Maria Francesca Maretti _ Domus 2000/2009

Transcript

Maria Francesca Maretti _ Domus 2000/2009
Nuovi spazi per l’intercultura
Atlante di esempi
Domus _dal 2000 al 2009
Politecnico di Milano, Facoltà di Architettura Civile, Corso di laurea magistrale in Architettura
Laboratorio di Progettazione degli Interni 1 _ a.a. 2009/2010
Roberto Rizzi, Stefano Levi della Torre con Marta Averna, Aurelia Belotti, Sara Calvetti, Ilaria Guarino
Ricerca di MariaFrancesca Maretti 751414
Relazione di sintesi
Il lavoro di ricerca effettuato si basa
sull’analisi di alcuni casi particolari di spazi
di aggregazione sociale e culturale, vari sia
nelle funzioni che nella dislocazione spaziotemporale. Il lavoro infatti tiene conto di
tutte le principali pubblicazioni avvenute
sulla rivista Domus tra il 2000 e il 2009. La
ricerca, riassunta in un numero indicativo di
15 progetti, non si propone come elencazione risolutiva e conclusa di opere, quanto
più come base di partenza per lo sviluppo e
l’approfondimento di temi particolarmente interessanti dal punto di vista tecnicofunzionale per la progettazione di un centro
socio-culturale.
biblioteche civiche per lasciar spazio a centri
polifunzionali o sportivi, si è posta maggiore
attenzione agli spazi di aggregazione più
che a quelli di recupero per le comunità.
Ciò che emerge principalmente
dall’analisi (si fa rif. a tutti i progetti presi al
vaglio ) è un intento comune a quasi tutti i
nuovi progetti di grandi strutture dedicate al
sociale: la permeabilità. Con questo termine
viene generalmente indicata la capacità di
un edificio di essere attraversato. Quello a
cui la nuova architettura sociale o pubblica
mira è l’essere presa in considerazione, fungere da momento di transito all’interno della
vita del fruitore, essere parte del suo percorso. D’altro canto numerose sono le strutture
La catalogazione dei progetti è stata che nascono come coadiuvanti per il tessufatta su una base di circa 45 spazi dedicati
to preesistente, edifici in grado di creare o
alla cultura, all’università, daell’educazione, ricucire una connettività ormai erosa o mai
allo sviluppo, allo studio, allo sport, al tem- esistita. È il caso di tutti quegli interventi fatti
po libero, alla musica, ecc.. la scelta dei 15
nelle periferie o ai margini dei centri consoliprogetti è stata fatta seguendo un filo con- dati, dove il tessuto si sfrangia e perde considuttore che è quello della destinazione degli stenza sia architettonica che sociale.
spazi e della attenzione rivolta in fase ideatiUn altro importante aspetto caratteva dai progettisti ai futuri fruitori dei centri e al loro contributo di ‘creazione’ dello spazio. ristico di queste architetture, ciò che davPer questo motivo si sono messe da parte le vero le rende utili, è l’imprevedibilità con
cui il fruitore vi si accosta. Ciò deve essere
permesso dal progettista che si impegna a
creare un ambiente la cui versatilità sia un
punto forte. Paradossalmente una struttura
versatile è anche e soprattutto una struttura
sfocata, o meglio, il cui apparato funzionale
non sia ben definito o imposto. In grado cioè
di mettere a proprio agio chi usufruisce dello
spazio al fine di permettere una interazione
reale con esso. In taluni casi questa libertà di
agire nello spazio (o far agire lo spazio) è interpretata come flessibilità, delle strutture,
delle attività svolte, degli orari di apertura,
delle forme usate, ..
In ultima analisi è interessante menzionare la necessità di alcuni contesti urbani
di identificare, nel polo aggregativo culturale o sociale, anche un polo di attenzione,
un Landmark in grado di convogliare nel
progetto il paesaggio circostante e di abbracciarlo ad ampio raggio. Per concludere si
può far riferimento alla crescente necessità
di questi spazi particolari di una buona dose
di ambiguità, concetto che si va affermando
in netto disaccordo con la Miesiana necessità di uno spazio universale.
Zvi Hecker, Centro Culturale Ebraico, Duisburg, Germania 2000
‘’Nella lingua ebraica “mano” e “memoria” sono indicate dalla stessa parola: “Ya’ad”.
