Leggi un estratto
Transcript
Leggi un estratto
STORIA E STORIE [email protected] 21.04.2016 12:05 [email protected] 21.04.2016 12:05 jOShuA lEvInE somme. voci dall’inferno InTROduzIOnE dI nIcOlA lAbAncA [email protected] 21.04.2016 12:05 Traduzione: Luigi Sanvito Titolo originale: Forgotten Voices of the Somme. The Most Devastating Battle of the Great War in the Words of Those Who Survived First published by Ebury Press, an imprint of Ebury Publishing. Ebury Publishing is a part of the Penguin Random House group of companies. Testi © Joshua Levine and Imperial War Museum, 2008 Fotografie © Imperial War Museum, 2008 www.giunti.it © 2016 Giunti Editore S.p.A. Via Bolognese 165 – 50139 Firenze – Italia Piazza Virgilio 4 – 20123 Milano – Italia Prima edizione: giugno 2016 Realizzazione editoriale: Studio Editoriale Littera, Rescaldina (MI) [email protected] 22.04.2016 12:38 Nelle trincee 2 Vidi un corpo maciullato su un giaciglio. Rimasi impietrito dalla paura. La maggior parte dei soldati inglesi che andarono in Francia non era mai stata all’estero. Si sarebbe abituata a uno strano mondo di paraschegge, buche di appostamento e palizzate. da tempo l’esercito britannico faceva uso delle trincee nelle operazioni belliche, ma la natura statica del primo conflitto mondiale le avrebbe trasformate da semplici terrapieni in strutture elaborate e semipermanenti. Caporale Hawtin Mundy 1° battaglione, Oxfordshire and Buckinghamshire Light Infantry Lasciammo Burnham-on-Sea e raggiungemmo Southampton. Avevamo due giorni prima di salpare da lì per la Francia: ci permisero di andare in città, era il mio compleanno. Mi comprai una bottiglia di whisky per festeggiare. Viaggiammo verso la Francia a bordo di una vecchia imbarcazione per trasporto bestiame, e dovemmo aspettare sulla nave mentre facevano salire i cavalli. [email protected] 21.04.2016 12:07 82 Somme. Voci dall’inferno Finalmente, quando fu sera, lasciammo Southampton. naturalmente avremmo tutti dovuto essere sottocoperta, ma io avevo la mia bottiglia di whisky e non la volevo portare di sotto. così strisciai verso il centro del ponte e mi rintanai sotto una tela cerata, per conto mio. Me ne stavo zitto zitto mentre la nave iniziò a fare il suo sciabordio... Presi un sorso o due, cominciai a sentirmi bene e mi addormentai. Quando mi svegliai i motori erano fermi, così pensai che fossimo arrivati. Sollevai la tela cerata... era coperta di neve. uno dei marinai mi vide. «che cosa fai qui?» mi chiese. «Siamo arrivati?» feci a mia volta. «no! Siamo tornati al punto di partenza. Eravamo usciti dal Solent, ma alcuni u-boot ci hanno scorto, allora abbiamo virato di bordo e siamo tornati indietro. Però ripartiamo fra qualche minuto. Stavolta ci daranno una scorta.» Gli chiesi se volesse un goccio e lui si prese una bella sorsata dalla bottiglia. «crepo di freddo» gli dissi. Il marinaio mi rispose: «Vieni con me», e mi portò giù lungo la fiancata della nave. A un certo punto aprì una porta e mi fece entrare in un cucinino con una stufa in un angolo. «Qui starai bello caldo» mi garantì. Io mi sedetti sopra la stufa, dove mi addormentai di nuovo. Più tardi, qualcuno mi urlò: «dai, forza! Siamo a Le Havre!». Soldato semplice Reg Coldridge 2° battaglione, Devonshire Regiment Il primo shock che ricevetti quando andammo da Southampton a Le Havre, e poi su per il fiume fino a Rouen, fu un convoglio di feriti che arrivava dalla parte opposta. Erano migliaia. Fu il mio primo sguardo alla guerra e