Materiali della seconda settimana - Dipartimento di Comunicazione

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Materiali della seconda settimana - Dipartimento di Comunicazione
Analisi linguistica della
semplificazione
Marche della semplificazione:
tendenza alla dissoluzione dei confini
•  Tra informazione e intrattenimento
•  Tra giornalista e pubblico
•  Tra giornalista e personaggi
Ibridazioni
•  Diffusa presenza della componente espressiva nei testi giornalistici
•  “testi misti” sono secondo Dardano quelli in cui avviene una
mescolanza
•  A) di forme proprie del parlato nello scritto (parlato-scritto proprio dei
giornali)
•  nella struttura delle frasi: paratassi, dislocazione a sinistra, sospensioni,
autocorrezioni, ridondanza e ripetizioni, uso di particolari connettivi e formule
allocutive ecc.
•  Sul piano lessicale: gergalismi e regionalismi
•  B) di tecniche discorsive: citazioni, discorso riportato
•  C) di campi di conoscenze e relativi modelli di azione: tipi testuali
tendono a fondersi in tipi ibridi.
(Cfr. Dardano et al., Testi misti, in Moretti, Bianchini, Petroni (a cura di), Linee di tendenza
dell’italiano contemporaneo, Bulzoni, 323-352)
Espressività
e costruzione della vicinanza
Due accezioni di espressività:
•  Ricorso a forme oralizzanti:
•  Mimesi del parlato
•  Stile colloquiale “spinto o finto-conversazionale” (Dardano)
•  “Gentese”: “discorso che deve parlare alla gente” (Beccaria, 2010)
•  Spazio del DD e dell’intervista
•  Componente letteraria
•  Figure di parola
•  Traslati e metafore
•  Dardano e Trifone (La nuova grammatica della lingua italiana, Zanichelli,1997) contrappongono testi
pragmatici e testi letterari (stile referenziale e stile espressivo)
•  Tuttavia oggi questa rigida separazione è saltata, non solo sul fronte della scrittura giornalistica ma
anche su quello della scrittura letteraria: cfr. New Journalism e Non-fiction novel (cfr. Clotilde Bertoni,
Letteratura e giornalismo, Carocci, 2009, pp. 56-86).
Forme di vivacizzazione
Cfr. Dardano, La lingua dei media, in Castronovo e Tranfaglia, La stampa
italiana nell’età della Tv, 1994:
•  Indicazione di personaggi famosi con il semplice nome o con varie qualifiche
•  (Giulio, Silvio, l’Avvocato, il Cavaliere, Mario, Supermario, Renata, Matteo)
•  Congiunzione giornalistica iniziale (E, Ma, Poiché)
•  Citazioni e formule
•  Traslati e metafore sportive (Dopo le elezioni, palla al centro; un dribbling con la vita;
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processo Parmalat ai calci di rigore)
Stile sincopato e incremento dello stile nominale
Scelte espressive nel lessico (ricorso a forme iperboliche, forme colloquiali e gergali)
Ripetizioni: sul piano sintagmatico (anafore e catafore: riprese e rinvii in avanti) e sul piano
paradigmatico (citazioni)
Dislocazioni
Titoli obliqui-ironici vs titoli sostanziali-referenziali
Messa in scena
Ampio spazio concesso al discorso diretto
Mescolanza tra letteratura, senso comune,
giornalismo: neologismi d’autore
•  «Mondo di mezzo» da Tolkien a Massimo Carminati («Il mondo di mezzo è
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quello dove tutto si incontra…si incontrano tutti là…allora nel mezzo, anche la
persona che sta nel sovramondo ha interesse che qualcuno del sottomondo
gli faccia delle cose che non le può fare nessuno…E tutto si mischia») al
giornalismo (vedi Raffaella De Santis, «RE», 28.12.2014)
Cyberspace: William Gibson, Neuromante, 1984
Factoid (fattoide): Norman Mailer
Freelance: Walter Scott
Hard boiled: Mark Twain
Regista: Migliorini
Serendipity: Horace Walpole
Stroncatura: Papini
Velivolo, Rinascente: D’Annunzio
Neologismi non d’autore
•  De Mauro, Dizionarietto di parole del futuro, Laterza (es. internettaro)
•  Beccaria, L’italiano in 100 parole, Rizzoli (es. bamboccioni, gufi,
rosiconi, olgettine)
•  E: biotestamento, apericena, blogger, kebabbaro
•  Bartezzaghi: «l’invenzione lessicale è tecnologica, burocratica,
giornalistica, commerciale, satirica: non letteraria) […] più che parole,
gli scrittori inventano senso, come accadde a Italo Calvino con
“leggerezza”. Inventare del resto significa rinvenire» (Bartezzaghi,
«RE, 6.1.2015)
•  Recente: Webete (usato da Mentana ma già introdotto negli anni
novanta, senza successo, nell’accezione di analfabeta digitale)
Questione delle formule
e dei luoghi comuni
•  La formula è una frase breve, efficace, facile da
ricordare, la cui funzione è condensare un pensiero
complesso dandogli maggiore forza a partire da tale
condensazione. Figura della chiusura.