E l’idea della memoria, dell’appartenenza trova la sua espressione nel “libro”, piuttosto che
in quel territorio negato da una diaspora millenaria.’’ Questo l’incipit della trattazione del
centro Culturale ebraico. Il concorso bandito
nel 1996 richiedeva uno spazio in grado di dislocare una grande sala multifunzionale, spazi
per l’insegnamento religioso, abitazioni per il
rabbino e per gli ospiti del centro ed uffici, oltre alla sinagoga. L’architetto parla di un’enorme ‘casa’ nella quale si possa abitare, lavorare,
festeggiare, accogliere gli amici e ritirarsi in
preghiera. Il progetto continua l’allineamento dell’edificato residenziale esistente e dalla
strada si distribuisce a ventaglio in corpi allungati come le dita di una mano aperta. Il
complesso, quindi, si adegua alla città e nel
contempo si schiude verso il fiume e il parco
lungo la riva. L’ingresso è collocato sul retro
(verso la città). Hecker dispone il suo progetto continuando l’allineamento dell’edificazione residenziale preesistente lungo la strada e
da qui distribuisce a ventaglio i corpi allungati, proprio come le dita della mano o le pagine di un libro aperto. In tal modo il nuovo
complesso assume una duplice fisionomia,
da una parte quella che si adegua alle forme
edificate della città preesistente e dall’altra
quella che si dischiude lungo il fronte del fiume e le superfici a parco lungo la riva. Questa strategia progettuale viene ulteriormente
articolata dall’architetto attraverso due scelte
successive: collocare l’ingresso sul retro, dunque verso la città, attraverso una corte nella
quale convergono le diverse parti dell’edificio, e distribuire i singoli episodi a partire da
quelli domestici, per concludersi nel corpo
edilizio isolato nel verde della sinagoga. Infine, troviamo la sinagoga, che è illuminata
soltanto da una sottile fessura.
-dall’alto: sezione lungo la si- -sotto: pianta del livello zero e
nagoga; sezione lungo la zona del livello 1.
d’ingresso; prospetto ovest;
sezione lungo la sala polivalente; prospetto dal parco.
-in alto a destra: schizzo.
da DOMUS febbraio 2000
-a fianco: viste dall’esterno.
a cura di MariaFrancesca Maretti
Zvi Hecker, Centro Culturale Ebraico, Duisburg,
Germania 2000.
-in alto: planivolumetrico.
-sotto: grafico geometrico.
-al centro e in basso: viste
dell’interno e esterno degli
spazi e della sinagoga.
da DOMUS febbraio 2000
a cura di MariaFrancesca Maretti
Eduardo Souto de Moura, Centro Culturale , Oporto, Portogallo 2001
Il centro culturale di Oporto da possibilità all’architetto portoghese di dimostrare tutto il suo talento.Lo scopo principale è
mettere in rapporto lo spazio progettato e il
panorama naturale circostante, attraverso un
dialogo diretto della nuova costruzione con
la preesistente in stile neoclassico. L’architetto studia una soluzione per non interferire
con il parco e i giardini esistenti al fine di creare una perfetta sintonia tra il disegno del verde esistente ed il costruito. Trait d’union tra il
centro e il giardino è un muro di pietra senza
aperture.
- a sinistra: schizzi dell’architetto;
-sopra: vista del muro;
-sotto: vista del muro e del
girardino;
da DOMUS novembre 2001
a cura di MariaFrancesca Maretti
Anne Lacaton - Jean-Phillipe Vassal, Palais de Tokyo , Parigi, Francia 2002
-dall’alto viste dell’interno
con particoalre attenzione ai
pannelli di indicazione.
-a lato: esterno del Centro.
-sotto: interno del Centron
con attenzione alle copertuer
esistenti.