strappò via ogni lustro a ciò che stavamo facendo. [email protected] 21.04.2016 12:07 nelle trincee 83 Soldato semplice Reginald Glenn 12° battaglione, York and Lancaster Regiment c’erano molti prigionieri tedeschi che lavoravano sul molo di Marsiglia, quando arrivammo. cantavano e sorridevano, tutti contenti. Era facile intuire cosa pensassero: «Quei poveri bastardi vanno in prima linea, ma noi abbiamo finito. Resteremo prigionieri fino alla conclusione della guerra». Soldato semplice Ralph Miller 1/8° battaglione, Royal Warwickshire Regiment Quando arrivai in Francia c’erano dieci centimetri di neve sul terreno ma dovevamo comunque dirigerci a piedi da Le Havre ad Harfleur. Fu un accidenti di marcia, con lo zaino pesante. una faticaccia. I ragazzini francesi ci urlavano dietro: «Shockolat!». Soldato semplice William Holbrook 4° battaglione, Royal Fusiliers Mentre marciavamo verso il fronte della Somme, passammo davanti a un giovane strillone. Aveva fasci di giornali francesi sotto il braccio, e gridava: «Le Journal! La Germania è fottuta!». Cannoniere Harold Lewis 240ª brigata, Royal Field Artillery cavalcammo verso la prima linea. La regola era che quando un ufficiale in sella girava la testa, lo si doveva affiancare e prendere per le redini. Vidi che il capitano si voltava e mi feci avanti, però lui mi disse: «non è quello che intendevo. Sentite!». E udimmo il primo rombo dei cannoni. Eravamo in guerra. [email protected] 21.04.2016 12:07 84 Somme. Voci dall’inferno Prigionieri tedeschi, lieti di non dover più combattere. Soldato semplice Albert Day 4° battaglione, Gloucestershire Regiment Al mio arrivo in prima linea ero terrorizzato. Vidi un corpo maciullato su un giaciglio. Rimasi impietrito dalla paura. Maggiore Alfred Irwin 8° battaglione, East Surrey Regiment Ero vicecomandante del battaglione e il comandante voleva che un responsabile del gruppo di punta lo anticipasse per occuparsi degli aspetti logistici. Fu così che venni spedito a dernancourt qualche giorno prima del resto del battaglione; laggiù riuscii a trovare un alloggio particolarmente comodo per il mio superiore, che ne fu lieto. [email protected] 21.04.2016 12:07 nelle trincee 85 Soldato semplice Harold Hayward 12° battaglione, Gloucestershire Regiment Mentre andavamo verso la prima linea finimmo in un angolo della trincea di comunicazione, dove restammo bloccati. Aspettammo mezz’ora, sempre più impazienti. dopo un po’, dissi: «datemi un fucile, faccio il giro!». così mi affrettai, ma i miei stivali di gomma affondarono nel fango e non potei più muovermi. Per risolvere la situazione, tagliai le cinghie e mi liberai delle calzature. La trincea era profonda quasi due metri. di questi, almeno ottanta centimetri erano costituiti da fango. non c’era altro modo di avanzare se non a piedi scalzi, lasciando indietro gli stivali. Soldato semplice Frank Lindlay 14° battaglione, York and Lancaster Regiment Mentre stavamo per arrivare in prima linea, uno dei tedeschi urlò: «Quando arrivano quei bastardi dello Yorkshire?». Maggiore Alfred Irwin 8° battaglione, East Surrey Regiment Gli ufficiali e i sottufficiali che arrivavano da noi venivano sempre accompagnati per un giro istruttivo da quanti si trovavano laggiù da abbastanza tempo per dare lezioni. Stavamo vivendo la stessa esperienza, e credo che fossimo tutti ugualmente spaventati. La prima volta che sentii una mitragliatrice caddi a faccia in giù nella trincea, e così quelli intorno a me. Era una reazione