cendo a Livorno con Bobo Rondelli nelle cuffie di un lettore mp3 appe

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cendo a Livorno con Bobo Rondelli nelle cuffie di un lettore mp3 appe
Mestieri
S
cendo a Livorno con Bobo Rondelli
nelle cuffie di un lettore mp3 appena acquistato. Livorno è anche Bobo
Rondelli. Non potevo scegliere una
colonna sonora migliore eppure quando ho inserito il disco Per amor del cielo nel lettore non
avevo fatto l’associazione così ovvia.
Viaggio d’andata / senza ritorno / bella Livorno
/ mi fermo qua.
Scendo a Livorno perché qui abita Lorenzo Lovisolo, o più semplicemente Renzo Lovisolo, un
bollatore che ci ha mostrato un video su youtube e subito ci ha convinti che fosse una mossa
giusta incontrarlo. Il bollatore è colui che fa le
bolle di sapone e come avrò occasione di apprendere durante la giornata trascorsa nella
casa di Renzo “il difficile non è fare le bolle, ma
fare cose con le bolle”.
Alla stazione mi viene a prendere un uomo con
una barba da eremita più marrone che bianca
e capelli lunghi, stavolta però da pittore che
ha deciso di fermarsi a Livorno. Ci presentiamo. Renzo ha braccia e gambe ricoperte dalle
cicatrici ancora fresche di un incidente in motocicletta. Dice che gli è andata bene, perché è
atterrato di faccia sull’asfalto e indubbiamente
è il modo peggiore di atterrare.
Lo spettacolo che ha attratto la nostra curiosità
si chiama A lezione fantastica di bolle, c’è anche
un video allegato (questo: http://www.youtube.
com/watch?v=cVM033TSu3U) nel quale si vede
un uomo che fa cose impressionanti con le bolle
di sapone: bolle gigantesche, bolle dentro le bolle,
bambini dentro le bolle, un involucro di sapone
che contiene altri piccoli pianeti trasparenti
e che si apre liberandoli. Ma per arrivare a
questo punto – più o meno letteralmente – ho
trascorso una giornata ospite della casa di Renzo,
sorvolando quarant’anni di ricordi, tradizioni,
avventure, trasferte, trasferimenti, templi e
ancora: canzoni, teatri, chitarre, Garibaldi, sacchi
a pelo, occupazioni, viaggi, fotografie, giornali.
Renzo ha una casa bellissima nel centro di Livorno, a due passi da un mare che non riuscirò
a vedere. I piani, infatti, sarebbero fare l’intervista e poi vedere il mare, ma per sopraggiunti
limiti di tempo e perché è impossibile incontrare
Renzo senza chiedergli altre storie da raccontare
il pomeriggio livornese si concluderà con una
corsa forsennata a raggiungere un treno che
sembrerebbe non volermi a bordo.
Dicevamo della casa di Renzo, perché in fondo
si approda sempre a una casa, ma anche da una
casa si parte. È un appartamento molto grande, con stanze molto grandi e disposte lungo un
corridoio. Vi si accede da un piccolo giardino
verde, pieno di oggetti, con una specie di serra
che invece è il laboratorio di Renzo e con due
cani bianchi che mi accolgono con un concerto per pochi guaiti e molte carezze. Una portafinestra fa da soglia verso la cucina e poi tutto il
resto della casa. Una casa degli anni Trenta del
secolo scorso, tutta legno e piastrelle, moderna
e classica, come ovviamente non ne fanno più
e che se dovessi trovarle un corrispettivo cinematografico direi che è come la casa di Sophia
Loren in Una giornata particolare o quella del
professore nel Conformista. Stessi anni, stessa
architettura, forse più parigina che italiana. In
casa le mensole, i tavoli, le sedie sono approdi
per ricordi che hanno attraversato le generazioni e si sono posati lì. Renzo dice che sono in
una casa di ebrei e domando: “Credi che la tua
Renzo Lovisolo