Questo spazio occupa l’ala simmetrica
a quella del Museo d’Arte Moderna della Città di Parigi, tra L’avenue du Président Wilson
e la riva della Senna. Nel dopoguerra l’edificio è stato anche sede del Museo Nazionale
d’Arte Moderna. Svariati progetti si sono susseguiti senza esito fino a quando il Ministero
della Cultura ha deciso di concedere l’edificio
all’Associazione del Palais de Tokyo. Lo spazio è tardo stile Art Déco, imponente e monumentale, al pian terreno un ampio spazio
dalla copertura vetrata, tre sale laterali e una
grande navata, ai piani superiori diversi altri
spazi. Il complesso è stato rimesso in funzione per dare la possibilità al pubblico di un uso
molto libero dell ‘edificio. L’estrema flessibilità
permette a questo luogo di svolgere il ruolo
di laboratorio vivente della creazione contemporanea. Spazio adatto a manifestazioni
singole e grandi progetti, mostre articolate
in archi di sei mesi e varie forme d’esposizione. Tutto questo permette di reagire rapidamente all’attualità, anche organizzando manifestazioni più spontanee cha cambiano da
un mese all’altro. Aperto da mezzogiorno a
mezzanotte il palais usa l’arte di oggi come
un vero e proprio ‘strumento ottico’ per catturare altre discipline come il design, il cinema,
la letteratura, la moda.
da DOMUS giugno 2002
a cura di MariaFrancesca Maretti
Ashton Raggatt McDougall, Centro Culturale , Marion, Sud Australia 2002
Il Centro culturale per la municipalità
di Marion nell’aria metropolitana di Adelaide
occupa una posizione inusuale nella geografia del paesaggio istituzionale. Il complesso
ospita una biblioteca, un centro d’informazione, un teatro, una sala riunione, uno spazio
espositivo e un punto di ristoro. L’articolazione del centro si struttura per parti funzionali,
la posizione delle quali sfrutta e sottolinea
le lievi emergenze ambientali. Ogni elemento del programma si relaziona a uno spazio
esterno preciso. Le lettere MARION campeggiano sul prospetto e mentre MAR ancorano
la struttura al suolo ION emerge dal paesaggio. Il nome della città è scandito dall’integrazione tra muro e terreno. Il lettering fa si che
la costruzione generi dei volumi che fuoriescono dal piatto panorama australiano.
1. schizzi dell’architetto;
2. vista del muro;
3. vista del muro e del girardino;
da DOMUS luglio/agosto 2002
a cura di MariaFrancesca Maretti
Eisenman Architects, Città della Cultura , Santiago de Compostela, Spagna 2002
Il progetto di Eiseman per Santiago de
Compostela si genera sulla base di tracce sovrapposte: segnali che producono una condizione alternativa della figura e del terreno.
Il piano della città vecchia situata sul pendio
della collina, la griglia cartesiana sovrapposta
alla rete di strade medievali e, infine, la topografia della collina, introducono distorsioni
nella geometria rispetto al piano generando
una superficie deformata: qui vecchio e nuovo
si sovrappongono in una matrice simultanea.
Il centro medievale di Santiago corrisponde a
un modello figura/sfondo di organizzazione.
-dall alto: vista dell’area, vista
in pianta e prospetto del
modello di studio, schemi
di aggregazione e di studio,
modello in legno.
-in basso: modello virtuale.
da DOMUS ottobre 2002
a cura di MariaFrancesca Maretti
Woodhead International, karijini Visitor Center , Tom Price, Australia 2002
-in alto: interno del centro
targhe di indicazione ed esposizione.
-a sinistra: pianta e sezioni
dell’edificio.
-a fianco e in basso: esterno
dell’edificio con rivestimentometallico invecchiato artificialmente.
Per raggiungerlo da Sydney occorrono
4 ore di volo, poi da Perth con un terzo volo
bisogna dirigersi a Praburdoo, ancora 120 km
e si arriva al Karijini Visitor Centre. Progettato da Woodhead International BHD informa
il pubblico sulla flora, la fauna e la storia del
parco Karijini National Park e sugli aborigeni
che abitano la zona da più di 20mila anni. La
scelta delle forme è stata fatta a partire dalla
forma di un animale, secondo la tradizione
aborigena di esprimere il legame con la terra
attraverso la rappresentazione di animali; in
questo caso la Goanna stilizzata. La struttura è composta da grandi pezzi prefabbricati
in acciaio imbullonati sul posto e lavati con
l’acido cloridrico per accelerarne il deterioramento. La costruzione è formata da un sistema di muri ricurvi autoportanti che evocano
le vicine gole e le forre. All’interno pannelli di
cartongesso scuri fungono da appoggio per
le opere e sono intervallati da aperture vetrate come fossero squarci sul paesaggio.