normale. Maggiore Murray Hill 5° battaglione, Royal Fusiliers un giovane comandante di compagnia, appena ventunenne, stava rilevando una trincea da un comandante che aveva più di [email protected] 21.04.2016 12:07 86 Somme. Voci dall’inferno quarant’anni. «È stato molto fastidioso» gli disse quest’ultimo. «due soldati erano rimasti sepolti laggiù e non la piantavano di lamentarsi. Però adesso è tutto a posto: hanno smesso.» Quando l’ufficiale più giovane sentì questa storia, si mise subito al lavoro con i suoi uomini. Insieme, estrassero i corpi in dieci minuti. In altre parole, quei due avrebbero potuto essere salvati. Raccontai la vicenda al comando di divisione: tutti si misero a ridere forte. Capitano Philip Neame, decorato al valore (Victoria Cross) Comando, 168a Infantry Brigade Il modello di trincea anteriore alla guerra era di solito molto meno profondo di quello che fummo costretti a sviluppare sul teatro francese. Prima della guerra, quando ci veniva ordinato di trincerarci, preparavamo una trincea di un metro scarso di profondità, con un parapetto affacciato all’esterno di circa quaranta centimetri. Be’, non bastava in caso di cannoneggiamento, così in Francia allestimmo trincee profonde quasi due metri, con pedane per i tiratori (di modo che potessero mirare sopra i parapetti), strette trincee di comunicazione (che ci proteggevano dal fuoco di artiglieria e dall’osservazione aerea) e altre a zig-zag (per non essere colti dal fuoco d’infilata). Si trattava di sviluppi che non erano stati presi molto in considerazione prima della guerra. Sergente Charles Quinnell 9° battaglione, Royal Fusiliers Per fortuna avevamo una guida quando arrivammo al fronte, perché per i nuovi venuti le trincee erano un labirinto, mentre la guida sapeva come muoversi. Prima di inoltrarci nel tunnel, ricevemmo l’ordine di caricare. Infilammo nove colpi nel caricatore, uno in canna, e mettemmo la sicura, pronti a usare il fucile, senza dover eseguire altre operazioni. Poi la guida ci condusse nelle trincee di [email protected] 21.04.2016 12:07 nelle trincee 87 comunicazione (che passavano attraverso la linea di rifornimento e quella di riserva), e da lì alla prima linea. I camminamenti di comunicazione erano diritti per un centinaio di metri, dopodiché c’era una traversa di circa cinque metri. Serviva ad attutire gli effetti dei bombardamenti: se un obice colpiva un tratto della trincea, la traversa impediva che le schegge arrivassero ovunque. Lo stesso valeva per la prima linea, quando vi giungemmo. consisteva di due camminamenti lunghi più o meno dieci metri, poi c’era una traversa, un altro camminamento, e così via. ognuno era riservato a tre uomini che, di notte, si stringevano con uno in piedi a guardare sopra il bordo: era la sentinella. Aveva un periscopio lungo circa sessanta centimetri, con uno specchio in basso, sistemato a un angolo di quarantacinque gradi, e uno in cima, rivolto all’esterno, così che i due specchi si riflettevano a vicenda: l’uomo doveva solo tenerlo su. Il soldato accanto sedeva vicino alla sua gamba, in modo che se la sentinella vedeva qualcosa di sospetto, doveva solo dargli un piccolo calcio, e tutti e due poi restavano in piedi a guardare. Al terzo era permesso di scendere dalla pedana di tiro e dormire. La vita nelle trincee era un’assoluta novità, e la prima impressione che ricevemmo – almeno per quel che mi riguarda – era che fossero molto vissute. Qui si vedeva un pastrano appeso a un piolo di legno; là c’era