•  La parola non serve a fornire serie valutazioni dei fatti
ma a riproporre proverbi e detti popolari (forza
conservatrice, punto di vista dell’uomo qualunque).
•  Es. (primi decenni del ‘900): Bastone nodoso, questione annosa,
sentiero tortuoso
•  Criticati da Mussolini giornalista, poi “insaziato violentatore
semantico” (De Mauro, 1976):
•  Figura maschia, sagoma romana, forgiato nel bronzo, dura vigilia,
immancabili mete, democrazie agnostiche e imbecilli, invocazione
incontenibile, grido oceanico
•  M. Dardano, La lingua dei media, in V.Castronovo e N. Tranfaglia (a
cura di), La stampa italiana nell’età della tv 1975-1994, Laterza 1994:
209-235 (228):
•  Accorato appello
•  Scottante attualità
•  Rapina annunciata
•  Approccio decisivo
•  Altre formule registrate nel 1995 (Eco, Sulla stampa, in
Id., Cinque scritti morali, Bompiani, 1997: 54-55)
•  CdS, 11.1.1995
•  La speranza è l’ultima a morire
•  Siamo a un muro contro muro
•  Dini annuncia lacrime e sangue
•  Il Quirinale è pronto alla guerra
•  Il recinto è costruito quando i buoi hanno lasciato la stalla
•  Pannella spara alzo zero
•  Il tempo stringe, non cè spazio per il mal di pancia
•  Siamo con l’acqua alla gola
•  RE, 28.12.1994
•  Occorre salvare capra e cavoli
•  Chi troppo vuole nulla stringe
•  Dagli amici mi salvi Iddio
•  I peggiori giri di valzer
•  La frittata è fatta
•  …………
•  Le formule più ricorrenti oggi
•  Tirare per la giacchetta
•  Mettere le mani nelle tasche del consumatore/cittadino
•  Anche le formiche nel loro piccolo..
•  La prima gallina a cantare ha fatto l’uovo
•  Cantar vittoria
•  Senza se e senza ma
•  Vedi anche le funzioni retoriche della ripetizione
"Mettere le mani nelle tasche degli italiani"
•  Secondo la teoria degli atti linguistici di John L.Austin (How to Do Things with Words
(1962) ogni atto linguistico è composto da tre elementi:
•  Locuzione: è il semplice enunciato, "mettere le mani nelle tasche degli italiani"
•  Illocuzione: è lo scopo (più o meno mascherato) dell'enunciato. La forza illocutoria di
questo enunciato è quella di "rendere etica l'evasione fiscale". Secondo Zagrebelsky
(Sulla lingua del tempo presente, Einaudi, 2010: 54), dietro quest'espressione si
nasconde «un'idea generale circa il rapporto tra cittadini e Stato. Questa: che imposte
e tasse siano taglieggiamenti e furti e che i governanti, chiedendo ai cittadini di
partecipare alle spese pubbliche, si comportino da ladri».
•  Perlocuzione: è l'effetto reale che l'enunciato produce sull'ascoltatore, un questo caso
incitare a tenere comportamenti contrari all'interesse pubblico (evasione fiscale, ricerca
di contributi pubblici anche in assenza dei requisiti, ecc.).
Beccaria, Il mare in un imbuto, 2010:76-77
«Si è diffusa l’oralità di tono medio basso, più blaterata che
parlata, hanno avuto corso parole a effetto (“macelleria
mediatica”, “macelleria sociale”, “politica dei due forni”),
spesso dialettali e informali: “remare contro”, “mettersi di
traverso”, “tirare per la giacca” e “inciucio”, “ribaltone”. E
qualche espressione colorita, al limite del volgare (il
“celodurismo di Bossi”).
