DONNA DONNE Ricerche nel testo AMOR CORTESE

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DONNA DONNE Ricerche nel testo AMOR CORTESE
© Dizionario di cifrematica
(by Fabiola Giancotti)
DONNA DONNE
Ricerche nel testo
AMOR CORTESE - Tu. L’amor cortese lascia le donne nel domestico. Ne ostacola, come può,
l’assunzione in cielo — nell’irreligione che le sottrae al culto dell’automaticismo (Il giardino dell’automa, p. 251).
ASSUNZIONE - Fuori dentro, come basso alto: sono prerogative dell’assunzione, portano all’umorismo o all’ironia. La storia dell’assunzione è l’impossibile storia della scienza, la storia della
parola presa fra la logica e la cifra. [...] L’assunzione delle cose in cielo è l’introduzione alla combinazione del corpo e della scena. E ciascun elemento si struttura in aggiunta e in integrazione.
Ciascun lemma partecipa alla dualità pulsionale. E l’analisi ignora il fatto extralinguistico, come la
comprensione. Aufhebung: l’assunzione ritrova l’alto fra la rimozione e il rilievo, fra l’umorismo e
l’ironia (Processo alla parola, p. 191) • Il sotto e il sopra, l’alto e il basso che inquietano l’inquisizione
si enunciano nell’aporia dell’assunzione che attiene all’insostanziale della parola, alla dualità, all’originario e che si qualifica intanto fra il sollievo e il rilievo. L’assunzione trae con sé il volgimento
delle cose: le cose si combinano, s’intersecano, si relazionano. [...] L’assunzione dice del transfert e
della relazione nel loro principio. Precede, per così dire, l’annunciazione (Ibid., p. 191/2) • L’assunzione è un’analessi. Assunzione: come camminare nel cielo. L’assunzione comporta il
volgimento delle cose (c. 4.l.86) • Se le donne sono assunte in cielo allora la parola può divenire
cifra. Altrimenti c’è l’ipostasi. E dio è la donna resa tutta, resa ogni, quindi universale. Assumere,
dal latino sumo, sumpsi, sumptum sumere: prendere. Il consumo non c’è, cioè non c’è un prendere
insieme. L’assunzione conduce o verso la sostanza o verso l’automazione. Ironia: come sperare.
Ad sumo, prendere aggiungendo. Assumo, analamdauw, prendo, apprendo, acquisisco. Assumptio,
l’aggiungersi, nel senso della prolessi (prolepsis). Consumo, prendere o impiegare interamente.
Insumo Insumptio Desumo Resumo, riprendere Presumo, prolhjis (nella retorica). Prolepsis, proslhjis
(nella dialettica). Nella lingua della Chiesa esiste l’accezione di levare, porre. Le cose procedono
dal due: ecco l’assunzione in cielo e ciascun elemento viene sottratto all’atomismo. Le cose non
procedono dalla morte, dal nome del nome che istituirebbe la sostanza (Eq. 29 dicembre 1985).
BANCA La banca, per divenire la banca del piacere, occorre che sia anzitutto la banca della
scrittura. La banca, la superficie (SR, La batteria della soddisfazione, 25-26, 95). La banca del terzo
millennio è la banca del secondo rinascimento; Quando. diciamo: a ciascuno la sua banca, siamo
assolutamente lontani dall’ideologia slava o della regione ortodossa. Machiavelli aveva notato
che la repubblica di Venezia si trovava fra la religione ortodossa e il cattolicesimo. Accanto al doge
esisteva una ristrettissima oligarchia e la popolazione veniva chiamata per fare la guerra. E dalla
guerra, una volta al fronte, fuggiva! A ciascuno la sua banca. Intanto, diciamo subito che la banca
sta nella parola: la banca, il banco, la tavola, la tavolozza, il banchetto. E anche dispositivo finanziario. La banca è, sempre più, impresa. In Italia, le banche sono ancora in gran parte statali. Oggi,
la banca è destinata a trasformarsi. La banca del piacere è la banca provvista di forza, di pulsione
e di direzione. È la banca in direzione della cifra, la banca basata sull’aritmetica, non sull’algebra.
Non mira alla somma, si rivolge alla cifra, alla qualità. Ma perché questo avvenga, perché s’instauri la direzione della banca, che è poi la direzione dell’integrazione stessa delle cose, della scrittura
dell’esperienza, occorre che le cose, sull’altra faccia della parola, incomincino. Con la banca le cose
si trovano sempre al loro debutto; sull’altra faccia, le cose incominciano. Quando le cose incominciano, s’instaurano l’autorità e la responsabilità. Ci sono uomini e donne che sono morti affaccendati,
perché stanno in uno statuto di sudditanza, nello statuto del visibile, del corpo mortale e visibile,
dell’immagine visibile e immaginabile; nel migliore dei casi, si attengono a un cerimoniale di
contenimento e di frammentazione, di autonornizzazione, di personalizzazione della parola. L’intimità è la virtù dei morti! (…)La banca del terzo millennio è la banca del piacere, la banca in
direzione della cifra, la banca che per ciascuno sta nel dispositivo. Se, invece, il funzionario di
banca è visto come burocrate o funzionario statale, interviene il rispetto e la presentazione del
soggetto inibito o che si esibisce, insomma, il soggetto imbranato dinanzi alla banca, che vede nel
bancario l’uomo, il rappresentante dell’istituzione banca, e quindi dell’apparato statale, sacrale,
addirittura divino. E si chiede, il soggetto imbranato: “che cosa vuole il bancario?”. Non vuole
assolutamente nulla! La questione è formalizzazione, nella sembianza in modo che cosa bisogna
fare. La formalizzazione consente alla banca e all’impresa di scrivere l’esperienza ed è solo li che
s’instaura il profitto. È assolutamente impossibile il profitto, anche intellettuale, senza la banca.
Chi è imbranato con la banca è imbranato tout-court (SR, La battaglia, l’impresa, la gloria, 39, 97). ... la
banca del piacere. Il banco, la banca, il tavolo, la tavola, la tavolozza, la lavagna, la pagina. Con
Pericle, c’era la banca. C’erano anche i banchieri e i bancari. Il banchiere è l’imprenditore, cioè il
tempo. Il banchiere non è il finanziere – il finanziere è l’odio (SR, L’avvenire del pianeta, 52, 98).
BORDERLINE - Borderline non è un discorso, non è un discorso preso come causa. Anzi, indica che non c’è discorso preso come causa. I termini nevrosi e psicosi non sono pertinenti. Borderline
è dove si enuncia il teorema. In francese bordello. Il bordello della parola. Hyle in greco è materia
e anche legno (bois). Anche in Giappone ho trovato la stessa parola, hyle, per dire materia e legno.
Bord: asse. Per le case di legno. Da qui bordello: piccola casa di legno. Ma qui si tratta del bordello,
del bordo della parola. Senza prostituzione. I prostituiti, uomini e donne, sanno bene che non c’è
prostituzione. Ma ritengono che sia l’altro a prostituirsi. “Non sono io, è l’altro” (17-18 maggio
1994).
CAPITANO Il capitano, per Machiavelli: scultore, pittore, architetto, artista dello stato, artista
della battaglia, come pure ingegnere, direttore d’orchestra, educatore, notaio, giornalista della
diplomazia, regista. E poi cartografo e pittore. Ma chi aveva detto che il capitano, il brainworker,
dev’essere cartografo? Leonardo da Vinci. Non è in grado di disegnare, Machiavelli. Del resto, ci
sono molte cose di Leonardo in Machiavelli. Per quattro anni si frequentano, e la scrittura di
Machiavelli diviene la scrittura di Machiavelli dopo l’incontro con Leonardo da Vinci. Il capitano,
il manager, l’imprenditore. Il capitano o è cervello conformista, forgiato sul presupposto del cervello naturale, con la sua piccola genealogia, le sue superstizioni, i suoi ricordi, il peso dei suoi
ricordi sull’azienda, oppure è dispositivo intellettuale. Colui che corre il rischio assoluto. Nel senso del rischio di vivere, non del pericolo. Rischio assoluto di vivere, rischio d’impresa. Il capitano
compie questo rischio che procede dall’azzardo. Ciò che importa come esito dell’azzardo è la
qualità. Non importa che l’esito sia positivo o negativo, importa che si rivolga alla qualità, che
divenga qualità. (…)Non è questione di credenza, è questione di fede, di fede nella riuscita. Il
capitano non deve affezionarsi a una convinzione. Occorre la fede nella riuscita e questa fede è
senza alternativa. E allora questa fede opera, e allora il capitano trova la lingua diplomatica, cioè
trova il modo di concludere. Ciascuna conclusione non è né negativa né positiva. Si tratta di concludere a che cosa? Con che cosa? Con la qualità. (…)La prima rivoluzione industriale è importantissima, la seconda rivoluzione industriale è importantissima, ma un’altra cosa è il modo di commentarla, di presentarla, di gestirla, di controllarla, di fare in modo che le donne non partecipino,
non intervengano, non stiano mai lì dove ci sia il capitano! Semmai siano un’accessorio, più o
meno decorativo, o servizievole. O siano infermiere, farmaciste, droghiere, che abbiano lì, pronta,
la droga o la bottiglia di whisky. O che servano per le ore di relax. Come mai il capitano avrebbe
bisogno del relax? (SR, Il brainworker. Il capitano, il manager, l’imprenditore, 61, 98).
DIFFERENZA SESSUALE - • Cifrante. Il mito del tempo sottende l’enigma della differenza
sessuale! Non a caso interviene la Sfinge. Non a caso si tratta del rischio (quindi rispetto alla
sessualità) – anziché del pericolo e del suo eroismo. Non a caso la via si situa fra la corda e il filo
dell’automa: la via del malinteso. • Pubblico. La differenza sessuale che non può essere significata
dall’uomo e dalla donna né rappresentata dalla coppia maschile-femminile procede dall’introduzione dell’automa nella struttura delle cose. E si tratta oggi – più che di una seconda irruzione
delle donne – di un altro statuto della donna (Il giardino dell’automa, p. 276) • Lui. E mentre si
dicono, si fanno, si scrivono le cose assegnano a ciascuno l’enigma della differenza sessuale (Ibid.,
p. 277) • La differenza sessuale che si staglia fra l’arte e l’invenzione, non può essere accettata dal
conformismo, dal partito dell’ordine, dal partito dello psicofarmaco. E l’affaire della differenza
sessuale è l’affaire con cui avviene la scrittura, sicché le cose si cifrano, [...] Ciascuno può fare.
Senza fretta. Ovvero senza necessità. Con urgenza. Ovvero impossibile soggiacere all’omertà. L’enigma della differenza sessuale introduce l’unicum, su cui poggia la clinica psicanalitica. Questa cosa
differente e varia giunge al suo tempo e dal suo tempo. Non affrettata. Non in ritardo (Processo alla
parola, p. 255) • Politica dell’Altro la sessualità: essa precede la differenza sessuale, immemoriale,
inosservabile. Senza segno di sacrificio né di pathos, senza segno della divisione. Differenza
incontrollabile, per nulla significata da uomo-donna. Segue al tempo inalgebrico e al diritto dell’Altro. Nisi caste saltem caute. Impossibile regolazione disciplinare della differenza. L’incompatibile della differenza e della varietà pragmatiche segue alla prova di verità. La fatalità espunge
l’Altro, il fare, la differenza, quindi l’avvenire. La metafora della vita sociale come corsa, ove si
tratta di evitare di abbandonarla come di morire, e di puntare al primo posto, appartiene a Hobbes,
prima ancora di diventare il segno del limite mentale nel test dell’idiozia dello psicologo perito
torinese. Nell’infinito della parola, la cui marca è il pubblico (noi, voi, loro), la quantità, attraverso
la scrittura, diviene qualità. Ulisse si allontana dal domestico, dal patriottico, dal naturale: non ci
sono più le colonne di Ercole a trattenerlo. Il folle volo. Angela da Foligno si presenta come eroina
dell’alternativa: spera, prega e ottiene, con sollievo e con un poco di dolore, la morte della madre,
anzitutto, poi quella del marito, poi quella dei bambini. La strega viene torturata, perché goda, la
prostituta viene pagata, perché non goda, la santa non può fissare nella pena il segno dell’economia del godimento, né localizza né significa la differenza. Plotino si vergogna di avere un corpo,
l’animazione scarica il rifiuto. Legata all’albero e fra tanta legna, la strega viene bruciata. La negativa della fenice. Supporto dell’apoteosi dell’inquisitore. Michelangelo: A che serve avere creato
tutte quelle bambole? Rilke: Angelo e bambola, ecco il vero spettacolo! La vita, teatro delle bambole, attende un angelo che metta in moto le marionette. Demostene: Le donne sono spose, per fare
figli legittimi e assicurare la nostra immortalità, o concubine, per i piaceri quotidiani, o etere.
Prassagora si virilizza; si traveste da uomo, vuole persuadere gli eterni a affidare il potere e le
finanze alle donne; infatti, per procurare soldi, niente di più ingegnoso di una donna. Balzac
definisce la donna come automobile: La femme est une propriété que l’on acquiert par contrat;
elle est mobilière, car la possession vaut titre. Catone: Ovunque, gli uomini governano le donne; e
noi, che governiamo tutti gli uomini, siamo governati dalle nostre donne. Catullo se la ride. George
Sand: La virtù delle donne è una bella invenzione dell’uomo. La donna-denaro, la donna-automa,
la donna-bambola. Montesquieu: Une femme vertueuse est un vaisseau tenu dans la tempête par
deux ancres, la religion et les mœurs. Masoch: L’homme tremble quand la femme est l’égale de
l’homme. Das Narrenschiff: A tutte le oneste domando perdono/ se qui di loro neppure ragiono:/
che le sfiori non voglio la penna. Agostino: Aufer meretrices de rebus humanis, turbaveris omnia
libidinibus. Stendhal racconta di una prostituta non visitata da nessuno, pur bella, perché non si fa
pagare. Julius Clarus: Coitus judaei cum christiana, etiam soluta et meretrice, est punibilis. In
verità vi dico: i pubblicani e le meretrici andranno innanzi a voi nel regno di Dio. Karl Kraus: O
meraviglioso superfluo! Egli allontana medici e giuristi dall’ingerenza in questioni di amore e di
sessualità: Con la morale il codice penale non c’entra, c’entra solo con il pettegolezzo di provincia.