una gavetta con dentro un po’ di tè; poi c’era un rifugio con sopra un pastrano o una coperta, e lì accanto un giaciglio fatto di sacchi di sabbia... sembrava tutto molto vissuto. Maggiore Alfred Irwin 8° battaglione, East Surrey Regiment Prendemmo il posto dei francesi che, pur un po’ sciatti nel mantenimento delle trincee, erano stati al fronte abbastanza a lungo da farne di buone. Era un terreno di colline gessose, facile da [email protected] 21.04.2016 12:07 88 Somme. Voci dall’inferno scavare ma difficilissimo da tenere pulito quando pioveva, perché il gesso creava una fanghiglia appiccicosa che incollava tutto. Soldato semplice Reginald Glenn 12° battaglione, York and Lancaster Regiment Avevamo trincee belle solide, ma il terreno gessoso che scavavamo segnalava ai tedeschi la nostra posizione, perché era bianco. Eravamo provvisti di passerelle su cui camminare. Quando pioveva finivano sott’acqua e noi ci ritrovavamo a spostarci e a dormire sul bagnato. Le trincee erano abbastanza profonde perché un uomo di un metro e ottanta potesse starci in piedi, e larghe poco meno di un metro, così da permettere a due soldati di passare senza intralciarsi. Al fondo della trincea c’era poi una pedana di tiro dove si appostavano le sentinelle con il periscopio. davanti era steso molto filo spinato. Pattuglie apposite lo tiravano su in una notte. Ma era fatto a sezioni, in modo che una sezione potesse essere spostata per far passare le truppe durante un assalto. Sergente Charles Quinnell 9° battaglione, Royal Fusiliers I nostri rifugi erano semplicemente buchi sui lati delle trincee, di circa un metro d’altezza e uno e mezzo di profondità. Si trattava di ricoveri piuttosto primitivi. I tedeschi avevano rifugi profondi fino a nove metri: li si poteva cannoneggiare per una vita e loro se la ridevano. Fuciliere Robert Renwick 16° battaglione, King’s Royal Rifle Corps Quando andavamo a dormire, scavavamo una buca nel retro della trincea. Le chiamavamo «tane», non erano molto profonde, adatte sì e no a una sola persona. ci stendevamo su un telone. [email protected] 21.04.2016 12:07 nelle trincee 89 Tenente James Pratt 1/4° battaglione, Gordon Highlanders nella guerra di trincea, la sopravvivenza dipendeva dall’esperienza che avevi maturato. un ragazzo poteva uscire il primo giorno, trovare tutto tranquillo e silenzioso, senza che si udisse sparare un solo colpo. Poteva cominciare a guardarsi intorno, fin sopra il bordo della trincea e pensare: «non c’è pericolo». un istante dopo gli arrivava una pallottola in testa. Bisognava sempre tenersi al coperto: l’unno ti spiava in continuazione. Per esempio, una volta andai dietro la linea di rifornimento e trovai alcuni soldati che scavavano un rifugio e uno in cima che posava sacchi di sabbia. Gli dissi: «che diavolo fai lassù?». «Preparo una postazione antimitragliatrice» mi rispose. «Ma sei in piena vista dei tedeschi!» ribattei. «Sì» fece lui, «però non succede niente.» diedi un’occhiata fuori e notai tre linee di trincee nemiche a ottocento metri di distanza. «Perdio» dissi, «i crucchi per ora se ne stanno buoni, ma ti hanno visto e più tardi te la faranno pagare con l’artiglieria.» «comunque voglio finire il lavoro» insistette il soldato. Me ne andai, ma quella sera la mia profezia si avverò. Il primo obice cadde un po’ corto e il soldato, ricordandosi del mio avvertimento, si mise a correre. Il secondo obice prese in pieno il rifugio. Tenente William Taylor 13° battaglione, Royal Fusiliers