanzie in
merito allo svolgere informazione in rete, rimane una questione
controversa, non ancor risolta, come dimostra chiaramente il caso
di Caltanet.
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SONDAGGI E OPINIONE PUBBLICA
Cos’e’ un sondaggio?
Se prendiamo lo Zingarelli troviamo: ”Indagine, inchiesta, compiuta
per conoscere qualcosa”, e ancora “Procedimento di raccolta di dati
individuali per campione”.
Al di là di queste definizioni che possono apparire asettiche ed
innocue, esiste una valenza ben diversa del sondaggio, che si è
imposto di fatto come strumento di potere e di pressione presso
l’opinione pubblica.
I sondaggi d’opinione si distinguono dalle indagini di mercato
perché non si limitano a registrare gusti, abitudini, scelte della
popolazione al fine di impostare le campagne pubblicitarie o
decidere la strategia di marketing e di produzione, ma pongono
domande riguardanti i personali convincimenti su questioni sociali,
politiche, etiche. Visto però che di fatto un certo habitus mentale e
sociale influenza i comportamenti che si tengono dinanzi allo
scaffale del supermercato, i sondaggi finiscono per sovrapporsi e
sostituirsi alle stesse indagini di mercato.
Secondo Renato Mannheimer (Corriere della Sera del 21-7-1998) “il
sondaggio ha finito ormai con l’assumere un ruolo centrale nel
dibattito politico del nostro paese…proprio per questo è importante
ricordare che la capacità di una ricerca di riprodurre fedelmente la
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reale distribuzione delle opinioni dipende da una serie di
caratteristiche tecniche ( l’ampiezza ma, specialmente, le modalità
di estrazione del campione, la tecnica di intervista, ecc.)…in
definitiva i sondaggi costituiscono, specie dopo la caduta delle
ideologie e in un momento di globalizzazione culturale, strumenti
utilissimi – e anche divertenti – per comprendere e governare il
mutamento politico e sociale. A patto che se ne faccia uso
documentandone adeguatamente le caratteristiche tecniche e
metodologiche. Con la coscienza del loro limite nella formulazione
delle decisioni e delle scelte, politiche e non”.
A queste preoccupazioni risponde in un certo senso la legge n. 28
del 23 febbraio 2000, che stabilisce come, contestualmente ai
risultati, debbano essere resi disponibili le seguenti indicazioni:
a) soggetto che ha realizzato il sondaggio;
b) committente e acquirente;
c) criteri seguiti per la formazione del campione;
d) metodo di raccolta delle informazioni e di elaborazione dei dati;
e) numero delle persone interpellate e universo di riferimento;
f) domande rivolte;
g) percentuale delle persone che hanno risposto a ciascuna
domanda;
h) data in cui è stato realizzato il sondaggio.
Al di là degli aspetti procedurali, ci sono due incognite, che
potremmo definire antropologiche, cui deve far fronte un
sondaggista.
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La prima riguarda la questione della desiderabilità sociale delle
risposte o delle risposte normative.
La seconda riguarda la mancanza di opinioni, o le pseudo-opinioni.
La desiderabilità sociale è la valutazione, socialmente condivisa, che
in una certa cultura viene data ad un certo atteggiamento o
comportamento individuale.
Se un atteggiamento (o un comportamento) è fortemente
connotato in senso positivo o negativo in una certa cultura, una
domanda che abbia questo come oggetto può dar luogo a risposte
fortemente distorte, in quanto l’intervistato può essere riluttante a
rivelare opinioni o comportamenti che ritiene indesiderabili e può
essere tentato di dare di sé la migliore immagine possibile, anche
se poco veritiera.
La dinamica di questo modo d’agire è facilmente comprensibile: di
fronte ad uno sconosciuto che lo interroga, è plausibile che il
soggetto intervistato tema di essere giudicato negativamente,
voglia apparire come una persona rispettabile e cerchi, in una
parola, di fare bella figura.
Lutynski riporta uno studio dal quale risulta che “le stesse persone
erano capaci di dare ad una persona conosciuta, in una
conversazione privata ed amichevole, risposte assai differenti da
quelle date in precedenza in un’intervista formale”.
È statisticamente dimostrato che la percentuale più elevata di
risposte non veritiere si ha tra le persone con titolo di studio
superiore, fra coloro, cioè, che sono maggiormente consapevoli
della possibile devianza del loro comportamento.
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Un secondo problema riguarda quello che in inglese viene definito
non- attitudes e che si può tradurre come assenza di opinioni.
Può accadere che nei sondaggi i soggetti vengano interrogati su
tematiche complesse, sulle quali non si ha un’opinione definita.
Quando però vengono presentati più quesiti insieme, e sono
formulati con la tecnica della “domanda chiusa”, per la quale si
deve scegliere una risposta tra alternative proposte dal
sondaggista, si crea nella dinamica dell’intervista una sorta di
pressione a rispondere in virtù della quale molti intervistati
scelgono a caso una delle opzioni; oppure possiamo assistere ad
opinioni che nascono al momento stesso della domanda, e sono
quindi sommamente volatili.
Secondo Converse “le domande sono percepite come se si trattasse
di un test di intelligenza, nel quale le risposte “non so” oppure “non
sono in gradi di scegliere” vengono considerate come delle
confessioni di incapacità mentale”.
Un altro aspetto da tener presente quando si conducono sondaggi
“standardizzati”, cioè appunto quando si deve scegliere tra le
alternative proposte dall’intervistatore, è che in questo caso si
registra l’opinione, ma non la sua intensità né il suo radicamento.
Sono illuminanti in proposito le parole della giornalista Barbara
Spinelli “i sondaggi sono schiavi dei sentimenti, degli umori
istantanei in via di decomposizione, dell’ombra che sfiora subitanea
la fronte quando una nuvola passa”.
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Quanto alla possibilità di orientare le risposte, si può trarre un caso
evidente dal recente referendum per l’estensione dell’articolo 18
dello Statuto dei lavoratori, svoltosi il 15 giugno 2003.
Tra i vari sondaggi condotti ne segnalo due, uno della SWG per
conto del quotidiano “Repubblica”, l’altro di Datamedia per conto
della Confcommercio.
Il sondaggio della SWG comprendeva tre domande, che riporto di
seguito:
-
Tra maggio e giugno saremo chiamati a votare per un
referendum.
Lei sa su quale argomento?
- Si andrà a votare per il referendum sull’estensione dell’articolo
18.
Lei crede che andrà a votare?
- E lei crede che voterà a favore o contro l’estensione
dell’articolo 18?
Vediamo ora le domande del sondaggio condotto da Datamedia:
- In questo ultimo periodo si parla di un referendum vivamente
appoggiato da
Fausto Bertinotti. Lei ne è al corrente?
- Lei pensa di andare a votare?
- Come pensa di votare?
Risulta evidente la differenza nel modo di porre la prima domanda,
che funge da premessa alle altre due, quelle decisive (affluenza alle
urne e intenzione di voto).
Perché questa discrepanza?
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Va ricercata intanto nella natura del committente, e nel fatto che
secondo quale esso sia, varieranno gli obiettivi che sono sottesi alla
diffusione di un sondaggio così impostato.
Tra gli effetti che i risultati di un sondaggio possono produrre, e
questo è sicuramente un caso rappresentativo, vi è sicuramente
quello del cosiddetto disincanto o disimpegno, per cui il proprio voto
viene percepito come impotente a spostare i rapporti di forza sanciti
da un sondaggio, e quindi ci si rifugia o nell’astensione, o nel
cosiddetto voto trainato, cioè si preferisce votare per la parte o
fazione che viene data come vincente.
Un esempio eclatante del primo caso, cioè di disincanto o
acquiescenza, si è avuto alle elezioni presidenziali francesi del
2002: sondaggi e ricerche davano quasi per scontata una vittoria
del candidato socialista Jospin, con il risultato appunto di produrre
una sorta di “rilassamento” in una parte dell’elettorato progressista,
che nel primo turno ha ingrossato le fila dell’astensionismo
spianando la strada all’avanzata del Fronte Nazionale di Le Pen.
L’esito imprevedibile alla vigilia delle elezioni è stato che il quasi
sicuro vincitore Jospin si è ritirato dalla vita politica.