E ancora: in Strizzi Staat (Stato lenone) a proposito del processo Klein, la mancanza di prove della
colpevolezza della signora Klein è compensata dall’abbondanza d’indizi e sospetti sulla sua condotta immorale. Puttana, santa, Caterina Vannini di Siena viene rispettata, amata, venerata dal
cardinale Federico Borromeo. L’incesto è un’allucinazione acustica, benché supposta visiva, senza
anatomia; il divieto d’incesto fa la smorfia della sua inesistenza. L’inquisitore rende grottesca la
formula nulla poena sine iudicio. Oreste si concilia con l’Areopago, passando dalla madre non
vergine alla vergine non madre e dalle donne vendicatrici alle donne salvifiche. La corda di Giocasta
conferma l’ordine di Atena, il matricidio. La civetta di Atena dispiega le sue ali soltanto quando
scende il crepuscolo. Agar, la schiava egizia, serve Abramo, per potere servire meglio Sara, che
possa dare un figlio a Abramo; se ne sta, poi, con Ismaele, cacciata definitivamente dopo la nascita
d’Isacco: la generazione si distingue dalla filiazione. Nel canto VI dell’Odissea, la bella Epicasta,
una volta appreso di avere sposato il figlio, se ne va all’Ade, lasciando Edipo in ogni genere di
guai che le Erinni di una madre possono scatenare. La sposa del vampiro è la donna-fallo, prontissima all’economia del sangue, all’ultimo incesto. L’homo sexualis perpetua la Sfinge in Giocasta,
tramuta la differenza in diversità, tratta la sessualità come erotismo di sé o dell’Altro. La credenza
nell’incesto si erige eliminando la politica dell’Altro, la differenza irrappresentabile, impone
prescrittivismo e proibizionismo. La caricaturale fedeltà a tale credenza viene definita, secondo
l’idealità morale, nella millantata frigidità come orgasmo totale e antidoto all’immacolata concezione. Dal continente nero di Freud al buco nero di Lacan, la questione donna viene elusa dietro il
fascino e il mistero delle tenebre inviolate. Was will das Weib? Homo sexualis, homo consumens.
Non c’è più simile: similis simile gaudet. E Giovenale: mens sana in corpore sano. Homo roboticus.
Ruit hora. Bianco Ficus, prete junghiano, liberandosi dall’inconscio e dalla sua grande Madre,
mastica la verginità nella simmetria di maschile e femminile. Michelet: Io ho due sessi nella mente. Claude Gregory: Siamo mostri cerebrali. Darwin: Le facoltà mentali medie degli uomini devono essere superiori a quelle delle donne. In caso di purismo vittoriano, mai offrire una coscia di
pollo a una signora, che, a sua volta, mai deve toccare prosciutto, neppure di Parma, pena guastarlo. Rispetto al codice penale italiano, la donna è sempre virtualmente incapace, totalmente una
volta al mese, sempre diabolicamente obbligato il suo consenso non conformista. La conferenza
laicista protesta contro la venuta in Italia di Madonna, sua immagine speculare. La provincia
Italia respinge gli oriundi italiani che hanno successo all’estero. Madonna: parodia della sessualità
bianca, della sessualità risolta nell’unisex; né strega né fata: like a virgin. Cicciolina, pista bulgara:
parodia della convertibilità fra naturalismo e conformismo, Cicciolina sbianca la rappresentatività
del parlamento italiano; i parlamentari protestano per questa loro immagine. La presumono speculare. Helen Deutsch nasce in una cittadina polacca; bambina, viene chiamato un medico, che, in
pensione dall’esercito, ha aperto il suo studio privato; questi, dacché, toccando, trova un punto
dolorosissimo nella pancia della bambina, esclama: Ah, ecco dove si cela il cane; la bambina crede
a lungo di avere un cane nella pancia. L’inquisitore italiano lo crede ancora. E vuole scambiare la
possessione diabolica, dal godimento eretico, con la possessione ecologica, dal godimento nazionale. La falloforia si dimostra nella sineddoche clitoride-pene e clitoride-vagina. Nel contributo di
Helen Deutsch, la donna fallica costituisce la caricatura della scommessa, sembra qualificarsi madre
incestuosa, perpetua madonna con bambino. Nel contributo di Karen Horney, la donna-fallo,
donna-denaro, costituisce la caricatura della sfida, mentre l’uomo si qualifica donna mancante.
L’inquisitore tiene all’ultima fiamma, al rogo, all’ultimo godimento. Nell’antropoanalisi, la replica
del genere femminile al genere maschile mantiene gli stessi presupposti, lo stesso sistema, lo stesso vicolo cieco. Papa Giovanni Paolo I, con la sua idea di dio mamma, ha dato, in questo senso, il
suo apporto. Nessun diritto, per le donne, alla moschea, neanche morte: e l’oblazione della clitoride
è gradita a Allah; appena tagliata la clitoride, la ragazza danza, mentre le donne mature gridano
di gioia. Infatti: Allah ci ha creati da una sola persona, da cui ha tratto la sua sposa; seconda
cronologicamente e di un grado, la donna viene programmata per l’uomo per il suo piacere, per il
suo riposo, per la sua riproduzione, a lui obbediente, pena le percosse e il letto di contenzione,
impuro il coito per entrambi a causa di rifiuti e secrezioni. Una limitazione: quattro mogli, concubine
e schiave in numero illimitato, campo coltivabile. Il serraglio assicura l’economia del sangue, quindi
della differenza, la riproduzione. La Politica di Aristotele, dice Averroè, non è stata tradotta in
arabo. Muhammad, leggi! Imperativo impossibile. Dunque il Corano. Lo gnosticismo islamico
presuppone la schiavitù dinanzi a dio, all’assoluto, che determina l’equilibrio. Con un primato
dell’intelletto sulla volontà. L’intelligenza viene chiamata alla gnosi. La chiesa nazionale persiana
nel 486 adotta la dottrina nestoriana, condannata dal concilio di Efeso del 431. L’islam sviluppa,
amplifica, reimposta, rafforza, rinsalda, modifica, fa tutta sua la dottrina nestoriana (La congiura
degli idioti, p. 119-123) • Differenza sessuale, differenza intellettuale, differenza nella parola, differenza con cui avviene la scrittura. Dalla differenza dei sessi proviene la segregazione (c. 3l.8.85) •
La relazione è fra due, la differenza è la terza (c. 4.l.86) • Il significante morte ha una differente
accezione. Come il significante differenza. C’è una differenza che è nella frase e c’è una differenza
che segue al pragma. C’è una scrittura che segue alla frase. C’è una scrittura che segue al pragma.
La morte è l’indice della differenza in quanto insormontabile. La differenza dunque in quanto
sessuale. Nel primo caso la scrittura avviene attraverso le lettere, nella differenza che sta nella
frase. Poi c’è la scrittura che avviene attraverso la differenza sessuale. Questa scrittura procede
dall’automa e non è automatica. Nel primo caso, e è di questo primo caso che si è occupato il
discorso occidentale finora, la scrittura rientra nel parricidio. Nel secondo caso procede dalla
sessualità. Non c’è scrittura pulsionale, non c’è neppure il video con il matricidio, con la
significabilità delle cose. C’è una scrittura che procede dalla differenza di un elemento da se stesso
e che si compie attraverso le lettere e c’è una scrittura che si compie attraverso la differenza sessuale. C’è un differente compimento, nel primo caso l’etica. Nel secondo caso la clinica (c. ll.4.86)
• La differenza sessuale è la differenza intellettuale (c. ll.5.86) • La differenza sessuale non è la
differenza uomo-donna: uomo-donna riguarda la maschera, la differenza frastica, la differenza
del significante, non la differenza sessuale. C’è differenza rispetto all’uno (differenza frastica) e c’è
differenza rispetto all’Altro (differenza sessuale), ma non c’è differenza rispetto allo zero (La necessità del superfluo, SR, 20, 6/95)
DIFFERENZA/DIFFERENZE La differenza è sessuale, cioè assoluta. Non è individuale. Le
differenze sarebbero la significazione della differenza e quindi un modo di rappresentare la differenza. La tolleranza razzista è quella che coglie le differenze, che accetta le differenze e respinge la
differenza e, quindi, che vede la differenza rappresentata nelle donne, negli uomini e, poi, negli
ebrei, nei musulmani, eccetera. La psicologia delle differenze individuali è razzismo a uso individuale. Individuo è il termine latino per il termine greco “atomo”. Individuo: l’insecabile. L’insecabile
è il sembiante, cioè tu, io, lui; specchio, sguardo, voce. Il sembiante, cioè il simulacro, l’oggetto
della parola. La differenza non può essere attribuita all’individuo né essere rappresentata dall’individuo. Per essere rappresentata dall’individuo, è chiaro che l’individuo debba farsi Altro. È
un’assurdità che può essere provinciale o nazionale (SR, Per ragioni di salute, 29, 96).
DISCORSO ISTERICO/ INTERVENTO - Consideriamo il cosiddetto discorso isterico. Dati gli
elementi e le caratteristiche che abbiamo detto, è un discorso che ruota intorno a un fantasma di
assassinio. Nel discorso isterico, infatti, scrivere è come uccidere. E tuttavia, c’è una quantità di
frammenti, di briciole, di incominciamenti di scrittura. Non c’è ancora il nome del nome, che
sarebbe il risultato dell’assassinio – del resto, non si tratta propriamente di un assassinio, ma di un
fantasma di assassinio. Anche il pretesto per la domanda, nel discorso isterico, può situarsi intorno a questo fantasma. Non dovete pensare all’assassinio in senso realistico, è un fantasma, un
fantasma d’interesse: il discorso isterico s’interessa a questo fantasma, non per realizzarlo – il
discorso isterico non giunge mai alla realizzazione del fantasma, sia chiaro. Non è vero che crea un
padrone per dominarlo, non è esattamente così, perché il padrone, in questo fantasma, sarebbe
padrone solo in seguito a un gesto unico, irripetibile, quindi mai. Il discorso isterico, dunque, non
crea il padrone su cui governare, anzi, non governa affatto. Il discorso isterico incomincia, incomincia sempre: è il privilegio della sintassi. Incomincia un libro, incomincia un altro libro, incomincia a scrivere un racconto, poi passa a altro. Incomincia un mestiere, ma non va. Incomincia
l’università, poi si ferma, può fermarsi, ma come fantasma. Ciascuno può trovare gli elementi, i
dettagli. Qual è l’intervento, in questo caso? Il termine intervento indica dove c’è il modo. Qual è
il modo? È il modo d’intervento del sembiante, del sembiante in quanto assoluto, distaccato, sciolto, irrelato, inoperazionale. Il sembiante non opera, e la relazione non è attribuibile al sembiante.
Ecco dunque il modo: occupare la posizione impossibile di sembiante – si tratta della maschera, di
quanto c’è di più irriducibile dell’alterità dell’immagine. Se c’è maschera non c’è identità. La maschera sta a indicare l’alterità irriducibile dell’immagine.// Non bisogna immaginare che l’intervento sia per correggere, nel caso del discorso isterico. Perché il discorso isterico passa il suo
tempo a correggere, perciò, se vi mettete a correggerlo, si prenderà gioco di voi! È un discorso che
gioca sulla correzione. Il discorso isterico incomincia svariate cose, sventaglia tutte le sue virtualità
dinanzi al cifrante, per metterlo alla prova. È una specie di sfida la sua, in questo senso si approssima all’ironia – la sfida è ironica. Ma non è una sfida cui rispondere in modo realistico, sentendosi
sfidati. È come se l’isteria passasse il tempo a inventare esche, per verificare se il cifrante ci crede.
Se ci crede, è fregato. In caso contrario, c’è modo di avviare un’elaborazione. C’è un detto secondo
cui il discorso isterico parla allo specchio, e il cifrante sarebbe questo specchio. Non è così. Se ha
l’occasione di essere eleborato, questo fantasma dello specchio opera alla scrittura della sintassi. È
essenziale l’intervento, in questo caso l’intervento è l’ascolto, il silenzio, un silenzio eloquente,
non un silenzio muto. C’è una specie di saggezza dello specchio che interviene. Bisogna tenere
conto che le norme – cose semplici: “Ci vediamo domani alle quattro” – sono prese terribilmente
sul serio, quindi non è il caso d’insistere. Già l’isteria tende a prendere le norme come leggi, a
porre l’accento su di esse e a opporsi a qualsiasi modifica delle norme, quindi non è il caso d’insistere, diventerebbero dei parametri. Regole, norme e motivi sono provvisori, vanno stabiliti in
modo differente e vario di volta in volta, non sono eterni. Qual è la questione dell’intervento? Il
modo in cui il senso si qualifica, via via, come effetto e non come causa. Il senso, per il discorso
isterico, è portato come causa, non come controsenso: prende un aspetto di senso e, per evitare che
ci sia controsenso, cerca di fissarlo, fino a trasformarlo in significante. Ma anche così, il senso non
è causa. Se questo discorso trova lo scacco della pretesa di porsi come causa, allora diviene semplicemente effetto di senso, effetto sintattico di senso. Perché Freud ha tanto insistito sul lapsus,
sull’equivoco? Voi sapete che ciascun paese ha insistito su un discorso: la Francia sull’isteria, da
Charcot in poi, che è stato il primo a parlare di isteria maschile, fino a dire che l’isteria non era
localizzabile e non poteva attribuirsi per forza alla donna. Ma perché concerne le donne? Perché
c’è questa insistenza sul nome: il nome innominabile e anonimo. Non posso attribuire un nome al
nome, quindi non posso legiferare, non c’è un legislatore. È questo che sottolinea il discorso isterico. E sottolinea anche un’altra cosa: insiste sul lutto, ma per dimostrare non che il padre è morto
(l’assassinio deve ancora avvenire, non interviene mai), ma che il padre è immortale. È un contributo che il discorso isterico dà. Ma non il discorso isterico in quanto tale. Perché diciamo il cosiddetto discorso isterico? Perché l’itinerario è anzi tutto questo, in una prima fase: è l’analisi. Sicché
il discorso non arriva a instaurarsi come causa. E la causa quale sarebbe? Il senso già dato. Cerca di
fissare questo senso, che però non tiene. Incomincia qualcosa, come se il senso dovesse fare da
guida all’incominciamento e al proseguimento. Ma il senso non fa da guida, e così incomincia e si
ferma: scrive dieci righe, poi si ferma. Cambia argomento, scrive altre dieci righe e poi si ferma.