•  Calvino, Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo
millennio, Garzanti, 1988, p. 58
«Alle volte mi sembra che un’epidemia pestilenziale abbia
colpito l’umanità nella facoltà che più la caratterizza, cioè l’uso
della parola, una peste del linguaggio che si manifesta come
perdita di forza conoscitiva e d’immediatezza, come automatismo
che tende a livellare l’espressione sulle formule più generiche,
anonime, astratte, a diluire i significati, a smussare le punte
espressive, a spegnere ogni scintilla che sprizzi dallo scontro
delle parole con nuove circostanze».
Vedi anche le considerazioni di Calvino sull’antilingua.
«Ogni giorno, soprattutto da cent'anni a questa parte, per un processo
ormai automatico, centinaia di migliaia di nostri concittadini
traducono mentalmente con la velocità di macchine elettroniche la
lingua italiana in un'antilingua inesistente. Avvocati e funzionari,
gabinetti ministeriali e consigli d'amministrazione, redazioni di giornali e
di telegiornali scrivono parlano pensano nell'antilingua [...] come se
"fiasco", "stufa", "carbone" fossero parole oscene, come se "andare",
"trovare" "sapere" indicassero azioni turpi.[...] Chi parla l'antilingua ha
sempre paura di mostrare familiarità e interesse per le cose di cui
parla, crede di dover sottintendere: "io parlo di queste cose per caso,
ma la mia funzione è ben più in alto delle cose che dico e che faccio, la
mia funzione è più in alto di tutto, anche di me stesso". La motivazione
psicologica dell'antilingua è la mancanza di un vero rapporto con la
vita, ossia in fondo l'odio per se stessi.[...]Perciò dove trionfa
l'antilingua - l'italiano di chi non sa dire "ho fatto" ma deve dire
"ho effettuato" - la lingua viene uccisa». (Calvino)
Calvino, su «Il Giorno»,
3 febbraio, 1965
«Stamattina presto andavo in cantina ad accendere la stufa e ho
trovato tutti quei fiaschi di vino dietro la cassa del carbone. Ne ho
preso uno per bermelo a cena. Non ne sapevo niente che la
bottiglieria di sopra era stata scassinata”.
E il brigadiere: «Il sottoscritto, essendosi recato nelle prime ore
antimeridiane nei locali dello scantinato per eseguire l’avviamento
dell’impianto termico, dichiara d’essere casualmente incorso nel
rinvenimento di un quantitativo di prodotti vinicoli, situati in posizione
retrostante al recipiente adibito al contenimento del combustibile, di
aver effettuato l’asportazione di uno dei detti articoli nell’intento di
consumarlo durante il pasto pomeridiano, non essendo a
conoscenza dell’avvenuta effrazione dell’esercizio soprastante».
•  Cfr. anche Ornella Castellani Pollidori, La lingua di plastica, Morano, 1995:
15-16
«Si tratta sempre di formule – singole voci o sintagmi più o meno complessi – che a un
dato momento si presentano alla ribalta della lingua con un marchio di novità: per
esempio perché assunte da particolari linguaggi settoriali, o da altre lingue, o perché
rilanciate in metafore inedite, o estese ad altri significati.
Il carattere di novità è indispensabile perché il modulo colpisca la fantasia e si metta in
moto il meccanismo della mimèsi; nel quale può intervenire tutta una serie di fattori:
conformismo, tendenze snobistiche o “avanguardistiche”, semplice inerzia, insicurezza
linguistica, ecc. in ogni caso, perché il plastismo vero e proprio insorga, occorre che
nella formula s’inoculi il virus della moda, e che l’uso si trasformi in abuso».
«quale che sia la loro ambientazione originaria, il crescendo di successo li porta
fatalmente verso il basso (non c’è eleganza che una voga eccessiva non sia in grado
d’involgarire).
Un gran vivaio di plastismi è il linguaggio dei giornali, che emulsiona gli stereotipi di
svariati linguaggi speciali: della politica, della finanza, della critica d’arte e letteraria,
dello sport, della moda, ecc. Ottimi trampolini di lancio per i cliché (al pari delle frasi
pubblicitarie, delle quali condividono in fondo la funzione di richiamo) sono in
particolare i titoli che spiccano sulle pagine di quotidiani e rotocalchi».