da DOMUS gennaio 2002
a cura di MariaFrancesca Maretti
Raimund Abraham, Centro Culturale Austriaco , New York, Stati Uniti 2003
Un coltello affondato nella ‘pasta’ del
tessuto urbano, così viene descritta la torre
che ospita il centro culturale austriaco. Situata al centro di Manhattan è uno ‘schiaffo’ alla
reazione estetica che potrebbe (e dovrebbe)
scuotere New York e contribuire ad aprire la
città all’architettura d’avanguardia. Per garantire le due uscite di sicurezza l’edificio è previsto di scale a forbice sul retro in modo da lasciare sgombro il resto del piano. La struttura
è tripartita: le scale, la torre di venti piani e il
curtain wall della facciata. La facciata esterna e la conformazione dell’edificio risultano
molto rispettose del quartiere preesistente, Il
Forum alla base risulta lievemente avanzato
rispetto agli uffici ai lati per poi digradare con
l’altezza. L’unica sporgenza vistosa è l’ufficio
del direttore al settimo piano. L’interno è,
come si addice ad ogni centro per la cultura,
molto versatile per ospitare mostre e manifestazioni, conferenze e seminari,.. . Il vero filo
conduttore di tutta l’architettura del Centro
è la luce che filtra attraverso gli spazi disposti
in modo da alternare quelli pubblici a quelli
dedicati a funzioni private.
-in alto: sezione e piante ai vari
piani della torre.
-al lato: ingresso, particolare tirante, particolare interno, vista
lotto prima dell’edificazione.
-sotto: viste dell’edificio
dall’esterno in rapporto con il
contesto esistente.
da DOMUS settembre 2003
a cura di MariaFrancesca Maretti
LAB Architecture Studio, Centre for the Moving Image ,Melbourne, Australia
2004
Un nuovo centro destinato alle attività
culturali per la città di Melbourne, un grande
spazio pubblico di incontro in una sorta di
centro civico in autentico spirito federativo. Il
progetto prevede zone e attrezzature per varie attività sia collettive che non. Il tentativo
ben riuscito di realizzare un’isola civica e culturale fondata sul principio della permeabilità permette a chi lavora, chi passa per caso
e chi visita il complesso di interagire senza
difficoltà. Il complesso consta di una piazza
pubblica in grado di ospitare 15mila persone
ed è circondata da una serie di edifici destinati alla cultura e alle attività commerciali,
che occupano una superficie di 55mila metri
quadri. Federation Square si propone come il
nuovo cuore della città, il centro e il punto di
riferimento per i suoi abitanti ma anche per i
visitatori che provengono dalle regioni circostanti o dall’estero.
-in alto a sinistra: pianta del
primo livello.
-in alto al centro: vista della
costruzione e della pavimentazione.
-in alto a destra: planimetria
generale.
-al lato: texture rivestimenti.
-sotto a sinistra: piano terra
piazza.
-sotto: sezione sul cinema.
da DOMUS dicembre 2004
a cura di MariaFrancesca Maretti
LAB Architecture Studio, Centre for the Moving Inage, Melbourne, Australia 2004.
-in alto a sinistra: struttura
vetrata.
-al centro e sotto: viste dell’interno, struttura espositiva.
-sopra: ingresso vetrato.
-al centro a sinistra: gioco di
ombre del lucernario.
-sotto a sinistra: vista dalla
da DOMUS dicembre 2004
piazza.
a cura di MariaFrancesca Maretti
Bernard Tschumi, Centro Zénith, Rouen, Francia 2005
Progettato per accogliere eventi ‘popolari’, spettacoli di varietà, manifestazioni sportive e di intrattenimento l’edificio di Tschumi
fa parte della tipologia che ha avuto inizio
con il Parc de la Villette di Parigi. Questi edifici, detti ‘multifunzionali’ sono caratterizzati dal badget limitato, necessità di strutture
durature e versatili. Questo edificio in particolare è stato concepito come segno urbano
per la città di Rouen, una sorta di Landmark.
Situato su un’area in cui un tempo c’era un
campo di aviazione caduto in disuso, l’edificio si compone di una sala espositiva di 70mila metri quadri, lo Zénith sala per spettacoli
e una piazza. I materiali utilizzati sono il cemento, lasciato a vista e il metallo che fa da
rivestimento acustico. Di notevole interesse
sono anche i piloni che scaricano il peso sulle murature perimetrali poiché le sale sono
sprovviste di colonne di sostengo interne.