Quindi, il senso non riesce a padroneggiare e a guidare l’itinerario, perché c’è un effetto di senso in
quelle dieci righe che non è il senso voluto. Ma è evidente che se c’è compiacimento da parte del
cifrante – se non intende che si tratta di una sfida (non una sfida personale, intersoggettiva, sociale), che più semplicemente si tratta dell’instaurazione della relazione, del due, dell’inconciliabile –
, se da parte del cifrante, dinanzi ai complimenti esagerati, enormi, inauditi che il discorso isterico
gli fa, c’è anche solo un accenno di compiacimento, è finita! Non che l’isteria crei il padrone, è solo
una figura retorica. Il discorso isterico prova proprio questo: non c’è nome del nome, il solo che
potrebbe fondare il senso come causa, a partire dal quale guidare l’intero itinerario, in modo che
l’itinerario possa significare le cose. L’isteria prova che non c’è il significabile o il codificabile. Ma
gioca con l’invenzione di codici: ogni dieci righe un nuovo codice. Evidentemente gioca sulla
suggestione, che sta nella sintassi, senza nulla di negativo. È la virtualità dell’effettuazione di
senso – la suggestione dice che c’è effetto di senso. Questo, non ha niente a che vedere con l’idea
che il discorso isterico giochi allo schiavo-padrone, altrimenti sarebbe una trappola per il cifrante.
È così che vede l’atto sessuale: un gesto unico come l’assassinio. Non c’è occasione per il cifrante
di stabilire un qualche compromesso, anche provvisorio: non lo accetta. È il discorso isterico a
inventare una serie di compromessi, sotto forma di una continua sfida. Il cifrante non deve rispondere a botta e risposta, non ha nessun interesse. Il discorso isterico si trova già nell’articolazione e
nell’elaborazione, ma occorre che s’instauri lo specchio nella parola. L’animale fantastico diventa
una figura retorica, diventa la figura del due: non è l’animale che prende il posto del due, che sta
al posto della relazione. Per questo motivo il discorso isterico non accetta l’araldica (ogni albero
genealogico ha il suo animale di famiglia). L’animale fantastico viene immaginato nella masturbazione, per raffigurare la relazione. Ecco la questione. Si tratta del cosiddetto fantasma materno e,
tuttavia, il fantasma non è materno, lo sarebbe se potesse realizzarsi. L’animale fantastico non
riesce a abolire il due, la relazione. L’albero genealogico sta al posto dell’apertura, del due. In René
Thom si chiama sistema morfologico-dinamico, e deve includere la catastrofe, l’incidente nella
scatola nera – un tema caro alla gnosi. Dico alcune cose, perché non è il cifrante che deve proseguire! Proprio per nulla. Il discorso isterico lancia piste false... (L’intervento cifrematico 1993 in SR, Il
denaro, la moneta, i soldi, 24, 95).
DISCORSO PARANOICO (Decalogo) - Sesto: “Non commettere atti impuri”. Anche questo
comandamento, nel catechismo, è ridondante perché l’atto non è né puro né impuro. Rispetto al
discorso paranoico, l’impuro traspare nel puro e viceversa, l’incesto nella castità o nel casto e
viceversa, il male nel bene e viceversa. La Medusa traspare in Atena. Con il sesto comandamento
ci siamo spinti verso l’animale fantastico./Settimo: “Non rubare”. Questo è il comandamento
impossibile rispetto al discorso paranoico. “Tutto mi appartiene. Tutto sta al di fuori di me. Io sono
estraneo a tutto”. Estraneo, qui, non significa nemico. “Tutto mi appartiene, perché generato”. /
Per una donna, l’esaltazione massima, l’elogio estremo è dire che è paranoica. Siccome dall’epoca
di Ippocrate in poi hanno detto che le donne sono isteriche, dire che una donna è paranoica sembra una virtù divina (Il caso dell’unico, SR, 16, 1-2/95) • La conversione è un fantasma materno
attinente al discorso isterico. Quindi non toglie l’equivoco, ma lo accentua, per dir così. E fa di Dio
il proprio privilegio impossibile. Nel discorso paranoico, la conversione non esiste e nemmeno la
convertibilità. Il fantasma è quello della trasparenza. Tutto traspare in tutto. E tutto è seriale. Il
foglio è trasparente. La merce è trasparente. Così pure la frase, l’azione, la scrittura. Tutto comunica tutto. L’ordine del mondo traspare nel mondo dell’ordine. Occorre interrogarsi intorno alle idee, alle
figure o alle caricature in ciascun discorso che si presuma causa. Per il discorso paranoico la carta
intellettuale è la carta trasparente, la carta della trasparenza. L’impuro traspare nel puro, il corrotto nel rigenerato. Come avviene che sul fantasma materno proprio al discorso paranoico possa
istituirsi un programma politico? La partecipazione diventa drammatica con il discorso paranoico, propriamente impossibile. Drammatica perché impossibile./ Ottavo comandamento: “Non
dire falsa testimonianza”. Molto problematico questo comandamento nel discorso paranoico, che
apparentemente non ammette la testimonianza perché è la verità in carne e ossa, anzi, è già il libro
della verità e chi non lo riconosce è stupido./Nono comandamento: “Non desiderare la donna
d’altri”. È un comandamento estraneo al discorso paranoico, dove si tratta della metamorfosi
improvvisa, istantanea nella donna. Rispetto alLa donna, che interesse può avere la donna d’altri? Rispetto alLa donna qualsiasi donna è una domestica./Sempre lungo la serie dei comandamenti del discorso paranoico, il decimo: “Non desiderare la roba d’altri” si formula in un altro
modo, perché in questa maniera non tocca il discorso paranoico. La roba non è né mia né di altri:
esiste soltanto perché pensata dal discorso paranoico. Mia o di altri, è una cosa puramente apparente che riguarda l’ordine del mondo, non il mondo dell’ordine. Questo è il modo con cui si
formula il fantasma materno attinente al discorso paranoico, cioè un certo mammismo. / Quale
l’intervento perché ciascuno nella sua parola ascolti il silenzio che è della parola? In che modo
l’intervento non si risolve, non si converte nell’approvazione o nella disapprovazione o nel precetto – tutte cose che spazzerebbero via il silenzio, base del fare? Quale l’intervento perché l’ascolto costituisca la base della soddisfazione nella parola in cui ciascuno si trova esposto? (Il caso
dell’unico, SR, 16, 1-2/95).
DIVENIRE DONNA - Divenire donna è apparentemente l’idea di Schreber. Si tratta di un
modello di femminilizzazione generale, universale, che Schreber assume. Schreber, presidente
della Corte di Appello, senatpresident, rischia di scambiare la funzione di uno, funzione di presidente, con il titolo. /Divenire donna, nel senso di femminilizzarsi, nel senso di trasformarsi nella
donna, è qualcosa che comporta la negazione del padre come nome funzionale, del figlio come
uno funzionale e dell’Altro funzionale, sta nel regno del matricidio perché si tratterebbe di divenire madre o di divenire Atena. Chi non può divenire madre diviene Atena. Chi diviene madre nega
il filius, la funzione di uno. Chi non può divenire madre, perché nega anche la madre, dovrebbe
essere la donna che sia una e cioè l’eterna figlia germogliata come tumore dal cervello di Giove.
Atena come il cancro di Giove, l’aborto di Giove avvenuto per la testa. Due aspetti della normalità, del conformismo: divenire madre o divenire figlia del padre. Due modi di negare l’identificazione. Tolta l’identificazione gli umani sono manifestamente animali, sono posti come animali,
cannibali, truffatori, ladri, rapinatori e quant’altro purché senza la parola, senza la parola originaria. Tolta la venalità dall’oggetto divengono venali gli umani e così la vendita diventa un fatto
intersoggettivo come crede Lévi-Strauss. Le strutture elementari della parentela sono queste, il
sistema genealogico-morfologico-dinamico che stabilisce la relazione tra gli uomini attraverso la
vendita delle donne, la tratta delle donne. Lévi-Strauss dice che ciò è universale, che non ci sono
eccezioni, che ogni tribù si attiene a questo principio. E invece no, è semplicemente il discorso
occidentale diventato luogo comune provinciale al College de France di Parigi. La stessità come
autismo esige la stessità, esige il simulacro, il sembiante, l’oggetto, l’identificazione, la condizione,
la provocazione e come automatismo esige l’automa, il tempo, il tempo come altro tempo e qui, la
vendita, viene affermata dalla finanza quindi dall’istanza di scrittura, di conclusione (Le donne, la
vendita, il profitto, SR, 23, 9/95).
DONNA - La donna è indice dell’anonimato del nome nella sua funzione, il padre è indice
dell’innominabile del nome nella sua funzione. Il nome che funziona è autore; da qui la responsabilità, che è della legge, cioè del compimento della scrittura, dove il nome, lo zero, funziona. In
Grecia, la donna è la morte, semplicemente. La storia delle Parche è chiarissima, limpidissima,
luminosissima: la donna è la morte. Sono tre le Parche: Cloto comincia a avviare il filo, ma è un filo
già destinato; Lachesi lo mantiene, Atropo lo taglia. Questa donna che può avviare e tagliare il filo
è la morte. Amare questa donna è amare la morte. Amare le Parche è amare la morte. Il mammismo
è questo. Il mammismo è greco, non è Maria – vergine, madre – la fonte del mammismo. Sono le
Parche. L’arcaismo permane come paganesimo e si contrappone alla donna che è disposta a incominciare, a debuttare, alla donna imprenditrice, alla donna nella finanza, nella comunicazione,
nella scrittura, nell’arte, nella cultura, nel pubblico e nel privato. Nulla di nuovo può farsi in Italia
e in Europa senza le donne. Nulla d’interessante, nulla d’intellettuale, nulla di artistico, nulla di
culturale (SR, Il denaro, la moneta, i soldi, 24, 95). La donna, l’indice dell’anonimato del nome, della
differenza e della cifra. La questione donna. La questione, ormai, della macchina e della tecnica,
dell’invenzione e dell’arte, della cultura e del gioco. La donna di Leonardo: invenzione e arte
(Leonardo, p. 263) • Donna. Un conto è la donna anonima, che non partecipa alla genealogia o che,
viceversa, è supporto della genealogia e un altro conto è donna come indice dell’anonimato del
nome. Sono due cose molto differenti. È impossibile nominare il nome: da qui il padre come indice
dell’innominabile nel nome. Il nome è senza nome: da qui la donna come indice dell’anonimato
del nome funzionale, dello zero. È un’altra accezione di castrazione. Dicendo invece che la donna
è anonima, diciamo che la castrazione è umana, soggettiva, e che serve a introdurre nella genealogia:
la donna è ciò di cui la genealogia deve occuparsi e anche il supporto della castrazione. La donna
che appare “senza castrazione” viene considerata particolarmente adatta alle relazioni pubbliche
e alla pubblicità. Mentre la donna che in nessun modo partecipa alla cancellazione del nome viene
punita – non per punire lei, ma il nome dell’uomo cui è supposta appartenere. Se, invece, la
castrazione la donna si trova a rappresentarla, allora richiama il modello protettivo. Tutto ciò
nella parata sociale, dove, dice Lacan, la donna non esiste. È chiaro che si tratta di un’altra nozione
di castrazione. Freud inventa un termine, Kastration, mutuandolo dal latino. Mentre nella traduzione italiana compare “evirazione”, che corrisponde al tedesco Entmannung, insomma, la
castrazione umana. Ma la castrazione non è umana, non è affatto l’assoggettamento dell’uomo
alla genealogia. La castrazione è ciò che lascia godere, ciò che impedisce lo spreco. E inaugura
l’economia. / La donna non esiste come genealogia, come nome del nome. Ma esiste come enigma
della differenza e della varietà, enigma proprio all’enunciazione che mai si risolve nell’enunciato.
Enigma, quindi assenza di mistero. L’enigma segue alla finanza. Addirittura non c’è differenza
sessuale senza la finanza. Abolire la finanza vale a collocarsi nell’indifferenza sessuale, che è l’altro nome della distinzione sociale o sessuale: portare la differenza come distintivo, come segno. /
Non c’è la donna come madre. C’è la donna come indice dell’anonimato del nome o, se volete,
anche la donna come indice della differenza sessuale, come differenza assoluta, non relativa, non
rappresentabile, non personificabile. Non la diversità. La differenza viene dall’Altro, dal tempo,
dall’altro tempo (Le donne, la finanza, la clinica, SR, 22, 8 /95) • Quando la donna rappresenta la
castrazione, esige dall’interlocutore un intervento punitivo, perché la castrazione rappresentata
sarebbe quella del marito o del suo datore di lavoro. Oppure, la donna sarebbe senza la castrazione
e quindi si venderebbe. / Poniamo invece che sia venditrice, quindi impossibile che si venda. C’è
una sospensione del purismo. Il purismo punta tutto sulla seduzione, e mette in gioco l’aspetto
seduttivo, per cui l’acquirente acquista perché è un protettore. Compra. La compra. Che cosa
compra? Compra il segreto di mamma, la garanzia contro la castrazione, contro la sessualità. Ma
la donna venditrice è la donna sembiante. Quindi, la donna che occupa la posizione di sembiante
è venditrice. Ma è il sembiante a essere venditore, si tratta di maschera. È chiaro che nella maschera c’è l’immagine seducente, che la maschera indica l’immagine seducente. Senza dubbio. La seduzione, non si tratta di abolirla, ma di tenere conto dell’oggetto che è condizione anche della
seduzione, quindi della suggestione, della seduzione e dell’influenza. In particolare, lo specchio è
condizione del lavoro e quindi della suggestione; lo sguardo è condizione della trovata e quindi
della seduzione; la voce è condizione dell’influenza. Quando diciamo seduzione, c’è anche la per-
suasione, che non è sociale. / Poi, venditore è anche il tempo, quindi l’imprenditore è venditore.