•  Esempi di plastismi
•  A livello di
•  Un attimino
•  Gli addetti ai lavori
•  Le tematiche /le problematiche
•  Il ludico, l’intrigante, mi intriga
•  Salto di qualità
•  Uscita dal tunnel
•  Presa di coscienza
•  Dibattito ampio e articolato
•  Nella misura in cui
•  Il problema a monte
•  Il discorso da portare avanti (“mummia fraseologica del sinistrese”)
•  Per così dire
•  Esatto/assolutamente
I plastismi possono essere sostantivi, aggettivi, pronomi, verbi, locuzioni
avverbiali, interiezioni, suffissi, metafore, modi di dire.
Ancora Castellani Pollidori, p. 160
•  Sfruttamento della fraseologia proverbiale di stampo casareccio-rurale:
•  Fare d’ogni erba un fascio
•  Tirare l’acqua al proprio mulino
•  Dare un colpo al cerchio e uno alla botte
•  Seminare zizzania
•  Se non è zuppa è pan bagnato
•  Tagliare l’erba sotto i piedi
•  Da prendersi con le molle
•  Gettare acqua sul fuoco
•  Soffiare sul fuoco
•  Scoperchiare le pentole
•  Mettere i bastoni tra le ruote
•  Tenere i piedi in due staffe
•  Mettere il carro davanti ai buoi
•  Salvare capra e cavoli
•  Rimettere insieme i cocci
•  Cadere dalla padella nella brace
•  Un fulmine a ciel sereno
Uwe Pörksen, Plastikwörter. Die Sprache einer internationalen Diktatur, KlettCotta, 1988; trad. it. Parole di plastica: la neolingua di una dittatura
internazionale, Textus, 2011
•  Alcuni termini tecnici (le parole di plastica o parole-ameba) entrano nel linguaggio comune,
perdendo il loro significato denotativo e acquisendo una grande varietà di connotazioni.
•  Normalmente i termini tecnici hanno un significato solo denotativo, cioè un significato di base,
neutro, oggettivo, referenziale, esplicito, che ha una funzione informativa riferita al contesto d'uso. I
termini tecnici non hanno connotazioni, cioè il loro significato non varia al variare del contesto d'uso.
Le parole, invece, hanno spesso una grande quantità di connotazioni (significati impliciti legati alla
loro carica emotiva), che permettono di mutarne il significato in funzione del contesto in cui vengono
usate.
•  Nella prefazione al testo di Pörsken Rocco Ronchi le descrive come «un codice internazionale,
poverissimo, un centinaio di parole al massimo, il cui tratto comune è quello di presentarsi sotto
forma di descrizioni asettiche, neutrali, oggettive. Provengono dall'ambito scientifico e colonizzano il
mondo della vita. Sono fungibili, appunto come i mattoncini Lego, e possono ricombinarsi in mille
maniere diverse».
•  Quando il linguaggio da strumento del mondo personale e interpersonale si trasforma in forza
autonoma, il parlante perde ogni autonomia di giudizio e di pensiero critico.
(cfr. http://www.pensierocritico.eu/degrado-del-lessico.html)
Lista delle parole di plastica secondo
Pörsken
"processo", sviluppo", "sistema", "informazione", "comunicazione", provenienti
dal linguaggio tecnico-scientifico, vengono oggi usate in molti contesti senza
che esprimano un reale significato. Esse hanno acquisito un'aura mitica e
autorevole che, nel linguaggio comune, le ha svuotate del loro significato
originario: esse sono diventate parole di plastica, cioè parole "tuttofare" adatte
a ogni vuota conversazione.