Ma un sondaggio rappresenta il vero o il verosimile?
Si può tranquillamente affermare che esso rappresenta la migliore
scorciatoia alle prassi democratiche, principalmente per il fatto di
essere molto più pratico ed economico di qualunque consultazione
popolare, di avere un’infinita gamma di applicazioni, e di essersi
ormai imposto, quantomeno, come mezzo di informazione
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dell’opinione pubblica, non fosse altro che per l’uso massiccio che
spesso se ne fa.
Alle volte i sondaggi vengono sottostimati, perché si considerano
una forma meno nobile di informazione; il potere politico ed
economico influenza la comunicazione di massa, mentre spesse
volte dietro la repulsione dei sondaggi c’e’ un pregiudizio elitario
contro la gente comune: quando anche i sondaggi non fossero,
come accade, la voce della gente comune, perché dei tanti modi di
comunicare in modo manipolatorio da parte del potere si teme
soprattutto questo?
In realtà il problema dell’influenza dei sondaggi va commisurato alle
condizioni più o meno democratiche e pluraliste della società dove
vengono diffusi: anche un sondaggio falso e tendenzioso è innocuo
in una società pluralista dove operano altri istituti d’opinione di
diversa proprietà e ispirazione politico-culturale; il sondaggio
diviene pericoloso quando è gestito da una sola fonte politica o
economica, cioè quando emana da una società non pluralista, ma
ciò non è un inconveniente dei sondaggi, ma di qualsiasi genere di
informazione.
La querelle tra l’azienda farmaceutica Pfizer e la regione Toscana è
indicativa dell’uso distorto che si può fare dei sondaggi e della loro
capacità di orientare la pubblica opinione.
E’ doverosa una premessa.
I medici di famiglia ricevono ogni settimana, nei propri studi, 10-15
Informatori Scientifici del Farmaco, professionisti preparati che a
breve dovrebbero ottenere un loro Albo Professionale.
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La grande paura di questa azienda farmaceutica, per quanto solo
ipotizzato dalla Regione Toscana, (realizzazione di progetti di
informazione medico- scientifica indipendente per gli operatori
sanitari, istituzione di centri di documentazione scientifica,
informazione/educazione del cittadino), è stata quella di veder
ridotte forniture e prestazioni d’opera.
Per i generici ad esempio è stato previsto il rimborso per quei
farmaci che costano meno a parità di efficacia.
È a questo punto che spunta un sondaggio, commissionato al Prof.
Mannheimer della ISPO, da cui risulta che la fiducia dei cittadini
toscani nella Sanità regionale è inferiore alla media nazionale.
I risultati del sondaggio venivano illustrati nel corso di una
conferenza stampa nel febbraio del 2003, senza citare l’azienda che
l’aveva commissionato.
Dopo qualche giorno, arriva all’Assessore toscano alla sanità una
busta anonima nella quale si evidenzia che il sondaggio in questione
era parte di un piano complessivo mirato a screditare l’operato della
regione Toscana, ordito dalla principale fornitrice di farmaci della
regione, appunto la Pfizer.
Oltre al sondaggio, il piano prevedeva un filo diretto sulle radio
locali tra ascoltatori, opportunamente filtrati, e ospiti in studio.
Ma qual è davvero l’importanza che si attribuisce ad un sondaggio?
Ne ho condotto uno presso un campione di 73 persone, 42 maschi e
31 femmine.
Il quesito posto è il seguente:
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Quando vieni a conoscenza, attraverso i mezzi di informazione (tv,
giornali, radio,ecc.), dei risultati di un sondaggio, quale valore
attribuisci loro:
1) Rispecchiano l’opinione pubblica
2) Hanno un valore passeggero e temporaneo
3) Non hanno alcun valore
4) Altro (è possibile argomentare la risposta)
Questi sono i risultati:
11 risposte per l’opzione 1 (pari a al 15,07 % del campione)
23 risposte per l’opzione 2 (31,51 %)
18 risposte per l’opzione 3 (24,66 %)
21 risposte per l’opzione 4 (28,77 %), delle quali 5 hanno indicato
semplicemente “Altro”, e 16 hanno fornito risposte articolate.
Vediamo di seguito alcune delle risposte argomentate più
significative.
Per C. S., 56 anni, laureata, “il modo di formulare le domande può
influenzare le risposte, almeno su alcuni argomenti e in una parte
del campione intervistato”.
Per L.M., 50 anni, laureato, “Se mi interessa cerco di capire la fonte
e il campione per poterne derivare informazioni in ordine
all’attendibilità. Comunque anche se attendibile la valenza di un
sondaggio per me è esclusivamente di carattere informativo e
molto raramente l’assumo come una possibile lettura della realtà
esaminata”.
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Per G.B., 36 anni, laureata, “la validità di un sondaggio è sempre
relativa, perché dipende da chi li elabora e da come si pongono le
domande”.
Per M.P., 34 anni, laureato, “il sondaggio è solo una
rappresentazione in scala della realtà, è come andare a Rimini e
vedere l’Italia in miniatura”.
Per L.C., 27 anni ,diplomata, “credo che dipenda dai periodi: sotto
le elezioni, ad esempio, si sentono così tanti sondaggi, e tutti con
risultati diversi, da creare scetticismo e saturazione, mentre in altri
contesti possono essere un valido strumento di lettura della realtà”.
È interessante notare che, oltre a questo, altri cinque soggetti
intervistati hanno affermato che l’importanza di un sondaggio vari a
seconda del momento politico in cui viene condotto.
Un altro dato emerso riguarda il fatto che in coloro con un titolo di
studio superiore (laurea o diploma) il sondaggio viene visto
generalmente con un certo scetticismo, mentre è significativo che
degli undici soggetti che hanno scelto la prima opzione, dieci
avessero un titolo di studio di media inferiore.
Data la ristrettezza del campione intervistato, i risultati da me
ottenuti non pretendono di essere scientifici ed obiettivi; occorre
però rilevare che è molto raro leggere di studi condotti sulla
percezione effettiva della validità di un sondaggio, per il semplice
fatto che chi lo commissiona si ripromette di farne un uso
contingente e strumentale.
Esaminiamo ora un caso recente in cui l’opinione pubblica e il
potere politico sono stati scossi da un sondaggio.
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Ai primi di Novembre del 2003 un sondaggio commissionato dalla
Commissione Europea ha infatti generato una crisi diplomatica tra
Europa e Israele.
Nello specifico sono state intervistate 500 persone per ciascuno dei
15 paesi dell’Unione Europea, trovate nell’elenco telefonico con un
sorteggio fatto via computer, per un totale di 7500 soggetti.
La domanda “incriminata” riguardava il grado di minaccia per la
pace internazionale che veniva attribuito ad una lista di paesi, da
cui è risultato che lo stato percepito come più pericoloso è quello
d’Israele.
La domanda recitava: ”per ciascuno dei paesi seguenti mi dica se,
secondo lei, rappresenta o meno una minaccia per la pace nel
mondo”.
Per Renato Mannheimer, essa lascia un ampio margine di
ambiguità.
Alcuni avranno risposto pensando allo stato di Israele (l’esistenza di
Israele rappresenta una minaccia alla pace?), altri al governo
israeliano (Sharon rappresenta una minaccia alla pace?), altri
ancora alla situazione in Israele (il conflitto in Israele rappresenta
una minaccia alla pace?).
Mannheimer, ad esempio, è a favore dell’esistenza dello stato,
piuttosto contrario a Sharon (che quindi, in un certo senso,
minaccia la pace) e convinto che la situazione in Israele sia fonte di
pericolo. Sono posizioni assai diverse: una maggiore precisione
avrebbe evitato di confondere i piani.
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È quindi avventato parlare tout court di antisemitismo; inoltre, e
non solo in questo caso ma come regola generale, sarebbe
opportuno che a monte di qualsiasi inchiesta o sondaggio vi sia un
grado di informazione maggiore e articolato.
Secondo lo stesso Mannheimer, infatti, i meno informati esprimono
il loro giudizio verso lo stato ebraico (e verso gli ebrei in generale)
in senso assai più critico degli altri: la disinformazione sulla realtà
degli avvenimenti porta ad una maggiore disponibilità ad accettare
le interpretazioni più semplicistiche, e questo è il rischio che corre
qualunque sondaggio.