C’è chi ritiene che il venditore non si occupi dell’aspetto commerciale. Il commercio è nell’equivoco: la struttura dell’equivoco, del qui pro quo, è la struttura del commercio. Ma l’imprenditore è
venditore, perché il tempo è imprenditore. Il cifrante è venditore: il tempo è cifrante, il tempo
cifra, qualifica. È questione di quantità, eppure il tempo qualifica, perché la quantità diviene qualità attraverso la sua scrittura. La quantità, scrivendosi, diviene qualità./ Ecco, allora, la donna
venditrice. La questione è: la donna nel commercio, nella pubblicità, perché non si tratta di eludere la castrazione. La donna addirittura indica l’anonimato del nome, impedisce che ci sia chi voglia fondarsi sulla genealogia e quindi sul nome del nome. “Io sono ben piazzato nel mio albero
genealogico”, che significa: ho le spalle coperte, dal partito, dall’istituzione, da varie investiture.
Questo comporta che il nome si nomini e ci sia nome del nome (Le donne, la finanza, la clinica, SR,
22, 8 /95) • Rimozione è funzione di zero, la funzione di zero implica, fra l’altro, donna come
indice dell’anonimato del nome e quindi in questo senso. La questione donna incomincia a enunciarsi nel Rinascimento quindi come questione del rinascimento della parola e questione dell’industria della parola, questione dell’itinerario, questione dell’arte e della cultura, questa è l’irruzione delle donne sulla scena occidentale. La rimozione. / La Vita Nova che è fatta di poesia e novella,
poesia e novella, poesia e prosa, ma questa prosa non è proprio una prosa, la prosa non viene
inventata da Dante, viene inventata da Leonardo da Vinci poi da Niccolò Machiavelli. Dante nella
sua fabula racconta che sembra badare all’altra donna ma che l’altra donna è lo schermo di Beatrice. Sembrerebbe che Beatrice sia l’oggetto, la donna oggetto, invece no. Leggete il Paradiso e trovate che l’oggetto è specchio, sguardo, voce, punto e contrappunto ma non Beatrice, non la donna, e
che anche Beatrice è schermo rispetto all’oggetto. Ma anche Virgilio è schermo rispetto all’oggetto. Questa è una cosa che vale sottolineare. L’identificazione è dell’oggetto, non è della donna, non
è dello schermo. Considerare che l’identificazione è della donna vale a porla come ideale e quindi
a femminilizzarsi. Certamente l’identificazione è dell’oggetto e non dello psicanalista (Le donne, la
vendita, il profitto, SR, 23, 9/95).
DONNA FALLICA - La donna fallica corrisponde a una rappresentazione del fantasma materno in una convergenza tra il sembiante e il fallo in nome del nome (Dio, p. 162).
DONNA INTELLETTUALE Non esiste la donna intellettuale e neppure l’uomo intellettuale.
La donna, tre virgole, intellettuale. Non la donna intellettuale senza virgola. Deve provvedersi
della virgola! (SR, La medicina e il programma di vita, 28, 96)
DONNA PAGANTE - Poi c’è la donna pagante. Qui si tratta dell’appagamento; dove il discorso della guerra o della prostituzione pone il prezzo dell’economia della differenza nella ricompensa o nella pena, – questo è il termine militare, premio – il mito della donna di Ezechiele istituisce
l’appagamento. Pagante è appagante. L’appagamento viene dalla città. Bisogna tenere conto che
nel caso del mito della donna di Ezechiele si tratta della donna città. L’appagamento viene dalla
città temporale. Questa è la pace. La pace, che non sia pax seguita alla guerra, nel discorso della
guerra, è l’appagamento. L’etimo di pagamento è pax, pace, pacare, appacamento, appagamento,
a seconda che venga messo l’ad. È chiaro che nell’appagamento non è una faccenda di partner o di
partecipazione, di segni dell’economia della differenza. Dove il discorso della guerra poneva il
segno dell’economia della differenza e dell’Altro, il segno della cancellazione, dell’esclusione dell’Altro, il mito della donna pagante instaura l’appagamento, che è un significante accanto a riuscita, accanto a guadagno. L’appagamento non è il piacere, è ciò che precede il piacere. Il piacere
definito nella cifrematica in maniera non tomistica: non è piacere sensitivo, non è piacere del visto,
non è piacere della cosa vista, è approdo alla cifra, approdo alla qualità, questo è il mito della
donna pagante (Eq. 10 febbraio 1991).
DONNA/NOME - Nella sintassi, la donna è l’indice dell’anonimato del nome. Il nome è senza
nome e innominabile: non possiamo dare un nome al nome. Non c’è lingua adamica che possa
dare il nome alle cose. Non c’è, insomma, nome del nome. Sarebbe la morte del nome, e l’altra sua
faccia, il nome del nome, come garante della spazialità lineare della parola, della sua padronanza
(L’intervento cifrematico 1993 in SR, Il denaro, la moneta, i soldi, 24, 95).
DONNE - Tu. Assumere le donne in cielo implica trovarle dove incomincia una storia – e non
solo la loro: a Gerusalemme! Sul sentiero della rimozione (Il giardino dell’automa, p. 185) • Tu.
Dall’oggetto della scienza procede l’irruzione delle donne nel primo rinascimento (Ibid., p. 185) •
Regista. Le donne irrompono con il primo rinascimento e con l’emergenza del cielo: in seguito alla
sacra rappresentazione; in seguito al carnevale; e nell’abolizione della segregazione, dei concetti
di gregge, di popolo, di soggetto collettivo (Ibid., p. 185) • L’omaggio alle donne che veniva fatto
con l’amor cortese non teneva conto di ciò che occorre fare nel caso delle donne: assumerle in
cielo. Eventualmente indicare una direzione verso il paradiso. Non è facile a causa della terribilità.
Perché una donna parla male di un’altra donna dinanzi a un uomo? L’uomo in questione non
dovrebbe mai essere fiero perché è preso lui per l’altra donna! “Tu sei la vera donna! Non quella.
Tanto è vero che io ho tanti difetti...che rappresento molto bene, rappresento bene la tua mancanza, la tua castrazione. Come si dice? Sono tua”. Bisognerebbe subito dire “No, grazie. Prova con
un altro” (c. 29.8.83) • Le donne sono anonime perché sono i nomi stessi, la serie infinita dei nomi.
Impossibile intendere la rimozione senza intendere la portata delle donne nella parola (c. 5.ll.83) •
Ci sono stati due modi del discorso occidentale di assumere ontologicamente la questione donna:
un modo sul versante della tecnica, che è quella dell’economia del male, e un modo sul versante
della macchina, che è quello di chiedersi come corollari del ti esti, del “che cos’è la donna”, tre cose
che sono ancora interrogativi, enunciati isterici – e come tali sono stati assunti in parte da Freud e
da Lacan e sono stati considerati appunto in questi undici anni come tali da essere articolati. “Come
gode la donna”, e qui c’è tutta la mitologia di Tiresia, e cioè che la donna possa rappresentare il
godimento attraverso la sofferenza, la tortura, la questio, che possa economizzarlo e dire perché
bisogna rinunciare, diventando il supporto del sacrificio, ciò senza cui non vi sarebbe il sacrificio.
Nello stesso tempo la donna sarebbe addirittura il godimento divino, quindi supporto di un’economia del godimento e della rinuncia attuale del godimento, ma anche al tempo stesso il godimento in quanto ineffabile, immobile e futuro, a venire. Altra domanda: “Che cosa vuole la donna”; e da qui c’è il concetto di morale. Mentre nel primo caso c’è il concetto della legalità di tutte le
istituzioni, e quindi la maternizzazione di tutte le istituzioni, nel secondo caso c’è il concetto stesso di disciplina, quindi del privilegio del sapere domestico, e quindi morale. E appunto tutta la
dialettica hegeliana e antihegeliana fa leva sulla soluzione ontologica di questa domanda “Che
cosa vuole la donna”. Terza domanda: “Che cosa significa la donna”. Di che cosa e come è segno
la donna. Insomma, come la donna dice la verità, come la donna è verità, come si rivela la donna,
come si scopre: è tutta la dottrina dello streap-tease. Il divenire donna, del tutto staccato dall’interrogazione ontologica, dal ti esti, si formula a partire dal primo rinascimento nei termini del divenire artista (c. l7.3.84) • Il mito della donna pagante è pioniere, per dir così, del mito della madre. Il
concetto del fare spregevole, del fare per un prezzo o del fare per il guadagno, il concetto di prostituzione quindi di istituzione divina, di istituzione materna s’istituisce sulla cancellazione del significante madre e sull’abolizione del mito della madre per una gestione della sessualità (c. 5.5.84)
• Promuovere le donne ha comportato e comporta promuovere il parricidio, quindi l’assenza di
una religione della morte, l’assenza di teocrazia. Favorirne oggi lo statuto comporta la sessualità,
quindi l’assenza di un’incestagogia, di una religione della comunità (c.l0.3.85) • Delle donne importa il tratto rilevato già nella tradizione occidentale, in particolare dal discorso isterico,
dell’anonimato che instaura il nome come innominabile, come anonimo, come zero. Con queste
donne incomincia il parricidio. L’itinerario intellettuale che è di ciascuno (c. 27.7.85) • Ciascuna
donna è schermo. Il discorso paranoico dice: tutte le donne sono io (7.l2.85).
EZECHIELE/VERGINITÀ Bisogna leggerla, l’invettiva di Ezechiele. Suo malgrado, si accosta
al mito della verginità. Rivolgendosi contro Gerusalemme, esclama (Ezechiele, 16, 31-34): “Quando ti costruivi un postribolo a ogni crocevia e ti facevi un’altura in ogni piazza, tu non eri come
una prostituta in cerca di guadagno, ma come un’adultera che, invece del marito, accoglie gli
stranieri! A ogni prostituta si dà un compenso, ma tu hai dato il compenso a tutti i tuoi amanti e
hai distribuito loro doni perché da ogni parte venissero da te per le tue prostituzioni. Tu hai fatto
il contrario delle altre donne, quando ti prostituivi: nessuno è corso dietro a te, mentre tu hai
distribuito doni e non ne hai ricevuti, tanto eri pervertita”. Cosa inaudita, per Ezechiele! È così che
arriva alla questione (SR, L’avvenire del pianeta, 52, 98).
FEMMINILE - Il discorso occidentale ha voluto che il femminile fosse il materno, il potenziale,
il negativo di cui fare l’economia. Il primo rinascimento avverte il femminile già prima della sacra
rappresentazione e poi nel carnevale proprio perché il femminile, come del resto il maschile, è
soltanto una maschera. Dice che l’immagine è sempre altra, porta sempre al teatro che non è mai
spettacolare e che impedisce il culto dell’immagine. Se questo problema dei ruoli del maschile e
del femminile trae al carnevale, per altro verso quella che appare con il primo rinascimento per la
prima volta e che costituisce la prima irruzione delle donne nella repubblica occidentale è la questione femminile, di quel che viene allora chiamato il femminile, la questione dell’arte, cammino
artistico particolare a ciascuno (Matematica e arte, p. 18) • Tu. A Gerusalemme: nella struttura della
rimozione il femminile è il nominale – nella serie infinita dei nomi; nell’anonimato. Nella pulsione
dove tu dimori! (Il giardino dell’automa, p. 42) • Il femminile è il nominale. Mentre femminile e
maschile sono maschere, ossia l’impossibile familiarità dell’immagine. L’eterno femminile è dio
che ha preso il posto del sembiante. Dio che si eguaglia al colore dello specchio, dello sguardo,
della voce (c. 5.ll.83).
FIGLIO/DISCORSI Occorre considerare quale sia il fantasma rispetto al figlio. Nel discorso
ossessivo, è il figlio morto. Nel discorso isterico, è il figlio aborto – anche nell’accezione in cui non è
neppure nato, addirittura, neppure concepito, eppure, c’è già questo fantasma di aborto. Mentre
nel discorso paranoico è il fantasma del figlio mostro. Anomalo, deforme, mongoloide, storpiato.
Malato? È troppo lieve. Malato può essere il figlio intero, ma, qui, è sicuramente deforme, mostro
o mostruoso, che non è la stessa cosa di malato. Nel discorso schizofrenico, è il figlio pazzo. Lo
abbiamo scritto nella Peste, dove avevamo condotto un’elaborazione molto precisa. Figlio morto
nel discorso ossessivo; figlio aborto nel discorso isterico; figlio mostro nel discorso paranoico;
figlio pazzo nel discorso schizofrenico. Si tratta sempre di un fantasma di morte (SR, La psicanalisi,
la clinica, la cifrematica In Italia e nel pianeta, 42, 97). Il filius viene “trattato” nei quattro discorsi, non
in uno solo. Nel discorso isterico, il figlio è aborto. Qui, stiamo discutendo di un fantasma, non
della pratica di aborto, perché, nella nostra epoca, la pratica di aborto viene attuata a prescindere
dal fantasma. Con qualche implicazione e qualche strascico, in seguito. Questo, nel discorso isterico, è uno dei modi in cui il filius viene pensato come generatus nec genitus. L’altro giorno, ho
chiesto a un mio amico: “Mi dica, in una frase, chi è suo papà?”. “Mio papà è un bravo figliolo”.
Nel discorso ossessivo, il padre è “morto”, e quindi può essere definito un bravo figliolo! Che cosa
significa filius genitus? Significa che il figlio procede dal padre, e che non s’instaura senza il padre.