Il consiglio di massima, quando si arrivava in prima linea, era di tenere sempre giù la testa. In altre parole, se si voleva sapere che cosa stesse accadendo in campo nemico, si andava alla pedana di tiro, si dava un’occhiata e ci si ritirava prontamente. Restando fermi sulla pedana si attirava il fuoco tedesco. Eravamo bombardati ogni giorno. c’era sempre qualche colpo sparso di [email protected] 21.04.2016 12:07 90 Somme. Voci dall’inferno artiglieria da una parte o dall’altra. A volte un obice solamente, altre volte un martellamento di quattro o cinque minuti. Questi episodi potevano accadere in qualsiasi momento della giornata. non avevamo molta paura, perché sembravano tiri piuttosto a casaccio. occasionalmente uno shrapnel ci scoppiava sopra la testa. Sergente Charles Quinnell 9° battaglione, Royal Fusiliers una delle cose veramente importanti che imparavi era come riconoscere dal suono se un obice ti sarebbe passato sopra o avrebbe potuto centrarti. In quest’ultimo caso ci si buttava giù. credetemi, è difficile colpire un uomo disteso, perché l’obice si conficca nel terreno e poi esplode; di conseguenza, se rimani sdraiato, deve caderti proprio vicino per ferirti. Quando ci bersagliavano con colpi di mortaio, si sentiva un tonfo sordo. Tutti alzavano la testa: potevi vedere quei maledetti affari mentre ti arrivavano contro. uno dei compiti della sentinella, in caso di fuoco da mortaio, era quello di usare il fischietto per avvertire che aveva sentito il tonfo. durante il giorno i mortai facevano poche vittime. di notte, invece, era impossibile prevedere dove sarebbero caduti gli obici. Si poteva solo pregare. Soldato semplice William Hay 1/9° battaglione, The Royal Scots Il mio amico Alec stava andando al quartier generale, era giusto a metà strada della trincea di comunicazione quando uno di quei dannati minenwerfer – gli obici sparati dai mortai pesanti – cadde lì dove si trovava lui. due di noi corsero a vedere se stava bene. Quando arrivammo, giaceva su un lato della trincea; [email protected] 21.04.2016 12:07 nelle trincee 91 un altro tizio era saltato in aria, frammenti del suo kilt sarebbero rimasti appesi agli alberi per settimane. Alec era rimasto gravemente mutilato e fra noi due c’era l’accordo che se io fossi stato ferito, lui avrebbe dovuto dirlo a mia madre e viceversa: una specie di patto fra compagni di scuola. comunque non ce la fece. Ricorderò sempre che mentre moriva, mi chiese: «Lo dirai a mia madre, vero?». Io risposi di sì. Ero devastato. Avevo perso il mio amico. non mi importava più quello che avrebbe potuto accadermi, se avessi continuato a vivere oppure no. Se muore qualcuno che ti è così vicino, hai perso qualcosa di te stesso. non è possibile descrivere una simile mancanza. non sei davvero in te. A ogni modo, in licenza andai a trovare sua madre. non era sposata; io le raccontai com’era morto Alec, ma lei esclamò: «non mi stai dicendo la verità!». Perché, sapete, le avevo detto che era stato colpito al cuore. non avrei mai potuto rivelarle che... di conseguenza, le risposi: «Mi creda, le sto dicendo la verità!». Aggiunsi che ero stato con lui fino alla fine. Allora lei si convinse, e mi diede uno scatolone di dolci. del resto lavorava in una pasticceria. Quando me ne andai, mi salutò dicendomi: «dio ti benedica, figliolo!». E io pensai che quella benedizione mi avrebbe portato fortuna. Soldato semplice Frank Lindlay 14° battaglione, York and Lancaster Regiment In qualità di segnalatore, avevo