Come si vede, nonostante il modo in cui sia stato concepito il
sondaggio in questione sia palesemente discutibile, i suoi risultati
sono stati amplificati fino a creare una crisi internazionale tra
Israele ed Europa.
In questa prospettiva, cioè sul fatto che spesso il pubblico non sia
sufficientemente informato, si muove la nuova frontiera dei
sondaggi, rappresentata dai cosiddetti deliberative pollings,
sondaggi deliberativi.
Li ha inventati un professore, laurea in Scienze politiche a Yale e in
filosofia a Cambridge, di nome James Fishkin, che ne ha fatto un
format televisivo di successo, finora in onda solo negli Stati Uniti.
L’assunto da cui parte è che il sondaggio tradizionale “spesso
registra quello che la gente pensa quando non pensa”.
Si tratta della questione di cui abbiamo già parlato, trattata da
Converse e battezzata come “coazione a rispondere”.
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I politologi la chiamano anche “ignoranza razionale”: piuttosto che
ammettere di non conoscere un problema, l’intervistato dà risposte
a caso.
Fishkin cita un sondaggio americano del 1976 sul “Pubblic Affaire
Act” del 1975: le risposte si divisero tra favorevoli, contrari e
qualche “non so”.
Peccato che il “Pubblic Affaire Act” non fosse mai esistito.
La sfida del professore è di far capire alla gente che in una
democrazia anche un singolo voto, un’opinione, conta.
Viene scelto un campione demoscopico, rappresentativo cioè del
Paese per età, sesso e ceto sociale, e lo si sottopone ad un
sondaggio iniziale.
Quindi i 200-300 intervistati, ospiti in un centro congressi o in
albergo, sono suddivisi in gruppi di 20-30 che discutono per un
week-end con una serie di esperti ed esponenti “bipartisan” i vari
aspetti del tema oggetto del sondaggio iniziale, a telecamere
sempre accese.
Alla fine, si rifà il sondaggio. Nei deliberative polls finora condotti, in
Usa, Gran Bretagna, Danimarca, Australia e Bulgaria, c’è sempre
stato uno scarto statistico sostanziale tra opinioni iniziali e finali.
Il microcosmo di intervistati mostra cosa penserebbe l’opinione
pubblica se fosse messa davvero in condizione di sapere.
La risonanza televisiva moltiplica l’effetto e i detentori del potere,
secondo Fishkin, non possono ignorarlo.
Vi sono però delle incognite.
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Nell’introduzione all’edizione italiana del saggio di Fishkin “La nostra
voce”, Giuliano Amato pone la questione della scelta, davvero
delicata, degli esperti che devono interloquire col campione
intervistato.
Vi è poi il facile rischio di manipolazioni e la difficoltà a trovare un
mediatore-conduttore davvero neutrale.
Ma come giudicano i sondaggisti nostrani questa novità mediatica,
che secondo Fishkin prende a modello nientemeno che l’antica
Assemblea Ateniese?
Mannheimer vede il deliberative polling “come un importante passo
in avanti verso una migliore realizzazione dei sondaggi d’opinione
(o, almeno, verso una maggiore comprensione dei loro limiti) e
verso un progresso della vita democratica”.
Di diversa opinione Natascia Turato, presidente di Datamedia, per
la quale il compito del ricercatore non è quello di “migliorare il
funzionamento della democrazia”, ma di registrare quello che la
gente pensa, o non pensa.
Secondo la Turato inoltre “non è vero che la gente non sa, al limite
è più o meno interessata ad un tema”.
La questione quindi è aperta, anche se credo sia doverosa una
conclusione: è plausibile credere che la televisione, vista come una
moderna agorà, non possa ledere e compromettere la naturalezza e
la spontaneità delle opinioni maturate dal campione di intervistati?
Un’altra conclusione, più generale, riguarda la capacità
manipolatoria dei sondaggi.
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32
È probabile che in determinati periodi, specie in occasione di
consultazioni elettorali, l’uso massiccio dei sondaggi ne ridimensioni
l’importanza, portando ad una sorta di saturazione.
Nei cosiddetti periodi di stasi politica, ammesso che ve ne siano, un
sondaggio condotto ex abrupto diventa significativo, ma occorre in
ogni caso tener presente che i risultati sono pur sempre un dato
“grezzo”: spetta alla correttezza di chi li usa, in questo caso i
giornalisti, farne un uso corretto e proporzionato ai loro limiti
intrinseci, che questa relazione ha cercato di evidenziare.
Nel caso menzionato del sondaggio che vedeva Israele come il
maggior pericolo per la pace nel mondo, si è dimostrato come esso
fosse stato formulato in maniera discutibile, eppure è stato
amplificato dai mezzi di informazione fino a creare un caso
diplomatico.
I sondaggi rappresentano a tutti gli effetti un campione della realtà,
e in questo sta il loro limite e insieme la loro forza.
Non si potrà mai avere un sondaggio “perfetto”; neanche una
consultazione elettorale lo è, per il fatto che vi è comunque una
fascia di astensione e quindi il tutto non coincide mai con la parte, e
per il fatto che è praticamente impossibile avere una popolazione
elettorale che vota in maniera cosciente e informata.
Credo che si possa stabilire un’analogia con il sistema di rilevazione
dei dati d’ascolto di un programma televisivo, che dal 1986 in Italia
avviene attraverso il sistema Auditel, cioè con l’individuazione di un
panel, un vasto gruppo di famiglie, che funge da “condensato”
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dell’intera popolazione in modo da rappresentare le diverse
caratteristiche geografiche, demografiche e socioculturali.
Abbiamo tratto dal sito di Internet il “perché” della loro attività:
pianificare gli investimenti, valutare i comportamenti, conoscere per
migliorare.
Sono, in fondo, gli stessi scopi che si propone di norma un
sondaggio e/o una ricerca di mercato; la questione aperta riguarda
l’intensità delle opinioni e la loro qualità, che è difficile decifrare per
qualunque tipo di ricerca campionaria.
La domanda da porsi è se l’espressione di una volontà si traduca
effettivamente in comportamento, consumistico, elettorale, sociale,
o non rimanga piuttosto un semplice flatus vocis.
PRIVAY E MARKETING
Ne l l a r e la z i on e a n n u a le s u l la p r i v a c y i l p r e s id e n t e
d e l l’ A u t or i t à p e r l a t u t e l a d e i d a t i p e r s on a l i , S t e f a n o
Ro d ot à , h a s ot t o l i n e a t o i r i s ch i d e r i va n t i d a g l i e ffe t t i
d is t or t i d e l l ’ e v o l u z i o n e t e cn o l og i ca , p e r cu i la
p r o t e z i o n e d e i d a t i p e r s on a l i r i sc h ia d i e s se r e o g n i
g io r n o co m p r o me s sa d a l l a cr e sce n t e o f fe r t a d i f or me
se mp r e d i ve r se d i r a cc o l t a d e l le i n f or ma z i on i .
Ro d ot à h a p a r l a t o d i p o ss i b i l i d is t o r s i on i n e l l ’ u so d e l le
r i s or se q u a n d o, a d e se m p i o, q u e st e ve n g on o in ve st ite in
i m p ia n t i d i v i d e o so r v e g l i a n z a p r i v i d i v e r a u ti l i tà p e r
l a s i cu r e z za . D is t or s i on i n e l l ' or g a n i z za z i on e d e g l i
in t e r ve n t i q u a n d o , a d e se mp i o, c i s i a f f i d a a g r a nd i
b a n c he d a ti c e n tr a l i z z a te , t e cn i ca me n t e d i ff i c i l i d a
g e st i r e , v ul ne r a b i l i a g l i a t t a c ch i ». I l g a r a n t e p e r la
p r o t e z i o n e d e i d a t i p e r s on a l i h a co l t o l' o cca s i on e p e r
p u n t a r e l' i n d i ce co n t r o q u e l l e t e cn i ch e d i l o ca l i z z a z i on e
ch e r e n d on o p os s i b i le u n c o n tr o l l o c o nt i n u o d e l l e
2003
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p e r so ne , cr e a n d o u n a sor t a d i « g u in z a g l i o e le t t r on i co » .