Non c’è il figlio senza padre. Nessun figlio senza padre: sembra una cosa così semplice, ma il
discorso occidentale non lo ha ancora constatato. Il discorso occidentale è incominciato con il
“senza padre”: e, al posto del padre, ha messo il padre del padre, che è il nome del nome. In nome
del nome, ecco pronta la genealogia, la filiazione. Che cosa ha istituito il discorso occidentale fra il
padre e il figlio? Il rapporto di filiazione, il rapporto genealogico. Cosa comporta questo? Che il
padre e il figlio si fondano sulla morte. Padre morto, figlio morto. Il padre come nome non funziona e il figlio come significante non funziona. (…)Siamo arrivati al discorso isterico: qui, c’è l’idea
del figlio come aborto. E anche ciascuna cosa che incomincia è un po’ come un aborto. E tante ne
incomincia, ma tante, ma tante! Ma non è come il discorso schizofrenico che si sofferma su ciò che
incomincia, anzi che si sofferma sugli inizi. Il discorso ossessivo, addirittura, vuole soffermarsi
sull’origine, andare attorno all’origine, vedere il luogo di origine, il luogo natìo. Gira e rigira, e
ritorna lì, e ritorna lì, e ritorna lì. Nel discorso isterico, appena l’ha pensato, il figlio, l’ha già abortito. Ovviamente, questo fantasma è interessante, perché da qui si può arrivare anche all’Annunciazione. Vede il principe da lontano, ed è già incinta. L’ha visto passare, lontanissimo... Oppure
legge sul giornale che è successo un fatto macabro e subito pensa: sono io il responsabile. Ma
diciamo che non è subito così, filius generatus nec genitus, nel discorso isterico. In un primo stadio
non è così. Ma c’è un secondo stadio, e lì è già aborto. Vedendo il principe passare da lontano, è
incinta. Però poi, dice: “Ah! Sono incinta”. E deve abortire. Maria è stata intelligente perché non
ha abortito! Siamo al discorso ossessivo. Il discorso ossessivo considera che è impossibile rimanere incinta; è impossibile. Però, se dovesse capitare, sarebbe una cosa stranissima. In questo discorso, se il padre è morto, il figlio può essere vivo? È già morto. Essendo generatus dal padre morto,
morto il padre e morto il figlio. Generatus nec genitus, perché non procede; questa è la questione.
Nel discorso paranoico, il figlio è il mostro. In ventinove anni di pratica come cifrante, più volte ho
sentito le testimonianze da parte di donne incinte che dicevano di un mostro che stava crescendo
e stava… Però, questa idea del mostro, evidentemente, c’è prima ancora dell’idea del figlio: viene
applicata al figlio. Nel discorso paranoico, anche nei sogni, nelle fantasticherie, nelle fantasie,
nelle fantasmagorie, nelle rêveries c’è il mostro. A volte, questo mostro assume una certa configurazione e si ripete, con qualche variante, nel sogno, ma è sempre lo stesso mostro. È il mostro.
(…)Siamo al discorso schizofrenico. Com’è pensato il figlio nel discorso schizofrenico? È pazzo.
Intendiamoci, sono vari modi che “inaugurano” qualcosa. Ma è sempre il filius generatus nec genitus.
Bisognerebbe anche discutere di vampirismo e schizofrenia. Se lo Spirito Santo viene tolto, se la
voce è tolta, non c’è punto vuoto, non c’è punto di oblio. E allora, qual è la genealogia che si
stabilisce? È una genealogia per consanguineità assoluta. Se lo spirito non opera alla scrittura di
ciò che si fa, di ciò che avviene, allora il vampiro agisce. Consanguineità. Nel discorso schizofrenico, c’è l’idea di matricidio. C’è astio, molto astio verso la madre, benché ci sia un bisogno assoluto
della madre: astio verso la madre e bisogno della mamma. Abbiamo già detto quali sono le due
formule dello spavento e del panico, nella conferenza sul discorso schizofrenico (SR, Il libro: ciò che
della memoria si scrive, 62, 98).
FINANZA - • Regista. La finanza procede dall’odio. E dà risalto alla moda, al modo con cui si
scrivono le cose, alla temporalità, all’immaternità delle cose (Il giardino dell’automa, p. 273) • La
finanza implica con la sua sessualità l’impossibilità di un soggetto automa, di un soggetto robot
(Processo alla parola, p. 222) • La finanza procede dal fatto che le cose non finiscono, che quindi esse
non significano, che uomini e donne non significano la differenza sessuale; le cose, dividendosi,
concludono alla scrittura e alla cifra (Ibid., p. 255) • Finanza: l’altrove come istanza di scrittura
pragmatica. Irrappresentabile l’oggetto, irrappresentabile l’Altro (La congiura degli idioti, p. 69) •
La finanza. Ovvero la soddisfazione segue inevitabilmente al debutto. Ecco il destino di ciascuno
nella città. La finanza garantisce la riuscita (c. 9.6.84)
GENITO/GENERATO - Diciamo che il figlio è genito non generato. Perché non è generato?
Significa che il figlio non è il bambino, il figlio è genito, ma non generato. Ghenos, perché è la
trifunzionalità del ghenos, quindi sia nome sia significante sia Altro. Genitus non generatus: è teologia, in questa accezione, teologia come intuizione, come fabula di qualcosa. È impossibile dire
prima e dopo, ma, se proprio volessimo dirlo, il figlio viene prima del bambino... Alma genitrix:
alimentatrice, nutrice, da alo, alimento. È sicuro che i bambini non vengono da Venere. Venere
viene dall’accezione antica: un tempo ci sarebbe stata la supremazia, l’egemonia delle donne sugli
uomini, nel Mediterraneo, secondo una certa mitologia, poi ci sarebbe stato un passaggio intermedio di cui sarebbero superstiti Venere, le etere e le suore – le sacerdotesse (Eq. 30 marzo 1990).
GERUSALEMME - • Tu. Gerusalemme istituisce la soglia del parricidio: la condizione stessa di
avvio del labirinto. Sul sentiero della notte – dove s’instaura lo zero; e dove incomincia la
nominazione. Con la peste (con una logica particolare; con l’idioma; con il numero; con la droga
insituabile nella parola). Gerusalemme: un’altra Etruria – dove ciascuno si mette a parlare. A un
punto. • Cifratore. Con Gerusalemme l’alingua diviene la condizione e il supporto della rimozione originaria. E non c’è più deserto, non c’è più il luogo dell’isolamento e della compagnia, della
spazializzazione del cielo e del paradiso. Quel deserto di cui il discorso schizofrenico compiva la
parodia! • Giornalista. Gerusalemme: non c’è più insieme. Il lapsus risulta strutturale: il precipizio delle cose – parlando. Gerusalemme: incominciano le donne; dalla rimozione originaria;
dall’instaurazione dello zero nella parola. Gerusalemme: la più lontana condizione affinché si
enunci la questione donna. Gerusalemme: si spalanca la domanda! E ora la transustanziazione; e
ora la resurrezione! • Regista. Gerusalemme: l’assunzione delle donne in cielo comporta che il
nome possa essere preso in una funzione. Inalgebricamente. E il nominale interviene nella funzione di rimozione (sul sentiero della notte). Come può procedere dall’essere? Come può attendere
l’epifania? • Lui. Gerusalemme è un emblema dell’internazionalismo. E non solo un campionario
del monoteismo. Entrata nella teologia, nei poemi, nella letteratura, nella scienza, nei film. Lontana dalla religione della morte e della comunità come tale. Lontana dal concetto di ghetto, di segregazione, di gregge, di maggioranza e di minoranza. Teorema del cattolicesimo all’aurora del pri-
mo rinascimento: non c’è più ghetto! E Galilei ne trae la lezione del transfinito, già enunciata da
Lucrezio. • Tu. Il profeta teorizza a suo modo la rimozione quando respinge che tu – punto di
caduta, specchio, impertinente, falso per eccellenza (punto di distrazione) – ti personifichi. E si
accorge del primissimo esordio dell’itinerario di riso e di verità. Il suo mandato termina a
Gerusalemme (all’instaurazione dello zero; all’incominciamento delle cose; alla struttura della
rimozione) • • Cifrante. Gerusalemme: l’arbitrarietà dice di una decisione con cui ciascuno segue
nel progetto – inconscio – il destino dell’impresa. • Cifratore. In seguito a Gerusalemme: l’intervento risulta analitico e clinico – invece che critico. Fra il sembiante e la cifra della parola. In un
itinerario intellettuale che combina l’arte e l’invenzione. • Lui. In seguito a Gerusalemme: l’amore
obbedisce forse a qualche necessità, a qualche bisogno ontologico? Indispensabile: lascia l’individuo nella sua inconcettualità (nella sua imprendibilità; nel suo ininserimento nell’insieme). L’aggressività – altra faccia dell’affettività – ne costituisce la parodia. In seguito a Gerusalemme: l’odio
obbedisce a qualche limitazione? L’amore preserva l’istanza della vendita – e l’odio preserva l’istanza della soddisfazione. • Pubblico. In seguito a Gerusalemme: ciascuna donna ha forse da continuare a dire eternamente di no per fondare la tirannide, il dispotismo e il vampirismo? Ha forse
ancora da rappresentare l’assenza di Gerusalemme, la rimozione o la resistenza? Fa forse ancora
massa, insieme, gruppo, truppa? E ciascuna madre ha forse da continuare a rappresentare la mediazione delle cose e la loro transizione, il principio della loro governabilità? (Il giardino dell’automa, p. 37-39) • Non c’è cominciamento senza Gerusalemme. Gerusalemme non è una città: è la
condizione perché ci sia metafora, metonimia e catacresi. Gerusalemme: l’instaurazione dello zero.
“Cifra” indicava prima lo zero e poi il numero in cui c’è lo zero (Eq. 30 marzo 1986).
IDENTIFICAZIONE/ASSEMBLEA/MATRICIDIO - Nessuno è in grado di compiere neanche
un passo senza l’identificazione. L’identificazione è la condizione dell’itinerario. Quindi, passo e
piede, la struttura, la scrittura, il fare ci sono se c’è l’identificazione. L’identificazione con l’associazione, con l’assoluto. / L’identificazione è sempre condizione, anche, dell’assemblea. È nell’assemblea che vengono messi alla prova il dispositivo, la politica, la direzione. Assolutamente essenziale l’assemblea, perché non è l’areopago, è l’assemblea senza matricidio. La questione è questa: assenza di matricidio. Chi evita l’assemblea crede nel matricidio. Tanti guai vengono, in generale, a uomini e donne, spesso alle donne, anche da questa credenza nel matricidio, diffusissima.
Il maternalismo e il mammismo vengono dalla credenza nel matricidio. È il matricida il peggior
mammista, tanto per essere chiari. La madre, l’ha uccisa, per questo è mammista nella vita. E
troverà sempre e dappertutto una mamma da uccidere, da evitare. Dice: “Provo un odio viscerale
contro quella donna...”, perché quella donna è la mamma. L’Altro viene tolto, e al suo posto c’è la
mamma (La necessità del superfluo, SR, 20, 6/95).
INNOCENZA Innocenza è un termine un po’ strano, va elaborato. Sarebbe: che non nuoce.
Detto così, è come se ci fosse una donna che nuoce e una donna che non nuoce. Quella che non
nuoce magari medica, porta rimedio. La donna-rimedio, la donna-farmaco, la donna-droga sono
la stessa cosa. La donna-farmaco può portare il farmaco buono o cattivo. Può essere colei che è, o
porta, rimedio, e colei che è, o porta, guai e rovina. Come diceva Alberto Sordi, in un film dell’immediato dopoguerra: “A me mi hanno rovinato la guerra e le donne”. La donna come rovina. La
donna come felicità. Certamente, l’uomo che è preso in quest’anfibologia imposterà un dispositivo conformista, si farà marito domestico e pretenderà una moglie domestica (SR, La cifra della
civiltà, 58, 98).
INVIDIA/OMOSESSUALITÀ/PARANOIA L’invidia che talvolta gli uomini enunciano rispetto alle donne – ritenute possedute, invasate, in filo diretto, per esempio, con un altro uomo – è
ideologia dell’invidia. L’omosessualità è una conseguenza dell’invidia, e non viceversa. La paranoia è costituita dall’ideologia dell’invidia, che fonda l’homo sexualis, cioè il principio di parità
sociale, sessuale, politica. Il capitolo sulla cosiddetta omosessualità, nella Congiura degli idioti, è il
capitolo L’ospite, la politica, Pavese, mentre il capitolo intorno all’invidia è L’invidia, il fuoco fatuo,
Sciascia (SR, La batteria della soddisfazione, 25-26, 95).
ISTERIA - • Lui. Il cristianesimo ha introdotto quell’isteria che ha condotto il discorso occiden-
tale a Delfi, quindi a Gerusalemme. E quando la questione donna incomincia a enunciarsi, l’isteria
non c’è più! E in nessun modo assicura il trionfo della psicologia come ha fatto nel Novecento (Il
giardino dell’automa p. 184) • Io. Giacché l’isteria non c’è più, queste Fondazioni della psicanalisi
possono scriversi: e il parricidio e la sessualità possono costituire le due facce del transfert lungo
l’itinerario intellettuale (Ibid., p. 184) • Cifratore. L’isteria non c’è più. Staccata dalla nosografia,
verificata in un discorso nei termini di un particolare fantasma materno, pone in rilievo una struttura della parola che la travolge (Ibid., p. 186) • Cifrante. Solamente in assenza d’isteria come tale,
lo psichismo abbandona la psicologia: e la rende possibile. Altrimenti il modello dell’universione
e della circolazione permane –come pure il modello dell’amore del padre e del fratricidio (Ibid., p.