-in alto a desta: sezione trasversale.
- al centro a sinistra: pianta
dell’auditorium.
-al centro a destra: particolare
dellla scalinata interna di un
edificio.
-sotto: viste dell’edificio dalla
piazza esterna.
da DOMUS novembre 2005
a cura di MariaFrancesca Maretti
David Adjaye, Idea Store Whitechapel , Londra, GranBretagna 2005
Whitechapel è considerata una delle
zone più povere di Londra, ed è caratterizzata
da un vivace mercato e da moltissimi piccoli
negozi appartenenti ad una popolazione per
lo più indiana e pachistana. L’Idea Store è realizzato in un edificio di 5 piani con la facciata
completamente vetrata, apparentemente un
palazzo per uffici. Le fasce colorate di blu e
verde ricordano quelle dei tendoni dei mercati e al pian terreno un’apertura permette
l’ingresso alla scala che porta al primo piano.
Il luogo è pensato come un ‘riparo’, polo di
attrazione e terreno di scambio intellettuale. All’interno vengono utilizzati elementi da
grande magazzino e le vetrate fungono ora
da schermo ora da fonti di luce; la distribuzione spaziale dell’edificio sui quattro piani è
una miscela diversificata di sale lettura aperte
e salette riunioni più isolate, all’ultimo piano
c’è un caffè con lucernari retrattili. A ogni piano dell’edificio tutte le strutture sono ricavate intorno al nucleo centrale della biblioteca
che risulta essere il fulcro dell’Idea Store.
-in alto a desta: pianta del
quarto piano.
- a lato
-in basso al centro: particolare
del tendone di un mercato sulla facciata dell’edificio.
-sotto: vista interno dell’idea
store.
da DOMUS novembre 2005
a cura di MariaFrancesca Maretti
RMA Architects, Magic Bus City Campus , Karjat, Mumbai India 2007
Il campus è stato costruito nei sobborghi di Mumbai per l’ONG MagicBus, che dal
1999 cerca di offrire a bambini e adolescenti
meno fortunati, provenienti dalle baraccopoli, occasioni di formazione e lavoro. Situato
lontano dal caos in un ambiente naturale lussureggiante, il campus, si estende per 36.500
metri quadrati e viene raggiunto dai ragazzi
durante il weekend con un autobus (da cui
il nome). Una delle priorità del progetto riguarda la relazione con la natura circostante,
gli edifici si propongono di esprimere l’equilibrio tra architettura e paesaggio. Alla scala
dei singoli edifici, gli architetti hanno pensato
di utilizzare una gamma di materiali e di soluzioni che permettesse ai giovani di sentirsi a
proprio agio e in un ambiente familiare. Per
questo gli spazi sono collegati da semplici
sentieri di terra battuta, le finestre hanno telai in alluminio e blocchi di pietra sono lasciati casualmente a vista. L’utilizzo di materiali
di recupero non ha impedito agli architetti
di creare un proprio vocabolario in grado di
restituire l’espressione della speranza e degli
obiettivi per i giovani utenti. Elemento fortemente connettivo è il refettorio con struttura
a padiglione che permette una fruizione sia
totalmente aperta che chiusa attraverso un
sistema di stuoie arrotolabili.
-in alto a sinistra: pianta del
complesso a livello zero.
- a lato: viste del centro con
particolare sui dormitori.
-sotto: piante del primo piano.
da DOMUS ottobre 2007
a cura di MariaFrancesca Maretti
B+R Architects , Arena Bekkestua, Baerum, Norvegia 2008
-in alto a sinistra: pianta del
piano terra e del piano primo.
-in alto: vista della sala principale durante un evento.
-sotto: diversi usi della sala,
esempio di uno skate park e di
una serata disco.