La t e cn o l o g ia d e l le r a d i o fr e q u e n ze (R f i d ) « h a p or t a t o
a l la c r e a z i on e d i " e t i c he t te i n te l l i g e n ti " ch e ,
so st i t u e n d o i co d i c i a b a r r e , se n on d i sa t t i v a t e n e l
m o me n t o i n cu i i l p r o d ot t o p a s sa n e l le ma n i
d e l l' a c q u ir e n t e , p e r me t t e r a n n o d i se g ui r e l a me r c e ne i
s uo i sp o s ta me n t i , cr e a n d o co s ì le con d i z i on i p e r
con t r o l l a r e a n ch e ch i h a a c q u i st a t o e u sa q u e l
p r o d ot t o ».
Ne l m ir i n o a n ch e le t e cn i ch e b i o me t r ic h e : sb a g l i a t o,
d ice R od ot à , p r e se n t a r le c o me u n a «p a n a ce a
t e cn o l og i ca » , i n g r a d o d i g a r a n t ir e d a s o le «u n a
p r o t e z i o n e a s so l u t a co n t r o i l t e r r or i s m o» . « I l c o r p o s ta
d i v e n ta nd o u na p a ss w o r d - h a a vve r t it o Ro d o t à -. La
f i s i c it à p r e n d e i l p os t o d e l le a st r a t t e p a r o l e ch i a ve ,
so st i t u it e d a i mp r on t e d i g it a l i , g e o me t r i a d e l l a ma n o o
d e l le d i t a o d e l l' o r e c c hi o , i r i d e , r e ti na , tr a tt i d e l
v o l t o , od or i , v o ce , f i r ma , u s o d i u n a t a s t ie r a , a n d a t u r a,
D n a » . I l g a r a n t e h a a m m on i t o : «D a v a n t i a n o i son o
mu t a me n t i ch e t o c ca n o l' a n t r op o l o g ia s t e s sa d e l le
p e r s on e . S i a m o d i fr on t e a s l i t t a me n t i p r o g r e s s i v i : d a l la
p e r s on a " sc r u t a t a " a t t r a ve r s o l a v i d e o sor ve g l ia n za e l e
t e cn i ch e b i o me t r i ch e s i p u ò p a ssa r e a u n a p e r so na
" m o d i fi c a ta " d a l l 'i n se r i me n to d i c hi p e d e t i ch e t t e
" in t e l l i g e n t i " » . In s o m ma , a v ve r t e Ro d ot à , « st i a mo
d i ve n t a n d o " ne tw o r k e d p e r so n s" , p e r s on e
p e r e n n e me n t e i n r e t e , v ia v i a con f i g u r a t e in mo d o da
e me t t e r e e r i ce ve r e i m p u l s i ch e c on se n t on o d i
r i n t r a cc i a r e e r i co st r u i r e mo v i me n t i , a b it u d in i , c on t a t t i ,
m od i f i ca n d o c os ì se n s o e co n t e n u t i d e l l' a u t on o m i a de l le
p e r s on e ».
P e r i l G a r a n t e , «u n a " v a lu t a z i on e d ' i m p a t t o p r i va c y"
d o vr e b b e a c co m p a g n a r e m o l t i i n t e r ve n t i le g i s la t i v i e
or g a n i z za t i v i . A lt r i me n t i , la cor sa ve r so r a c co l t e se m p r e
p iù i m p on e n t i d i d a t i p e r so n a l i n o n p r od u ce s t r u me n t i
m i g l i or i d i c on os ce n za d e l l a r e a lt à , m a u n a s s or d a n t e
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" r u mo r e d i fo nd o te c no l o g i c o " ch e p u ò a d d i r it t u r a
r e n d e r e p i ù c o mp l e s sa l' a z i o n e p u b b l i ca » .
N U O VI I N T E R VE N T I - R o d o t à h a s ot t o l i n e a t o c o me
«d o p o a ve r e a d ot t a t o p r o v ve d i me n t i su i me ss a g g i d i
p o st a e le t t r on i ca n on d e s id e r a t i e su i me ss a g g i
t e le f on i c i p r o m o z i on a l i , i l G a r a n t e st a p e r in t e r ve n ir e in
tr e d i r e z i o ni : q ue l l a d e l l a T v i n te r a t ti v a , d o ve i l
con t in u o f l u s s o d i in f or ma z i o n i d a l l' u t e n t e a l f or n it or e
p u ò co n se n t ir e c on t r o l l i c on t in u i su l l e a b i t u d in i de l le
p e r s on e , e s p on e n d o i s i n g o l i a l r i s ch i o d i n u o v i
con t r o l l i . Q u e l l a d e l le v i d e o c h i a ma te , c h e p os so n o
co i n v o l g e r e u n a m o lt e p l i c it à d i s og g e t t i e r i ch ie d on o
q u in d i r e g o le p r e c i se su l l' u t i l i z z a z i o n e d e l le i m m a g i n i.
Q u e l la d e l l a te l e f o n i a d ove i l c on t r o l l o r i g u a r d e r à in
m od o r i g or o so i d ir i t t i d e l l ' u t e n t e , c o me le c h ia mt e d i
d is t u r b o e le l in e e ch ia m a n t i ».
I c o mp u t e r p o ss on o e s se r e u sa t i i n m o lt i m o d i c o me
st r u me n t i d i sp i on a g g i o e d i con t r o l l o .
A n ch e i l n o st r o st e ss o p c p u ò o sp i t a r e “ sp ie ” d i g it a l i
r i ce vu t e v ia In t e r n e t .
M a q u e st e s p ie son o u sa t e a n ch e p e r ca t a lo g a r e e d
a n a l i z za r e i n o st r i m ov i m e n t i lu n g o le a u t o st r a d e
(t r a m i t e i l t e le p a ss ) e n e g l i e se r c i z i c o m me r c ia l i ( se
u s ia m o la ca r t a d i cr e d i t o ) .
Q u e st e sp ie h a n n o u n r u o l o fo n d a me n t a le n e l l a
sor ve g l i a n za .
“ C r o ma t i ca ” è i l n o me d i u n so ft w a r e s p e r i me n t a t o n e l l a
me t r o p o l i t a n a d i Lo n d r a , c a p a ce d i r i c on os ce r e ,
a t t r a ve r so le t e l e ca me r e , i m ov i m e n t i t i p i c i d i u n
ma l i n t e n z i on a t o o d i u n a s p i r a n t e su i c i d a . S i st e ma
a n a l og o è “ A d v i so r ” , u sa t o a B r u xe l l e s e B a r ce l l on a.
Lo s v i lu p p o d i q u e st i s is t e m i s u s c it a p e r ò
p r e o c cu p a z io n i : a l cu n i s o st e n g o n o ch e q u e st i so ft w a r e
ve r r a n n o u t i l i z z a t i a n ch e p e r l o st u d i o d e i
co m p o r t a me n t i d e i co n su m a t or i , p e r e se m p i o n e i
su p e r me r c a t i, p e r a f f in a r e le t e cn i ch e d i “ p e r su a s ion e ”
a l l’ a cq u i st o .
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E sa m in i a m o or a i t r e m o d i c on cu i i p c s i p r o ca c c ia n o
in f or ma z i on i su g l i “ h a b it u s” p e r s on a l i :
1 ) S of t wa r e c on t r o l l or i :
E s i st on o so ft w a r e in st a l l a b i l i s u l p c ch e , a in sa p u t a
d e l l’ u t e n t e , r e g i st r a n o t u t t e le a t t i v it à d e l l a m a c ch in a .
O g n i le t t e r a d i g i t a t a su l l a t a st ie r a v ie n e me m or i z za t a ,
co s ì co me i s it i In t e r n e t v i s i t a t i e l a p o st a e le t t r o n ic a .
T u t t e q u e st e in f or ma z i on i so n o me s se a d i s p o s i z i on e d i
ch i h a in st a l la t o i l p r og r a m ma .
La T r u e a ct i ve ( w w w. t r u e a ct i ve . co m ) , a z ie n d a
p r o d u t t r i ce d i p r o g r a m m i - s p i a , e l e n ca su l p r op r i o s it o i
su o i su c ce s s i. D i p e n d e n t i l i c e n z i a t i p e r ch è sor p r e s i a
ch a t t a r e o sc a mb i a r s i e - m a i l c on a m i c i , d i v or z i c on
se p a r a z i on e a c a r i co d e l c on iu g e c h e c o mb i n a va in con t r i
v ia We b .