E inoltre:
relazione, bisogno fondamentale, ruolo, produzione, materia prima, risorsa,
consumo, energia, lavoro, partner, decisione, management, service (servizi),
assistenza, educazione, progresso, problema, pianificazione, soluzione,
funzione, fattore, sistema, struttura, strategia, capitalizzazione, contatto,
sostanza, identità, crescita, welfare, trend, modello, tenore di vita,
modernizzazione, processo, progetto, centro, futuro.
www.pensierocritico.eu
Altri plastismi contemporanei
•  Implementazione, implementare
•  Sinergie
•  Valore aggiunto
•  Capitale di conoscenza
•  Proattivo
•  Customizzazione
•  Ottimizzare
•  Inizializzare
•  Posizionarsi
•  Supportare
•  Usabilità
•  Upgradare
•  Deliverare
•  Soluzioni performanti
•  Press contact
•  Valutazione delle azioni strategiche necessarie per la valutazione delle
eventuali criticità rilevate in fase di implementazione
•  Logiche e policy di sviluppo
•  Comunicazione al management attraverso la predisposizione della
reportistica direzionale
•  Implementare strategie comunicative che migliorino l’usability
•  Strumento strategico di un sistema di knowledge management
•  “In relazione all’evoluzione dell’azione organizzativa che accompagna
l’implementazione del nuovo Piano d’Impresa, ed al fine di supportare i
processi decisionali e quelli di controllo della gestione economica e del
funzionamento operativo dell’azienda, si rende necessario ridefinire i
meccanismi di integrazione tra le funzioni aziendali attraverso una nuova
articolazione dei Comitati”.
Caratteristiche delle parole di plastica secondo Pörksen (p.64)
•  Sono formule stereotipiche, nate nel linguaggio comune, passate in quello scientifico e
di qui tornate nel linguaggio comune
•  Appartengono a un codice internazionale ancora giovane
•  Sono limitate al linguaggio verbale
•  Hanno un ambito d'uso molto vasto, rappresentano una "chiave per tutto” (dimensione
estiva)
•  Ma contenuto semantico ridotto (dimensione intensiva)
•  Prevale la componente connotativa e funzionale
•  Sono gli strumenti linguistici preferiti da chi si vuole presentare come esperto senza
esserlo (vedi anche uso del burocratese, del giornalese, ecc.).
•  «Il mito cacciato dalla porta delle scienze ritorna subdolamente dalla finestra
del linguaggio colloquiale: le parole di plastica, paradossalmente, non hanno
più alcuna relazione con il mondo reale, con il ‘mondo della vita’, ma sono
“modi astorici di interpretare il mondo» (Roberto Gilodi, recensione a Uwe
Pörksen. Parole di plastica. La neolingua di una dittatura internazionale «il
Manifesto», Alias, 19 febbraio 2012).
http://www.pensierocritico.eu/degrado-del-lessico.html
Zagrebelsky, L’insostenibile ambiguità delle
parole che usa la politica, RE, 24.9.2016
•  Le parole che hanno valore politico non son neutre. Servono, non significano;
sono strumenti e il loro significato cambia a seconda del punto di vista di chi
le usa; a seconda cioè che siano pronunciate da chi sta (o si mette) in basso
o da chi sta (o si mette) in alto nella piramide sociale.
•  Occorre perciò diffidare delle parole o dei concetti politici astratti. Assunti
come assoluti e universali, producono coscienze false e ingenue, se non
anche insincere e corrotte.
•  Potremmo esemplificare questa legge del discorso politico parlando di
democrazia, governo, ‘governabilità’, libertà, uguaglianza, integrazione ecc. e
di diritti e dignità.
•  Se si trascura il punto di vista dal quale si guardano i problemi di cui siamo
occupati e si parla genericamente di libertà, diritti, dignità, uguaglianza,
giustizia ecc., si pronunciano parole vuote, che producono false coscienze,
finiscono per abbellire le pretese dei più forti e vanificano il significato che
avrebbero sulla bocca dei più deboli.
•  Roma 6 febbraio 1994 (Il “credo laico” di Forza Italia, dal primo
discorso a braccio di Berlusconi)
I valori che sono il fondamento del nostro impegno civile e politico sono
i valori fondanti di tutte le grandi democrazie occidentali.
Noi crediamo nella libertà,
In tutte le sue forme, molteplici e vitali:
La libertà di pensiero e di opinione,
La libertà di espressione,
La libertà di culto, di tutti i culti,
La libertà di associazione.
Crediamo nella libertà di impresa,
Nella libertà di mercato, regolata da norme certe,
Chiare e uguali per tutti
….crediamo nell’individuo e riteniamo che ciascuno debba avere il
diritto di realizzare se stesso….
..per questo crediamo nella famiglia, nucleo fondamentale della nostra
società.
E crediamo anche nell’impresa….