un telefono nel mio piccolo rifugio di prima linea. un minenwerfer ci cadde sopra e scompigliò tutto. Buttò per aria me e il telefono, danneggiando l’apparecchio. Spezzò anche il filo, così mi arrampicai in cima alla spalletta – il muro di terra sopra il lato posteriore della trincea –, deciso a ripararlo. Quando andai su, mi trovai a camminare [email protected] 21.04.2016 12:07 Somme. Voci dall’inferno 92 su una quantità di «ranocchietti»1 morti, in avanzato stato di decomposizione. Li avevano appena coperti con un po’ di terra, e il minenwerfer li aveva tirati fuori. Erano proprio come marmellata. Le fasce che avevo ai piedi ne erano inzuppate. E ci mancò poco che quella faccenda mi ficcasse nei guai: «di che ti impicci?» mi dissero. «Sta’ zitto e lascia perdere!» Caporale Harry Fellows 12° battaglione, Northumberland Fusiliers Andavamo in prima linea, io ero il caporale responsabile delle due mitragliatrici Lewis della compagnia. Avevo quattro uomini per pezzo, mentre ne avrei dovuti avere sei. Andai dal sergente maggiore, per chiedergli altri quattro serventi. Lui mi rispose che potevo averne due. Tornammo allora in prima linea e quando uno dei nuovi venuti si accorse di avere un amico nel camminamento vicino, mi chiese se poteva fare un salto a trovarlo. Gli dissi di sì; ma non appena imboccò la traversa caddero due obici sulla trincea, uno davanti e uno dietro, lui rimase sepolto. Potevamo solo vedere le sue gambe che si agitavano. Io presi una gamba, un mio compagno l’altra e tirammo con tutte le nostre forze, senza riuscire a estrarlo. cominciammo a scavare con le mani, ma aveva già smesso di tirare calci. Quando finalmente riuscimmo a tirarlo fuori, era morto. La cinghia dell’elmetto era sotto il suo mento, mentre avrebbe dovuto essere sul mento. L’ elmetto era incastrato nella terra e noi, tirandogli le gambe, gli avevamo rotto il collo. Il compagno che aveva strattonato l’altra gamba esclamò: «dio mio, l’abbiamo strangolato. L’ abbiamo assassinato!». non sapemmo mai neanche il suo nome. 1 Termine gergale che indicava i francesi. [n.d.T] [email protected] 21.04.2016 12:07 nelle trincee 93 Soldato semplice Basil Farrer 3° battaglione, Green Howards In una trincea c’era un braccio che fuoriusciva dal terreno, la cui mano stringevamo quando ci passavamo accanto, esclamando: «Salve, amico!». Sono stato in trincee dove si pensava: «Probabilmente c’è un corpo laggiù», perché la terra era molle e maleodorante, con un fetore dolciastro. Però ci si abituava. Soldato semplice Thomas McIndoe 12° battaglione, Middlesex Regiment una mattina mi trovavo all’angolo di una traversa e pensavo: «diavolo! Ho appena sentito sparare un obice pesante!». ce n’erano già stati uno o due, e questo sembrava vicino. Subito dopo mi dissi: «Santo cielo, stavolta arriva davvero!». Mi buttai immediatamente sotto il parapetto. In quelle occasioni speravo che la terra m’inghiottisse. Il colpo giunse a destinazione, ma non esplose. Mi coprì di terriccio. non sarei sopravvissuto se fosse detonato. Era un obice calibro 4.7, più o meno delle dimensioni di un boccale. Lo presi in mano, eccitato, e lo portai alla pedana di tiro. Era ancora caldo e pensavo: «È difettoso. Sono contento che tu non sia esploso, vecchio mio!». una decina di minuti più tardi arrivò l’ufficiale del mio plotone. Era un tipo simpatico e mi chiese: «cos’hai là, amico?». Io risposi: «Le dico subito che cos’è, signore. È cascato proprio sul parapetto dove mi trovavo». «davvero?» «come