S p e c t or , d e l l a S p e ct or -s o ft , p r o d u ce u n s i st e m a ch e p e r
4 9 5 d o l l a r i è in g r a d o d i m o n i t or a r e l’ a t t i v it à d i 1 0
co m p u t e r co l l e g a t i in r e t e , c o me i n u n a p i c c o la a z ie n d a .
Q u e st a a t t i v it à d i co n t r o l l o è a m me ss a a n c h e i n It a l i a ,
p u r ch è i l d a t o r e d i la v or o, p r i m a d i in st a l la r e i l s i st e ma ,
in f or m i i l d i p e n d e n t e d ir e t t a me n t e o a t t r a ve r s o le
or g a n i z za z i on i s in d a ca l i .
Un a co n t r o m is u r a , n on a p p l i ca b i le in a z ie n d a ma so lo
su l p r o p r i o p c, con s i st e d i in se r ir e u n a p a ss w o d p e r
l’ a c ce s s o.
2 ) “ B i s cot t in i” a v ve le n a t i :
I c o mp u t e r p o ss on o r u b a r e i n f or ma z i on i a d a lt r i
co m p u t e r a n ch e a t t r a ve r so i c o s i d d e t t i “ c o ok i e ”
(d a l l’ in g le se : “ b i s cot t in i” ) .
S on o p i cc o l i f i l e d i t e st o ch e r i ma n g on o s cr it t i su l
n os t r o p c og n i v o lt a ch e v i s i t i a mo u n s it o.
Na t i p e r r e n d e r e p i ù a g e v o le la n a v i g a z i on e in In t e r n e t ,
con t e n g on o d i ve r se in f or ma z i on i (q u a n t e vo l t e a b b i a mo
v i s it a t o q u e l s i t o, se c i s i a m o r e g i st r a t i o n o , q u a l i
p a g i n e a b b i a mo v i st o, e cc . ) .
A l cu n e a z ie n d e p u b b l i c i t a r ie h a n n o cr e a t o s i s t e m i,
b a sa t i su l l’ u s o d i co o k ie , ch e r ie sc on o a r e c u p e r a r e
a u t o m a t i ca me n t e in f or ma z i o n i su i n a v i g a t or i .
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Le s oc i e t à d i m a r ke t in g e i p u b b l i c i t a r i d i st r i b u i s co n o l o
st e s s o t i p o d i c o ok i e a d i ve r s i s i t i, ch e c o st it u is c on o i l
l or o “ n e t wo r k” p u b b l i c i t a r i o, c on t r o l l a t o d a u n
co m p u t e r : og n i v o lt a h e u n n a v i g a t or e v i s it a u n o d e i
s it i d e l n e t w or k, s u l su o c o m p u t e r v ie n e c o p ia t o u n
co o k ie ch e c on t ie n e u n n u m e r o id e n t i f i ca t i v o.
P e r io d i ca me n t e , i l se r ve r p u b b l i c i t a r i o co m p i l a u n
e le n c o d i t u t t i i s it i we b d e l “ g r u p p o” ch e q u e l l o s t e s so
n a v i g a t or e h a v i s it a t o. In q u e st o m od o cr e a u n p r o f i l o
d e i su o i g u s t i : d a q u e l mo m e n t o o g n i s it o d e l n e t wor k è
co s ì in g r a d o d i “ r i co n o sce r e ” q u e l n a v i g a t or e e p u ò
q u in d i p r o p o r g l i p u b b l i c i t à m ir a t e .
É a n ch e a t t r a ve r so l’ u s o d e i co o k ie ch e g l i sp a m me r
(c o l or o ch e in v i a n o a l n o st r o in d ir i z z o d i p o st a
e le t t r o n i ca me s sa g g i p u b b l i c it a r i n on r i ch ie st i ) r ie sc on o
a r i sa l i r e a l l a n o st r a m a i l e a d in va d e r la d i me s sa g g i .
C h i sc r i ve p u ò t e s t i mo n ia r e l a su a e s p e r ie n za
p e r s on a l e : e sse n d o a p p a s s io n a t o d i n u m i s ma t i c a , m i è
ca p it a t o d i v i s i t a r e s i t i r i g u a r d a n t i q u e st o h o b b y .
D op o q u a l ch e t e mp o s u l m i o in d ir i z z o e - m a i l s on o
p e r ve n u t e o f fe r t e d i a l cu n e se r ie d i m on e t e , in v ia te m i
d a u n m it t e n t e a s s o lu t a me n t e s c on o s c iu t o, c on
r i fe r i m e n t i , fr a l’ a lt r o, a d u n s i t o In t e r n e t c h e n on h o
ma i v i s it a t o.
C o me c on t r o m i su r a s i p o ss o n o ca n ce l l a r e i co o k ie
u t i l i z za n d o s of t wa r e s p e c i f i c i co me “ E m p t y T e mp
Fo l d e r s” o “ S m a r t P r ot e ct or P r o” .
N on è i n ve ce p o ss i b i l e a c ce t t a r e i c oo k ie se n za l i m i t a r e
l a n a v i g a z i o n e i n In t e r n e t . M o l t e a z i e n d e (a d e se m p i o
l’ I b m) ob b l i g a n o c h i s i c o l le g a a d a b i l i t a r e l a r i ce z i o n e
d e i c o ok i e p e r v is u a l i z za r e a l cu n e p a g i n e .
3) Spyware
C a p it a s p e s so d i u sa r e u n so ft wa r e g r a t u it o
sc a r i ca n d o l o d a In t e r n e t o t r ov a n d o l o g i à p r on t o s u
a lcu n i c d m u s i ca l i ch e v og l i a m o a s c o lt a r e su l co m p u t e r .
A vo l t e , i p r o d u t t or i d i q u e i so ft w a r e i n se r i s c on o n e l
p r o g r a m m a u n c od i ce ( l o s p y wa r e ) ch e i n t e r ce t t a e
d i ff on d e l e n o st r e in f or ma z i o n i p e r son a l i : s o l i t a me n t e i l
n o me u t e n t e e l’ in d ir i z z o e - ma i l , ma a vo l t e a n ch e la
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cr o n o l o g ia d e l le p a g i n e ch e v i s it i a mo o i s i t i d e l n o st r o
e le n c o “ p r e fe r i t i” .
S i t r a t t a d i so ft wa r e su b d o l i , c h e n on cr e a n o
in t e r fe r e n ze n e l l’ u so d e l p c e s on o q u i n d i d i f f i c i l i d a
in d i v i d u a r e .
C o me c on t r o m i su r a oc c or r e “ r i p u l i r e ” p e r i o d i ca me n t e i l
p c con p r og r a m m i c o me “ A d - A wa r e La va s of t ” , in g r a d o
d i r i mu o ve r e g l i sp y w a r e .
G l i e s p e r t i c on s i g l i a n o a n ch e d i i n s t a l l a r e u n f i r e wa l l ,
p e r e se m p i o “ Z on e a la r m” , c h e con t r o l l a i l t r a ff i c o d e l
n os t r o co m p u t e r ve r s o l a Re t e , b l o cca n d o i p r o g r a m m i
n on a u t or i z za t i.
F in o a l 3 1 d i ce mb r e 2 0 0 3 , c h i u n q u e p o t e v a r e c a r s i
p r e s s o l ’ u f f i c i o e le t t or a le e c h ie d e r e t u t t i g l i i n d ir i z z i
d e g l i a ve n t i d i r it t o a l v ot o, a n ch e d i v is i p e r fa sce d ’ e t à .
D a l 2 0 0 4 la n or ma t i v a i n p a r t e è c a mb i a t a , m a a g g ir a r la
è mo l t o se mp l i c e .
È u t i l e r i p or t a r e u n ’ in d a g in e s v o lt a d a l me n s i le “ F ocu s” :
con t a t t a t o t e le fon i c a me n t e l’ u f f i c io e le t t or a le d e l
co mu n e d i M i l a n o, è st a t o ch ie st o a d u n a fu n z i o n a r ia d i
a c q u i st a r e i vo st r i i n d i r i z z i s u cd .