186) • Io. Perché risulta caricaturale la risposta di Petruccio nella Bisbetica domata? La risposta
semantica all’isteria creava l’isteria in tutto il suo maleficio e improntava a ciò una religione sia
religiosa sia militare e ora magica ora ipnotica. E i familiari e gli ospiti nella casa di Battista si
rappresentano il male dell’Altro nella visione dell’automa bisbetica (Ibid., p. 187) • Cifratore. Charcot
stacca l’isteria dal riferimento necessariamente biologico all’utero, riferimento presente nella
psicopatologia greca e romana e che ha sempre suggerito per le donne il matrimonio come psicofarmaco. Ne mantiene il riferimento psicologico spazializzante (Ibid., p. 197) • Cifratore. La dottrina morale e psicologica dell’isteria prescrive che l’atto sessuale abbia qualcosa da condividere con
il conflitto, con lo stupro, con la limitazione con la procreazione, con la reciprocità, con la compatibilità, con la condivisione del patetismo. E subire lo stupro per lamentarsi crea il debito cavalleresco: di un cavaliere senza principe all’orizzonte (senza punto di astrazione, senza voce); su principio del fatto vampiresco (Ibid., p. 199) • L’isteria non esiste più. Bisogna che la psicanalisi, dalla
sua prima seduta, cominci da questo. Se la psicanalisi presuppone l’isteria, se presuppone del
resto altre entità, non può incominciare. Non può incominciare perché l’analista in questo modo
crede alla messa a morte o all’incesto, crede al negativo, al male, al peccato, alla corruzione. È ciò
che impedisce che un’analisi avvenga. È ciò che impedisce l’instaurazione della domanda, il
cominciamento dell’analisi, la pulsione. L’isteria poneva l’accento sulla sessualità ma non approdava alla sessualità. Se l’isteria esistesse, in ciascuna traiettoria dell’elaborazione teorica trovereste degli enunciati isterici, come avviene per Lacan. E sono lì tuttavia i momenti in cui deraglia,
sono lì alcuni momenti più interessanti. L’isteria ha avuto il vantaggio di compiere un’istigazione
a ridere. Come dire che l’isteria trascorre fra la voce e il punto di riso (c. 8.8.83) • L’isteria non ama,
odia, cioè la dichiarazione d’amore nell’isteria è una dichiarazione di guerra (c. 29.8.83)
LA PIU’ BELLA Il gioco a papà e mamma è generale, in tutti i quattro i discorsi. È quanto c’è di
più universale. Come anche il fatto che è una preoccupazione delle donne quella di cercare sempre la più bella. E come la cercano? Vedendo quale può interessare all’uomo. E facendo un confronto tra sé e la più bella, come se all’uomo interessasse la più bella. Assurdo! S’instaura, poi, una
faccenda assolutamente femminile, fra donna e donna, cercando, come nelle fiabe, la più bella. La
più bella toglie la bella, toglie la finestra, toglie la porta. E questa ricerca della più bella diventa
un’attività. “Ecco, mi è stata preferita quella! Quella è la più bella!”. S’instaura una subordinazione:
la “meno” bella si dedica alla “più” bella. Può anche non incontrarla mai, ma si dedica a lei.
Chiaramente, è una cosa che interessa esclusivamente le donne. La più bella è una mitologia esclusiva delle donne. Sono le donne, tra loro, a avere questo interesse. Agli uomini non interessa per
niente, è un’attività specifica universale delle donne. La più bella e la meno bella, la più giovane e
la più vecchia... “Lui ha preferito quella, allora...”. La questione non è “quella”, la questione eravate voi! Qual era il dispositivo tra voi. Se c’era dispositivo. O se non c’è mai stato. Oppure, se era un
dispositivo conformista. Se era un dispositivo conformista, è chiaro che può sempre intervenire
una variante mitologica: la giovane e la vecchia, la donna erotica e quella non erotica, e tutte
queste distinzioni di cui le donne sono specialiste. Tra loro. È un modo per non tenere conto
affatto della parola! La questione non è tra uomo e donna che rappresentino o significhino la
differenza sessuale; la questione è se c’è un dispositivo per la differenza, e non per la significazione
della differenza. Perché se è questa l’impostazione, allora nella mitologia c’è sempre una più bella,
una più bella, una più bella... O una più giovane, una più giovane, una più giovane... Ripeto,
questa è una cosa che interessa in maniera assoluta, esclusiva e universale le donne! Le quali, per
il 99% della loro attività, si dedicano a contemplarsi tra loro. Sfiorate solo all’1% della loro attività
dall’ipotesi che l’uomo esista! (SR, La cifra della civiltà, 58, 98).
LINGUA SESSUALE - Qual è la lingua sessuale? Ciascuno può dire di sentirsi escluso, e si
chiede come diventare presidente di una banca, presidente di un’industria, direttore generale.
Questi parlano una lingua tra loro. La lingua sessuale è la lingua diplomatica; la lingua della
politica è la lingua diplomatica. La lingua con cui l’impresa, l’industria, la politica si scrivono è la
lingua dell’intendimento che è la lingua sessuale, lingua che viene dal tempo della parola, dal
ritmo della parola, dal tono dell’incontro; per giungere a questo c’è la condizione, l’identificazione, l’assoluto e c’è l’itinerario, la ricerca – che è difficilissima – c’è il rischio di impresa, per arrivare
a intendere in questa lingua le cose. Bisogna tenere conto di ciascuno che parla nell’altra lingua,
questo ciascuno che intende nella propria. Io devo spiegare, farmi capire, si dice. No, ciascuno di
noi intenda nella propria lingua, allora sarà lì per scrivere, per concludere la propria impresa.
Questa è la cosa davvero importante, perché quanti sentono che c’è una lingua sessuale che parlerebbero i parenti maggiori della città. Ci sarebbero i plenipotenziari che parlano quella lingua e si
intendono. Occorre che ciascuno intenda nella propria lingua, là dove assolutamente si compie la
sua ricerca e la sua impresa. Giungendo a questo, allora avviene la trasposizione perché altri intenda. Io ho sempre scommesso sulle donne, ma non è così facile; Orfeo ne sapeva qualcosa. Ma
bisogna scommettere sulle donne come interlocutrici essenziali nell’impresa, nell’industria, nella
finanza, nella comunicazione. Altrimenti ciascuno di noi crede che la vita sia liberarsi dalla mamma, che il suo problema sia liberarsi dalla mamma; come rispettarla, come non ucciderla. Questo
è il mito della madre, il mito dell’industria, il mito dell’impresa. La questione donna si enuncia
soltanto nel rinascimento e comincia con Leonardo da Vinci, come questione della parola originaria. Altrimenti ci si trova a situare la donna nello strip-tease della verità, cioè come la rivelazione,
l’apocalisse, come il nudo; tutte metafore che sono sorte nel discorso occidentale fino a Nietzsche
e oltre. Io ho inteso, fin dal primo istante, che l’avvenire dipende dall’elaborazione della questione
donna, quindi la ricerca, l’impresa; non c’è nessuna antitesi, nessun conflitto, nessuna opposizione e nemmeno nessuna compagnia tra il padre e la madre: il padre come nome che funzione nella
parola, e poi il mito del padre, che è il mito della ricerca e del labirinto, della difficoltà. Il mito della
madre è il mito del tempo, dell’impresa (Le donne, la vendita, il profitto, SR, 23, 9/95).
MADRE (Mito) - Cifrante. Il mito della madre introduce il terremoto che annuncia la politica
del tempo – per cui la tenda può darsi con lo squarcio (Il giardino dell’automa, p. 189) • Cifratore. Il
mito della madre è il mito del tempo. [...] (Ibid., p. 189) • Lui. Il mito della madre è il mito del
tempo: nessun paradiso delle donne. [...] (Ibid., p. 189) • Pubblico. Il mito della madre incomincia
a enunciarsi con il primo rinascimento: con la scienza della parola, con la sua industria; sulle
tracce del diritto, del mito della Pentecoste e del mito della resurrezione. E potete constatare che
risulterebbe impossibile senza l’istanza culturale e artistica del cattolicesimo
(dell’internazionalismo) (Ibid., p. 189) • Io. Senza il mito della madre la scrittura serve la mediazione e la misurazione. Si automatizza. E funge da psicofarmaco (Ibid., p. 189).
MITO DELLA MADRE - Cifrante. Il mito della madre introduce il terremoto che annuncia la
politica del tempo – per cui la tenda può darsi con lo squarcio. In assenza di una fine delle cose,
della funzionalità della morte e dell’utilità del tempo • Cifratore. Il mito della madre è il mito del
tempo. Lo scivolamento fra mito della madre e mito delle donne dimostra lo scarto fra la differenza sessuale che procede dal tempo e l’ontologia dell’amore che ha fondato il canone del pudore
(dell’amore senza odio e senza sessualità) nella repubblica occidentale.• Lui. Il mito della madre è
il mito del tempo: nessun paradiso delle donne; e il soggettuale in nessun modo si distingue come
maschile e come femminile; nessun segno delle cose. • Pubblico. Il mito della madre incomincia a
enunciarsi con il primo rinascimento: con la scienza della parola, con la sua industria; sulla traccia
del diritto, del mito della Pentecoste e del mito della resurrezione. E potete constatare che risulterebbe impossibile senza l’istanza culturale e artistica del cattolicesimo (dell’internazionalismo)! •
Io. Senza il mito della madre la scrittura serve la mediazione e la misurazione. Si automaticizza. E
funge da psicofarmaco. E Dante si accorge che il suo paradiso deve molto al mito della madre! •
Lui. La madre va forse considerata sul versante dell’oggetto come è avvenuto dalla scolastica al
romanticismo e all’antropologismo? La nosologia psichiatrica procede dall’abolizione dei teoremi
del tempo. • Pubblico. Togliete la madre: e avete la reclusione delle cose – la loro vocazione spaziale;
come pure l’ultimo tempo, l’ultimo male; mai l’altro tempo; mai la differenza sessuale; mai la
differenza tanto ingiustificata quanto indecifrabile. Togliete il mito della madre e avete le dottrine
ora calviniste ora gianseniste del buco, del sacco, del mantice; avete la topografia moralista delle
donne che si spaccia per libertina; avete lo scissionismo circolante e spazializzante; avete la
gruppologia in tutte le sue versioni e avversioni pontificali. • Giornalista. La madre come supporto di una metafora spaziale? Come sostegno dell’automaticismo? Come strumento dell’ipnotismo? Come ciò che deve ricevere forma in vista della robotizzazione delle cose? Come buco vuotato dei teoremi del tempo per servire le parate morali del virilismo provinciale? Come segno
dello scambio umanizzato o ipostasi dell’universalismo antropologico? (Il giardino dell’automa, p.
189).
OLIO E LUCERNA - La lucerna, dicevamo. Riprenderemo quel brano del Vangelo. È curioso
che Cristo, si rivolga spesso alle donne, alle fanciulle nei suoi interventi – apologhi, parabole,
aneddoti – dove giungono anche i miracoli. Miracoli e aneddoti, inediti. E anche se egli non si
rivolge alle donne, le donne intervengono, comunque. Così le fanciulle che tengono la lucerna
accesa fanno in modo che l’olio sia sempre lì a alimentare la lucerna, un olio speciale e una lucerna
specialissima. In qualsiasi istante può giungere il Signore, il maestro: esse sono pronte. L’olio e
quello che occorre, la lucerna e quello che occorre, l’olio e la lucerna come occorre indicano che le
fanciulle sono pronte, che qualcosa può accadere, il miracolo può accadere. Questo “può” non è
una possibilità, ma un’improbabilità, dove non si tratta dell’impossibile, ma del contingente: il
miracolo avviene perché il contingente non è l’impossibile. Ma nel discorso comune il contingente
viene trattato come impossibile o come possibilità collettiva o sociale. L’olio e la lucerna indicano
che le fanciulle sono pronte, che stanno nel dispositivo, quindi che le cose si fanno. Il dispositivo
in atto è il Signore, il maestro, il principe, la repubblica. Lì non si tratta più d’indossare l’abito o il
vestito. Il nudo stesso è maschera, quindi indice dell’alterità dell’immagine, senza nulla di negativo. Ma c’è il vestito impossibile: è il vestito della seconda comunione, quello che procede dal due.
Il vestito impossibile da indossare nella sembianza è il dispositivo in atto. Queste fanciulle costituiscono l’esercito, costituiscono già il dispositivo. Ciascuna sta nel suo dispositivo. Ciascuna è indispensabile! Quando noi diciamo che ciascuno è indispensabile, diciamo che ciascuno diviene dispositivo, diviene protagonista. Potremmo anche chiamare queste fanciulle, che aspettano con il
loro olio e con la loro lucerna, mistiche e missionarie (SR, Il denaro, la moneta, i soldi, 24, 95).
PARANOIA - • Di fronte alla paranoia lo psichiatra rappresenta l’isteria prendendo il delirio
come suo persecutore. La paranoia fa da contraccolpo dell’analisi attraverso il taglio del taglio.
Dinanzi al passo introdotto da un nome pone il sorpasso. [...] (La formazione dello psicanalista, p. 10)
• La paranoia è l’erezione del senso al di là del dire. [...] Posta l’esistenza di un tutto indistinto, la
vendetta è la forma della separazione opposta alla seduzione supposta dell’Altro. [...] Per altro il
significante punizione non è caratteristico della paranoia (Ibid., p. 11) • Se l’isteria dice: “Non ci
sono uomini, io supplisco a questa assenza”, nella paranoia ricorre l’enunciato: “Non ci sono donne, io supplisco”, “Non ci sono donne, io t’imploro”. La paranoia è abdicatoria, costituisce un’abdicazione rispetto al simbolico a vantaggio di una posizione di sovranità. Abdica per essere dio.
Per gestire la menzogna, anche costituendosi come convitato di pietra, occorre supporre che l’Altro sia stupido. [...] Nella paranoia non c’è persecutore. Il persecutore è un significante che si situa
nel discorso isterico. Solo nell’instaurazione di un soggetto supposto sapere interviene il significante persecutore. “Io so che tu sai che io non so”. In altri termini il persecutore è un fantasma
d’autorità. Quella che non è affatto né pensata né avvertita dalla paranoia, caratterizzata invece
dell’abdicazione (La formazione dello psicanalista, p. 9) • L’abdicazione al simbolico comporta un
feticismo della scrittura, che si stabilisce quando c’è un dono contro dono. Il primo dono toglie la
castrazione. [...] Il secondo dono toglie l’etica, addirittura il desiderio. [...] (Ibid., p. 10) • La paranoia limita il discorso rappresentando l’incurabile? Questo varrebbe a credere che il parricidio
possa dimenticarsi anziché instaurarsi nell’atto di dimenticanza. Bisogna evitare la paranoia che
la riforma designa nel dispotismo? Non bisogna evitare nulla perché la dimenticanza non può
evitarsi. La paranoia comporta lo scacco della criminologia quando rileva l’atto e l’indecidibilità
della strofe e quando insegna come l’odio non formi e non trapassi nel conflitto ma intervenga
sulla via del transfinito (Dio, p. 118) • • La paranoia, se esistesse, sarebbe femminile. Darebbe un
contributo essenziale a Gomorra. E bene utilizzata dall’inquisizione, può giungere nella farsa a
offrire la base dell’impalcatura per l’arresto e il linciaggio di chi “rappresenta” il pericolo della
differenza sessuale. “E la signorina C Z F non riesce a ottenere il coinvolgimento della sua famiglia
di origine nell’investimento che vuole fare come le altre cui attribuisce un’altra origine sociale
(agli antipodi della sua): sicché, dopo l’irruzione dell’apparato inquisitorio, si riscatta con la sua
origine sociale cercando di orientare l’inquisizione. E così, invece di provare il miracolo conseguente all’inappartenenza, prova l’assenza di miracolo in un quadro magico e ipnotico di colui
che tutto vede e tutto controlla – per una certa origine sociale”. / Il discorso isterico poteva pensarle tutte, le donne, da mandare al rogo. Ma lasciava il passo alla paranoia femminile se, per
dimostrare che tutte dovessero andare al rogo, si metteva a denunciare il diavolo. Come accade.