no. Si è infilato in quel sacco di sabbia.» Allora l’ufficiale telefonò a un collega dell’artiglieria, che ci raggiunse più tardi in mattinata. Gli spiegai l’accaduto e lui mi chiese: «Quando l’hai tirato fuori dal sacco di sabbia?». Io ribattei: «Appena è atterrato». Mi diede del completo imbecille. «Avresti potuto farlo scoppiare anche solo toccandolo o maneggiandolo. [email protected] 21.04.2016 12:07 94 Somme. Voci dall’inferno Sei stato fortunato, molto fortunato!» «Lo so» ammisi. «Mi rendo conto che sono stato fortunato. Avrebbe dovuto esplodere appena toccato terra.» A quel punto l’ufficiale mi intimò: «Voglio che tu lo rimetta esattamente dov’era». Io mi apprestai a eseguire l’ordine, ma prima che lo facessi, l’ufficiale aggiunse: «Se avessi potuto vederlo quando è venuto giù, sarei stato in grado individuare la batteria che l’ha sparato con un’approssimazione di venti metri». Mi scusai e promisi che sarei stato più attento in futuro. Un pezzo d’artiglieria tedesco inesploso. Da non spostare per nessun motivo al mondo... Caporale Harry Fellows 12° battaglione, Northumberland Fusiliers Il fuoco di artiglieria era spasmodico, ma quello delle mitragliatrici era letale. con una mitragliatrice si potevano falciare soldati come fossero spighe in un campo di grano maturo. [email protected] 21.04.2016 12:07 nelle trincee 95 Sergente Ernest Bryan 17° battaglione, King’s Liverpool Regiment La mitragliatrice Vickers era raffreddata ad acqua, e l’acqua era contenuta in una custodia. Se avevi sparato senza interruzioni, potevi rimuovere il tubo connesso alla custodia e avere abbastanza acqua calda da farti una tazza di tè. o una minestra. Soldato semplice Tom Bracey 9° battaglione, Royal Fusiliers non riuscivano a trovare nessuno che andasse alla mitragliatrice. Si pensava che i mitraglieri sopravvivessero solo un mese. Però eravamo rispettati dal resto della compagnia. Sergente Ernest Bryan 17° battaglione, King’s Liverpool Regiment La mitragliatrice Lewis era raffreddata ad aria e questo comportava vantaggi e svantaggi. Il vantaggio era che si poteva coprire il terreno come la Vickers non era in grado di fare. Potevamo imbracciare la Lewis e portarla in un’altra sezione della trincea, proprio come un fucile. Per di più, era dotata di una spaventosa potenza di fuoco: sette-ottocento colpi al minuto. naturalmente non riuscivamo mai ad arrivare a tanto, perché c’erano solo quarantotto proiettili per caricatore; e a meno che non ci fosse un bersaglio che valesse la pena, non sparavamo nemmeno un intero caricatore. Caporale Harry Fellows 12° battaglione, Northumberland Fusiliers c’erano solo quarantotto colpi in ogni caricatore della Lewis. Era un’arma molto delicata; bastava un po’ di terriccio per incepparla. durante l’addestramento, ci avevano mostrato un esercizio [email protected] 21.04.2016 12:07 96 Somme. Voci dall’inferno da ripetere sempre: «Blocco numero uno, Blocco numero due, Blocco numero tre» e così via. Avevo frequentato un corso con un’altra quarantina di sottufficiali e graduati di truppa i cui istruttori erano membri della Honourable Artillery company.2 Stavano spiegando l’esercizio, quando un sottufficiale li aveva interrotti dicendo: «Scusate, ho una domanda: se ti arrivano addosso i tedeschi e ti si inceppa l’arma, questa procedura serve davvero a qualcosa?». nessuno ebbe il coraggio di rispondergli. La mitragliatrice aveva una piccola leva di legno, detta di caricamento: quando l’arma si bloccava, la