La r i sp o st a è s t a t a l a se g u e n t e :” so n o u n m i l i o n e e 5 4
m i l a in d ir i z z i e i l co st o è d i 5 m i l a e u r o. S i p o ss on o
a n ch e a ve r e su d d i v i s i p e r fa sce d ’ e t à , p e r e se m p i o t u t t i
i g io v a n i d i M i la n o d a i 2 0 a i 3 0 a n n i . La se le z i on e p e r ò
co st a 1 ce n t e s i m o a n o m i n a t i v o, p i ù 9 0 e u r o p e r i l
su p p or t o” .
P e r a ve r e q u e st i in d ir i z z i b a st a u n a se mp l i c e
a u t o ce r t i f i ca z i on e , n e l l a q u a le s i d i ch i a r a d i u s a r l i so l o
a sc o p o d i st u d i o .
I l r e sp on sa b i l e d e l l ’ u ff i c i o e l e t t or a le d i M i la n o , A n d r e a
Z u c co t t i, sp i e g a ch e la r i ch i e st a p u ò e sse r e fa t t a a n ch e
d a s og g e t t i p r i v a t i p u r ch è l’ u so s ia cu lt u r a le e
st a t i st i c o ; “ n o i n on e f fe t t u i a m o c on t r o l l i , c i a t t i v i a mo
so l o se v ie n e u n c it t a d in o a l a me n t a r s i p e r ch é r i ce ve
p o st a i n d e s i d e r a t a ” .
I l c h e vu o l d ir e q u a s i m a i. L a p r o va ? In u n a c it t à
l o mb a r d a c’ è u n ’ a u t o s cu o l a ch e o g n i 6 me s i ch i e d e a l
C o mu n e i n o m i n a t i v i d e i d ic i ot t e n n i p e r “ r i ce r ca
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st a t i st i c a ” , ma n e ssu n o h a ma i c on t r o l l a t o se p o i li
con t a t t a p e r of fr i r e i su o i se r v i z i . A n c h e c on la n u o va
n or ma t i v a , è p o ss i b i l e i n cr o c i a r e i d a t i e le t t r on i c i
a c q u i s ib i l i c on a l t r e fon t i, i l ch e c on se n t e d i a ve r e p iù
in f or ma z i on i su i c it t a d i n i.
Lo sp i e g a i l r e s p o n s a b i l e d i u n a d e l le a z i e n d e ch e
of fr on o su In t e r n e t la c on su l e n za p e r ma i l i n g e c h e
fo r n i sc on o l i s t e d i i n d i r i z z i :” f in o a l 1 9 9 7 a n ch e le
a n a g r a f i c o mu n a l i ce d e va n o in n o m in a t i v i , c o mp r e s i
q u e l l i d e i m in or e n n i . O g g i b a st a co n f r on t a r e i d a t i d i
a l lo r a su i c o mp on e n t i fa m i l i a r i n e l le va r ie p r o fe ss i on i e
fa sce d i e t à , c on l’ e le n co t e l e fo n ic o , p u b b l i c o, q u in d i
le g a l me n t e u t i l i z z a b i l e p e r i l ma r ke t i n g . C o s ì, se v o le t e
con t a t t a r e v i a p os t a g i o va n i d a i 2 0 a i 3 0 a n n i ( s p e s so
a n c or a in ca sa c on i g e n it or i ) e n on r i s ch ia r e n u l la ,
b a st a s cr i ve r e a l ca p of a m ig l i a ch e c o mp a r e su l l ’ e le n co
t e le f on i c o, s a p e n d o g i à , g r a z ie a i d a t i a n a g r a f i c i, ch e c i
son o n e l n u c le o f a m i l i a r e g i o va n i d e l l’ e t à d e s i d e r a t a ” .
In q u e st o mo d o l a le g g e s u l l a p r i va cy è r i s p e t t a t a d a
t u t t i (a z ie n d e , fu n z i on a r i c o mu n a l i , u f f i c i o d e l G a r a n t e ) ,
ma l a p r i va c y d e i c it t a d i n i n o.
V e d ia m o or a q u a l i s on o, in d e f in i t i va , i q u a t t r o ca s i p i ù
d e l i ca t i d i in t r o m i s s i on e n e l l a p r i va cy .
I l fe n o me n o d e l l o sp a m m i n g : s i ca l c o la ch e n e l 2 0 0 2 ,
n e i so l i S t a t i Un it i , s i a n o st a t e in v i a t i 5 , 6 m i l i a r d i d i e ma i l “ s p a z za t u r a ” , co n u n d a n n o p e r l’ e c on o m i a d i 9
m i l i a r d i d i d o l la r i. La le g g e d ice ch e p e r i n v i a r e u n
me ss a g g i o o cc or r e se mp r e i l c on se n so e sp l i c i t o
d e l l’ in t e r e s sa t o , a n c h e se l’ i n d ir i z z o e - m a i l è st a t o r e s o
pubblico dall’utente.
I l c a mp o d e l l a g e ne t i c a : d a l D n a d i u n a p e r s on a s i
p o s son o a ve r e in fo r ma z i on i n on s o l o su l l a su a i d e n t i t à
ma a n ch e su l le ma l a t t i e a cu i l’ i n t e r e ssa t o e la su a
fa m i g l i a s on o e sp o st i . S i s on o m o l t ip l i c a t e le s o c ie t à
ch e e f fe t t u a n o t e s t g e n e t i c i v ia in t e r n e t d o p o l’ i n v io d i
u n ca m p io n e d i sa l i va , c a p e l l i , p e l l e o sa n g u e . In q u e st o
ca so la le g g e o f fr e l ’ a p p i g l i o p e r i l q u a le i l t e st d i
p a t e r n i t à fa t t o e se g u i r e d a u n “ p a d r e d u b b i o so” su u n
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m in or e se n za i l con se n so e s p r e s s o d a l l a ma d r e è
v ie t a t o .
I l c e l l ul a r e , u n a v o l t a a cce s o, t r a s me t t e i n f or m a z i on i
su l l a su a p o s i z i on e g e o g r a f i c a , c on u n ma r g in e d i e r r o r e
d i p oc h i me t r i , e l e i n for m a z i on i s u l la l o ca l i z z a z i on e s on o
r a c co l t e e c on se r v a t e d a l l e s oc i e t à c h e g e st i sc on o i
se r v i z i d i t e le fon i a mo b i le . L a n or ma t i v a st a b i l i s ce ch e i
su d d e t t i g e st or i n o n p os s on o d i v u lg a r e i t a b u la t i ch e
r i g u a r d a n o i ce l lu l a r i a me n o c h e n on c i s i a u n a
r i ch ie st a m ot i va t a d e l l ’ a u t or it à g i u d i z i a r ia .
In f in e c i s on o l e c os i d d e t t e “ ce n t r a l i r i sc h i cr e d it i z i ” ,
so c ie t à a cu i s i r i v o l g on o le b a n c he p e r v a lu t a r e l e
r i ch ie st e d i f i n a n z i a me n t o d e i l or o c l i e n t i .
Q u e st e ce n t r a l i r a cc o l g o n o i n f or ma z i on i su l le con d i z i on i
f in a n z i a r ie d e l le p e r s on e (a d e se m p i o su l l ’ e ve n t u a le
e m i ss i o n e d i a sse g n i sc o p e r t i ).
R i sa le a l 2 0 0 0 i n f i n e l’ u n i ca st i ma d e l G a r a n t e d e lla
P r i va c y su l le t e l e ca me r e d i s or ve g l i a n za , q u a n t i f i ca t e in
c ir ca 1 m i l i on e . Le ca sse t t e ve n g on o c on se r va t e p e r
p e r i od i d i t e m p o va r i a b i l i . L a le g g e 6 7 5 /9 6 n on os t a c o l a
l’ i n st a l l a z i on e d i t e le ca me r e a f in i d i s i cu r e zz a , ma
i m p o n e d i in f or ma r e l a c l ie n t e l a d e l l a l or o p r e se n z a ,
me d ia n t e op p or t u n i ca r t e l l i , n on ch é d e i d ir i t t i
r i c on o s c iu t i d a l l a le g g e , c i oè p e r q u a l i s co p i le i m m a g i n i
ve n g on o r a cc o l t e , d i p ot e r c h ie d e r e la l or o c a n ce l la z i on e
e d i p ot e r o p p or s i a l l or o u s o, d i sa p e r e p e r q u a n to
t e m p o ve r r a n n o c on se r va t e e d i sa p e r e q u a l è l ’ u ff ic i o a
cu i r i v o lg e r s i p e r o t t e n e r e r i sp o st e .