L’inquisizione assume questa fantasmatica e la converte in severità: maternamente le manda tutte
al rogo. Come accade. /Come avviene l’assunzione fra Caino e Abele? Come avviene che Caino e
Abele a un certo punto di cui presumono di trovare il luogo, si accordano sulla morte di dio?
Caino, il delegato, l’agente divino, l’agente dell’animazione, diventa una mano, anzi un bastone,
la prima relazione sociale. Infatti come fratello si attiene per la prima volta all’occhio del mondo.
Fratello che non ammette il figlio, che non certifica il figlicidio, non trae la certezza dall’identificazione dello sguardo. E Abele è il figlio di cui avrebbe bisogno dio, il figlio che rappresenterebbe il
punto debole di dio, il preferito di dio, il figlio preso nella necrofilia, il figlio come vittima designata, come capro espiatorio: il primo incapace. Se la parola significasse, se fosse semantica, questo
sarebbe un quadro paranoico, il quadro del fratricidio. E la necrofilia nella paranoia si basa
sull’espunzione dell’odio. Caino aiuta Abele a essere figlio di dio, a essere il preferito. La coprofilia
di cui si avvaleva il discorso ossessivo gioca attorno all’infanticidio./La suggestione esige la responsabilità: già il discorso isterico indica l’inesistenza di un soggetto suggestionabile, pur avanzando una suggestionabilità parodistica. E ciò vale per ciascun discorso che si ponga come causa:
discorso paranoico, discorso schizofrenico, discorso ossessivo. Discorsi costruiti apposta contro la
suggestionabilità. Senza credenza nel malocchio come limite e componente fondamentale della
visione del mondo./La formula “tutte le donne” contiene il paradosso dell’equivoco, quindi la
condensazione, nel discorso isterico, il paradosso della menzogna, quindi la disseminazione nel
discorso paranoico. Il mito del caos che promuove la tentazione dei lirici greci, dei presocratici, di
Platone, è il mito dell’anoressia intellettuale: sull’inesistenza di un luogo della parola, sull’impossibile luogo comune, sull’impossibilità di assumere l’usura della parola, la storia, di riportarla
secondo la fusione o la rifusione, quasi si trattasse di una confusione (Processo alla parola) • La
contestazione può avere però un’accezione non ideologica. Freud contesta Schreber: c’è una riuscita nella scrittura, che la paranoia presume di escludere. Il procuratore vorrebbe che io fossi
come Flechsig che si vanta di avere scoperto uno psicofarmaco e che contesta Schreber con lo
psicofarmaco. I suoi giudici riconoscono a Schreber la dignità, pertanto la responsabilità e la capacità. E Schreber prova che nessuno saprebbe amministrare meglio di lui i suoi beni (Quale accusa?)
•Il sintomo non è qualcosa di positivo per Lacan è qualcosa di negativo in termini dialettici, rientra nell’ideologia del negativo. Per cui saperci fare con il sintomo sembra per Lacan il fine dell’analisi. Saperci fare con il sintomo è il fine della nevrosi e della psicotizzazione non dell’analisi.
L’isteria ci sa fare con il sintomo, la paranoia altrettanto, perché in ciascun discorso che si presuma
causa la rappresentazione del sintomo viene compiuta, viene ripetuta in quanto non riesce, altrimenti non verrebbe compiuta. Mentre Freud trova la questione radicale della e per la cura come
posta dal discorso isterico, questione cui si riconducono le altre poste da altri discorsi, compreso il
discorso psicotico; per Lacan si tratta, in un’analisi, di produrre una paranoia, di condurre il soggetto a una paranoia diretta, questa sarebbe anche la maieutica. Il concetto è antico e dice che c’è
questa appartenenza di Lacan, ancora, alla logica dell’interrogazione e della risposta, e quindi
all’ontologia dell’interrogazione e della risposta, dell’interrogazione che fonda la risposta. / Nel
suo caso, ciascun discorso, quello isterico, quello ossessivo o quello schizofrenico, giunge a porre
la sua questione radicale nei termini del discorso paranoico. E questo è il collegamento con la sua
tesi, con Clérambault, con Kraepelin e quindi con un’altra tradizione. Dove ha trovato, anzitutto,
questa paranoia e questa modalità – che si tratti di produrre una paranoia diretta, che poi si ricollega
addirittura con Pinel e quindi con il primo illuminismo? Nel caso Aimée, cioè nell’analisi di un
caso di donna, è questa la grande demarcazione tra Freud e Lacan. Freud non era psichiatra,
utilizzava la neurologia come pretesto per la sua elaborazione e quindi per la psicanalisi. Lacan
era e rimane psichiatra, in un’accezione che lui non rinnega, psichiatra anche quando è psicanalista. “Noi riteniamo che il transfert abbia sempre lo stesso senso: indicare i momenti di erranza e
anche di orientamento dell’analista, lo stesso valore per richiamarci all’ordine del nostro ruolo: il
non agire positivo [Perché se l’analista agisse produrrebbe il passaggio all’atto] in vista di
un’ortodrammatizzazione della soggettività del paziente”: è uno dei brani più problematici. Quale sarebbe il ruolo dell’analista? Il non agire positivo, in vista dell’ortodrammatizzazione, quella
che lui ha fatto del racconto La lettera rubata, della soggettività del paziente. Ecco dove porta la
paranoia diretta. Il soggetto dell’inconscio viene determinato dal simbolico. In qualche modo si
tratta di trovare la storia di un’analisi di Lacan e quindi quella di una paranoia diretta, pertanto si
tratta di trovare le vie che il “paziente” riesce a reperire, giungendo a porre una questione che
contenga una risposta, che comporti una parola vera, sancita dallo psicanalista, che finalmente
dice che la lettera è giunta a destinazione. La base di una psicanalisi, secondo Lacan o di Lacan, è
la paranoia, seppure indotta. Lacan legge Freud anche in questo senso, ritiene che Freud si trovi
come un pesce nell’acqua quando parla del caso Schreber e dice, Lacan, non sono abbastanza
psicotico, altrimenti sarei stato un migliore analista. Il discorso paranoico, il discorso psicotico,
pongono l’accento sulla tripartizione del segno, non accettano il discorso occidentale. La questione radicale della psicosi è posta dal discorso isterico (4-5 giugno 1988) • L’amore e l’odio non
possono intendersi senza l’annunciazione. Nessuna alternanza fra odio e amore. Propriamente, in
tal senso, nessuna ambivalenza fra odio e amore. L’odio non vale l’amore, l’amore non vale l’odio.
Non vale sia l’amore sia l’odio. Nessuna ambivalenza in questo senso. Lacan scrive odiamoramento
haineamouration, come dice pure che “l’amore è la psicosi”. Ma quando? Se l’amore è l’economia
dell’odio, quindi nel discorso paranoico! Infatti, contrariamente a ogni apparenza, il discorso paranoico non esalta l’odio, lo toglie. Nel discorso paranoico esiste soltanto l’amore. Afferma il regno dell’amore. Quando Freud dice: “L’isteria condensa, la paranoia dissemina”, non è che l’isteria condensi. L’isteria insiste, pone l’accento sulla condensazione, quasi insiste sulla sintassi, per
cui ama sempre incominciare. Incomincia tante cose, è molto intraprendente. Suggerisce tante
idee, incomincia, in modo che, poi, il maestro le prosegua. /Nella paranoia si tratta dell’abdicazione: “Me ne vado. Parto”. Sotto forma di dimissioni, anche nell’isteria c’è “Adesso me ne vado, me
ne vado!” e poi non se ne va mai. Però, se si dice: “Vattene”, poi, se ne va. /– E nel discorso paranoico? / “Me ne vado, parto”? Se ne va e parte. Ma abdica per ritrovare, poi, la funzione, come se
potesse ricrearla, funzione che poi diventa come una funzione genealogica, ma non è genealogica.
La funzione fallica è funzione genealogica. Il discorso ossessivo può tramutarsi in discorso schizofrenico. Il discorso isterico può tramutarsi in discorso paranoico. Cosa comporta questo? Che la
psichiatria scambi il discorso ossessivo con il discorso schizofrenico, come nel caso di Calderoni e
che scambi un discorso isterico con un discorso paranoico come nel caso di Ferrari. Nel discorso
ossessivo, a volte, c’è questa faccenda del ritardo nell’eiaculazione. Freud respinge l’isteria. Non
la intende. Nel caso di Dora, questo è manifesto. Non ci sono altri esempi. Quando dice il caso di
omosessualità femminile, in cui collega la paranoia con l’omosessualità: non c’entra nulla. Sì, in
un altro senso, il principio di parità sessuale è principio della paranoia. Diciamo principio non
paranoia, come dire principio dell’albero genealogico, della nuova palingenesi. Porta esempi nelle sue conferenze, ma degli otto casi – a parte quelli storici, Mosè, Totem e tabù, eccetera – due soli
riguardano una donna. Ma come caso d’isteria, qual è che cita? Solo Dora. E non dà un caso
d’isteria a proposito di un uomo. In Charcot, da questa Isteria virile, come se ci fosse isteria femminile, non virile. L’isteria è virile, senza dubbio, su essa si fonda, poi, il femminismo. Freud
respinge l’isteria. Vogliamo considerare il caso di Salomè? Ma non è, propriamente, un caso di
isteria. Ma, senza dubbio, Freud, la cosa che meglio ha analizzato, fino a sfiorare la logica della
nominazione, è la paranoia. Il discorso ossessivo è quello che, come dice lui, gli avrebbe dato le
maggiori soddisfazioni. Però, dopo, è come se non ci fosse stata l’analisi con Freud – è il caso
dell’Uomo dei topi, dell’Uomo dei lupi, tanto che, poi, l’associazione deve mantenere questo Uomo
dei lupi, deve finanziargli l’analisi. Gli esempi che porta Freud sono scacchi del discorso ossessivo
e infatti, l’opera linguistica dove riesce meglio è proprio Il motto di spirito e i suoi rapporti con l’inconscio. Ma in che senso, Freud riesce dove il paranoico fallisce (anche se dice che deve essere un
giudizio che devono dare i posteri, a proposito della follia e della saggezza)? Non possiamo intenderlo nel modo più banale, nel senso che Freud ha analizzato il testo di Schreber, per cui Schreber
sarebbe noto grazie a Freud! Badate che il testo è stato segnalato a Freud da Jung. Quella di Jung,
era stata un’interpretazione. Freud non leggeva molto, non è che scoprisse tanti testi. Era una
buona interpretazione. / Freud incomincia con l’isteria. Ma, con l’isteria, Freud non inventa la
psicanalisi. Inventa la terapia catartica, cioè la psicoterapia. Sono gli studi sull’isteria firmati con
Breuer. È dopo il decesso di Jacob che Freud inventa la psicanalisi. / Perché Freud non intende
granché dell’isteria? C’è questa espunzione della madre, per cui, dopo, c’è tutto il protestantesimo, che ha buon gioco a innalzare con Jung, la grande madre, quindi, la tradizione di Bachofen. /
Freud parlava dell’identificazione isterica come amore per il padre. Ma non bisogna credere che
questi discorsi, discorso isterico, ossessivo, schizofrenico, paranoico, siano stupidi, cioè che siano
patologici. Importante è l’isteria, per Lacan. E tuttavia il suo apporto più significativo è dato a
proposito della paranoia. Incomincia con il caso di Aimée e, prosegue, ancora una volta, con
Schreber. E è nel saggio su Schreber che Lacan – e questa è una discussione che avevo fatto con lui,
una volta – arriva a distinguere tra nome e significante. Ma, un altro conto è il Nome del nome.
Lacan distingue tra nome e significante, ma dà al nome l’accezione di Nome del nome, Nome del
padre: il significante è ciò che rappresenta un soggetto per un altro significante. Ammettiamo che
era molto approssimativa questa definizione: ciò che rappresenta un soggetto per un altro significante distinguendo dal segno. Avevo dato altre interpretazioni rispetto al fumo, al fumatore. Ci
sono gli esempi classici, da sant’ Agostino a Lacan, su come fa chi arriva in un’isola a distinguere
se l’isola è abitata. Tuttavia, le grandi trovate di Lacan sono trovate isteriche, che soddisfano un
pubblico “isterico”. Scrivevo, una volta, che Lacan occupa lo statuto sociale che, in altra epoca,
occupava Charcot e, in un’altra epoca ancora, Mesmer, l’inventore della psicoterapia – ha ragione
Peters – però, poi anche Charcot. Considerate le principali affermazioni, le grandi trovate di Lacan
– a parte quelle che riguardano i presupposti ideologici. “L’inconscio è strutturato come un linguaggio” è un’affermazione ideologica. Leggerla in un altro modo è il tentativo che posso avere
fatto nella prima fase, per cui non è che m’interessasse la polemica, ma m’interessava il procedimento per integrazione. Questo è il mio modo di scrivere (28-29 ottobre 1989)
QUESTIONE DONNA - Lo statuto della donna si rileva proprio oggi dall’indagine intorno
all’intelligenza artificiale. La questione donna, qualificatasi sia come questione femminile (questione dell’arte) sia come questione culturale (questione dell’invenzione) si definisce come questione della cifra per ciascuno. Donna o uomo, si tratta di divenire unico in quanto effetto della
differenza lungo un’automazione, un ritmo del dire, del fare, dello scrivere (Il foglio e l’albero, p. 21)
• Giornalista. La questione donna definisce la questione di un itinerario intellettuale fra il cammino e il percorso d’identificazione (fra il bordo e il sentiero della rimozione e fra la corda e il filo
dell’automa) • Cifrante. La questione donna implica oggi – anziché un capovolgimento della
repubblica occidentale – una trasformazione internazionale e una variazione intersettoriale in atto.