-in basso: sezione longitudinale.
da DOMUS aprile 2008
Nonostante lo spazio richiesto avesse
funzioni abbastanza vaghe e non ben diversificate lo studio b+r ha saputo ideare una soluzione efficace; non visionaria ma pragmatica la loro scelta di ripartire il lotto in un’area
coperta di 1000metri quadri e 3000 dedicati
invece allo spazio aperto funzionale alle attività di sport e relax. Il volume costruito è un
parallelepipedo reso traslucido dall’involucro
in policarbonato, su cui si innesta al primo livello un corpo più opaco in aggetto che contiene i locali di servizio. La grande sala rettangolare alta 10 metri è in grado di ospitare 300
visitatori alla volta permettendo la proliferazione di esperienze spaziali diversificate.
a cura di MariaFrancesca Maretti
Junya Ishigami , Facility, Kanagawa, Giappone 2008
Si tratta di una struttura ad uso didattico che si trova all’interno del Kanagawa Institute of Technology ed è concepita per lo più
per ‘‘produrre cose’’. La costruzione si propone
di coinvolgere sia studenti che la comunità
locale e per questo il programma presenta un
elenco di attività vario e un aspetto pubblico.
L’equivalente naturale di Facility è una radura in una macchia di bambù. Si tratta infatti
di un volume semplice su un unico piano, a
pianta quadrata lievemente irregolare, scandito da una selva di esili colonne. Lo spazio
è unico e indistinto per funzione e gerarchia
occupato da piante in vaso che godono della
luce che permea dai tamponamenti vetrati.
Non vi sono demarcazioni, corridoio o muri
di separazione i confini sono ‘ambigui’ come
ama definirli il progettista.
-in alto a sinistra: vista della
vetrata.
-in alto al centro: pianta,
particolari pilastrini, schizzo di
progetto.
da DOMUS aprile 2008
a cura di MariaFrancesca Maretti
Emanuele Fidone, Centro Civico, Modica Siracusa, Italia 2009
Il centro civico polivalente di Modica è
situato in un’area periferica della città, senza
gerarchie spaziali. Un’architettura volutamente piena che sembra levitare dal suolo. Si presenta come un’alta galleria che relaziona una
sequenza di pieni e vuoti, eleganti e confortevoli, ben articolati e pieni di luce. La costruzione è aperta verso la città e cerca di stabilire
relazioni con il costruito esistente. Lo spazio
interno è gestito su due livelli per un totale
di 1500 metri quadri: un piano seminterrato
e uno soprelevato che affaccia su un quadriportico caratterizzato da un muro continuo. È
quindi un intervento di recupero quello che
mira a far nascere un Hub creativo all’interno
di una struttura che fino al 2006 era utilizzata
per fini commerciali.
-dall’alto: sezioni
-in alto a destra: viste prospettiche dell esterno e interno.
-a lato: ingresso.
-sotto: pianta livello 0, pianta
livello1 e pianta livello 2.
-in basso: vista intercolumnio
e schema di funzionamento
porte.
da DOMUS ottobre 2009
- qui sotto: modellino e modellino sezionato.
a cura di MariaFrancesca Maretti
Emanuele Fidone, Centro Civico, Modica Siracusa,
Italia 2009.
-in alto: la struttura esistente.
-a fianco: prospetti.
-sotto: sezione esistente e sezione del muro con aperture.
-in basso a sinistra: vista a volo
di uccello dell’area.
da DOMUS ottobre 2009
a cura di MariaFrancesca Maretti
Norman Foster , Multimedia Centre, Harvestehude Amburgo, Germania 2000
Il tetto libero poggia su pilastri sottilissimi, sotto un edificio in vetro. L’uso previsto è non ben definito, se non con il termine
‘multifunzionale’ . Il piano terreno e l’ultimo
piano hanno funzioni diverse rispetto al resto dell’edificio: a livello strada c’è un centro
commerciale e un pub. L’ultimo piano presenta una particolarità che doveva permettere l’inserimento di residenze, esso ha infatti
una facciata leggermente arretrata e soffitti
più alti per una eventuale partizione orizzontale. Inizialmente progettato per ospitare
delle aziende multimediali, l’ultimo piano è
stato poi riadattato ad uffici. Il complesso si
adatta all’architettura circostante entrando in
contatto con le diverse preesistenze.
-in alto: planivolumetrico e
sezione trasversale.
-in basso: piana piano uffici.
-a sinistra: immagini della
struttura dall’esterno e dall’interno con particolare attenzione agli scorci e all’utilizzo dei
materiali
da DOMUS giugno 2000
a cura di MariaFrancesca Maretti