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AZIENDE E MARKETING
In questa parte della mia ricerca ho interpellato, telefonicamente e
tramite posta elettronica, 18 aziende del comprensorio maceratese,
alle quali ho sottoposto alcune domande che potessero
rappresentare un ideale compendio delle fasi precedenti del mio
lavoro.
Purtroppo, soltanto tre aziende hanno risposto al mio
questionario.
La prima domanda riguardava l’uso o meno di sondaggi e/o ricerche
di mercato: tutte e tre le ditte hanno risposto positivamente.
In particolare un’azienda di grandi dimensioni come la Clementoni
si avvale di grandi strutture come Abacus e Eurisko per valutare
l’accettazione da parte del consumatore di una nuova idea di linea
di prodotti.
La stessa Clementoni utilizza invece una struttura più piccola e
veloce (e più economica) quando deve testare un nuovo gioco con
in bambini o valutare nuovi argomenti da utilizzare nei giochi.
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Per quanto concerne il secondo quesito, riguardante le forme di
comunicazione pubblicitaria usate, emergono tre tendenze:
1) Ditte come la Clementoni utilizzano in special modo spot
televisivi, soprattutto nel periodo natalizio.
2) Ditte come la Teuco Guzzini si avvalgono di spazi su riviste e
pubblicazioni specializzate
3) Altre ditte ancora, come la MacDugan, usano e-mail e brochures.
Fonti d’ispirazione: fiere internazionali, inventori, reparti
R & D, brainstorming, mode e trend, ecc.
Ho svolto poi ricerche sulle possibilità di approcciare il
pubblico/clientela, e su come le aziende si relazionano con i
consumatori.
Uno dei massimi esperti di marketing, Robert Shaw, rileva alcuni
punti di riflessione:
1) la qualità misurata da Iso 9000 non è correlata all'effettiva
qualità del prodotto;
2) l'insoddisfazione dei clienti poche volte viene registrata, mentre
la loro fedeltà spesso si basa sull'abitudine;
3) le aziende non imparano dai clienti e ciò aumenta le possibilità
di insuccesso delle innovazioni;
4) le informazioni che pervengono dalla contabilità non riguardano i
processi che creano valore e si focalizzano comunque su risultati di
breve termine;
5) i dati che provengono da applicazioni di Information Technology
non vengono convertiti in conoscenza.
Più in generale le critiche evidenziano come la ricerca di un nuovo
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collegamento tra customer satisfaction e marketing possa
migliorare le informazioni utili a supportare le decisioni.
Per avere un marketing più efficace nei confronti della fidelizzazione
del cliente, Shaw consiglia:
* capire le abitudini che spingono all'acquisto ripetuto o a provare
nuovi prodotti
* capire le motivazioni negative dell'abitudine, come l'acquisto
sostitutivo o di conforto
* comprendere i costi ed i benefici legati al cambiamento, come la
relazione con le esigenze e le fasi della vita
* capire i fattori positivi che confermano l'abitudine come gli
acquisti gratificanti
* non comprare la fedeltà attraverso sconti e promozioni.
Nel considerare la necessità di impiegare nuove strategie di
marketing, l'autore rileva che molte società hanno adottato
misurazioni e ricerche sulle performance, ma che, nonostante ciò,
l'insoddisfazione era diffusa a causa di problemi interni, consistenti
nell'inadeguatezza di competenze e performance: spesso non
esisteva un feed-back verso le persone che avrebbero dovuto
conoscere i risultati derivanti dalle misurazioni.
Il problema principale è, e resta, di tipo gestionale, alla base del
quale sta la capacità di riconoscere i punti deboli ed i punti forti di
una performance, per eliminare i primi e basarsi sui secondi.
I conflitti più significativi all'interno delle aziende si verificano tra
marketing e vendite, e, più in generale, tra tutti i reparti che sono
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più a contatto con i clienti; con conseguente spreco di tempo e
risorse.
Il circolo virtuoso proposto da Shaw consiste nei seguenti passi:
measure, comprende la raccolta dei dati di valutazione delle
performance, il calcolo degli indicatori ed il confronto con i target,
feedback, consiste nella verifica della strategia, nella valutazione
a livello individuale e di team e nell'impegno a migliorare,
learn and improve, per ricercare gli elementi che diminuiscono la
perfomance, mediante l'analisi di soluzioni in team ed identificando
le iniziative tese al miglioramento,
planning, ovvero i progetti suddivisi in iniziative gestibili, con
chiarimento dei ruoli e allineamento degli obiettivi interfunzionali.
Gli strumenti che vengono individuati per produrre le misure di
marketing sono i seguenti, con relative considerazioni:
segmentazione, i segmenti vanno definiti dal punto di vista
delle esigenze e dei progetti o desideri dei clienti
minacce della concorrenza, si presentano in seguito a fusioni
e acquisizioni o alla nascita di nuove aziende
consapevolezza, per valutarla si misura il ricordo che si ha del
marchio ed il suo riconoscimento, ma anche l'efficacia della
pubblicità
soddisfazione, si analizzano gli atteggiamento dei clienti per
capire se il loro consumo soddisfa, supera o delude le loro
aspettative, tenendo conto che non vi è relazione casuale tra
soddisfazione e acquisto
coinvolgimento, si misura in base all'intensità dell'emozione
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causata da un acquisto, pur tenendo conto che a volte prevalgono
abitudine ed inerzia
adesione all'immagine, tramite test attitudinali si misura la
pubblicità e l'acquisto del marchio in termini di credibilità e
attinenza
qualità percepita, valutata mediante le percezioni dei clienti
rispetto al benchmark concorrenziale
acquisto ripetuto, parametro che consente di capire la fedeltà,
meglio se a lungo termine, distinguendo fra effetti casuali e vera
fedeltà
acquisto di prova, per valutare il livello di penetrazione dei
nuovi prodotti
reclami, occorre rilevare un'estrema varietà di reazioni (tenendo
conto che spesso i clienti non reclamano), dando priorità ai risultati
emersi
sprechi di marketing, rilevano i problemi e le attività che
devono essere modificate, ad esempio con la misurazione della
redditività dei clienti
leadership di mercato, valutata in base alla quota di vendite e
alla posizione del marchio
leadership della distribuzione, si misura in base alla
copertura geografica dei canali, alla gestione delle scorte e alla
qualità dell'esposizione, ma anche con il livello raggiunto
dall'interazione tra i clienti ed il punto di acquisto
Nell'era di Internet è sentita in modo sempre maggiore l'esigenza,
da parte delle aziende, di comunicare con i propri clienti, i visitatori
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dei siti Web, e comunque con le persone potenzialmente interessate
al prodotto/servizio che l'azienda offre.
Solitamente tali esigenze vengono soddisfatte mediante iniziative di
web marketing.
Tuttavia in questa fase di evoluzione del mercato stiamo assistendo
ad un ricorso forse eccessivo (anche se in parte comprensibile) al
cosiddetto "spamming", ovvero all'invio di posta elettronica ad
utenti che non hanno esplicitamente dichiarato la volontà di
ricevere tali messaggi.
SPAM= Stupid People Advertising Message
Questo comportamento porta con sè:
1) diseconomie che il sistema di comunicazione comporta;
2) reazioni negative da parte dei destinatari dei messaggi
indesiderati;
3) intervento dell'Autorità garante per la privacy.
Cerchiamo di argomentare su ciascuno di questi aspetti.
1) Secondo Brightmail, tale fenomeno sarebbe in crescita a livelli
del 150% annuo, sia a causa della facilità nel reperire indirizzi email (dai visitatori dei siti o acquistandoli) sia per il fatto che, anche
se solo una parte ridotta dei destinatari risponde, i vantaggi per chi
ha spedito il messaggio superano con ogni probabilità i costi.