….– da liberisti – crediamo nei meccanismi del libero mercato che sa
combinare insieme gli egoismi individuali e trasformarli in benessere
collettivo, così come crediamo negli effetti positivi per tutti della
competizione, della concorrenza e del progresso che non può esserci
se non c’è la libertà.
•  Libertà (valore generico e indeterminato)
•  Uso frequente nei discorsi di Berlusconi (250 occorrenze)
•  In un quinto delle occorrenze analizzate da Santulli (Il potere delle
parole, le parole del potere, Angeli 2005) la parola è seguita da un
complemento di specificazione: libertà di….
un quinto dei complementi appartengono all’area dell’impresa:
libertà di mercato, di lavoro, di impresa
Il valore della libertà viene così specificato: da valore universale e
generico la parola passa ad indicare un valore concreto riconoscibile
da un uditorio più ristretto.
Ma la semplificazione non va confusa con l’appello
alla semplicità e alla chiarezza
Semplificazione/semplicità
•  Semplificazione: impoverimento lessicale e sintattico,
appiattimento delle differenze di registro, confusione di
generi e voci, perdita della funzione denotativa del
linguaggio a favore di quella connotativa e fatica.
•  Semplicità: scelte stilistiche improntate a chiarezza,
precisione, regolarità al fine di favorire la leggibilità.
Semplicità e leggibilità
Testa, Lo stile semplice, Einaudi, 1997
•  “La semplicità espressiva, intesa come adozione di una lingua narrativa
media e per quanto possibile uniforme, è a sua volta riconducibile al principio,
retorico e stilistico, della leggibilità”
•  Al centro dell’orbita descritta dallo stile semplice, assunto come figura del
verosimile del romanzo e come forma testuale dell’opzione per una lingua
media e comunicativa, sta come polo d’attrazione, il parlato-scritto, ovvero la
mimesi letteraria del registro orale della lingua.
•  Nei maggiori romanzi di Pavese, Calvino, Levi e di altri, lo “stile semplice”
diviene sempre più rappresentazione di situazioni di vertiginosa complessità
culturale e umana
•  L’influsso del parlato, che privilegia l’accostamento, la giustapposizione,
rispetto alla concatenazione porta a privilegiare la modalità paratattica, con
coordinazione sindetica (congiuntiva o avversativa) oppure asindetica (con
virgola).
Calvino, «Domenica del Corriere»,
febbraio 1978
«quando le cose non sono semplici, non sono chiare,
pretendere la chiarezza, la semplificazione a tutti i costi è
faciloneria, e proprio questa pretesa obbliga i discorsi a
diventare generici, cioè menzogneri. Invece lo sforzo di
cercare di pensare e d’esprimersi con la massima
precisione possibile proprio di fronte alle cose più
complesse è l’unico atteggiamento onesto e utile».
•  Calvino, Lezioni americane, 1988 (giugno 1984)
Invito a una scrittura sobria per comunicare in modo chiaro, breve, verosimile
•  Leggerezza: alleggerimento del linguaggio per cui i significati vengono convogliati su un tessuto
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verbale come senza peso. La leggerezza per me si associa con la precisione e la determinazione,
non con la vaghezza e l’abbandono al caso (1988:17). La leggerezza non è frivolezza ma aderenza
perfetta tra contenuti e parole.
Rapidità: la rapidità dello stile e del pensiero vuol dire soprattutto agilità, mobilità, disinvoltura; tutte
qualità che si accordano con una scrittura pronta alle divagazioni; a saltare da un argomento
all’altro, a perdere il filo cento volte e a ritrovarlo dopo cento giravolte (1988: 45-6)
Esattezza: un linguaggio il più preciso possibile come lessico e come resa delle sfumature del
pensiero e dell’immaginazione (1988:57)
Visibilità: Se ho incluso la visibilità nel mio elenco di valori da salvare è per avvertire del pericolo
che stiamo correndo di perdere una facoltà umana fondamentale: il potere di mettere a fuoco visioni
a occhi chiusi, di far scaturire colori e forme dall’allineamento di caratteri alfabetici neri su una
pagina bianca, di pensare per immagini (1988:92)
Molteplicità: alla scrittura, a seconda del destinatario e della comunicazione, è richiesto di
cambiare flusso (verticale: autore-lettore, orizzontale: tanti lettori-tanti scrittori), obiettivo
(informativo, commerciale, negoziale) e stile.