tiravi indietro per ricaricare. dopodiché aprivi di nuovo il fuoco e se si ostinava a non funzionare, allora potevi buttare via quella dannata mitragliatrice. Ecco tutto. Quando ti attaccavano i tedeschi e li guardavi negli occhi, non potevi metterti a ripetere un esercizio! Era l’ultima cosa a cui pensavi. Soldato semplice Ralph Miller 1/8° battaglione, Royal Warwickshire Regiment La migliore bomba a mano della guerra era la Mills. Prima estraevi una linguetta, poi abbassavi una minuscola leva. Quando la lasciavi andare, la leva tornava su e colpiva il detonatore. La bomba esplodeva tre o quattro secondi dopo essere stata lanciata. Sottotenente Tom Adlam, decorato al valore (Victoria Cross) 7° battaglione, Bedfordshire Regiment Alcuni avevano paura delle granate Mills. ne stavo insegnando l’uso a un soldato che tremava come una foglia. Sapevo che era un bravo giovanotto, però se la faceva sotto. «Estrai la linguetta dalla bomba...» gli dissi, e lui eseguì «... e mentre ce l’hai in mano, 2 Il reggimento più antico dell’esercito inglese. [n.d.T] [email protected] 21.04.2016 12:07 nelle trincee 97 semplicemente non rilasciare la leva. Vedrai che andrà tutto bene.» Poi aggiunsi: «coraggio, controllati. non può succederti niente finché la tieni così. Adesso sposta indietro il braccio e lanciala laggiù...». Ma il ragazzo aspettò fino all’ultimo momento, quindi abbassò il braccio e la lasciò cadere. La bomba si infilò nel parapetto oltre il quale avrebbe dovuto scagliarla. urlai: «corri, stupido!». ci catapultammo entrambi dietro la traversa. La Mills fece esplodere il parapetto. Era un bravo figliolo, davvero. Aveva solo paura delle bombe. Una mitragliatrice Lewis in azione da una trincea di prima linea. Soldato semplice Basil Farrer 3° battaglione, Green Howards una volta ero in un camminamento, quando arrivò un tizio del genio con una Mills in mano. ci giocava, ed era sbronzo. Gli urlai: «Ehi, amico, attento a quel che fai!». [email protected] 21.04.2016 12:07 98 Somme. Voci dall’inferno Il geniere arrivò fino alla traversa seguente, e poi... bang! Mi guardai intorno. c’era odore di rum. Era morto. Saltato in mille pezzi. Mitraglieri inglesi con maschere antigas. Sergente Ernest Bryan 17° battaglione, King’s Liverpool Regiment un soldato ordinario poteva tirare una Mills, con una certa precisione, fino a venticinque metri. Se la lanciava a distanza ravvicinata doveva fare molta attenzione, perché il nemico poteva raccoglierla e ributtargliela contro. Caporale Frederick Francis 11° battaglione, Border Regiment La mia postazione era a soli quindici metri dalla linea dei crucchi. Eravamo così vicini, che ogni mattina un tedesco mi gri- [email protected] 21.04.2016 12:07 nelle trincee 99 dava: «Buongiorno, Tommy!»,3 e io rispondevo: «Buongiorno, Fritz!». Caporale Jim Crow 110ª brigata, Royal Field Artillery uno dei nostri fanti era impigliato nel filo spinato tedesco, gravemente ferito. Lo potevamo vedere muoversi di tanto in tanto. Alla fine, il maggiore Anderton estrasse il revolver, scavalcò il parapetto, andò dritto verso quell’uomo, lo raccolse e lo riportò indietro. camminava come se fosse sul campo da parata. I tedeschi non gli spararono né all’andata né al ritorno e lo acclamarono quando si caricò il soldato sulle spalle. Un soldato mentre pulisce delle Mills. Queste erano bombe a mano seghettate come ananas. Quando esplodevano, proiettavano frammenti ovunque. 3 Soldati inglesi. [n.d.T.] [email protected] 21.04.2016 12:07