Tutto ciò non vale per gli utenti, però: si stima che ogni persona
dotata di casella e-mail spenda circa 60mila lire all'anno per
scaricare messaggi non voluti (ossia circa 20mila miliardi a livello
europeo: il dato è fornito dalla Commissione Europea).
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2) La frenesia di una comunicazione ansiogena via e-mail e la
barriera costituita dal mezzo tecnologico possono determinare
reazioni anche isteriche, molto meno presenti nelle relazioni dirette.
Un ricorso eccessivo alla e-mail, ad esempio per scambiare
messaggi all'interno dello stesso ufficio da una scrivania ad un
altra, può solo contribuire a mascherare conflitti latenti. Per contro,
il linguaggio impiegato nella Rete è quasi sempre colloquiale e
spesso ricorre a rappresentazioni simboliche (come con gli Sms)
contribuendo a rendere più efficace la comunicazione.
3) Il Garante per la privacy è di recente intervenuto, affermando
che "la conoscibilità degli indirizzi di posta elettronica non consente
di per sè l'invio generalizzato di e-mail, di qualunque contenuto
siano i messaggi". In altre parole, prima di inviare e-mail con
contenuto diverso da quello per cui un navigatore ha lasciato il
proprio indirizzo di posta occorre averne l'esplicito consenso.
Il 72,6% dei navigatori italiani utilizza la posta elettronica.
Nella tavola sottostante, una stima della ripartizione
Dipendenti pubblici
23,5 %
Studenti
18,2 %
Autonomi/professionisti
17,1 %
Dipendenti privati
32,9 %
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Pensionati
3,5 %
Casalinghe
2,9 %
Altro
1,9 %
"L'anima del nuovo consumatore è un labirinto di emozioni,
preferenze, comportamenti, preoccupazioni e fedeltà. Il nuovo
consumatore è confuso e allo stesso tempo timoroso, fiducioso ma
ancora pieno di sospetti, spaventato eppure avventuroso, occupato
ma curioso, anonimo e unico. Anche sull'anima di questo nuovo
consumatore agiscono molte forze, soltanto una qualità resta
invariata: il suo potere".
Questo è l’ideale incipit del libro "The Soul of the New Consumer".
Benché un po' distante dalla sensibilità del lettore italiano di
economia, il titolo originale rappresenta meglio questo saggio di
consumer marketing che studia atteggiamenti, abitudini e bisogni
del consumatore on-line.
Sulla base di studi condotti sugli utenti Internet e i clienti di
imprese on-line statunitensi, il testo delinea il profilo del Nuovo
consumatore, analizza elementi di novità rispetto al consumatore
dei canali commerciali tradizionali, fornisce modelli di
segmentazione dei consumatori più adatti al nuovo canale (per
esempio per bisogni e per tempo di frequentazione del Web),
esamina i loro stati d'animo in fatto di privacy e di sicurezza, i
motivi di insoddisfazione e i desideri.
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Frutto dell'esperienza congiunta di Laurie Windham, nota nel campo
del marketing e della consulenza aziendale per gli strumenti
metodologici per la ricerca da lei creati, e di Ken Orton, esperto di
strategie di e-business, il libro unisce strettamente due aspetti,
quello dell'analisi a quello più propriamente propositivo: ogni
affermazione è supportata infatti da esempi concreti e dai dati
raccolti nel corso delle ricerche, ma, cosa molto interessante per
quanti desiderano operare nel settore dell'e-commerce, anche da
numerose indicazioni per rispondere alle esigenze e aspettative dei
consumatori, per dirigere il traffico in rete, per mantenere la fedeltà
del cliente e per avviare una dot-com adottando il punto di vista del
consumatore.
La ricerca è stata condotta nel corso di tre anni e ha utilizzato
diversi metodi, dal focus group alle interviste telefoniche ai
sondaggi via e-mail. Un'indagine quindi essenzialmente qualitativa,
che non pretende di essere "statisticamente" rappresentativa ma
che, proprio perché volta a indagare comportamenti e soprattutto
atteggiamenti, può risultare più utile di molte statistiche, spesso
"fredde" e poco significative.
Ricco di analisi interessanti il testo ha il pregio-limite di essere
strettamente connesso alla realtà statunitense. Pregio perché ogni
affermazione fatta è supportata dalle testimonianze degli
intervistati, limite perché la realtà statunitense è decisamente
diversa da quella che il lettore e navigatore italiano conosce. Per
superare questo "limite" la casa editrice dell'edizione italiana,
Apogeo, ha preferito anteporre al testo un'ampia introduzione di
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Alberto Mattiacci dell'Università degli Studi di Siena e concludere il
saggio con un'intervista a più voci che lo stesso Mattiacci ha
condotto con alcuni operatori italiani che a vario titolo possono
definirsi esperti in tema di consumatore, come Kataweb, eDreams,
RQ, 42Nlab ed eBusiness.
Nelle parole dei loro rappresentanti sparisce parte di
quell'entusiasmo e "ottimismo tecnologico" che caratterizza lo
studio americano per un atteggiamento più disincantato e
probabilmente più adatto alla nuova fase che Internet sta vivendo.
Le prime righe
Capitolo uno
Chi sono questi consumatori e che cosa li rende nuovi?
Essendo cresciuta in un ambiente molto religioso, ho sentito
pronunciare la parola anima molte volte. Quel sostantivo ormai
logoro, ma pur sempre capace di intimidire, se non di suscitare un
timore reverenziale, immancabilmente mi colpiva nel profondo
mentre assistevo agli infuocati sermoni settimanali della Chiesa
Battista del Sud. Ricordo la preoccupazione che destava in me
bambina quella parola: anima. Mi chiedevo che cosa significasse
realmente e dove si trovasse di preciso. Era forse un organo vitale,
come il cuore, il cervello o il pancreas? Oppure si trattava di
qualcosa che si staccava dal corpo al momento della morte? E poi,
che forma ha un'anima? Come si può essere sicuri di possederne
una? E chi ci dice se la nostra è buona o cattiva? Queste erano le
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domande che gli esperti pastori di anime riuscivano a suscitare in
noi curiosi.
Il termine anima, in questo contesto, non vuole essere né
enigmatico né arcano, com'era per me allora, pur conservando
alcune caratteristiche del suo significato primario. In questo
contesto, l'anima indica l'essenza dell'individuo, ciò che lo spinge ad
agire; è quella parte della perdona che la rende unica, in quanto
sede delle emozioni e fonte delle motivazioni. L'anima è il principio
che dà vita a quel groviglio di sentimenti, pensieri e azioni che
guidano gli esseri umani.
La relazione con il cliente si può riassumere in 4 fasi:
1)
Conoscere il cliente
2)
Correlarsi con il cliente
3)
Conservare il cliente
4)
Conquistare il nuovo cliente
Per raggiungere questi obiettivi occorre disporre di un piano di
sviluppo per l'organizzazione di contact center e attivare processi di
Crm personalizzati su certe fasce di clientela, spingendosi a
disaggregare la customer base in segmenti sempre più fini, ovvero
per cluster.
Tuttavia ad oggi occorre ammettere che il marketing one-to-one è
ancora ancellare rispetto alle tradizionali operazioni di "mass
marketing" (pubblicità).
Di fatto esistono varie difficoltà nell'implementazione di un
approccio one-to-one.
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Ad esempio, nelle grandi organizzazioni tali difficoltà sono
riconducibili a:
•
numero dei clienti,
•
numero delle transazioni,
•
differenti linee di business,
•
differenti canali,
•
vari livelli di customer management (product, segment...) che
rendono critica l’acquisizione delle informazioni.
Nelle piccole organizzazioni se il modello di relazione è
collaudato nelle "filiere dei distretti italiani" (dal tessile di Prato alle
piastrelle di Sassuolo, dalle pelli di Solofra alle sedie di Udine),
resta tuttavia irrealistico che un singolo imprenditore possa
effettuare gli investimenti necessari ottenendo ritorni. In breve
occorre perciò che siano le società di outsourcing di Crm a proporsi
come fornitori a ciascuna comunità del distretto.
Tutto ciò con la precisa volontà di cercare opportunità di
razionalizzazione gestionale attraverso l'integrazione.
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