E l’indistinzione fra la casa e l’industria discende dai teoremi del tempo (Il giardino dell’automa, p.
184-185) • Lui. Considerando la questione donna a partire da quel sentiero che avvicina le donne
alla rimozione, il linguaggio incontra l’equivoco (che procede dalla funzione dello zero), la menzogna (che procede dalla funzione dell’uno) e il malinteso (che procede dalla funzione dell’Altro,
dalla funzione vuota) (Ibid., p. 185) • Tu. ... e dal cielo – dal corpo immortale e dalla scena originaria – incomincia la questione donna (Ibid., p. 185) • Pubblico. Prima ancora del mito della madre,
la questione donna diviene la questione automa nel Genesi : in un avvenimento di cui si tratta
sotto forma di favola sessuale (Ibid., p. 185) • Lui. [...] La questione donna segue all’introduzione
della scienza: e apre la breccia per l’industria della parola – fra l’immilitare e l’irreligioso. Il cattolicesimo consegna la questione donna al secondo rinascimento nei termini della questione della
differenza sessuale (Ibid., p. 185) • La questione donna è la questione di un’itinerario intellettuale
fra il cammino e il percorso dell’identificazione, fra il bordo e il sentiero del linguaggio, fra la
corda e il filo del tempo (c. 2l.4.84) • Il padre e le donne: questione di nome, della funzione di zero
in una struttura, la piena enunciazione della questione donna da distinguere dalla questione femminile che è la questione dell’arte. Il padre e le donne: questa equazione si pone nell’impossibile
cancellazione dello zero. La questione delle donne è la questione isterica, la questione del parricidio.
La questione donna è incominciata con l’annunciazione. La questione del transfert (c. 29.3.86) • Il
primo rinascimento. Con Leonardo e Machiavelli si tratta del secondo rinascimento. Il primo procede dal secondo. Emerge la parola come originaria, emergono le donne. Ma non come classe, non
come appartenenza sociale o politica. Non le donne nella nobile menzogna. Emerge la questione
donna, addirittura come questione intellettuale, quindi come questione dell’arte e della cultura,
della tecnica e della macchina, del cammino e del percorso, questione dell’itinerario. Non le Parche, che decidono dove comincia e dove finisce il filo, dove è il filo da tenere, dove è il filo da
tagliare. /Diciamo “questione”. Abbiamo schizzato la parabola della questione donna, stamattina. Appena narrata. Ora, le donne nel rinascimento, le donne nell’industria, sono le donne nella
parola. La donna nel discorso occidentale non esiste. Esistono le donne nell’impresa, nella finanza, nell’informatica, nella telecomunicazione. La parola, l’impresa, la finanza, la telecomunicazione,
la scrittura, tutto ciò diventa psicofarmaco se si tolgono le donne. È la cosa più facile di questo
mondo. /In questi tre anni di purismo finanziario avrete notato che le donne coinvolte in
Tangentopoli sono pochissime, questo perché le donne, generalmente, sono tenute fuori dagli
affari. Gli affari sono affari di uomini. Affari fondati sulla genealogia umana e sul rapporto sociale.
Il rapporto sessuale perfetto è il rapporto tra uomini. Le donne rappresentano soltanto la debolezza degli uomini. Questo è il discorso occidentale, bisogna non dimenticarlo e analizzarlo. Badate,
non è ciò che io sostengo! Non vorrei che adesso ve la prendiate con me. Sto dicendo queste cose
per analizzarle, non per lasciarle tali e quali. Il terzo millennio dipende dalle donne nella parola,
nell’impresa, nella finanza, nella telecomunicazione, che è l’altro nome della comunicazione diplomatica (Le donne, la finanza, la clinica, SR, 22, 8 /95).
SESSUALITÀ - • Con l’odio, la sessualità sfata la coprofilia. E impedisce la mentalità, la chiusura delle cose, la fine del tempo. L’odio, che dimora nella sessualità lo prova: partecipa alla prova
di verità e di riso (Processo alla parola, p. 154) • La politica come sessualità si situa nella peste che
qualifica il politico cioè l’inconscio. E dall’inesistenza di una macchina del tempo dipende la sconfitta della magia e dell’ipnosi. Il senso sessuale, il controsenso rientra in una logica che è propria
della peste. Sessuale non è il sapere attribuito demonisticamente alle donne. Sessuale è il lavoro.
Cioè l’intellettuale. Sessuale è il senso. Nonché la funzione dello zero e del nome. Nessuna omosessualità, secondo il modo in cui viene chiamato propriamente la sessualità procreativa: giacché
l’Altro non può essere eretto a principio l’erotismo entra in scacco. L’ömojos indica il pari non
l’uguale come notava già Lacan. Nessuna omosessualità perché la funzione sessuale è originaria.
[...] E il sessuale segue al falso, al punto di caduta e il sesso numera con la dimenticanza mentre la
sessualità è politica perché non può prescindere né dal punto né dalla funzione (La scommessa della
verità, p. 10) • Chi-wu Ch’ien: Le cose vanno e vengono, in una fluenza per
enne, io diverrò un
vecchio che rimane a pescare. Leibniz pone la Cina come animale fantastico anfibologico, il gesuita dà un senso negativo, malvagio, egli dà un senso buono, positivo, e presta il proprio pregiudizio. Il perito, a proposito di un coniuge, vede nel coitus reservatus il segno dell’impotentia coeundi,
pertanto della malattia mentale. Così fa la teoria taoista dell’arte sessuale come arte militare: fare
il morto, risparmiare le proprie forze, sfruttare le forze dell’avversario, poi colpire cogliendolo
impreparato. Soddisfare le esigenze sessuali di mogli e concubine mantenendo il coitus reservatus
corrisponde alla prassi di ogni capofamiglia, non soltanto dell’imperatore o del principe. Una sola
imperatrice, tre consorti, nove mogli di secondo rango, ventisette mogli di terzo rango e ottantuno
concubine. L’imperatore, una volta al mese, incontra l’imperatrice, nell’eventualità di dare al trono un erede, forte e intelligente. Per gli altri giorni, si attiene al coitus reservatus. Una morale
sessuale che consiste nel vantaggio da trarre dall’energia femminile. Per la sua valle profonda, per
la sua porta misteriosa, la donna, fondamentalmente madre, si qualifica come inesauribile fonte
di forza, tale da alimentare l’uomo. Un rovesciamento nella tesi confuciana, ove l’uomo appare
come simbolo di luce e la donna come simbolo delle tenebre. Sessualità sotto il segno della riproduzione. Teoria della eiaculatio praecox. Il buddismo ritiene la donna almeno pari all’uomo. Il
buddismo zen rinuncia al pensiero e all’atto e istituisce la pratica dell’insimbolizzabile. Qua e là
una teoria del coitus interruptus. L’unico brano attribuito a Confucio sulle donne: Con le donne e
con gli uomini di bassa condizione è difficile trattare; se ci si mostra troppo cordiali, diventano
indisciplinati; se li si tiene a distanza, se ne risentono. Dopo la dinastia Sung, i piedi di una donna,
fasciati, assottigliati, rimpiccioliti, vengono considerati come la parte più intima, il simbolo stesso
della femminilità: tante immagini dell’epoca, vulve spalancate e dettagliatamente visibili e piedi
fasciati. Verrà la morte e avrà i tuoi occhi. Scrive Pavese. Il perito ce l’ha con la sua eiaculatio
praecox (La congiura degli idioti, p. 116-118) • La sessualità trova il suo statuto nella parola attraverso la cifra che dice appunto che nessun elemento, che nessun uomo e nessuna donna sono segno
della parola o segni della differenza sessuale. Sessualità: aritmetica, logica, politica della divisione
(c. 3.3.84) • La sessualità senza rispetto significa la sessualità senza vergogna, senza socializzazione
del senso di colpa, senza che appunto vi sia il concetto di suddito (c. 5.5.84) • Occorre precisare
che la sessualità fonda la differenza e non viceversa, come fonda la scrittura. Se la differenza,
quindi la scrittura fondano la sessualità c’è il criterio del tatuaggio. Criterio del corpo scritto (c.
7.9.85) • La sessualità è la base dell’intendimento non già l’identità, nemmeno quella paradossale
fra due gocce d’acqua (c. 5.l0.85) • Sessualità è la base dell’intendimento e della differenza, la base
della scrittura, la politica del tempo. Ma il rapporto non appartiene alla sessualità (c. l9.l0.85) • La
questione della sessualità è proprio la questione dell’esistenza. Effetto della sessualità non è la
riproduzione ma il soggettuale. Attraverso la riproduzione viene a porsi come garante di un soggetto autonomo. La vera questione della sessualità è la questione dell’esistenza e quindi non è una
prova per essere, per diventare uomo o donna come segni di (Eq. 15 dicembre 1985) • La sessualità
non è naturale né propriamente contronaturale, la sessualità è industriale; la natura sta da un’altra
parte, sull’altra faccia, nella parola, nel mito; oppure la nascita, che nel linguaggio è il rinascimento,
non lo stato nascente – chi ha detto lo stato nascente non ammette il rinascimento (Eq. 12 maggio
1990).
SOCIETÀ GRECA La società greca è una società che ha il primato del militare, come la società
romana. Cioè, la filosofia è intesa come preparazione alla guerra. Alessandro Magno, prima di
andare a correre la sua avventura, a conquistare molti stati, molti regni, va a scuola da Aristotele,
cioè va a imparare la filosofia. Ecco, non è che non faccia niente. Si prepara, come Cesare si preparava in Spagna e a Roma, temprandosi per affrontare le intemperie che avrebbe incontrato in
guerra. Alessandro si esercita nella guerra, nella conquista di altri stati, di altri paesi. La società
militare è considerata, gerarchicamente, la più importante, la prima società. La società militare e
anche quella sacerdotale, che sono strettamente collegate. In Grecia, c’erano anche le donne
sacerdotesse, le etere, ma questo è un altro capitolo (SR, L’avvenire del pianeta, 52, 98).
SUCCESSORE - L’idea materna del successore è l’idea dell’Altro di cui sbarazzarsi. Invano. Chi
è il successore? Il più di uno che non fa plurale, l’operatore pragmatico, lo spirito che opera alla
scrittura pragmatica senza più nazionalizzazione della politica e della lingua (Niccolò Machiavelli,
p. 70) • “Antonino Pio disse a uno delatore che invano si affaticavano li imperatori, perché nessuno ammazzò mai il suo successore” (Ibid., p. 69). Chi è il successore? Non è lo zero, non è l’uno,
non è il numero successivo a un numero, che è un numero, come dice uno dei postulati di Peano.
Il successore è più di uno. È l’idea dell’Altro. Più di uno non è plurale, ma il successore, lo spirito,
l’operatore pragmatico. Nessuno ammazzò mai lo spirito. /In effetti noi diciamo parricidio e
figlicidio, cioè uccisione, nel senso proprio di funzione, dopo un’ampia ricerca anche intorno
all’etimo di uccisione, fino a giungere alla funzione di zero e funzione di uno. Ma non abbiamo
mai parlato, perché non esiste, di uccisione dello spirito. C’è l’impossibile dell’uccisione: l’impossibile della rimozione e l’impossibile della resistenza. E c’è l’intervallo, quindi il contingente, dove
non c’è uccisione dello spirito né dell’Altro. Il principio del terzo escluso si esercita proprio in
questo senso: nell’abolizione, nella soppressione dell’Altro./ Nelle religioni orientali, islamica,
ortodossa ma anche cinese, c’era sempre il successore, il delfino come animale fantastico, che
veniva ucciso. Se il figlio viene scambiato per successore, c’è ogni volta un successore differente.
Non è assassinio del successore, è infanticidio, per esigenze di purezza, al posto dell’ammissione
del figlio, della funzione di uno, della resistenza. Ciò che anzitutto distingue il dispositivo artificiale da un gruppo è se c’è chi si pone come figlio e successore, votandosi al sacrificio, all’infanticidio,
come vittima. La cosa si presenta sotto la specie del figlio unico. Il tale si pone come figlio unico,
cioè come successore, e dice: “Tutti gli uomini e le donne sono fratelli e sorelle impuri”, sicché gli
uomini e le donne si aggregano per favorire la produzione della vittima, del capro espiatorio,
quindi dell’infanticidio. Si distingue subito dove c’è gruppo, gruppo “pagano”, e dove c’è dispositivo. Il figlio eletto è sempre il figlio eletto per il sacrificio, il figlio unico, il successore votato al
sacrificio (La paura e la depressione, SR, 16, 1-2/95).
UNISEX La differenza sessuale non è significata da uomo e donna, ma accade di sentire un
fantasma di competizione tra uomo e donna. C’è nulla di più assurdo? La competizione sarebbe
così: che uno dei due sarebbe più uomo dell’altra o più donna dell’altro? È completamente assurdo! Oppure, ci sarebbe scavalcamento, sopravanzamento fra uomo e donna? Anche questo è assurdo. Si tratta di fantasma materno, ovvero di fantasma di soppressione della differenza o di
significazione della differenza: l’uomo sarebbe economia della donna e la donna sarebbe meno
uomo dell’uomo. Oppure, la donna sarebbe economia dell’uomo e, quindi, sarebbe meno donna
della donna. Tutto ciò comporta la fantasmatica dell’unisex, cioè della virilizzazione delle donne
e della femminilizzazione degli uomini. Unisex, il fatto di considerarsi come l’universale, cioè
come funzione di morte. Dove, altrimenti, ci sarebbe la competizione tra uomo e donna se non
nell’esercizio della funzione di morte? Nulla di più assurdo – se ci fosse, nell’assurdo, il più assurdo (SR, Il profitto intellettuale, 40, 97).