•  Coerenza: assenza di contraddizioni (consistency) e coesione semantica e pragmatica
(coherence).
Dalla lingua al discorso
•  Qualsiasi considerazione sulla lingua dei giornali deve prendere le
mosse dalla loro forma testuale.
•  La notizia ha sempre un riferimento al contesto di enunciazione,
dunque è un discorso.
Che cos’è il discorso?
•  L’attenzione per il discorso si inscrive all’interno della concezione del
linguaggio come pratica sociale.
•  Considerare il discorso significa riferirsi non solo al piano
dell’enunciato (grammaticale, lessicale, semiotico, sintattico), ma
anche ai processi di produzione e interpretazione del testo.
•  Questi processi attivano risorse di carattere cognitivo e sociale.
Discorso e contesto
•  Contesto interno
Per Aristotele (Retorica 1358a 37-b 1) il discorso è l’insieme di tre
fattori: colui che parla, ciò di cui si parla, colui a cui si parla. I parlantiascoltatori sono dentro e non fuori il discorso, sono suoi elementi
costitutivi e non utenti esterni (contesto interno) (Piazza, L’arte
retorica: antenata o sorella della pragmatica?, «Esercizi filosofici», n.
6).
•  Contesto esterno
Il discorso, diversamente dal testo, comprende non solo il contesto
interno ma anche le condizioni extralinguistiche della sua produzione (il
contesto esterno) e ricezione (cfr. Adam 1999).
Maingueneau (1976) individua sei significati del termine
discorso:
•  1. discorso come parole (linguistica strutturale): uso della lingua soggettivamente caratterizzato
•  2. discorso come enunciato, unità linguistica di dimensione superiore alla frase (dimensione
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transfrastica)
3. insieme di meccanismi di incatenamento della frase (simile al 2; utilizzato in particolare da
Harris)
4. condizioni di produzione di un enunciato: riferimento alla ideologia e all’essere sociale di chi
lo produce
5.discorso come enunciazione. L’enunciazione opera la conversione della lingua in discorso,
attraverso questa conversione scatta l’interazione tra chi parla e chi ascolta. Ovviamente è di
massimo rilievo l’intenzione del destinatore di fare del suo discorso uno strumento di influenza
sul destinatario. Da questo punto di vista la teoria della enunciazione confina con quella degli
atti linguistici (Benveniste)
6. discorso come luogo della creatività linguistica, che conferisce al testo un effetto contestuale
inprevedibile.
Nel 2005, L’analyse du discours. Etat de l’art et perspectives, in «Marges
linguistiques» 9, precisa che l’AD si basa sul presupposto che il discorso non è
riducibile né ad una organizzazione testuale, né ad una situazione
comunicativa (luogo, istituzione, settore di attività), ma risulta dalla loro
interazione.
Analisi del discorso
•  A partire dagli anni Ottanta si assiste a una proliferazione del
termine discorso nelle scienze del linguaggio, tanto al singolare
(dominio del discorso, analisi del discorso) quanto al plurale (i
discorsi), a seconda che ci si riferisca alla attività verbale in
generale oppure a particolari eventi discorsivi.
•  La diffusione di questo termine è il sintomo di una modificazione nel
modo di concepire il linguaggio. Parlando di discorso si prende
posizione a favore di una particolare concezione del linguaggio e
della semantica, che dipende dalla influenza di diverse correnti
pragmatiche che hanno sottolineato un certo numero di idee forza.
•  Il discorso assume una organizzazione transfrastica: mobilita strutture
che appartengono a un ordine diverso da quello della frase.
•  Il discorso è orientato, si costruisce in funzione di un fine: Ducrot
radicalizza questa idea, iscrivendo un orientamento o una funzione
argomentativa nelle unità stesse della lingua.
•  Il discorso è una forma di azione (Austin). Ad un livello superiore gli
atti linguistici si integrano nelle attività linguistiche di un genere
determinato anche in relazione ad attività non verbali
•  Il discorso è interattivo
•  È contestualizzato
•  È preso in carico: esiste solo se riferito a una istanza che al tempo
stesso si pone come riferimento personale, temporale, spaziale e
modalizzante: la riflessione sulle forme di soggettività che sottendono
il discorso è uno dei grandi assi dell’analisi del discorso
•  È regolato da norme
•  È sempre preso in un interdiscorso.